Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLV n. 48 (46.886) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano sabato 28 febbraio 2015 . Quindici assassinati dai miliziani dell’Is in Siria Papa Francesco a conclusione degli esercizi spirituali Il sangue dei cristiani Con un pezzo del mantello di Elia Devastato il museo di Mosul DAMASCO, 27. Sempre più drammatica la situazione in Siria. I miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is) hanno ucciso quindici cristiani in Siria, nel governatorato di Hassake, al confine nord-orientale con l’Iraq. Le vittime provenivano dai villaggi dai quali erano stati rapiti nei giorni scorsi almeno 250 cristiani. A diffondere la notizia, ieri, è stato l’archimandrita Emanuel Youkhana, lo stesso che lunedì scorso riferì del rapimento, confermato poi da fonti dell’opposizione siriana. «Molte delle vittime — ha spiegato Youkhana — stavano difendendo i loro villaggi e le loro famiglie». Nel villaggio di Tel Hormidz una donna è stata decapitata, mentre due uomini sono stati uccisi con colpi di arma da fuoco. Per ora — riferiscono i media — non ci sono informazioni circa le modalità delle esecuzioni delle altre dodici vittime. Youkhana ha riferito anche che i rapiti sarebbero 350, e non 250 come si pensava inizialmente. Andrebbero Discriminazioni e persecuzioni Allarme anche in Sudan KHARTOUM, 27. L’attacco sistematico nei confronti dei cristiani si estende ben oltre i confini della Siria e dell’Iraq. In Sudan «la violazione dei diritti umani sta peggiorando e le persecuzioni nei confronti dei cristiani da parte delle forze di polizia e di sicurezza stanno aumentando». A testimoniarlo è Mohamed Mustafa Alnour, avvocato difensore di Meriam Yahia Ibrahim Isha, la giovane cristiana sudanese condannata a morte a Khartoum, per apostasia e adulterio, e poi liberata grazie a una forte mobilitazione internazionale. In occasione della presentazione del rapporto annuale di «Italians for Darfur», l’avvocato di Meriam ha sottolineato che in Sudan «sebbene la nostra costituzione dal 2005 sancisca la libertà di religione, questa non viene rispettata perché sancisce allo stesso tempo la sharia come fonte di tutte le leggi, e dunque il Governo islamista la predilige per governare». I cittadini sudanesi «sono divisi in tre classi: i musulmani, i cristiani e quelli appartenenti ad altre fedi. I non musulmani sono degradati a classe sociale inferiore, hanno meno diritti» ha detto l’avvocato. Inoltre, «sin dalla secessione del Sud Sudan il Governo sta cercando di eliminare le chiese cristiane, e non possono essere più costruite nuovi edifici di culto». Preghiere a Beirut per i cristiani rapiti in Siria (Afp) infatti aggiunti ottanta abitanti del villaggio di Tel Jazira, 21 di Tel Gouran, cinque di Tel Feytha e tre di Qabir Shamiya. Quasi tutti sono tenuti in ostaggio nel villaggio sunnita di Um Al-Masamier. Altre 51 famiglie, «con circa cinque componenti a testa», ha detto Youkhana, sono state rapite a Tel Shamiram. Di queste tuttavia non si conosce la posizione precisa: «Non sappiamo — ha aggiunto Youkhana — dove siano tenute in ostaggio. È probabile che siano stati portati nella regione del Monte Abdul Aziz, controllata dall’Is». Nei 35 villaggi cristiani non è rimasto più nessuno: coloro che sono riusciti a scappare lo hanno fatto verso la regione di Hassake o verso Qamishli: «Le famiglie sfollate — ha detto Youkhana — sono ottocento ad Hassake e 175 a Qamishli». Sugli attacchi ai villaggi cristiani in Siria è intervenuto ieri anche il ministro degli Affari esteri italiano, Paolo Gentiloni, il quale ha espresso «la più ferma condanna delle violenze a sfondo religioso ed etnico, perpetrate in modo sistematico e feroce dall’Is nei confronti delle popolazioni locali in Siria». La ferocia dell’Is, tuttavia, non attacca soltanto le persone. Un filmato diffuso ieri mostra i miliziani intenti a distruggere antiche opere d’arte nel museo della civiltà di Mosul, nel nord dell’Iraq, e nel sito archeologico dell’antica Ninive. E intanto, sempre ieri, è stata svelata l’identità di uno dei boia dell’Is, autore di almeno quattro decapitazioni di ostaggi occidentali: si chiama Mohamed Emwazi, nato in Kuwait ma cresciuto a Londra, con una laurea in informatica. Era volato in Siria tra il 2012 e il 2013. A nome di tutti, anche mio, voglio ringraziare il Padre, il suo lavoro fra noi per i nostri Esercizi. Non è facile dare Esercizi ai sacerdoti! Siamo un po’ complicati tutti, ma Lei è riuscito a seminare. Che il Signore faccia crescere questi semi che Lei ci ha dato. E mi auguro anche, e auguro a tutti, che possiamo uscire di qua con un pezzetto del mantello di Elia, in mano e nel cuore. Grazie, Padre! In attentati suicidi Boko Haram uccide oltre trenta persone in due città nigeriane Cieca ferocia ABUJA, 27. Giornata di ordinaria violenza quella vissuta ieri dalla Nigeria, ancora nella morsa del terrorismo di Boko Haram. A distanza di poche ore due attentati hanno ucciso più di trenta persone. Il primo attacco ha colpito il nord-est del Paese, regione flagellata da anni dai jihadisti. Secondo quanto scrive la Bbc on-line, che cita testimoni, due attentatori suicidi hanno azionato le loro cariche esplosive in una stazione degli autobus nella città di Biu, uccidendo almeno quin- dici persone. Solo uno dei due attentatori è morto. Nessuno ha rivendicato l’attentato, ma sono pochi quelli che dubitano dell’influenza di Boko Haram. Altre due esplosioni hanno colpito, a distanza di poche ore, anche la città di Jos, uccidendo 17 persone. Colpite l’università e una stazione degli autobus. L’allerta attentati resta alta anche in Niger, più volte colpito da Boko Haram nelle scorse settimane. Il Parlamento ha deciso ieri di prolungare di tre mesi lo stato di emergenza nella regione di Diffa, nel sud-est del Paese. «La situazione sul terreno chiedeva il prolungamento dello stato di emergenza» ha detto il ministro della Difesa nigerino, Mahamadou Karidjo. Ciò nonostante, per legge lo stato di emergenza non potrà estendersi oltre i tre mesi. Attualmente sono dislocati nella regione di Diffa oltre tremila militari. Intanto, il generale nigeriano Kenneth Minima ha annunciato ieri che l’esercito ha ripreso il controllo Iniziato il ritiro delle armi pesanti mentre lunedì si svolgerà a Bruxelles il vertice trilaterale sulle forniture di gas Speranze di pace in Ucraina y(7HA3J1*QSSKKM( +\!"!$!$!{! Si sono conclusi nella mattina di venerdì 27 febbraio, ad Ariccia, gli esercizi spirituali ai quali hanno partecipato il Pontefice e membri della Curia romana. Le meditazioni sono state proposte dal carmelitano Bruno Secondin nella cappella della casa Divin Maestro dei religiosi paolini. Al termine della riflessione di venerdì mattina, Papa Francesco ha voluto ringraziare il predicatore rivolgendogli le seguenti parole. MOSCA, 27. Cala la tensione militare nell’est ucraino, dove ieri anche Kiev ha annunciato l’inizio del ritiro delle armi pesanti, due giorni dopo i separatisti. E si attenua pure lo scontro sul gas dopo che il colosso russo Gazprom ha concesso un piccolo compromesso, dicendosi pronto a escludere dal contratto di Kiev le forniture per il Donbass, che avevano creato il nuovo pomo della discordia. Il ministro dell’Energia russo, Alexandr Novak, ha fatto sapere oggi di aver accettato l’invito dell’Ue a un vertice trilaterale con Kiev lunedì a Bruxelles per risolvere la disputa sul gas tra Russia e Ucraina. «Prima di tutto — ha detto — discuteremo della situazione delle forniture all’Ucraina e del transito del gas verso i consumatori europei». Il nuovo versamento da parte di Kiev di quindici milioni di dollari per il gas russo basterà «ancora per un giorno, cioè fino a martedì, lunedì incluso», ha precisato Novak che sembra così escludere un’interruzione delle forniture all’Ucraina prima del vertice di Bruxelles. La «minaccia militare da est» tuttavia permane nonostante la tregua tra esercito ucraino e ribelli. Lo ha detto questa mattina il presidente ucraino, Petro Poroshenko, in un discorso all’università nazionale della Difesa. Kiev, appoggiandosi a una tregua senza morti né bombardamenti negli ultimi due giorni, ha annunciato l’inizio del ritiro delle sue armi pesanti, a partire da quelle calibro 100 mm, «esclusivamente con il monitoraggio dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa». Determinanti per le speranze di pace saranno dunque il monitoraggio e il giudizio della missione Osce, che finora, pur registrando l’arretramento di armi pesanti dei ribelli, si è lamentata del loro rifiuto di concedere un accesso sul terreno sicuro e illimitato. della città di Baga, vicino al Lago Ciad, caduta nelle mani dei miliziani di Boko Haram nel gennaio scorso in un assalto che costò la vita ad un centinaio di persone. Adesso i civili potranno tornare nelle loro case, ha detto il generale, precisando che altre città nel nord del Paese saranno presto riprese ai jihadisti. Questi ultimi hanno smentito la perdita di Baga. L’azione dell’esercito nigeriano si unisce a un più vasto piano di contrasto militare a Boko Haram organizzato da quattro Paesi dell’Africa Occidentale (Benin, Niger, Ciad e Camerun) con la collaborazione dell’Unione africana. L’idea di un’iniziativa regionale contro i jihadisti è nata dopo che gruppi di Boko Haram hanno cominciato a sconfinare dalla Nigeria anche nei territori dei Paesi circostanti, il Benin a ovest, il Niger a nord, il Ciad a est, il Camerun a sud, ovunque portando orrore, crudeltà sadica, repressione. Emulando il cosiddetto Stato islamico attivo in Siria, Iraq e Libia, Boko Haram sta cercando di estendere la propria influenza. Benin, Niger, Ciad e Camerun sono Paesi estremamente poveri ma — dicono gli analisti — hanno dimostrato una comune determinazione a difendersi dall’avanzare degli estremisti. E dopo il via libera alla missione da parte dell’Unione africana, lo scorso 31 gennaio, sono anche arriva- ti i primi aiuti dei Paesi occidentali. Gli Stati Uniti hanno mandato materiale militare, nuove tecnologie, consiglieri e addestratori. La Francia, che dai tempi dell’intervento militare nel Mali contro Al Qaeda nel Maghreb ha conservato nella regione una consistente presenza militare di oltre tremila soldati, ha già messo a disposizione elicotteri e aerei da ricognizione. Le Nazioni Unite guardano con viva preoccupazione l’escalation delle violenze. Il portavoce del segretario generale, Ban Ki-moon, ha di recente dichiarato che il Palazzo di vetro si aspetta «che presto gli scopi e la durata della missione (dei quattro Paesi africani, ndr) vengano discussi al Consiglio di sicurezza». Nel frattempo «chiediamo alle parti in gioco di rispettare al massimo i diritti civili e umani delle popolazioni». La missione di Benin, Niger, Ciad e Camerun vorrebbe avere la copertura ufficiale dell’Onu perché questo significherebbe anche aiuti maggiori rispetto a quelli che la sola Unione africana può garantire. Ma il tempo stringe e le violenze di Boko Haram debbono essere fermate. NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Dalla lettura troppo rigida dei testi patristici il rischio di un fondamentalismo ortodosso Estremismi che feriscono la Chiesa GIOVANNI ZAVATTA A PAGINA 6 Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo Metropolita di Malta Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Charles Jude Scicluna, finora Vescovo titolare di San Leone e Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi di Malta. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 sabato 28 febbraio 2015 Il ministro delle Finanze tedesco Schäuble (Afp) Il congresso generale di Tripoli si dice pronto a un cessate il fuoco Spiragli di dialogo tra le fazioni libiche TRIPOLI, 27. Le forze armate e il Congresso generale che fanno capo al Governo di Tripoli hanno accettato oggi in via di principio un cessate il fuoco con le truppe del generale Khalifa Haftar e il ritorno al dialogo con il Governo di Tobruk, riconosciuto dalla comunità internazionale. Lo Stato maggiore di Tripoli ha annunciato in una nota di aver preso questa decisione e di averla comunicata a una delegazione dell’Onu giunta ieri nella zona di Al Zawara, a ovest di Tripoli. Dal canto suo, ieri sera il ministro degli Esteri di Tobruk, Mohamed El Dayri, ha affermato: «Speriamo che l’inviato dell’Onu, Bernardino León, ci porti nuove proposte e speriamo che l’avvio del dialogo tra Misurata e Zintan porti a una soluzione politica della crisi libica. Chiediamo alla comunità internazionale di permettere che il nostro esercito sia dotato delle armi e dell’equipaggiamento necessari per combattere il terrorismo e proteggere i libici». Riaffermiamo — ha detto ancora El Dayri — «l’impegno alla riconciliazione per battere il terrorismo e formare un Governo di unità nazionale». Intanto, durante un colloquio telefonico, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha garantito all’alto responsabile per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini, che Mosca sostiene il nuovo tentativo di portare a un tavolo di dialogo i diversi protagonisti del conflitto in Libia condotto da Bernardino León. Non solo Lavrov si è detto «d’accordo con il sostegno a questo ultimo tentativo di dialogo», ma si è impegnato a sostenerlo anche in occasione «del passaggio al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». È quanto ha riferito la stessa Mogherini al termine del colloquio. Anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dopo un incontro ieri a Roma con il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha dichiarato di «non aver visto nessuna richiesta per la presenza della Nato in Libia. C’è invece una forte richiesta per una soluzione negoziale». Stoltenberg ha detto di «condividere le preoccupazioni» dell’Italia sulla Libia e si è congratulato per l’accoglienza di un «altissimo numero di migranti. La cosa più importante — ha aggiunto — è sostenere gli sforzi dell’Onu per un cessate il fuoco e un Governo di unità nazionale». La situazione in Libia sarà il primo punto all’ordine del giorno del Consiglio informale dei ministri degli Esteri Ue in programma per la prossima settimana a Riga, in Lettonia. Nel frattempo (la riunione è in programma per i prossimi venerdì 6 e sabato 7 marzo) si sarà capito se l’ultimo tentativo di portare a un tavolo i diversi attori della scena libi- Sgominata cellula terrorista tunisina TUNISI, 27. Il ministero dell’Interno tunisino ha annunciato oggi di aver fermato un gruppo di terroristi in collaborazione con le guardie di frontiera, nella zona di Kasserine, lungo la frontiera con l’Algeria. Si tratta di una cellula che ha legami con il terrorista latitante Khaled Al Hamadi, noto con il nome di battaglia di Loqman Abu Sakhar. Alcuni dei componenti del gruppo avevano aderito a una cellula jihadista presente sul monte Al Salum, mentre altri davano solo supporto logistico ai latitanti fondamentalisti della zona. Nel frattempo, le forze speciali dell’antiterrorismo algerine hanno arrestato ieri uno dei presunti responsabili dell’attacco terroristico contro i giacimenti di In Amenas del gennaio 2013. Lo hanno riferito fonti della sicurezza locale. Il sospetto è noto con il soprannome di Abu Obeida, 34 anni, ed è originario della provincia di Tamanrasset, nel sud dell’Algeria. L’uomo è affiliato al gruppo terrorista «Movimento dei bambini del sud per la giustizia» attivo soprattutto in Libia. Il presunto terrorista è stato arrestato nella regione di Bechar (ovest del Paese) ed è stato successivamente trasferito nel carcere di Ghardaia (centro del Paese). I tragici fatti di In Amenas del 17 gennaio 2013, quando un commando terrorista ha attaccato il sito gasifero algerino uccidendo 38 persone, hanno causato un bilancio totale di 66 morti, 29 tra i miliziani e 37 tra gli stranieri. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va ca da parte dell’inviato speciale dell’Onu León sarà andato a buon fine, e sulla base di questo — dicono gli analisti — si decideranno le prossime mosse europee. La costruzione di un dialogo fra i protagonisti del conflitto libico, da cui partire per avviare anche concrete misure di lotta ai terroristi del cosiddetto Stato islamico, è un obiettivo a cui la diplomazia europea, guidata da Federica Mogherini, sta lavorando intensamente, facendo pressioni sulle quattro parti (i Governi di Tripoli e Tobruk ma anche due milizie che hanno contribuito alla caduta di Gheddafi, quelle con sedi a Misurata e Zintan) perché si parlino. Esiste, però, anche un “piano B” dell’Europa nel caso che questo tentativo non abbia successo. Il “piano B” partirà dalla gestione della banca centrale libica, prima di pensare a un eventuale programma di sanzioni. A Riga i ministri degli Esteri Ue imposteranno quindi la politica europea sulla Libia basandosi sull’esito degli ultimi sforzi diplomatici. Conclusa la missione statunitense in Liberia MONROVIA, 27. Gli Stati Uniti hanno deciso di chiudere la missione militare in Liberia contro il diffondersi del virus dell’ebola. La missione era cominciata cinque mesi fa e si conclude prima del previsto. Il virus ebola ha causato in Liberia più di quattromila vittime. La presidente del Paese dell’Africa occidentale, Ellen Johnson-Sirleaf ha ringraziato gli Stati Uniti per il loro aiuto. Il ritiro dei militari avverrà nelle prossime settimane, mentre rimarranno solo un centinaio di soldati per monitorare la situazione. Oltre alla Liberia, il tremendo virus ha colpito anche la Guinea e la Sierra Leone. In totale, i casi dall’inizio dell’epidemia sono quasi ventiquattromila, con circa novemilaseicento morti. Intanto, i primi dati dei test clinici sul farmaco sperimentale contro l’ebola (Favipiravir) indicano che può ridurre la mortalità nei pazienti che hanno livelli bassi del virus nel sangue, ma non è invece efficace per quelli con un’alta carica virale che presentano la malattia in forma piu virulenta. Approvato il piano di aiuti Voto tedesco per Atene ATENE, 27. Il Parlamento tedesco ha approvato questa mattina l’estensione del piano di aiuti greco, come stabilito dall’Eurogruppo. Poco prima del voto, il ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble, ha detto che i tedeschi devono «fare tutto il possibile per tenere unita l’Europa». Schäuble ha sottolineato che il Bundestag «si trova a dover prendere una decisione non facile: non stiamo parlando di nuovi miliardi per la Grecia, non stiamo parlando di alcun cambiamento del programma attuale, ma di concedere GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Nel calcio europeo L’Onu chiede un rafforzamento di Triton Una partita vinta NEW YORK, 27. L’Unione europea deve rafforzare l’operazione Triton per l’assistenza ai migranti nel Mediterraneo e fornire canali di arrivo ufficiali per i rifugiati siriani. Questo il concetto espresso ieri da António Guterres, Alto commissario Onu per i rifugiati, in una riunione al Consiglio di sicurezza. «Mare No- strum dell’Italia è finita e Triton è limitata per mandato e risorse». L’Europa — ha spiegato Guterres — «deve aumentare la sua capacità di salvare vite umane con una robusta operazione di salvataggio nel Mediterraneo, o migliaia di altre persone moriranno». Nel corso del suo intervento davanti al Consiglio di sicu- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] Gaetano Vallini Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va rezza, l’Alto commissario Onu ha poi affermato che la metà dei rifugiati siriani vive in case non sicure. Per quanto riguarda il rapporto tra immigrazione e terrorismo, Guterres ha riferito che dal 2011 circa ventimila combattenti terroristi stranieri provenienti da cinquanta Paesi sono arrivati in Siria ed Iraq: il loro numero è quasi duplicato nell’ultimo anno. «Nel 2013 ho detto che la guerra siriana aveva scatenato la peggiore crisi umanitaria del nostro tempo e una terribile minaccia per la pace e la sicurezza regionale e globale rischiando un’esplosione che poteva inghiottire l’intero Medio oriente. Oggi, dobbiamo affrontare il fatto che questo è esattamente quanto accaduto» ha detto l’Alto commissario. Intanto, sul fronte interno europeo si registra un aumento del numero di immigrati in Gran Bretagna, cresciuto di 298.000 persone nel 2014. Si tratta di una cifra superiore agli obiettivi fissati dal Governo del premier David Cameron che aveva promesso di non superare il tetto di centomila persone. I tories hanno definito i dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica «deludenti» e puntato il dito contro le politiche migratorie della Ue. Accordo fiscale tra Italia e Liechtenstein multe agli allevatori già anticiapte dallo Stato. Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha lanciato un durissimo attacco alla Lega Nord e al suo leader, Matteo Salvini. Questi «dovrebbe mettersi una bella felpa con scritto “scusate”. Scusate a tutti gli italiani per le prese in giro della Lega Nord». Per anni, infatti, questo partito — ha detto il ministro — «ha speculato» sulla questione delle “quote latte”, e «costruito anni di campagne elettorali sulle bugie», ingannando le persone oneste. caporedattore segretario di redazione Intanto, bombe incendiarie e pietre sono state lanciate la notte scorsa da un gruppo di manifestanti ad Atene durante la prima manifestazione di protesta contro l’Esecutivo di Alexis Tsipras, leader di Syriza. Decine di attivisti — dicono i media greci — hanno affrontato la polizia e dato alle fiamme automobili al termine del corteo che ha raccolto centinaia di persone per protestare contro l’accordo siglato da Tsipras per garantire la proroga di quattro mesi di aiuti. Richiamo dell’Alto commissario Guterres Le quote latte e la felpa di Salvini BRUXELLES, 27. La stagione delle cosiddette “quote latte” si chiuderà il 31 marzo, ma l’Italia rischia di pagare un conto molto salato a causa del nuovo deferimento da parte della Commissione Ue alla Corte di giustizia europea, con la probabile sanzione per la mancata riscossione di 1,7 miliardi di euro. Una beffa che rischia di costare alle casse dello Stato centinaia di milioni di euro oltre ai 4,5 miliardi già pagati negli anni. La notizia del deferimento arriva proprio mentre il Governo ha iniziato a inviare le 1455 cartelle esattoriali per recuperare i 422 milioni di euro di più tempo perché Atene porti a termine con successo questo programma». Schäuble ha assicurato ai parlamentari tedeschi che «solidarietà in Europa non significa che gli Stati membri possono essere ricattati». Il ministro ha infine evidenziato di fronte al Parlamento che «la Grecia, senza l’Europa, non è in grado di decidere da sola quale sia la strada giusta da seguire». Stando agli analisti, il voto positivo del Bundestag non doveva comunque riservare sorprese. ROMA, 27. Dopo la Svizzera, finisce il segreto bancario anche nel Liechtenstein. Il ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, Pier Carlo Padoan, e il premier e ministro delle Finanze del Liechtenstein, Adrian Hasler, hanno firmato ieri l’accordo in materia di scambio di informazioni ai fini fiscali. Analogamente a quanto avvenuto giorni fa con la Svizzera, l’accordo pone fine al segreto bancario nel Principato. I due ministri hanno firmato anche un protocollo aggiuntivo in materia di richieste di gruppo. L’accordo tra Italia e Liechtenstein consentirà di sviluppare ulte- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale riormente la cooperazione amministrativa tra i due Paesi e, quindi, di rafforzare il contrasto all’evasione fiscale, spiega il ministero dell’Economia in una nota ufficiale. L’accordo è basato sul modello Ocse di Tax Information Exchange Agreement (Tiea) e consente lo scambio di informazioni su richiesta relativamente a tutte le imposte. Lo Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa né per mancanza di interesse ai propri fini fiscali né per segreto bancario. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Le cronache di alcuni giornali italiani usano toni a dir poco drammatici, parlando di pacifici tifosi, tra i quali donne, bambini e anziani, perquisiti e schedati dalla polizia olandese. E perfino del tentativo, non andato in porto, di separare un figlio (del quale non viene comunque specificata l’età) dal padre in trasferta. Le stesse cronache, tuttavia, mancano di segnalare che nella città olandese dove ieri si è svolta la partita di calcio tra il Feyenoord e la Roma non si è praticamente verificato nessun incidente e non sono stati registrati danni alle persone o alle cose. Sotto questo aspetto Rotterdam ha battuto Roma, dove, la settimana scorsa, la gestione dell’ordine pubblico ha lasciato il centro della città in balia degli hooligan olandesi con gravi conseguenze per il patrimonio artistico e l’immagine della capitale italiana. Sul campo, però, la Roma ha battuto il Feyenoord con buona pace dei tifosi concittadini di Erasmo, che quando scrisse il suo Elogio non pensava certo che la propria città potesse un giorno essere popolata da simili folli. I quali anche ieri hanno dato prova di ignoranza e inciviltà lanciando l’immancabile banana gonfiabile all’indirizzo di Gervinho, giocatore romanista della Costa d’Avorio, e causando con le loro intemperanze una lunga interruzione della partita. Per la cronaca va segnalato che le cinque squadre italiane in lizza nell’Europa League — oltre alla Roma, l’Inter, la Fiorentina, il Napoli e il Torino — hanno tutte superato il turno approdando agli ottavi di finale. Di rilievo soprattutto l’impresa del Torino che, contro tutti i pronostici, è andato a vincere sul difficile campo dell’Atlético di Bilbao. Nessun altro Paese europeo può vantare la presenza di cinque squadre in questa fase della competizione che, tuttavia, riveste un’importanza secondaria rispetto alla Champions League. Qui la presenza italiana è appena accennata. E non poteva essere altrimenti visto lo stato in cui, a tutti i livelli, versa il calcio italiano. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO sabato 28 febbraio 2015 pagina 3 Agenti delle forze di sicurezza venezuelane schierati a Caracas (Afp) All’Avana presente l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan Colloqui per la pace in Colombia L’AVANA, 27. Il Governo di Bogotá e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) hanno aperto oggi un nuovo ciclo dei colloqui di pace all’Avana, a Cuba, che culminerà nel fine-settimana con l’eccezionale partecipazione dell’ex segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan. Un supporto, quello della comunità in- Incriminazione respinta per Fernández BUENOS AIRES, 27. Il giudice Rafael Rafecas ha respinto ieri la richiesta di imputazione della presidente argentina Cristina Fernández. Contro quest’ultima erano state formulate accuse in relazione nell’inchiesta sull’attentato antiebraico che nel 1994 causò a Buenos Aires 85 morti. Le accuse erano state avanzate dal magistrato Gerardo Pollicita in base alle indicazioni contenute nel rapporto del collega Alberto Nisman, trovato morto nel gennaio scorso, poche ore prima di un’audizione in Parlamento, in circostanze ancora da chiarire. Le motivazioni di Rafecas — contenute in un documento di oltre cinquanta pagine — non sono ancora state rese note. L’azione delle Farc è iniziata cinquant’anni fa. Il conflitto con l’esercito colombiano ha causato, secondo le stime ufficiali, la morte di almeno 220.000 persone. Dal 2012 sono in corso negoziati tra le parti, condotti dapprima a Oslo e, successivamente, all’Avana. Per mezzo di un’agenda negoziale basata su cinque punti — riforma agraria e sviluppo rurale, partecipazione politica, fine del conflitto armato, blocco della produzione e della vendita di stupefacenti, diritti umani — il dialogo tra Governo e guerriglieri prosegue tra alti e bassi. L’Unione europea, nei giorni scorsi, ha auspicato che i negoziati tra le parti possano trovare rapidamente un accordo globale che apra la strada verso una pace duratura per porre fine a mezzo secolo di sofferenze. L’Ue intende inoltre sollecitare l’Esercito di liberazione nazionale, organizzazione meno nota delle Farc e di diversa impostazione ideologica, a rinunciare a sua volta alla violenza e a compiere passi concreti verso un vero percorso di pace. ternazionale allo storico negoziato, sempre più esplicito e concreto. Anche la presenza del diplomatico di lungo corso statunitense, Bernard Aronson, come “inviato di pace” della Casa Bianca nella capitale cubana, è stata apprezzata dalle parti impegnate nelle lunghe e difficili trattative. La trentatreesima tornata dei colloqui è cominciata con il dibattito sul tema delle vittime del conflitto, nell’attesa che domani i negoziatori si riuniscano all’Avana con Annan, proveniente dalla Colombia, dove ha già testimoniato il suo appoggio al processo di pace e ai risultati già ottenuti. Come la precedente tornata, quella attuale si terrà in un contesto di cessate-il-fuoco unilaterale e a tempo indeterminato da parte delle Farc, che è già in vigore da due mesi. Secondo diversi organismi umanitari, la tregua è stata sostanzialmente rispettata. Secondo il presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, il cessate il fuoco intrapreso dalle Farc è «un passo avanti nella giusta direzione». Maduro invita i suoi sostenitori a manifestare a Caracas Tensione in Venezuela CARACAS, 27. Resta alta la tensione in Venezuela dove continua la protesta antigovernativa dopo l’uccisione di un ragazzo di 14 anni da parte di un poliziotto nella città di San Cristóbal, nello Stato di Táchira. Il presidente, Nicolás Maduro, in un messaggio trasmesso dalla radio e dalla televisione, ha invitato i suoi seguaci a partecipare a una manifestazione domani a Caracas in occasione dei 26 anni della rivolta popolare cominciata nei quartieri poveri della capitale e che provocò centinaia di vittime. L’opposizione, dal canto suo, ha criticato la risoluzione con cui il ministero della Difesa ha Obama guarda al Pacifico Il presidente statunitense Obama (La Presse/Ap) WASHINGTON, 27. Negoziare nuovi accordi commerciali con l’Asia significa aumentare l’export del “made in Usa”. E questo significa rafforzare enormemente l’economia statunitense e creare molti più posti di lavoro. Così il presidente Barack Obama, in una serie di interviste televisive, ha rilanciato l’offensiva sulla nascita di zone di libero scambio con il Pacifi- Allarme sanitario nel sud-est asiatico NAYPYIDAW, 27. Allarme sanitario nel sud-est asiatico, dove — soprattutto in Myanmar — si stanno moltiplicando i casi di malaria. Il rischio, avvertono gli esperti, è di un’epidemia diffusa nel Paese, in grado anche di raggiungere i confini dell’India e del Bangladesh. Lo evidenzia uno studio pubblicato nel rapporto sulle malattie infettive della rivista medica britannica «The Lancet Infectious Diseases», segnalando come la resistenza ai farmaci rischi di avviare un processo di contagio dal sud-est asiatico verso il sub-continente indiano, come già avvenuto in passato. Gli esperti hanno, dunque, lanciato un allarme sull’eventuale transito della malaria in India, che potrebbe provocare una minaccia al controllo globale della malaria. Al momento, casi sono stati registrati a venticinque chilometri dal confine L’India punta sui treni Più esportazioni per rafforzare l’economia statunitense e creare lavoro Protesta dei camionisti in Brasile BRASILIA, 27. Continua, in Brasile, la protesta dei camionisti contro il rincaro dei carburanti, il costo del pedaggio e il prezzo del trasporto. Dopo nove giorni dall’inizio dello sciopero, ci sono ancora file chilometriche di tir e circolazione paralizzata in sette degli undici Stati interessati, nonostante un’ordinanza abbia imposto il ripristino del flusso automobilistico. Un accordo raggiunto con il Governo a Brasília prevede il congelamento per sei mesi delle tariffe del diesel. Ma alcuni rappresentanti della categoria si sono detti insoddisfatti e proseguono l’agitazione con circa un centinaio di blocchi stradali. Gli effetti della protesta — iniziata nel sud del Paese — sono sempre più pesanti: nei centri urbani già scarseggiano benzina e generi alimentari. permesso alle forze armate l’uso della forza per reprimere le proteste e ha presentato un ricorso al tribunale supremo di giustizia. Per quanto riguarda la detenzione dei politici, un gruppo di 15 sindaci ha manifestato di fronte alla prigione militare Ramo Verde per chiedere la liberazione di Antonio Ledezma, sindaco di Caracas — arrestato la settimana scorsa e accusato di aver partecipato all’organizzazione di un golpe contro Maduro — Leopoldo López, leader del partito Voluntad Popular, e Daniel Ceballos, sindaco destituito di San Cristóbal. indiano, presso la città di Sagaing e la squadra di ricercatori che ha effettuato lo studio tra Myanmar, Thailandia e Bangladesh ha riscontrato la resistenza ai farmaci nel 39 per cento dei campioni considerati. Un altro allarme sanitario è stato lanciato nello Sri Lanka, dove circa duemila nuovi malati di lebbra vengono segnalati ogni anno. Lo ha affermato il Centro di coordinamento della campagna contro la lebbra. Il 41 per cento dei casi è stato segnalato nell’ovest. Rispetto ad altri Paesi asiatici, lo Sri Lanka ha avuto una percentuale superiore del 7,5 per cento di malati di lebbra con deformità visibili al momento della diagnosi. Secondo i dati raccolti, la percentuale di bambini sotto i 15 anni affetti da lebbra è del 9,5 per cento, a indicare che la trasmissione della malattia è attiva tra i malati di lebbra non diagnosticati. co. Si tratta di una delle priorità del suo secondo mandato, e forse — come sottolineano gli osservatori — l’unico punto dove il capo della Casa Bianca è veramente in sintonia con il partito repubblicano che, dopo le elezioni di mid term, ha la maggioranza sia alla Camera dei Rappresentanti sia al Senato. Mentre a contrastarlo sono alcuni settori Stallo politico-istituzionale in Nepal KATHMANDU, 27. Il Nepal è ancora senza Costituzione. L’Assemblea costituente non è infatti riuscita a concordare e approvare una bozza della nuova Carta, che ufficializzi e definisca giuridicamente la Repubblica del Nepal, come previsto dall’accordo di pace che ha messo fine a un decennio di conflitto. Prima del 2006 il Nepal era ufficialmente “un regno indù”. Questo ennesimo passaggio a vuoto, rilevano gli analisti, apre un futuro di incertezza e di instabilità politico-istituzionale. A gennaio le Nazioni Unite hanno invitato i partiti politici nepalesi a raddoppiare gli sforzi per garantire una Costituzione inclusiva, nell’interesse del Paese, e a continuare i negoziati costituzionali in uno spirito di flessibilità. del partito democratico, preoccupati per le conseguenze che questi accordi di libero scambio potrebbero avere sui lavoratori americani. Non a caso l’offensiva mediatica del presidente statunitense è avvenuta su una serie di emittenti negli Stati da cui provengono alcuni membri del Congresso appartenenti al suo partito e da sempre contrari alle aperture commerciali e a concessioni verso il Vecchio Continente e l’Asia. Vedi la senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, leader dell’area più liberal del partito democratico, quella sinistra che la vorrebbe candidata alla Casa Bianca al posto di Hillary Clinton. In una lettera aperta sul quotidiano «Washington Post», Warren si è detta fortemente contraria alle nuove zone di libero scambio, che rischiano di tramutarsi in un boomerang per aziende e lavoratori americani. Ma per Obama sono i numeri a parlare, quelli sul ruolo avuto dalle esportazioni per la ripresa economica. L’export — secondo i dati della Casa Bianca — ha sostenuto circa 11,3 milioni di posti di lavoro nel 2013, un aumento di 1,6 milioni rispetto al 2009. Cifre importanti che per il presidente americano devono far riflettere. Per questo Obama chiederà l’autorità di poter negoziare i nuovi accordi commerciali con l’Europa, ma soprattutto con l’Asia — dove i mercati sono diventati sempre più centrali negli scambi internazionali — che il Congresso potrà solo approvare o respingere, ma non modificare. Una scommessa — sottolineano molti osservatori — non facile da vincere. Non facile come lo fu per l’ex presidente Bill Clinton, che ebbe la fortuna di agire in un periodo di boom economico. NUOVA DELHI, 27. Il Governo di Nuova Delhi ha annunciato ingenti investimenti per rimodernare la rete ferroviaria, tra le più estese, affollate e insieme inadeguate al mondo. In una conferenza stampa, il ministro delle Ferrovie, Suresh Prabhum, ha fatto sapere che l’India investirà nei prossimi cinque anni 137 miliardi di dollari. Come detto, la rete ferroviaria indiana è una delle maggiori al mondo, con dodicimila treni operativi giornalmente che trasportano circa ventidue milioni di passeggeri. La modernizzazione non riguarderà soltanto treni, binari e stazioni, ma anche la riqualificazione del personale. Al centro dei provvedimenti ci saranno la sicurezza, gravemente compromessa da decenni di investimenti inadeguati, manutenzione approssimativa e mancato rinnovo, l’aumento delle linee e della velocità media su nove direttrici cruciali, migliori servizi nelle stazioni, inclusa la diffusione del wi-fi. Per finanziare i progetti non sarà aumentato il costo dei biglietti. «Non ci sarà alcun aumento delle tariffe», ha infatti precisato il ministro. «Allo stesso tempo miglioreremo l’offerta per i nostri passeggeri». Tra i servizi proposti come parte del piano di ammodernamento, anche videocamere a circuito chiuso sulle carrozze per aumentare la sicurezza delle passeggere. Uccisi quattro soldati in un assalto a Houta Non si ferma la violenza nello Yemen Soldati yemeniti nei pressi della città meridionale di Aden (Afp) SAN’A, 27. Continua l’ondata di violenze nello Yemen: uomini armati hanno attaccato un convoglio militare uccidendo quattro soldati che pattugliavano la zona. Lo riferiscono gli uomini della sicurezza. L’agguato è avvenuto a sorpresa ieri notte lungo una strada a Houta, una città nella provincia meridionale di Lahj. Intanto, il presidente yemenita, Abd Rabbo Mansour Hadi, di recente fuggito ad Aden dopo essere stato liberato dagli arresti domiciliari a San’a, ha accusato i ribelli sciiti di «pretendere da parte mia la nomina di 130 loro esponenti ai vertici dello Stato». A spingerlo a rassegnare le dimissioni al Parlamento, ora ritirate, era stato il fatto che «gli sciiti mi avevano detto che erano richieste non discutibili che dovevano per forza essere applicate». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 I longobardi — racconta Paolo Diacono — ritrovarono nell’arcangelo Michele le qualità guerriere di Wodan il loro dio supremo sabato 28 febbraio 2015 Raffaello, «Madonna di Foligno» (1511-1512, particolare) Luoghi del culto micaelico e lauretano Quando la casa indica una via narratio, riflette la propria vita sacerdotale come unitario punto di verifica. Di fatto la scintilla, mai spenta, tra il prete e lo studioso scoccò proprio arrivando nel 1963, giovane parroco, a Colfiorito, pianoro di valico nell’Appennino Umbro-Marchigiano. Qui don Mario dovette rendersi conto che la località era una tappa tradizionale della Santa Casa nel suo misterioso viaggio da Oriente: in prossimità del 10 dicembre, i ragazzi marinavano per giorni il catechismo per preparare il “focaraccio”, il falò della vigilia per illuminare la strada alla Vergine Lauretana (nella zona di Norcia si parla dei “faoni”, variante della stessa parola e della stessa usanza). Né basta al giovane sacerdote l’annuale pellegrinaggio parrocchiale a Loreto, dove gli viene incontro, nell’annesso botteghino, il saggio di Luca da Monterado Storia della devozione e dei pellegrinaggi a Loreto nei secoli XIV-XV (Bahía, 1954). Subito si immerge in studi a partire dagli archivi parrocchiali di Colfiorito e del folignate, con gli storici riferimenti alla Via Lauretana. Era l’inizio del lungo itinerario di ricerca di Mario Sensi, la cui coerenza è stata sottolineata da studiosi quali Lucetta Scaraffia, Alessandra Bartolomei Romagnoli, Emore Paoli. Nesso stretto vi è pure tra studi e percorsi lauretani e, a monte, micaelici, nel sedimentarsi della pratica devozionale — con gli aspetti etnografici legati ai cicli agricoli e ai tracciati di transumanza — e del riconoscimento da parte della Chiesa. Basato sulle Scritture e affermatosi in Oriente come specializzazione del culto angelico con proprietà taumaturgiche — si pensi alla piscina di Betzaeta nel Vangelo di Giovanni — e poi con le caratteristiche di lotta contro il male e accompagnamento delle anime, difRaffaello, «Madonna di Foligno» (1511-1512, particolare) fusosi in Occidente a partire dal V secolo in ambienti di più diretta Sigismondi, vescovo di Foligno, influenza greca, il culto micaelico commenta il primo di due volumi di trova il più noto prototipo nel sanMario Sensi recentemente presentati tuario garganico tuttora esistente a insieme, i quali raccolgono studi di Monte Sant’Angelo e nelle attestatutta una vita: Loreto, una chiesa zioni storiche del relativo pellegri«miraculose fundata» (Firenze, Edi- naggio (in tempi recenti fu decisivo zioni del Galluzzo per la Fondazio- per san Pio da Pietrelcina, come ne Ezio Franceschini, 2013, con post- scrive Gherardo Leone). Sensi analizza da vari punti di vifazione e ricordo di Romana Guarnieri); Santuari e pellegrini lungo le sta i transfert di sacralità più o meno «vie dell’angelo», storie sommerse del noti, da Mont-Saint-Michel in Norculto micaelico (Roma, Istituto Stori- mandia e San Michele della Chiusa co Italiano per il Medio Evo, 2014). in Valle di Susa ai numerosissimi «Due importanti opere che possono santuari ad instar Gargani da riscoessere collocate nello stesso scaffa- prire, anche perché oggi assumono le»; il raccordo tracciato da Sigi- altre intitolazioni, spesso mariane o smondi tra le due opere non è topo- a santi terapeuti; ad esempio, vicino grafico o cronologico, né casuale, a Colfiorito, un “Romitorio dei Sanestendendosi idealmente a tutta la ti di Pieve Torina” di cui Sensi scovasta produzione di questo storico prì l’origine micaelica. Si tratta in della Chiesa il quale, anche nella genere di chiese-grotte caratterizzate di ISABELLA FARINELLI ue volumi sul culto micaelico e lauretano mettono in luce i legami tra Oriente e Occidente: «La casa e la strada sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è custodito un messaggio singolare di questa Casa. Essa non è una casa privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti che sta, per così dire, sulla strada di tutti noi. Quella di Loreto è una casa che ci fa rimanere, abitare, e nello stesso tempo ci fa camminare, ci ricorda che siamo tutti pellegrini, che dobbiamo essere sempre in cammino verso un’altra abitazione, verso la casa definitiva, verso la Città eterna». Con le parole pronunciate da Benedetto XVI il 4 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario del pellegrinaggio di Giovanni XXIII ad Assisi e Loreto, monsignor Gualtiero D da una sorgente prodigiosa (stilla), documentate sin dal secolo VIII, molto in voga tra X e XII. Diffuse nell’Italia centro-meridionale e non rare nel resto d’Europa, sono oggi, tra l’altro, meta di speleologi. Lo studioso ha in animo di indagare ulteriormente sugli agiotoponimi portatori «di un messaggio che si perde nella notte dei tempi e molte volte rimanda a santuari micaelici, o comunque a luoghi dove l’angelo Il simbolismo del “volo angelico” fece presa anche su scrittori del Novecento come lo scozzese Bruce Marshall era stato venerato, mentre le tracce del monumento sono state del tutto cancellate... Appena una esemplificazione di ricerca che, pur partendo dalla periferia, serve a chiarire un fe- nomeno dello Spirito che ha contribuito a “fare l’Europa”». Non è un caso che l’Unesco, accogliendo nel 2011 nel suo Patrimonio mondiale il sito seriale «I Longobardi in Italia», vi abbia incluso Monte Sant’Angelo. Se furono presenze ebraiche e giudaicocristiane a favorire nell’Asia Minore la nascita dei primi santuari dedicati a san Michele con sorgenti curative, da lì il culto passò a Costantinopoli dove, nel 1453, si contavano fino a trentacinque santuari, di cui ben sedici anteriori alla crisi iconoclasta dell’VIIIIX secolo. Henri Leclerq ritiene che nei santuari più antichi il culto mi- La Madonna di Foligno e il suo committente Capolavori formato francobollo come e soprattutto della stessa esposizione allestita a Dresda. Diverso invece l’impatto alla notizia che i Musei Vaticani avevano concesso un nuovo prestito della Madonna di Foligno, questa volta alla città di Milano: l’opera, che ha visto un afflusso straordinario di visitatori, è rimasta esposta nella Sala di MARIO SENSI Alessi del Comune dal 28 novembre Uno dei meriti della filatelia è quello di 2013 al 12 gennaio 2014 e tutte le granfar cultura attraverso i francobolli com- di testate italiane hanno dato largo memorativi. Può avvenire che, senza l’ap- spazio all’evento. È a questo punto porto della stampa di larga diffusione, i che alcuni folignati si sono attirelativi messaggi non riescano a raggiun- vati perché, nel rientro a Roma, il capolavoro di Raffaello pogere il vasto pubblico. È così accaduto che, il primo marzo tesse fare una sosta nella loro 2012, le Poste Vaticane hanno emesso città. La richiesta, suggerita da due francobolli, in occasione della mostra Lamberto Dolci, funzionario Himmlischer Glanz. Splendore celeste, alle- dell’Eni, nostro concittadino, è stita a Dresda, dal 6 settembre 2011 all’8 partita ufficialmente dal vescogennaio 2012, per celebrare Raffaello at- vo e ha avuto l’assenso dei traverso l’esposizione di altrettanti suoi Musei Vaticani e dell’Eni, orRaffaello, «Madonna Sistina» (1513-1514, particolare) capolavori, entrambi eseguiti tra il 1511 e ganizzatori dell’Esposizione il 1512, la Madonna di Foligno oggi nella straordinaria di Milano: il che Pinacoteca Vaticana e la Madonna Sistina ha visto in loco una felice colconservata a Dresda, in Sassonia. laborazione tra autorità religiose — nella vola, ma è stato trasportato su tela tra il Un francobollo riproduce la Madonna persona dello stesso vescovo — e autorità 1800 e il 1816. Si tratta di un capolavoro di Foligno, l’altro la Madonna Sistina: da civili. dell’arte rinascimentale la cui lettura non qui anche l’emissione congiunta con la Così, nei giorni 18-26 gennaio 2014, può disgiungersi dall’autore, Raffaello Germania dei due soggetti. In ambedue l’opera è tornata a Foligno, nel monaste- Sanzio di Urbino (1483-1520); dal comla Vergine con il Bambino è rappresentata a ro di Sant’Anna delle Terziarie francesca- mittente, Sigismondo de’ Comitibus mezzo busto; nella versione “foglietto” i ne regolari della B. Angelina, esattamente (1432/1433-1512) — di Foligno, ma nato due capolavori sono invece a figura inte- nel sito dove, nel 1797, i Francesi requisi- forse ad Urbino — all’epoca segretario ra. rono questo dipinto, per trasferirlo al domestico di Papa Giulio II (1503-1513); Alla cronaca locale di Foligno i due Louvre. Da allora, per una serie di vicen- dalla temperie in cui fu commissionato, eventi non hanno interessato più di tan- de, non vi aveva fatto più ritorno. gli anni 1510-1512. Comincerò dalle “coorto, per cui pochi sono stati i folignati che La Madonna di Foligno è un dipinto a dinate” del committente. Sigismondo de’ sono venuti a conoscenza dell’emissione, olio, eseguito da Raffaello Sanzio su ta- Comitibus è un umanista autore di poesie e di scritti storici, la cui opera più nota ha per titolo Historiae sui temporis, dal 1475 al 1510, in diciannove libri. È in queste Historiae che Sigismondo dice di aver conosciuto tre giubilei: era ancora bambino quando si tenne il giubileo del 1450; Antoine de Saint-Exupéry e la Bibbia nel giubileo successivo del 1475 era già stato nominato estensore delle lettere pontificie; l’ultimo, del 1500, era quello in cui stava scrivendo detta opera. In assenza di altri documenti coevi, Giacomo tardi a Gerusalemme». Sono solo alcuni Dakar chiede all’amica Yvonne de Racioppi (1827-1908), partendo da questa Lestrange di inviargli degli studi critici dei passi citati da Enzo Romeo nota autobiografica, pone la nascita di sulla Bibbia, i Vangeli o, più in generale, nell’introduzione al libro Il Piccolo Sigismondo sotto l’anno 1440, in quanto sul cattolicesimo. Dice che vorrebbe Principe commentato con la Bibbia (Milano, Sigismondo dichiara che, nel 1450, era ricevere «qualcosa di intelligente» per Àncora, 2015, pagine 192, euro 17) in cui admodum puer, il che poco si addice a un approfondire la critica storica applicata al accompagna il lettore alla scoperta dei ragazzo di sedici anni. E tuttavia l’ipotesi dogma, di cui confessa pressoché totale tanti riferimenti al testo sacro che si più probabile è che sia nato tra il 1432 e ignoranza ma che ritiene molto nascondono in ogni pagina. Particolare il 1433. L’anno 1432 è quello attualmente interessante. Divenuto scrittore di attenzione è dedicata al tema del dialogo seguito dalla letteratura. Personalmente successo, continua a lasciarsi ispirare da con Dio nella solitudine: «Il deserto mi protendo per l’anno successivo in quanto quella Scrittura che più di ogni altra ha fa sempre l’effetto di un’immensa porta fa problema, a meno che non ci sia una modellato l’immaginario della civiltà aperta, una sensazione che non provo in ragione contingente, che Astorello abbia occidentale. In Corriere del sud il nessun altro luogo» scrive da Cisneros, dato a suo figlio il nome di Sigismondo, protagonista Jacques Bernis, che vola di tra Marocco e Mauritania, in una lettera un nome che non compare tra gli antenascalo in scalo, si paragona «a quel Anna Leotta, «Il piccolo principe» (2014) pellegrino che arriva un minuto troppo ti, i conti di Antignano. del marzo 1927. (silvia guidi) Pubblichiamo uno stralcio dell’articolo uscito sul Bollettino storico della città di Foligno del 2014 con il titolo «La Madonna di Foligno e il suo committente Sigismondo dei conti di Antignano». Il deserto è un’immensa porta aperta «Ho appena letto un po’ di Bibbia: che meraviglia, che semplicità potente di stile e spesso che poesia. I comandamenti sono dei capolavori di legislazione e buon senso. Dovunque le leggi della morale emergono nella loro utilità e bellezza: è splendido. Avete letto i proverbi di Salomone? E il Cantico dei Cantici, che bella cosa! C’è di tutto in questo libro». Antoine de Saint-Exupéry è un liceale di diciassette anni quando invia queste righe alla mamma. Ormai pilota, annunciandole i suoi ritorni a casa, usa dire «ucciderete il vitello grasso». E riferendosi alla sua vita sentimentale complicata cita Dalila e Sansone. Da caelico si sia fuso a quello di divinità pagane. Paolo Diacono nella Historia Langobardorum narra come essi, venuti a conoscenza del santuario garganico, ritrovassero nell’arcangelo le qualità guerriere di Wodan, loro dio supremo. Come narra il racconto di fondazione — i cui codici più antichi risalgono ai primi decenni del secolo IX — i longobardi ristrutturarono il santuario pugliese e, mentre si apprestavano a chiederne la consacrazione al vescovo di Siponto, assistettero all’apparizione dell’arcangelo, scelto da allora come protettore dei longobardi d’Italia. Anche i franchi ripresero il tema, dotandosi di un proprio santuario ad instar Gargani. Meno conosciuti i santuari micaelici presenti nella penisola iberica, invasa dai goti; eppure, da questi santuari il culto è passato nelle Americhe. Attestazione di un nesso stretto di civiltà e sacralità fra Oriente e Occidente agli albori dell’Europa è, comunque lo si intenda storicamente, anche l’evento fondante, fortemente simbolico, della Translatio miraculosa ecclesie beate Marie virginis de Loreto di cui dà conto, nella seconda metà del Quattrocento, Pietro di Giorgio Tolomei, in seguito ripreso e talora confutato da una serie di autori. Sensi, nel solco della microstoria cui don Giuseppe De Luca raccomandava particolare attenzione, ne offre una contestualizzazione scrupolosa fra i santuari votivi costruiti in un sol giorno — come baluardo contro le pestilenze — nonché le immagini acheropite e i santuari mariani ritenuti icone di Nazaret. Del resto, una translatio dello spazio sacro come luogo di incontro e dialogo fra cielo e terra è evidente nel tardo Medioevo — sottolinea Alessandra Bartolomei Romagnoli — nell’iconografia mariana. Spiega Sensi: «Che l’espressione “volo angelico” sia un’allegoria, il cui significato immediatamente leggibile ne nasconde un altro più importante e profondo che costituisce il valore vero del testo, lo si evince da altri santuari mariani» quale Santa Maria delle Vertighe ad Arezzo, che da San Savino sarebbe stato trasferito all’attuale sito di Santa Maria di Asciano; simili le storie altomedievali di Walsingham in Norfolk e di Sossau in Baviera, edifici privi di fondamenta che per mano angelica avrebbero mutato sede. Un simbolismo che fece presa anche su scrittori del Novecento come lo scozzese Bruce Marshall nel romanzo Father Malachy's Miracle, del 1931. L’OSSERVATORE ROMANO sabato 28 febbraio 2015 pagina 5 Christopher Lambert nei panni del cardinale Ennio Salvemini Corsie preferenziali del web e principio di neutralità Non connesso perché povero Anteprima a Roma del film «Shades of Truth» E la ragazza gli restituì l’anello avid Milano è un giornalista italo-americano di origine ebraica al quale viene commissionata un’inchiesta su Pio XII. Inizia il suo lavoro con un pregiudizio negativo nei confronti di Pacelli, ma le informazioni che metterà assieme lo convinceranno che quello che credeva fosse “il Papa di Hitler” è stato in realtà “lo Schindler del Vaticano”. È questa, in sintesi, l’idea sulla quale si basa D Un giornalista con forti pregiudizi decide di fare un’inchiesta su Papa Pacelli Le risposte che trova sono lontane dalle sue convinzioni iniziali Shades of Truth (“Sfumature di verità”), film diretto da Liana Marabini che sarà presentato in anteprima il 2 presso l’istituto romano di Maria Bambina. Il racconto inizia con David, interpretato da David Wall, che entra in un rumoroso bar alla moda, dove incontra la fidanzata Sarah e le chiede di sposarlo. Lei accetta, ma mentre festeggiano, il barman alza il volume del televisore mentre va in onda un’intervista a Gary Krupp, sulla sua fondazione, Pave the Way, e su Pio XII. Krupp insiste che come ebreo ha l’obbligo morale di esprimere la sua gratitudine verso un Papa che salvò decine di migliaia di perseguitati durante la seconda guerra mondiale. Sarah concorda apertamente con Krupp, mentre David la contraddice sostenendo che Pacelli era una spia dei nazisti. La discussione si accende e sfociare in una lite. Sarah allora si toglie l’anello di fidanzamento e torna sulla sua decisione di sposare David: «Forse dovremmo riflettere di più prima di prendere questa importante decisione. Dubito seriamente del tuo senso di giustizia. Non credo tu sia pronto a essere un marito, almeno a essere mio marito». Emotivamente distrutto, David dice alla direttrice della rivista per la quale scrive che intende prendersi un anno sabbatico, ma in realtà decide di indagare meglio sulla figura di Pio XII e parte per Roma. Entra in Vaticano grazie ad alcune amicizie e inizia a studiare i documenti, prima nella Biblioteca vaticana, e poi nell’Archivio Segreto. Incontra così il cardinale Ennio Salvemini (Christopher Lambert) che lavora alla causa di beatificazione di Pacelli e che diventa fondamentale per le ricerche di David. Le indagini continuano anche a Berlino, dove il giornalista incontra madre Maria Angelica (Marie-Christine Barrault) e a Gerusalemme, dove visita lo Yad Vashem. È a questo punto che la direttrice della rivista per cui lavora apprende le vere ragioni del viaggio di David e gli affida un’inchiesta su Pio XII. Mentre il giornalista raccoglie testimonianze tra Roma, Berlino e Lisbona, giunge la notizia della improvvisa morte della zia Ruth a New York. A Roma arriva Sarah, che porta a David una scatola piena di vecchie cose lasciategli dalla zia. Il giornalista la apre e trova alcune foto che lo ritraggono da bambino con i genitori, morti in un incidente stradale quando aveva un anno. Esamina vecchi documenti e trova una piccola scatola bianca. La apre, scoprendo che contiene un rosario e un foglietto sul quale la madre ha scritto: «Visita alla tomba di Pio XII come gesto di gratitudine per aver salvato la nostra vita. Che Dio, il Dio di tutti gli uomini, che Dio lo benedica per sempre. Hanna e Yossi Milano». (marcello filotei) Quando povertà e disuguaglianze incidono anche sull’utenza di internet. Si stima che entro la prima metà del 2015 saranno on line tre miliardi di persone. Un traguardo segnalato da un recente studio di Internet.org, il progetto di Facebook per portare internet nelle aree più svantaggiate del mondo. E, nello stesso tempo, il rapporto mette in evidenza che nel pianeta è “connesso” solo il quaranta per cento della popolazione. Dunque più della metà risulta tagliata fuori dalla rete. Coloro che non sono “connessi” — evidenzia lo studio — vivono per lo più in Paesi in via di sviluppo. Se nella parte di mondo economicamente avanzata è in rete il 78 per cento della popolazione, questa Secondo le stime degli esperti entro la prima metà di quest’anno avranno accesso alla rete tre miliardi di persone percentuale scende al 32 per cento nelle economie emergenti. Si riscontra poi che l’adozione di internet sta rallentando per il quarto anno consecutivo. Nel 2014 era cresciuta del 6,6 per cento, mentre nel 2010 era del 14,7 per cento. Di questo passo internet non raggiungerà il prossimo miliardo di persone prima del 2019. Tra le principali barriere all’accesso di internet, lo studio ne sottolinea due: infrastruttura e disponibilità economica. Oltre il 90 per cento del globo è raggiunto da segnali mobili, ma a potersi per- Il conte di Montecristo al cinema e in televisione Troppa trama per un film di EMILIO RANZATO Alexandre Dumas padre Le trasposizioni del romanzo di Alexandre Dumas padre, fra grande e piccolo schermo, sono state quasi una trentina. Quella americana del 1934 firmata da Rowland V. Lee rimane una delle più note e forse la migliore. Sfrondato il testo di molti episodi, il film si concentra sui momenti più emozionanti: la prigionia e il rapporto con l’abate Faria, l’incontro dopo anni con Mercédès, il complotto iniziale e il relativo contrappasso dell’epilogo. Il Montecristo francese di Robert Vernay, datato 1943, è molto considerato, anche perché è forse il più fedele al romanzo. Ma proprio l’eccessiva fedeltà lo appesantisce di troppi episodi descritti in fretta. Anche se Pierre Richard-Willm nei panni del protagonista probabilmente batte tutta l’ampia concorrenza. Trascurabili sono invece la versione del 1954, firmata di nuovo da Vernay, stavolta a colori, ricca ma insipida, e quella di Claude AutantLara del 1961. Meglio allora alcune produzioni televisive. Come quella inglese del 1975 firmata da David Greene, che vede protagonisti Richard Chamberlain nei panni di Dantès e Tony Curtis nella parte di Mondego. Pur nella rigidità tipica delle produzioni Nbc, il film ha momenti avvincenti soprattutto nella descrizione della prigionia. Altra produzione televisiva degna di nota è quella diretta dal francese Josée Dayan nel 1998. Si tratta di una delle poche trasposizioni che spezza opportunamente la linearità del romanzo con una serie di fla- shback. È però un errore grossolano quello di utilizzare due interpreti diversi per il Dantès precedente e posteriore agli anni di prigionia, cancellando così il tema fondamentale della trasfigurazione fisica, dovuta sì al passare del tempo, ma anche al desiderio di vendetta a lungo covato. E anche l’interpretazione poco ispirata di Gérard Depardieu nei panni del protagonista in età matura sembra risentirne. La trasposizione più recente, semplice- mettere un abbonamento mensile a pacchetti dati di 250 MB è solo metà della popolazione. In zone come l’Africa sub-sahariana solo il 53 per cento può sottoscrivere un abbonamento a un pacchetto di non più di 20 MB, che consente di navigare on line una o due ore al mese. Intanto negli Stati Uniti qualcosa di significativo si è mosso: è infatti prevalso il principio di neutralità della rete. Lo ha stabilito la Fcc, mente Montecristo (Kevin Reynolds, 2002), ha invece i pregi e i limiti del cinema contemporaneo, primo fra tutti una regia più attenta a intrattenere che a creare significato. È bella invece l’idea di sottolineare molto più che altrove l’amicizia fra Mondego e Dantès, rendendo così struggente la loro rivalità. Ma se Guy Pearce è convincente nei panni del primo, Jim Caviezel come protagonista non è all’altezza del proprio compito. E due secoli fa iniziò l’avventura di Edmond Dantès Il ritorno di don Faria «Il 28 febbraio 1815 la vedetta di Notre-Dame-de-la-Garde segnalò il tre alberi Pharaon, proveniente da Smirne, Trieste e Napoli. Come al solito, subito un pilota si mosse dal porto, costeggiò il castello d’If, e andò ad abbordarlo tra capo Morgiou e l’isola di Riou. E come al solito, subito lo spiazzo del forte Saint-Jean si riempì di curiosi. Perché a Marsiglia l’arrivo di una nave è sempre un grande avvenimento, soprattutto quando quella nave è stata costruita, armata e stivata, come il Pharaon, nei cantieri dell’antica Focea, e appartiene a un armatore della città». Sin dal memorabile incipit, senza possibilità di confronti, è la più bella traduzione italiana del romanzo per eccellenza (Alexandre Dumas, Il conte di Montecristo, Torino, Einaudi, 2014, pagine 1260, euro 32) quella di Margherita Botto, arrivata alla vigilia di un bicentenario singolare: l’inizio della popolarissima vicenda di Edmond Dantès. Così finalmente «l’abate Faria» diventa don (abbé) Faria, l’«erudito italiano» che condivide il carcere con Dantès e lo salva dalla disperazione. Traduttrice rigorosa e raffinata, Botto ha pubblicato nel 2013 per le «Grandi traduzioni» Einaudi Il rosso e il nero di Stendhal e ora ha rimesso mano all’italiano dello straordinario romanzo, dal 1952 oggetto di sei edizioni francesi. Fino a quella di Claude Schopp (1993), messa a frutto nel 2010 da Gaia Panfili per Donzelli. (g.m.v.) l’autorità federale per le comunicazioni, che ha detto no al web a due velocità, paventato dai colossi americani delle telecomunicazioni, forti dell’appoggio di molti repubblicani anche a Capitol Hill. Questa volta però a passare è stata la linea della Casa Bianca e del presidente Barack Obama che in più di un’occasione si è opposto a questa ipotesi. Così il voto del 25 febbraio dell’authority statunitense che vigila sul settore delle comunicazioni ha definitivamente escluso la possibilità per gli operatori di offrire un servizio più veloce alle aziende che pagano di più. D’ora in poi il principio base sarà la neutralità, a garanzia che il traffico sulla rete venga gestito senza discriminare nessuno. Si tratta di un passo molto importante, ha detto il numero uno dell’authority, Tom Wheeler, ricordando che dire no alle corsie preferenziali sul web significa imporre maggiori regole e disciplina a un mondo che fino a oggi ha operato sostanzialmente in un regime di autoregolamentazione. E sull’esigenza di accostarsi al web alla luce delle virtù cardinali e teologali pone l’accento il libro di Pier Cesare Rivoltella Le virtù del digitale. Per un’etica dei media (Brescia, Morcelliana, 2015, pagine 114, euro 11). Sottolinea infatti l’autore, direttore del centro di ricerca sull’educazione ai media all’informazione e alla tecnologia (Cremit), che è la ripresa delle virtù cardinali e teologali a permettere di individuare strategie e indicazioni operative volte ad acuire la consapevolezza e la responsabilità di chi utilizza i media digitali. In particolare si raccomanda con cautela e spirito critico nella ricerca e nel vaglio delle informazioni e si suggeriscono varie strategie, tra cui quella della formica, che si compendia nella domanda: «E poi cosa succederà?». Nel mondo dei media digitali questa è la strategia, scrive l’autore, che consente di viaggiare «sicuri e informati» e di gestire in modo responsabile e costruttivo le informazioni che si vengono acquisendo. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 sabato 28 febbraio 2015 «Gregorio Nazianzeno e i poveri» (XI-XII secolo, miniatura, Monte Athos monastero di San Panteleimon) Paolo di GIOVANNI ZAVATTA «È ora che i gerarchi ortodossi e i responsabili laici proclamino in maniera generale che ricorrere ai Padri della Chiesa non significa aderire servilmente a un insieme di proposizioni fossilizzate, usate per autopromuoversi. L’importanza dei Padri risiede nel loro sincero e profondo mettersi alla ricerca di Dio e nella loro volontà di condividerlo con il mondo. La lettura fondamentalista dei Padri e della Bibbia non conduce a Dio ma all’idolatria». In un articolo pubblicato alcuni giorni fa su «Parlons d’orthodoxie» (blog collettivo e piattaforma libera di discussione della Chiesa ortodossa russa in Francia), George Demacopoulos, docente di Teologia storica e direttore cofondatore del Centro studi cristiano ortodosso alla Fordham University di New York, lancia un grido d’allarme: «In questi ultimi anni sia chierici sia monaci ortodossi stanno facendo dichiarazioni che riflettono un approccio “fondamentalista” ai Padri della Chiesa. Se i dirigenti della Chiesa ortodossa non si uniscono per denunciare tale tendenza, l’intera Chiesa ortodossa rischia di essere trascinata da questi estremisti». La tesi di Demacopoulos — che dal patriarcato di Costantinopoli è stato insignito dell’onorificenza più alta, quella di arconte — è ampiamente condivisa da Vladimir Golovanow, noto analista del blog (legato alla diocesi di Chersoneso e quindi al patriarcato di Mosca): se non si impedisce la radicalizzazione della corrente fondamentalista, l’ortodossia «rischia di andare verso un nuovo importante scisma come quello dei Vecchi credenti che trecentocinquant’anni fa si separarono dalla Chiesa russa», in segno di protesta contro le riforme ecclesiastiche introdotte dal patriarca Nikon. Il timore, dunque, è «totalmente giustificato» e si riflette anche nei risultati di un sondaggio lanciato su «Parlons d’orthodoxie»: solo il sette per cento dei lettori ritiene che l’unità della Chiesa ortodossa sia sufficientemente visibile e chiaramente affermata oggi; tutti gli altri hanno risposto di no, spiegando che la Chiesa ortodossa ha difficoltà a manifestarla e che l’uni- † La Pontificia Commissione per l’America Latina con profondo dolore partecipa al grave lutto di Sua Eminenza Reverendissima il Sig. Cardinale Marc Ouellet per la perdita della cara mamma, Signora GRAZIELLA MICHAUD vedova OUELLET Il Segretario, Prof. Guzmán Carriquiry, e tutti i collaboratori nella Commissione elevano la loro commossa preghiera al Signore, alla luce della speranza cristiana nella risurrezione finale alla vita eterna. † La Segreteria di Stato esprime il suo sentimento di cordoglio per la morte della Signora MARIE EUGÉNIE POULIDES moglie di S.E. Georgios F. Poulides, Ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede. VI e la prima messa in italiano Per portare Cristo a tutti di GIUSEPPE MIDILI* Dalla lettura troppo rigida dei testi patristici il rischio di un fondamentalismo ortodosso Estremismi che feriscono la Chiesa tà è nascosta da un autocefalismo esacerbato. Nessuno mette in discussione che il rispetto per i Padri della Chiesa (da san Basilio il Grande a san Gregorio il Teologo, a san Massimo il Confessore) sia una delle pietre angolari dell’ortodossia e che il loro pensiero resti guida essenziale per la vita e la fede dei cristiani ortodossi, ma ridurre — afferma Demacopoulos — «tutto l’insegnamento a un sotto-insieme di assiomi teologici, e misurare l’accettazione degli altri secondo quei criteri», è profondamente sbagliato. L’igumeno Pierre Meschtcherinov, del monastero di San Daniele a Mosca, citato da Golovanow, è sulla stessa lunghezza d’onda quando parla di “sottocultura normativa”, di ecclesiologia superficiale, di pietà liturgica rigida, di pratiche di direzione spirituale autoritarie. Occorrerebbe invece «analizzare in modo critico le formulazioni dei Padri, separare l’essenza delle Chiese dalle contingenze politicheeconomiche-ideologiche attuali, e liberarsi dal peso della storia per comprendere la Chiesa in maniera più personale». In estrema sintesi, si vuole una lettura dei Padri della Chiesa aperta alla riflessione e in cerca di risposte alle sfide del mondo attuale. Secondo Demacopoulos, l’errore intellettuale più grande del fondamentalismo ortodosso risiede nel presupposto che i Padri della Chiesa fossero d’accordo su tutte le questioni teologiche ed etiche. Errore legato all’ipotesi che, nel tempo, la teologia ortodossa non sia mai cambiata. L’esperto segnala altre false argomentazioni: che la comunità monastica sia sempre stata il guardiano dell’insegnamento ortodosso; che i Padri della Chiesa fossero anti-intellettuali; che l’adesione ai loro insegnamenti implichi necessariamente il rifiuto di tutto ciò che proviene dall’O ccidente. Ecco allora che la (giusta) pretesa di proteggere la fede ortodossa dalla corruzione della modernità si estende, fino a scagliarsi contro chiunque (persone, istituzioni, interi rami della Chiesa ortodossa) «non soddisfi le norme autoproclamate dell’insegnamento ortodosso». Fa parte di queste manifestazioni fondamentaliste l’«inquietudine» della comunità monastica del Monte Athos provocata dalla visita di Papa Francesco al Phanar il 2930 novembre 2014 e dal suo abbraccio con il patriarca di Costantinopoli, espressa recentemente in una lettera indirizzata allo stesso Bartolomeo. Posizioni che influiscono negativamente anche sul dialogo ecumenico, nutrite come sono — osserva padre Vladimir Zelinskij, dell’arcivescovado per le Chiese ortodosse russe in Europa occidentale (esarcato del patriarcato ecumenico) — dall’«ossessione della purezza confessionale, sempre unita alla pesante ideologia delle vecchie diffidenze, ferite, offese, rancori, ostilità». Quando, scrive Papa Francesco nell’Evangelii gaudium, «siamo noi che pretendiamo la diversità e ci rinchiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, provochiamo la divisione e, d’altra parte, quando siamo noi che vogliamo costruire l’unità con i nostri piani umani, finiamo per imporre l’uniformità, l’omologazione. Questo non aiuta la missione della Chiesa» (n. 131). In un’epoca in cui tanti giovani si disinteressano totalmente della propria appartenenza religiosa — conclude Demacopoulos — «i progressi dell’ideologia fondamentalista nelle parrocchie conducono a una situazione dove i nostri ragazzi sono portati a scegliere fra estremismo religioso e assenza totale di religione». Alexandre Schmemann, uno dei più importanti teologi ortodossi del ventesimo secolo, scriveva che «la teologia ortodossa deve conservare i suoi fondamenti patristici ma anche andare al di là dei Padri se vuole rispondere a una nuova situazione creata da secoli di sviluppo filosofico. E in questa nuova sintesi di ricostruzione, la tradizione filosofica occidentale (fonte e madre della filosofia religiosa russa del XIX e XX secolo), più di quella ellenica, deve fornire alla teologia un quadro concettuale». Si tratta di «“trasporre” la teologia in un’altra “chiave” e tale trasposizione è considerata il compito specifico e la vocazione della teologia russa». «Che cosa stiamo facendo? (…) Noi stiamo attuando una realtà (…) Si inaugura oggi la nuova forma della liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo». Queste parole cariche di emozione pronunciate da Papa Paolo VI durante la prima messa in italiano celebrata il 7 marzo 1965 nella parrocchia romana di Ognissanti — alla quale il Vicariato di Roma dedica oggi, venerdì 27 febbraio, il convegno «Uniti nel rendimento di grazie» — rivelano un’attenzione verso il popolo di Dio, che esigeva una particolare cura pastorale per far rinascere la vita spirituale. Il passaggio dal latino alla lingua viva fu uno dei segni più evidenti del cambiamento introdotto dal Vaticano II e testimonia che il criterio pastorale animò tutti i lavori del concilio e caratterizzò la riforma liturgica. «È un grande avvenimento, che si dovrà ricordare come principio di rigogliosa vita spirituale, come un impegno nuovo nel corrispondere al grande dialogo tra Dio e l’uomo». Paolo VI il 7 marzo 1965 anche durante l’Angelus volle ribadire il senso di questo cambiamento: la Chiesa riteneva necessario introdurre la lingua dei fedeli nella preghiera, per renderla comprensibile. Si sacrificava così il latino e «l’unità di linguaggio nei vari popoli in omaggio a questa maggiore universalità, per arrivare a tutti». Si segnava così «una data memorabile nella storia spirituale della Chiesa». Quando i padri conciliari si trovarono a riflettere sulla riforma e promozione della liturgia, intesero «adattare alle esigenze del nostro tempo quelle istituzioni che sono soggette a mutamenti» (Sacrosanctum concilium, 1). La partecipazione piena, attiva e consapevole dei fedeli alla liturgia ha il suo fondamento nel dono del battesimo e costituisce uno dei pilastri della riforma e un criterio di revisione dei riti e dei testi. Quando nell’assemblea conciliare si arrivò a trattare l’uso del latino nella liturgia, si stabilì che la lingua viva — poiché può rivelarsi di grande utilità per il popolo — trovasse uno spazio più ampio nelle celebrazioni liturgiche. Negli anni immedia- tamente successivi, speciali commissioni studiarono la possibilità di introdurre nella prassi celebrativa i principi teologici emersi durante il concilio. Paolo VI decise di approvare una prima attuazione della riforma, che già era possibile tradurre in pratica senza dover attendere i nuovi libri liturgici, come per esempio l’uso della lingua viva. In questi cinquant’anni i principi teologici e i criteri pastorali racchiusi nella Sacrosanctum concilium sono stati l’anima che ha guidato la riforma, ma tutto ciò che fu predisposto non si è sempre attuato. Tradurre in lingua parlata le formule o i testi della sacra Scrittura è stato l’inizio di un percorso. Rimane ancora un grande lavoro da compiere: aiutare i fedeli a entrare più profondamente nell’esperienza dell’incontro con Cristo, che si realizza nella liturgia. Partendo da un’autentica proposta di fede e di conversione, è necessario sviluppare un progetto di pastorale liturgica che incarni nella vita celebrativa quotidiana la teologia e la pastorale emersi dal Vaticano II, rivolgendosi principalmente alle comunità parrocchiali. La celebrazione perde forza comunicativa se usa un linguaggio e alcuni segni che non sono chiari per gli uomini di oggi o non vengono spiegati. Per questo Papa Francesco nella Evangelii gaudium scrive che «la Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della liturgia» (n. 24). Pastori e battezzati entreranno nell’esperienza liturgica della Chiesa per riscoprire la vera fonte della vita cristiana e individuare nelle proposte dei nuovi libri liturgici una via idonea per una partecipazione piena al mistero pasquale di Cristo. Un percorso di pastorale liturgica ribadirà il senso della riforma, in continuità con quanto profeticamente dichiarato da Paolo VI all’Angelus del 7 marzo 1965: «Questo per voi, fedeli, perché sappiate meglio unirvi alla preghiera della Chiesa, perché sappiate passare da uno stato di semplici spettatori a quello di fedeli partecipanti e attivi». *Direttore dell’Ufficio liturgico del Vicariato di Roma A una pastora protestante il premio Niwano Riconoscimento di Pax Christi International a un collettivo femminile colombiano Donne operatrici di pace Quando gli uomini fanno la guerra TOKYO, 27. Nel marzo del 2010 ha fondato la Women Without Walls Initiative (Wowwi) per contribuire a porre fine alla violenza e alle ingiustificate uccisioni di donne e bambini nello Stato nigeriano di Plateau. È dunque per il suo «servizio all’umanità nella ricerca di una pacifica coesistenza» che Esther Abimiku Ibanga, pastora protestante, ha vinto la trentaduesima edizione del premio Niwano per la pace (Niwano Peace Prize), la cui fondazione ha sede a Tokyo. Il comitato di selezione internazionale sottolinea che la sua azione «ha non solo avuto effetto sulla vita di migliaia di persone ma ha creato e diretto una organizzazione che ne tocca migliaia di altre». La Wowwi ha anche rappresentato le donne in conferenze internazionali e forum in diversi Paesi come Ruanda, Sud Africa, Austria e Stati Uniti, e la pastora ha presentato alle Nazioni Unite un documento intitolato «Prevenire e affrontare la violenza e le atrocità criminali contro le minoranze». Fin dalla sua origine — riferisce AsiaNews — l’organizzazione è divenuta una forte coalizione di gruppi di donne al di là delle divisioni etniche e religiose ed è la prima ad avere tra i suoi membri le donne leader di tutti i gruppi tribali, incluse cristiane e musulmane. La visione della Women Without Walls Initiative vuole sviluppare un approccio inclusivo creativo e non violento alla risoluzione dei conflitti per la trasformazione della Nigeria attraverso le donne. Nella maggior parte dei conflitti in Africa, le donne e i bambini subiscono le conseguenze peggiori. Allo stesso tempo, come madri, le donne sono le prime educatrici. In tale ottica, il lavoro di Esther Abimiku Ibanga mira a promuovere e sfruttare il potenziale delle donne come operatori di pace, riconoscendo che esse possono avere una forte influenza nella vita degli uomini (padri, fratelli, mariti, figli). Da qui sono state intraprese iniziative per incrementare il ruolo delle donne attraverso l’acquisizione di varie competenze (anche di microfinanza). La vincitrice del premio Niwano è stata inoltre uno dei capi religiosi più attivi nella condanna dei sequestri compiuti da Boko Haram in Nigeria. Ha organizzato marce di protesta e invitato i responsabili politici ad affrontare la questione del maltrattamento delle donne. La Women Without Walls Initiative ha anche introdotto, per la prima volta, i «dialoghi comunitari con la polizia» per promuovere la fiducia tra le comunità e le forze dell’ordine, nel tentativo di contrastare il terrorismo. E insieme ad altre organizzazioni ha promosso iniziative nelle scuole primarie e secondarie del Plateau per offrire ai bambini la possibilità di giocare un ruolo attivo nella costruzione della pace e per dare loro un’immagine della vita diversa dalla situazione di guerra che li circonda. BRUXELLES, 27. Sono le donne, un gruppo di donne colombiane, le vincitrici del premio per la pace di Pax Christi International. Ne dà notizia un comunicato dello stesso movimento cattolico internazionale, nel quale si rende noto che il riconoscimento per il 2015 è stato assegnato al Colectivo de Pensamiento y Acción Mujeres, Paz y Seguridad (Collettivo di riflessione e azione su donne, pace e sicurezza). Istituito nel 1988 e patrocinato dal fondo per la pace intitolato alla memoria del cardinale Bernard Jan Alfrink — dal 1955 al 1975 arcivescovo di Utrecht nonché antico presidente di Pax Christi International — il premio ha come scopo principale quello di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’attività svolta da persone e organizzazioni impegnate nel promuovere la pace, la giustizia e la non-violenza nel mondo. Il Colectivo de Pensamiento y Acción è sorto nell’ottobre 2011 e riunisce donne con esperienze sociali e professionali molto diverse (religiose, ex combattenti, indigene, afrocolombiane, giornaliste, accademiche, attiviste per i diritti umani, sindacaliste) insieme a organizzazioni impegnate per la costruzione di una pace sostenibile e duratura in Colombia. Il Paese latinoamericano, come è noto, è attualmente impegnato nel processo di pace con i guerriglieri delle Farc, per uscire da un conflitto che, secondo le stime ufficiali, in circa cinquant’anni ha lasciato sul terreno più di 220.000 morti e 5,3 milioni di sfollati. In particolare, da parte di Pax Christi International viene sottoli- neato il ruolo svolto dal Collettivo nella redazione del Pacto ético por un país en paz, documento che punta sul concetto di «cittadinanza attiva per la pace» e che invita a una riflessione etica le parti coinvolte nel conflitto, in modo da trasformare in positivo tutti quegli atteggiamenti e situazioni che negli anni hanno alimentato la guerra in Colombia. Con il premio, Pax Christi International ha voluto anche valorizzare «il ruolo centrale che le donne occupano nei processi di trasformazione dei conflitti e costruzione della pace al livello locale, nazionale e internazionale». Il premio sarà consegnato il 16 maggio prossimo a Betlemme, in occasione delle celebrazioni per il settantesimo anniversario della fondazione di Pax Christi International. L’OSSERVATORE ROMANO sabato 28 febbraio 2015 pagina 7 «Elia rapito in cielo ed Eliseo che raccoglie il suo mantello» Conclusi ad Ariccia gli esercizi spirituali della Curia romana Il fuoco e il mantello «Tradizione è conservare il fuoco, non adorare le ceneri»: non attinge alla Bibbia, ma a una frase del compositore Gustav Mahler la conclusione degli esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana guidati ad Ariccia da padre Bruno Secondin. Il predicatore carmelitano ha voluto così — richiamando l’immagine del fuoco tanto vicina alla figura del profeta Elia — invitare tutti, tornando ai normali impegni quotidiani, a essere «esploratori di sentieri di novità per sé e per gli altri», a raccogliere il mantello di Elia, la sua eredità, e a «uscire verso le frontiere» diventando «profeti di fraternità». La meditazione di padre Secondin si è tenuta nella mattina di venerdì 27 febbraio. Al termine, dopo i saluti e i ringraziamenti di Papa Francesco, i partecipanti hanno fatto rientro in Vaticano. L’ultima tappa dell’itinerario di riflessione e preghiera proposto dal predicatore ha centrato il suo obbiettivo sull’episodio biblico narrato nel secondo libro dei Re (2, 1-14), dove vengono descritti il saluto finale di Elia ai suoi discepoli e a Eliseo, il suo rapimento nel carro di fuoco e l’inizio della missione di Eliseo che si spoglia delle vesti, raccoglie il mantello del maestro e, sulle rive del Giordano, viene riconosciuto come il vero erede del profeta. È un racconto intenso, pieno di tenerezza, nel quale un po’ si scioglie la durezza caratteriale che contraddistingueva Elia. Il profeta in qualche modo impara — e anche noi, ha suggerito padre Secondin, dovremo imparare «a offrire abbracci di speranza e di tenerezza» — dal suo discepolo che è affettuoso e paziente. Il viaggio che porta i due protagonisti ad attraversare il Giordano esprime anche simbolicamente quel legame, che caratterizza tutta la vicenda di Elia, con la storia antica della salvezza ma anche con la storia futura, quella che vedrà Cristo immergersi in quelle stesse acque e portare la pienezza dell’alleanza. Già questo itinerario, nel quale il discepolo accompagna premurosamente il maestro e cerca di attingere da lui tutti gli ultimi preziosi insegnamenti, suscita delle riflessioni. «Tutti abbiamo bisogno di maestri» ha ricordato il predicatore, invitando sia ad avere sempre un padre spirituale, sia a saper accompagnare gli altri: «Altrimenti — ha ammonito — siamo solo burocrati». Poi arriva la scena topica: la «vita di fuoco» di Elia, segnata da «parole di fuoco», alla fine si consuma nel fuoco «come un olocausto». Il profeta viene rapito in cielo nel carro di fuoco. E solo se Eliseo contempla questo fuoco può ricevere l’eredità di Elia, simboleggiata dal suo mantello. «Il carisma del governo, del culto, della profezia, della sapienza si trasmette nel fuoco, in una verità vissuta che brucia ostacoli ed è capace di aprire strade nuove» ha spiegato padre Secondin. Eliseo si spoglia di se stesso e si riveste del mantello: «Deve vivere quello che il mantello richiama: fuoco, servizio, lotta». Il giovane, tornando verso la comunità, sente la pesantezza della sfida, la grandezza che lo sovrasta. Ha paura. Nella Scrittura si legge che egli sulla riva del Giordano grida: «D ov’è il Signore, Dio di Elia?». Ed è proprio allora, in un gesto, che ha inizio la sua missione. Eliseo percuote le acque con il mantello e le acque si aprono. Tutto parte da lì. E si ritrova lì, ha sottolineato il carmelitano, un impegno per ognuno: oc- corre «saper aprire un passaggio nel vortice caotico della vita, aprire sentieri di vita e di fedeltà». È, ha detto, «una sfida per tutti noi». Rivolgendosi direttamente ai presenti, padre Secondin ha continuato: «Scendendo ora verso la città, lasciando questa solitudine in cui ci siamo un po’ nascosti, noi dobbiamo ugualmente accettare che gli altri possano vedere in noi che qualcosa dello spirito di Elia è sceso su di noi: dal nostro sguardo, dal nostro stile, dalla nostra capacità di aprire strade di autenticità e sentieri di libertà, dalla nostra capacità di abbracciare ogni morto perché torni in vita, di gridare i nostri dubbi... perché anche noi ne abbiamo tanti», la gente «deve poter verificare se davvero portiamo non solo il mantello, la faccia da oremus», ma anche la capacità «di aprire cammini in mezzo ai “Giordani” caotici della vita della storia, di questa società». In questo senso il predicatore ha ricordato che il carisma del governo nella Chiesa e quello del celebrare Prima predica di Quaresima nella cappella Redemptoris Mater Convertirsi credendo Per vivere «la gioia del Vangelo» occorre «convertirsi credendo» e respirare lo Spirito Santo a pieni polmoni. Sono le immagini scelte dal cappuccino Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, nella prima predica di quaresima, tenuta nella cappella Redemptoris Mater del Palazzo apostolico la mattina di venerdì 27 febbraio. A fare da filo conduttore alla riflessione è stata l’esortazione Evangelii gaudium di Papa Francesco, con i suoi «tre poli di interesse» in- trecciati tra loro: «il soggetto, l’oggetto e il metodo della evangelizzazione». Insomma, «chi deve evangelizzare, cosa si deve evangelizzare, come si deve evangelizzare». E la «novità» portata da Francesco, ha fatto notare padre Cantalamessa, «va cercata nell’appello che rivolge all’inizio della lettera e che costituisce il cuore di tutto il documento»: l’invito «a rinnovare oggi stesso l’incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da lui, di A colloquio con il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon in Myanmar Nel Paese arcobaleno di NICOLA GORI Che cosa possono fare i cattolici per contribuire alla costruzione della nazione? Una Chiesa dei poveri e per i poveri, che fa sentire la sua voce per difendere la dignità delle persone di fronte alle ingiustizie. È la realtà della comunità cattolica del Myanmar descritta al nostro giornale dal cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon in Myanmar, che ha ricevuto la porpora nel concistoro dello scorso 14 febbraio. Abbiamo contribuito molto a costruire la nazione. La Chiesa è andata negli angoli più remoti, fornendo educazione e formazione alle comunità etniche. Ora sono diventate comunità ben preparate e sicure, tanto che offrono insegnanti, sacerdoti, religiose e operatori nel campo dello sviluppo. Il nostro contributo è stato limitato da una politica che ha negato un’educazione di qualità alla gente del Myanmar. La Chiesa è attiva ed efficiente negli ambiti dell’educazione, della sanità e dello sviluppo umano. E il Governo deve trattare la Chiesa come partner nella costruzione della nazione. Abbiamo offerto il nostro servizio. Il Governo del Myanmar ha bisogno della Chiesa. Operiamo in aree in cui nemmeno le istituzioni pubbliche sono mai arrivate. Per una pace e uno sviluppo autentici, il ruolo della Chiesa è fondamentale. Lei è il primo vescovo del Myanmar che diventa cardinale. Qual è il significato della scelta del Papa? Personalmente sento che questo gesto nasce dalla vita e dalla missione di Francesco. Egli guarda alla realtà della Chiesa dalla prospettiva delle “periferie”: questa visione radicale anima tutte le sue decisioni. È certamente un onore per il popolo del Myanmar. Per cinque decenni abbiamo vissuto sotto una dittatura soffocante, con una pesante discriminazione nei confronti dei cristiani. Molti considerano la sopravvivenza e la crescita della Chiesa un miracolo. Di fatto, l’onore che ricevo è una chiamata a servire gli uomini e le donne del nostro Paese. È anche un omaggio ai miei fratelli vescovi, la cui pazienza e avvedutezza ha aiutato la Chiesa a sopravvivere. Penso che tributando questo onore, il Papa ci ha chiamati a un servizio più grande alla Chiesa e alla nazione in questo tempo critico della storia. I cristiani sono una minoranza nel Paese. Che cosa fate per promuovere il dialogo con le altre religioni? Il nostro impegno è triplice: dialogo con i poveri, dialogo con le culture e dialogo con le religioni. Il dialogo con i poveri è stato intenso: siamo una Chiesa povera, viviamo in mezzo a loro, li educhiamo, li prepariamo attraverso diversi programmi sociali. In molti campi, tra i poveri nelle aree più remote l’unica a essere presente è la Chiesa. Il dialogo con le culture è molto importante. Siamo un Paese “arcobaleno”: sette tribù principali con 135 clan tribali. Siamo una Chiesa variopinta. Questo è una benedizione e una sfida. La Chiesa deve essere inculturata e anche forgiare un’identità comune. Sono sforzi che si stanno compiendo in molti modi. Abbiamo Chiese locali forti. Gli incontri comuni, come la celebrazione del quinto centenario dell’evangelizzazione del Myanmar, sono fonte di interazione. Vengono organizzate conferenze annuali per i giovani e incontri religiosi. Con la religione buddista, che è quella maggioritaria, manteniamo un contatto costante attraverso monaci che hanno la nostra stessa visione. Grazie al gruppo chiamato Religions for peace (“religioni per la pace”) si svolgono incontri regolari. Continuiamo a far sentire la no- devono sempre essere arricchiti dal «munus profetico» e da esso devono ricevere dinamicità. Dopo aver sottolineato che, come è stato per Eliseo, tutti devono essere disponibili «a lasciarsi giudicare dai fratelli», padre Secondin ha pro- vato a raccogliere le provocazioni e gli inviti scaturiti da questi giorni di meditazione. Innanzitutto l’attenzione al popolo e in particolare agli ultimi. Lo aveva già indicato nella meditazione della sera di giovedì, quando aveva molto insistito sull’importanza di farsi intercessori, di farsi carico delle fatiche del popolo: «Uscire verso gli altri, verso le fatiche dei poveri», come ha ribadito anche in un’intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano in occasione di questi esercizi spirituali. Alla parola profetica, infatti, ha detto durante la meditazione, «è intrinseca la fecondità della fraternità». Bisogna quindi «farsi tessitori di incontri e compagni di ogni tribolato». Soprattutto, occorre «lasciarsi continuamente sorprendere da Dio, imparare ad accogliere la novità di Dio». La Chiesa, ha ricordato il predicatore, «non può essere una bottega di restauro, un museo delle cere o un laboratorio di utopie strampalate». Perciò, come Elia, dobbiamo essere sempre pronti «a metterci in cammino se la Parola ci chiede di andare». Il logo utilizzato per le celebrazioni del quinto centenario della presenza della Chiesa cattolica in Myanmar A partire dalla sua esperienza salesiana, che ruolo vede per i religiosi e le religiose nella promozione dello sviluppo umano? stra voce contro la violenza, in particolare contro gli attacchi ai musulmani da parte di gruppi di fondamentalisti. Nel Paese ci sono oltre 2500 religiosi. Le religiose hanno svolto un grande lavoro tra le comunità più lontane. La loro vicinanza ai poveri è lodevole ed è una delle ragioni della solidità di tali comunità. Ma con l’aprirsi del Paese, le religiose hanno bisogno di più capacità, educazione e competenza. Prevediamo anche un ruolo maggiore nei settori dell’educazione e della sanità. In che modo la Chiesa è vicina alla maggioranza della popolazione che soffre a causa della povertà? Il 60 per cento della nostra gente è molto povera. La povertà assoluta tocca circa il 40 per cento. Moltissimi sono sfollati internamente o in altri Paesi, alcuni subiscono le moderne forme di schiavitù. Ma il nostro Paese non è sempre stato così. Negli anni Cinquanta e all’inizio degli anni Sessanta la Birmania era tra le nazioni più ricche del sud-est asiatico. Ci sono ancora immense risorse naturali e umane. I leader che hanno preso il potere negli anni Sessanta hanno trasformato un Paese ricco in uno tra i più poveri al mondo. La povertà del Myanmar è un disastro prodotto dall’uomo. A scarseggiare non è la carità, ma la giustizia. Quindi la Chiesa deve alzare la propria voce, insieme ad altri gruppi che la pensano allo stesso modo, per difendere la giustizia economica e sociale. La Chiesa deve svolgere un ruolo importante, e ci stiamo dedicando a due questioni rilevanti: i diritti terrieri e il diritto all’educazione. Riguardo all’aiuto ai poveri, la nostra rete di Caritas, presente in 16 diocesi, sta lavorando duramente. Siamo anche impegnati a sostenere le persone sfollate. Ma la povertà del Myanmar è l’ingiustizia commessa contro il nostro popolo e non potremo avere pace fino a quando non sarà resa giustizia ai poveri. Come si può essere missionari seguendo lo stile di Papa Francesco? Francesco insiste su una Chiesa che guarda avanti. Nella Evangelii gaudium dice che la Chiesa non è un museo di «mummie» e parla della necessità di uscire da una «psicologia della tomba». Nei cinque secoli di vita la Chiesa in Myanmar non è mai venuta meno al suo compito missionario. Da duecentomila cattolici siamo diventati ottocentomila. Ma seguiamo anche il consiglio del Papa di accompagnare i poveri. La nostra è una Chiesa dei poveri e per i poveri. È questa una missione viva nelle nostre diocesi. Dal punto di vista pastorale, la maggior parte delle diocesi ha un proprio piano, che si concretizza anche in programmi sociali. Stiamo preparando i catechisti, un esercito di quasi 3000 uomini e donne, e il nostro lavoro tra i migranti e gli sfollati ha già portato loro Cristo. Attualmente siamo impegnati nella missione sintetizzata dall’espressione «evangelizzati che diventano evangelizzatori» con lo scopo di preparare i laici a raggiungere le aree più remote del Paese. cercarlo ogni giorno senza sosta». Del resto, «lo scopo ultimo dell’evangelizzazione non è la trasmissione di una dottrina, ma l’incontro con una persona: Gesù Cristo». Un incontro «libero, voluto, spontaneo, non puramente nominale, giuridico o abitudinario». In particolare, ha affermato il predicatore, «l’urgenza di una nuova evangelizzazione, e cioè di una evangelizzazione che muova da basi diverse da quelle tradizionali e che tenga conto della situazione nuova», è dovuta alla profonda mutazione della «situazione della fede nella società». Così, ha rilevato, «si tratta in pratica di creare per gli uomini d’oggi delle occasioni che permettano loro di prendere, nel nuovo contesto, quella decisione personale libera e matura che i cristiani prendevano all’inizio nel ricevere il battesimo e che faceva di essi dei cristiani reali e non solo nominali». La questione riguarda soprattutto «la massa dei cristiani già battezzati che vivono come cristiani puramente di nome e non di fatto, completamente estranei alla Chiesa e alla vita sacramentale». E «la risposta a questo problema è venuta più da Dio stesso che dall’iniziativa umana: sono gli innumerevoli movimenti ecclesiali, aggregazioni laicali e comunità parrocchiali rinnovate, apparse dopo il concilio». Proprio «queste realtà sono il contesto e lo strumento che permette a tante persone adulte di fare una scelta personale per Cristo, di prendere sul serio il loro battesimo, di diventare soggetti attivi della Chiesa». Riprendendo in mano la Evangelii gaudium, padre Cantalamessa ha ribadito che «la gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù». Ma, ha avvertito, «se non vogliamo che le parole restino solo parole, dobbiamo porci una domanda: perché il Vangelo sarebbe fonte di gioia? L’espressione è solo un comodo slogan o corrisponde a verità?». Anzi, prima ancora: «Perché il Vangelo si chiama così, cioè notizia lieta, bella, gioiosa?». Per il predicatore «la via migliore per scoprirlo» è partire proprio dal Vangelo, dalle parole stesse di Gesù e dal senso autentico del suo invito alla conversione. E cioè «un completo cambiamento di mente, un entrare in un ordine di idee totalmente nuovo». Dunque «convertirsi non significa più tornare indietro; significa piuttosto fare un salto in avanti ed entrare, mediante la fede, nel regno di Dio che è venuto in mezzo agli uomini». Perciò «convertitevi e credete» non sono «due cose diverse e successive, ma la stessa azione: convertitevi, cioè credete; convertitevi credendo». Spazzati via i luoghi comuni per cui il Vangelo sarebbe sinonimo di sofferenza e non di gioia, Francesco nell’esortazione non manca di ricordare «tutti i grandi “no” contro l’egoismo, l’ingiustizia, l’idolatria del denaro; e tutti i grandi “sì” che esso ci sprona a dire al servizio de- gli altri, all’impegno sociale, ai poveri». È «la dimostrazione che l’incontro personale con Gesù è tutt’altro che una esperienza intimistica e individualistica; diventa, al contrario, la molla principale per l’evangelizzazione e la santificazione personale». Riferendosi, infine, allo Spirito Santo, padre Cantalamessa ha ricordato che «la quaresima è il tempo di inspirazione per eccellenza». E ha invitato «a fare profondi respiri per riempire di Spirito Santo i polmoni della nostra anima e così, senza che ce ne rendiamo conto, il nostro alito profumerà di Cristo». Nomina episcopale a Malta La nomina di oggi riguarda la Chiesa a Malta. Charles Jude Scicluna arcivescovo di Malta Nato a Toronto, in Canada, il 15 maggio 1959, ha studiato nel seminario maggiore di Malta e all’università locale, ottenendo la laurea in diritto civile e la licenza in sacra teologia. Poi si è laureato in diritto canonico alla Pontificia università Gregoriana a Roma. Ordinato sacerdote l’11 luglio 1986 per l’arcidiocesi di Malta, tra il 1990 e il 1995 è stato difensore del vincolo e promotore di giustizia al tribunale metropolitano di Malta, professore di teologia pastorale e diritto canonico presso la locale facoltà di teologia e vice rettore del seminario maggiore dell’arcidiocesi. Ha lavorato anche nelle parrocchie di San Gregorio Magno, Sliema, e della Trasfigurazione, Iklin, presso Malta, ed è stato cappellano al convento locale di Santa Caterina. Nel 1995 è divenuto promotore di giustizia sostituto presso il Supremo tribunale della Segnatura apostolica e poi promotore di giustizia presso la Congregazione per la dottrina della fede, insegnando anche, come professore invitato, presso la facoltà di diritto canonico della Gregoriana. Eletto vescovo titolare di San Leone e ausiliare di Malta il 6 ottobre 2012, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 24 novembre successivo e il 1° dicembre è divenuto membro della Congregazione per la dottrina della fede. Il 18 ottobre 2014, alla rinuncia dell’arcivescovo Cremona, è stato nominato amministratore apostolico dell’arcidiocesi maltese. Il 21 gennaio 2015 è divenuto presidente del collegio per l’esame dei ricorsi alla sessione ordinaria della Congregazione per la dottrina della fede.
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