L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLVI n. 12 (47.147)
Città del Vaticano
domenica 17 gennaio 2016
.
Il Papa denuncia la piaga della disoccupazione giovanile
Sempre più drammatica la condizione dei siriani assediati
Per un umanesimo del lavoro
L’arma
della fame
E chiede di combattere l’illegalità che porta alla corruzione
«Formare, educare a un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e
non il profitto, sia al centro; dove
l’economia serva l’uomo e non si serva dell’uomo»: è quanto ha auspicato Papa Francesco ricevendo stama-
ne, sabat0 16 gennaio, nell’aula Paolo VI, dirigenti e membri del Movimento cristiano lavoratori.
Nel suo discorso il Pontefice ha
preso spunto dalla constatazione che
si sta vivendo «in un tempo di sfrut-
La visita ad anziani e malati nella periferia romana
Venerdì
della misericordia
tamento dei lavoratori» — in cui «il
lavoro non è al servizio della dignità
della persona, ma è il lavoro schiavo» — e ha suggerito una riflessione
articolata su tre termini: educazione,
condivisione e testimonianza.
Riguardo al primo, ha spiegato
che non si tratta solo di «insegnare
qualche tecnica o impartire nozioni,
ma rendere più umani noi stessi e la
realtà che ci circonda», dunque, ha
ribadito, «occorre formare a un nuovo umanesimo del lavoro». Inoltre
l’educazione aiuta «a non cedere
agli inganni di chi vuol far credere
che l’impegno quotidiano e lo studio
non abbiano valore». Da qui l’urgenza di «educare a percorrere la
strada dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccomandazioni», sotto le quali si cela
«la corruzione. Si tratta — ha chiarito — di “compravendite morali”» che
«vanno respinte. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva:
quella dell’illegalità, che porta alla
corruzione». Del resto, ha aggiunto
con un’immagine evocativa, «l’illegalità è come una piovra che sta nascosta, ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando».
Quanto alla condivisione, Francesco ha ricordato che il lavoro offre
«l’opportunità di entrare in relazione
con gli altri». Di conseguenza, esso
«dovrebbe unire le persone, non allontanarle». Infine, parlando di testimonianza, ha fatto notare come
oggi ci siano «persone che vorrebbero lavorare, ma non ci riescono». In
particolare sono i «giovani che non
lavorano». Loro «davvero sono “i
nuovi esclusi del nostro tempo”».
Anche perché, ha constatato, «un
giovane che non lavora» finisce
«nelle dipendenze, nelle malattie
psicologiche, nei suicidi». Ecco allora un nuovo appello di Francesco
per «l’accesso al lavoro per tutti. Di
fronte alle persone in difficoltà e a
situazioni faticose — penso anche ai
giovani per i quali sposarsi o avere
figli è un problema, perché non hanno un impiego sufficientemente stabile o la casa — non serve fare prediche». Invece, ha concluso, «occorre
trasmettere speranza, confortare con
la presenza, sostenere con l’aiuto
concreto».
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DAMASCO, 16. L’arma della fame è
sempre più impiegata nella tragedia siriana, dove di giorno in giorno si aggrava la condizione delle
popolazioni intrappolate in zone
teatro dei combattimenti tra forze
governative e milizie ribelli, di matrice jihadista e non. Il Segretario
generale dell’Onu, Ban Ki-moon,
ha ricordato ieri che l’uso del cibo
come arma è un crimine di guerra.
Secondo Ban Ki-moon, «tutte le
parti, compreso il Governo siriano
che ha la responsabilità primaria di
proteggere i siriani, stanno commettendo atti atroci, proibiti dalle
leggi umanitarie internazionali».
A Madaya, la cittadina al confine con il Libano dove sono asserragliate milizie ribelli strette d’assedio dall’esercito di Damasco, si
continua a morire di fame, anche
dopo l’arrivo dei primi convogli
umanitari. Un ragazzo di sedici anni è deceduto ieri sotto gli occhi
degli stessi soccorritori dell’Unicef,
il fondo dell’Onu per l’infanzia, e
del Programma alimentare mondiale (Pam) che il giorno prima erano
potuti entrare per la seconda volta
in una settimana nella città. Secondo fonti locali riferite dallo stesso
Pam, solo dall’inizio del mese già
trentadue abitanti della città sono
morti di stenti.
Altrettanto drammatica è la situazione dei ventimila civili, in
maggioranza sciiti, assediati nei
centri di Fuaa e Kafraya, nella provincia nordoccidentale di Idlib, da
forze ribelli sunnite, dove pure sono riusciti ad arrivare in settimana,
per la prima volta, aiuti dell’O nu.
Kyung wha Kang, vice capo
dell’Ocha, l’ufficio dell’Onu per il
coordinamento degli interventi
umanitari, intervenuto ieri a una
riunione del Consiglio di sicurezza,
ha detto che gli assedi in Siria sono diventati sistematici e di routine, precisando che nel 2015 si è riusciti a far arrivare aiuti in meno del
3 per cento delle aree assediate e
sottolineando che a rischio di morte per fame sono almeno mezzo
milione di persone.
Sempre ieri, la Russia, che dalla
fine di novembre ha avviato raid
aerei in Siria contro le postazioni
del cosiddetto Stato islamico, ha
comunicato di avere paracadutato
aiuti di prima necessità a Deyr Az
Zor, nell’est del Paese, dove le forze governative sono asserragliate in
alcuni quartieri circondati dai miliziani jihadisti.
Attaccato un albergo della capitale da un commando di Al Qaeda per il Maghreb islamico
«Venerdì della misericordia» per
Papa Francesco in due strutture
che accolgono anziani e malati nella periferia orientale di Roma. Il
Pontefice nel pomeriggio del 15
gennaio si è recato a sorpresa nel
quartiere periferico di T0rre Spaccata per una visita privata dapprima alla Casa di riposo Bruno
Buozzi, che offre ricovero a trentatré anziani, poi nella vicina Casa
Iride, dove risiedono sei malati in
stato vegetativo.
Si tratta del secondo “venerdì
della misericordia” — l’iniziativa
giubilare in cui il Papa si riserva di
compiere un’opera di misericordia
esemplare — dopo l’apertura, lo
scorso 18 dicembre, della Porta della carità all’ostello della stazione
Termini di Roma. In particolare, in
questa circostanza, Francesco ha
voluto evidenziare da una parte la
grande e preziosa importanza delle
persone anziane, dei nonni, e
Giornata del migrante
La porta santa
di Lampedusa
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dall’altra il valore e la dignità della
vita in ogni situazione, contro la
“cultura dello scarto”.
Accompagnato dall’arcivescovo
Rino Fisichella, incaricato dell’organizzazione del giubileo della Misericordia, Francesco si è recato
verso le ore 16 in via di Torre Spaccata 157, tra la sorpresa e la gioia
degli abitanti del quartiere e soprattutto degli ospiti della casa
Bruno Buozzi, in quanto la visita
non era stata annunciata. Alla presenza del carmelitano Lucio Zappatore, parroco di Santa Maria Regina Mundi, il Papa ha incontrato
singolarmente ciascuno dei trentatré anziani ricoverati, soffermandosi a parlare con ognuno. Una preghiera e la condivisione di un tè
hanno concluso il breve momento.
Francesco si è poi trasferito a
Casa Iride, una struttura che non è
organizzata come un ospedale ma
come una casa famiglia dove i degenti possono essere assistiti continuamente dai loro familiari. E dopo aver benedetto ciascuno dei sei
ospiti — quasi tutti giovani vittime
di incidenti stradali in stato vegetativo o di minima coscienza — ha
salutato e confortato i parenti.
Verso le 17.15 il Pontefice è risalito sull’utilitaria blu con cui è tornato a Santa Marta in Vaticano.
Strage jihadista in Burkina Faso
OUAGAD OUGOU, 16. Sono almeno 23
i morti accertati, di 18 nazionalità diverse — ma alcune fonti parlano di
27 — nell’attacco sferrato da un commando del gruppo jihadista Al Qaeda per il Maghreb islamico (Aqmi)
ieri sera contro l’hotel Splendid di
Ouagadougou, la capitale del Burkina Faso, e concluso stamani dall’intervento delle forze di sicurezza che
sono riuscite a trarre in salvo 126
ostaggi, compresi 33 feriti. Di 23
morti ha parlato il presidente burkinabè, Roch Marc Christian Kaboré,
arrivato sul posto. Il ministro
dell’Interno, Simon Compaoré, ha
aggiunto da parte sua che tre assalitori, un arabo e due neri, sono stati
uccisi. L’operazione, peraltro, al momento in cui andiamo in stampa
non sembra ancora conclusa e le
agenzie di stampa riferiscono di un
rastrellamento anche in un albergo
vicino, l’hotel Ybi, dove si ritiene
che parte degli assalitori possano
aver trovato rifugio.
Tra i primi ostaggi liberati, alle
prime ore dell’alba, c’era anche il
ministro della Funzione Pubblica,
Clement Sawadopo, che poco dopo
si è presentato alla riunione straordi-
naria del Consiglio dei ministri convocato sull’emergenza. A fianco dei
poliziotti e soldati di Ouagadougou
all’azione stanno partecipando una
trentina di uomini delle forze speciali francesi dislocate in città e anche
agenti dei servizi di intelligence degli Stati Uniti, che nel Paese hanno
alcune basi militari. Un contingente
dell’esercito francese distaccato nel
vicino Mali si sta già dirigendo verso Ouagadougou per aumentare la
presenza militare nel Paese.
Nell’attacco all’hotel Splendid, situato nel quartiere commerciale, frequentato dal personale dell’Onu, ma
anche dai militari francesi, il commando dell’Aqmi ha fatto detonare
un’autobomba all’ingresso e poi ha
incominciato a sparare all’impazzata
contro clienti e dipendenti dell’hotel. La rivendicazione dell’Aqmi parla, fra l’altro, di vendetta contro la
Francia per l’intervento armato in
Mali.
Sempre in Burkina Faso, questa
mattina, due cittadini austriaci sono
stati rapiti nel nord del Paese. Il ministero della Sicurezza, nel darne
notizia, ha specificato che si tratta di
un medico e di sua moglie
NOSTRE INFORMAZIONI
Nel pomeriggio di domenica 17 gennaio al Tempio maggiore
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Francesco incontra gli ebrei romani
Domenica 17 gennaio, nel giorno in cui in Italia
si celebra il dialogo tra cattolici ed ebrei, Papa
Francesco incontra la più antica comunità della
diaspora, a testimonianza di una crescita progressiva e irreversibile nella reciproca conoscenza e amicizia. Esattamente sei anni dopo la visita di Benedetto XVI, Francesco è infatti il terzo
Pontefice a recarsi nel Tempio Maggiore di Roma. Trent’anni fa, il 13 aprile 1986, fu infatti
Giovanni Paolo II, accolto dal rabbino capo
Elio Toaff, a incontrare per la prima volta gli
ebrei romani, imprimendo un deciso impulso
nei rapporti tra le due comunità. Rapporti su
cui ha inciso molto la dichiarazione conciliare
Nostra aetate, voluta da Paolo VI e della quale
poche settimane fa è stato ricordato il cinquantesimo anniversario.
La visita si aprirà nel pomeriggio di domenica con il ricordo di due ferite inferte nel secolo
scorso agli ebrei romani. Francesco si recherà
prima davanti alla lapide segnata da una data, il
16 ottobre 1943, giorno in cui le SS invasero il
ghetto e deportarono 1024 ebrei romani nel
I soccorsi a un ferito nell’albergo di Ouagadougou (Afp)
campo di sterminio di Auschwitz; poi il Pontefice raggiungerà il luogo che ricorda l’attacco
terroristico del 1982 che causò la morte del piccolo Stefano Gay Taché e il ferimento di 37
ebrei romani. Un omaggio alle vittime e ai loro
familiari significativo come le parole che saranno pronunciate all’interno della sinagoga. In
un’epoca in cui l’intera comunità umana continua a essere colpita dall’odio che nasce dal razzismo e che usa il nome di Dio per uccidere,
l’incontro fraterno tra cattolici ed ebrei dice al
mondo che nel nome di Dio si vive il dialogo e
si testimonia la pace.
In un discorso inedito di Papa Montini
Tenete gli occhi aperti
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Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:
gli Eminentissimi Cardinali:
— Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi;
— George Pell, Prefetto della
Segreteria per l’Economia;
le Loro Eccellenze i Monsignori:
— Luciano Russo, Arcivescovo titolare di Monteverde, Nunzio Apostolico in Rwanda;
— Hubertus Matheus Maria
van Megen, Arcivescovo titolare
di Novaliciana, Nunzio Apostolico in Sudan e in Eritrea.
Il Santo Padre ha nominato
Nunzio Apostolico nel Principato di Monaco Sua Eccellenza
Monsignor Luigi Pezzuto, Arci-
vescovo titolare di Torre di Proconsolare, Nunzio Apostolico
in Bosnia ed Erzegovina e in
Montenegro.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
della Diocesi di Macau (Cina),
presentata da Sua Eccellenza
Monsignor José Lai Hungseng, in conformità al canone
401 § 2 del Codice di Diritto
Canonico.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Macau (Cina) Sua
Eccellenza Monsignor Stephen
Lee Bun Sang, Vescovo titolare
di Nove e Ausiliare della Diocesi di Hong Kong.
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domenica 17 gennaio 2016
Rifugiati siriani salvati nel Mar Egeo
giunti sfiniti nel porto
dell’isola greca di Agathonisi (Afp)
S’insedierà all’Aja
ATENE, 16. I corpi di cinque persone
sono stati trovati oggi al largo
dell’isola di Samo, sulla rotta percorsa dai profughi e migranti che giungono dalla vicina Turchia. Lo riferiscono le autorità greche. Si tratta di
due uomini e di tre donne, mentre la
guardia costiera sta cercando di recuperare una sesta persona dalle acque agitate del mare. Non è stata individuata al momento nessuna imbarcazione.
L’Egeo continua dunque a inghiottire vittime innocenti. Ieri altri
sei bambini migranti che viaggiavano su gommoni naufragati fra la costa turca e le isole greche sono morti: è il tragico bilancio di un’altra
giornata di flusso migratorio dal travagliato Medio oriente all’Europa,
che non rallenta nemmeno nelle
proibitive condizioni invernali. Un
bilancio aggravato dal ritrovamento
del cadavere di un neonato su un
barcone con a bordo altre 63 persone giunte in salvo nella minuscola
isola di Farmakonissi, nel Dodecaneso.
Fra la costa turca e l’isola greca di
Lesbo, nell’Egeo nord-orientale, è
affondata un’imbarcazione che trasportava tredici persone. L’intervento della guardia costiera turca e di
barche da pesca ha permesso di salvare nove di loro e anche di recuperare quattro cadaveri, tre dei quali di
bambini, riaffiorati in superficie. Un
altro passeggero — rivelano all’agenzia Anadolu fonti dell’ospedale
Ayvacik — un giovane di 14 anni è
rimasto a lungo disperso, ma è stato
infine ripescato vivo e ha così potuto riabbracciare il padre, che lo aveva perso di vista in acqua e si era
abbandonato alla disperazione.
Il naufragio al largo di Lesbo ha
concluso una giornata funestata fin
dall’alba da quello che aveva provocato la morte di tre bambini quando
il gommone sul quale si erano imbarcati nella località turca di Didim
si è rovesciato in vista dell’isola greca di Agatonissi. Secondo la guardia
costiera greca almeno 20 naufraghi
di quello stesso gommone sono stati
ripescati in mare e salvati.
Si allunga ancora, dunque, il tragico conteggio dei morti nell’Egeo,
ormai quasi mille da metà dello
scorso anno, secondo l’O rganizza-
Cinque morti
per una fuga di gas
in Liguria
ROMA, 16. È stata una fuga di gas a
provocare, nella notte, il crollo di
una palazzina di due piani a Bezzo,
frazione di Arnasco, in provincia di
Savona (Liguria). È quanto emerso
dai primi rilievi dei vigili del fuoco,
che sono ancora al lavoro sul luogo
della sciagura.
Nel crollo sono morte cinque persone, quattro uomini italiani e una
donna marocchina. Un’altra donna,
sudamericana, è ricoverata nell’ospedale San Martino di Genova con
gravissime ustioni su oltre l’80 per
cento del corpo.
Nella palazzina, edificata un secolo fa e suddivisa in quattro appartamenti, vivevano tre nuclei familiari.
Al momento non risultano altri dispersi sotto le macerie, ma le ricerche vanno avanti per scongiurare
l’ipotesi che nella palazzina fossero
presenti delle persone non residenti.
Il sindaco di Savona, Alfredo Gallizia, ha confermato ai giornalisti
presenti sul posto che gli ambienti
erano saturi di gas.
L’area è stata messa sotto sequestro su disposizione della Procura e
presidiata dai carabinieri del comando della compagnia di Alassio. La
polizia giudiziaria è già al lavoro per
accertare le cause della fuga di gas.
Per ore, alcuni edifici vicini al luogo della tragedia sono rimasti isolati.
La strada, unico varco per uscire
dalle abitazioni, è infatti stata invasa
dalle macerie della casa crollata.
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Tribunale sui crimini
di guerra
dei kosovari albanesi
Ancora vittime tra profughi e migranti sulla rotta dalla Turchia alla Grecia
L’Egeo inghiotte altre vite
zione mondiale per le migrazioni
(Oim). Lungo quella rotta, sempre
secondo l’Oim, sono arrivate nello
stesso periodo in Europa oltre
847.000 persone sulle circa un milione complessive.
Un morto è stato trovato anche in
una delle imbarcazioni soccorse dalla marina italiana al largo della Libia, in diversi interventi che hanno
consentito di trarre in salvo quasi ottocento persone.
Né l’Europa sembra ancora trovare le misure di accoglienza e di gestione di fronte a un simile fenomeno epocale. A prevalere sembrano
anzi atteggiamenti di chiusura e mere valutazioni finanziarie. Né ciò vale solo per l’Unione europea. È di
ieri la notizia che i rifugiati arrivati
in Svizzera devono versare alle autorità denaro o beni di oltre il valore
di mille franchi per pagare i costi
del loro mantenimento e delle proce-
dure per la richiesta di asilo. A rivelare questa pratica è stata una trasmissione della radiotelevisione svizzera in lingua tedesca. Un portavoce
della segreteria di Stato per la migrazione ha spiegato che la legge
svizzera richiede che rifugiati e richiedenti asilo contribuiscano ai costi se sono in grado di farlo. Se il
migrante decide però di lasciare la
Svizzera entro sette mesi può farsi
restituire i beni.
L’AJA, 16. Si insedierà quest’anno
all’Aja il Tribunale speciale per i
crimini
di
guerra
compiuti
dall’Esercito di liberazione del Kosovo (Uçk), la guerriglia indipendentista albanese attiva nel conflitto armato con i serbi a fine anni
Novanta, formato da giudici internazionali e finanziato con fondi
dell’Unione europea. Non si tratta
di una Corte insediata dall’O nu,
come per esempio il Tribunale penale internazionale (Tpi) per l’ex
Jugoslavia, anch’esso con sede
all’Aja, ma il suo insediamento viene considerato comunque significativo dagli osservatori. «È una cosa
importante per fare giustizia», ha
detto il ministro degli Esteri olandese, Bert Koenders, il cui Governo ha dato un contributo decisivo
alla costituzione del tribunale.
Quella di portare a giudizio i
«crimini gravi commessi nel 19992000 dai membri dell’Uçk contro
le minoranze etniche e gli oppositori politici», come si legge nell’atto costitutivo dell’organismo, rap-
Altre cinque persone ricoverate in Francia
Sotto quota 30 dollari al barile
Morto
testando un farmaco
Petrolio
in caduta libera
PARIGI, 16. Un test clinico per un
nuovo farmaco ha provocato ieri
una tragedia a Rennes, nell’ovest
della Francia: un paziente è morto
e altri cinque sono stati ricoverati,
quattro con sintomi gravi e uno
per precauzione.
Il test, secondo le informazioni
diffuse dal ministero della Sanità
di Parigi, era uno studio di “fase
uno”, quindi nel periodo iniziale
di sviluppo, condotto dalla casa
farmaceutica portoghese Biotrial.
Il medicinale somministrato oralmente — un analgesico studiato
per agire sui disturbi dell’umore e
i centri recettivi del dolore nei casi
di malattie degenerative — conteneva una molecola di cannabinoide sintetica (e non, come erroneamente affermato da diversi media,
della cannabis o dei suoi derivati).
I pazienti coinvolti in questa
prima fase della sperimentazione,
iniziata il 7 gennaio, sono otto uomini di un’età compresa tra i 28 e
i 49 anni, tutti volontari, sani e remunerati.
Due di loro hanno assunto un
placebo, e non hanno quindi avuto problemi, mentre gli altri sei
hanno assunto la molecola da testare «in modo ripetuto», precisano fonti sanitarie. Uno di loro, ricoverato il 10 gennaio, si trova in
stato di morte clinica, altri quattro
presentano problemi neurologici,
Bloccati
i lavori di una diga
in Amazzonia
BRASILIA, 16. Un giudice brasiliano ha sospeso la licenza della
centrale idroelettrica di Belo
Monte, costruita in piena
Amazzonia. Il provvedimento
sarà in vigore finché il Governo
e l’impresa Norte Energia, responsabile per la realizzazione e
il funzionamento della diga,
non avranno ripristinato l’attività della Fondazione nazionale
dell’indio, incaricata di assistere
i nativi colpiti dal progetto.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
che, secondo i medici dell’ospedale di Rennes, potrebbero avere ripercussioni permanenti. Un sesto
paziente non ha manifestato alcun
sintomo, ma resta ricoverato in
ospedale in osservazione.
La molecola era inizialmente
stata testata su scimpanzè, e dal
luglio 2015 era passata ai test su
umani, tutti svolti dalla Biotrial,
che hanno coinvolto in totale 128
pazienti, di cui novanta hanno assunto la molecola e i restanti un
placebo. Solo i sei attualmente ricoverati, però, hanno assunto il
farmaco più volte: gli altri, ha precisato sempre il ministero, hanno
invece assunto una dose unica.
«Siamo davanti a un caso inedito», ha commentato durante una
conferenza stampa nell’ospedale
della città bretone il ministro della
Sanità, Marisol Touraine, che ha
chiesto l’avvio di un’ispezione
sull’organizzazione dei test e il
modo in cui sono stati condotti.
La Procura di Parigi ha aperto un
fascicolo per lesioni colpose.
In una nota, la Biotrial si è difesa, sostenendo di aver proceduto
«in totale applicazione dei regolamenti internazionali» e di avere
seguito fedelmente tutte le procedure, in particolare per l’assistenza
medica ai pazienti in cui sono
emersi gli effetti collaterali.
Dichiarato in Venezuela
lo stato di emergenza economico
CARACAS, 16. La prima comparizione del presidente del Venezuela,
Nicolás Maduro, davanti al Parlamento di Caracas, ora in mano agli
antichavisti, ha confermato l’asprezza dello scontro fra Governo e opposizione, nello stesso momento in
cui il Paese sudamericano attraversa
una grave crisi economica.
Maduro, illustrando come di rito
la gestione del suo Governo nel
2015, ha ammesso che i dati macroeconomici del Paese sono «catastrofici». Proprio per questo, ha deciso di proclamare uno stato di
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Gaetano Vallini
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Consultazioni
in Spagna
per formare
il Governo
La Borsa di New York (Afp)
VIENNA, 16. La prospettiva dei tre
milioni di barili di greggio al giorno promessi dalle autorità di Teheran — dopo l’entrata in vigore
dell’accordo sul nucleare e la revoca delle sanzioni internazionali — e
le preoccupazioni legate al rallentamento dell’economia cinese, fanno
sempre più sentire il loro peso sui
mercati, con il petrolio che torna a
calare a nuovi minimi ultradecen-
emergenza economica per due mesi.
Il provvedimento prevede l’introduzione di misure straordinarie per il
contrasto all’evasione fiscale e per
facilitare le importazioni e la distribuzione di prodotti alimentari e di
farmaci. Nel suo intervento, Maduro ha inoltre ribadito che si oppone
alle due riforme già proposte
dall’opposizione, la consegna di titoli di proprietà a chi riceve case
popolari e l’amnistia per i prigionieri politici. Affermazioni che provocheranno un inasprimento dello
scontro fra Esecutivo e legislativo.
Segreteria di redazione
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
presentava una delle richieste principali di Belgrado nell’ambito del
confronto mediato dall’Unione europea tra le autorità serbe e quelle
della
maggioranza
albanese
kosovara.
Al tempo stesso, però, si tratta
di un tema molto delicato per il
Kosovo,
dove
i
combattenti
dell’Uçk sono considerati dalla
gran parte della popolazione di etnia albanese eroi per la libertà e
l’indipendenza dalla Serbia, proclamata unilateralmente a Pristina il
17 febbraio 2008 e successivamente
riconosciuta da un centinaio di
Paesi, tra i quali, comunque, non
figurano tutti i 28 dell’Unione europea. Non lo fanno, infatti, Spagna, Grecia, Romania, Cipro e Slovacchia. Tra l’altro, fra gli imputati
potrebbero finire esponenti dell’attuale dirigenza kosovara, compreso
l’ex premier e attuale ministro degli
Esteri, Hashim Thaçi, che negli anni del conflitto era a capo della direzione politica dell’Uçk.
nali, finendo di nuovo sotto quota
30 dollari.
La tendenza al ribasso si è poi
esacerbata con l’ondata di vendite
che si è scatenata sui mercati azionari. Il Brent, il greggio del mare
del Nord, è sceso fino a 28,82 dollari, successivamente ha chiuso ieri
sera a New York a 29,42 dollari al
barile, perdendo il 5,7 per cento.
Questa settimana il greggio ha perso complessivamente l’11 per cento.
MADRID, 16. Filippo VI scende in
campo per cercare di superare lo
stallo politico provocato in Spagna
dalle legislative del 20 dicembre,
che hanno eletto un Parlamento
frammentato senza una maggioranza ben definita. Il re terrà infatti la
settimana prossima consultazioni
con i leader di tutti i partiti rappresentati in Parlamento, iniziando lunedi con i più piccoli. Nel pomeriggio di giovedì sarà invece la volta di Albert Rivera, leader di Ciudadanos, formazione che ha ottenuto 40 seggi. Venerdì sono previsti i colloqui con Pablo Iglesias, di
Podemos (69 seggi), con Pedro
Sánchez, leader dei socialisti del
Psoe (90 seggi), e con il presidente
del Governo uscente, Mariano Rajoy, del Partito popolare (122 seggi). Al termine di questo primo giro di consultazioni, il sovrano dovrebbe affidare l’incarico di formare il nuovo Governo, con ogni probabilità allo stesso Rajoy. Dopo
l’esito delle legislative, il leader dei
popolari ha proposto un Esecutivo
di larghe intese con Ciudadanos e
Psoe, ipotesi rafforzata con l’elezione del socialista Patxi López alla
presidenza del Congresso dei deputati. L’elezione di López è infatti
avvenuta grazie all’accordo tra
Psoe e Ciudadanos, con l’appoggio
del Partito popolare.
Obama proclama il 16 gennaio
giorno della libertà religiosa
WASHINGTON, 16. Nel proclamare il
16 gennaio «giorno della libertà religiosa», il presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama, ha ricordato,
ieri, la tradizione storica del Paese
in questo campo, rievocando lo statuto della Virginia adottato nel 1768
e il primo emendamento della Costituzione. Garanzie — ha detto —
che hanno «incoraggiato una diversità religiosa senza precedenti e la
pratica della libertà religiosa».
«Ma questi ideali non sono di
immediata applicazione, richiedono,
piuttosto, un impegno duraturo da
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
parte di ogni generazione per confermarli e preservarli», ha proseguito Obama, sottolineando che la sua
Amministrazione «sta lavorando
per conservare la libertà religiosa e
fare rispettare le leggi sui diritti civili che proteggono la libertà religiosa».
E in risposta a chi sostiene un
bando dei musulmani dagli Stati
Uniti, il presidente Obama ha detto: «Un attacco a qualsiasi fede è
un attacco a tutte le fedi e anche alla promozione della libertà religiosa
per tutti».
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L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 17 gennaio 2016
pagina 3
Il premier designato libico Fayez Al Sarraj
con il capo della diplomazia europea
Federica Mogherini (Ap)
Uccisi due giovani palestinesi nella Striscia di Gaza
Ancora violenze
in Vicino oriente
TEL AVIV, 16. Ancora violenze nel
Vicino oriente. Due giovani palestinesi sono morti a seguito delle ferite riportate ieri durante gli scontri
con l’esercito israeliano a est di
Bureij, lungo il confine della Striscia di Gaza. Lo ha fatto sapere il
portavoce del ministero della Sanità
di Gaza, Ashraf Al Qedra, spiegando che i due — di 18 e 26 anni —
stavano lanciando sassi contro i militari vicino alla frontiera.
L’agenzia di stampa Maan, che
cita dati dell’Agenzia dell’Onu per
il Coordinamento per gli affari
umanitari, ha sostenuto che da ottobre dello scorso anno sono alme-
Colloqui a Vienna
sull’accordo
per il nucleare
iraniano
VIENNA, 16. Il segretario di Stato
americano, John Kerry, è giunto
oggi a Vienna per incontrare il
ministro degli Esteri iraniano,
Mohammed Javad Zarif, e l’alto
rappresentante per la Politica
estera e di sicurezza comune
dell’Ue, Federica Mogherini. Lo
ha annunciato il dipartimento di
Stato aggiungendo che sarà esaminato il piano di azione sull’accordo nucleare di Teheran.
Secondo l’agenzia di stampa
iraniana Irna, oggi, dopo la pubblicazione
del
rapporto
dell’Agenzia internazionale per
l’energia atomica (Aiea), Zarif e
Mogherini in un comunicato
congiunto annunceranno l’implementation day. L’agenzia iraniana
aggiunge che l’ufficio dell’O nu
di Ginevra si sta preparando a
ospitare questa sera una riunione
del gruppo cinque più uno (Stati
Uniti, Gran Bretagna, Francia,
Russia e Cina, membri permanenti del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite, più la Germania) con l’Iran.
Gli Stati Uniti sono pronti a
revocare le sanzioni a Teheran
dopo che l’Aiea avrà verificato in
modo indipendente il completamento di tutti i passi previsti
dall’accordo sul nucleare. Lo ha
detto ieri Josh Earnest, portavoce della Casa Bianca.
Xi Jinping
in visita al Cairo
Riad e Teheran
PECHINO, 16. Il presidente cinese, Xi Jinping, visiterà l’Arabia
Saudita, l’Egitto e l’Iran. Lo ha
annunciato ieri il portavoce del
ministero degli Esteri, Lu Kang.
La missione di Xi avrà luogo la
settimana prossima e durerà cinque giorni. Sarà il primo viaggio
del presidente cinese in Medio
oriente. La Cina è il maggiore
importatore di petrolio dalla regione.
La visita avviene in un momento delicato, caratterizzato
dalla tensione tra Arabia Saudita
e Iran, ma era stata programmata in precedenza alla crisi divampata con l’esecuzione a Riad
dell’imam sciita Nimr Al Nimr e
poi l’assalto all’ambasciata saudita a Teheran. La Cina ha già
espresso a più riprese la raccomandazione di trovare una «soluzione politica» per la vicenda
siriana e di creare un fronte unito per la lotta al cosiddetto Stato
islamico (Is).
Subito dopo l’inizio della crisi
tra Arabia Saudita e Iran, Pechino ha inviato un proprio rappresentante — il viceministro degli
Esteri Zhang Ming — a Riad e a
Teheran per chiedere «calma e
moderazione» e sollecitare una
soluzione attraverso il dialogo.
no ventitré i palestinesi morti in
scontri con l’esercito israeliano lungo la barriera difensiva.
Una portavoce dell’esercito israeliano ha riferito che decine di palestinesi hanno manifestato nella Striscia di Gaza e alcuni avrebbero
provato a superare il confine. I soldati avrebbero allora esploso spari
di avvertimento in aria, prima di
aprire il fuoco sulle persone che superavano la barriera.
I fatti di ieri si sono verificati a
poche ore di distanza da un attacco
aereo dell’aviazione israeliana contro una “cellula del terrore” palestinese, che si apprestava a deporre
ordigni esplosivi per colpire i soldati lungo la linea di demarcazione
all’estremità nord di Gaza. Fonti locali e media palestinesi hanno detto
che il raid aereo ha provocato un
morto e tre feriti.
Nella stessa zona, poche ore prima, artificieri israeliani avevano disinnescato due bombe pronte a
esplodere. Un dirigente della Jihad
islamica
—
informa
l’agenzia
Reuters — ha minacciato ritorsioni
contro Israele.
Nel processo di pace per la formazione di un Governo di riconciliazione
L’Onu sostiene la Libia
TRIPOLI, 16. L’Onu sostiene la Libia
per la formazione di un Governo di
riconciliazione nel Paese nordafricano minacciato dal terrorismo di Al
Qaeda nel Maghreb islamico e dal
cosiddetto Stato islamico (Is) la cui
avanzata rischia di diventare inarrestabile. L’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Libia, Martin Kobler, «in una scala da uno a dieci»
ha quantificato in «sette o anche otto» le probabilità che il consiglio
presidenziale libico riesca a varare
un Governo di unità nazionale.
Kobler, in un’intervista alla Bbc,
ha ricordato inoltre che «la scadenza
del 17 gennaio» (30 giorni dopo l’accordo di Skhirat, in Marocco, del
mese scorso) si riferisce solo alla
«presentazione di una lista di membri del Governo alla Camera dei
rappresentanti» e il «Parlamento ha
i prossimi dieci giorni per discuterne». Alla domanda se l’Assemblea
parlamentare di Tobruk avallerà le
nomine, l’inviato dell’Onu ha risposto: «Sono molto fiducioso. È un
processo molto difficile», ha aggiunto, ricordando che anche la forma-
zione di Governi di coalizione in
«qualsiasi Paese europeo» richiede
«un certo tempo». Però «sono fiducioso che il calendario sarà rispettato», ha detto ancora Kobler.
La stampa libica avverte intanto
che attentatori suicidi dell’Is si sono
infiltrati nelle principali città occidentali, mentre fonti con base a Tunisi rivelano che i raid aerei che da
settimane colpiscono i territori controllati dai jihadisti a Sirte sarebbero
stati effettuati da caccia egiziani Rafale (di fabbricazione francese) riforniti in volo dall’aeronautica di Parigi
con una cisterna volante Boeing
K135 Stratotanker. Finora sia le autorità di Parigi che quelle del Cairo
non hanno confermato la notizia.
I raid di questi giorni giungono
dopo la serie di attacchi lanciati dal
cosiddetto Stato islamico contro i
terminal petroliferi di Al Sidra e Ras
Lanuf, situati fra le città di Zuetina
e Sirte, e seguono l’attentato contro
una caserma di polizia nella città occidentale di Zliten costato la vita a
oltre 70 persone. Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza libiche citate dal sito informativo locale
Al Wasat, jihadisti sono pronti a farsi esplodere a Tripoli, Khoms, Zliten, Misurata, Meslata, Tajurah e
Tarhuna. Gli attentatori suicidi proverrebbero in buona parte dalla Tunisia e dal Sudan.
In Libia «la minaccia terroristica
è evidente, alcuni attentati sono gravissimi. Ma non deve essere abbandonato il processo di intesa nazionale facendosi tentare dall’intervento a
prescindere dalla volontà dei libici.
Non è lo scenario di oggi e spero
non ci si arrivi». Lo ha detto il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni,
precisando che i quattro aerei Amx
dislocati nella base di Trapani Birgi
non sono in assetto di bombardamento bensì di ricognizione.
Solo in Camerun milleduecento morti negli ultimi tre anni
Con il duro colpo inflitto alle truppe kenyane
Sempre più estesa e sanguinosa
la sfida di Boko Haram
Al Shabaab non allenta
la stretta in Somalia
YAOUNDÉ, 16. Le forze nigeriane e
quelle della missione africana inviata
contro Boko Haram non sono riuscite a mantenere la promessa, più volte ribadita nei mesi scorsi, di sconfiggere entro la fine dello scorso anno il gruppo jihadista, la cui sfida si
è fatta anzi sempre più estesa e sanguinosa. Né questo vale solo per il
nord-est della Nigeria, dove Boko
Haram si è costituito e mantiene le
sue basi principali, in particolare
nello Stato del Borno, quello dove
ha perpetrato più stragi con incursioni armate e attentati terroristici.
Sotto attacco sono anche i Paesi
confinanti e soprattutto il Camerun,
dove questa settimana c’è stata l’ultima strage del gruppo jihadista perpetrata da due attentatrici suicide
che si sono fatte esplodere in una
moschea a Kolofata, nei pressi appunto del confine nigeriano, uccidendo dieci persone oltre a se stesse.
In Camerun negli ultimi tre anni i
miliziani di Boko Haram hanno ucciso quasi milleduecento persone. Il
dato è stato fornito ieri dal ministero
delle Comunicazioni di Yaoundè. I
raid nel nord del Camerun, la zona
al confine appunto con il Borno, sono stati 315, mentre sono salite a 32
le stragi provocate da attentatori suicidi, nell’ultimo anno in maggioranza donne, quasi sempre giovanissime
e spesso bambine. Secondo il ministero, i civili morti sono stati 1.098,
ai quali si aggiungono 67 soldati e
tre poliziotti.
Un numero di vittime di poco inferiore c’è stato nello stesso periodo
in Ciad e in Niger, Paesi che forniscono anch’essi, come il Camerun e
il Burkina Faso, contingenti alla missione africana inviata contro Boko
Haram in Nigeria e operativa non
solo nel Borno, ma anche nei vicini
L’opposizione del Gabon
candida Jean Ping
LIBREVILLE, 16. L’ex presidente
della Commissione dell’Unione
africana, Jean Ping, è stato designato candidato unico del Fronte
di opposizione per l’alternanza
(Fopa) per le presidenziali del 2016
in Gabon. Una ventina di quadri
del Fopa, la principale coalizione
di opposizione al presidente Ali
Bongo Ondimba, lo hanno scelto
con un voto a porte chiuse. «Voglio ringraziare ciascuno di voi per
questa scelta e per avermi dato la
responsabilità di portare i nostri
colori a tutti, per l’alternanza e per
creare una nuova Repubblica democratica e solidale», ha dichiarato
Primo presidente donna
a Taiwan
TAIPEI, 16. La candidata del Partito
democratico progressista (Dpp, indipendentista), Tsai Ing-wen, ha
vinto le elezioni di oggi a Taiwan,
diventando la prima donna presidente dell’isola che conta ventitré
milioni di abitanti.
Il principale avversario, Eric
Chu Li lun, del Partito nazionalista Kuomintang (Kmt, al Governo
da otto anni e oggi su posizioni vicine a Pechino), del presidente
uscente, Ma Ying-jeou, ha ammesso la sconfitta.
Secondo gli ultimi dati disponibili, Tsai è in vantaggio con circa il
sessanta per cento dei voti , mentre
Chu, che ha ottenuto circa il trenta
per cento dei suffragi, si è dimesso
dalla presidenza del partito nazionalista. A dividere i due principali
partiti sono soprattutto le relazioni
con Pechino, con il Kmt favorevole
a contatti più stretti.
Stati dello Yobe e dell’Adamawa,
dove pure da tre anni vige lo stato
d’assedio.
Un rafforzamento del sostegno
tecnico e militare alla Nigeria contro
Boko Haram è stato annunciato,
sempre questa settimana, dal ministro della Difesa britannico, Michael
Fallon, che ha condotto una visita
nel Paese africano.
L’esito delle elezioni era dato
comunque per scontato dagli analisti. Il Kuomintang aveva infatti subito una dura disfatta alle ultime
elezioni amministrative, risultato
che aveva costretto il Governo alle
dimissioni e lo stesso Ma ad abbandonare la leadership del proprio partito.
Sono diciotto milioni gli elettori
taiwanesi. Il quaranta per cento
dei quali sotto i 40 anni. E proprio
la grande partecipazione dei giovani viene vista come una possibile
chiave di lettura del risultato elettorale.
Si è votato anche per le legislative. E rispetto alle presidenziali,
l’esito delle elezioni parlamentari
(133 i seggi) appare invece più incerto e molto dipenderà dalle scelte di campo fra Kmt e Dpp che faranno i partiti piccoli e gli indipendenti.
Militari del contingente kenyano dell’Amisom (Ap)
Ping, che era presente al momento
del voto.
La procedura seguita è stata però contestata dal presidente del Fopa, Pierre-Andrè Kombila, secondo
il quale «con il pretesto dell’urgenza, una frangia del Fronte si è organizzata al di fuori delle procedure ufficiali e nell’assenza del quorum necessario». Kombila, inoltre,
ha spiegato che la designazione del
candidato non era per il momento
all’ordine del giorno e che si stava
valutando la possibilità di organizzare primarie tra gli iscritti al Fopa
in febbraio o marzo.
MO GADISCIO, 16. Il duro colpo inflitto ieri al contingente kenyano
dell’Amisom, la missione dell’Unione africana in Somalia, conferma
intatta la capacità di colpire delle
milizie radicali islamiche di Al Shabaab, date a sue tempo per sconfitte dopo che proprio l’intervento kenyano, due anni fa, le costrinse al
ritiro da Chisimaio, seconda città e
secondo porto somalo, che avevano
controllato per anni.
Come sempre accade, sull’attacco
sferrato ieri all’alba da Al Shabaab
alla base dell’Amisom di El Ade,
nella località sudorientale di Ceel
Cado, al confine con il Kenya, divergono le versioni delle due parti.
Secondo le fonti ufficiali kenyane,
che non hanno fornito notizie sul
numero delle vittime, gli assalitori
sarebbero stati affrontati e respinti.
La rivendicazione di Al Shabaab
parla invece di 63 soldati kenyani
uccisi e degli altri costretti alla fuga
nei boschi e di veicoli e armi conquistati.
Non è insolito che le fonti kenyane minimizzino gli esiti degli attacchi delle milizie somale e che queste ultime al contrario li esagerino.
In questo caso, però, testimoni sul
posto citati dall’emittente britannica
Bbc riferiscono di decine di soldati
uccisi e di numerosi mezzi militari
dati alle fiamme.
Uccisi dallo scoppio di un proiettile di mortaio abbandonato sul terreno
Strage di bambini in Afghanistan
Bambina afghana in un campo profughi a Kabul (Ansa)
KABUL, 16. Oltre che nei combattimenti e nei bombardamenti, nel sanguinoso conflitto in Afghanistan a
ogni passo si può nascondere l’insidia della strage. I civili possono saltare sulle mine mentre si recano al
lavoro o mentre giocano. Ed è quello che è successo ieri quando quattro bambini afghani sono stati uccisi
dallo scoppio di un proiettile di
mortaio da loro rinvenuto in un terreno abbandonato della provincia
orientale di Kunar. Lo ha reso noto
l’agenzia di stampa Pajhwok. Il capo della polizia provinciale, generale
Abdul Habib Syedkhel, ha indicato
che l’incidente è avvenuto nell’area
di Shangar del distretto di Asmar
quando i bambini, di età fra otto e
14 anni, hanno trovato il proiettile e
si sono messi a giocare con esso. Le
vittime, si è inoltre appreso, erano
tre fratelli e un loro cugino.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
Quando diventa un’ideologia
la religione perde la sua vocazione
a nutrire speranza
e a rafforzare la solidarietà
fra tutti gli uomini
domenica 17 gennaio 2016
Pieter Bruegel il Vecchio
«La strage degli innocenti» (1564)
Per sradicare la giustificazione della violenza in nome di Dio
Ritorno
all’essenziale
Irlanda, nei Balcani, in Libano e in
Medioriente, che sia oggi in Africa
centrale, le contrapposizioni religiose
hanno alimentato la guerra e le sue
narrazioni. Alcuni gruppi si sono
combattuti nel nome di Dio, non
oso chiamarlo il “loro” dio, poiché la
divinità assume immediatamente il
volto profano — per nulla sacro —
delle loro paure sociali e del loro
odio nei confronti dell’altro da sé
che essi le attribuiscono. Accostarsi a
questi temi mediante le scienze umane permette di spiegare le cause, le
motivazioni e le spinte sottese al
coinvolgimento delle religioni nei
conflitti armati, nazionali o internazionali. Nel testo che segue, saranno
evidenziate le funzioni d’identificazione, di legittimazione e di mobilitazione che la religione gioca nel
quadro dei conflitti. Insisteremo
inoltre sulla sua funzione essenziale
di sostituto a un’identità nazionale o
cittadina quando uno Stato va in
pezzi e nel caso in cui più gruppi si
oppongano e non si riconoscano più
come parti di una stessa
nazione che condividono
la volontà di vivere insieme. A tutto questo, è necessario aggiungere gli
effetti della mondializzazione. Senza aderire alla
tesi di Samuel Huntington sullo “scontro delle
civiltà”, siamo obbligati a
costatare che la diffusione generalizzata di una
civiltà tecnicista e consumista che appiattisce le
specificità culturali provoca sempre più un ritorno a valori pensati come
esclusivi e specifici da
parte di alcuni gruppi,
che vi vedono una sorta
di difesa contro l’invasione di valori e modi di vivere occidentali. Da parUn giovane rende omaggio alle vittime
te loro, la risposta prende
della strage di Parigi del 13 novembre scorso
la forma di un’esaltazione delle identità e dei
particolarismi, ivi comcome l’espressione rivelata del mes- presi quelli religiosi. Ma più di tutsaggio divino. Per l’ennesima volta, i to, ci sembra, sono il disordine del
riflettori sono violentemente puntati mondo e l’ingiustizia di alcune situasu azioni commesse da uomini che si zioni di conflitto, di povertà e di diconsiderano collaboratori della giu- suguaglianza che fanno in modo che
stizia divina. Dopo aver reso il do- la religione appaia in certi ambienti
vuto omaggio alla memoria di chi è come un’arma di protesta e di comstato ucciso senza potersi difendere battimento. È il rischio più grande
né comprendere e di chi, ferito, por- che possa minacciare una religione.
terà per sempre sulla propria carne e Quando diventa un’ideologia, la relinella propria vita i segni della mal- gione perde la sua vocazione a nuvagità, al di là della condanna mora- trire la speranza e a rafforzare la sole senza appello che s’impone, come lidarietà tra tutti gli uomini. Non è
spiegare quello che ci accade? Que- altro che un pretesto che si approsto è il compito degli intellettuali, pria del nome di Dio per suscitare
dei filosofi, così come degli speciali- l’odio degli uomini. È possibile accostarsi al concetto di religione in
sti di scienze sociali e religiose.
Per moltissimo tempo, che sia sta- molti modi diversi. In termini geneto in occasione delle guerre civili in rali, la religione è percepita dal senso comune come l’insieme di credenze, convinzioni e pratiche professate
e ritualizzate da un gruppo e che riguardano il rapporto con il sacro.
Questa definizione della religione
copre dunque uno spettro di significati molto ampio che ingloba un sistema di contenuti e di valori oggetto di credenza da parte di fedeli che
vi aderiscono e che in tale credenza
si riconoscono. Così, dal punto di
vista della soggettività credente, il
concetto di religione, al di là, beninÈ online dalla mattina del 15
teso, dell’essere un’esperienza vissuta
gennaio la pagina Facebook della
o mistica, include l’idea di verità
Fondazione vaticana Joseph
condivise con altre persone e il più
Ratzinger - Benedetto XVI.
delle volte divulgate e annunciate ad
L’iniziativa ha lo scopo di
altri. Il primo approccio al concetto
mantenere vivo il dialogo
di “religione” ce la presenta, quindi,
culturale tra il Papa emerito e i
come fenomeno rinviante a un grupsuoi estimatori. Vuole essere un
po umano che professa una stessa
modo — spiega il portavoce
fede o sostiene le stesse credenze.
dell’Istituto Luca Caruso — per
Per l’approccio sociologico, queessere informati sulle attività che
st’aspetto appare fondamentale. Esso
la Fondazione promuove,
spiega il carattere “sociale” della reliattraverso uno dei social network
gione e ne individua la necessità
più popolari. A poche ore dalla
nell’indispensabile sentimento di
nascita della pagina oltre
condivisione di valori e di emozioni
ottocento persone avevano già
apposto il loro «Mi piace».
che sono a fondamento della coesiodi JOSEPH MAÏLA
ragicamente, si è creata
una coincidenza tra l’argomento di questa presentazione e gli avvenimenti sanguinosi che si
sono verificati a Parigi il 13 novembre scorso. Un gruppo jihadista ha
massacrato dei civili in modo esecrabile e crudele senza chiamare in causa altra ragione che non fosse prendersela con dei «miscredenti», degli
«idolatri» e vendicare una «aggressione contro i musulmani» compiuta
dalla Francia che bombarda i territori controllati dal gruppo terrorista
detto «Stato islamico». I terroristi
invocano la «battaglia per Dio», il
«nome
di
Dio»,
la
«difesa
dell’islam». Ancora una volta la religione, in questo caso l’islam, serve a
legittimare la violenza da parte di
gruppi che rivendicano il riferimento
alle Scritture e si autodesignano come interpreti sanguinari di citazioni
del Corano, considerate dai credenti
T
La Fondazione
Ratzinger
su Facebook
ne e della solidarietà dei gruppi e
delle società. Riconosciamo qui la
problematica durkheimeriana della
religione intesa come “fatto sociale”
e, in secondo luogo (spostandoci nei
pressi della sociologia funzionalista
in stile Talcott Parsons), del contributo del sistema religioso al funzionamento del sistema sociale nella
sua globalità. Tuttavia, l’approccio
alla religione considerata come fatto
sociale non è in sé sufficiente. Una
comunità religiosa o di credenti, non
importa di quale comunità si tratti, è
comunità di chi appartiene a un sistema di credenze condivise che lo
identifica e lo indica come fedele di
una “linea credente”, di una tradizione, e quindi di una rappresenta-
Vita
e Pensiero
Anticipiamo ampi stralci
dell’articolo del
professore di geopolitica
all’École supérieure des
sciences économiques et
commerciales contenuto
nel numero della rivista
«Vita e Pensiero» in
uscita il 18 gennaio.
zione istituzionalizzata e ritualizzata
del senso. Ogni religione è così una
comunità sociale strutturata e definita dall’adesione a un sistema di conoscenze e di valori che intende dare un senso ultimo all’esistenza.
Questo approccio non annulla affatto l’importanza dell’individuo e della sua adesione al “credo” comunitario, o se si vuole al kerigma. D’altra
parte, la prospettiva weberiana e, a
seguire, l’approccio ermeneutico al
religioso — facciamo qui riferimento
all’ambito
filosofico
(Gadamer,
Ricœur) — offrono un approccio interattivo, più “inclusivo”, tra il soggetto e la cultura sociale di appartenenza, nel caso specifico tra il soggetto e la propria cultura religiosa.
Tale approccio è in grado di cogliere
il senso associato — e rinnovato
dall’interpretazione — al corpus della
fede e ai riti della propria religione.
È proprio qui che questo primo approccio alla religione manifesta i
suoi limiti. Esso non è certamente in
grado di esaurire il senso del fenomeno religioso. Focalizzandosi sul
fatto religioso come “fatto sociale”,
ci introduce a una comprensione
della logica dei gruppi e delle loro
azioni. Ma il suo pensiero del religioso resta di poco respiro, nella misura in cui non si rivolge a ciò che
costituisce la specificità del religioso
come risposta a un’attesa o a un de-
Sono il disordine del mondo
e l’ingiustizia dei conflitti
e della povertà a far sì
che ogni credo appaia
come un’arma di combattimento
siderio che oltrepassa la sola solidarietà del gruppo e il suo bisogno di
costituirsi in comunità all’interno di
un’unità sacra. Un’altra lettura rivela, a buon diritto, che nella religione
si manifesta un fondamento antropologico più importante: quello
dell’aspirazione dell’uomo a rispondere all’appello di qualcosa che, potremmo dire, riguarda un mistero.
Questo approccio al numen, al sacro,
caratterizza l’evoluzione della coscienza umana alla quale corrispondono delle forme culturali via via
più complesse, che siano mitologiche, simboliche o rituali. L’apporto
di Julien Ries rispetto a questo punto è fondamentale. L’uomo sarebbe
religioso per natura, ricalcando la
definizione opposta di Aristotele, secondo cui l’uomo per natura sarebbe
un “animale politico”. In ambito sociologico, lavori come quelli di Peter
Berger rimarcano la necessità di fare
riferimento a una comprensione antropologica e filosofica del religioso.
È importante rilevare questa dimensione per chi lavora sulle religioni,
anche riguardo alle società contemporanee, e per chi s’interroga più
nello specifico sul ruolo che le religioni vengono indotte a giocare nelle crisi e nei conflitti. Da parte di un
buon numero di analisti e di ricercatori, le religioni — considerate soltanto come formazioni sociali strutturate e gerarchizzate — sono troppo
spesso stigmatizzate come fattori di
destabilizzazione, responsabili di violenze e causa
di mobilitazione delle comunità le une contro le altre in nome della difesa
dei propri valori. Un ritorno a ciò che sembra essere
l’essenza del religioso contribuirebbe a sfumare le
tesi unilaterali che considerano la religione come
strumento di dominio e sarebbe d’aiuto nel pensare il superamento del conflitto nella direzione
di un ritorno delle religioni a quello
che sembra il loro scopo essenziale.
Questi due approcci al religioso, tra
i molti altri possibili, che qui citiamo
a titolo schematico come modalità di
interpretazione della religione, non
sono tesi contrapposte. La prima
non esclude la seconda, e la seconda
non contraddice la prima. L’uomo
sarebbe homo religiosus e nello stesso
tempo homo socialis.
John Eliot Gardiner racconta Johann Sebastian Bach
Capolavori di un uomo ordinario
di MARCELLO FILOTEI
«È tipico di John Eliot Gardiner unire
l’erudizione a una dose ancora più grande di passione ed entusiasmo. Mi ha fatto venir voglia di precipitarmi ad ascoltare tutte le opere, quelle che conosco e
quelle che non conosco. Uno scrigno di
tesori». Quelle che non conosce dovrebbero essere poche, ma le parole di Simon
Rattle, uno dei più grandi direttori d’orchestra in attività, restituiscono con immediatezza la profondità del ritratto di
Johann Sebastian Bach firmato da Gardiner sotto il titolo La musica nel castello
del cielo (Torino, Einaudi, 2015, pagine
651, euro 38). Quella che Ian Bostridge
definisce «un’impresa straordinaria, brillante, polemica, sapiente» che «come tutte le migliori biografie dedicate a grandi
artisti, costruisce un ponte tra passato e
presente», è un’opera originale ed estremamente approfondita che restituisce la
grandezza di uno dei compositori più
enigmatici e complessi della storia della
Il direttore inglese cerca
di trasmettere ciò che si prova
ad avvicinarsi al genio tedesco
dalla posizione di un esecutore
musica. Un uomo apparentemente normale, addirittura ordinario e, in alcune
occasioni, estremamente irascibile, che è
stato capace di comporre opere sublimi.
Gardiner fin da giovanissimo ha eseguito e studiato il lavoro di Bach e oggi
è uno dei suoi più apprezzati interpreti.
E proprio i frutti dell’esperienza come direttore si concentrano in un ampio saggio
che, che pur radicandosi negli studi più
recenti, riesce a smarcarsene per dirigersi
verso la riscoperta di alcune delle più importanti composizioni bachiane, approfondendo il clima culturale nel quale nacquero, la loro struttura e le impressioni
che produssero sui primi ascoltatori.
I casi più evidenti nei quali la
personalità di Bach sembra infiltrarsi nella partitura vengono utilizzati per offrire al lettore
un’idea reale e concreta di ciò che
poteva significare per il compositore fare musica. Lo scopo è quello di scoprire fin dove è possibile
condividere le esperienze e le sensazioni del genio. Ma forse il motivo vero è la volontà di mettere
in rilievo alcuni tratti di una personalità intimamente sovversiva.
«Dobbiamo sfatare una volta per
tutte l’idea che Bach sia stato,
nella sua vita personale e professionale, una sorta di pietra di paragone, il “quinto evangelista” dei
suoi compatrioti ottocenteschi»
scrive Gardiner. Riconoscendone
la fragilità e le imperfezioni,
«molto meno antipatiche di quelle di Mozart o di Wagner», non
solo Johann Sebastian diventa
più interessante come persona rispetto al vecchio stereotipo della
leggenda, ma ci permette anche
di vedere la sua umanità filtrare
attraverso la sua musica.
Elias Gottlob Haussmann, ritratto di Johann Sebastian Bach (1748)
Certo tutto questo viene fatto
senza proporre una correlazione
diretta tra le opere e la personalità, «tanto più che la parte musicale è in scopi di un compositore, mentre si è sotto
grado di rifrangere una vasta gamma di l’influenza delle emozioni che la sua musiesperienze di vita, molte delle quali non ca evoca». E anche se questo approccio
possono in sostanza essere tanto diverse può essere legittimamente contestato «ciò
dalle nostre». Gardiner disegna però una non significa che la soggettività di per sé
sorta di cerniera che collega la vita ai ca- sia nemica della verità oggettiva o ne
comprometta le conclusioni».
polavori.
La personalità di Bach «si è sviluppata
Quello che cerca di fare l’autore del
e affinata come diretta conseguenza del volume, quindi, è individuare «i modi in
suo pensiero musicale» e il direttore ingle- cui studio analitico ed esecuzione possose prova a «trasmettere ciò che si prova ad no cooperare e, unendosi, dare frutti inavvicinarsi a Bach dalla posizione di un sperati». Pur riconoscendo un «enorme
esecutore e direttore d’orchestra in piedi debito» nei confronti degli esperti e gli
di fronte a un ensemble vocale e strumen- studiosi che lo hanno guidato, «e forse
tale, proprio come lui stesso abitualmente distolto dal disastro», Gardiner coltiva
faceva». Un terreno insidioso perché qual- una visione personale e unica, la stessa
siasi sensazione così ottenuta può essere che ha fatto precipitare Simon Rattle a
facilmente liquidata come soggettiva. È riascoltare tutte le opere di Bach, quelle
forte, scrive Gardiner, «la tentazione di che già aveva incontrato e quelle che ancredere che si possano comprendere gli cora non conosce. Se esistono davvero.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 17 gennaio 2016
pagina 5
Conoscete i raggi che entrano e passano
attraverso i corpi opachi
La vostra anima intelligente
deve essere qualcosa di simile
Papa Montini all’istituto diretto a Roma
dai Fratelli delle scuole cristiane
arissimi Figli, innanzitutto
grazie: grazie di questo bel
dono (un vaso di rose in ferro
battuto eseguito dagli alunni),
che indica già la vostra perizia e la vostra gentilezza; grazie dei fiori
che mi avete presentato per mano dei vostri compagni e grazie di questa accoglienza che mi fa tanto piacere e mi lascia vedere anche, con occhio non ancora esperto, tutte le bellezze che sono qui dentro,
la prosperità di questo Istituto. Io dovrei
dire — forse già lo sapranno — a questi ragazzi: questo Istituto è a me particolarmente caro, perché sempre guardo con
grande simpatia e grande stima dove sono
i ragazzi e dov’è la scuola e dove sono i
Fratelli e dei maestri così. Ma forse lo sapete: io ho abitato quattro anni, e cioè dal
1928 al 1932, qui a due passi, in via delle
Terme Deciane n. 10, secondo piano; e la
Santa Messa la dicevo qui a Santa Prisca,
dove allora era la Comunità delle Agostiniane — che stanno adesso ai Santi Quattro —, ma non so se sia sopravvissuta qualcuna di quelle buone suore.
Tutte le mattine venivo qui; qualche
volta per qualche festa, qualche cerimonia,
in qualche domenica venivo anche a celebrare la Santa Messa nella Cappella: vi ho
anche predicato, e tante volte tutto l’Istituto Pio IX veniva a Santa Prisca.
C’era allora Fratel Ugo [al secolo Ugo
Alibani (1896-1985), vicedirettore dell’Istituto e maestro di canto]. Fratel Ugo era
non un maestro, ma un mago, perché sapeva cavare dalle voci dei vostri compagni
d’allora effetti musicali meravigliosi, che
avrebbero potuto stare nei primi teatri del
mondo. Io mi ricordo una preparazione
dell’Avvento fatta appunto con dei canti —
che ancora ho un po’ nell’orecchio — dei
vostri professori, degli allievi dell’Istituto
Pio IX di quel tempo. Quindi sono, ripeto, abbastanza fedele e grato all’Istituto
che mi ha arricchito di queste belle impressioni, di queste buone memorie. Una
parola, quindi, a questi buoni, cari e stimati Fratelli delle Scuole Cristiane.
Cari Fratelli, innanzitutto mi compiaccio della prosperità, della modernità dello
sviluppo che riscontro in questo Istituto,
del numero stesso di alunni che voi ospitate ed educate. So bene che questo Istituto — per quanto bello e grande sia — è
uno dei tanti, innumerevoli a cui questa
distintissima e benemerentissima famiglia
religiosa dedica le sue cure, e, da questo
Istituto, vorrei che arrivasse un saluto a
tutte le vostre scuole sparse nel mondo, a
tutti i vostri confratelli, con questa particolare intenzione che forse si direbbe me-
C
Il testo inedito del discorso che Paolo
VI
pronunciò il 3 marzo 1965 visitando all’Aventino l’istituto Pio
IX
Tenete gli occhi aperti
E poi volgo gli occhi e vedo le famiglie;
do anche ad esse un saluto; a tutti i papà
e alle mamme, ai fratelli e alle sorelle e alle vostre case. Ai papà e alle mamme dirò
che hanno fatto bene ad avere fiducia in
questi maestri, in questi educatori, che
possono confortare il loro animo, sempre
trepidante per l’educazione dei figli, sapendo di averli affidati a mani esperte,
buone, disinteressate e pure. Abbiate sempre fiducia in questi educatori ed aiutateli,
non date i vostri figlioli senza pensarci
più. Cercate di coordinare la vostra opera
educativa a quella di questi maestri; domandate loro che cosa si deve fare per il
bene dei vostri figlioli; stabilite una conversazione tra famiglia e scuola, come
sempre si va auspicando, e vedrete che
una delle gioie più grandi della vostra vita
— e fonte di meriti superiori — sarà quella
appunto di aver atteso all’educazione buona, moderna, perfetta dei vostri figlioli,
secondo gli stessi vostri desideri e secondo
il piano della Divina Bontà. Accordate, ripeto, fiducia all’Istituto Pio IX che la merita.
E poi sarebbe da fare, adesso, il discorso ai ragazzi. Ma chissà... andrebbe per le
lunghe. Intanto dirò così: lascio una bella
medaglia a ciascuno, come quella che ho
data a quelli che sono venuti qui. E quella
vi sarà di ricordo. «Il Papa è venuto e ha
dato una medaglia a me perché vuole proprio che mi ricordi di tutto quello che
ispira la sua visita».
E poi mi vorrei dilungare a salutare tutte le classi, tutte le categorie, specialmente
quelle dei più piccoli, che ho qui davanti
a me, e quella dei più grandi, che ho visto
nei laboratori, e con grandissima compiacenza: gioventù così brava e così laboriosa
in queste aule di formazione non soltanto
scientifica e morale, ma anche professionale. Ma dirò una sola cosa. Guardo e saluto tutti.
Che cosa vi dice il Papa? Vi dice di «tenere gli occhi aperti». E tanti di voi mi
potrebbero rispondere: «Ma li abbiamo».
E io vi dico che bisogna tenerli aperti in
una maniera ancora più intelligente, ancora più esperta, ancora migliore. Ho cono-
moderni, e così via. Non avevano la capacità di capire le cose.
Invece io vi auguro di essere sempre
con gli occhi aperti. Innanzitutto sui vostri libri. Tenete lo sguardo fisso, aperto
alle vostre lezioni, a quello che imparate;
Il Papa con i giovani del Pio
sciuto tanti ragazzi, sapete — ma voi siete
molto più bravi di quelli che ho conosciuto io —, i quali, si direbbe, vivevano ad
occhi chiusi: non si accorgevano di niente
di quello che stava dintorno. Non avevano
nessuna visione, nessuna idea, sopra il panorama della città, della vita, dei problemi
IX
non perdete tempo. Guardate che la vita è
preziosa, la vita è breve; i vostri anni di
fanciullezza e di giovinezza, passano e
non tornano più. Quanta, quanta gente si
sente dire: «Che sciocco sono stato; potevo e non sono stato bravo ad approfittare.
E questo perché? Ma perché mentre il
Unità interiore
Dal numero 70 (dicembre 2015) del
«Notiziario» dell’Istituto Paolo VI anticipiamo stralci di un articolo che introduce l’inedito di Montini pubblicato in questa pagina.
di PATRIZIA MORETTI
La prima pagina dell’Osservatore Romano del 6 marzo 1965
glio a bassa voce che ad alta, ma è bene
che la sentano anche questi figlioli. Vorrei
con questo mio saluto e questa mia benedizione confinare la vostra vocazione che
è una vocazione difficile, che richiede tanti, tanti sacrifici, una dedizione senza riposo, un dono di sé, di tutte le ore, di tutti i
giorni, di tutte le forze. Avete lasciato tutto: l’abito, la famiglia, lo stesso vostro nome di origine; tutto avete donato per essere Fratelli delle Scuole Cristiane. Avete
messo sulle vostre spalle — sapendolo —
una croce pesante.
Io vorrei confortarvi a portarla sempre
con coraggio, questa croce, sapendo che la
Chiesa vi vuole molto bene, che vi stima,
che sa il prezzo del vostro sacrificio, della
vostra dedizione. E semmai questo vostro
servizio alla gioventù e alle nuove generazioni è stato degno di plauso e di incoraggiamento, mi pare che questa sia l’ora di
dirlo in maniera più grande, più esplicita,
lieto di essere rivestito della Divina Provvidenza di questo grande mandato di Vicario di Cristo per dirvi in nome del Signore: continuate, perseverate, siete sulla
strada regale del servizio di Dio e della
Chiesa. Non mancheranno per voi né le
consolazioni, né i meriti, né i riconoscimenti, né il premio eterno. Siate sicuri.
Il 3 marzo 1965 Papa Montini accolse
l’invito dei Fratelli delle Scuole Cristiane e si recò in visita all’Istituto scolastico Pio IX, situato sul Colle Aventino in Roma. Sorto per volere di Papa
Pio IX e diretto dai figli di san Giovanni Battista de La Salle, in quel periodo ospitava le scuole elementari,
medie e superiori (nello specifico
l’Istituto Tecnico Industriale con le sezioni meccanici e chimici). Paolo VI, al
suo arrivo, volle intrattenersi con i giovani delle due sezioni, informandosi
lungamente sul funzionamento degli
strumenti che venivano utilizzati per le
esercitazioni di laboratorio; quindi si
recò nella cappella per pregare insieme
ai Fratelli, e, in ultimo, si diresse nel
grande atrio dove l’attendevano circa
settecento ragazzi con le proprie famiglie, ansiosi di ascoltare le sue parole.
Oggi abbiamo la fortuna di disporre della versione integrale del discorso
del Papa, dato che era stata pubblicata
una versione sintetica, la quale non
consentiva di comprenderne appieno il
valore. Si tratta di una trascrizione fedele, effettuata dalla registrazione su
nastro dai Fratelli delle Scuole Cristiane e ritrovata nell’Archivio del Pio IX,
che inonda di luce nuova il documento: ci permette di coglierne alcune sfumature che, altrimenti, sarebbero passate inosservate. Il Papa, al suo arrivo
in istituto, è accolto da un’atmosfera
festosa e commossa allo stesso tempo.
Il suo tono, già dalle prime battute, è
colloquiale, probabilmente a voler sottolineare il rapporto familiare stabilitosi con i Fratelli nel periodo in cui a
Roma abitava in via delle Terme Deciane, dal 1928 al 1932, anni in cui ricopriva l’incarico di Assistente ecclesiastico nazionale della Fuci. Nelle
espressioni di Paolo VI si nota un parallelismo tra la «scuola» che serve a
far aprire gli occhi e «l’altra scuola»,
che è la religione di Cristo. La «scuola
del cuore», che insegna ad arrivare a
Dio, che suggerisce l’idea di un Dio
che ama, di un Dio-Padre, di un Dio
che vuole entrare in relazione con
l’uomo. Se gli studenti riescono a
comprendere ciò, la «vita diventa stupenda» e orientata verso l’assunzione
di una grande responsabilità: ridare
un’anima al mondo moderno, riconsegnargli la sua prerogativa, «ritornare
cristiano».
Sembra che queste affermazioni scavino nel profondo dove l'incontro con
il trascendente si realizza. Le convinzioni montiniane arrivano anche in
passaggi minimi, così la percezione
moderna di un mondo senz’anima si
accompagna all’ansia apostolica di colmare questo vuoto. Cosa che potrà
sembrare molto strana, questo compito
immenso è posto nelle mani dei ragazzi. La fiducia nel mondo giovanile è
notevole, ma parte di ciò nasce da una
concreta presa di responsabilità adulta.
Su una targa in marmo, all’ingresso
dell’Istituto Pio IX, sono state riportate alcune parole del discorso del Papa;
qui già citate: «Avete una grande vo-
cazione davanti, giovani, quella di rifare l’armonia fra il mondo esteriore
della meccanica, dell’industria e il
mondo superiore della vita del pensiero, della vita spirituale. Siete chiamati
a rendere questo grande servizio al
mondo, a ridargli un’anima, a ridargli
un respiro, una capacità di preghiera,
ad essere e ritornare cristiano». Tali
parole sembrano indicare un progetto
di vita verso cui gli studenti si incamminano, accompagnati dalla guida
esperta degli educatori, che insieme
con loro intraprendono la strada della
maturità umana, dell’umanizzazione.
È su questo pensiero che Paolo VI insiste: la scuola deve formare uomini e
non solo consegnare competenze.
L’umanizzazione rimane, quindi, la finalità ultima di ogni percorso educativo, così come si deduce dal discorso
di Paolo VI al Pio IX .
L’attualità del pensiero montiniano
sorprende. Oggi, in un mondo frammentato, in cui il soggettivismo è imperante e i percorsi educativi hanno
perso molto del loro equilibrio vitale,
impostare un’educazione che privilegi
la ricostituzione di un’unità interiore,
in cui la fede faccia da principio unificatore della vita, ricondurrebbe la persona umana a riacquistare una personalità stabile e armonica, che possa
“sentire” interiormente il proprio essere unico e originale, in un progetto di
vita elevato oltre il finito.
E ancora una volta, nel discorso di
Papa Montini viene riconsegnato alla
storia l’alto spessore spirituale e culturale della sua figura e del suo magistero.
professore spiegava tenevo gli occhi di
qua e di là». Tenete gli occhi fissi, tenete
gli occhi aperti sui vostri libri e poi, e poi
guardate.
Sembrerà che quasi sia superfluo quello
che io vi dico, ma non è. Tenete gli occhi
aperti sul vostro Istituto: capitelo, vedete
che cosa è, come è bello, come è amoroso,
come tutto è rivolto al vostro bene; è una
fortuna per voi. Vi accorgerete, figlioli,
che qui siete immensamente amati, che
siete serviti, che c’è della gente che potrebbe fare tante belle carriere, che ha rinunciato a tutto per voi, proprio per voi.
Vi accorgerete che siete oggetto di questi
sacrifici, di questo amore. E allora domanderei: se avete gli occhi aperti, avete anche
il cuore aperto?
Volete bene ai vostri «Fratelli», ai vostri
«Maestri»? Sì... Ecco, non è vero? Se voi
— e qui il discorso andrebbe ai più grandi
— tenete gli occhi aperti sulle grandi verità
della vita, può essere che voi siate attentissimi davvero, con gli occhi spalancati e
fissi sui vostri strumenti meravigliosi, che
guardiate in maniera incantevole i fenomeni della fisica e della chimica, le nuove
leggi che vengono scoperte e applicate;
potrebbe — ripeto — succedere che questa
visione del mondo fisico, del mondo meccanico diventasse uno schermo per voi e
che il vostro occhio si fermasse lì e non
vedesse che macchine, che movimenti, che
fenomeni fisici e chimici; non vedesse che
il risultato economico, che può nascere dal
lavoro che avete per le mani, e diceste:
«Questo è tutto». Sareste ciechi, sareste
miopi, cioè la vostra visione sarebbe incompleta, sarebbe come se uno vedesse al
di fuori e non capisse che di là da questa
scena del mondo fisico e chimico e dal mondo della natura che
si squaderna c’è... c’è... che cosa
c’è? [I giovani rispondono:
D io].
Ah, lo sapete, ma, certamente,
siete così bravi voi, voi che li
usate questi strumenti; è spontaneo da parte vostra il dire: «Ma
guarda che cosa ho incontrato
qui...». Che cosa? Un ferro?
No, un pensiero, perché ha una
legge. E chi è che fa questa legge? Al di là di questo schermo
fisico, chimico, che è del mondo
della natura — che ci palesa le
sue immense, bellissime, complicatissime leggi, di cui diventiamo padroni —, che c’è? Tenete
gli occhi aperti! Guardate! Che
cosa vuol dire intelligente? Intus
legere, leggere dentro. Bisogna
essere capaci di leggere dentro
le cose, non soltanto il loro
aspetto esterno, non soltanto la
faccia esteriore, ma dentro. E allora sappiate che avete una
grande vocazione davanti oh
giovani! Quella di rifare... come
dire: l’alleanza? L’amicizia? La
concordia? L’armonia fra il
mondo esteriore della meccanica, dell’industria e il mondo superiore della vita del pensiero, della vita
spirituale, e della vita religiosa? Sì. E voi
lo potete! Ecco perché vi dico: tenete gli
occhi aperti.
Voi avete la fortuna di essere in una casa che educa a questa visione interiore,
che vi abitua a questa penetrazione. Voi
conoscete i raggi che entrano e passano
attraverso i corpi opachi. La vostra anima
intelligente deve essere qualcosa di simile:
leggere, attraverso l’opacità delle cose,
quello che c’è dentro, quello che c’è sotto;
troverete un mondo ancora più meraviglioso di quello che i vostri sensi vi presentano. Il mondo del mistero, il mondo
sconfinato della realtà che non possiamo
misurare, ma che ci viene incontro e che ci
dice una parola che non avremmo mai potuto aspettare: chi è quel Dio che sta dietro questo schermo? Mistero!
E chi invece mi insegna a leggere, a capire in una sola parola il suo cuore? È la
religione di Cristo che vi dice: «Guarda, il
Dio che sta al di là delle cose che vedi è
un Dio che ti ama... È un Dio Padre!... È
La vostra vocazione
è quella di ricostruire l’armonia
fra il mondo della meccanica
e quello superiore
della vita del pensiero
un Dio che vuol venire in contatto, a colloquio con te». La vita diventa stupenda,
diventa meravigliosa, e proprio voi che
siete quasi candidati — direi — a servire la
materia, siete chiamati più degli altri a indovinare, a leggere lo spirito.
Siete chiamati a rendere questo grande
servizio al mondo moderno: a ridargli
un’anima, a ridargli un respiro, una capacità di preghiera e — diciamo tutto in una
sola parola, che tutto conclude — ad essere
e ritornare cristiano.
Lo farete, cari figlioli? [I giovani rispondono: Sì] Bravi! E vedrete che la vita
— ripeto — diventerà bella e interessante.
Avrete qualche fatica: bisogna tenere l’anima insonne, sempre tesa verso queste realtà superiori, ma vedrete — come vi dicevo
— che esse vi vengono incontro con un saluto di amore, di amicizia, di speranza che
vi dice: «Ecco questa è la vita vera! La vita cristiana!».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
domenica 17 gennaio 2016
Il dialogo teologico con la Chiesa ortodossa
Tra sinodalità e primato
di ANDREA PALMIERI*
Nell’anno appena trascorso, il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e
la Chiesa ortodossa portato avanti
dalla Commissione mista internazionale ha continuato a concentrarsi
sullo studio della questione cruciale
del rapporto tra primato e sinodalità
nella vita della Chiesa.
La difficoltà di giungere alla pubblicazione di un nuovo documento
comune che esprima una visione
condivisa da cattolici e ortodossi sul
modo in cui primato e sinodalità
debba-
logici e non solo su di una mera opportunità pratica finalizzata al buon
funzionamento delle istituzioni ecclesiastiche. Una bozza di documento ispirata a questo tipo di approccio è stata criticata da alcuni membri
della Commissione durante la sessione plenaria tenutasi ad Amman nel
settembre 2014, in quanto essi ritenevano non corretto far dipendere lo
sviluppo di tutte le istituzioni della
vita della Chiesa a ogni suo livello
direttamente da un modello teologi-
Benedetto Pietrogrande, «L’incontro tra Paolo
no concretamente articolarsi nella vita della Chiesa, soprattutto a livello
universale, questione sollevata già
dal documento approvato a Ravenna
nel 2007, «Le conseguenze ecclesiologiche e canoniche della natura sacramentale della Chiesa. Comunione
ecclesiale, conciliarità e autorità», è
legata principalmente a due fattori.
Innanzitutto, la tematica in oggetto è al cuore stesso del contenzioso
storico tra cattolici e ortodossi, soprattutto per come si è sviluppato
nel secondo millennio. Il lavoro della Commissione mista internazionale
è in qualche modo condizionato da
secoli di dispute e polemiche sulla
questione del primato del vescovo di
Roma, nel corso dei quali le posizioni si sono radicalizzate finendo con
l’apparire quasi inconciliabili. Tali
posizioni radicali sono spesso ancora
vive nella coscienza di una parte di
pastori e fedeli, che, per questo motivo, guardano con grande sospetto
il lavoro della Commissione mista
internazionale.
Un’ulteriore causa è di ordine metodologico. In un primo momento,
la Commissione ha preso in esame il
tema del rapporto tra primato e sinodalità al livello della Chiesa universale con un approccio di tipo storico, cercando di descrivere, attraverso l’attenta analisi delle fonti storiche, patristiche e canoniche, quale
fosse il ruolo del vescovo di Roma
nella comunione della Chiesa durante il primo millennio. L’impossibilità
di giungere a un’interpretazione comune delle fonti analizzate ha spinto alcuni membri della Commissione
a proporre di rinunciare a una metodologia storica e di ricorrere a un
approccio più teologico speculativo
per mostrare come la necessità del
primato e della sinodalità a livello
universale, così come della loro reciproca correlazione, sia fondata su
solidi principi teologici ed ecclesio-
VI
e Atenagora»
co. In realtà, la contrapposizione tra
metodologia storica e teologica è
soltanto teorica. Se è vero che il primato appartiene all’essere della
Chiesa così come è stata voluta da
Dio, è altrettanto vero che lo sviluppo storico delle istituzioni ecclesiastiche non è privo di valore teologico. Poiché, per noi cristiani, il fatto
che Dio si rivela nella storia è un
dato di fede, dobbiamo saper cogliere i segni della sua presenza e della
sua azione nella storia della Chiesa.
Soltanto integrando i due approcci
sarà possibile individuare, nella prassi secondo la quale il primato della
Chiesa di Roma era esercitato nel
primo millennio, alcuni elementi
non solo ispirativi ma normativi sulla modalità di esercizio di un primato universale che possa essere accettato oggi sia dai cattolici che dagli
ortodossi.
Consapevole di queste difficoltà,
durante la sessione plenaria di Amman, la Commissione aveva deciso
di redigere un nuovo documento. La
bozza preparata in quella sede, tuttavia, fu ritenuta non ancora pronta
per la pubblicazione in quanto priva
di un sufficiente approfondimento
teologico. Per questo motivo, i membri della Commissione mista internazionale affidarono al Comitato di
coordinamento il mandato di rivedere e completare il testo elaborato ad
Amman.
A tal fine, dal 25 al 27 giugno, ha
avuto luogo a Roma una riunione di
un Gruppo di redazione, composto da quattro membri cattolici e
da altrettanti membri ortodossi
(patriarcato ecumenico, patriarcato di Mosca, patriarcato di
Romania, Chiesa di Cipro), il
quale ha arricchito la bozza di
documento, con i contributi
precedentemente inviati ai due
co-segretari dai membri della
Commissione presenti alla suddetta plenaria.
In seguito, dal 14 al 19 settembre, sempre a Roma si è
tenuta la riunione del Comitato misto di coordinamento
composto da nove membri
cattolici e da altrettanti ortodossi sotto la presidenza del
cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio
per la promozione dell’unità
dei cristiani, e del metropolita
di Pergamo, Ioannis Zizioulas,
del patriarcato ecumenico. Il
Comitato di coordinamento ha
completato lo studio della
bozza di documento da sottoporre alla plenaria della Commissione mista internazionale,
che si riunirà il prossimo settembre per valutare se le difficoltà precedentemente citate
sono state superate e si potrà
finalmente procedere alla pubblicazione del testo.
Papa Francesco ha espresso
il suo sostegno al lavoro della
Commissione mista internazionale in un discorso pronunciato lo scorso 27 giugno, in occasione della tradizionale visita a
Roma di una delegazione del patriarcato ecumenico per la festa dei
santi Pietro e Paolo: «I problemi che
si possono incontrare nel corso del
dialogo teologico non devono indurre a scoraggiamento o rassegnazione.
L’attento esame di come si articolano nella vita della Chiesa il principio della sinodalità ed il servizio di
colui che presiede offrirà un contributo significativo al progresso delle
relazioni tra le nostre Chiese».
Il patriarca di Antiochia in vista del sinodo panortodosso
Unità
non divisioni
AL-KURAH, 16. La tragica situazione in Siria, la paralisi istituzionale libanese, ma anche il grande
sinodo panortodosso previsto a
giugno: sono i principali argomenti affrontati nei giorni scorsi
dai vescovi della Chiesa greco-ortodossa di Antiochia, riunitisi nel
monastero di Nostra Signora di
Balamand, nella contea amministrativa di Al-Kurah, nel nord del
Libano. Alla riunione hanno partecipato presuli provenienti da vari Paesi del Medio oriente e dalle
comunità della diaspora disseminate in altri continenti.
Giovanni X (Yazigi), patriarca
greco-ortodosso di Antiochia e di
tutto l’Oriente, ha invitato le
Chiese ortodosse — riferisce
l’agenzia Fides — a custodire
l’unità, evitando divisioni e spaccature. Solo in questo modo il sinodo panortodosso potrà essere
«occasione propizia per offrire al
mondo moderno una testimonian-
za unitaria e all’altezza delle urgenze del nostro tempo». Chiaro
il riferimento alle difficoltà procedurali e alle divisioni che continuano ad affiorare tra le varie
anime dell’ortodossia, condizionando pesantemente la preparazione dell’evento convocato nel
marzo 2014 dai primati riuniti a
Istanbul su invito del patriarca
ecumenico Bartolomeo.
In tal senso, un segnale positivo è da considerare la “pace” firmata mercoledì al Fanar tra patriarcato ecumenico e Chiesa ortodossa delle Terre ceche e di
Slovacchia, alle prese con uno scisma interno. Grazie a colloqui
condotti dal metropolita di Pergamo, Ioannis (Zizioulas), Costantinopoli ha riconosciuto il metropolita Rastislav come primate,
dopo che quest’ultimo ha chiesto
perdono per dichiarazioni contro
il patriarcato ecumenico e il popolo greco.
Il Santo Padre è quindi tornato a
parlare del rapporto tra sinodalità e
primato, intervenendo alla commemorazione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del sinodo
dei vescovi, lo scorso 17 ottobre, con
alcune pregnanti considerazioni:
«Sono persuaso che, in una Chiesa
sinodale, anche l’esercizio del primato petrino potrà ricevere maggiore
luce. Il Papa non sta, da solo, al di
sopra della Chiesa; ma dentro di essa come battezzato tra i battezzati e
dentro il collegio episcopale come
vescovo tra i vescovi, chiamato al
contempo — come Successore
dell’apostolo Pietro — a guidare la
Chiesa di Roma che presiede
nell’amore tutte le Chiese».
Il dialogo teologico tra la Chiesa
cattolica e la Chiesa ortodossa ha
trovato un ulteriore motivo di incoraggiamento nella commemorazione
del cinquantesimo anniversario della
rimozione dalla memoria e dal mezzo della Chiesa delle sentenze delle
scomuniche scambiate reciprocamente dalla Chiesa di Roma e dalla
Chiesa di Costantinopoli nel 1054,
anniversario che ricorreva il 7 dicembre. Questo significativo evento, che
può essere giustamente considerato
come una pietra miliare del cosiddetto dialogo della carità, è stato ricordato nei messaggi di Papa Francesco e del patriarca ecumenico Bartolomeo durante la visita al Fanar
della delegazione della Santa Sede
per la festa di sant’Andrea, patrono
della Chiesa di Costantinopoli, il 30
novembre.
Facendo memoria del coraggioso
gesto compiuto dal beato Paolo VI e
dal patriarca Atenagora, con il quale
la logica dell’antagonismo, della diffidenza e dell’ostilità, simboleggiata
dalle scomuniche reciproche, è stata
sostituita dalla logica dell’amore e
della fratellanza, rappresentata dal
nostro abbraccio fraterno, il Santo
Padre affermava che «avendo ristabilito una relazione di amore e fratellanza, in uno spirito di fiducia reciproca, di rispetto e di carità, non c’è
più alcun impedimento alla comunione eucaristica che non possa essere superato attraverso la preghiera,
la purificazione dei cuori, il dialogo
e l’affermazione della verità».
Da parte sua, il patriarca Bartolomeo, dopo aver sottolineato l’importanza del dialogo dell’amore sempre
più intenso tra cattolici e ortodossi,
così si esprimeva a riguardo del dialogo della verità: «Riconosciamo e
ammettiamo le difficoltà che questo
dialogo sta attraversando, specialmente nella sua fase attuale, in cui
vengono esaminate questioni spinose
come il primato nella Chiesa; tuttavia, siamo incoraggiati dal costatare
che sono state già gettate fondamenta solide e adeguate per risolvere la
questione con lo straordinario testo
congiunto di Ravenna, che crea il
contesto e le condizioni per l’esercizio del primato nella Chiesa, che è
un primato di servizio, radicato nella
natura stessa della Chiesa, ed estremamente necessario per lo svolgimento del suo ministero nel mondo».
Mentre il dialogo teologico prosegue il suo lavoro, è motivo di grande speranza il fatto che cattolici e
ortodossi camminino già insieme
nell’offrire una comune testimonianza di impegno a favore della cura
del creato. Da questo punto di vista,
ha una straordinaria importanza ecumenica il fatto che, nell’enciclica
Laudato si’, Papa Francesco abbia
voluto ricordare, come esemplare,
l’impegno del patriarca ecumenico
Bartolomeo per la cura del creato
(cfr. Laudato si’, n. 8-9). Inoltre, il
Santo Padre, con una lettera indirizzata, oltre che al cardinale Koch, al
cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della giustizia e della pace, il 6
agosto, ha istituito la Giornata mondiale di preghiera per la cura del
creato da celebrarsi ogni anno il 1°
settembre, come avviene nel patriarcato ecumenico già da molti anni.
Malgrado le difficoltà sopra descritte, resta, dunque, viva la speranza che questo dialogo porterà, a suo
tempo e con le sue modalità, frutti
abbondanti sul cammino verso la
piena e visibile unità di tutti i cristiani.
*Sotto-segretario del Pontificio
Consiglio per la promozione dell’unità
dei cristiani
Durante la Quaresima
In preghiera a Roma
con i fratelli di Taizé
TAIZÉ, 16. Durante la Quaresima,
dall’11 febbraio al 19 marzo, in occasione dell’Anno santo della misericordia, alcuni fratelli di Taizé animeranno, a Roma, una preghiera
meditativa con i canti della comunità. Gli incontri avranno luogo
due volte al giorno, alle 12 e alle 17,
tutti i giorni della settimana a eccezione della domenica, nella basilica
di San Giovanni Battista de’ Fiorentini, in piazza dell’Oro 1, vicino
a ponte Vittorio Emanuele II. È
una delle tre chiese scelte dagli organizzatori del giubileo come luo-
go di preparazione per i fedeli, in
gruppo o individualmente, prima
di compiere il pellegrinaggio verso
la porta santa della basilica di San
Pietro. I fratelli della comunità —
riferisce un comunicato — saranno
lieti se giovani fra i 18 e i 30 anni,
che conoscono i canti di Taizé, potessero unirsi a loro per qualche
giorno e aiutare nell’animazione
della preghiera. Per informazioni
l’indirizzo di posta elettronica è
[email protected]
con
oggetto
«Roma 2016».
Proposta del primo ministro Borisov
Bisogna formare
i futuri imam in Bulgaria
SOFIA, 16. Il primo ministro bulgaro, Boyko Borisov, ha esortato il
Parlamento a creare una succursale
ufficiale per l’insegnamento superiore dell’islam, al fine di evitare
che gli imam vengano formati
all’estero. «Invece di nascondere la
testa sotto la sabbia come fanno gli
struzzi, bisogna discutere su dove e
come vengono formati i leader musulmani bulgari», ha sottolineato il
primo ministro Borisov ai deputati.
«Anche se abbiamo centinaia di
migliaia di musulmani, gran parte
di loro (imam e mufti) sono supportati dalla Turchia».
Dopo cinque secoli di dominio
ottomano (XIV-XIX secolo), in Bulgaria — ricorda l’agenzia di stampa
Afp — vive la più grande minoranza turca nei Balcani, circa il 10 per
cento della popolazione su 7,3 mi-
Iniziativa Moschee aperte
Il vero volto
dell’islam
in Francia
PARIGI, 16. È stata un successo
l’iniziativa Moschee aperte svoltasi lo scorso fine settimana in
Francia. Secondo Anouar Kbibech, presidente del Consiglio
francese del culto musulmano
(Cfcm), intervistato dal quotidiano «Le Figaro», circa il 75
per cento dei luoghi di culto
aderenti alla federazione ha aderito: «Ogni moschea ha ricevuto
la visita di un numero di persone variante fra cento e trecento
unità, e tutti coloro che ho potuto sentire hanno mostrato
gioia per la riuscita delle due
giornate». La volontà era approfondire la reciproca conoscenza,
mostrare la vera faccia dell’islam
a dispetto di quella distorta, deturpata dai crimini degli estremisti ed enfatizzata dai mezzi di
comunicazione. Una sorta di
“operazione trasparenza” che il
Cfcm ha deciso di ripetere ogni
anno.
lioni di abitanti. Con i pomacchi
(bulgari convertiti all’islam) e parte
dei rom, i musulmani costituiscono, secondo le stime, il 13 per cento della popolazione, il tasso più
alto dell’Unione europea. Sofia ha
già un Istituto superiore islamico,
ma le sue credenziali non sono riconosciute dallo Stato. Molti imam
e mufti quindi beneficiano di borse
di studio di laurea messe a disposizione da Turchia, Arabia Saudita e
Giordania. Il riconoscimento ufficiale dell’Istituto, fondato nel 1999,
permetteva, secondo il Governo, di
controllarne l’insegnamento e di
evitare che molti musulmani venissero formati all’estero.
In una recente dichiarazione, il
gran muftì di Bulgaria, Mustafa
Hadji, aveva anche chiesto «data la
difficile situazione internazionale,
l’accreditamento immediato dell’Istituto superiore Islamico, nell’interesse dell’intera società bulgara».
Nel 2013, tredici leader musulmani bulgari, molti dei quali hanno studiato in Arabia Saudita e in
Giordania, sono stati accusati di
«diffusione dell’ideologia salafita
per imporre il califfato». Tuttavia i
fatti non sono stati provati e solo
un imam è stato condannato a due
anni di carcere.
Dalla fine del regime comunista,
nel 1990, in Bulgaria sono state
erette decine di moschee grazie ai
finanziamenti provenienti dalla
Turchia e dell’Arabia Saudita.
L’OSSERVATORE ROMANO
domenica 17 gennaio 2016
pagina 7
Nella Giornata del migrante e del rifugiato celebrazione giubilare a Lampedusa
Porta d’Europa e di misericordia
AGRIGENTO, 16. Da porta d’Europa a porta santa della misericordia. Lampedusa, sospirata terra
d’approdo nelle disperate rotte
dei migranti del Nord Africa e
del Medio oriente in fuga da fame e guerre, diventa in queste
ore uno dei luoghi privilegiati del
giubileo. Con la celebrazione dei
primi vespri, il cardinale arcivescovo di Agrigento, Francesco
Montenegro, apre la porta santa
nel santuario della Madonna di
Porto Salvo. L’occasione è data
dalla Giornata mondiale del migrante e del rifugiato che si tiene
domenica. Nella mattina, alla
“Porta d’Europa”, il monumento
innalzato in memoria dei migranti morti in mare e scelto dal cardinale Montenegro come luogo
giubilare, è prevista una sosta di
preghiera e di riflessione sul tema
della Giornata: «Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta
del Vangelo della misericordia».
Successivamente, nel corso della
messa, è prevista la consegna alla
comunità di Lampedusa del Crocifisso, formato da remi di barche, regalato dal presidente Raúl
Castro al Papa durante il suo
viaggio apostolico a Cuba.
I lampedusani sono stati «sempre accoglienti nei riguardi di chi
arrivava nell’isola dalla terra africana. Allora, se quella porta i
lampedusani
l’hanno
sempre
aperta, ecco, forse è opportuno
continuare a tenerla aperta perché ci si renda conto che la storia
ha bisogno di cambiare un po’,
ha bisogno di caricarsi più di
umano», ha sottolineato il cardinale Montenegro ai microfoni di
Radio vaticana. Il porporato ha
poi spiegato che «vicino al santuario ci sono delle grotte, dove
si radunavano cristiani e musulmani per pregare. È un luogo
speciale, dove gli uomini si sono
incontrati e insieme hanno guardato il cielo. Aprire la porta santa
di quel santuario è desiderare che
tutti ci sentiamo coinvolti in questa storia che apre il cuore a Dio
e ai fratelli».
Così, l’apertura di una porta
santa a Lampedusa, prosegue
Montenegro, «è un monito che si
fa prima ai credenti», perché
«probabilmente, noi credenti ancora dobbiamo fare dei passi in
avanti, perché anche noi qualche
volta siamo presi dalla paura. Se
noi riusciamo a cambiare il cuore
e aprire la porta del cuore, la storia già sta cambiando. Se poi
questo segno, che vale per noi
credenti, è un segno che gli altri
possono e vogliono leggere, ecco
che allora è una possibilità data a
tutti di aprire, ripeto, la porta del
cuore per andare incontro e per
accogliere chi viene».
Proprio alla vigilia della Giornata del migrante, il Consiglio
delle conferenze episcopali d’Europa (Ccee) ha intanto diffuso i
risultati di un’indagine condotta
tra gli episcopati di 24 Paesi europei. Lo studio, realizzato
nell’autunno 2015 in collaborazione con la Commissione internazionale cattolica per le migrazioni, ha avuto come scopo — spiega
un comunicato del Ccee — quello
di tracciare un quadro della risposta della Chiesa all’attuale crisi migratoria e condividere idee
su possibili nuove risposte concrete. Emerge così che «la Chiesa
in Europa ha risposto in maniera
positiva ai bisogni urgenti di rifugiati e migranti». La ricerca constata, infatti, che anche «a seguito dell’invito di Papa Francesco e
visti i bisogni urgenti di migranti
e rifugiati, la Chiesa in Europa
ha mostrato una grande apertura
e ha sviluppato modalità concrete
per accogliere lo straniero». Si
tratta di iniziative di «aiuto immediato a coloro che si trovano
maggiormente nel bisogno e varie
azioni a lungo termine volte a facilitare
l’integrazione».
Nella
maggior parte dei Paesi europei,
inoltre, la Chiesa collabora con le
autorità e porta avanti la sua
azione in collaborazione con gli
Stati. «La sua competenza è volta
a informare meglio e a sviluppare
politiche che contribuiscano alla
coesione sociale e allo sviluppo».
I vescovi europei ricordano poi
quante volte insieme a Papa
Francesco si siano rivolti alla comunità internazionale, «richiamandola a fare tutto il possibile
per instaurare pace e stabilità».
Infatti, «la guerra e il conflitto rimangono tra le cause maggiori
dell’attuale crisi dei rifugiati» e
«senza una chiara volontà politica che miri al raggiungimento
della pace e a una migliore comprensione della solidarietà e dello
sviluppo globale, la crisi attuale
porterà inevitabilmente a un ulteriore aumento delle tensioni, della paura e della violenza».
Messaggio dei vescovi del coordinamento delle conferenze episcopali per la Chiesa in Terra santa
Determinati a dare voce ai senza voce
GERUSALEMME, 16. «Voi non siete
dimenticati»: è questo il messaggio
che i vescovi del Coordinamento
delle Conferenze episcopali a sostegno della Chiesa in Terra santa
(Holy Land Coordination, Hlc),
composto da presuli di Stati Uniti,
Unione europea, Canada e Sud
Africa, hanno diffuso al termine della loro visita alle comunità cristiane
di Gaza, Betlemme e ai rifugiati iracheni e siriani in Giordania. Nel comunicato — riferisce Sir — i vescovi
si dicono «determinati a dare voce
ai senza voce. La violenza rende ancora più urgente che
ci si ricordi e si assistano tutti, specialmente quelli ai margini, che cercano di vivere nella giustizia e
nella pace». Il ricordo
dei presuli va a coloro
che, nella guerra di
Gaza del 2014, hanno
perso la casa e sono
rimasti traumatizzati.
Nonostante
qualche
“segno di speranza”,
«il blocco continua a
rendere la loro vita disperata. La capacità di
tanti cristiani e musulmani nel sostenersi a
vicenda in questa situazione è un segno
visibile di speranza un
esempio
per
tutti
noi».
Profughi cristiani
di origine irachena ospitati
in una chiesa
«Voi non siete dimenticati» è rivolto anche alla comunità cristiana
di Beit Jala, dove «la confisca della
terra e l’espansione del muro di separazione nella valle di Cremisan,
minano ulteriormente la presenza in
Terra santa. Presenteremo la vostra
grave situazione a livello nazionale e
internazionale».
I leader politici di tutto il mondo
— rimarcano i vescovi — devono
mettere maggiore energia nella ricerca di una soluzione diplomatica nel
conflitto israelo-palestinese in modo
che i due popoli e le tre fedi possa-
no vivere insieme in giustizia e pace.
Momento focale della visita di quest’anno è stato l’incontro con i rifugiati cristiani in Giordania. I vescovi
hanno avuto modo di parlare con
loro e ascoltare le loro storie. «Per la
maggior parte, il ritorno a casa non
è più un’opzione. La Giordania —
scrivono i presuli — sta lottando per
far fronte a quasi un quarto della
sua popolazione ora composta da rifugiati. Gli sforzi della Chiesa locale
e delle ong nell’aiutare tutti i rifugiati sono significativi e lodevoli, ma
la comunità internazionale deve fare
di più per alleviare le loro sofferenze
e lavorare per la pace».
Un pensiero va anche ai sacerdoti,
alle comunità religiose e ai laici della Chiesa in Giordania, definita «vivace e in crescita» sebbene i cristiani
«siano timorosi per l’estremismo crescente nella regione. Si spera — concludono i vescovi — che l’accordo
globale tra Santa Sede e Stato di
Palestina ci offra un modello di dialogo e di cooperazione tra gli Stati
che rispetti e preservi la libertà di
religione e di coscienza per tutti i
popoli».
Il nunzio apostolico sulla situazione in Siria
Va garantito
il rispetto dei diritti umani
DAMASCO, 16. «Ammetto che vi
possano essere delle difficoltà ma
l’uso strumentale della fame e della
sete, come arma di guerra, è inammissibile, è un crimine, una vergogna, e mi meraviglio che i media
internazionali ne parlino solo ora»:
non usa mezzi termini il nunzio
apostolico in Siria, arcivescovo Mario Zenari, per denunciare le gravi
violazioni perpetrate da troppo
tempo in territorio siriano. «Vi sono
realtà — racconta il presule, interpellato da AsiaNews — in cui la
gente da oltre un anno muore di fame, mentre alle porte di villaggi e
città vi sono camion carichi di cibo,
latte, medicine». Il riferimento è a
località sotto assedio come Madaya
(dove giovedì è giunta la seconda
carovana di aiuti), Foah e Kefraya,
al campo profughi di Yarmouk, alle
porte di Damasco. «Una situazione
— avverte — che va risolta eliminando alla radice il conflitto», poiché
«una soluzione politica al conflitto
siriano si può trovare anche domani, fra un mese, ma i diritti umani
riconosciuti a livello internazionale
vanno garantiti e rispettati».
Monsignor Zenari ha invitato la
stampa mondiale a «prestare maggiore attenzione alla questione
umanitaria, un problema impellente
che va risolto subito». Riferendosi
a Madaya, che in questi giorni ha
guadagnato le prime pagine dei
giornali, il presule si dice «meravigliato» che l’attenzione dei media
sia arrivata solo ora: «Da mesi le
Nazioni Unite hanno lanciato l’allarme nella zona, così come a soli
sette chilometri dalla capitale continua a consumarsi la vergogna di
Yarmouk», una sorta di prigione a
cielo aperto, un campo profughi in
condizioni disperate.
In questo contesto difficile, il
nunzio apostolico approva e incoraggia gli sforzi di quanti operano
per sbloccare situazioni a rischio.
In tal senso l’ingresso di aiuti a
Madaya, Foah e Kefraya «sono segnali positivi sul piano umanitario»
(anche il vicario apostolico di Alep,
Georges Abou Khazen, ha parlato
al riguardo di «piccoli segni di incoraggiamento e di speranza»). Va
riconosciuto — ha sottolineato Zenari — il lavoro di Onu, Croce rossa e Mezzaluna rossa che, «con costanza e senza fare rumore, hanno
lavorato per giungere a questi accordi e garantire l’ingresso di aiuti». Così come lo sforzo profuso
dalla Chiesa e dai singoli sacerdoti,
suore, religiosi che, «grazie alla loro
presenza sul posto, restano un punto di riferimento importante a livello umanitario».
Incontro promosso dal contingente italiano in Libano
I caschi blu
e il dialogo interreligioso
BEIRUT, 16. Un summit interconfessionale che ha coinvolto le maggiori autorità religiose del sud del Libano — area di responsabilità della
missione Unifil (United Nations
Interim Force in Lebanon) — è stato organizzato nei giorni scorsi dal
contingente italiano nella base della
Brigata Alpina Taurinense di stanza
a Shama. Hanno aderito all’iniziativa — riferisce una nota dello stesso
contingente italiano — il mufti sciita di Tiro, Hassan Abdullah, il
mufti sunnita, Medrar Al Habbal,
l’arcivescovo di Tiro dei GrecoMelkiti, Michel Abrass, e l’arcivescovo di Tiro dei Maroniti, Chucrallah-Nabil El-Hage, che «in un
clima sereno e cordiale hanno affrontato svariati argomenti convenendo tutti sull’importanza del dialogo e della convivenza pacifica tra
i diversi culti».
Il comandante del Sector West,
generale Franco Federici, ha sottolineato come nel sud del Libano, caratterizzato da multiculturalismo e
interconfessionalità, si respiri grande armonia. Ciò anche grazie
all’impegno dell’Unifil e del contingente italiano, molto attento a promuovere e a stimolare il dialogo tra
le confessioni. Tante sono, infatti,
le dimostrazioni di rispetto degli
uni verso gli altri: solo per citare
un esempio, nelle recenti festività
natalizie, i rappresentanti musulma-
ni si sono recati nei villaggi cristiani per gli auguri, cosa che si ripete
in maniera vicendevole. «Il nostro
auspicio — ha concluso il generale
Federici — è che questa armonia tra
confessioni possa andare oltre i
confini del Libano».
L’incontro interreligioso era finalizzato a migliorare la collaborazione con i leader spirituali presenti
nell’area di operazioni del Sector
West per calibrare sempre più efficacemente la cooperazione e il supporto alla popolazione civile del
sud del Paese. Le autorità intervenute hanno rivolto apprezzamento
e gratitudine ai caschi blu italiani,
per il contributo fornito al mantenimento della stabilità e della sicurezza nell’area: «Il periodo di stabilità
che si vive in questa parte del Paese
— hanno osservato — è uno dei più
lunghi che si ricordi nella nostra
storia recente. La convivenza in Libano è un valore irrinunciabile».
Le unità dell’Unifil, su richiesta
del Governo libanese, agiscono come “forze cuscinetto”. L’Italia, allo
scopo di contribuire all’incremento
del pacchetto di forze a disposizione, partecipa appunto alla missione
internazionale con l’operazione denominata in ambito nazionale
«Leonte». Dal 24 luglio 2014 al comando della forza Onu in Libano
c’è il generale di divisione Luciano
Portolano.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
domenica 17 gennaio 2016
Fortunato Depero
«Lavoratori» (1925-1939, particolare)
Con il Movimento cristiano lavoratori il Papa denuncia l’illegalità che porta alla corruzione
Per un nuovo
umanesimo del lavoro
«Dobbiamo formare, educare a un nuovo umanesimo del lavoro, dove l’uomo, e
non il profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva
dell’uomo»: lo ha ribadito Papa Francesco ricevendo in udienza sabato mattina,
16 gennaio, nell’Aula Paolo VI, dirigenti e aderenti al Movimento cristiano
lavoratori.
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Vi accolgo con piacere e ringrazio il
Presidente per le parole che mi ha
indirizzato. Rivolgo un fraterno benvenuto ai Pastori che hanno voluto
essere presenti con voi, e alcuni di
loro venendo anche da lontano. Saluto tutti voi e ringrazio i due rappresentanti, Maria e Giovanni, per le
testimonianze che hanno scritto.
Nella sua testimonianza, Maria
accennava alla vostra vocazione, par-
lando di “vocazione del lavoro”. È
vero: il lavoro è una vocazione, perché nasce da una chiamata che Dio
rivolse fin dal principio all’uomo,
perché “coltivasse e custodisse” la
casa comune (cfr. Gen 2, 15). Così,
nonostante il male che ha corrotto il
mondo e anche l’attività umana,
«nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale l’essere umano
esprime e accresce la dignità della
propria vita» (Esort. ap. Evangelii
gaudium, 192). Come possiamo ri-
Dalla parte dei disoccupati
«Dalla parte dei lavoratori e di chi
il lavoro non riesce a trovarlo»: ecco il biglietto da visita che il Movimento cristiano lavoratori ha presentato stamani al Papa. «La storia
di questa associazione ecclesiale —
ha spiegato il presidente Carlo Costalli — è scritta alla luce dell’impegno di testimonianza evangelica di
tutti coloro che vi appartengono» e
«il cammino quotidiano si ispira
alla parola di Dio e al magistero
sociale della Chiesa». Dunque, ha
rilanciato Costalli, incontrare Francesco è «il modo per riprendere ossigeno e dare senso all’impegno
che ci attende al servizio della gente che lavora, dei giovani» ma anche «delle persone trascurate dalla
società, delle povertà reali e di chi
non trova ascolto in un mondo che
ha sempre fretta».
Di recente, ha ricordato il presidente, l’attenzione del movimento
si è rivolta verso la Terra santa,
aiutando le opere educative e le
giovani famiglie. E proprio il patriarca Twal attraverso un videomessaggio ha lanciato un appello
durante l’udienza: «Venite a Gerusalemme! Rimaniamo Chiesa un
po’ del calvario, un po’ della sofferenza, ma siamo Chiesa della speranza: uniti nella solidarietà e nella
preghiera al Papa». Parlando di accoglienza, Twal ha ricordato che «a
Gerusalemme abbiamo tanti rifugiati siriani, iracheni: tocca a noi
dare speranza, una famiglia, un tetto, la gioia di vivere, l’educazione».
Inoltre, ha aggiunto Costalli, «ci
siamo inoltre fatti carico di sostenere il centro per il dialogo a Sarajevo e altre iniziative in Romania,
Moldavia e nel sud del mondo».
Due testimonianze, poi, hanno presentato a Francesco altrettante «fotografie» del movimento. E così
Maria ha posto l’accento su «educazione» e «vocazione» al lavoro,
mentre Giovanni ha illustrato i
concreti progetti di testimonianza e
condivisione del servizio civile.
spondere bene a questa vocazione,
che ci chiama ad imitare attivamente
l’instancabile opera del Padre e di
Gesù che, dice il Vangelo, “agiscono
sempre” (cfr. Gv 5, 17)?
Vorrei suggerirvi tre parole, che
possono aiutarci. La prima è educazione. Educare significa “trarre fuori”. È la capacità di estrarre il meglio
dal proprio cuore. Non è solo insegnare qualche tecnica o impartire
delle nozioni, ma rendere più umani
noi stessi e la realtà che ci circonda.
E questo vale in modo particolare
per il lavoro: occorre formare a un
nuovo “umanesimo del lavoro”. Perché viviamo in un tempo di sfruttamento dei lavoratori; in un tempo,
dove il lavoro non è proprio al servizio della dignità della persona, ma è
il lavoro schiavo. Dobbiamo formare, educare ad un nuovo umanesimo
del lavoro, dove l’uomo, e non il
profitto, sia al centro; dove l’economia serva l’uomo e non si serva
dell’uomo.
Un altro aspetto è importante:
educare aiuta a non cedere agli inganni di chi vuol far credere che il
lavoro, l’impegno quotidiano, il dono di sé stessi e lo studio non abbiano valore. Aggiungerei che oggi, nel
mondo del lavoro — ma in ogni ambiente — è urgente educare a percorrere la strada, luminosa e impegnativa, dell’onestà, fuggendo le scorciatoie dei favoritismi e delle raccoman-
dazioni. Qui sotto c’è la corruzione.
Ci sono sempre queste tentazioni,
piccole o grandi, ma si tratta sempre
di “compravendite morali”, indegne
dell’uomo: vanno respinte, abituando il cuore a rimanere libero. Altrimenti, ingenerano una mentalità falsa e nociva, che va combattuta: quella dell’illegalità, che porta alla corruzione della persona e della società.
L’illegalità è come una piovra che
non si vede: sta nascosta, sommersa,
ma con i suoi tentacoli afferra e avvelena, inquinando e facendo tanto
Udienza alla delegazione
del Patriarcato serbo-ortodosso
Nella mattina di sabato
16 gennaio il Papa ha
ricevuto in udienza una
delegazione del Patriarcato
serbo-ortodosso.
Accompagnata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio
Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, e dal domenicano Hyacinthe Destivelle, assistente per la sezione orientale del dicastero, la delegazione era
formata
dalle
Loro
Eminenze, Amfilohije,
metropolita del Montenegro e del Litorale, e
Irinej, vescovo di Novi
Sadr e di Backa, e dal
professor Darko Tanaskovic, già ambasciatore
di Serbia presso la Santa Sede.
male. Educare è una grande vocazione: come san Giuseppe addestrò Gesù all’arte del falegname, anche voi
siete chiamati ad aiutare le giovani
generazioni a scoprire la bellezza del
lavoro veramente umano.
La seconda parola che vorrei dirvi
è condivisione. Il lavoro non è soltanto una vocazione della singola persona, ma è l’opportunità di entrare
in relazione con gli altri: «Qualsiasi
forma di lavoro presuppone un’idea
sulla relazione che l’essere umano
può o deve stabilire con l’altro da
sé» (Lett. enc. Laudato si’, 125). Il
lavoro dovrebbe unire le persone,
non allontanarle, rendendole chiuse
e distanti. Occupando tante ore nella giornata, ci offre anche l’occasione
per condividere il quotidiano, per
interessarci di chi ci sta accanto, per
ricevere come un dono e come una
responsabilità la presenza degli altri.
Giovanni ha parlato, nella sua testimonianza scritta, di una forma di
condivisione che si attua nel vostro
Movimento: i “progetti di Servizio
Civile”, che vi consentono di avvicinare persone e contesti nuovi, facendone vostri i problemi e le speranze.
È importante che gli altri non siano
solo destinatari di qualche attenzione, ma di veri e propri progetti. Tutti fanno progetti per sé stessi, ma
progettare per gli altri permette di
fare un passo avanti: pone l’intelligenza a servizio dell’amore, renden-
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano una
rappresentanza pontificia e la Chiesa
in Cina.
Luigi Pezzuto
nunzio apostolico
nel Principato di Monaco
Videomessaggio a un congresso continentale svoltosi in Brasile
Educati alla cultura dell’incontro
Creare una cultura dell’incontro tra i giovani. Lo
ha chiesto Papa Francesco in un videomessaggio
inviato ai partecipanti del XXIV congresso interamericano di educazione cattolica, che si è svolto
a San Paolo del Brasile, dal 13 al 15 gennaio.
«In un mondo in cui al centro dell’organizzazione mondiale non c’è l’uomo ma la paura — ha
detto il Pontefice parlando in spagnolo — l’educazione sta diventando sempre più elitaria», limitandosi a «dare contenuti nozionistici, in modo
che non includa tutta la sfera umana, perché la
persona, per sentirsi tale, deve sentire, deve pensare, deve fare».
Il Papa ha riconosciuto che il lavoro degli
educatori è molto grande. Essi soffrono, in generale, l’ingiustizia più grande, perché sono malpagati. O meglio, non c’è coscienza del bene che
possono fare. Poi ha fatto riferimento alla necessità di aprire il piano educativo verso la cultura
dell’incontro: che «i giovani si incontrino tra di
loro — ha auspicato — e sappiano sentire, sappiano lavorare insieme, a qualsiasi religione appartengano, di qualsiasi etnia siano, da qualsiasi cultura provengano». Perché, solo così, «l’educazione insegna a incontrare la gente e a portare
avanti opere che rechino frutto». Al riguardo, ha
ricordato il lavoro promosso a Buenos Aires dalla «Escuela de vecinos», maturato oggi nell’associazione che si chiama «Scholas occurrentes»,
che sta «aprendo cammini, attraverso lo sport e
l’arte». Infatti, ha constatato, «lo sport educa in
quello che è il lavoro di squadra. L’arte educa, il
dialogo educa».
Il Papa ha poi chiesto di proseguire su questa
strada, di non chiudersi a nuove proposte, anche
a quelle audaci di educazione. «Essere educatore
— ha aggiunto — è quello che ha fatto Gesù: ci
ha educati. Contro tutto un sistema educativo,
dei dottori della Legge, della rigidezza», come si
narra nel capitolo 23 del Vangelo di Matteo, Cristo «ci educa in altro modo, attraverso un altro
stile. Ci educa in due colonne molto grandi: le
beatitudini, al principio del Vangelo, e il protocollo sul quale saremo giudicati», come recita il
capitolo 25 sempre dell’evangelo di Matteo.
Con un incontro internazionale in Vaticano
Si chiude l’Anno della vita consacrata
«Vita consacrata in comunione. Il fondamento
comune nelle diversità delle forme»: è il tema
dell’appuntamento conclusivo dell’Anno della
vita consacrata, che si svolgerà a Roma, dal 28
gennaio al 2 febbraio. Promosso dalla Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le
società di vita apostolica, l’incontro vuole essere
un’occasione per conoscere meglio il grande e
variegato mondo della vita consacrata nella diversità delle forme: Ordo virginum, vita monastica, istituti apostolici, istituti secolari, nuovi istituti e nuove forme.
Si tratta di sei giorni di seminari, veglie di
preghiera, riflessioni e dibattiti per ritrovarsi in-
sieme e approfondire lo specifico di ogni forma, con lo sguardo rivolto al futuro. L’appuntamento inizierà con una veglia di preghiera,
domenica pomeriggio, 28 gennaio, nella basilica di San Pietro.
Il giorno seguente, nell’Aula Paolo VI, si terrà un colloquio in cui interverranno il cardinale
Braz de Aviz e l’arcivescovo Rodríguez Carballo, rispettivamente, prefetto e segretario. Nei
due giorni successivi si terranno incontri e dibattiti. Martedì 2 febbraio, festa della presentazione del Signore, nella basilica vaticana, Francesco presiederà la concelebrazione eucaristica a
conclusione dell’Anno della vita consacrata.
do la persona più integra e la vita
più felice, perché capace di donare.
L’ultima parola che vorrei consegnarvi è testimonianza. L’apostolo
Paolo incoraggiava a testimoniare la
fede anche mediante l’attività, vincendo la pigrizia e l’indolenza; e
diede una regola molto forte e chiara: «Chi non vuol lavorare, neppure
mangi» (2 Ts 3, 10). Anche in quel
tempo c’erano quelli che facevano
lavorare gli altri, per mangiare loro.
Oggi, invece, ci sono persone che
vorrebbero lavorare, ma non ci riescono, e faticano persino a mangiare. Voi incontrate tanti giovani che
non lavorano: davvero, come avete
detto, sono “i nuovi esclusi del nostro tempo”. Pensate che in alcuni
Paesi dell’Europa, di questa nostra
Europa, tanto colta, la gioventù arriva al 40 per cento di disoccupazione, 47 per cento in altri Paesi, 50 per
cento in altri. Ma cosa fa un giovane
che non lavora? Dove finisce? Nelle
dipendenze, nelle malattie psicologiche, nei suicidi. E non sempre si
pubblicano le statistiche dei suicidi
giovanili. Questo è un dramma: è il
dramma dei nuovi esclusi del nostro
tempo. E vengono privati della loro
dignità. La giustizia umana chiede
l’accesso al lavoro per tutti. Anche la
misericordia divina ci interpella: di
fronte alle persone in difficoltà e a
situazioni faticose — penso anche ai
giovani per i quali sposarsi o avere
figli è un problema, perché non hanno un impiego sufficientemente stabile o la casa — non serve fare prediche; occorre invece trasmettere speranza, confortare con la presenza,
sostenere con l’aiuto concreto.
Vi incoraggio a dare testimonianza a partire dallo stile di vita personale e associativo: testimonianza di
gratuità, di solidarietà, di spirito di
servizio. Il discepolo di Cristo,
quando è trasparente nel cuore e
sensibile nella vita, porta la luce del
Signore nei posti dove vive e lavora.
Questo vi auguro, mentre vi chiedo
scusa per il ritardo: avete pazienza,
voi! Ma le udienze [del mattino] si
sono allungate. E benedico tutti voi,
le vostre famiglie e il vostro impegno. Per favore, non dimenticatevi
di pregare per me. Grazie.
Nato a Squinzano, nell’arcidiocesi
di Lecce, il 30 aprile 1946, è stato ordinato sacerdote il 25 settembre 1971.
Si è incardinato a Lecce. È laureato
in teologia. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il 1° aprile 1978, ha prestato la propria opera
presso le rappresentanze pontificie
in Ghana, Paraguay, Papua Nuova
Guinea, Brasile, Senegal, Rwanda e
Portogallo. Incaricato d’Affari ad interim nelle nunziature in Congo e
Gabon dal 18 ottobre 1995 al 7 dicembre 1996, in quest’ultima data è
stato promosso nunzio apostolico
nelle medesime rappresentanze ed
eletto alla sede titolare di Torre di
Proconsolare con dignità di arcivescovo. Il 6 gennaio 1997 ha ricevuto
l’ordinazione episcopale. Il 22 maggio 1999 è stato trasferito alla nunziatura in Tanzania e il 2 aprile 2005
a quella in El Salvador. Il successivo
7 maggio è divenuto anche nunzio
in Belize. Dal 17 novembre 2012 era
nunzio apostolico in Bosnia ed Erzegovina e in Montenegro e in tale veste ha ricevuto il 6 giugno scorso
Papa Francesco in visita a Sarajevo.
Stephen Lee Bun-sang
vescovo di Macau (Cina)
Nato a Hong Kong il 10 novembre 1956, dopo avervi ultimato gli
studi secondari ha frequentato l’università
in
Inghilterra,
prima
all’Oxford Polytechnic (1976-1977) e
poi alla School of Architecture di
Londra, conseguendo la laurea nel
1981. Successivamente, ha esercitato
la professione di architetto a Londra
e a Hong Kong. Lasciato l’impiego,
ha intrapreso gli studi filosofici nel
seminario internazionale dell’O pus
Dei a Roma e ha ultimato la formazione teologica nel Collegio romano
della Santa croce. Il 20 agosto 1988
è stato ordinato sacerdote nel santuario di Torreciudad (Huesca, Spagna) per il clero della prelatura personale dell’Opus Dei. Ha discusso
la tesi dottorale in diritto canonico
nell’Università di Navarra con una
dissertazione dal titolo: Relaciones
Iglesia-Estado en la República Popular China. Dal 1991 è difensore del
vincolo presso il tribunale diocesano
di Hong Kong e ha svolto il ministero pastorale in vari centri di formazione e scuole della prelatura fondata da san Josemaría Escrivá de
Balaguer. Nel 1994 è stato nominato
direttore della scuola cattolica Tak
Sun di Hong Kong, svolgendo il
ministero pastorale presso la Holy
Family Chapel. Nel 2011 è stato nominato vicario dell’Opus Dei per
l’Asia orientale. L’11 luglio 2014 è
stato nominato vescovo titolare di
Nove e ausiliare di Hong Kong. Ha
ricevuto l’ordinazione episcopale il
successivo 30 agosto nella cattedrale
di Hong Kong per le mani del cardinale John Tong Hon. E come ausiliare ha coordinato la pastorale della famiglia, la pastorale scolastica, la
catechesi, la formazione dei laici, il
comitato diocesano di bioetica, la
commissione liturgica, l’ufficio diocesano delle comunicazioni sociali.