Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLV n. 63 (46.901) Città del Vaticano mercoledì 18 marzo 2015 . Papa Francesco esprime vicinanza alle popolazioni della Nigeria colpite dalla violenza Nuove offensive in Iraq e in Siria Il coraggio della riconciliazione Is sotto attacco Cristiani e musulmani nel mirino di chi usa la religione per dominare e uccidere La pace «non è solo assenza di conflitti o risultato di qualche compromesso politico, o fatalismo rassegnato». Essa comporta un «impegno quotidiano, coraggioso e autentico per favorire la riconciliazione, promuovere esperienze di condivisione, gettare ponti di dialogo, servire i più deboli e gli esclusi»; in una parola, «consiste nel costruire una cultura dell’incontro». È quanto scrive Papa Francesco in una lettera inviata ai vescovi della Nigeria, il popoloso Paese africano oggi nella morsa di un terrorismo sempre più spietato e feroce, alimentato da «nuove e violente forme di estremismo e di fondamentalismo, su base etnica, sociale e religiosa». «Molti nigeriani — denuncia il Pontefice — sono stati uccisi, feriti e mutilati, sequestrati e privati di ogni cosa: dei propri cari, della propria terra, dei mezzi di sussistenza, della loro dignità, dei loro diritti. Tanti non hanno più potuto fare ritorno alle loro case». Nel mirino degli estremisti finiscono «sia cristiani che musulmani», accomunati «da una tragica fine per mano di persone che si proclamano religiose, ma che abusano della religione per farne una ideologia da piegare ai propri interessi di sopraffazione e di morte». Francesco assicura la sua vicinanza ai vescovi e ai fedeli che soffrono, ringraziandoli «perché in mezzo a tante prove e sofferenze, la Chiesa in Nigeria non cessa di testimoniare l’accoglienza, la misericordia e il perdono». Il Papa ricorda in particolare «i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i missionari e i catechisti che, pur tra indicibili sacrifici, non hanno abbandonato il proprio gregge, ma sono rimasti al suo servizio, buoni e fedeli annunciatori del Vangelo». A loro, aggiunge, «vor- Profughi in fuga dalle violenze di Boko Haram (Afp) rei esprimere la mia prossimità e dire: non stancatevi di fare il bene!». La riconoscenza del Pontefice si estende poi alle tante persone «di ogni estrazione sociale, culturale e religiosa che, con grande determinazione, si impegnano concretamente contro ogni forma di violenza e in favore di un avvenire più sicuro e più giusto per tutti». Un esempio — lo definisce con le parole di Benedetto XVI — della «potenza dello Spirito che trasforma i cuori delle vittime e dei loro carnefici per ristabilire la fraternità». In conclusione l’appello rivolto ai presuli nigeriani: «Con perseveranza e senza scoraggiamenti andate avanti sulla via della pace! Accompagnate le vittime! Soccorrete i poveri! Educate i giovani! Fatevi promotori di una società più giusta e solidale!». PAGINA 7 BAGHDAD, 17. Si combatte ancora a Tikrit, il capoluogo della provincia irachena di Salahuddin teatro da giorni dei principali scontri con il sedicente Stato islamico (Is). Contro il gruppo jihadista sono già state lanciate altre offensive sia su altri fronti iracheni sia su quelli siriani. Il generale Abdul Wahhab Al Saedy, comandante delle operazioni a Tikrit, ha confermato ieri che saranno necessari ancora alcuni giorni per avere il pieno controllo della città. A nord, intanto, le forze peshmerga curde hanno riconquistato tre villaggi nell’area di Mosul, seconda città dell’Iraq, da tempo indicata dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti come principale obiettivo da strappare all’Is. Muhi Aldin Mazuri, del Partito democratico del Kurdistan, ha riferito che i peshmerga sono avanzati di dieci chilometri a sud della diga di Mosul, liberando i villaggi di Wana, Dir Mathutha e Mishref. L’Is aveva occupato la strategica diga di Mosul, sul Tigri, durante la fulminea avanzata nel nord dell’Iraq nell’agosto scorso, ma dopo qualche giorno la diga era stata riconquistata dai peshmerga, appoggiati dai raid aerei della coalizione internazionale. L’Is continua a rispondere, oltre che con le armi, con la propaganda. Centinaia di persone ai funerali delle vittime degli attentati terroristici contro le due chiese in Pakistan Senza protezione ISLAMABAD, 17. Centinaia di persone hanno partecipato oggi a Lahore ai funerali delle vittime degli attentati suicidi di domenica contro due chiese — rivendicati da Jamaat ul Ahrar, un gruppo islamista vicino ai talebani — che hanno fatto 16 morti e 82 feriti, secondo l’ultimo bilancio. L’agenzia di stampa Xinhua riferisce della presenza anche di leader politici e vertici della polizia locale, che pure ieri erano stati pesantemente contestati nelle manifestazioni di protesta tenute in diverse città pakistane come Faisalabad, Sargodha e Gujranwala, oltre che nella stessa Lahore, dove scuole e istituti cattolici sono rimasti chiusi per commemorare le vittime. Netanyahu ed Herzog i rivali Israele al voto Dopo le stragi a Lahore, diversi responsabili delle comunità cristiane hanno accusato il Governo del primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, di non fornire adeguata sicurezza alle minoranze religiose e ai loro luoghi di culto. Proprio su questo aspetto si è concentrata la protesta dei manifestanti, purtroppo sfociata in qualche caso in nuove violenze. La stampa locale riferisce che un manifestante è morto, in circostanze non ancora accertate, nel quartiere Youhanabad (città di Giovanni) di Lahore, dove si trova la chiesa cattolica di St. John, una delle due, con l’anglicana Christ Church, attaccata domenica. A Youhanabad si sta svolgendo una manifestazione in modo pacifico, ma il ferimento di quattro manifestanti investiti da un’automobile ha agitato gli animi. È dunque incominciato un lancio di sassi e altri oggetti verso le autovetture di passaggio e poi contro gli agenti di polizia. Questi hanno usato lacrimogeni, idranti e sfollagente. In India, intanto, otto persone sono state fermate nelle indagini sul violento attacco a un convento di Ranaghat, nello Stato orientale indiano di West Bengala, dove otto uomini nello scorso fine settimana hanno duramente picchiato quattro religiose e violentato la loro superiora. In questo senso vanno interpretati i messaggi e le immagini diffuse dai miliziani — riportati con evidenza dall’emittente statunitense Fox News — di devastazioni di luoghi sacri cristiani. I raid si stanno intensificando anche in Siria, in particolare nell’area di Kobane, al confine della Turchia, dove nelle scorse settimane uno sfondamento jihadista era stato impedito dai peshmerga. Proprio per quanto riguarda lo scacchiere siriano, l’attenzione internazionale è concentrata sull’apparente cambio di strategia statunitense emersa dall’intervista rilasciata domenica alla Cbs dal segretario di Stato, John Kerry. Questi aveva sottolineato come fosse ormai necessario negoziare con il presidente Bashar Al Assad. Washington aveva in precedenza sempre dichiarato che il percorso di pace in Siria è legato all’abbandono del potere da parte di Al Assad. Dal dipartimento di Stato sono giunte ieri precisazioni — o meglio parziali smentite — riguardo all’intervista e diversi soggetti internazionali, per esempio il ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, hanno detto che le parole di Kerry sono state travisate. Da parte sua, Al Assad, in un’intervista televisiva ripresa dall’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana, ha affermato: «Stiamo sentendo delle dichiarazioni, ma dobbiamo aspettare le azioni, e poi decideremo». Alcuni osservatori hanno valutato queste parole come un’apertura alle trattative. Al Assad ha comunque sottolineato che «ogni discussione sul futuro del presidente siriano spetta al popolo siriano e tutto quanto viene dichiarato all’esterno non ci riguarda». Così il 9 maggio 1973 Paolo annunciò il giubileo VI Per rifare l’uomo da dentro PAGINA 5 NOSTRE INFORMAZIONI Un momento della veglia in ricordo dei cristiani uccisi in Pakistan Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Cuba Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Giorgio Lingua, Arcivescovo titolare di Tuscania, finora Nunzio Apostolico in Iraq e in Giordania. Violenza e identità femminile Come i peggiori bulli di LUCETTA SCARAFFIA on è la prima volta che, nel mondo occidentale dove le donne sono rispettate ed emancipate, dove hanno le stesse possibilità degli uomini di decidere della loro vita, emergono violenti episodi di bullismo femminile. Quanto è successo in Italia pochi giorni fa, protagoniste due ragazzine di dodici e tredici anni, oltre all’aggravante della giovanissima età, ha anche quella — purtroppo ormai diventata triste abitudine — di amiche che non solo assistono come se fosse un bello spettacolo, ma filmano il pestaggio per poi diffonderlo via internet. Quasi fosse un atto di cui vantarsi, un’azione meritevole da far sapere in giro per migliorare la reputazione. y(7HA3J1*QSSKKM( +,!z!%!=!:! N PAGINA 3 È evidente che si tratta di un grave problema della scuola di oggi, nella quale, del resto, le sanzioni previste per fatti simili sono veramente ridicole: si parla solo di qualche giorno di sospensione e di una ramanzina. La gravità dei fatti esige maggiore severità, e soprattutto un forte coinvolgimento (magari attraverso pene pecuniarie) dei genitori, che sono senza dubbio i primi responsabili dell’educazione dei figli. Ma i problemi che questi fatti pongono sono anche altri, e riguardano le donne: sempre più spesso non solo le ragazze partecipano ai pestaggi, stanno a guardare con ammirazione gli episodi di violenza, ma si verificano anche casi di bullismo tutti al femminile. Come mai le femministe e le donne che si preoccupano della condizione femminile, non ne fanno oggetto di rifles- sione? Come mai si condannano, giustamente, i femminicidi, si lamentano i cosiddetti soffitti di cristallo che impediscono alle donne di accedere numerose a posti di potere, e non si guarda invece agli effetti negativi di una massiccia operazione culturale tesa a stabilire un’uguaglianza fra i sessi modellata sull’identità maschile? A forza di dire alle donne che devono diventare come gli uomini per imporsi nel mondo pubblico, che devono cancellare la loro fertilità per accedere a un comportamento sessuale libero come quello maschile, che devono considerare la gravidanza una malattia da evitare, e gli impegni domestici come un castigo da fuggire appena possibile, le ritroviamo poi anche a usare la violenza come i peggiori bulli. Una caratteristica considerata tipicamente femminile è sempre stata la capacità di coinvolgersi nella debolezza dell’altro, di difendere e proteggere i più fragili, di prendersi cura di loro: in una parola, di esercitare, nella vita quotidiana, in mille piccole occasioni, la misericordia. Non sarà il caso di domandarsi se la perdita di questa virtù, di questa caratteristica positiva, non sia più grave di tutte le forme di oppressione alle quali le donne sono ancora sottoposte? Perché in questo caso sono le giovanissime a praticare l’oppressione, mostrando in questo modo quello che può diventare la società del futuro. Nel prossimo anno giubilare dedicato alla misericordia dovrebbe essere compito delle donne segnalare il problema, per proporre soluzioni che non mortifichino l’identità femminile. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 L’ottimismo di Draghi Il premier greco invitato a Berlino dal cancelliere tedesco Ripresa solida per l’Europa Tsipras, Merkel e lo spettro del debito FRANCOFORTE, 17. La situazione economica nell’area dell’euro si sta «stabilmente riprendendo». Il presidente della Bce, Mario Draghi, parlando ieri a Francoforte, ha annunciato la stabilità della ripresa nel vecchio continente. «Possiamo essere ottimisti sulle prospettive» anche se «dobbiamo continuare a spingere sulle riforme, non possiamo cullarci sugli allori». Poi una frase che gli analisti politici hanno interpretato come una riposta alle critiche della Bundesbank. «Una politica monetaria ultra-espansiva non è un disincentivo per i Paesi dell’eurozona a portare avanti le riforme». Al contrario, «la politica monetaria crea un incentivo a farle e la recente ripresa ci fornisce una finestra di opportunità, con le condizioni per spingere in avanti le riforme che rendano l’area euro meno fragile e più resistente agli shock». Le regole possono davvero essere credibili solo se vengono applicate con molta poca discrezione. Altrimenti — ha chiarito Draghi — «non appena si allentano troppo, i Paesi trovano ragioni per non seguirle». Secondo il numero uno dell’Eurotower bisogna trovare un equilibrio «tra credibilità e flessibilità». Intanto, buone notizie arrivano dall’Italia, dove l’Inps (Istituto nazionale della previdenza sociale) ha reso noto ieri che gli ultimi dati sul lavoro sono positivi. «I primi dati che abbiamo sulle assunzioni a tempo indeterminato con la decontribuzione, previste dalla legge di Stabilità, sono incoraggianti: nei primi 20 giorni, ossia dall’1 al 20 febbraio, 76.000 imprese hanno fatto richiesta» ha detto il presidente dell’Inps, Tito Boeri, spiegando che l’istituto fornirà «sistematicamente» i dati e «a fine mese forniremo i numeri con la comparazione sulle imprese e le assunzioni fatte negli anni precedenti». Il riferimento è alla possibilità di non versare i contributi (fino a un tetto di 8.060 euro) previdenziali per tre anni, per le assunzioni a tempo indeterminato avvenute nel corso del 2015, introdotta con la legge di Stabilità per il 2015. BRUXELLES, 17. Prove di dialogo tra Atene e Berlino. Il cancelliere Angela Merkel ha invitato il premier greco, Alexis Tsipras, nella capitale tedesca il prossimo lunedì 23 marzo. Lo ha comunicato ieri il portavoce Steffen Seibert in una nota, riferendo di una telefonata fra i due leader e precisando che il premier ellenico ha accettato. La Grecia ha rimborsato ieri la tranche del prestito ricevuto dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Lo riferiscono fonti vicine al dossier, secondo cui il Governo avrebbe depositato presso l’Fmi la somma di 584 milioni di euro. La prossima scadenza per Atene è una tranche dovuta, entro venerdì, all’Fmi da 346 milioni. Fonti dell’Esecutivo greco hanno dichiarato stamane che l’incontro di lunedì prossimo è «un passo positivo» e che si tratta di «un incontro importante e non di un incontro per fare qualche foto». Nel vertice «si parlerà anche del problema di liquidità per l’economia greca». Nel frattempo, il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis, parlando ieri alla televisione tedesca, ha ridimensionato la situazione di Atene, definendo il problema di liquidità della Grecia «marginale». E il Governo tedesco, rispondendo oggi a una domanda in proposito, si è astenuto dal commentare. «Prendiamo atto che il ministro Varoufakis dà una valutazione positiva della situazione del Paese», ha replicato il portavoce di Wolfgang Schäuble, Martin Jaeger, rispondendo a una domanda su questa affermazione a Berlino, in conferenza stampa. Sempre ieri Schäuble ha lanciato un duro attacco ad Atene, accusando il Governo greco di «mentire ai suoi cittadini». Parlando a una tavola rotonda a Berlino, il ministro ha poi affermato di non aspettarsi che Atene mantenga la promessa elettorale di elevare il prelievo fiscale sugli armatori: «Neanche un Governo di sinistra radicale manterrà quest’impegno». Schäuble ha infine ribadito l’opinione che il problema dell’indebitamento greco nasce perché il Paese ha vissuto ben oltre i propri mezzi in passato. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Il premier Tsipras si aspetta un accordo con i creditori entro questa settimana in vista del vertice Ue del 19 e 20 marzo, nel segno di un compromesso che eviterà il ritorno alle politiche di austerity. «Non credo che dovremo applicare piani alternativi perché il problema sarà risolto a livello politico entro la fine della settimana con l’avvicinarsi del vertice Ue o, se necessario, al vertice stesso» ha detto Tsipras in un’intervista. «Qualunque ostacolo incontreremo nel nostro sforzo per il negoziato, non torneremo alle politiche di austerity». Venerdì scorso, a Cernobbio, il ministro delle Finanze Yanis Varoufakis aveva detto che Atene sarebbe pronta a ritardare alcune delle misure anti-austerity promesse all’elettorato per arrivare a un accordo con i partner europei. Da Bruxelles, intanto, arriva un avvertimento. Sulla Grecia «la situazione è seria» ha avvertito la Commissione europea, e prima che la questione possa tornare al tavolo dei leader europei bisognerà completare i negoziati a livello tecnico. Alexis Tsipras durante una visita a Bruxelles (Ap) Se Mosca non rispetterà agli accordi nell’est ucraino Strappate al gruppo jihadista Bama nel Borno e Goniri nello Yobe Washington pronta a potenziare le sanzioni Offensive contro Boko Haram KIEV, 17. Gli Stati Uniti sono pronti a potenziare le sanzioni contro la Russia «se non rispetterà i termini dell’accordo sul cessate il fuoco con l’Ucraina». È quanto si legge in una dichiarazione del segretario al Tesoro statunitense, Jacob Lew, che ha incontrato ieri a Washington il ministro delle Finanze ucraino, Natalia Yaresko. Sulla questione è intervenuto anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel. Al termine dei suoi colloqui di ieri a Berlino con il presidente ucraino Poroshenko, il cancelliere ha infatti detto che le sanzioni occidentali contro Mosca sono strettamente legate all’attuazione dell’accordo di pace firmato il mese scorso a Minsk. «Ci sono considerevoli mancanze nell’attuazione da parte dei separatisti del ritiro delle armi pesanti», ha affermato Merkel. Il cancelliere tedesco ha però chiarito che nuove sanzioni verranno approvate solo se inevitabili. «Siamo disposti a imporre nuove sanzioni se sarà necessario, ma non fini a se stesse», ha precisato. A Poroshenko, Merkel ha poi detto che la Germania non riconoscerà la scissione della Crimea dall’Ucraina. La cupola dei grandi appalti ROMA, 17. La Procura di Firenze l’ha definita “la cupola” dei grandi appalti. Nuovi particolari nell’inchiesta anticorruzione che ha portato finora a quattro arresti — tra i quali anche l’ex dirigente del ministero dei Lavori pubblici, Ercole Incalza — e 51 persone indagate. Al centro dell’indagine c’è la gestione illecita degli appalti per le cosiddette Grandi opere: dai cantieri dell’Expo all’autostrada Salerno-Reggio Calabria, dalla Fiera di Roma all’alta velocità Milano-Verona. Si tratta insomma di «un articolato sistema corruttivo» che gestiva affari per un valore complessivo di 25 miliardi di euro. Nell’indagine spiccano anche nomi di politici, in particolare quelli del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, del ministro della Giustizia, Angelino Alfano, e del viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, che però non sono indagati. Intanto, ieri il Governo italiano ha presentato il testo dell’emendamento sul falso in bilancio, punto cruciale del disegno di legge anticorruzione. mercoledì 18 marzo 2015 ABUJA, 17. Successi nelle operazioni militari contro Boko Haram sono stati rivendicati oggi dalle forze armate nigeriane, che hanno ripreso il controllo della città di Bama, nello Stato nordorientale del Borno, caduta lo scorso settembre nelle mani del gruppo jihadista che vi aveva compiuto una delle sue stragi più efferate, uccidendo secondo fonti concordi duemila civili. Bama è la seconda principale città del Borno, dove Boko Haram ha le sue principali roccaforti, e si trova a circa sessanta chilometri dalla capitale statale Maiduguri, a sua volta ancora minacciata dal gruppo jihadista. Poche ore prima, l’esercito aveva annunciato anche la riconquista di Goniri, ultima roccaforte di Boko Haram nel confinante Stato del Borno. Nei giorni scorsi altri successi erano stati rivendicati sia dalle truppe nigeriane sia dalla missione militare africana inviata in Nigeria e alla quale forniscono contingenti Benin, Camerun, Ciad e Niger. Ancora ieri, il contingente camerunense ha comunicato di aver intercettato miliziani di Boko Haram che si accingevano ad attaccare il villaggio di Ndaba, sempre nel Borno, e di aver inflitto loro perdite pesantissime. Tutti gli osservatori, peraltro, concordano nel ritenere il gruppo jihadista tutt’altro che sconfitto. Ciò nonostante, Attahiru Jega, presidente della commissione elettorale della Nigeria, ha detto oggi che le elezioni presidenziali e parlamentari fissate tra meno di due settimane, il 28 marzo, potranno svolgersi in modo libero e pacifico. Non nella sfida jihadista, ma nel più tradizionale contrasto che da de- cenni vede opposti in Nigeria, come in altri Paesi africani, agricoltori e allevatori, si iscrive invece il nuovo cruento episodio che ha provocato ieri quarantacinque morti, in massima parte donne e bambini, nel villaggio di Egba, nello Stato centrale di Benue. I ribelli del nord del Mali respingono gli accordi di Algeri BAMAKO, 17. I gruppi ribelli tuareg e arabi del nord del Mali coalizzati nel Coordinamento dei movimenti dell’Azawad (Cma) hanno respinto l’accordo firmato all’inizio del mese ad Algeri tra il Governo di Bamako e da una parte dei gruppi armati attivi nel Paese, che nelle intenzioni dei mediatori dell’Onu avrebbe dovuto promuovere la pace e il riassetto delle regioni del nord. Dopo aver consultato leader tradizionali e rappresentanti della società civile, il Cma — che comprende il principale gruppo tuareg, il Movimento di liberazione nazionale dell’Azawad — ha concluso che «il documento non può portare la pace». Resta tuttavia aperta, ha specificato il rappresentante del Cma in Europa, Moussa ag Assarid, la possibilità di «proseguire le discussioni con Bamako per trovare un documento accettabile e realistico». Una risposta più dettagliata con le motivazioni del dissenso sarà consegnata ai diplomatici il cui arrivo è previsto oggi a Kidal, dove il Cma ha tenuto le consultazioni. L’accordo di Algeri non prevede né l’indipendenza né l’autonomia della regione, ma solo assemblee regionali elette direttamente e l’impegno a dare maggiore rappresentanza al nord del Mali nelle istituzioni nazionali. Dieci persone ricche come metà della popolazione Africa dell’ingiustizia sociale Tank filorussi sulla strada per Debaltseve (Reuters) GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va WASHINGTON, 17. L’ingiustizia che schiaccia l’Africa non si esprime solo attraverso lo sfruttamento di potenze esterne al continente, ma ha componenti interne che lo pongono al primo posto nell’aspetto della discriminazione sociale. Ne offre la dimostrazione il fatto che il reddito dei dieci africani più ricchi è equivalente a quello della metà più povera della popolazione messa insieme. Il dato, del quale da notizia l’agenzia Misna, emerge da una rielaborazione di statistiche di recente o imminente pubblicazione, presen- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale tate e incrociate sul blog della Banca mondiale da un consulente dell’organismo, Christoph Lakner. Il primo riferimento è a un nuovo rapporto della Banca stessa, intitolato The State of Poverty and Inequality in Africa. I dati sono stati combinati con la lista dei miliardari d’Africa pubblicata dalla rivista Forbes e con le stime della ricchezza a livello globale e regionale diffuse dall’istituto elvetico Credit Suisse nel 2014. Risulta che i dieci africani più ricchi hanno a disposizione più di 62 miliardi di dollari, mentre il reddito Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 complessivo della metà più povera della popolazione del continente non supera i 59 miliardi. In Africa lo squilibrio è più marcato rispetto a Paesi come India o Cina. Nel primo caso, sono 22 i miliardari che insieme hanno un reddito equivalente a quello della metà più povera della popolazione. Nel secondo, la ricchezza dei cinque uomini più ricchi equivale ai risparmi del 10 per cento della popolazione, mentre in Africa tale quota è del 40 per cento. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 18 marzo 2015 pagina 3 Il momento del voto in un seggio di Tel Aviv (Ap) Dopo due mesi ai domiciliari I ribelli yemeniti rilasciano il premier SAN’A, 17. I ribelli sciiti huthi, che controllano la capitale dello Yemen San’a, hanno rilasciato ieri il premier e i ministri del suo Gabinetto dagli arresti domiciliari in cui si trovavano da due mesi. Lo riferisce l’emittente televisiva panaraba Al Jazeera. È stato lo stesso primo ministro, Khaled Bahah, a dare la notizia su Facebook, dicendo che si tratta di un gesto di buona volontà per «spingere il processo politico in una direzione positiva» e facendo appello a tutte le forze politiche perché «preservino la sicurezza, la stabilità e l’unità dello Yemen». Nella nota, Bahah ha aggiunto di non avere intenzione di riprendere il suo incarico. I ribelli huthi, accusati di essere appoggiati dall’Iran, sono scesi armi in pugno dalle loro regioni d’origine nel nord del Paese e si sono impadroniti nel settembre dell’anno scorso della capitale. In gennaio hanno dato l’assalto al palazzo presidenziale e hanno posto agli arresti domiciliari il presidente, Abed Rabbo Mansur Hadi, e tutti i ministri del Governo, che per protesta si sono dimessi. Hadi, tuttavia, recentemente è riuscito a raggiungere Aden — l’ex capitale dello Yemen del Sud fino all’unificazione, nel 1990 — dove ha un forte seguito. E qui ha annunciato di avere revocato le dimissioni, lanciando una sfida ai ribelli huthi. Fonti vicine al capo dello Stato rivelano che Hadi starebbe trasferendo nel sud oltre ventimila dei suoi fedelissimi, in vista di un sempre più possibile confronto armato con i ribelli sciiti, guidato da Abdel Malik al Huthi, alleato dell’ex presidente Ali Saleh. E per far fronte all’avanzata del gruppo sciita, è nato nei giorni scorsi un nuovo soggetto politico: l’Alleanza di salvezza nazionale. L’obiettivo è quell0 di partecipare ai colloqui mediati dalle Nazioni Unite per la formazione di un Governo di unità nazionale. Tra gli esponenti che compongono la coalizione ci sono attivisti, islamisti e membri dell’ex partito di Governo del Paese che sostengono il presidente Hadi. In Brasile si allarga l’inchiesta sulla Petrobras Netanyahu ed Herzog i principali rivali alle elezioni legislative Israele al voto TEL AVIV, 17. Urne aperte in Israele per le elezioni legislative. Secondo gli ultimi sondaggi, l’Unione Sionista dovrebbe ottenere tra i 24 e i 26 seggi, sui 120 di cui è composta la Knesset, rispetto ai 20-23 seggi del Likud. Ago della bilancia negli scenari post voto potrebbe essere l’ex ministro del Likud, Moshe Kahlon, a capo di una formazione di centro-destra concentrata soprattutto sui temi economici e sociali. Finora Kahlon non ha voluto scoprire le sue carte e non ha rivelato con chi intende allearsi. Ma un ruolo importante lo giocheranno anche i quattro partiti arabo-israeliani riuniti in un’unica lista per superare lo sbarramento del 3,25 per cento (la più alta mai registrata) e accreditati di 12-13 deputati. Ieri ci sono stati gli ultimi appelli di una campagna elettorale giocata sui temi della sicurezza e della politica estera da parte del premier in carica Benjamin Netanyahu che ha già annunciato, in caso di vittoria, nuovi insediamenti israeliani a Gerusalemme est. «Non permetterò che sia creato uno Stato palestinese» ha detto il leader del Likud. Dichiarazioni che — affermano gli analisti — rappresentano l’estremo tentativo di recuperare quei voti che lo separano dal laburista Herzog, soprattutto tra i sostenitori del movimento dei coloni. «Chiunque acconsentirà alla creazione di uno Stato palestinese — ha detto il premier — non farà altro che offrire dentro lo stato di Israele una base di lancio per gli attacchi dell’islam radicale». Netanyahu ha fatto i suoi ultimi appelli al voto durante una visita ad Har Homa, uno degli insediamenti più contestati tra quelli che circondano Gerusalemme est. «Io e i miei amici del Likud preserveremo l’unità di Gerusalemme nella sua integrità» ha detto Netanyahu. Il principale rivale di Netanyahu, Isaac Herzog, leader dell’Unione sionista, ha esortato gli elettori a non disperdere il voto in altre liste e ha criticato i sei anni di Governo del Likud. «Votare per le altre formazioni centriste o di sinistra — ha detto — impedirebbe il cambiamento e terrebbe Israele bloccato». A sostegno di Herzog è sceso in campo anche l’ex premier laburista (l’ultimo di quel partito ad aver guidato il Governo) Ehud Barak. «Conosco da decenni Herzog — ha detto Barak, ormai ritiratosi dalla vita politica — è stato segretario nel mio Gabinetto e ministro all’epoca della mia guida dei laburisti. È saggio, esperto e responsabile». Pochi giorni fa anche l’ex presidente Shimon Peres, anch’egli esponente storico dei laburisti, ha espresso il suo sostegno a Herzog. Inoltre, l’Unione sionista può contare sull’esperienza di Tzipi Livni, già vice premier e più volte ministro. «Questa è una lotta tra il sionismo e l’estremismo» ha dichiarato l’ex leader di Kadima che ieri, con una mossa a sorpresa, ha annunciato di essere disposta in linea di principio a rinunciare all’alternanza con Herzog alla carica di premier. Ciò, ha precisato, se risultasse essenziale per consentire a Herzog di formare un Governo di coalizione. Il sistema di voto è semplice: dopo l’identificazione, l’elettore riceve una busta. Si reca nell’urna dove trova i biglietti di ciascuna lista: sarà uno di questi, e solo uno, a poter essere infilato nella busta che sarà messa nell’urna. Ad affidare l’incarico di formare il nuovo Governo, in base ai risultati elettorali, sarà il presidente Reuven Rivlin. Il giorno delle elezioni in Israele è festivo ma sono assicurati trasporti pubblici e i servizi di emergenza. I primi exit poll saranno diffusi in serata. Ancora lontani gli obiettivi ambientali in Cina Pochi progressi sul clima PORT VILA, 17. Sempre più gravi le notizie che provengono dall’arcipelago di Vanuatu, nel Pacifico, devastato nella notte tra venerdì e sabato scorsi dal passaggio del ciclone Pam. Sparsi su un arcipelago di ottantadue isole (estese per dodicimila chilometri quadrati), i 270.000 abitanti sono ancora isolati e si teme per la sorte di molte comunità sulle isole più remote. Le organizzazioni di soccorso hanno avvertito che le condizioni in cui si trovano a operare sono tra le peggiori possibili. Un flusso consistente di velivoli militari australiani, neozelandesi e francesi sta cercando di portare generi di emergenza e tende, oltre a medicine, generatori e squadre di soccorso, ma le difficoltà di distribuzione degli aiuti in molti casi appaiono insormontabili. L’organizzazione umanitaria britannica Oxfam ha stimato in oltre 100.000 i senzatetto, ma la distruzione degli edifici in grado di accoglierli, come pure di ospedali, cliniche e obitori, rende la loro condizione ancora più difficile. In particolare per 60.000 bambini, maggiormente a rischio di denutrizione e malattie. Il presidente, Baldwin Lonsdale, ha lanciato un nuovo appello alla comunità internazionale. Intanto, la presidenza della Conferenza episcopale italiana ha stanziato un milione di euro a beneficio delle popolazioni colpite. Narcotrafficante arrestato in Messico CITTÀ DEL MESSICO, 17. La polizia federale messicana ha arrestato ieri nello Stato di Sonora (nord del Paese) il boss del narcotraffico Eduardo Vargas. L’uomo è accusato di avere ucciso oltre duecento persone. Vargas era già stato arrestato nello Stato di Chihuahua (a est di Sonora) a metà febbraio, ma pochi giorni dopo era riuscito a fuggire dall’ospedale dove era stato ricoverato. Vargas è il capo di una banda associata al cartello di Sinaloa, una delle organizzazioni di narcotrafficanti più pericolose del Messico. Isolato l’arcipelago di Vanuatu Negli Stati Uniti ribellione all’ora legale Ginnastica mattutina tra lo smog nella provincia di Henan (Reuters) PECHINO, 17. Dei molti temi centrali della politica cinese affrontati ieri dal primo ministro, Li Keqiang, nella tradizionale conferenza stampa successiva alla chiusura della sessione del Parlamento, la situazione ambientale ha fatto registrare una distanza ancora netta tra necessità, obiettivi ufficiali e risultati concreti. Significativamente, però, l’allarme governativo è arrivato a una settimana dal blocco della diffusione di un atteso documentario sull’inquinamento dell’aria nel grande Paese asiatico, che mostrava la persistente gravità del fenomeno. «Il progresso ottenuto finora per combattere lo smog è al di sotto delle aspettative del nostro popolo», ha indicato ai giornalisti Li, che un anno fa — nella stessa circostanza — aveva esplici- tamente dichiarato guerra all’inquinamento. «Continueremo a individuare le aziende inquinatrici e a perseguirle», ha anche detto il primo ministro, che ha poi aggiunto: «Le autorità per l’ambiente non devono risentire di interferenze dall’industria e devono essere sufficientemente coraggiose da prendere la piena responsabilità». Tutte questioni denunciate nel documentario sull’aria irrespirabile — soprattutto nella capitale, Pechino — prodotto da un ex giornalista della televisione pubblica e quasi subito ritirato dalla circolazione. Il filmato in questione, intitolato “Sotto la cupola”, era stato visto per ben 155 milioni di volte in streaming in tutto il Paese nel primo giorno dalla sua messa online. Lo stesso ministro per la Protezione ambientale, Chen Jining, aveva dichiarato il suo apprezzamento per l’iniziativa, ritirata però nei giorni successivi senza una spiegazione ufficiale. Secondo l’ultimo rapporto presentato alla conferenza di Lima nel dicembre 2014, la Cina copre il 23,43 per cento dei trentadue miliardi di tonnellate di gas che affliggono l’atmosfera. Seguono gli Stati Uniti con il 14,69 per cento, poi, staccata, la Russia con il 4,8 per cento. Eppure, lo scorso anno, il consumo di carbon fossile in Cina è diminuito del 2,9 per cento, secondo i dati ufficiali. Così, lo “scarico” di anidride carbonica nell’aria è sceso dello 0,8 per cento. Numeri, comunque, da non sottovalutare. BRASILIA, 17. Continua a far discutere lo scandalo legato al colosso petrolifero pubblico brasiliano Petrobras. Al centro dell’inchiesta ci sono fondi neri e tangenti a uomini d’affari, banchieri, imprenditori e politici. L’ultimo a essere coinvolto nella vicenda è João Vaccari, il tesoriere del partito dei Lavoratori, di cui è leader la presidente, Dilma Rousseff. Secondo la procura, ci sono «ampie prove» che Vaccari ha sollecitato donazioni all’ex direttore generale di Petrobras, Renato Duque. Il partito dei Lavoratori, di cui era esponente di spicco anche l’ex presidente Luiz Inácio Lula da Silva, ha smentito ogni accusa sostenendo che tutte le donazioni ricevute erano legali. Domenica oltre un milione di persone è sceso in strada in Brasile per protestare contro la corruzione e chiedere misure efficaci. La presidente Rousseff si è sempre detta estranea ai fatti, e finora WASHINGTON, 17. Ribellione all’ora legale negli Stati Uniti. Sono in molti i Governi dell’Unione che stanno considerando di non rispettare più l’Uniform Act, la legge del 1966 secondo cui lo standard time, l’ora solare, deve restare in vigore da novembre a metà marzo, quando le lancette dovrebbero andare avanti di un’ora in tutti gli Stati per gli altri otto mesi. In effetti, nel rispetto delle autonomie statali, la legge federale garantisce agli Stati la possibilità di scegliere di mantenere sempre o l’ora legale o quella solare. Due Stati l’hanno già fatto: l’Arizona, dove viene mantenuta sempre l’ora solare, con l’eccezione della riserva indiana dei Navajo, e le Hawaii. E ora molti altri Stati sono tentati di seguire il loro esempio. Manifestante a Rio de Janeiro (Afp) non è stata coinvolta personalmente nella vicenda. E comunque, per dare un segnale forte alla piazza, Rousseff ha deciso di varare ieri una serie di importanti misure per contrastare il fenomeno della corruzione. Stando agli ultimi sviluppi dell’inchiesta, tra il 2004 e il 2012 Petrobras ha deviato fondi per circa tre miliardi di euro, che hanno alimentato e rafforzato un sistema di corruzione. José Carlos Cosenza, direttore degli approvvigionamenti di Petrobras, e Maria das Graças Foster, amministratore delegato, sono accusati di aver «girato» fondi neri. E la Foster ha ammesso l’esistenza di «uno schema di tangenti» anche in Olanda. In base alle rivelazioni, un’azienda fiamminga ha confessato di aver pagato complessivamente tangenti per 139,2 milioni di dollari a dirigenti di Petrobras. Foster ieri ha confermato. Implicato nell’inchiesta anche l’ex direttore di Petrobras, Paulo Roberto Costa, e il faccendiere Alberto Youssef, arrestati per riciclaggio e poi divenuti collaboratori di giustizia. Entrambi hanno ammesso di aver ricevuto «commissioni» da grandi imprese nazionali. Insomma, l’inchiesta ha finora portato alla luce una fitta rete di tangenti in entrata e in uscita da Petrobras. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 18 marzo 2015 Maso del Bosco e Michelangelo, «Giulio II della Rovere» (XVI secolo) Premio Benedetto Un nuovo Pater Noster ricordando Mascagni di ANTONIO PAOLUCCI a tomba di Giulio II della Rovere in San Pietro in Vincoli rappresenta una singolare anomalia storiografica. Si tratta infatti di un’opera certa di Michelangelo Buonarroti, certificata da tutte le fonti, testimoniata da una massa sterminata di documenti, un’opera che attraversa in modo drammatico la sua vita al punto di diventarne quasi una connotazione esistenziale («la tragedia della sepoltura»), eppure quest’opera non solo non ha mai goduto di una attenzione critica paragonabile a quella riservata ad altri grandi capolavori del maestro (gli affreschi sistini e le tombe medicee in San Lorenzo) ma è stata valutata più per quello che avrebbe potuto essere piuttosto che per quello che è. La critica si è interessata molto al fallimento del progetto giuliesco e assai poco al risultato storicamente conseguito se non per darne giudizi generalmente negativi. Al punto che si è potuto scrivere: «Mai un progetto così grandioso ha prodotto un risultato così modesto» (Perkins). Solo pochi, primo fra tutti il grande michelangiolista De Tolnay, hanno saputo capire che la storia della tomba di Giulio II è «una sinossi dello sviluppo artistico e spirituale di Michelangelo dall’ideale eroico della sua giovinezza alla conversione religiosa dell’età avanzata». L Marmo e mente Michelangelo. Il marmo e la mente. La tomba di Giulio II e le sue statue sarà presentato mercoledì 18 marzo alle 18 presso Palazzo Barberini a Roma. Insieme agli autori interverranno Daniela Porro, Paolo Portoghesi, Claudio Strinati e il direttore dei Musei Vaticani. Su questa linea si colloca Christoph Luitpold Frommel licenziando per la Jaca Book il monumentale Michelangelo. Il marmo e la mente. La tomba di Giulio II e le sue statue (Milano, Jaca Book, 2014, pagine 367, euro 100). Per la prima volta in modo altrettanto approfondito, esauriente e minuzioso, il monumento funebre che sta in San Pietro in Vincoli viene studiato nella sua genesi, in tutte le rettifiche e varianti, disarticolato e analizzato in ogni sua parte. Aiutano Frommel nella bella e degna impresa e Quando Fanfani divenne Enea «Venuto a Roma, con La Pira parlavamo spesso al telefono», racconta Ettore Bernabei a Salvatore Merlo, nell’intervista pubblicata su «Il Foglio» del 17 marzo, «e siccome sapevamo di essere intercettati dai servizi segreti, non solo da quelli italiani, quando ci riferivamo a Fanfani, usavamo una parola in codice: lo chiamavamo Enea, da Enea Silvio Piccolomini». Fanfani era alto un metro e cinquanta, continua Bernabei, «per non ricorrere all’allora abusato termine di piccoletto pensammo di far riferimento a Piccolomini. Noi a Fanfani volevamo bene, ma senza la devozione carismatica che oggi certi collaboratori provano per i leader del loro partito». Bernabei — spiega Merlo — fu uno degli uomini più vicini a Fanfani, toscano come lui, che lo volle alla guida della Radio e televisione italiana. «Quella degli anni Sessanta era una Rai che cercava di rispettare tutti. Noi pensavamo il prodotto; un buon prodotto era la nostra principale preoccupazione. Ci ponevamo continuamente il problema: ma la gente come interpreterà questa cosa? Vede, anche un sorriso, una battuta, in una fiction o in un varietà, sono un messaggio, un commento, un comizio. Era una tv che aveva per obiettivo quello di aiutare gli italiani». XVI Un libro dedicato al monumento funebre di Papa della Rovere La mano di Michelangelo nel volto di Giulio firmano ciascuno singoli capitoli del libro fre a Michelangelo un ingaggio sontuoso: Maria Forcellino, Claudia Echinger-Maura- 7200 ducati per sei anni, pagabili in bonifich e Antonio Forcellino, curatore dell’ulti- ci mensili di 100 ducati. Michelangelo incomo intervento di restauro e pulitura delle mincia a selezionare i marmi nelle cave di Carrara e a elaborare l’architettura della statue. Per capire l’importanza di questo studio tomba. Questo fino alla crisi dell’aprile monografico e perché il volume di cui si 1506, quando il Papa cambia idea: mancano parla debba essere d’ora in poi presenza ir- i denari, la nuova basilica del Bramante asrinunciabile in qualsiasi biblioteca di storia sorbe tutte le risorse della Santa Sede. Fra dell’arte degna di questo nome sarà suffi- Michelangelo e l’autoritario e collerico Giuciente ricordare il magnifico regesto docu- lio II si verifica una dura rottura, ricordata mentario curato da Claudia Echinger-Mau- dal Condivi e dal Vasari, poi in seguito farach. Quanto alla campagna fotografica di ticosamente ricomposta. corredo realizzata da Andrea Jemolo, essa Si arriva così al contratto del maggio ci permette di vedere le sculture della tom- 1513. Giulio II è morto, sul trono di Pietro ba come nessuno le aveva mai viste prima e quasi di toccarle e di accarezzarle. Quest’opera non ha mai goduto Ed ecco, in sintesi, la storia della sepoltura, una storia che di un’attenzione critica paragonabile Frommel analizza anno per a quella riservata anno e, in certi periodi, quasi mese per mese. All’inizio c’è agli altri grandi capolavori l’ambizione di un Papa, Giulio dell’autore della Cappella Sistina II della Rovere, che vuole rifondare ex imis la basilica costantiniana di San Pietro affidando a Donato Bramante il progetto e siede Leone X Medici, ma la tomba s’ha da vuole, ancora in vita, commissionare a Mi- fare. Così vogliono gli esecutori testamentachelangelo l’esecuzione della sua memoria ri. Si susseguono nuovi contratti (8 luglio funebre. 1516) con previsioni di spesa sempre più La prima idea, consegnata a un disegno contenute e budget sempre più limitati fino del Metropolitan Museum di New York, è alla fase conclusiva: il contratto solennedi una tomba parietale sul tipo di quella mente stipulato con il duca di Urbino il 29 che Antonio Rossellino, molti anni prima, aprile 1532 e successive rettifiche e varianti, aveva realizzato per il cardinale del Porto- fino al 1541. Ormai è deciso: la tomba di gallo nel San Miniato fiorentino. Al Papa il Giulio II non sarà più nella basilica ma in progetto non piace, troppo piccolo, troppo San Pietro in Vincoli, chiesa di titolo cardimodesto. Giulio II vuole una “tomba libe- nalizio dei Papi della Rovere. Nell’ottobre ra”, una vera e propria camera mortuaria, del 1545 il duca di Urbino in visita a Roma gremita di figure, da collocare nel coro del- poteva vedere finalmente completata la la nuova San Pietro. L’incarico è del 28 tomba del grande Papa che aveva portato il aprile 1505. Il Papa non bada a spese e of- suo nome. Nei quarant’anni che stanno fra il 1505, data del primo progetto, e il 1545, scorre la grande arte di Michelangelo, il fiume insieme benefico e rovinoso di cui parla Wölfflin: gli affreschi sistini, le tombe medicee nel San Lorenzo di Firenze, il Cristo della Minerva, i Prigioni del Louvre e dell’Accademia di Firenze, la Vittoria di Palazzo Vecchio, statue, queste ultime, scolpite per le prime redazioni della tomba giuliesca. Frommel analizza queste opere a una a una mettendole in relazione con l’evoluzione stilistica e spirituale di Michelangelo e guidandole tutte alla nuova interpretazione critica della tomba di San Pietro in Vincoli; un’opera che non è «la sistemazione di un insieme di pezzi finanziati in modo casuale nell’arco di un quarto di secolo e perciò ovviamente disparati» (Laux) ma è, al contrario, il capolavoro della tarda creatività del maestro ispirata alla teologia del “Beneficio di Cristo”. Precisazioni critiche e filologiche importanti ha prodotto questo libro. È sgombrato definitivamente ogni dubbio sull’autografia michelangiolesca delle due statue della Vita attiva e della Vita contemplativa, statue che fiancheggiano il celebre David; quel David che, elogiato da Winckelmann, da Lanzi e da Freud, al classicista Milizia sembrava «un mastino orribile, vestito come un fornaro, mal situato, ozioso». Una novità di rilievo riguarda la statua giacente di Giulio II collocata nell’ordine superiore della tomba. Attribuita tradizionalmente a Maso del Bosco, uno dei molti aiuti di Michelangelo in questa impresa, la scultura ha svelato, almeno nelle sue parti principali e soprattutto nel volto del Papa di straordinaria potenza espressiva, l’intervento diretto del maestro. Tournée dell’Escolania di SERGI D’ASSÍS GELPÍ* Dal 23 febbraio all’8 marzo il coro di voci bianche di Montserrat è stato in Cina per la sua prima tournée di concerti nel Paese del dragone. Sono dovuti passare molti secoli perché il canto di questi ragazzi, che si sono già esibiti in tante parti del mondo e che abitualmente cantano nel santuario della Madonna Nera, arrivasse in questo Paese. L’occasione di questa tappa deve essere cercata nell’eco del tour che il coro ha fatto l’anno scorso negli Stati Uniti. Un organizzatore culturale cinese venne a conoscenza della nostra esistenza e pensò che il pubblico cinese potesse essere interessato ai canti di questo coro religioso di voci bianche appartenente al monastero benedettino e santuario mariano di Montserrat. E così ci invitò a cantare nei due principali auditorium Da Montserrat a Pechino del Paese, offrendoci l’opportunità di comunicare quella che è la nostra esperienza attraverso la musica. Si trattava di un concerto al Beijing National Center for the Performing Arts e due concerti allo Shanghai Oriental Art Center. La proposta era entusiasmante e l’abbiamo accettata. Il repertorio voleva mettere insieme la musica sacra propria di Montserrat e quella di altri musicisti internazionali, insieme alla musica popolare catalana e ad alcuni brani in cinese. Il coro dei ragazzi ha eseguito i due concerti, assecondando la richiesta arrivata dalla Ci- na, come avrebbe fatto nella basilica di Montserrat: con la tonaca e la cotta. Il pubblico cinese, che riempiva ambedue le sale di concerti, ha ascoltato il canto dei nostri ragazzi con molta attenzione, e si potrebbe dire anche con sorpresa. Per loro si trattava di un timbro molto diverso da quello al quale erano abituati. C’erano spettatori di tutte le generazioni, ma ci ha colpito soprattutto la presenza — e l’attenzione piena di rispetto — di tante famiglie con i loro bambini. In tutte e tre le serate il pubblico ha battuto le mani fin dall’inizio. Ma l’entusiasmo era sempre crescente, arrivando al culmine alla fine del concerto. È stato al termine di ogni esibizione che è esplosa l’euforia, accompagnata da grida di gioia per il fatto che si acconsentiva alle richieste dei bis — i ragazzi non erano abituati a queste grida di apprezzamento — mentre il pubblico in piedi batteva le mani con grande entusiasmo. Appena finito il primo concerto, il responsabile dell’uditorio di Beijing ci ha subito invitato a partecipare a un festival nel mese di agosto (invito che purtroppo, visto il calendario del nostro coro, sarà impossibile accettare). Cos’è successo? Perché questo interesse per un coro come il nostro? Lo abbiamo chiesto agli organizzatori, sorpresi dalla risposta del pubblico. Ci hanno spiegato che in Cina si vive attualmente un grande interesse per la musica, in I vincitori del terzo Concorso internazionale di composizione di musica sacra Papa Benedetto XVI sono Pietro Magnani, primo premio; Luca Iacono e Claudio Bonometti, secondo premio exaequo per entrambi; Piermichele Bertaina, terzo classificato. La partitura richiesta era un Pater Noster per soprano e quintetto d’archi; lo stesso organico utilizzato da Pietro Mascagni — di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario della morte — per il suo Pater Noster composto nel 1880. I brani inviati — oltre quaranta provenienti da tutto il mondo — sono stati valutati da una giuria presieduta da Kai Nieminem e composta da Angelo Inglese, Flavio Colusso, monsignor Vincenzo De Gregorio, Marco Di Battista e Ciro Visco. La partitura vincitrice sarà pubblicata dall’Editore Sillabe e sugli Annali della Pontificia Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon. Concluderà il concorso il concerto che si svolgerà il 16 aprile nella chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma, in cui saranno eseguiti, tra gli altri brani in programma, le partiture vincitrici e il Pater Noster di Pietro Mascagni. Pietro Mascagni nell’aprile del 1895 modo speciale se gli interpreti sono dei ragazzi. Abbiamo intitolato i concerti, appositamente, «Pace e Bellezza». Invitati a cantare in un Paese così lontano dal nostro, ci siamo chiesti in che modo saremmo potuti arrivare al cuore del pubblico senza rinunciare a quello che siamo. Come fare a salvare le distanze linguistiche, culturali e anche religiose? Siamo convinti che si può trovare una risposta tramite un linguaggio universale, la musica, intesa come un canale di trasmissione di pace e di bellezza, appunto. Tramite i loro canti, i ragazzi facevano appello all’umanità più profonda di quelle persone che erano venute a sentirli. I ragazzi parlavano un linguaggio di Bellezza, e così entravano in contatto con la Bellezza che ogni persona porta dentro di sé, anche se non lo sa. Tutto questo ci porta a fare una riflessione che osiamo esprimere con umiltà — senza dimenticare un profondo ringraziamento al Signore, dal quale tutto proviene — e che si potrebbe sintetizzare in questa domanda: come stabilire ponti di dialogo e di comunione con un Paese apparentemente così diverso? Lo si può fare tramite le parole, i discorsi. Ma non si potrebbe tentare di farlo anche tramite l’arte come linguaggio di pace e di bellezza? Lungo i secoli, numerosi artisti ci hanno regalato moltissime creazioni meravigliose, capaci di comunicare la parte più profonda del loro vissuto. Perché allora non approfittare di questa eredità, così preziosa, per diffondere quello che tutti portiamo nel cuore? *Prefetto del coro di voci bianche di Montserrat L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 18 marzo 2015 Paolo VI con Madre Teresa tre giorni dopo l’annuncio dell’Anno santo (12 maggio 1973) Ci siamo domandati se una simile tradizione meriti d’essere mantenuta nel tempo nostro Tanto diverso dai tempi passati Così il 9 maggio 1973 Paolo pagina 5 VI e accordate alle Chiese locali, affinché tutta la Chiesa sparsa sulla terra possa incominciare subito a godere di questa grande occasione di rinnovamento e di riconciliazione, e meglio prepararne così il momento culminante e conclusivo che si celebrerà a Roma nell’anno 1975, il quale conferirà al classico pellegrinaggio alle tombe degli Apostoli, per coloro che lo possono e lo vogliono compiere, il suo consueto significato. E questo importante e salutare movimento spirituale e penitenziale, che interessa tutta la Chiesa e che sarà accompagnato dalla elargizione di speciali indulgenze, avrà inizio nella prossima festa di Pentecoste, annunciò il giubileo Per rifare l’uomo da dentro ogliamo oggi dare a voi una notizia, che crediamo importante per la vita spirituale della Chiesa; ed è questa. Dopo aver pregato e pensato, noi abbiamo deliberato di celebrare nel prossimo 1975 l’Anno Santo, secondo la scadenza venticinquennale fissata dal nostro predecessore Paolo II, con la Bolla pontificia Ineffabilis Providentia del 17 aprile 1470. L’Anno Santo, che si chiama, nel linguaggio canonico, Giubileo, consisteva nella tradizione biblica dell’Antico Testamento in un anno di vita pubblica speciale, con l’astensione dal lavoro normale, col ripristino della distribuzione originaria della proprietà V La parola programmatica di riconciliazione ci fa capire che la nostra vita è turbata da troppe rotture, disarmonie, disordini E ciò impedisce di godere dei doni della vita personale e collettiva terriera e con la remissione dei debiti in corso e la liberazione degli schiavi ebrei (cfr. Levitico 25, 8 ss.). Nella storia della Chiesa, come si sa, il Giubileo fu istituito da Bonifacio VIII, ma con scopi puramente spirituali, nel 1300; e consisteva in un pellegrinaggio penitenziale alle tombe degli Apostoli Pietro e Paolo; vi partecipò anche Dante, che ne descrive la moltitudine circolante in Roma (cfr. Inferno XVIII, 2833); poi, al Giubileo del 1500, si aggiunse l’apertura delle Porte Sante delle basiliche da visitare, non solo per facilitarvi l’afflusso dei penitenti, ma anche per simboleggiare il più facile accesso alla misericordia divina con l’acquisto dell’indulgenza giubilare. Ci siamo domandati se una simile tradizione meriti d’essere mantenuta nel tempo nostro, tanto diverso dai tempi passati, e tanto condizionato, da un lato, dallo stile religioso impresso dal recente Concilio alla vita ecclesiale, e, dall’altro, dal disinteresse pratico di tanta parte del mondo moderno verso espressioni rituali d’altri secoli; e ci siamo subito convinti che la celebrazione dell’Anno Santo, non solo può innestarsi nella coerente linea spirituale del Concilio stesso, alla quale preme a noi di dare fedele svolgimento, ma può benissimo corrispondere e contribuire altresì allo sforzo indefesso e amoroso che la Chiesa rivolge ai bisogni morali della nostra età, all’interpretazione delle sue profonde aspirazioni, ed anche alla onesta condiscendenza verso certe forme delle sue espressioni esteriori preferite. È necessario a questo molteplice scopo mettere in evidenza la concezione essenziale dell’Anno Santo, ch’è il rinnovamento interiore dell’uomo: dell’uomo che pensa, e pensando ha smarrito la certezza nella Verità; dell’uomo che lavora, e lavorando ha avvertito d’essersi tanto estroflesso da non possedere più abbastanza il proprio personale colloquio; dell’uomo che gode e si diverte e tanto fruisce dei mezzi eccitanti una sua gaudente esperienza da sentirsene presto annoiato e deluso. Bisogna rifare l’uomo dal di dentro. È ciò che il Vangelo chiama conversione, chiama penitenza, chiama metànoia. È il processo di autorinascita, semplice come un atto di lucida e coraggiosa coscienza, e complesso come un lungo tirocinio pedagogico riformatore. È un momento di grazia, che di solito non si ottiene se non a capo chino. E noi pensiamo di non errare scoprendo nell’uomo d’oggi una profonda insoddisfazione, una sazietà unita ad un’insufficienza, una infelicità esasperata dalle false ricette di felicità dalle quali è intossicato, uno stupore di non saper godere dei mille godimenti che la civiltà gli offre in abbondanza. Cioè egli ha bisogno di un rinnovamento interiore, quale il Concilio ha auspicato. Urge un processo di autorinascita Semplice come un atto di lucida coscienza Complesso come un lungo tirocinio pedagogico riformatore Ora, a questo rinnovamento personale, interiore, e quindi, sotto certi aspetti, anche esteriore, tende precisamente l’Anno Santo, questa terapia, facile e straordinaria insieme, che dovrebbe portare il benessere spirituale ad ogni coscienza, e di riflesso, in qualche misura almeno, alla mentalità sociale. Questa l’idea generale del prossimo Anno Santo, polarizzata in un’altra idea centrale particolare e rivolta alla pratica: la riconciliazione. Il termine «riconciliazione» richiama il concetto opposto di rottura. Quale rottura dovremmo aggiustare per raggiungere quella riconciliazione, ch’è condizione dell’auspicato rinnovamento giubilare? Quale rottura? Ma non basta forse porre questa parola programmatica di riconciliazione per accorgerci che la nostra vita è turbata da troppe rotture, da troppe disarmonie, da troppi disordini per poter godere dei doni della vita personale e collettiva secondo la loro ideale finalità? Abbiamo innanzi tutto bisogno di ristabilire rapporti autentici, vitali e felici con Dio, d’essere riconciliati, nell’umiltà e nell’amore, con Lui, affinché da questa prima, costituzionale armonia tutto il mondo della nostra esperienza esprima una esigenza ed acquisti una virtù di riconciliazione, nella carità e nella giustizia con gli uomini, ai quali subito riconosciamo il titolo innovatore di fratelli. Eccetera: la riconciliazione si svolge su altri piani vastissimi e realissimi: la stessa comunità ecclesiale, la società, la politica, l’ecumenismo, la pace. L’An- La scrittura profetica secondo Anna Maria Canopi Nativa sorgente La scrittura profetica non nasce a tavolino da una ricerca dettagliata, affonda le sue radici altrove. Il profeta, in questo caso la profetessa, la benedettina madre Anna Maria Canopi svela nel libro Mia nativa Sorgente (Brescia, Morcelliana, 2015, pagine 82, euro 10) il suo cuore ascoltante e lo riversa sul foglio bianco. Lo sguardo di chi legge si sposta dalla grafia al carattere della pagina stampata, e può optare: la sorgente però rampolla dalla grafia. Ma ancora lo sguardo interiore si sposta e deve collocarsi: non si tratta infatti di un testo argomentativo, costruito su ipotesi, tesi e dimostrazioni. Chi legge deve lasciarsi bagnare e intridere, solo allora potrà percorrere il cammino. Dove viene condotto? Non in una radura amena che poi si deve abbandonare, perché un luogo idillico non è luogo di esistenza. Non in un congresso a più voci che disputi sulla salvezza dell’umanità, sull’ecologia oppure su chi mai sa che cosa. Il cammino, nel segno dell’acqua, è l’incontro con l’Altro, con Dio, come in apertura colpisce il disegno delle lettere: «O Dio che mi hai creato, / dammi una terra buona / e un sole caldo, / dammi una brezza pura / e acqua di sorgente». L’implorazione è salmica, e risuona quale eco della Parola dell’Altissimo. Se però qui si fermasse, rischierebbe di annegare in un acquitrino perché si rinchiuderebbe in appagamento di se stessa. La dinamica di apertura invece riporta alla vita donata: «Voglio sbocciare / dentro la tua mano / e spandere / profumo di gioia / di Te / per tutto il mondo». Il mistero dell’uomo, della scoperta della relazione con Dio e con i viandanti nel tempo e nello spazio, è im- no Santo, se Dio ci concederà di celebrarlo, avrà molte cose da spiegarci al riguardo. Limitiamoci ora ad anticipare un rilievo importante circa la struttura del prossimo Anno Santo, il quale, secondo la secolare consuetudine, ha in Roma il suo punto focale e l’avrà ancora, ma con questa novità. Le condizioni prescritte per acquistare particolari frutti spirituali saranno questa volta anticipate 10 giugno. Nei precedenti Anni Santi l’estensione di essi avveniva dopo le celebrazioni romane; ora invece le precederà. Ognuno può comprendere come in questa innovazione vi sia anche un’intenzione di onorare con più evidente ed efficace comunione le Chiese locali, membra vive dell’unica ed universale Chiesa di Cristo. Basti così, per ora. Ma, a Dio piacendo, avremo in proposito molte altre cose da dire. Sia con voi tutti la nostra Apostolica Benedizione. Giovanni Battista Montini e la passione per Dante Poeta dei teologi e teologo dei poeti Spesso Paolo VI si faceva leggere dal segretario particolare, monsignor Pasquale Macchi, un canto della Divina Commedia o un capitolo dei Promessi sposi. A ricordare l’episodio è il cardinale Paul Poupard, presidente emerito del Pontificio consiglio della cultura e del Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, durante l’incontro tenutosi a Firenze in occasione del 750° anniversario della nascita di Dante Alighieri e del cinquantesimo della lettera apostolica motuproprio di Paolo VI, Altissimi cantus. Non a caso il documento pontificio era stato preceduto da due missive — una all’arcivescovo di Ravenna e l’altra all’arcivescovo di Firenze — ed era stato seguito dal suo indirizzo di saluto rivolto, nell’udienza del 21 gennaio 1966, ai dirigenti e ai soci della «Società Dante Alighieri» convenuti a Roma. Come il suo predecessore Benedetto XV, Paolo VI — ha ricordato il porporato — riteneva che l’opera di Dante deve la sua bellezza sia ai molteplici splendori della verità rivelata, sia a tutte le risorse dell’arte. Paolo VI, che aveva istituito una cattedra di studi danteschi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Mi- parono al concilio Vaticano II un’edizione speciale della Divina Commedia. Ma già Benedetto XV, nel rendere omaggio alla figura di Dante, aveva scritto nell’enciclica In praeclara summorum copia hominum (1921): «Chi potrà negare che, a quell’epoca, non vi siano state, tra il clero, cose da riprovare, capaci di disgustare profondamente un’anima devota alla Chiesa come quella di Dante?». Nell’enciclica il Papa sottolineava come l’esempio di Dante testimoniasse quanto i valori religiosi contribuiscano a promuovere il genio umano e come, di conseguenza, la loro assenza nel processo for- Il fine della Divina Commedia è “pratico e trasformante” Mira cioè a portare l’uomo dal disordine alla saggezza Dal peccato alla santità Pablo Picasso, «Madre e figlio» (1905) merso nel fulgore della natura, teso nel «Silenzio / spazio di una Presenza / intimo, / immenso: / Tu». La prima parte del dittico si chiude con l’inno a Maria. Lo scandire della liturgia, dal primo risveglio al riposo notturno, ne scolpisce la seconda parte, «L’uomo vivo», dal suo “Adsum” il cui giorno «comincia a notte fonda / per affrettare la luce all’orizzonte» e lo conduce nel grembo orante della Chiesa che fa risplendere di lode e di gloria risuonante attraverso le voci degli oranti. Mai isolata ma sempre sola nel silenzio la voce della profetessa, mai rivolta a sé ma sempre perduta nell’abbraccio di tutti e per tutti: «Eccoti l’uomo, te lo rendo intero, / l’uomo che vive, che soffre, che muore: / tua gloria che hai tratto dal niente / per farti mendicante del suo amore». A noi sostare e ascoltare il gorgoglio della forza dell’acqua che smuove il terreno e si lascia ora colare, ora prorompere ma sempre inondare: «Madre di Dio, limpida sorgente!». (cristiana dobner) lano, sottolineava che Dante era «ecumenico», un poeta appartenente a tutte le genti, universale. Infatti nella sua grandezza «abbraccia cielo e terra, eternità e tempo, i misteri di Dio e le vicende degli uomini, la dottrina sacra e le discipline profane, la scienza attinta dalla Rivelazione divina e quella attinta dal lume della ragione». Nello stesso tempo Paolo VI metteva in evidenza come il fine della Divina Commedia fosse «primariamente pratico e trasformante», essendo l’obiettivo quello di portare l’uomo dal disordine alla saggezza, dal peccato alla santità, dalla miseria alla felicità. Paolo VI celebra quindi Dante come poeta dei teologi e teologo dei poeti, «signore dell’altissimo canto», poiché teologo dalla mente sublime, vero mistagogo nel santuario dell’arte. E a testimonianza della sua passione per il poeta, Paolo VI volle donare a tutti i vescovi che parteci- Paul Gustave Dorè, «Dante e Virgilio» mativo dei giovani danneggiasse il progresso degli studi e della civiltà. Benedetto XV auspicava dunque che Dante fosse assunto a maestro di dottrina cristiana per gli studenti sia nell’arte che nella virtù. E in un altro passo dell’enciclica rimarcava il fatto che la più bella lode che si possa tributare a Dante è di essere stato «un poeta cristiano», cioè di «aver trovato accenti quasi divini per cantare le istituzioni cristiane di cui egli contemplava con tutta l’anima la bellezza e lo splendore». Nel definire la Commedia «il quinto Vangelo», Benedetto XV dichiarava quindi che Dante è «il più eloquente tra quanti hanno cantato e proclamato la sapienza cristiana». (gabriele nicolò) L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 18 marzo 2015 Intervista a Maria Voce presidente del movimento dei Focolari A piccoli passi di NICOLA GORI Quale ruolo hanno oggi nella Chiesa i movimenti? Quando Papa Francesco li ha incontrati, nel settembre scorso, ha ricordato Chiara Lubich come «straordinaria testimone» dell’unità che «ha portato il profumo di Gesù in tante realtà umane e in tante parti del mondo». E oggi, a sette anni dalla morte della fondatrice, il movimento dei Focolari riconferma la sua vocazione a essere scuola di comunione e fucina di unità per tutta la Chiesa, come ribadisce la presidente Maria Voce in questa intervista al nostro giornale. Il ruolo è duplice: da un lato i movimenti sono portatori di carismi, doni dello Spirito Santo per la Chiesa e l’umanità. Hanno quindi un’influenza su tutta la Chiesa, perché vengono messi a disposizione di tutti per la costruzione del corpo ecclesiale. Oltre a questa grazia, proprio perché depositari di un carisma, i membri di un movimento sono capaci di comprendere i carismi degli altri. Quindi capaci di rendersi conto che la Chiesa è ricca di carismi che possono essere messi in comune. Nell’ambito dei singoli movimenti poi c’è questa spinta a una vita evangelica più radicale. C’è il desiderio di un maggior impegno, di un’apertura al mondo Crede che il carisma dell’unità di Chiara sia destinato a realizzarsi? Lei pensa che se non lo credessi avrei dato la vita al movimento? Crediamo si realizzerà perché coincide con la preghiera che Gesù ha rivolto al Padre: che tutti siano una cosa sola. E non possiamo pensare che una preghiera del Figlio di Dio non si debba realizzare. Certo, non sappiamo come, non sappiamo quando, ma diamo la vita perché si realizzi. Vogliamo che si realizzi e facciamo quei piccoli passi che oggi possiamo compiere per affrettare il momento del suo compimento totale. Cosa significa «essere famiglia» secondo il testamento lasciato da Chiara? In occasione della mia prima elezione ho detto che il mio desiderio era che il Focolare privilegiasse i rapporti umani. Credo che questo è in fondo quello che abbiamo cercato di fare, anche se si è sempre tentati dall’individualismo. Costruire rapporti con le persone all’interno del movimento significa veramente interessarsi degli altri e avere quell’amore capace di comprendere, di perdonare, di accogliere, di aiutare quando c’è bisogno: tutto quello che si fa all’interno della famiglia. Una vita di famiglia, quindi, ma integra, perché fatta di rapporti veri, autentici. Qual è il rapporto tra laici e consacrati all’interno del movimento? La consacrazione è una donazione totale a Dio e ai suoi piani, a qualunque stato di vita si appartenga. Non possiamo trascurare la donazione attraverso i voti. Del resto il movimento è nato con il voto di verginità perpetua e perfetta di Chiara Lubich. C’è quindi questa dimensione fin dalle sue origini. Ma Chiara sottolineava come nel giorno della sua consacrazione aveva sentito non tanto di aver consacrato qualcosa, ma di aver sposato Dio. Per un certo tempo, le prime focolarine facevano solo questo voto. E non lo concepivano nemmeno come tale: dicevano di fare un volo in Dio. Poi hanno accolto le forme di consacrazione classiche nella Chiesa attraverso i voti. Proprio questa dimensione di donazione totale a Dio permette che nel movimento ci siano persone consacrate, anche sposate, che donano completamente la loro vita a Cristo pur mantenendo i doveri coniugali. Ci sono addirittura persone che appartengono ad altre Chiese e ad altre religioni che si donano totalmente a Dio nell’ambito del movimento, anche per alimentare un rapporto di carità con tutti gli altri e costruire insieme passi che portino alla realizzazione dell’unità. TRIGESIMO Martedì 24 marzo, in occasione del trigesimo del pio transito del Signor ALBERT GÄNSWEIN S.E. Monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, celebrerà una Santa Messa di suffragio, alle ore 18 nella chiesa del Pontificio Collegio Teutonico in Vaticano. Quanti desiderano concelebrare sono pregati di portare con sé il camice e la stola viola. to stabilito nello statuto. La presidenza femminile del movimento dei Focolari permette di fare distinzione tra quello che è il potere e quello che è il servizio, tra il governo e l’amore. Di recente mi è stato chiesto: come si fa a conciliare il governo con l’amore? Ho risposto: ma come si fa a governare senza amore? Senza amore si esercita un potere, ma non si governa, non si aiuta la comunità ad andare avanti. In questo senso, può essere un segno profetico per mettere in rilievo l’amore. Questo segno non è solo vissuto dalla presidente o dalle donne, ma dal movimento tutto intero. Anche gli uomini, appartenendo a un’associazione in cui si riconosce l’autorità — sia pure di servizio — a una donna, mettono in evidenza il primato dell’amore sul potere. Mi sembra che tutto insieme il movimento testimoni questa realtà, che è quella di guardare a Maria, la quale è donna e madre del Figlio di Dio. Il Focolare ha come vocazione di rivivere questa maternità di Maria, di essere testimone della possibilità anche oggi di far rinascere la presenza di Gesù sulla terra attraverso l’amore reciproco tra due o più fratelli. Questa scelta aiuta a far emergere il profilo mariano della Chiesa che, accanto al profilo petrino, è essenziale. Nell’ultima assemblea Papa Francesco vi ha affidato tre verbi: contemplare, uscire, fare scuola. Come li state realizzando? El Greco, «Pentecoste» (1600, particolare) che ci circonda. Sono caratteristiche che i movimenti cercano di vivere, ma che dovrebbero vivere tutti i cristiani. I membri dei movimenti sentono di avere una grazia, che è anche una responsabilità, e sentono di poter vivere queste cose in comunione tra di loro, per aiutarsi reciprocamente. Nelle associazioni, nei movimenti ci si può aiutare: si può scoprire il valore di essere l’uno accanto all’altra, per darsi una mano, incoraggiarsi, sostenersi e anche rialzarsi qualora si cada. Per volere di Chiara il vostro statuto prevede che la presidente del movimento sia sempre una donna. Perché? È sempre stato un desiderio di Chiara Lubich che si affermasse questa volontà di avere una donna alla guida del movimento. Lo ha chiesto a Giovanni Paolo II e lui ha acconsentito con gioia. E così è sta- Papa Francesco ha citato una frase di Chiara Lubich: questa è la grande attrattiva del tempo moderno, cioè penetrare nella più alta contemplazione e rimanere in mezzo agli uomini, uomo accanto all’uomo. Chiara ci ha sempre insegnato che bisogna diventare Gesù. E quindi contemplare significa essere Gesù, diventare Gesù, vivendo il Vangelo integralmente, riuscendo a scoprire quello che Gesù sta operando nella storia, quello che vuole dirci attraverso ogni uomo che incontriamo. Vuol dire, quindi, essere in continuo contatto con Gesù. Ricordo una volta che a Chiara venne chiesto come si fa a vivere l’invito del Vangelo a pregare sempre. Lei rispose che occorre essere sempre Gesù, occorre amare sempre. È perfino semplice questa contemplazione che si svolge nelle attività quotidiane, anche presi da mille cose. In quella quotidianità possiamo vedere Dio che ci viene incontro con la sua volontà e con la richiesta di amore del fratello che ci passa accanto. Questa è la contemplazione che vogliamo vive- re e che cerchiamo insieme di realizzare. Riguardo all’uscire, è una delle nostre priorità. L’abbiamo sentita particolarmente nostra quando Papa Francesco l’ha sottolineata e abbiamo sentito la gioia di essere in sintonia con quello che il Papa ci chiede oggi. Il fare scuola ci sembra sia soprattutto essere attenti a rivisitare continuamente il nostro carisma: non per trasformarlo, ma per vedere come risponde oggi ai segni dei tempi, cogliendo i linguaggi, gli stili, le domande nuove che l’umanità impone. Facciamo nostro tutto questo per esprimere il carisma di sempre adeguandolo all’oggi. Ricordo di Chiara Lubich nell’anniversario della morte L’amore spiegato Come presidente quali priorità indica per il futuro del movimento? Non scelgo io le priorità. Devo cogliere quelle che vengono espresse dal movimento in tutto il mondo. L’esigenza emersa nell’ultima assemblea è quella di essere molto aperti e in uscita verso le periferie, che non sono solo quelle geografiche, ma dovunque manchi l’amore e le divisioni impediscano di realizzare lo spirito di unità del carisma che Chiara ci ha lasciato. Significa per noi avere una grande apertura a tutti i dialoghi, che è uno stile di vita del movimento: essere aperti verso tutti, accogliere chiunque, senza distinzione etnica, religiosa, culturale, sociale, anagrafica. Questo porta come conseguenza un’attenzione particolare verso i luoghi dove più si manifestano queste divisioni. Pensiamo a quei Paesi dove c’è un’enorme differenza tra le classi sociali, oppure dove le differenze religiose diventano motivo di lotte, di guerra, di terrorismo. Guardando a questi Paesi, in particolare, vogliamo spendere risorse, talenti, e fare tutto il possibile per aiutarli. Senza però dimenticare l’Europa, che ha perso l’anima religiosa perché ha tagliato le sue radici. Portiamo avanti anche il dialogo con la cultura post moderna, con questa notte che sembra avvolgere la vita degli uomini di oggi. ROMA, 17. «Vivendo radicalmente il Vangelo, con le sue compagne, come risposta all’amore di Dio, Chiara ha colto che la misericordia è l’espressione piena dell’amore di Dio, è l’amore totalmente spiegato e attuato anche nei confronti della realtà del male che è nel mondo, che tocca e assedia l’uomo. È, infatti, alla luce dell’amore misericordioso di Dio che si spiega l’intero suo disegno di salvezza: un disegno che intesse, fin dalle origini, la storia dell’umanità e la vita dei singoli. È la Parola vissuta che conduce Chiara a scoprire tutte le tonalità dell’amore-misericordia del Padre: il suo sguardo verso coloro che, nel mondo, sono i piccoli, gli indigenti, la sollecitudine verso gli oppressi, l’abbraccio con i peccatori e il fare festa quando essi ritornano». È uno dei passaggi più significativi dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, al santuario romano del Divino Amore, in occasione del settimo anniversario della morte di Chiara Lubich. Una ricorrenza commemorata in molti luoghi del mondo dalle comunità dei Focolari e da quanti hanno potuto co- Dialoghi a Sant’Eustachio Nell’ambito dell’anniversario della morte della fondatrice dei Focolari, giovedì 19, alle ore 19.30, nella chiesa di Sant’Eustachio a Roma, si terrà un incontro dal titolo «Chiara Lubich. Una donna innamorata dell’Infinito». Partendo dal libro Lettere dei primi tempi. Alle origini di una nuova spiritualità, Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea e nostra editorialista, e don Jesús Morán, co-presidente del movimento dei Focolari, dialogheranno moderati da Claudio Cianfaglioni, del Centro studi Scuola Abbà. Verranno letti brani del volume che raccoglie sessanta lettere scritte da Lubich nel periodo vissuto a Trento fra il 1943 e il 1949, gli anni in cui iniziò la sua avventura umana e spirituale. Nell’Ecumenical Forum of European Christian Women Donne per una cultura dell’accoglienza Il convegno intitolato «Come la vita nelle nostre Chiese si inscrive nell’evoluzione attuale delle nostre società?» — svoltosi nei giorni scorsi ad Angers, in Francia, promosso dall’Ecumenical Forum of European Christian Women (Efecw) — è servito come occasione per una riflessione ecumenica sulla centralità dell’impegno delle comunità locali nella costruzione di una cultura dell’accoglienza in Europa, soprattutto alla luce delle parole e dei gesti di Papa Francesco. L’incontro ha visto la partecipazione di donne impegnate in campo teologico e pastorale in numerosi Paesi europei (una trentina in tutto), dalla Francia alla Grecia, dalla Spagna ai Paesi Bassi. Donne che, assieme a una significativa presenza maschile, si sono ritrovate per affrontare il tema della costruzione di una “via” nella società e nella Chiesa tesa a valorizzare in maniera sempre più dinamica la dimensione ecumenica dell’annuncio evangelico, proseguendo così l’approfondimento che da sempre ha caratterizzato l’attività del Forum. Ha ricordato Michelle Leuvre, coordinatrice cattolica dell’Efecw per la Francia, che il Forum ecumenico è nato nel 1982 a Gwatt, in Svizzera, dal desiderio di tante donne di condividere un comune impegno per riflettere sulla testimonianza della fede cristiana in Europa, per favorire il cammino ecumenico dei cristiani e per contribuire alla pace fondata sulla giustizia. Si tratta di un compito che in questi ultimi anni ha visto un sempre maggiore coinvolgimento delle comunità locali. Nei tre giorni del convegno è emerso quanto già le donne siano attive in progetti e iniziative, spesso a carattere ecumenico, in grado di creare opportunità di dialogo all’interno della Chiesa e tra le comunità cristiane, le istituzioni politiche e il mondo della cultura. Talvolta, è stato notato, queste iniziative sono pensate in una prospettiva interreligiosa, dal momento che proprio l’accoglienza di coloro che arrivano e che vivono in Europa con una fede al di fuori dell’universo cristiano rappresenta una delle sfide più coinvolgenti per il movimento ecumenico. In un contesto europeo, in piena trasformazione da un punto di vista interconfessionale e interreligioso, le donne possono contribuire alla definizione di una nuova stagione nell’annuncio della buona novella, che appare quanto mai necessaria, proprio per favorire un ripensamento della società europea nella quale la cultura dell’accoglienza non sia solo enunciata o difesa ma diventi una colonna portante di un mondo in grado di denunciare la violenza e di superare la crisi economica. In tale prospettiva la figura di Papa Francesco rappresenta una fonte preziosa: ad Angers sono stati ricordati i discorsi pronunciati in occasione del suo viaggio in Albania, dove la lotta alla povertà e la riconciliazione delle memorie costituiscono delle priorità, e della visita a Strasburgo, dove il Santo Padre ha rivolto un appello alle istituzioni europee per la costruzione di una società solidale a partire dalla condivisione del bene comune. Il convegno si è concluso con un intervento del padre domenicano Hervé Legrand che ha affrontato il tema delle strade indicate da Francesco per l’evangelizzazione in Europa. Legrand, facendo costante riferimento alla Evangelii gaudium, ha messo in evidenza come con essa il Papa abbia rivolto un invito a tutti i cristiani a vivere la dimensione missionaria della Chiesa con gioia, senza preclusioni di alcun tipo nei confronti degli uomini e delle donne con i quali i cristiani si trovano a condividere la loro esperienza quotidiana di testimonianza di Cristo Risorto per la salvezza del mondo. Una particolare attenzione è stata rivolta alle speranze suscitate dal Pontefice riguardo a una nuova pastorale familiare, oggetto di dibattito che va ben oltre i confini della Chiesa cattolica, come mostra l’interesse e la partecipazione ecumenica alla preparazione del prossimo Sinodo dei vescovi. (riccardo burigana) noscere la luminosa figura della fondatrice del movimento. Per monsignor Zani, «la novità carismatica, che ha permeato l’intera esistenza di Chiara e che costituisce il patrimonio spirituale e teologico più prezioso dell’Opera di Maria, è fonte inesauribile di luce, di sapienza per tutti noi. Essa ci guida anche nel rispondere in particolare a due urgenze fondamentali che oggi avvertiamo». Anzitutto l’emergenza della formazione. Chiara infatti «ci ha sempre orientati alla figura di Gesù Maestro e modello, come colui che ha formato incarnando in se stesso la sua dottrina, aiutando concretamente i suoi, lasciando libertà e suscitando responsabilità, correggendo quando necessario, dialogando e capovolgendo la scala dei valori consueti». La seconda urgenza — ha proseguito l’arcivescovo — è quella che Papa Francesco non si stanca di ripetere con l’invito a “uscire”. È un termine che richiama le parole di Gesù: «Andate e annunciate a tutti la buona notizia». È l’invito «a superare la tentazione dell’autoreferenzialità e a mettersi in cammino per raggiungere tutti, in tutti i luoghi, in tutte le occasioni, senza repulsioni e senza paura». C’è da raccogliere l’invito del Papa a “uscire” in ogni direzione, «come anche quello per la quaresima a rinfrancare i nostri cuori per operare un rinnovamento e non diventare indifferenti chiudendoci in noi stessi». C’è l’invito, ora, a celebrare anche il Giubileo della misericordia: «Facciamo nostra — ha concluso Zani — la preghiera approvata dalla Chiesa in occasione dell’avvio del processo di beatificazione di Chiara: «Donaci, o Padre, per l’azione dello Spirito Santo e mediante la Parola vissuta nell’attimo presente, di contribuire, sull’esempio di Chiara, con tutte le persone di buona volontà a realizzare il volere del Tuo Figlio: che tutti siano uno!». L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 18 marzo 2015 pagina 7 Messa a Santa Marta Non chiudete quella porta Bruce Onobrakpeya «La Veronica asciuga il volto a Gesù» (1969, Nigeria) Lettera di Papa Francesco ai vescovi della Nigeria Il coraggio della riconciliazione «La pace è impegno quotidiano, coraggioso ed autentico per favorire la riconciliazione, promuovere esperienze di condivisione, gettare ponti di dialogo, servire i più deboli e gli esclusi»: lo scrive Papa Francesco in una lettera indirizzata ai vescovi della Nigeria. Cari Fratelli nell’Episcopato, Mentre con tutta la Chiesa compiamo il cammino quaresimale verso la Resurrezione del Signore, desidero far giungere a Voi, cari Arcivescovi e Vescovi, un fraterno saluto, che estendo alle amate comunità cristiane affidate alle vostre cure pastorali. Desidero anche farvi partecipi di alcune riflessioni in merito alla situazione vissuta attualmente nel vostro Paese. La Nigeria, conosciuta come il “gigante dell’Africa”, con oltre 160 milioni di abitanti, è destinata a giocare un ruolo di primo piano non solo in quel Continente, ma nel mondo intero. In questi ultimi anni ha sperimentato una forte crescita sul piano economico e si è proposta sulla scena internazionale come un mercato di grande interesse sia per le sue risorse naturali sia per le sue potenzialità commerciali. È ormai considerata ufficialmente la più grande economia africana. Si è inoltre distinta come interlocutore politico per l’impegno profuso nella risoluzione di situazioni di crisi nel Continente. In pari tempo, la vostra Nazione si è dovuta confrontare con gravi difficoltà, tra le quali, nuove e violente forme di estremismo e di fondamentalismo, su base etnica, sociale e religiosa. Molti nigeriani sono stati uccisi, feriti e mutilati, sequestrati e privati di ogni cosa: dei propri cari, della propria terra, dei mez- zi di sussistenza, della loro dignità, dei loro diritti. Tanti non hanno più potuto fare ritorno alle loro case. Credenti, sia cristiani che musulmani, sono stati accomunati da una tragica fine, per mano di persone che si proclamano religiose, ma che abusano della religione per farne una ideologia da piegare ai propri interessi di sopraffazione e di morte. Io vorrei assicurarvi che sono vicino a voi e a quanti soffrono. Ogni giorno vi porto nella preghiera e qui ripeto, a vostro conforto e incoraggiamento, le consolanti parole del Signore Gesù che devono sempre risuonare nei nostri cuori: «Vi lascio la pace, vi do la mia pace» (Gv 14, 27). La pace — come voi sapete bene — non è solo l’assenza di conflitti o risultato di qualche compromesso politico, o fatalismo rassegnato. La pace, per noi, è un dono che viene dall’Alto, è Gesù Cristo stesso, Principe della Pace, Colui che ha fatto dei due un popolo solo (cfr. Ef 2, 14). E solo chi ha la pace di Cristo nel cuore, come orizzonte e stile di vita, può diventare un artigiano della pace (cfr. Mt 5, 9). Nello stesso tempo, la pace è impegno quotidiano, coraggioso ed autentico per favorire la riconciliazione, promuovere esperienze di condivisione, gettare ponti di dialogo, servire i più deboli e gli esclusi. In una parola, la pace consiste nel costruire una “cultura dell’incontro”. Per questo voglio qui esprimerVi un sincero ringraziamento, perché in mezzo a tante prove e sofferenze, la Chiesa in Nigeria non cessa di testimoniare l’accoglienza, la misericordia e il perdono. Come non ricordare i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i missionari e i catechisti che, pur tra indicibili sacrifici, non hanno abbandonato il proprio gregge, ma sono rimasti al suo servizio, buoni e fedeli annunciatori del Vangelo? Ad essi, in particolare, vorrei esprimere la mia prossimità e dire: non stancatevi di fare il bene! Per loro ringraziamo il Signore, come per molte persone di ogni estrazione sociale, culturale e religiosa che, con grande determinazione, si impegnano concretamente contro ogni forma di violenza e in favore di un avvenire più sicuro e più giusto per tutti. Essi ci offrono testimonianze commoventi che, come ci ha ricordato Papa Benedetto XVI al termine del Sinodo per l’Africa, mostrano «la potenza dello Spirito che trasforma i cuori delle vittime e dei loro carnefici per ristabilire la fraternità» (Africae Munus, 20). Cari Fratelli nell’Episcopato: con perseveranza e senza scoraggiamenti andate avanti sulla via della pace (cfr. Lc 1, 79)! Accompagnate le vittime! Soccorrete i poveri! Educate i giovani! Fatevi promotori di una società più giusta e solidale! Di cuore Vi imparto la Benedizione Apostolica e Vi chiedo di farne partecipi sacerdoti, religiosi e religiose, missionari, catechisti, fedeli laici e soprattutto le membra sofferenti del Corpo di Cristo. La Resurrezione del Signore possa essere apportatrice di conversione, di riconciliazione e di pace per l’intero popolo della Nigeria! Vi affido a Maria, Regina dell’Africa. Pregate anche per me. Dal Vaticano, 2 marzo 2015 FRANCESCO Conclusa la visita del cardinale Tauran in Costa d’Avorio Piccoli semi crescono «Non si può uccidere in nome di Dio» e «non si possono discriminare le persone in base alla loro appartenenza etnica o religiosa». È il duplice appello lanciato dal cardinale Jean-Louis Tauran durante la messa celebrata nella cattedrale di Yamoussoukro lunedì 16 marzo, alla vigilia della conclusione della visita in Costa d’Avorio. Un appello che il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso ha voluto condividere con «tutti i credenti», rivolgendo il suo pensiero in particolare «ai nostri amici musulmani che in questo momento vedono la loro religione traviata da persone senza religione e senza legge». Cosa occorre all’Africa secondo il prefetto di Propaganda Fide Sogno nuovo L’idea comboniana di «rigenerare l’Africa con l’Africa» in centocinquant’anni di missionarietà «ha preso consistenza e realtà», tant’è vero che il continente oggi conta «duecento milioni di cattolici, oltre quarantamila sacerdoti, più di seicento vescovi autoctoni, circa trentamila seminaristi maggiori, oltre sessantamila istituzioni educative dipendenti da autorità religiose» e «settemila tra ospedali, dispensari, lebbrosari, case per malati cronici». Lo ha evidenziato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, nella messa conclusiva del convegno «Un continente in cammino» organizzato a Roma dalla famiglia comboniana. Oggi, ha detto il porporato, il nuovo sogno è caratterizzato dalla solidarietà. L’Africa è afflitta da «numerose guerre, violenze» e da altre “guerre” come «l’ebola, la malaria, la dengue, l’Aids», e ancora: «le divisioni tribali, i saccheggi delle ricchezze naturali e minerali, la povertà di molti che contrasta con le ricchezze di pochi e la corruzione a vari livelli», perciò «ha bisogno di solidarietà». L’«Africa — ha sottolineato il cardinale — non deve essere un problema, come a volte pensano le società opulente occidentali, ma una terra capace di crescere e svilupparsi, e di partecipare al bene e alla vita internazionale». Perciò ha bisogno di un «buon pastore» che è Gesù; ma anche di leader «coraggiosi e profetici» che sappiano «ispirarsi al Vangelo», di «vescovi e sacerdoti secondo il cuore di Cristo», di «laici generosi e responsabili», di «figli devoti che guardano alla propria terra non come luogo problematico e avaro, ma ricco del bene e della speranza che si semina e si costruisce». Nell’omelia della celebrazione il porporato ha insistito «sulla necessità di un dialogo sincero, anzitutto tra i cristiani, e poi tra cristiani e musulmani»: dialogo «della vita e della spiritualità — ha specificato — che ci permette di proclamare la nostra fede e di vedere tutto il positivo che ci unisce e che possiamo mettere al servizio della società come un piccolo seme che cresce». Per il cardinale è necessario lavorare soprattutto tra i giovani, inse«Parabola del seminatore» (arte africana) gnando loro a riconoscere «ciò che di buono c’è nelle altre religioni e nella La visita del cardinale, iniziata lo società». scorso 13 marzo, si conclude marte«È nel cuore dell’uomo che na- dì 17 con l’incontro con il presidensce la guerra», ma è lì «che nasce te della Repubblica, Alassane anche la pace», ha ricordato il por- Ouattara. Nel pomeriggio è in proporato. Non è dunque «l’ora dello gramma una riunione con le guide scoraggiamento ma piuttosto quella religiose della regione di Abidjan della perseveranza». L’invito è a la- alla quale partecipa padre Miguel sciare che Cristo «ci liberi dai no- Ángel Ayuso Guixot, segretario del stri timori, dalle nostre paure, dalle dicastero. Nel suo saluto il combonostre amarezze». Per il cardinale niano ricorda ancora una volta che «non potremo mai essere felici gli «la Chiesa rispetta i credenti di tutuni senza gli altri». E la Chiesa te le religioni» e invita cristiani e «non potrà essere credibile senza non cristiani a «imparare e trasmetessere una comunione dove la ditere i valori capaci di plasmare l’uoversità è in grado di affermarsi conmo interiore». Questo, afferma, «è servando l’unità». possibile solo in un clima di libertà Ai fedeli cattolici in particolare il porporato ha chiesto di non lascia- che favorisce le scelte personali, in re che la fede resti «fragile» e che particolare la libertà di cercare la le appartenenze etniche abbiano il verità». Al centro di ogni religione, sopravvento. «Il futuro — ha assi- ribadisce, «c’è un messaggio di fracurato — è nelle mani dei cristiani ternità e di pace. I credenti possodi oggi. È necessario che essi ap- no diventare artigiani di pace sociaprofondiscano il dialogo con la cul- le» se sono capaci di «non considetura, con le religioni tradizionali. rare le differenze come minacce ma Ricordiamoci che non siamo una come ricchezze». È necessario perreligione del libro, ma la religione ciò andare al di là della semplice di un avvenimento, di un incontro: «tolleranza», per arrivare a una Gesù risorto dona alla nostra vita scelta radicale basata sul rispetto, un orizzonte nuovo». l’amore, la comprensione. La quaresima è tempo propizio per Avrebbero detto: “Ma, vai avanti, chiedere al Signore, «per ognuno sì, sì, per questa volta vai avanti!”». Continuando nella lettura del di noi e per tutta la Chiesa», la «conversione alla misericordia di Vangelo, si incontra Gesù che «troGesù». Troppe volte, infatti, i cri- va quest’uomo un’altra volta e gli stiani «sono specialisti nel chiudere dice: “Ecco, sei guarito, ma non le porte alle persone» che, fiaccate tornare indietro — cioè non peccare dalla vita e dai loro errori, sarebbe- più — perché non ti accada qualcoro invece disposte a ricominciare, sa di peggio. Vai avanti, continua «persone alle quali lo Spirito Santo ad andare avanti”». E quell’uomo va dai dottori della legge, per dire: muove il cuore per andare avanti». La legge dell’amore è al centro «La persona, l’uomo che mi ha della riflessione che Papa Francesco guarito si chiama Gesù. È quello». ha svolto, nella messa di martedì 17 E si legge: «Per questo i giudei permarzo a Santa Marta, a partire dal- seguitavano Gesù, perché faceva tala liturgia del giorno. Un parola di li cose di sabato». Di nuovo ha Dio che parte da un’immagine: commentato Francesco: «Perché fa«l’acqua che risana». Nella prima ceva il bene anche il sabato, e non lettura il profeta Ezechiele (47, 1- si poteva fare». Questa storia, ha detto il Papa 9.12) parla infatti dell’acqua che scaturisce dal tempio, «un’acqua attualizzando la sua riflessione, benedetta, l’acqua di Dio, abbon- «avviene tante volte nella vita: un dante come la grazia di Dio: ab- uomo — una donna — che si sente bondante sempre». Il Signore, in- malato nell’anima, triste, che ha fatfatti, ha spiegato il Papa, è genero- to tanti sbagli nella vita, a un certo so «nel dare il suo amore, nel risa- momento sente che le acque si muovono, c’è lo Spirito Santo che nare le nostre piaghe». L’acqua torna nel vangelo di muove qualcosa; o sente una paroGiovanni (5, 1-16) dove si narra di la». E reagisce: «Io vorrei andare!». una piscina — «in ebraico si chia- Così «prende coraggio e va». Ma mava betzaetà» — caratterizzata da «cinque portici, sotto i quali giaceva un gran numero di infermi: ciechi, zoppi e paralitici». In quel luogo, infatti, «c’era una tradizione» secondo la quale «di volta in volta, scendeva dal cielo un angelo» a muovere le acque, e gli infermi «che si buttavano lì» in quel momento «venivano risanati». Perciò, ha spiegato il Pontefice, «c’era tanta gente». E perciò si trovava lì anche «un uomo che da trentotto anni era malato». Era lì che aspettava, e a lui Gesù domandò: «Vuoi guarire?». Il malato rispose: «Ma, SignoBartolomé Esteban Murillo re, non ho nessuno che mi «Gesù guarisce il paralitico di Bethesda» (1667) immerga nella piscina quando l’acqua si agita, quando viene l’angelo. Mentre, infatti, sto quell’uomo «quante volte oggi nelle per andarvi, un altro scende prima comunità cristiane trova le porte di me». A Gesù, cioè, si presenta chiuse». Forse si sente dire: «Tu «un uomo sconfitto» che «aveva non puoi, no, tu non puoi; tu hai perso la speranza». Ammalato, ma sbagliato qui e non puoi. Se vuoi — ha sottolineato Francesco — «non venire, vieni alla messa domenica, solo paralitico»: era infatti ammala- ma rimani lì, ma non fare di più». to di un’«altra malattia tanto catti- Succede così che «quello che fa lo Spirito Santo nel cuore delle persova», l’accidia. «È l’accidia che lo rendeva triste, ne, i cristiani con psicologia di dotpigro» ha notato. Un’altra persona tori della legge distruggono». Il Pontefice si è detto dispiaciuto avrebbe infatti «cercato la strada per arrivare in tempo, come quel per questo, perché, ha sottolineato, cieco a Gerico che gridava, gridava, la Chiesa «è la casa di Gesù e Gesù e volevano farlo tacere e gridava di accoglie, ma non solo accoglie: va a più: ha trovato la strada». Ma lui, trovare la gente», così come «è anprostrato dalla malattia da trentotto dato a trovare» quell’uomo. «E se anni, «non aveva voglia di guarir- la gente è ferita — si è chiesto — cosi», non aveva «forza». Allo stesso sa fa Gesù? La rimprovera, perché tempo, aveva «amarezza nell’anima: è ferita? No, viene e la porta sulle “Ma l’altro arriva prima di me e io spalle». Questa, ha affermato il Pasono lasciato da parte”». E aveva pa, «si chiama misericordia». Pro«anche un po’ di risentimento». prio di questo parla Dio quando Era «davvero un’anima triste, scon- «rimprovera il suo popolo: “Misericordia voglio, non sacrificio!”». fitta, sconfitta dalla vita». Come di consueto il Pontefice ha «Gesù ha misericordia» di quest’uomo e lo invita: «Alzati! Alzati, concluso la riflessione suggerendo finiamo questa storia; prendi la tua un impegno per la vita quotidiana: barella e cammina». Francesco ha «Siamo in quaresima, dobbiamo quindi descritto la scena seguente: convertirci». Qualcuno, ha detto, «All’istante quell’uomo guarì e pre- potrebbe ammettere: «Padre, ci sose la sua barella e incominciò a no tanti peccatori sulla strada: quelli che rubano, quelli che sono nei camminare, ma era tanto ammalato campi rom... — per dire una cosa — che non riusciva a credere e forse e noi disprezziamo questa gente». camminava un po’ dubitante con la Ma a costui va detto: «E tu? Chi sua barella sulle spalle». A questo sei? E tu chi sei, che chiudi la porta punto entrano in gioco altri persodel tuo cuore ad un uomo, a una naggi: «Era sabato e cosa trova donna, che ha voglia di migliorare, quell’uomo? I dottori della legge», di rientrare nel popolo di Dio, peri quali gli chiedono: «Ma perché ché lo Spirito Santo ha agitato il porti questo? Non si può, oggi è suo cuore?». Anche oggi ci sono sabato». È l’uomo a rispondere: cristiani che si comportano come i «Ma tu sai, sono stato guarito!». E dottori della legge e «fanno lo stesaggiunge: «E quello che mi ha gua- so che facevano con Gesù», obietrito, mi ha detto: “porta la tua ba- tando: «Ma questo, questo dice rella”». un’eresia, questo non si può fare, Accade quindi un fatto strano: questo va contro la disciplina della «questa gente invece di rallegrarsi, Chiesa, questo va contro la legge». di dire: “Ma che bello! Compli- E così chiudono le porte a tante menti!”», si chiede: «Ma chi è que- persone. Perciò, ha concluso il Past’uomo?». I dottori, cioè, comin- pa, «chiediamo oggi al Signore» la ciano «un’indagine» e discutono: «conversione alla misericordia di «Vediamo cosa è successo qui, ma Gesù»: solo così «la legge sarà piela legge... Dobbiamo custodire la namente compiuta, perché la legge legge». L’uomo, da parte sua, con- è amare Dio e il prossimo, come tinua a camminare con la sua barel- noi stessi». la, «ma un po’ triste». Ha commentato il Papa: «Io sono cattivo, ma alcune volte penso a cosa sarebbe successo se quest’uomo avesse dato un bell’assegno a quei dottori.
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