Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 12 (47.147) Città del Vaticano domenica 17 gennaio 2016 . Il Papa denuncia la piaga della disoccupazione giovanile Sempre più drammatica la condizione dei siriani assediati Per un umanesimo del lavoro L’arma della fame E chiede di combattere l’illegalità che porta alla corruzione «Formare, educare a un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo»: è quanto ha auspicato Papa Francesco ricevendo stama- ne, sabat0 16 gennaio, nell’aula Paolo VI, dirigenti e membri del Movimento cristiano lavoratori. Nel suo discorso il Pontefice ha preso spunto dalla constatazione che si sta vivendo «in un tempo di sfrut- La visita ad anziani e malati nella periferia romana Venerdì della misericordia tamento dei lavoratori» — in cui «il lavoro non è al servizio della dignità della persona, ma è il lavoro schiavo» — e ha suggerito una riflessione articolata su tre termini: educazione, condivisione e testimonianza. Riguardo al primo, ha spiegato che non si tratta solo di «insegnare qualche tecnica o impartire nozioni, ma rendere più umani noi stessi e la realtà che ci circonda», dunque, ha ribadito, «occorre formare a un nuovo umanesimo del lavoro». Inoltre l’educazione aiuta «a non cedere agli inganni di chi vuol far credere che l’impegno quotidiano e lo studio non abbiano valore». Da qui l’urgenza di «educare a percorrere la strada dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccomandazioni», sotto le quali si cela «la corruzione. Si tratta — ha chiarito — di “compravendite morali”» che «vanno respinte. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva: quella dell’illegalità, che porta alla corruzione». Del resto, ha aggiunto con un’immagine evocativa, «l’illegalità è come una piovra che sta nascosta, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando». Quanto alla condivisione, Francesco ha ricordato che il lavoro offre «l’opportunità di entrare in relazione con gli altri». Di conseguenza, esso «dovrebbe unire le persone, non allontanarle». Infine, parlando di testimonianza, ha fatto notare come oggi ci siano «persone che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono». In particolare sono i «giovani che non lavorano». Loro «davvero sono “i nuovi esclusi del nostro tempo”». Anche perché, ha constatato, «un giovane che non lavora» finisce «nelle dipendenze, nelle malattie psicologiche, nei suicidi». Ecco allora un nuovo appello di Francesco per «l’accesso al lavoro per tutti. Di fronte alle persone in difficoltà e a situazioni faticose — penso anche ai giovani per i quali sposarsi o avere figli è un problema, perché non hanno un impiego sufficientemente stabile o la casa — non serve fare prediche». Invece, ha concluso, «occorre trasmettere speranza, confortare con la presenza, sostenere con l’aiuto concreto». PAGINA 8 DAMASCO, 16. L’arma della fame è sempre più impiegata nella tragedia siriana, dove di giorno in giorno si aggrava la condizione delle popolazioni intrappolate in zone teatro dei combattimenti tra forze governative e milizie ribelli, di matrice jihadista e non. Il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha ricordato ieri che l’uso del cibo come arma è un crimine di guerra. Secondo Ban Ki-moon, «tutte le parti, compreso il Governo siriano che ha la responsabilità primaria di proteggere i siriani, stanno commettendo atti atroci, proibiti dalle leggi umanitarie internazionali». A Madaya, la cittadina al confine con il Libano dove sono asserragliate milizie ribelli strette d’assedio dall’esercito di Damasco, si continua a morire di fame, anche dopo l’arrivo dei primi convogli umanitari. Un ragazzo di sedici anni è deceduto ieri sotto gli occhi degli stessi soccorritori dell’Unicef, il fondo dell’Onu per l’infanzia, e del Programma alimentare mondiale (Pam) che il giorno prima erano potuti entrare per la seconda volta in una settimana nella città. Secondo fonti locali riferite dallo stesso Pam, solo dall’inizio del mese già trentadue abitanti della città sono morti di stenti. Altrettanto drammatica è la situazione dei ventimila civili, in maggioranza sciiti, assediati nei centri di Fuaa e Kafraya, nella provincia nordoccidentale di Idlib, da forze ribelli sunnite, dove pure sono riusciti ad arrivare in settimana, per la prima volta, aiuti dell’O nu. Kyung wha Kang, vice capo dell’Ocha, l’ufficio dell’Onu per il coordinamento degli interventi umanitari, intervenuto ieri a una riunione del Consiglio di sicurezza, ha detto che gli assedi in Siria sono diventati sistematici e di routine, precisando che nel 2015 si è riusciti a far arrivare aiuti in meno del 3 per cento delle aree assediate e sottolineando che a rischio di morte per fame sono almeno mezzo milione di persone. Sempre ieri, la Russia, che dalla fine di novembre ha avviato raid aerei in Siria contro le postazioni del cosiddetto Stato islamico, ha comunicato di avere paracadutato aiuti di prima necessità a Deyr Az Zor, nell’est del Paese, dove le forze governative sono asserragliate in alcuni quartieri circondati dai miliziani jihadisti. Attaccato un albergo della capitale da un commando di Al Qaeda per il Maghreb islamico «Venerdì della misericordia» per Papa Francesco in due strutture che accolgono anziani e malati nella periferia orientale di Roma. Il Pontefice nel pomeriggio del 15 gennaio si è recato a sorpresa nel quartiere periferico di T0rre Spaccata per una visita privata dapprima alla Casa di riposo Bruno Buozzi, che offre ricovero a trentatré anziani, poi nella vicina Casa Iride, dove risiedono sei malati in stato vegetativo. Si tratta del secondo “venerdì della misericordia” — l’iniziativa giubilare in cui il Papa si riserva di compiere un’opera di misericordia esemplare — dopo l’apertura, lo scorso 18 dicembre, della Porta della carità all’ostello della stazione Termini di Roma. In particolare, in questa circostanza, Francesco ha voluto evidenziare da una parte la grande e preziosa importanza delle persone anziane, dei nonni, e Giornata del migrante La porta santa di Lampedusa PAGINA 7 dall’altra il valore e la dignità della vita in ogni situazione, contro la “cultura dello scarto”. Accompagnato dall’arcivescovo Rino Fisichella, incaricato dell’organizzazione del giubileo della Misericordia, Francesco si è recato verso le ore 16 in via di Torre Spaccata 157, tra la sorpresa e la gioia degli abitanti del quartiere e soprattutto degli ospiti della casa Bruno Buozzi, in quanto la visita non era stata annunciata. Alla presenza del carmelitano Lucio Zappatore, parroco di Santa Maria Regina Mundi, il Papa ha incontrato singolarmente ciascuno dei trentatré anziani ricoverati, soffermandosi a parlare con ognuno. Una preghiera e la condivisione di un tè hanno concluso il breve momento. Francesco si è poi trasferito a Casa Iride, una struttura che non è organizzata come un ospedale ma come una casa famiglia dove i degenti possono essere assistiti continuamente dai loro familiari. E dopo aver benedetto ciascuno dei sei ospiti — quasi tutti giovani vittime di incidenti stradali in stato vegetativo o di minima coscienza — ha salutato e confortato i parenti. Verso le 17.15 il Pontefice è risalito sull’utilitaria blu con cui è tornato a Santa Marta in Vaticano. Strage jihadista in Burkina Faso OUAGAD OUGOU, 16. Sono almeno 23 i morti accertati, di 18 nazionalità diverse — ma alcune fonti parlano di 27 — nell’attacco sferrato da un commando del gruppo jihadista Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi) ieri sera contro l’hotel Splendid di Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, e concluso stamani dall’intervento delle forze di sicurezza che sono riuscite a trarre in salvo 126 ostaggi, compresi 33 feriti. Di 23 morti ha parlato il presidente burkinabè, Roch Marc Christian Kaboré, arrivato sul posto. Il ministro dell’Interno, Simon Compaoré, ha aggiunto da parte sua che tre assalitori, un arabo e due neri, sono stati uccisi. L’operazione, peraltro, al momento in cui andiamo in stampa non sembra ancora conclusa e le agenzie di stampa riferiscono di un rastrellamento anche in un albergo vicino, l’hotel Ybi, dove si ritiene che parte degli assalitori possano aver trovato rifugio. Tra i primi ostaggi liberati, alle prime ore dell’alba, c’era anche il ministro della Funzione Pubblica, Clement Sawadopo, che poco dopo si è presentato alla riunione straordi- naria del Consiglio dei ministri convocato sull’emergenza. A fianco dei poliziotti e soldati di Ouagadougou all’azione stanno partecipando una trentina di uomini delle forze speciali francesi dislocate in città e anche agenti dei servizi di intelligence degli Stati Uniti, che nel Paese hanno alcune basi militari. Un contingente dell’esercito francese distaccato nel vicino Mali si sta già dirigendo verso Ouagadougou per aumentare la presenza militare nel Paese. Nell’attacco all’hotel Splendid, situato nel quartiere commerciale, frequentato dal personale dell’Onu, ma anche dai militari francesi, il commando dell’Aqmi ha fatto detonare un’autobomba all’ingresso e poi ha incominciato a sparare all’impazzata contro clienti e dipendenti dell’hotel. La rivendicazione dell’Aqmi parla, fra l’altro, di vendetta contro la Francia per l’intervento armato in Mali. Sempre in Burkina Faso, questa mattina, due cittadini austriaci sono stati rapiti nel nord del Paese. Il ministero della Sicurezza, nel darne notizia, ha specificato che si tratta di un medico e di sua moglie NOSTRE INFORMAZIONI Nel pomeriggio di domenica 17 gennaio al Tempio maggiore y(7HA3J1*QSSKKM( +]!"!=!#!/! Francesco incontra gli ebrei romani Domenica 17 gennaio, nel giorno in cui in Italia si celebra il dialogo tra cattolici ed ebrei, Papa Francesco incontra la più antica comunità della diaspora, a testimonianza di una crescita progressiva e irreversibile nella reciproca conoscenza e amicizia. Esattamente sei anni dopo la visita di Benedetto XVI, Francesco è infatti il terzo Pontefice a recarsi nel Tempio Maggiore di Roma. Trent’anni fa, il 13 aprile 1986, fu infatti Giovanni Paolo II, accolto dal rabbino capo Elio Toaff, a incontrare per la prima volta gli ebrei romani, imprimendo un deciso impulso nei rapporti tra le due comunità. Rapporti su cui ha inciso molto la dichiarazione conciliare Nostra aetate, voluta da Paolo VI e della quale poche settimane fa è stato ricordato il cinquantesimo anniversario. La visita si aprirà nel pomeriggio di domenica con il ricordo di due ferite inferte nel secolo scorso agli ebrei romani. Francesco si recherà prima davanti alla lapide segnata da una data, il 16 ottobre 1943, giorno in cui le SS invasero il ghetto e deportarono 1024 ebrei romani nel I soccorsi a un ferito nell’albergo di Ouagadougou (Afp) campo di sterminio di Auschwitz; poi il Pontefice raggiungerà il luogo che ricorda l’attacco terroristico del 1982 che causò la morte del piccolo Stefano Gay Taché e il ferimento di 37 ebrei romani. Un omaggio alle vittime e ai loro familiari significativo come le parole che saranno pronunciate all’interno della sinagoga. In un’epoca in cui l’intera comunità umana continua a essere colpita dall’odio che nasce dal razzismo e che usa il nome di Dio per uccidere, l’incontro fraterno tra cattolici ed ebrei dice al mondo che nel nome di Dio si vive il dialogo e si testimonia la pace. In un discorso inedito di Papa Montini Tenete gli occhi aperti PAGINA 5 Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: gli Eminentissimi Cardinali: — Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi; — George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia; le Loro Eccellenze i Monsignori: — Luciano Russo, Arcivescovo titolare di Monteverde, Nunzio Apostolico in Rwanda; — Hubertus Matheus Maria van Megen, Arcivescovo titolare di Novaliciana, Nunzio Apostolico in Sudan e in Eritrea. Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico nel Principato di Monaco Sua Eccellenza Monsignor Luigi Pezzuto, Arci- vescovo titolare di Torre di Proconsolare, Nunzio Apostolico in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Macau (Cina), presentata da Sua Eccellenza Monsignor José Lai Hungseng, in conformità al canone 401 § 2 del Codice di Diritto Canonico. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Macau (Cina) Sua Eccellenza Monsignor Stephen Lee Bun Sang, Vescovo titolare di Nove e Ausiliare della Diocesi di Hong Kong. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 17 gennaio 2016 Rifugiati siriani salvati nel Mar Egeo giunti sfiniti nel porto dell’isola greca di Agathonisi (Afp) S’insedierà all’Aja ATENE, 16. I corpi di cinque persone sono stati trovati oggi al largo dell’isola di Samo, sulla rotta percorsa dai profughi e migranti che giungono dalla vicina Turchia. Lo riferiscono le autorità greche. Si tratta di due uomini e di tre donne, mentre la guardia costiera sta cercando di recuperare una sesta persona dalle acque agitate del mare. Non è stata individuata al momento nessuna imbarcazione. L’Egeo continua dunque a inghiottire vittime innocenti. Ieri altri sei bambini migranti che viaggiavano su gommoni naufragati fra la costa turca e le isole greche sono morti: è il tragico bilancio di un’altra giornata di flusso migratorio dal travagliato Medio oriente all’Europa, che non rallenta nemmeno nelle proibitive condizioni invernali. Un bilancio aggravato dal ritrovamento del cadavere di un neonato su un barcone con a bordo altre 63 persone giunte in salvo nella minuscola isola di Farmakonissi, nel Dodecaneso. Fra la costa turca e l’isola greca di Lesbo, nell’Egeo nord-orientale, è affondata un’imbarcazione che trasportava tredici persone. L’intervento della guardia costiera turca e di barche da pesca ha permesso di salvare nove di loro e anche di recuperare quattro cadaveri, tre dei quali di bambini, riaffiorati in superficie. Un altro passeggero — rivelano all’agenzia Anadolu fonti dell’ospedale Ayvacik — un giovane di 14 anni è rimasto a lungo disperso, ma è stato infine ripescato vivo e ha così potuto riabbracciare il padre, che lo aveva perso di vista in acqua e si era abbandonato alla disperazione. Il naufragio al largo di Lesbo ha concluso una giornata funestata fin dall’alba da quello che aveva provocato la morte di tre bambini quando il gommone sul quale si erano imbarcati nella località turca di Didim si è rovesciato in vista dell’isola greca di Agatonissi. Secondo la guardia costiera greca almeno 20 naufraghi di quello stesso gommone sono stati ripescati in mare e salvati. Si allunga ancora, dunque, il tragico conteggio dei morti nell’Egeo, ormai quasi mille da metà dello scorso anno, secondo l’O rganizza- Cinque morti per una fuga di gas in Liguria ROMA, 16. È stata una fuga di gas a provocare, nella notte, il crollo di una palazzina di due piani a Bezzo, frazione di Arnasco, in provincia di Savona (Liguria). È quanto emerso dai primi rilievi dei vigili del fuoco, che sono ancora al lavoro sul luogo della sciagura. Nel crollo sono morte cinque persone, quattro uomini italiani e una donna marocchina. Un’altra donna, sudamericana, è ricoverata nell’ospedale San Martino di Genova con gravissime ustioni su oltre l’80 per cento del corpo. Nella palazzina, edificata un secolo fa e suddivisa in quattro appartamenti, vivevano tre nuclei familiari. Al momento non risultano altri dispersi sotto le macerie, ma le ricerche vanno avanti per scongiurare l’ipotesi che nella palazzina fossero presenti delle persone non residenti. Il sindaco di Savona, Alfredo Gallizia, ha confermato ai giornalisti presenti sul posto che gli ambienti erano saturi di gas. L’area è stata messa sotto sequestro su disposizione della Procura e presidiata dai carabinieri del comando della compagnia di Alassio. La polizia giudiziaria è già al lavoro per accertare le cause della fuga di gas. Per ore, alcuni edifici vicini al luogo della tragedia sono rimasti isolati. La strada, unico varco per uscire dalle abitazioni, è infatti stata invasa dalle macerie della casa crollata. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Tribunale sui crimini di guerra dei kosovari albanesi Ancora vittime tra profughi e migranti sulla rotta dalla Turchia alla Grecia L’Egeo inghiotte altre vite zione mondiale per le migrazioni (Oim). Lungo quella rotta, sempre secondo l’Oim, sono arrivate nello stesso periodo in Europa oltre 847.000 persone sulle circa un milione complessive. Un morto è stato trovato anche in una delle imbarcazioni soccorse dalla marina italiana al largo della Libia, in diversi interventi che hanno consentito di trarre in salvo quasi ottocento persone. Né l’Europa sembra ancora trovare le misure di accoglienza e di gestione di fronte a un simile fenomeno epocale. A prevalere sembrano anzi atteggiamenti di chiusura e mere valutazioni finanziarie. Né ciò vale solo per l’Unione europea. È di ieri la notizia che i rifugiati arrivati in Svizzera devono versare alle autorità denaro o beni di oltre il valore di mille franchi per pagare i costi del loro mantenimento e delle proce- dure per la richiesta di asilo. A rivelare questa pratica è stata una trasmissione della radiotelevisione svizzera in lingua tedesca. Un portavoce della segreteria di Stato per la migrazione ha spiegato che la legge svizzera richiede che rifugiati e richiedenti asilo contribuiscano ai costi se sono in grado di farlo. Se il migrante decide però di lasciare la Svizzera entro sette mesi può farsi restituire i beni. L’AJA, 16. Si insedierà quest’anno all’Aja il Tribunale speciale per i crimini di guerra compiuti dall’Esercito di liberazione del Kosovo (Uçk), la guerriglia indipendentista albanese attiva nel conflitto armato con i serbi a fine anni Novanta, formato da giudici internazionali e finanziato con fondi dell’Unione europea. Non si tratta di una Corte insediata dall’O nu, come per esempio il Tribunale penale internazionale (Tpi) per l’ex Jugoslavia, anch’esso con sede all’Aja, ma il suo insediamento viene considerato comunque significativo dagli osservatori. «È una cosa importante per fare giustizia», ha detto il ministro degli Esteri olandese, Bert Koenders, il cui Governo ha dato un contributo decisivo alla costituzione del tribunale. Quella di portare a giudizio i «crimini gravi commessi nel 19992000 dai membri dell’Uçk contro le minoranze etniche e gli oppositori politici», come si legge nell’atto costitutivo dell’organismo, rap- Altre cinque persone ricoverate in Francia Sotto quota 30 dollari al barile Morto testando un farmaco Petrolio in caduta libera PARIGI, 16. Un test clinico per un nuovo farmaco ha provocato ieri una tragedia a Rennes, nell’ovest della Francia: un paziente è morto e altri cinque sono stati ricoverati, quattro con sintomi gravi e uno per precauzione. Il test, secondo le informazioni diffuse dal ministero della Sanità di Parigi, era uno studio di “fase uno”, quindi nel periodo iniziale di sviluppo, condotto dalla casa farmaceutica portoghese Biotrial. Il medicinale somministrato oralmente — un analgesico studiato per agire sui disturbi dell’umore e i centri recettivi del dolore nei casi di malattie degenerative — conteneva una molecola di cannabinoide sintetica (e non, come erroneamente affermato da diversi media, della cannabis o dei suoi derivati). I pazienti coinvolti in questa prima fase della sperimentazione, iniziata il 7 gennaio, sono otto uomini di un’età compresa tra i 28 e i 49 anni, tutti volontari, sani e remunerati. Due di loro hanno assunto un placebo, e non hanno quindi avuto problemi, mentre gli altri sei hanno assunto la molecola da testare «in modo ripetuto», precisano fonti sanitarie. Uno di loro, ricoverato il 10 gennaio, si trova in stato di morte clinica, altri quattro presentano problemi neurologici, Bloccati i lavori di una diga in Amazzonia BRASILIA, 16. Un giudice brasiliano ha sospeso la licenza della centrale idroelettrica di Belo Monte, costruita in piena Amazzonia. Il provvedimento sarà in vigore finché il Governo e l’impresa Norte Energia, responsabile per la realizzazione e il funzionamento della diga, non avranno ripristinato l’attività della Fondazione nazionale dell’indio, incaricata di assistere i nativi colpiti dal progetto. GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio che, secondo i medici dell’ospedale di Rennes, potrebbero avere ripercussioni permanenti. Un sesto paziente non ha manifestato alcun sintomo, ma resta ricoverato in ospedale in osservazione. La molecola era inizialmente stata testata su scimpanzè, e dal luglio 2015 era passata ai test su umani, tutti svolti dalla Biotrial, che hanno coinvolto in totale 128 pazienti, di cui novanta hanno assunto la molecola e i restanti un placebo. Solo i sei attualmente ricoverati, però, hanno assunto il farmaco più volte: gli altri, ha precisato sempre il ministero, hanno invece assunto una dose unica. «Siamo davanti a un caso inedito», ha commentato durante una conferenza stampa nell’ospedale della città bretone il ministro della Sanità, Marisol Touraine, che ha chiesto l’avvio di un’ispezione sull’organizzazione dei test e il modo in cui sono stati condotti. La Procura di Parigi ha aperto un fascicolo per lesioni colpose. In una nota, la Biotrial si è difesa, sostenendo di aver proceduto «in totale applicazione dei regolamenti internazionali» e di avere seguito fedelmente tutte le procedure, in particolare per l’assistenza medica ai pazienti in cui sono emersi gli effetti collaterali. Dichiarato in Venezuela lo stato di emergenza economico CARACAS, 16. La prima comparizione del presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, davanti al Parlamento di Caracas, ora in mano agli antichavisti, ha confermato l’asprezza dello scontro fra Governo e opposizione, nello stesso momento in cui il Paese sudamericano attraversa una grave crisi economica. Maduro, illustrando come di rito la gestione del suo Governo nel 2015, ha ammesso che i dati macroeconomici del Paese sono «catastrofici». Proprio per questo, ha deciso di proclamare uno stato di Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Consultazioni in Spagna per formare il Governo La Borsa di New York (Afp) VIENNA, 16. La prospettiva dei tre milioni di barili di greggio al giorno promessi dalle autorità di Teheran — dopo l’entrata in vigore dell’accordo sul nucleare e la revoca delle sanzioni internazionali — e le preoccupazioni legate al rallentamento dell’economia cinese, fanno sempre più sentire il loro peso sui mercati, con il petrolio che torna a calare a nuovi minimi ultradecen- emergenza economica per due mesi. Il provvedimento prevede l’introduzione di misure straordinarie per il contrasto all’evasione fiscale e per facilitare le importazioni e la distribuzione di prodotti alimentari e di farmaci. Nel suo intervento, Maduro ha inoltre ribadito che si oppone alle due riforme già proposte dall’opposizione, la consegna di titoli di proprietà a chi riceve case popolari e l’amnistia per i prigionieri politici. Affermazioni che provocheranno un inasprimento dello scontro fra Esecutivo e legislativo. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale presentava una delle richieste principali di Belgrado nell’ambito del confronto mediato dall’Unione europea tra le autorità serbe e quelle della maggioranza albanese kosovara. Al tempo stesso, però, si tratta di un tema molto delicato per il Kosovo, dove i combattenti dell’Uçk sono considerati dalla gran parte della popolazione di etnia albanese eroi per la libertà e l’indipendenza dalla Serbia, proclamata unilateralmente a Pristina il 17 febbraio 2008 e successivamente riconosciuta da un centinaio di Paesi, tra i quali, comunque, non figurano tutti i 28 dell’Unione europea. Non lo fanno, infatti, Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia. Tra l’altro, fra gli imputati potrebbero finire esponenti dell’attuale dirigenza kosovara, compreso l’ex premier e attuale ministro degli Esteri, Hashim Thaçi, che negli anni del conflitto era a capo della direzione politica dell’Uçk. nali, finendo di nuovo sotto quota 30 dollari. La tendenza al ribasso si è poi esacerbata con l’ondata di vendite che si è scatenata sui mercati azionari. Il Brent, il greggio del mare del Nord, è sceso fino a 28,82 dollari, successivamente ha chiuso ieri sera a New York a 29,42 dollari al barile, perdendo il 5,7 per cento. Questa settimana il greggio ha perso complessivamente l’11 per cento. MADRID, 16. Filippo VI scende in campo per cercare di superare lo stallo politico provocato in Spagna dalle legislative del 20 dicembre, che hanno eletto un Parlamento frammentato senza una maggioranza ben definita. Il re terrà infatti la settimana prossima consultazioni con i leader di tutti i partiti rappresentati in Parlamento, iniziando lunedi con i più piccoli. Nel pomeriggio di giovedì sarà invece la volta di Albert Rivera, leader di Ciudadanos, formazione che ha ottenuto 40 seggi. Venerdì sono previsti i colloqui con Pablo Iglesias, di Podemos (69 seggi), con Pedro Sánchez, leader dei socialisti del Psoe (90 seggi), e con il presidente del Governo uscente, Mariano Rajoy, del Partito popolare (122 seggi). Al termine di questo primo giro di consultazioni, il sovrano dovrebbe affidare l’incarico di formare il nuovo Governo, con ogni probabilità allo stesso Rajoy. Dopo l’esito delle legislative, il leader dei popolari ha proposto un Esecutivo di larghe intese con Ciudadanos e Psoe, ipotesi rafforzata con l’elezione del socialista Patxi López alla presidenza del Congresso dei deputati. L’elezione di López è infatti avvenuta grazie all’accordo tra Psoe e Ciudadanos, con l’appoggio del Partito popolare. Obama proclama il 16 gennaio giorno della libertà religiosa WASHINGTON, 16. Nel proclamare il 16 gennaio «giorno della libertà religiosa», il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha ricordato, ieri, la tradizione storica del Paese in questo campo, rievocando lo statuto della Virginia adottato nel 1768 e il primo emendamento della Costituzione. Garanzie — ha detto — che hanno «incoraggiato una diversità religiosa senza precedenti e la pratica della libertà religiosa». «Ma questi ideali non sono di immediata applicazione, richiedono, piuttosto, un impegno duraturo da Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 parte di ogni generazione per confermarli e preservarli», ha proseguito Obama, sottolineando che la sua Amministrazione «sta lavorando per conservare la libertà religiosa e fare rispettare le leggi sui diritti civili che proteggono la libertà religiosa». E in risposta a chi sostiene un bando dei musulmani dagli Stati Uniti, il presidente Obama ha detto: «Un attacco a qualsiasi fede è un attacco a tutte le fedi e anche alla promozione della libertà religiosa per tutti». Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 17 gennaio 2016 pagina 3 Il premier designato libico Fayez Al Sarraj con il capo della diplomazia europea Federica Mogherini (Ap) Uccisi due giovani palestinesi nella Striscia di Gaza Ancora violenze in Vicino oriente TEL AVIV, 16. Ancora violenze nel Vicino oriente. Due giovani palestinesi sono morti a seguito delle ferite riportate ieri durante gli scontri con l’esercito israeliano a est di Bureij, lungo il confine della Striscia di Gaza. Lo ha fatto sapere il portavoce del ministero della Sanità di Gaza, Ashraf Al Qedra, spiegando che i due — di 18 e 26 anni — stavano lanciando sassi contro i militari vicino alla frontiera. L’agenzia di stampa Maan, che cita dati dell’Agenzia dell’Onu per il Coordinamento per gli affari umanitari, ha sostenuto che da ottobre dello scorso anno sono alme- Colloqui a Vienna sull’accordo per il nucleare iraniano VIENNA, 16. Il segretario di Stato americano, John Kerry, è giunto oggi a Vienna per incontrare il ministro degli Esteri iraniano, Mohammed Javad Zarif, e l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Ue, Federica Mogherini. Lo ha annunciato il dipartimento di Stato aggiungendo che sarà esaminato il piano di azione sull’accordo nucleare di Teheran. Secondo l’agenzia di stampa iraniana Irna, oggi, dopo la pubblicazione del rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Zarif e Mogherini in un comunicato congiunto annunceranno l’implementation day. L’agenzia iraniana aggiunge che l’ufficio dell’O nu di Ginevra si sta preparando a ospitare questa sera una riunione del gruppo cinque più uno (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, più la Germania) con l’Iran. Gli Stati Uniti sono pronti a revocare le sanzioni a Teheran dopo che l’Aiea avrà verificato in modo indipendente il completamento di tutti i passi previsti dall’accordo sul nucleare. Lo ha detto ieri Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca. Xi Jinping in visita al Cairo Riad e Teheran PECHINO, 16. Il presidente cinese, Xi Jinping, visiterà l’Arabia Saudita, l’Egitto e l’Iran. Lo ha annunciato ieri il portavoce del ministero degli Esteri, Lu Kang. La missione di Xi avrà luogo la settimana prossima e durerà cinque giorni. Sarà il primo viaggio del presidente cinese in Medio oriente. La Cina è il maggiore importatore di petrolio dalla regione. La visita avviene in un momento delicato, caratterizzato dalla tensione tra Arabia Saudita e Iran, ma era stata programmata in precedenza alla crisi divampata con l’esecuzione a Riad dell’imam sciita Nimr Al Nimr e poi l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran. La Cina ha già espresso a più riprese la raccomandazione di trovare una «soluzione politica» per la vicenda siriana e di creare un fronte unito per la lotta al cosiddetto Stato islamico (Is). Subito dopo l’inizio della crisi tra Arabia Saudita e Iran, Pechino ha inviato un proprio rappresentante — il viceministro degli Esteri Zhang Ming — a Riad e a Teheran per chiedere «calma e moderazione» e sollecitare una soluzione attraverso il dialogo. no ventitré i palestinesi morti in scontri con l’esercito israeliano lungo la barriera difensiva. Una portavoce dell’esercito israeliano ha riferito che decine di palestinesi hanno manifestato nella Striscia di Gaza e alcuni avrebbero provato a superare il confine. I soldati avrebbero allora esploso spari di avvertimento in aria, prima di aprire il fuoco sulle persone che superavano la barriera. I fatti di ieri si sono verificati a poche ore di distanza da un attacco aereo dell’aviazione israeliana contro una “cellula del terrore” palestinese, che si apprestava a deporre ordigni esplosivi per colpire i soldati lungo la linea di demarcazione all’estremità nord di Gaza. Fonti locali e media palestinesi hanno detto che il raid aereo ha provocato un morto e tre feriti. Nella stessa zona, poche ore prima, artificieri israeliani avevano disinnescato due bombe pronte a esplodere. Un dirigente della Jihad islamica — informa l’agenzia Reuters — ha minacciato ritorsioni contro Israele. Nel processo di pace per la formazione di un Governo di riconciliazione L’Onu sostiene la Libia TRIPOLI, 16. L’Onu sostiene la Libia per la formazione di un Governo di riconciliazione nel Paese nordafricano minacciato dal terrorismo di Al Qaeda nel Maghreb islamico e dal cosiddetto Stato islamico (Is) la cui avanzata rischia di diventare inarrestabile. L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Martin Kobler, «in una scala da uno a dieci» ha quantificato in «sette o anche otto» le probabilità che il consiglio presidenziale libico riesca a varare un Governo di unità nazionale. Kobler, in un’intervista alla Bbc, ha ricordato inoltre che «la scadenza del 17 gennaio» (30 giorni dopo l’accordo di Skhirat, in Marocco, del mese scorso) si riferisce solo alla «presentazione di una lista di membri del Governo alla Camera dei rappresentanti» e il «Parlamento ha i prossimi dieci giorni per discuterne». Alla domanda se l’Assemblea parlamentare di Tobruk avallerà le nomine, l’inviato dell’Onu ha risposto: «Sono molto fiducioso. È un processo molto difficile», ha aggiunto, ricordando che anche la forma- zione di Governi di coalizione in «qualsiasi Paese europeo» richiede «un certo tempo». Però «sono fiducioso che il calendario sarà rispettato», ha detto ancora Kobler. La stampa libica avverte intanto che attentatori suicidi dell’Is si sono infiltrati nelle principali città occidentali, mentre fonti con base a Tunisi rivelano che i raid aerei che da settimane colpiscono i territori controllati dai jihadisti a Sirte sarebbero stati effettuati da caccia egiziani Rafale (di fabbricazione francese) riforniti in volo dall’aeronautica di Parigi con una cisterna volante Boeing K135 Stratotanker. Finora sia le autorità di Parigi che quelle del Cairo non hanno confermato la notizia. I raid di questi giorni giungono dopo la serie di attacchi lanciati dal cosiddetto Stato islamico contro i terminal petroliferi di Al Sidra e Ras Lanuf, situati fra le città di Zuetina e Sirte, e seguono l’attentato contro una caserma di polizia nella città occidentale di Zliten costato la vita a oltre 70 persone. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza libiche citate dal sito informativo locale Al Wasat, jihadisti sono pronti a farsi esplodere a Tripoli, Khoms, Zliten, Misurata, Meslata, Tajurah e Tarhuna. Gli attentatori suicidi proverrebbero in buona parte dalla Tunisia e dal Sudan. In Libia «la minaccia terroristica è evidente, alcuni attentati sono gravissimi. Ma non deve essere abbandonato il processo di intesa nazionale facendosi tentare dall’intervento a prescindere dalla volontà dei libici. Non è lo scenario di oggi e spero non ci si arrivi». Lo ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, precisando che i quattro aerei Amx dislocati nella base di Trapani Birgi non sono in assetto di bombardamento bensì di ricognizione. Solo in Camerun milleduecento morti negli ultimi tre anni Con il duro colpo inflitto alle truppe kenyane Sempre più estesa e sanguinosa la sfida di Boko Haram Al Shabaab non allenta la stretta in Somalia YAOUNDÉ, 16. Le forze nigeriane e quelle della missione africana inviata contro Boko Haram non sono riuscite a mantenere la promessa, più volte ribadita nei mesi scorsi, di sconfiggere entro la fine dello scorso anno il gruppo jihadista, la cui sfida si è fatta anzi sempre più estesa e sanguinosa. Né questo vale solo per il nord-est della Nigeria, dove Boko Haram si è costituito e mantiene le sue basi principali, in particolare nello Stato del Borno, quello dove ha perpetrato più stragi con incursioni armate e attentati terroristici. Sotto attacco sono anche i Paesi confinanti e soprattutto il Camerun, dove questa settimana c’è stata l’ultima strage del gruppo jihadista perpetrata da due attentatrici suicide che si sono fatte esplodere in una moschea a Kolofata, nei pressi appunto del confine nigeriano, uccidendo dieci persone oltre a se stesse. In Camerun negli ultimi tre anni i miliziani di Boko Haram hanno ucciso quasi milleduecento persone. Il dato è stato fornito ieri dal ministero delle Comunicazioni di Yaoundè. I raid nel nord del Camerun, la zona al confine appunto con il Borno, sono stati 315, mentre sono salite a 32 le stragi provocate da attentatori suicidi, nell’ultimo anno in maggioranza donne, quasi sempre giovanissime e spesso bambine. Secondo il ministero, i civili morti sono stati 1.098, ai quali si aggiungono 67 soldati e tre poliziotti. Un numero di vittime di poco inferiore c’è stato nello stesso periodo in Ciad e in Niger, Paesi che forniscono anch’essi, come il Camerun e il Burkina Faso, contingenti alla missione africana inviata contro Boko Haram in Nigeria e operativa non solo nel Borno, ma anche nei vicini L’opposizione del Gabon candida Jean Ping LIBREVILLE, 16. L’ex presidente della Commissione dell’Unione africana, Jean Ping, è stato designato candidato unico del Fronte di opposizione per l’alternanza (Fopa) per le presidenziali del 2016 in Gabon. Una ventina di quadri del Fopa, la principale coalizione di opposizione al presidente Ali Bongo Ondimba, lo hanno scelto con un voto a porte chiuse. «Voglio ringraziare ciascuno di voi per questa scelta e per avermi dato la responsabilità di portare i nostri colori a tutti, per l’alternanza e per creare una nuova Repubblica democratica e solidale», ha dichiarato Primo presidente donna a Taiwan TAIPEI, 16. La candidata del Partito democratico progressista (Dpp, indipendentista), Tsai Ing-wen, ha vinto le elezioni di oggi a Taiwan, diventando la prima donna presidente dell’isola che conta ventitré milioni di abitanti. Il principale avversario, Eric Chu Li lun, del Partito nazionalista Kuomintang (Kmt, al Governo da otto anni e oggi su posizioni vicine a Pechino), del presidente uscente, Ma Ying-jeou, ha ammesso la sconfitta. Secondo gli ultimi dati disponibili, Tsai è in vantaggio con circa il sessanta per cento dei voti , mentre Chu, che ha ottenuto circa il trenta per cento dei suffragi, si è dimesso dalla presidenza del partito nazionalista. A dividere i due principali partiti sono soprattutto le relazioni con Pechino, con il Kmt favorevole a contatti più stretti. Stati dello Yobe e dell’Adamawa, dove pure da tre anni vige lo stato d’assedio. Un rafforzamento del sostegno tecnico e militare alla Nigeria contro Boko Haram è stato annunciato, sempre questa settimana, dal ministro della Difesa britannico, Michael Fallon, che ha condotto una visita nel Paese africano. L’esito delle elezioni era dato comunque per scontato dagli analisti. Il Kuomintang aveva infatti subito una dura disfatta alle ultime elezioni amministrative, risultato che aveva costretto il Governo alle dimissioni e lo stesso Ma ad abbandonare la leadership del proprio partito. Sono diciotto milioni gli elettori taiwanesi. Il quaranta per cento dei quali sotto i 40 anni. E proprio la grande partecipazione dei giovani viene vista come una possibile chiave di lettura del risultato elettorale. Si è votato anche per le legislative. E rispetto alle presidenziali, l’esito delle elezioni parlamentari (133 i seggi) appare invece più incerto e molto dipenderà dalle scelte di campo fra Kmt e Dpp che faranno i partiti piccoli e gli indipendenti. Militari del contingente kenyano dell’Amisom (Ap) Ping, che era presente al momento del voto. La procedura seguita è stata però contestata dal presidente del Fopa, Pierre-Andrè Kombila, secondo il quale «con il pretesto dell’urgenza, una frangia del Fronte si è organizzata al di fuori delle procedure ufficiali e nell’assenza del quorum necessario». Kombila, inoltre, ha spiegato che la designazione del candidato non era per il momento all’ordine del giorno e che si stava valutando la possibilità di organizzare primarie tra gli iscritti al Fopa in febbraio o marzo. MO GADISCIO, 16. Il duro colpo inflitto ieri al contingente kenyano dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, conferma intatta la capacità di colpire delle milizie radicali islamiche di Al Shabaab, date a sue tempo per sconfitte dopo che proprio l’intervento kenyano, due anni fa, le costrinse al ritiro da Chisimaio, seconda città e secondo porto somalo, che avevano controllato per anni. Come sempre accade, sull’attacco sferrato ieri all’alba da Al Shabaab alla base dell’Amisom di El Ade, nella località sudorientale di Ceel Cado, al confine con il Kenya, divergono le versioni delle due parti. Secondo le fonti ufficiali kenyane, che non hanno fornito notizie sul numero delle vittime, gli assalitori sarebbero stati affrontati e respinti. La rivendicazione di Al Shabaab parla invece di 63 soldati kenyani uccisi e degli altri costretti alla fuga nei boschi e di veicoli e armi conquistati. Non è insolito che le fonti kenyane minimizzino gli esiti degli attacchi delle milizie somale e che queste ultime al contrario li esagerino. In questo caso, però, testimoni sul posto citati dall’emittente britannica Bbc riferiscono di decine di soldati uccisi e di numerosi mezzi militari dati alle fiamme. Uccisi dallo scoppio di un proiettile di mortaio abbandonato sul terreno Strage di bambini in Afghanistan Bambina afghana in un campo profughi a Kabul (Ansa) KABUL, 16. Oltre che nei combattimenti e nei bombardamenti, nel sanguinoso conflitto in Afghanistan a ogni passo si può nascondere l’insidia della strage. I civili possono saltare sulle mine mentre si recano al lavoro o mentre giocano. Ed è quello che è successo ieri quando quattro bambini afghani sono stati uccisi dallo scoppio di un proiettile di mortaio da loro rinvenuto in un terreno abbandonato della provincia orientale di Kunar. Lo ha reso noto l’agenzia di stampa Pajhwok. Il capo della polizia provinciale, generale Abdul Habib Syedkhel, ha indicato che l’incidente è avvenuto nell’area di Shangar del distretto di Asmar quando i bambini, di età fra otto e 14 anni, hanno trovato il proiettile e si sono messi a giocare con esso. Le vittime, si è inoltre appreso, erano tre fratelli e un loro cugino. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 Quando diventa un’ideologia la religione perde la sua vocazione a nutrire speranza e a rafforzare la solidarietà fra tutti gli uomini domenica 17 gennaio 2016 Pieter Bruegel il Vecchio «La strage degli innocenti» (1564) Per sradicare la giustificazione della violenza in nome di Dio Ritorno all’essenziale Irlanda, nei Balcani, in Libano e in Medioriente, che sia oggi in Africa centrale, le contrapposizioni religiose hanno alimentato la guerra e le sue narrazioni. Alcuni gruppi si sono combattuti nel nome di Dio, non oso chiamarlo il “loro” dio, poiché la divinità assume immediatamente il volto profano — per nulla sacro — delle loro paure sociali e del loro odio nei confronti dell’altro da sé che essi le attribuiscono. Accostarsi a questi temi mediante le scienze umane permette di spiegare le cause, le motivazioni e le spinte sottese al coinvolgimento delle religioni nei conflitti armati, nazionali o internazionali. Nel testo che segue, saranno evidenziate le funzioni d’identificazione, di legittimazione e di mobilitazione che la religione gioca nel quadro dei conflitti. Insisteremo inoltre sulla sua funzione essenziale di sostituto a un’identità nazionale o cittadina quando uno Stato va in pezzi e nel caso in cui più gruppi si oppongano e non si riconoscano più come parti di una stessa nazione che condividono la volontà di vivere insieme. A tutto questo, è necessario aggiungere gli effetti della mondializzazione. Senza aderire alla tesi di Samuel Huntington sullo “scontro delle civiltà”, siamo obbligati a costatare che la diffusione generalizzata di una civiltà tecnicista e consumista che appiattisce le specificità culturali provoca sempre più un ritorno a valori pensati come esclusivi e specifici da parte di alcuni gruppi, che vi vedono una sorta di difesa contro l’invasione di valori e modi di vivere occidentali. Da parUn giovane rende omaggio alle vittime te loro, la risposta prende della strage di Parigi del 13 novembre scorso la forma di un’esaltazione delle identità e dei particolarismi, ivi comcome l’espressione rivelata del mes- presi quelli religiosi. Ma più di tutsaggio divino. Per l’ennesima volta, i to, ci sembra, sono il disordine del riflettori sono violentemente puntati mondo e l’ingiustizia di alcune situasu azioni commesse da uomini che si zioni di conflitto, di povertà e di diconsiderano collaboratori della giu- suguaglianza che fanno in modo che stizia divina. Dopo aver reso il do- la religione appaia in certi ambienti vuto omaggio alla memoria di chi è come un’arma di protesta e di comstato ucciso senza potersi difendere battimento. È il rischio più grande né comprendere e di chi, ferito, por- che possa minacciare una religione. terà per sempre sulla propria carne e Quando diventa un’ideologia, la relinella propria vita i segni della mal- gione perde la sua vocazione a nuvagità, al di là della condanna mora- trire la speranza e a rafforzare la sole senza appello che s’impone, come lidarietà tra tutti gli uomini. Non è spiegare quello che ci accade? Que- altro che un pretesto che si approsto è il compito degli intellettuali, pria del nome di Dio per suscitare dei filosofi, così come degli speciali- l’odio degli uomini. È possibile accostarsi al concetto di religione in sti di scienze sociali e religiose. Per moltissimo tempo, che sia sta- molti modi diversi. In termini geneto in occasione delle guerre civili in rali, la religione è percepita dal senso comune come l’insieme di credenze, convinzioni e pratiche professate e ritualizzate da un gruppo e che riguardano il rapporto con il sacro. Questa definizione della religione copre dunque uno spettro di significati molto ampio che ingloba un sistema di contenuti e di valori oggetto di credenza da parte di fedeli che vi aderiscono e che in tale credenza si riconoscono. Così, dal punto di vista della soggettività credente, il concetto di religione, al di là, beninÈ online dalla mattina del 15 teso, dell’essere un’esperienza vissuta gennaio la pagina Facebook della o mistica, include l’idea di verità Fondazione vaticana Joseph condivise con altre persone e il più Ratzinger - Benedetto XVI. delle volte divulgate e annunciate ad L’iniziativa ha lo scopo di altri. Il primo approccio al concetto mantenere vivo il dialogo di “religione” ce la presenta, quindi, culturale tra il Papa emerito e i come fenomeno rinviante a un grupsuoi estimatori. Vuole essere un po umano che professa una stessa modo — spiega il portavoce fede o sostiene le stesse credenze. dell’Istituto Luca Caruso — per Per l’approccio sociologico, queessere informati sulle attività che st’aspetto appare fondamentale. Esso la Fondazione promuove, spiega il carattere “sociale” della reliattraverso uno dei social network gione e ne individua la necessità più popolari. A poche ore dalla nell’indispensabile sentimento di nascita della pagina oltre condivisione di valori e di emozioni ottocento persone avevano già apposto il loro «Mi piace». che sono a fondamento della coesiodi JOSEPH MAÏLA ragicamente, si è creata una coincidenza tra l’argomento di questa presentazione e gli avvenimenti sanguinosi che si sono verificati a Parigi il 13 novembre scorso. Un gruppo jihadista ha massacrato dei civili in modo esecrabile e crudele senza chiamare in causa altra ragione che non fosse prendersela con dei «miscredenti», degli «idolatri» e vendicare una «aggressione contro i musulmani» compiuta dalla Francia che bombarda i territori controllati dal gruppo terrorista detto «Stato islamico». I terroristi invocano la «battaglia per Dio», il «nome di Dio», la «difesa dell’islam». Ancora una volta la religione, in questo caso l’islam, serve a legittimare la violenza da parte di gruppi che rivendicano il riferimento alle Scritture e si autodesignano come interpreti sanguinari di citazioni del Corano, considerate dai credenti T La Fondazione Ratzinger su Facebook ne e della solidarietà dei gruppi e delle società. Riconosciamo qui la problematica durkheimeriana della religione intesa come “fatto sociale” e, in secondo luogo (spostandoci nei pressi della sociologia funzionalista in stile Talcott Parsons), del contributo del sistema religioso al funzionamento del sistema sociale nella sua globalità. Tuttavia, l’approccio alla religione considerata come fatto sociale non è in sé sufficiente. Una comunità religiosa o di credenti, non importa di quale comunità si tratti, è comunità di chi appartiene a un sistema di credenze condivise che lo identifica e lo indica come fedele di una “linea credente”, di una tradizione, e quindi di una rappresenta- Vita e Pensiero Anticipiamo ampi stralci dell’articolo del professore di geopolitica all’École supérieure des sciences économiques et commerciales contenuto nel numero della rivista «Vita e Pensiero» in uscita il 18 gennaio. zione istituzionalizzata e ritualizzata del senso. Ogni religione è così una comunità sociale strutturata e definita dall’adesione a un sistema di conoscenze e di valori che intende dare un senso ultimo all’esistenza. Questo approccio non annulla affatto l’importanza dell’individuo e della sua adesione al “credo” comunitario, o se si vuole al kerigma. D’altra parte, la prospettiva weberiana e, a seguire, l’approccio ermeneutico al religioso — facciamo qui riferimento all’ambito filosofico (Gadamer, Ricœur) — offrono un approccio interattivo, più “inclusivo”, tra il soggetto e la cultura sociale di appartenenza, nel caso specifico tra il soggetto e la propria cultura religiosa. Tale approccio è in grado di cogliere il senso associato — e rinnovato dall’interpretazione — al corpus della fede e ai riti della propria religione. È proprio qui che questo primo approccio alla religione manifesta i suoi limiti. Esso non è certamente in grado di esaurire il senso del fenomeno religioso. Focalizzandosi sul fatto religioso come “fatto sociale”, ci introduce a una comprensione della logica dei gruppi e delle loro azioni. Ma il suo pensiero del religioso resta di poco respiro, nella misura in cui non si rivolge a ciò che costituisce la specificità del religioso come risposta a un’attesa o a un de- Sono il disordine del mondo e l’ingiustizia dei conflitti e della povertà a far sì che ogni credo appaia come un’arma di combattimento siderio che oltrepassa la sola solidarietà del gruppo e il suo bisogno di costituirsi in comunità all’interno di un’unità sacra. Un’altra lettura rivela, a buon diritto, che nella religione si manifesta un fondamento antropologico più importante: quello dell’aspirazione dell’uomo a rispondere all’appello di qualcosa che, potremmo dire, riguarda un mistero. Questo approccio al numen, al sacro, caratterizza l’evoluzione della coscienza umana alla quale corrispondono delle forme culturali via via più complesse, che siano mitologiche, simboliche o rituali. L’apporto di Julien Ries rispetto a questo punto è fondamentale. L’uomo sarebbe religioso per natura, ricalcando la definizione opposta di Aristotele, secondo cui l’uomo per natura sarebbe un “animale politico”. In ambito sociologico, lavori come quelli di Peter Berger rimarcano la necessità di fare riferimento a una comprensione antropologica e filosofica del religioso. È importante rilevare questa dimensione per chi lavora sulle religioni, anche riguardo alle società contemporanee, e per chi s’interroga più nello specifico sul ruolo che le religioni vengono indotte a giocare nelle crisi e nei conflitti. Da parte di un buon numero di analisti e di ricercatori, le religioni — considerate soltanto come formazioni sociali strutturate e gerarchizzate — sono troppo spesso stigmatizzate come fattori di destabilizzazione, responsabili di violenze e causa di mobilitazione delle comunità le une contro le altre in nome della difesa dei propri valori. Un ritorno a ciò che sembra essere l’essenza del religioso contribuirebbe a sfumare le tesi unilaterali che considerano la religione come strumento di dominio e sarebbe d’aiuto nel pensare il superamento del conflitto nella direzione di un ritorno delle religioni a quello che sembra il loro scopo essenziale. Questi due approcci al religioso, tra i molti altri possibili, che qui citiamo a titolo schematico come modalità di interpretazione della religione, non sono tesi contrapposte. La prima non esclude la seconda, e la seconda non contraddice la prima. L’uomo sarebbe homo religiosus e nello stesso tempo homo socialis. John Eliot Gardiner racconta Johann Sebastian Bach Capolavori di un uomo ordinario di MARCELLO FILOTEI «È tipico di John Eliot Gardiner unire l’erudizione a una dose ancora più grande di passione ed entusiasmo. Mi ha fatto venir voglia di precipitarmi ad ascoltare tutte le opere, quelle che conosco e quelle che non conosco. Uno scrigno di tesori». Quelle che non conosce dovrebbero essere poche, ma le parole di Simon Rattle, uno dei più grandi direttori d’orchestra in attività, restituiscono con immediatezza la profondità del ritratto di Johann Sebastian Bach firmato da Gardiner sotto il titolo La musica nel castello del cielo (Torino, Einaudi, 2015, pagine 651, euro 38). Quella che Ian Bostridge definisce «un’impresa straordinaria, brillante, polemica, sapiente» che «come tutte le migliori biografie dedicate a grandi artisti, costruisce un ponte tra passato e presente», è un’opera originale ed estremamente approfondita che restituisce la grandezza di uno dei compositori più enigmatici e complessi della storia della Il direttore inglese cerca di trasmettere ciò che si prova ad avvicinarsi al genio tedesco dalla posizione di un esecutore musica. Un uomo apparentemente normale, addirittura ordinario e, in alcune occasioni, estremamente irascibile, che è stato capace di comporre opere sublimi. Gardiner fin da giovanissimo ha eseguito e studiato il lavoro di Bach e oggi è uno dei suoi più apprezzati interpreti. E proprio i frutti dell’esperienza come direttore si concentrano in un ampio saggio che, che pur radicandosi negli studi più recenti, riesce a smarcarsene per dirigersi verso la riscoperta di alcune delle più importanti composizioni bachiane, approfondendo il clima culturale nel quale nacquero, la loro struttura e le impressioni che produssero sui primi ascoltatori. I casi più evidenti nei quali la personalità di Bach sembra infiltrarsi nella partitura vengono utilizzati per offrire al lettore un’idea reale e concreta di ciò che poteva significare per il compositore fare musica. Lo scopo è quello di scoprire fin dove è possibile condividere le esperienze e le sensazioni del genio. Ma forse il motivo vero è la volontà di mettere in rilievo alcuni tratti di una personalità intimamente sovversiva. «Dobbiamo sfatare una volta per tutte l’idea che Bach sia stato, nella sua vita personale e professionale, una sorta di pietra di paragone, il “quinto evangelista” dei suoi compatrioti ottocenteschi» scrive Gardiner. Riconoscendone la fragilità e le imperfezioni, «molto meno antipatiche di quelle di Mozart o di Wagner», non solo Johann Sebastian diventa più interessante come persona rispetto al vecchio stereotipo della leggenda, ma ci permette anche di vedere la sua umanità filtrare attraverso la sua musica. Elias Gottlob Haussmann, ritratto di Johann Sebastian Bach (1748) Certo tutto questo viene fatto senza proporre una correlazione diretta tra le opere e la personalità, «tanto più che la parte musicale è in scopi di un compositore, mentre si è sotto grado di rifrangere una vasta gamma di l’influenza delle emozioni che la sua musiesperienze di vita, molte delle quali non ca evoca». E anche se questo approccio possono in sostanza essere tanto diverse può essere legittimamente contestato «ciò dalle nostre». Gardiner disegna però una non significa che la soggettività di per sé sorta di cerniera che collega la vita ai ca- sia nemica della verità oggettiva o ne comprometta le conclusioni». polavori. La personalità di Bach «si è sviluppata Quello che cerca di fare l’autore del e affinata come diretta conseguenza del volume, quindi, è individuare «i modi in suo pensiero musicale» e il direttore ingle- cui studio analitico ed esecuzione possose prova a «trasmettere ciò che si prova ad no cooperare e, unendosi, dare frutti inavvicinarsi a Bach dalla posizione di un sperati». Pur riconoscendo un «enorme esecutore e direttore d’orchestra in piedi debito» nei confronti degli esperti e gli di fronte a un ensemble vocale e strumen- studiosi che lo hanno guidato, «e forse tale, proprio come lui stesso abitualmente distolto dal disastro», Gardiner coltiva faceva». Un terreno insidioso perché qual- una visione personale e unica, la stessa siasi sensazione così ottenuta può essere che ha fatto precipitare Simon Rattle a facilmente liquidata come soggettiva. È riascoltare tutte le opere di Bach, quelle forte, scrive Gardiner, «la tentazione di che già aveva incontrato e quelle che ancredere che si possano comprendere gli cora non conosce. Se esistono davvero. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 17 gennaio 2016 pagina 5 Conoscete i raggi che entrano e passano attraverso i corpi opachi La vostra anima intelligente deve essere qualcosa di simile Papa Montini all’istituto diretto a Roma dai Fratelli delle scuole cristiane arissimi Figli, innanzitutto grazie: grazie di questo bel dono (un vaso di rose in ferro battuto eseguito dagli alunni), che indica già la vostra perizia e la vostra gentilezza; grazie dei fiori che mi avete presentato per mano dei vostri compagni e grazie di questa accoglienza che mi fa tanto piacere e mi lascia vedere anche, con occhio non ancora esperto, tutte le bellezze che sono qui dentro, la prosperità di questo Istituto. Io dovrei dire — forse già lo sapranno — a questi ragazzi: questo Istituto è a me particolarmente caro, perché sempre guardo con grande simpatia e grande stima dove sono i ragazzi e dov’è la scuola e dove sono i Fratelli e dei maestri così. Ma forse lo sapete: io ho abitato quattro anni, e cioè dal 1928 al 1932, qui a due passi, in via delle Terme Deciane n. 10, secondo piano; e la Santa Messa la dicevo qui a Santa Prisca, dove allora era la Comunità delle Agostiniane — che stanno adesso ai Santi Quattro —, ma non so se sia sopravvissuta qualcuna di quelle buone suore. Tutte le mattine venivo qui; qualche volta per qualche festa, qualche cerimonia, in qualche domenica venivo anche a celebrare la Santa Messa nella Cappella: vi ho anche predicato, e tante volte tutto l’Istituto Pio IX veniva a Santa Prisca. C’era allora Fratel Ugo [al secolo Ugo Alibani (1896-1985), vicedirettore dell’Istituto e maestro di canto]. Fratel Ugo era non un maestro, ma un mago, perché sapeva cavare dalle voci dei vostri compagni d’allora effetti musicali meravigliosi, che avrebbero potuto stare nei primi teatri del mondo. Io mi ricordo una preparazione dell’Avvento fatta appunto con dei canti — che ancora ho un po’ nell’orecchio — dei vostri professori, degli allievi dell’Istituto Pio IX di quel tempo. Quindi sono, ripeto, abbastanza fedele e grato all’Istituto che mi ha arricchito di queste belle impressioni, di queste buone memorie. Una parola, quindi, a questi buoni, cari e stimati Fratelli delle Scuole Cristiane. Cari Fratelli, innanzitutto mi compiaccio della prosperità, della modernità dello sviluppo che riscontro in questo Istituto, del numero stesso di alunni che voi ospitate ed educate. So bene che questo Istituto — per quanto bello e grande sia — è uno dei tanti, innumerevoli a cui questa distintissima e benemerentissima famiglia religiosa dedica le sue cure, e, da questo Istituto, vorrei che arrivasse un saluto a tutte le vostre scuole sparse nel mondo, a tutti i vostri confratelli, con questa particolare intenzione che forse si direbbe me- C Il testo inedito del discorso che Paolo VI pronunciò il 3 marzo 1965 visitando all’Aventino l’istituto Pio IX Tenete gli occhi aperti E poi volgo gli occhi e vedo le famiglie; do anche ad esse un saluto; a tutti i papà e alle mamme, ai fratelli e alle sorelle e alle vostre case. Ai papà e alle mamme dirò che hanno fatto bene ad avere fiducia in questi maestri, in questi educatori, che possono confortare il loro animo, sempre trepidante per l’educazione dei figli, sapendo di averli affidati a mani esperte, buone, disinteressate e pure. Abbiate sempre fiducia in questi educatori ed aiutateli, non date i vostri figlioli senza pensarci più. Cercate di coordinare la vostra opera educativa a quella di questi maestri; domandate loro che cosa si deve fare per il bene dei vostri figlioli; stabilite una conversazione tra famiglia e scuola, come sempre si va auspicando, e vedrete che una delle gioie più grandi della vostra vita — e fonte di meriti superiori — sarà quella appunto di aver atteso all’educazione buona, moderna, perfetta dei vostri figlioli, secondo gli stessi vostri desideri e secondo il piano della Divina Bontà. Accordate, ripeto, fiducia all’Istituto Pio IX che la merita. E poi sarebbe da fare, adesso, il discorso ai ragazzi. Ma chissà... andrebbe per le lunghe. Intanto dirò così: lascio una bella medaglia a ciascuno, come quella che ho data a quelli che sono venuti qui. E quella vi sarà di ricordo. «Il Papa è venuto e ha dato una medaglia a me perché vuole proprio che mi ricordi di tutto quello che ispira la sua visita». E poi mi vorrei dilungare a salutare tutte le classi, tutte le categorie, specialmente quelle dei più piccoli, che ho qui davanti a me, e quella dei più grandi, che ho visto nei laboratori, e con grandissima compiacenza: gioventù così brava e così laboriosa in queste aule di formazione non soltanto scientifica e morale, ma anche professionale. Ma dirò una sola cosa. Guardo e saluto tutti. Che cosa vi dice il Papa? Vi dice di «tenere gli occhi aperti». E tanti di voi mi potrebbero rispondere: «Ma li abbiamo». E io vi dico che bisogna tenerli aperti in una maniera ancora più intelligente, ancora più esperta, ancora migliore. Ho cono- moderni, e così via. Non avevano la capacità di capire le cose. Invece io vi auguro di essere sempre con gli occhi aperti. Innanzitutto sui vostri libri. Tenete lo sguardo fisso, aperto alle vostre lezioni, a quello che imparate; Il Papa con i giovani del Pio sciuto tanti ragazzi, sapete — ma voi siete molto più bravi di quelli che ho conosciuto io —, i quali, si direbbe, vivevano ad occhi chiusi: non si accorgevano di niente di quello che stava dintorno. Non avevano nessuna visione, nessuna idea, sopra il panorama della città, della vita, dei problemi IX non perdete tempo. Guardate che la vita è preziosa, la vita è breve; i vostri anni di fanciullezza e di giovinezza, passano e non tornano più. Quanta, quanta gente si sente dire: «Che sciocco sono stato; potevo e non sono stato bravo ad approfittare. E questo perché? Ma perché mentre il Unità interiore Dal numero 70 (dicembre 2015) del «Notiziario» dell’Istituto Paolo VI anticipiamo stralci di un articolo che introduce l’inedito di Montini pubblicato in questa pagina. di PATRIZIA MORETTI La prima pagina dell’Osservatore Romano del 6 marzo 1965 glio a bassa voce che ad alta, ma è bene che la sentano anche questi figlioli. Vorrei con questo mio saluto e questa mia benedizione confinare la vostra vocazione che è una vocazione difficile, che richiede tanti, tanti sacrifici, una dedizione senza riposo, un dono di sé, di tutte le ore, di tutti i giorni, di tutte le forze. Avete lasciato tutto: l’abito, la famiglia, lo stesso vostro nome di origine; tutto avete donato per essere Fratelli delle Scuole Cristiane. Avete messo sulle vostre spalle — sapendolo — una croce pesante. Io vorrei confortarvi a portarla sempre con coraggio, questa croce, sapendo che la Chiesa vi vuole molto bene, che vi stima, che sa il prezzo del vostro sacrificio, della vostra dedizione. E semmai questo vostro servizio alla gioventù e alle nuove generazioni è stato degno di plauso e di incoraggiamento, mi pare che questa sia l’ora di dirlo in maniera più grande, più esplicita, lieto di essere rivestito della Divina Provvidenza di questo grande mandato di Vicario di Cristo per dirvi in nome del Signore: continuate, perseverate, siete sulla strada regale del servizio di Dio e della Chiesa. Non mancheranno per voi né le consolazioni, né i meriti, né i riconoscimenti, né il premio eterno. Siate sicuri. Il 3 marzo 1965 Papa Montini accolse l’invito dei Fratelli delle Scuole Cristiane e si recò in visita all’Istituto scolastico Pio IX, situato sul Colle Aventino in Roma. Sorto per volere di Papa Pio IX e diretto dai figli di san Giovanni Battista de La Salle, in quel periodo ospitava le scuole elementari, medie e superiori (nello specifico l’Istituto Tecnico Industriale con le sezioni meccanici e chimici). Paolo VI, al suo arrivo, volle intrattenersi con i giovani delle due sezioni, informandosi lungamente sul funzionamento degli strumenti che venivano utilizzati per le esercitazioni di laboratorio; quindi si recò nella cappella per pregare insieme ai Fratelli, e, in ultimo, si diresse nel grande atrio dove l’attendevano circa settecento ragazzi con le proprie famiglie, ansiosi di ascoltare le sue parole. Oggi abbiamo la fortuna di disporre della versione integrale del discorso del Papa, dato che era stata pubblicata una versione sintetica, la quale non consentiva di comprenderne appieno il valore. Si tratta di una trascrizione fedele, effettuata dalla registrazione su nastro dai Fratelli delle Scuole Cristiane e ritrovata nell’Archivio del Pio IX, che inonda di luce nuova il documento: ci permette di coglierne alcune sfumature che, altrimenti, sarebbero passate inosservate. Il Papa, al suo arrivo in istituto, è accolto da un’atmosfera festosa e commossa allo stesso tempo. Il suo tono, già dalle prime battute, è colloquiale, probabilmente a voler sottolineare il rapporto familiare stabilitosi con i Fratelli nel periodo in cui a Roma abitava in via delle Terme Deciane, dal 1928 al 1932, anni in cui ricopriva l’incarico di Assistente ecclesiastico nazionale della Fuci. Nelle espressioni di Paolo VI si nota un parallelismo tra la «scuola» che serve a far aprire gli occhi e «l’altra scuola», che è la religione di Cristo. La «scuola del cuore», che insegna ad arrivare a Dio, che suggerisce l’idea di un Dio che ama, di un Dio-Padre, di un Dio che vuole entrare in relazione con l’uomo. Se gli studenti riescono a comprendere ciò, la «vita diventa stupenda» e orientata verso l’assunzione di una grande responsabilità: ridare un’anima al mondo moderno, riconsegnargli la sua prerogativa, «ritornare cristiano». Sembra che queste affermazioni scavino nel profondo dove l'incontro con il trascendente si realizza. Le convinzioni montiniane arrivano anche in passaggi minimi, così la percezione moderna di un mondo senz’anima si accompagna all’ansia apostolica di colmare questo vuoto. Cosa che potrà sembrare molto strana, questo compito immenso è posto nelle mani dei ragazzi. La fiducia nel mondo giovanile è notevole, ma parte di ciò nasce da una concreta presa di responsabilità adulta. Su una targa in marmo, all’ingresso dell’Istituto Pio IX, sono state riportate alcune parole del discorso del Papa; qui già citate: «Avete una grande vo- cazione davanti, giovani, quella di rifare l’armonia fra il mondo esteriore della meccanica, dell’industria e il mondo superiore della vita del pensiero, della vita spirituale. Siete chiamati a rendere questo grande servizio al mondo, a ridargli un’anima, a ridargli un respiro, una capacità di preghiera, ad essere e ritornare cristiano». Tali parole sembrano indicare un progetto di vita verso cui gli studenti si incamminano, accompagnati dalla guida esperta degli educatori, che insieme con loro intraprendono la strada della maturità umana, dell’umanizzazione. È su questo pensiero che Paolo VI insiste: la scuola deve formare uomini e non solo consegnare competenze. L’umanizzazione rimane, quindi, la finalità ultima di ogni percorso educativo, così come si deduce dal discorso di Paolo VI al Pio IX . L’attualità del pensiero montiniano sorprende. Oggi, in un mondo frammentato, in cui il soggettivismo è imperante e i percorsi educativi hanno perso molto del loro equilibrio vitale, impostare un’educazione che privilegi la ricostituzione di un’unità interiore, in cui la fede faccia da principio unificatore della vita, ricondurrebbe la persona umana a riacquistare una personalità stabile e armonica, che possa “sentire” interiormente il proprio essere unico e originale, in un progetto di vita elevato oltre il finito. E ancora una volta, nel discorso di Papa Montini viene riconsegnato alla storia l’alto spessore spirituale e culturale della sua figura e del suo magistero. professore spiegava tenevo gli occhi di qua e di là». Tenete gli occhi fissi, tenete gli occhi aperti sui vostri libri e poi, e poi guardate. Sembrerà che quasi sia superfluo quello che io vi dico, ma non è. Tenete gli occhi aperti sul vostro Istituto: capitelo, vedete che cosa è, come è bello, come è amoroso, come tutto è rivolto al vostro bene; è una fortuna per voi. Vi accorgerete, figlioli, che qui siete immensamente amati, che siete serviti, che c’è della gente che potrebbe fare tante belle carriere, che ha rinunciato a tutto per voi, proprio per voi. Vi accorgerete che siete oggetto di questi sacrifici, di questo amore. E allora domanderei: se avete gli occhi aperti, avete anche il cuore aperto? Volete bene ai vostri «Fratelli», ai vostri «Maestri»? Sì... Ecco, non è vero? Se voi — e qui il discorso andrebbe ai più grandi — tenete gli occhi aperti sulle grandi verità della vita, può essere che voi siate attentissimi davvero, con gli occhi spalancati e fissi sui vostri strumenti meravigliosi, che guardiate in maniera incantevole i fenomeni della fisica e della chimica, le nuove leggi che vengono scoperte e applicate; potrebbe — ripeto — succedere che questa visione del mondo fisico, del mondo meccanico diventasse uno schermo per voi e che il vostro occhio si fermasse lì e non vedesse che macchine, che movimenti, che fenomeni fisici e chimici; non vedesse che il risultato economico, che può nascere dal lavoro che avete per le mani, e diceste: «Questo è tutto». Sareste ciechi, sareste miopi, cioè la vostra visione sarebbe incompleta, sarebbe come se uno vedesse al di fuori e non capisse che di là da questa scena del mondo fisico e chimico e dal mondo della natura che si squaderna c’è... c’è... che cosa c’è? [I giovani rispondono: D io]. Ah, lo sapete, ma, certamente, siete così bravi voi, voi che li usate questi strumenti; è spontaneo da parte vostra il dire: «Ma guarda che cosa ho incontrato qui...». Che cosa? Un ferro? No, un pensiero, perché ha una legge. E chi è che fa questa legge? Al di là di questo schermo fisico, chimico, che è del mondo della natura — che ci palesa le sue immense, bellissime, complicatissime leggi, di cui diventiamo padroni —, che c’è? Tenete gli occhi aperti! Guardate! Che cosa vuol dire intelligente? Intus legere, leggere dentro. Bisogna essere capaci di leggere dentro le cose, non soltanto il loro aspetto esterno, non soltanto la faccia esteriore, ma dentro. E allora sappiate che avete una grande vocazione davanti oh giovani! Quella di rifare... come dire: l’alleanza? L’amicizia? La concordia? L’armonia fra il mondo esteriore della meccanica, dell’industria e il mondo superiore della vita del pensiero, della vita spirituale, e della vita religiosa? Sì. E voi lo potete! Ecco perché vi dico: tenete gli occhi aperti. Voi avete la fortuna di essere in una casa che educa a questa visione interiore, che vi abitua a questa penetrazione. Voi conoscete i raggi che entrano e passano attraverso i corpi opachi. La vostra anima intelligente deve essere qualcosa di simile: leggere, attraverso l’opacità delle cose, quello che c’è dentro, quello che c’è sotto; troverete un mondo ancora più meraviglioso di quello che i vostri sensi vi presentano. Il mondo del mistero, il mondo sconfinato della realtà che non possiamo misurare, ma che ci viene incontro e che ci dice una parola che non avremmo mai potuto aspettare: chi è quel Dio che sta dietro questo schermo? Mistero! E chi invece mi insegna a leggere, a capire in una sola parola il suo cuore? È la religione di Cristo che vi dice: «Guarda, il Dio che sta al di là delle cose che vedi è un Dio che ti ama... È un Dio Padre!... È La vostra vocazione è quella di ricostruire l’armonia fra il mondo della meccanica e quello superiore della vita del pensiero un Dio che vuol venire in contatto, a colloquio con te». La vita diventa stupenda, diventa meravigliosa, e proprio voi che siete quasi candidati — direi — a servire la materia, siete chiamati più degli altri a indovinare, a leggere lo spirito. Siete chiamati a rendere questo grande servizio al mondo moderno: a ridargli un’anima, a ridargli un respiro, una capacità di preghiera e — diciamo tutto in una sola parola, che tutto conclude — ad essere e ritornare cristiano. Lo farete, cari figlioli? [I giovani rispondono: Sì] Bravi! E vedrete che la vita — ripeto — diventerà bella e interessante. Avrete qualche fatica: bisogna tenere l’anima insonne, sempre tesa verso queste realtà superiori, ma vedrete — come vi dicevo — che esse vi vengono incontro con un saluto di amore, di amicizia, di speranza che vi dice: «Ecco questa è la vita vera! La vita cristiana!». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 17 gennaio 2016 Il dialogo teologico con la Chiesa ortodossa Tra sinodalità e primato di ANDREA PALMIERI* Nell’anno appena trascorso, il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa portato avanti dalla Commissione mista internazionale ha continuato a concentrarsi sullo studio della questione cruciale del rapporto tra primato e sinodalità nella vita della Chiesa. La difficoltà di giungere alla pubblicazione di un nuovo documento comune che esprima una visione condivisa da cattolici e ortodossi sul modo in cui primato e sinodalità debba- logici e non solo su di una mera opportunità pratica finalizzata al buon funzionamento delle istituzioni ecclesiastiche. Una bozza di documento ispirata a questo tipo di approccio è stata criticata da alcuni membri della Commissione durante la sessione plenaria tenutasi ad Amman nel settembre 2014, in quanto essi ritenevano non corretto far dipendere lo sviluppo di tutte le istituzioni della vita della Chiesa a ogni suo livello direttamente da un modello teologi- Benedetto Pietrogrande, «L’incontro tra Paolo no concretamente articolarsi nella vita della Chiesa, soprattutto a livello universale, questione sollevata già dal documento approvato a Ravenna nel 2007, «Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione ecclesiale, conciliarità e autorità», è legata principalmente a due fattori. Innanzitutto, la tematica in oggetto è al cuore stesso del contenzioso storico tra cattolici e ortodossi, soprattutto per come si è sviluppato nel secondo millennio. Il lavoro della Commissione mista internazionale è in qualche modo condizionato da secoli di dispute e polemiche sulla questione del primato del vescovo di Roma, nel corso dei quali le posizioni si sono radicalizzate finendo con l’apparire quasi inconciliabili. Tali posizioni radicali sono spesso ancora vive nella coscienza di una parte di pastori e fedeli, che, per questo motivo, guardano con grande sospetto il lavoro della Commissione mista internazionale. Un’ulteriore causa è di ordine metodologico. In un primo momento, la Commissione ha preso in esame il tema del rapporto tra primato e sinodalità al livello della Chiesa universale con un approccio di tipo storico, cercando di descrivere, attraverso l’attenta analisi delle fonti storiche, patristiche e canoniche, quale fosse il ruolo del vescovo di Roma nella comunione della Chiesa durante il primo millennio. L’impossibilità di giungere a un’interpretazione comune delle fonti analizzate ha spinto alcuni membri della Commissione a proporre di rinunciare a una metodologia storica e di ricorrere a un approccio più teologico speculativo per mostrare come la necessità del primato e della sinodalità a livello universale, così come della loro reciproca correlazione, sia fondata su solidi principi teologici ed ecclesio- VI e Atenagora» co. In realtà, la contrapposizione tra metodologia storica e teologica è soltanto teorica. Se è vero che il primato appartiene all’essere della Chiesa così come è stata voluta da Dio, è altrettanto vero che lo sviluppo storico delle istituzioni ecclesiastiche non è privo di valore teologico. Poiché, per noi cristiani, il fatto che Dio si rivela nella storia è un dato di fede, dobbiamo saper cogliere i segni della sua presenza e della sua azione nella storia della Chiesa. Soltanto integrando i due approcci sarà possibile individuare, nella prassi secondo la quale il primato della Chiesa di Roma era esercitato nel primo millennio, alcuni elementi non solo ispirativi ma normativi sulla modalità di esercizio di un primato universale che possa essere accettato oggi sia dai cattolici che dagli ortodossi. Consapevole di queste difficoltà, durante la sessione plenaria di Amman, la Commissione aveva deciso di redigere un nuovo documento. La bozza preparata in quella sede, tuttavia, fu ritenuta non ancora pronta per la pubblicazione in quanto priva di un sufficiente approfondimento teologico. Per questo motivo, i membri della Commissione mista internazionale affidarono al Comitato di coordinamento il mandato di rivedere e completare il testo elaborato ad Amman. A tal fine, dal 25 al 27 giugno, ha avuto luogo a Roma una riunione di un Gruppo di redazione, composto da quattro membri cattolici e da altrettanti membri ortodossi (patriarcato ecumenico, patriarcato di Mosca, patriarcato di Romania, Chiesa di Cipro), il quale ha arricchito la bozza di documento, con i contributi precedentemente inviati ai due co-segretari dai membri della Commissione presenti alla suddetta plenaria. In seguito, dal 14 al 19 settembre, sempre a Roma si è tenuta la riunione del Comitato misto di coordinamento composto da nove membri cattolici e da altrettanti ortodossi sotto la presidenza del cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e del metropolita di Pergamo, Ioannis Zizioulas, del patriarcato ecumenico. Il Comitato di coordinamento ha completato lo studio della bozza di documento da sottoporre alla plenaria della Commissione mista internazionale, che si riunirà il prossimo settembre per valutare se le difficoltà precedentemente citate sono state superate e si potrà finalmente procedere alla pubblicazione del testo. Papa Francesco ha espresso il suo sostegno al lavoro della Commissione mista internazionale in un discorso pronunciato lo scorso 27 giugno, in occasione della tradizionale visita a Roma di una delegazione del patriarcato ecumenico per la festa dei santi Pietro e Paolo: «I problemi che si possono incontrare nel corso del dialogo teologico non devono indurre a scoraggiamento o rassegnazione. L’attento esame di come si articolano nella vita della Chiesa il principio della sinodalità ed il servizio di colui che presiede offrirà un contributo significativo al progresso delle relazioni tra le nostre Chiese». Il patriarca di Antiochia in vista del sinodo panortodosso Unità non divisioni AL-KURAH, 16. La tragica situazione in Siria, la paralisi istituzionale libanese, ma anche il grande sinodo panortodosso previsto a giugno: sono i principali argomenti affrontati nei giorni scorsi dai vescovi della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, riunitisi nel monastero di Nostra Signora di Balamand, nella contea amministrativa di Al-Kurah, nel nord del Libano. Alla riunione hanno partecipato presuli provenienti da vari Paesi del Medio oriente e dalle comunità della diaspora disseminate in altri continenti. Giovanni X (Yazigi), patriarca greco-ortodosso di Antiochia e di tutto l’Oriente, ha invitato le Chiese ortodosse — riferisce l’agenzia Fides — a custodire l’unità, evitando divisioni e spaccature. Solo in questo modo il sinodo panortodosso potrà essere «occasione propizia per offrire al mondo moderno una testimonian- za unitaria e all’altezza delle urgenze del nostro tempo». Chiaro il riferimento alle difficoltà procedurali e alle divisioni che continuano ad affiorare tra le varie anime dell’ortodossia, condizionando pesantemente la preparazione dell’evento convocato nel marzo 2014 dai primati riuniti a Istanbul su invito del patriarca ecumenico Bartolomeo. In tal senso, un segnale positivo è da considerare la “pace” firmata mercoledì al Fanar tra patriarcato ecumenico e Chiesa ortodossa delle Terre ceche e di Slovacchia, alle prese con uno scisma interno. Grazie a colloqui condotti dal metropolita di Pergamo, Ioannis (Zizioulas), Costantinopoli ha riconosciuto il metropolita Rastislav come primate, dopo che quest’ultimo ha chiesto perdono per dichiarazioni contro il patriarcato ecumenico e il popolo greco. Il Santo Padre è quindi tornato a parlare del rapporto tra sinodalità e primato, intervenendo alla commemorazione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del sinodo dei vescovi, lo scorso 17 ottobre, con alcune pregnanti considerazioni: «Sono persuaso che, in una Chiesa sinodale, anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore luce. Il Papa non sta, da solo, al di sopra della Chiesa; ma dentro di essa come battezzato tra i battezzati e dentro il collegio episcopale come vescovo tra i vescovi, chiamato al contempo — come Successore dell’apostolo Pietro — a guidare la Chiesa di Roma che presiede nell’amore tutte le Chiese». Il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa ha trovato un ulteriore motivo di incoraggiamento nella commemorazione del cinquantesimo anniversario della rimozione dalla memoria e dal mezzo della Chiesa delle sentenze delle scomuniche scambiate reciprocamente dalla Chiesa di Roma e dalla Chiesa di Costantinopoli nel 1054, anniversario che ricorreva il 7 dicembre. Questo significativo evento, che può essere giustamente considerato come una pietra miliare del cosiddetto dialogo della carità, è stato ricordato nei messaggi di Papa Francesco e del patriarca ecumenico Bartolomeo durante la visita al Fanar della delegazione della Santa Sede per la festa di sant’Andrea, patrono della Chiesa di Costantinopoli, il 30 novembre. Facendo memoria del coraggioso gesto compiuto dal beato Paolo VI e dal patriarca Atenagora, con il quale la logica dell’antagonismo, della diffidenza e dell’ostilità, simboleggiata dalle scomuniche reciproche, è stata sostituita dalla logica dell’amore e della fratellanza, rappresentata dal nostro abbraccio fraterno, il Santo Padre affermava che «avendo ristabilito una relazione di amore e fratellanza, in uno spirito di fiducia reciproca, di rispetto e di carità, non c’è più alcun impedimento alla comunione eucaristica che non possa essere superato attraverso la preghiera, la purificazione dei cuori, il dialogo e l’affermazione della verità». Da parte sua, il patriarca Bartolomeo, dopo aver sottolineato l’importanza del dialogo dell’amore sempre più intenso tra cattolici e ortodossi, così si esprimeva a riguardo del dialogo della verità: «Riconosciamo e ammettiamo le difficoltà che questo dialogo sta attraversando, specialmente nella sua fase attuale, in cui vengono esaminate questioni spinose come il primato nella Chiesa; tuttavia, siamo incoraggiati dal costatare che sono state già gettate fondamenta solide e adeguate per risolvere la questione con lo straordinario testo congiunto di Ravenna, che crea il contesto e le condizioni per l’esercizio del primato nella Chiesa, che è un primato di servizio, radicato nella natura stessa della Chiesa, ed estremamente necessario per lo svolgimento del suo ministero nel mondo». Mentre il dialogo teologico prosegue il suo lavoro, è motivo di grande speranza il fatto che cattolici e ortodossi camminino già insieme nell’offrire una comune testimonianza di impegno a favore della cura del creato. Da questo punto di vista, ha una straordinaria importanza ecumenica il fatto che, nell’enciclica Laudato si’, Papa Francesco abbia voluto ricordare, come esemplare, l’impegno del patriarca ecumenico Bartolomeo per la cura del creato (cfr. Laudato si’, n. 8-9). Inoltre, il Santo Padre, con una lettera indirizzata, oltre che al cardinale Koch, al cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, il 6 agosto, ha istituito la Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato da celebrarsi ogni anno il 1° settembre, come avviene nel patriarcato ecumenico già da molti anni. Malgrado le difficoltà sopra descritte, resta, dunque, viva la speranza che questo dialogo porterà, a suo tempo e con le sue modalità, frutti abbondanti sul cammino verso la piena e visibile unità di tutti i cristiani. *Sotto-segretario del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani Durante la Quaresima In preghiera a Roma con i fratelli di Taizé TAIZÉ, 16. Durante la Quaresima, dall’11 febbraio al 19 marzo, in occasione dell’Anno santo della misericordia, alcuni fratelli di Taizé animeranno, a Roma, una preghiera meditativa con i canti della comunità. Gli incontri avranno luogo due volte al giorno, alle 12 e alle 17, tutti i giorni della settimana a eccezione della domenica, nella basilica di San Giovanni Battista de’ Fiorentini, in piazza dell’Oro 1, vicino a ponte Vittorio Emanuele II. È una delle tre chiese scelte dagli organizzatori del giubileo come luo- go di preparazione per i fedeli, in gruppo o individualmente, prima di compiere il pellegrinaggio verso la porta santa della basilica di San Pietro. I fratelli della comunità — riferisce un comunicato — saranno lieti se giovani fra i 18 e i 30 anni, che conoscono i canti di Taizé, potessero unirsi a loro per qualche giorno e aiutare nell’animazione della preghiera. Per informazioni l’indirizzo di posta elettronica è [email protected] con oggetto «Roma 2016». Proposta del primo ministro Borisov Bisogna formare i futuri imam in Bulgaria SOFIA, 16. Il primo ministro bulgaro, Boyko Borisov, ha esortato il Parlamento a creare una succursale ufficiale per l’insegnamento superiore dell’islam, al fine di evitare che gli imam vengano formati all’estero. «Invece di nascondere la testa sotto la sabbia come fanno gli struzzi, bisogna discutere su dove e come vengono formati i leader musulmani bulgari», ha sottolineato il primo ministro Borisov ai deputati. «Anche se abbiamo centinaia di migliaia di musulmani, gran parte di loro (imam e mufti) sono supportati dalla Turchia». Dopo cinque secoli di dominio ottomano (XIV-XIX secolo), in Bulgaria — ricorda l’agenzia di stampa Afp — vive la più grande minoranza turca nei Balcani, circa il 10 per cento della popolazione su 7,3 mi- Iniziativa Moschee aperte Il vero volto dell’islam in Francia PARIGI, 16. È stata un successo l’iniziativa Moschee aperte svoltasi lo scorso fine settimana in Francia. Secondo Anouar Kbibech, presidente del Consiglio francese del culto musulmano (Cfcm), intervistato dal quotidiano «Le Figaro», circa il 75 per cento dei luoghi di culto aderenti alla federazione ha aderito: «Ogni moschea ha ricevuto la visita di un numero di persone variante fra cento e trecento unità, e tutti coloro che ho potuto sentire hanno mostrato gioia per la riuscita delle due giornate». La volontà era approfondire la reciproca conoscenza, mostrare la vera faccia dell’islam a dispetto di quella distorta, deturpata dai crimini degli estremisti ed enfatizzata dai mezzi di comunicazione. Una sorta di “operazione trasparenza” che il Cfcm ha deciso di ripetere ogni anno. lioni di abitanti. Con i pomacchi (bulgari convertiti all’islam) e parte dei rom, i musulmani costituiscono, secondo le stime, il 13 per cento della popolazione, il tasso più alto dell’Unione europea. Sofia ha già un Istituto superiore islamico, ma le sue credenziali non sono riconosciute dallo Stato. Molti imam e mufti quindi beneficiano di borse di studio di laurea messe a disposizione da Turchia, Arabia Saudita e Giordania. Il riconoscimento ufficiale dell’Istituto, fondato nel 1999, permetteva, secondo il Governo, di controllarne l’insegnamento e di evitare che molti musulmani venissero formati all’estero. In una recente dichiarazione, il gran muftì di Bulgaria, Mustafa Hadji, aveva anche chiesto «data la difficile situazione internazionale, l’accreditamento immediato dell’Istituto superiore Islamico, nell’interesse dell’intera società bulgara». Nel 2013, tredici leader musulmani bulgari, molti dei quali hanno studiato in Arabia Saudita e in Giordania, sono stati accusati di «diffusione dell’ideologia salafita per imporre il califfato». Tuttavia i fatti non sono stati provati e solo un imam è stato condannato a due anni di carcere. Dalla fine del regime comunista, nel 1990, in Bulgaria sono state erette decine di moschee grazie ai finanziamenti provenienti dalla Turchia e dell’Arabia Saudita. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 17 gennaio 2016 pagina 7 Nella Giornata del migrante e del rifugiato celebrazione giubilare a Lampedusa Porta d’Europa e di misericordia AGRIGENTO, 16. Da porta d’Europa a porta santa della misericordia. Lampedusa, sospirata terra d’approdo nelle disperate rotte dei migranti del Nord Africa e del Medio oriente in fuga da fame e guerre, diventa in queste ore uno dei luoghi privilegiati del giubileo. Con la celebrazione dei primi vespri, il cardinale arcivescovo di Agrigento, Francesco Montenegro, apre la porta santa nel santuario della Madonna di Porto Salvo. L’occasione è data dalla Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si tiene domenica. Nella mattina, alla “Porta d’Europa”, il monumento innalzato in memoria dei migranti morti in mare e scelto dal cardinale Montenegro come luogo giubilare, è prevista una sosta di preghiera e di riflessione sul tema della Giornata: «Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia». Successivamente, nel corso della messa, è prevista la consegna alla comunità di Lampedusa del Crocifisso, formato da remi di barche, regalato dal presidente Raúl Castro al Papa durante il suo viaggio apostolico a Cuba. I lampedusani sono stati «sempre accoglienti nei riguardi di chi arrivava nell’isola dalla terra africana. Allora, se quella porta i lampedusani l’hanno sempre aperta, ecco, forse è opportuno continuare a tenerla aperta perché ci si renda conto che la storia ha bisogno di cambiare un po’, ha bisogno di caricarsi più di umano», ha sottolineato il cardinale Montenegro ai microfoni di Radio vaticana. Il porporato ha poi spiegato che «vicino al santuario ci sono delle grotte, dove si radunavano cristiani e musulmani per pregare. È un luogo speciale, dove gli uomini si sono incontrati e insieme hanno guardato il cielo. Aprire la porta santa di quel santuario è desiderare che tutti ci sentiamo coinvolti in questa storia che apre il cuore a Dio e ai fratelli». Così, l’apertura di una porta santa a Lampedusa, prosegue Montenegro, «è un monito che si fa prima ai credenti», perché «probabilmente, noi credenti ancora dobbiamo fare dei passi in avanti, perché anche noi qualche volta siamo presi dalla paura. Se noi riusciamo a cambiare il cuore e aprire la porta del cuore, la storia già sta cambiando. Se poi questo segno, che vale per noi credenti, è un segno che gli altri possono e vogliono leggere, ecco che allora è una possibilità data a tutti di aprire, ripeto, la porta del cuore per andare incontro e per accogliere chi viene». Proprio alla vigilia della Giornata del migrante, il Consiglio delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee) ha intanto diffuso i risultati di un’indagine condotta tra gli episcopati di 24 Paesi europei. Lo studio, realizzato nell’autunno 2015 in collaborazione con la Commissione internazionale cattolica per le migrazioni, ha avuto come scopo — spiega un comunicato del Ccee — quello di tracciare un quadro della risposta della Chiesa all’attuale crisi migratoria e condividere idee su possibili nuove risposte concrete. Emerge così che «la Chiesa in Europa ha risposto in maniera positiva ai bisogni urgenti di rifugiati e migranti». La ricerca constata, infatti, che anche «a seguito dell’invito di Papa Francesco e visti i bisogni urgenti di migranti e rifugiati, la Chiesa in Europa ha mostrato una grande apertura e ha sviluppato modalità concrete per accogliere lo straniero». Si tratta di iniziative di «aiuto immediato a coloro che si trovano maggiormente nel bisogno e varie azioni a lungo termine volte a facilitare l’integrazione». Nella maggior parte dei Paesi europei, inoltre, la Chiesa collabora con le autorità e porta avanti la sua azione in collaborazione con gli Stati. «La sua competenza è volta a informare meglio e a sviluppare politiche che contribuiscano alla coesione sociale e allo sviluppo». I vescovi europei ricordano poi quante volte insieme a Papa Francesco si siano rivolti alla comunità internazionale, «richiamandola a fare tutto il possibile per instaurare pace e stabilità». Infatti, «la guerra e il conflitto rimangono tra le cause maggiori dell’attuale crisi dei rifugiati» e «senza una chiara volontà politica che miri al raggiungimento della pace e a una migliore comprensione della solidarietà e dello sviluppo globale, la crisi attuale porterà inevitabilmente a un ulteriore aumento delle tensioni, della paura e della violenza». Messaggio dei vescovi del coordinamento delle conferenze episcopali per la Chiesa in Terra santa Determinati a dare voce ai senza voce GERUSALEMME, 16. «Voi non siete dimenticati»: è questo il messaggio che i vescovi del Coordinamento delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra santa (Holy Land Coordination, Hlc), composto da presuli di Stati Uniti, Unione europea, Canada e Sud Africa, hanno diffuso al termine della loro visita alle comunità cristiane di Gaza, Betlemme e ai rifugiati iracheni e siriani in Giordania. Nel comunicato — riferisce Sir — i vescovi si dicono «determinati a dare voce ai senza voce. La violenza rende ancora più urgente che ci si ricordi e si assistano tutti, specialmente quelli ai margini, che cercano di vivere nella giustizia e nella pace». Il ricordo dei presuli va a coloro che, nella guerra di Gaza del 2014, hanno perso la casa e sono rimasti traumatizzati. Nonostante qualche “segno di speranza”, «il blocco continua a rendere la loro vita disperata. La capacità di tanti cristiani e musulmani nel sostenersi a vicenda in questa situazione è un segno visibile di speranza un esempio per tutti noi». Profughi cristiani di origine irachena ospitati in una chiesa «Voi non siete dimenticati» è rivolto anche alla comunità cristiana di Beit Jala, dove «la confisca della terra e l’espansione del muro di separazione nella valle di Cremisan, minano ulteriormente la presenza in Terra santa. Presenteremo la vostra grave situazione a livello nazionale e internazionale». I leader politici di tutto il mondo — rimarcano i vescovi — devono mettere maggiore energia nella ricerca di una soluzione diplomatica nel conflitto israelo-palestinese in modo che i due popoli e le tre fedi possa- no vivere insieme in giustizia e pace. Momento focale della visita di quest’anno è stato l’incontro con i rifugiati cristiani in Giordania. I vescovi hanno avuto modo di parlare con loro e ascoltare le loro storie. «Per la maggior parte, il ritorno a casa non è più un’opzione. La Giordania — scrivono i presuli — sta lottando per far fronte a quasi un quarto della sua popolazione ora composta da rifugiati. Gli sforzi della Chiesa locale e delle ong nell’aiutare tutti i rifugiati sono significativi e lodevoli, ma la comunità internazionale deve fare di più per alleviare le loro sofferenze e lavorare per la pace». Un pensiero va anche ai sacerdoti, alle comunità religiose e ai laici della Chiesa in Giordania, definita «vivace e in crescita» sebbene i cristiani «siano timorosi per l’estremismo crescente nella regione. Si spera — concludono i vescovi — che l’accordo globale tra Santa Sede e Stato di Palestina ci offra un modello di dialogo e di cooperazione tra gli Stati che rispetti e preservi la libertà di religione e di coscienza per tutti i popoli». Il nunzio apostolico sulla situazione in Siria Va garantito il rispetto dei diritti umani DAMASCO, 16. «Ammetto che vi possano essere delle difficoltà ma l’uso strumentale della fame e della sete, come arma di guerra, è inammissibile, è un crimine, una vergogna, e mi meraviglio che i media internazionali ne parlino solo ora»: non usa mezzi termini il nunzio apostolico in Siria, arcivescovo Mario Zenari, per denunciare le gravi violazioni perpetrate da troppo tempo in territorio siriano. «Vi sono realtà — racconta il presule, interpellato da AsiaNews — in cui la gente da oltre un anno muore di fame, mentre alle porte di villaggi e città vi sono camion carichi di cibo, latte, medicine». Il riferimento è a località sotto assedio come Madaya (dove giovedì è giunta la seconda carovana di aiuti), Foah e Kefraya, al campo profughi di Yarmouk, alle porte di Damasco. «Una situazione — avverte — che va risolta eliminando alla radice il conflitto», poiché «una soluzione politica al conflitto siriano si può trovare anche domani, fra un mese, ma i diritti umani riconosciuti a livello internazionale vanno garantiti e rispettati». Monsignor Zenari ha invitato la stampa mondiale a «prestare maggiore attenzione alla questione umanitaria, un problema impellente che va risolto subito». Riferendosi a Madaya, che in questi giorni ha guadagnato le prime pagine dei giornali, il presule si dice «meravigliato» che l’attenzione dei media sia arrivata solo ora: «Da mesi le Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme nella zona, così come a soli sette chilometri dalla capitale continua a consumarsi la vergogna di Yarmouk», una sorta di prigione a cielo aperto, un campo profughi in condizioni disperate. In questo contesto difficile, il nunzio apostolico approva e incoraggia gli sforzi di quanti operano per sbloccare situazioni a rischio. In tal senso l’ingresso di aiuti a Madaya, Foah e Kefraya «sono segnali positivi sul piano umanitario» (anche il vicario apostolico di Alep, Georges Abou Khazen, ha parlato al riguardo di «piccoli segni di incoraggiamento e di speranza»). Va riconosciuto — ha sottolineato Zenari — il lavoro di Onu, Croce rossa e Mezzaluna rossa che, «con costanza e senza fare rumore, hanno lavorato per giungere a questi accordi e garantire l’ingresso di aiuti». Così come lo sforzo profuso dalla Chiesa e dai singoli sacerdoti, suore, religiosi che, «grazie alla loro presenza sul posto, restano un punto di riferimento importante a livello umanitario». Incontro promosso dal contingente italiano in Libano I caschi blu e il dialogo interreligioso BEIRUT, 16. Un summit interconfessionale che ha coinvolto le maggiori autorità religiose del sud del Libano — area di responsabilità della missione Unifil (United Nations Interim Force in Lebanon) — è stato organizzato nei giorni scorsi dal contingente italiano nella base della Brigata Alpina Taurinense di stanza a Shama. Hanno aderito all’iniziativa — riferisce una nota dello stesso contingente italiano — il mufti sciita di Tiro, Hassan Abdullah, il mufti sunnita, Medrar Al Habbal, l’arcivescovo di Tiro dei GrecoMelkiti, Michel Abrass, e l’arcivescovo di Tiro dei Maroniti, Chucrallah-Nabil El-Hage, che «in un clima sereno e cordiale hanno affrontato svariati argomenti convenendo tutti sull’importanza del dialogo e della convivenza pacifica tra i diversi culti». Il comandante del Sector West, generale Franco Federici, ha sottolineato come nel sud del Libano, caratterizzato da multiculturalismo e interconfessionalità, si respiri grande armonia. Ciò anche grazie all’impegno dell’Unifil e del contingente italiano, molto attento a promuovere e a stimolare il dialogo tra le confessioni. Tante sono, infatti, le dimostrazioni di rispetto degli uni verso gli altri: solo per citare un esempio, nelle recenti festività natalizie, i rappresentanti musulma- ni si sono recati nei villaggi cristiani per gli auguri, cosa che si ripete in maniera vicendevole. «Il nostro auspicio — ha concluso il generale Federici — è che questa armonia tra confessioni possa andare oltre i confini del Libano». L’incontro interreligioso era finalizzato a migliorare la collaborazione con i leader spirituali presenti nell’area di operazioni del Sector West per calibrare sempre più efficacemente la cooperazione e il supporto alla popolazione civile del sud del Paese. Le autorità intervenute hanno rivolto apprezzamento e gratitudine ai caschi blu italiani, per il contributo fornito al mantenimento della stabilità e della sicurezza nell’area: «Il periodo di stabilità che si vive in questa parte del Paese — hanno osservato — è uno dei più lunghi che si ricordi nella nostra storia recente. La convivenza in Libano è un valore irrinunciabile». Le unità dell’Unifil, su richiesta del Governo libanese, agiscono come “forze cuscinetto”. L’Italia, allo scopo di contribuire all’incremento del pacchetto di forze a disposizione, partecipa appunto alla missione internazionale con l’operazione denominata in ambito nazionale «Leonte». Dal 24 luglio 2014 al comando della forza Onu in Libano c’è il generale di divisione Luciano Portolano. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 17 gennaio 2016 Fortunato Depero «Lavoratori» (1925-1939, particolare) Con il Movimento cristiano lavoratori il Papa denuncia l’illegalità che porta alla corruzione Per un nuovo umanesimo del lavoro «Dobbiamo formare, educare a un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo»: lo ha ribadito Papa Francesco ricevendo in udienza sabato mattina, 16 gennaio, nell’Aula Paolo VI, dirigenti e aderenti al Movimento cristiano lavoratori. Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Vi accolgo con piacere e ringrazio il Presidente per le parole che mi ha indirizzato. Rivolgo un fraterno benvenuto ai Pastori che hanno voluto essere presenti con voi, e alcuni di loro venendo anche da lontano. Saluto tutti voi e ringrazio i due rappresentanti, Maria e Giovanni, per le testimonianze che hanno scritto. Nella sua testimonianza, Maria accennava alla vostra vocazione, par- lando di “vocazione del lavoro”. È vero: il lavoro è una vocazione, perché nasce da una chiamata che Dio rivolse fin dal principio all’uomo, perché “coltivasse e custodisse” la casa comune (cfr. Gen 2, 15). Così, nonostante il male che ha corrotto il mondo e anche l’attività umana, «nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 192). Come possiamo ri- Dalla parte dei disoccupati «Dalla parte dei lavoratori e di chi il lavoro non riesce a trovarlo»: ecco il biglietto da visita che il Movimento cristiano lavoratori ha presentato stamani al Papa. «La storia di questa associazione ecclesiale — ha spiegato il presidente Carlo Costalli — è scritta alla luce dell’impegno di testimonianza evangelica di tutti coloro che vi appartengono» e «il cammino quotidiano si ispira alla parola di Dio e al magistero sociale della Chiesa». Dunque, ha rilanciato Costalli, incontrare Francesco è «il modo per riprendere ossigeno e dare senso all’impegno che ci attende al servizio della gente che lavora, dei giovani» ma anche «delle persone trascurate dalla società, delle povertà reali e di chi non trova ascolto in un mondo che ha sempre fretta». Di recente, ha ricordato il presidente, l’attenzione del movimento si è rivolta verso la Terra santa, aiutando le opere educative e le giovani famiglie. E proprio il patriarca Twal attraverso un videomessaggio ha lanciato un appello durante l’udienza: «Venite a Gerusalemme! Rimaniamo Chiesa un po’ del calvario, un po’ della sofferenza, ma siamo Chiesa della speranza: uniti nella solidarietà e nella preghiera al Papa». Parlando di accoglienza, Twal ha ricordato che «a Gerusalemme abbiamo tanti rifugiati siriani, iracheni: tocca a noi dare speranza, una famiglia, un tetto, la gioia di vivere, l’educazione». Inoltre, ha aggiunto Costalli, «ci siamo inoltre fatti carico di sostenere il centro per il dialogo a Sarajevo e altre iniziative in Romania, Moldavia e nel sud del mondo». Due testimonianze, poi, hanno presentato a Francesco altrettante «fotografie» del movimento. E così Maria ha posto l’accento su «educazione» e «vocazione» al lavoro, mentre Giovanni ha illustrato i concreti progetti di testimonianza e condivisione del servizio civile. spondere bene a questa vocazione, che ci chiama ad imitare attivamente l’instancabile opera del Padre e di Gesù che, dice il Vangelo, “agiscono sempre” (cfr. Gv 5, 17)? Vorrei suggerirvi tre parole, che possono aiutarci. La prima è educazione. Educare significa “trarre fuori”. È la capacità di estrarre il meglio dal proprio cuore. Non è solo insegnare qualche tecnica o impartire delle nozioni, ma rendere più umani noi stessi e la realtà che ci circonda. E questo vale in modo particolare per il lavoro: occorre formare a un nuovo “umanesimo del lavoro”. Perché viviamo in un tempo di sfruttamento dei lavoratori; in un tempo, dove il lavoro non è proprio al servizio della dignità della persona, ma è il lavoro schiavo. Dobbiamo formare, educare ad un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo. Un altro aspetto è importante: educare aiuta a non cedere agli inganni di chi vuol far credere che il lavoro, l’impegno quotidiano, il dono di sé stessi e lo studio non abbiano valore. Aggiungerei che oggi, nel mondo del lavoro — ma in ogni ambiente — è urgente educare a percorrere la strada, luminosa e impegnativa, dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccoman- dazioni. Qui sotto c’è la corruzione. Ci sono sempre queste tentazioni, piccole o grandi, ma si tratta sempre di “compravendite morali”, indegne dell’uomo: vanno respinte, abituando il cuore a rimanere libero. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva, che va combattuta: quella dell’illegalità, che porta alla corruzione della persona e della società. L’illegalità è come una piovra che non si vede: sta nascosta, sommersa, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando e facendo tanto Udienza alla delegazione del Patriarcato serbo-ortodosso Nella mattina di sabato 16 gennaio il Papa ha ricevuto in udienza una delegazione del Patriarcato serbo-ortodosso. Accompagnata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e dal domenicano Hyacinthe Destivelle, assistente per la sezione orientale del dicastero, la delegazione era formata dalle Loro Eminenze, Amfilohije, metropolita del Montenegro e del Litorale, e Irinej, vescovo di Novi Sadr e di Backa, e dal professor Darko Tanaskovic, già ambasciatore di Serbia presso la Santa Sede. male. Educare è una grande vocazione: come san Giuseppe addestrò Gesù all’arte del falegname, anche voi siete chiamati ad aiutare le giovani generazioni a scoprire la bellezza del lavoro veramente umano. La seconda parola che vorrei dirvi è condivisione. Il lavoro non è soltanto una vocazione della singola persona, ma è l’opportunità di entrare in relazione con gli altri: «Qualsiasi forma di lavoro presuppone un’idea sulla relazione che l’essere umano può o deve stabilire con l’altro da sé» (Lett. enc. Laudato si’, 125). Il lavoro dovrebbe unire le persone, non allontanarle, rendendole chiuse e distanti. Occupando tante ore nella giornata, ci offre anche l’occasione per condividere il quotidiano, per interessarci di chi ci sta accanto, per ricevere come un dono e come una responsabilità la presenza degli altri. Giovanni ha parlato, nella sua testimonianza scritta, di una forma di condivisione che si attua nel vostro Movimento: i “progetti di Servizio Civile”, che vi consentono di avvicinare persone e contesti nuovi, facendone vostri i problemi e le speranze. È importante che gli altri non siano solo destinatari di qualche attenzione, ma di veri e propri progetti. Tutti fanno progetti per sé stessi, ma progettare per gli altri permette di fare un passo avanti: pone l’intelligenza a servizio dell’amore, renden- Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano una rappresentanza pontificia e la Chiesa in Cina. Luigi Pezzuto nunzio apostolico nel Principato di Monaco Videomessaggio a un congresso continentale svoltosi in Brasile Educati alla cultura dell’incontro Creare una cultura dell’incontro tra i giovani. Lo ha chiesto Papa Francesco in un videomessaggio inviato ai partecipanti del XXIV congresso interamericano di educazione cattolica, che si è svolto a San Paolo del Brasile, dal 13 al 15 gennaio. «In un mondo in cui al centro dell’organizzazione mondiale non c’è l’uomo ma la paura — ha detto il Pontefice parlando in spagnolo — l’educazione sta diventando sempre più elitaria», limitandosi a «dare contenuti nozionistici, in modo che non includa tutta la sfera umana, perché la persona, per sentirsi tale, deve sentire, deve pensare, deve fare». Il Papa ha riconosciuto che il lavoro degli educatori è molto grande. Essi soffrono, in generale, l’ingiustizia più grande, perché sono malpagati. O meglio, non c’è coscienza del bene che possono fare. Poi ha fatto riferimento alla necessità di aprire il piano educativo verso la cultura dell’incontro: che «i giovani si incontrino tra di loro — ha auspicato — e sappiano sentire, sappiano lavorare insieme, a qualsiasi religione appartengano, di qualsiasi etnia siano, da qualsiasi cultura provengano». Perché, solo così, «l’educazione insegna a incontrare la gente e a portare avanti opere che rechino frutto». Al riguardo, ha ricordato il lavoro promosso a Buenos Aires dalla «Escuela de vecinos», maturato oggi nell’associazione che si chiama «Scholas occurrentes», che sta «aprendo cammini, attraverso lo sport e l’arte». Infatti, ha constatato, «lo sport educa in quello che è il lavoro di squadra. L’arte educa, il dialogo educa». Il Papa ha poi chiesto di proseguire su questa strada, di non chiudersi a nuove proposte, anche a quelle audaci di educazione. «Essere educatore — ha aggiunto — è quello che ha fatto Gesù: ci ha educati. Contro tutto un sistema educativo, dei dottori della Legge, della rigidezza», come si narra nel capitolo 23 del Vangelo di Matteo, Cristo «ci educa in altro modo, attraverso un altro stile. Ci educa in due colonne molto grandi: le beatitudini, al principio del Vangelo, e il protocollo sul quale saremo giudicati», come recita il capitolo 25 sempre dell’evangelo di Matteo. Con un incontro internazionale in Vaticano Si chiude l’Anno della vita consacrata «Vita consacrata in comunione. Il fondamento comune nelle diversità delle forme»: è il tema dell’appuntamento conclusivo dell’Anno della vita consacrata, che si svolgerà a Roma, dal 28 gennaio al 2 febbraio. Promosso dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, l’incontro vuole essere un’occasione per conoscere meglio il grande e variegato mondo della vita consacrata nella diversità delle forme: Ordo virginum, vita monastica, istituti apostolici, istituti secolari, nuovi istituti e nuove forme. Si tratta di sei giorni di seminari, veglie di preghiera, riflessioni e dibattiti per ritrovarsi in- sieme e approfondire lo specifico di ogni forma, con lo sguardo rivolto al futuro. L’appuntamento inizierà con una veglia di preghiera, domenica pomeriggio, 28 gennaio, nella basilica di San Pietro. Il giorno seguente, nell’Aula Paolo VI, si terrà un colloquio in cui interverranno il cardinale Braz de Aviz e l’arcivescovo Rodríguez Carballo, rispettivamente, prefetto e segretario. Nei due giorni successivi si terranno incontri e dibattiti. Martedì 2 febbraio, festa della presentazione del Signore, nella basilica vaticana, Francesco presiederà la concelebrazione eucaristica a conclusione dell’Anno della vita consacrata. do la persona più integra e la vita più felice, perché capace di donare. L’ultima parola che vorrei consegnarvi è testimonianza. L’apostolo Paolo incoraggiava a testimoniare la fede anche mediante l’attività, vincendo la pigrizia e l’indolenza; e diede una regola molto forte e chiara: «Chi non vuol lavorare, neppure mangi» (2 Ts 3, 10). Anche in quel tempo c’erano quelli che facevano lavorare gli altri, per mangiare loro. Oggi, invece, ci sono persone che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono, e faticano persino a mangiare. Voi incontrate tanti giovani che non lavorano: davvero, come avete detto, sono “i nuovi esclusi del nostro tempo”. Pensate che in alcuni Paesi dell’Europa, di questa nostra Europa, tanto colta, la gioventù arriva al 40 per cento di disoccupazione, 47 per cento in altri Paesi, 50 per cento in altri. Ma cosa fa un giovane che non lavora? Dove finisce? Nelle dipendenze, nelle malattie psicologiche, nei suicidi. E non sempre si pubblicano le statistiche dei suicidi giovanili. Questo è un dramma: è il dramma dei nuovi esclusi del nostro tempo. E vengono privati della loro dignità. La giustizia umana chiede l’accesso al lavoro per tutti. Anche la misericordia divina ci interpella: di fronte alle persone in difficoltà e a situazioni faticose — penso anche ai giovani per i quali sposarsi o avere figli è un problema, perché non hanno un impiego sufficientemente stabile o la casa — non serve fare prediche; occorre invece trasmettere speranza, confortare con la presenza, sostenere con l’aiuto concreto. Vi incoraggio a dare testimonianza a partire dallo stile di vita personale e associativo: testimonianza di gratuità, di solidarietà, di spirito di servizio. Il discepolo di Cristo, quando è trasparente nel cuore e sensibile nella vita, porta la luce del Signore nei posti dove vive e lavora. Questo vi auguro, mentre vi chiedo scusa per il ritardo: avete pazienza, voi! Ma le udienze [del mattino] si sono allungate. E benedico tutti voi, le vostre famiglie e il vostro impegno. Per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Grazie. Nato a Squinzano, nell’arcidiocesi di Lecce, il 30 aprile 1946, è stato ordinato sacerdote il 25 settembre 1971. Si è incardinato a Lecce. È laureato in teologia. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il 1° aprile 1978, ha prestato la propria opera presso le rappresentanze pontificie in Ghana, Paraguay, Papua Nuova Guinea, Brasile, Senegal, Rwanda e Portogallo. Incaricato d’Affari ad interim nelle nunziature in Congo e Gabon dal 18 ottobre 1995 al 7 dicembre 1996, in quest’ultima data è stato promosso nunzio apostolico nelle medesime rappresentanze ed eletto alla sede titolare di Torre di Proconsolare con dignità di arcivescovo. Il 6 gennaio 1997 ha ricevuto l’ordinazione episcopale. Il 22 maggio 1999 è stato trasferito alla nunziatura in Tanzania e il 2 aprile 2005 a quella in El Salvador. Il successivo 7 maggio è divenuto anche nunzio in Belize. Dal 17 novembre 2012 era nunzio apostolico in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro e in tale veste ha ricevuto il 6 giugno scorso Papa Francesco in visita a Sarajevo. Stephen Lee Bun-sang vescovo di Macau (Cina) Nato a Hong Kong il 10 novembre 1956, dopo avervi ultimato gli studi secondari ha frequentato l’università in Inghilterra, prima all’Oxford Polytechnic (1976-1977) e poi alla School of Architecture di Londra, conseguendo la laurea nel 1981. Successivamente, ha esercitato la professione di architetto a Londra e a Hong Kong. Lasciato l’impiego, ha intrapreso gli studi filosofici nel seminario internazionale dell’O pus Dei a Roma e ha ultimato la formazione teologica nel Collegio romano della Santa croce. Il 20 agosto 1988 è stato ordinato sacerdote nel santuario di Torreciudad (Huesca, Spagna) per il clero della prelatura personale dell’Opus Dei. Ha discusso la tesi dottorale in diritto canonico nell’Università di Navarra con una dissertazione dal titolo: Relaciones Iglesia-Estado en la República Popular China. Dal 1991 è difensore del vincolo presso il tribunale diocesano di Hong Kong e ha svolto il ministero pastorale in vari centri di formazione e scuole della prelatura fondata da san Josemaría Escrivá de Balaguer. Nel 1994 è stato nominato direttore della scuola cattolica Tak Sun di Hong Kong, svolgendo il ministero pastorale presso la Holy Family Chapel. Nel 2011 è stato nominato vicario dell’Opus Dei per l’Asia orientale. L’11 luglio 2014 è stato nominato vescovo titolare di Nove e ausiliare di Hong Kong. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 30 agosto nella cattedrale di Hong Kong per le mani del cardinale John Tong Hon. E come ausiliare ha coordinato la pastorale della famiglia, la pastorale scolastica, la catechesi, la formazione dei laici, il comitato diocesano di bioetica, la commissione liturgica, l’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali.
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