Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLV n. 62 (46.900) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 . All’Angelus il dolore di Papa Francesco per le stragi dei cristiani in Pakistan La persecuzione che il mondo nasconde E ai vescovi di Bosnia ed Erzegovina l’invito a vivere la comunione in una terra di frontiera Il grido di dolore del Papa per l’ennesima strage di cristiani, provocata in Pakistan dagli attacchi terroristici contro due chiese a Lahore, è risuonato all’Angelus di domenica 15 marzo. Rivolgendosi ai fedeli riuniti in piazza San Pietro il Pontefice ha denunciato l’indifferenza del mondo di fronte al dramma delle persecuzioni che colpiscono i credenti e ha chiesto la fine delle violenze nel Paese asiatico e in tutti i Paesi dove «i cristiani sono perseguitati, i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché cristiani». «Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie — ha detto il Papa — chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace». Dal Pontefice anche un pensiero alle popolazioni di Vanuatu, l’arcipelago del Pacifico colpito da un devastante ciclone: «Prego per i defunti, per i feriti e i senza tetto» ha assicurato, ringraziando «quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti». Alla necessità del dialogo tra le religioni come strumento per promuovere «semi e frutti di pacificazione, di comprensione e anche di collaborazione», il Pontefice ha poi fatto riferimento lunedì mattina, 16 marzo, durante l’udienza ai vescovi della Bosnia ed Erzegovina in visita «ad limina». Ai presuli Francesco — dicendosi «ansioso» di recarsi in visita nel Paese il prossimo 6 giugno — ha raccomandato in particolare di essere testimoni di comunione «in un luogo di frontiera», invitandoli a «sostenere i deboli» e a «sovvenire alla fame spirituale di chi crede». Parla l’arcivescovo Shaw In preghiera per le vittime innocenti PAGINA 8 Gli attacchi a Lahore confermano una sistematica violenza Terrorismo e minoranze religiose KABUL, 16. Lutto, sdegno e inquietudine ha suscitato in Pakistan e nel mondo la duplice strage terroristica che ancora una volta ha visto colpita una minoranza cristiana. In due chiese di Lahore, la cattolica St John’s Church e l’anglicana Christ Church, attentatori suicidi talebani hanno causato almeno quindici morti e un’ottantina di feriti tra i fedeli durante le celebrazioni domenicali. Nella St John’s Church, nell’omonimo sobborgo di Youhanabad (città di Giovanni) abitato da una folta comunità cattolica, conseguenze molto più gravi sono state impedite da due poliziotti e da giovani volontari di guardia all’ingresso, che si sono sacrificati per sbarrare il passo all’attentatore. A questo gesto di eroismo hanno fatto seguito, purtroppo, reazioni inferocite di una folla di circa quattromila persone in cerca di vendetta. Due sospetti complici degli attentatori sono stati linciati e i loro corpi sono stati bruciati. Poliziotti e politici locali accorsi sul posto sono stati cacciati dagli abitanti che accusano il Governo di scarsa risolutezza nel difendere i cristiani. A Youhanabad anche oggi mercati e negozi sono chiusi, in attesa che in giornata si svolgano i funerali delle vittime. Dopo quelle di ieri in varie città, altre manifestazioni sono segnalate oggi a Karachi. Il primo ministro Nawaz Sharif ha parlato di un attacco contro lo Stato. «La comunità cristiana pakistana ha reso servizi inestimabili alla madrepatria in particolare nel settore sociale e noi la rispettiamo con onore e orgoglio», ha dichiarato. Il ministro per i Porti e la Navigazione, il cristiano Kamran Michael, ha chiesto una task force di protezione dei luoghi di culto. Secondo l’alto rappresentante per la Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, Federica Mogherini, «è essenziale che le autorità pakistane agiscano rapidamente contro tutti i gruppi che predicano l’odio e seminano divisioni nella società». Israele alle urne per le elezioni politiche Un voto oltre il conflitto y(7HA3J1*QSSKKM( +,!z!@!#!/! LUCA M. POSSATI A PAGINA 3 «Il Regno» di Emanuele Carrère Il coraggio di parlare della risurrezione LUCETTA SCARAFFIA A PAGINA 5 Le stragi sono state rivendicate da Jamaat-ul-Ahrar, gruppo legato ai talebani e che, secondo fonti concordi, sta reclutando molti giovani nel sud del Paese con una predicazione basata su una distorta visione della sharia, la legge coranica, che incita all’odio religioso. Come accade nella gran parte dei Paesi islamici dove agiscono gruppi jihadisti, le loro vittime sono in massima parte musulmane. Tuttavia, la persecuzione delle minoranze religiose è sistematica e teorizzata da tali gruppi. Ne è un esempio proprio il Pakistan, ma il fenomeno è mondiale e nell’ultimo periodo è cresciuto in modo esponenziale. Nel 2014 sono stati 4.344 i cristiani uccisi e oltre mille le chiese attaccate, soprattutto in Iraq e Siria a opera del cosiddetto Stato islamico e in Nigeria di Boko Haram, secondo l’organizzazione protestante Open Doors. Nel 2012 i morti erano stati 1.201 e l’anno dopo 2.123. Né questa violenza è prerogativa esclusiva del jihadismo. A fondamentalisti hindu, per esempio, sembra dovuta l’aggressione a un convento di suore a Ranagath, nello Stato indiano del Bengala occidentale, dove otto uomini nello scorso fine settimana hanno duramente picchiato quattro religiose e violentato la loro superiora. Una donna piange un parente ucciso in uno dei due attentati (Reuters) Svolta statunitense sul conflitto siriano e nell’azione contro l’Is Washington apre alla trattativa con Al Assad IL CAIRO, 16. «Dobbiamo parlare con Al Assad». La dichiarazione del segretario di Stato americano, John Kerry, costituisce la principale novità politica riguardo al conflitto in Siria, entrato nel suo quinto anno con il suo carico spaventoso di vittime e con il protrarsi della maggiore emergenza umanitaria al mondo. Finora il Governo di Washington ha dichiarato che il presidente siriano Bashar Al Assad ha perso legittimità e che il percorso di pace è legato al suo abbandono del potere. Il fattore determinante di questa svolta nella strategia statunitense, a giudizio concorde degli osservatori, è chiaramente legato all’irruzione nel contesto siriano, da quasi un anno a questa parte, del cosiddetto Stato islamico (Is), attivo anche in Iraq. Gli Stati Uniti, che guidano la coali- zione internazionale impegnata contro l’Is, prendono dunque atto della necessità di rilanciare un processo politico e negoziale che implica un confronto con Damasco e quindi Al Assad, finora escluso da Washington in ogni ipotesi di transizione siriana. Se è vero che il caos siriano ha offerto terreno fertile per l’affermarsi dell’Is, anche dal punto di vista militare, il dialogo con Damasco è adesso un’opzione che non si può più escludere, proprio nell’ottica di un intervento contro il gruppo jihadista. La coalizione internazionale opera infatti in Iraq in sintonia con il Governo di Baghdad, mentre i raid in Siria a giudizio di molti osservatori non hanno piena legittimazione, sia perché manca un mandato delle Nazioni Unite sia ap- Udienza ai capitani reggenti della Repubblica di San Marino Lunedì 16 marzo, Papa Francesco ha ricevuto i capitani reggenti della Serenissima Repubblica di San Marino, Gian Franco Terenzi e Guerrino Zanotti, i quali hanno successivamente incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, accompagnato dall’arcivesc0vo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati. Durante i cordiali colloqui è stato espresso vivo compiacimento per i buoni rapporti esistenti tra la Santa Sede e la Repubblica di San Marino, ed è stata sottolineata la fattiva collaborazione delle istituzioni pubbliche e della Chiesa in campo sociale. punto perché non c’è coordinamento con il Governo di Damasco. In un’intervista rilasciata alla Cbs durante la sua visita in Egitto, il segretario di Stato americano ha sottolineato che si stanno elaborando modi per portare Al Assad al tavolo della trattativa: «Alla fine dobbiamo negoziare e ciò per cui stiamo spingendo è portare Assad a fare proprio questo. Cosa che potrebbe richiedere di esercitare maggiori pressioni su di lui, in vari modi». Dal fronte libico, intanto, si segnalano per la prima volta combattimenti tra le milizie che dichiarano di aderire all’Is e quelle islamiche dell’autoproclamato Governo di Tripoli. Scontri tuttora in corso sono segnalati da ieri vicino a Sirte, in parte occupata dall’Is nei giorni scorsi. Una “Giornata di preghiera per le vite innocenti dei martiri”: così i cristiani del Pakistan ricordano oggi le vittime degli attacchi terroristici di domenica e quanti sono stati uccisi nel recente passato solo perché professavano la loro fede. Una giornata dedicata al dolore e alle lacrime, mentre la comunità cristiana si interroga su un futuro quanto mai incerto. «Viviamo nella paura», spiega l’arcivescovo di Lahore, Sebastian Francis Shaw, raggiunto telefonicamente da «L’Osservatore Romano» al termine di una riunione sulla sicurezza alla quale lo stesso presule ha preso parte insieme con le autorità locali. «Abbiamo chiesto sicurezza e protezione. Ma devo dire che questi attacchi sono difficili da prevedere e da evitare. Si tratta di persone ben organizzate, delle quali per ora non si sa molto. Sembrerebbero talebani ma non abbiamo elementi per poter dire se abbiano collegamenti o no con gli estremisti dell’Is». «Nessuno poteva aspettarselo», continua a ripetere l’arcivescovo riflettendo su quanto accaduto domenica. Il timore è che la comunità locale possa agire in preda alla rabbia quando invece serve, soprattutto, calma. «Stiamo cooperando, troviamo abbastanza aiuto dalle autorità», dice più volte l’arcivescovo, ringraziando il Santo Padre per «le belle parole» che ha detto all’Angelus e per la sua vicinanza. I mezzi di comunicazione locali, spiega ancora il presule, stanno dando ampie notizie su quanto accade alla comunità cristiana, forse spinti anche dall’intervento di Papa Francesco. E ciò aiuta a sentirsi meno soli. Anche se non basta, come ha ricordato la Commissione Giustizia e Pace della Conferenza episcopale del Pakistan, che in una nota esorta il Governo «ad adottare forti misure per proteggere le chiese e le minoranze religiose in Pakistan», ricordando che «la comunità cristiana è stata presa di mira dagli estremisti già in passato». Nella nota si ricorda che le chiese «avevano già subito minacce e avevano già chiesto alla polizia misure di sicurezza maggiori». Ma la sensazione è che per i cristiani oggi la sicurezza sia solo un miraggio. (marco bellizi) NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali: — Robert Sarah, Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti; — Vinko Puljić, Arcivescovo di Vrhbosna, Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina), con l’Ausiliare, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Pero Sudar, Vescovo titolare di Selja, in visita «ad limina Apostolorum»; le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori: — Franjo Komarica, Vescovo di Banja Luka (Bosnia ed Erzegovina), con l’Ausiliare, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Marko Semren, Vescovo titolare di Abaradira, in visita «ad limina Apostolorum»; — Ratko Perić, Vescovo di Mostar-Duvno (Bosnia ed Erzegovina), Amministratore Apostolico di Trebinje e Mrkan, in visita «ad limina Apostolorum»; — Tomo Vukšić, Vescovo Ordinario Militare per la Bosnia ed Erzegovina, in visita «ad limina Apostolorum». Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Frère Alois, Priore di Taizé. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza le Loro Eccellenze i Signori Gian Franco Terenzi e Guerrino Zanotti, Capitani Reggenti della Repubblica di San Marino, con le Consorti, e Seguito. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 La capo delegazione statunitense ai negoziati con Cuba, Roberta Jacobson (Ap) Dopo lo scoppio del caso Petrobras Marce contro la corruzione in Brasile BRASILIA, 16. Tensione in Brasile: ieri oltre un milione di persone hanno partecipato a manifestazioni in quasi cinquanta città. Le critiche riguardano soprattutto la corruzione della classe politica. La manifestazione più numerosa si è tenuta a San Paolo, dove, secondo la polizia, circa un milione di persone hanno marciato lungo l’Avenida Paulista. San Paolo è il cuore finanziario del Brasile e feudo elettorale delle opposizioni di centrodestra. A Brasilia, Rio de Janeiro e Belo Horizonte la partecipazione non è stata a massiccia: meno di 100.000 persone hanno aderito all’invito lanciato sui social network dalla galassia di movimenti legati all’opposizione. Si è trattato comunque delle manifestazioni più importanti dopo quelle del 2013. Come detto, la protesta ha avuto quale bersaglio principale la corruzione, e in particolare i casi di tangenti legati al colosso petrolifero pubblico Petrobras che ha fatto finire sotto inchiesta 54 politici di Governo e opposizione, tra i quali an- che i presidenti di Camera e Senato. Oltre ad aver fatto scattare le manette ai polsi di una cinquantina tra manager, imprenditori, banchieri e affaristi. La presidente, Dilma Rousseff, che non è stata coinvolta personalmente nello scandalo Petrobras, ha difeso il diritto a manifestare in maniera pacifica, ma ha avvertito che «non esiste un terzo turno elettorale: ci sono stati il primo ed il secondo, l’impeachment non è il terzo». In effetti la recente richiesta di messa in stato di accusa della presidente è stata considerata dai massimi costituzionalisti priva di qualsiasi fondamento. E comunque, anche per dare un segnale concreto alla piazza, il Governo ha annunciato l’apertura di un nuovo confronto con l’opposizione e le parti sociali per varare al più presto norme anticorruzione. «È necessario continuare questo dialogo e fornire allo Stato brasiliano meccanismi per realizzare azioni rapide ed accurate atte a punire gli atti di corruzione» ha detto il ministro della Giustizia, José Eduardo Cardozo. Il corteo a San Paolo (Reuters) Dopo sei decenni volo diretto fra New Orleans e L’Avana Si susseguono i segnali di disgelo tra Cuba e Stati Uniti L’AVANA, 16. Mentre è in corso all’Avana la terza tornata di colloqui tra le delegazioni cubana e statunitense, guidate rispettivamente da Josefina Vidal e Roberta Jacobson, per definire la normalizzazione delle relazioni diplomatiche, si segnalano nuovi passi del processo di disgelo annunciato a metà dicembre dai presidenti statunitense Barack Obama e cubano Raúl Castro. Arrestati dirigenti Poroshenko incontra Angela Merkel mentre non si attenua la tensione con Mosca Blitz antitangenti in Italia Washington e Kiev sollecitano l’applicazione degli accordi di Minsk ROMA, 16. Blitz anticorruzione in Italia. Corruzione, induzione indebita, turbativa d’asta ed altri reati contro la Pubblica amministrazione sono alcune delle accuse che hanno condotto oggi all’arresto del dirigente del ministero dei Lavori pubblici (ora consulente esterno), Ercole Incalza, uno dei quattro arrestati nell’inchiesta condotta dal Ros e dai pubblici ministeri fiorentini Giuseppina Mione, Luca Turco e Giulio Monferini. Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo, e Sandro Pacella, collaboratore di Incalza. Gli indagati sono oltre cinquanta. Fra loro — sottolinea l’Ansa — ci sarebbero anche uomini politici che non sarebbero «di primissimo piano». Mattarella e il ricordo di via Fani ROMA, 16. Via Fani, trentasette anni dopo. Questa mattina il capo dello Stato, Sergio Mattarella, con il quale erano i presidenti del Senato e della Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, ha deposto una corona in memoria dei cinque uomini delle forze dell’ordine uccisi il 16 marzo 1978 dalle Brigate Rosse durante il rapimento di Aldo Moro, allora presidente della Democrazia cristiana. Alla cerimonia erano presenti anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, il sindaco di Roma, Ignazio Marino, e il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. Mattarella si è anche intrattenuto con i famigliari delle vittime. «Il presidente ci ha detto delle parole di conforto, che ci è vicino e che, anche se sono passati trentasette anni, le istituzioni sono vicine a tutte le famiglie dei caduti del terrorismo» ha dichiarato Giovanni Ricci, figlio dell’appuntato dei carabinieri, Domenico. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va KIEV, 16. Il vicepresidente americano, Joe Biden, e il capo dello Stato ucraino, Petro Poroshenko, chiedono a Mosca e ai separatisti filorussi di applicare gli accordi di Minsk. I due leader hanno avuto un colloquio telefonico nel fine settimana ed entrambi hanno espresso soddisfazione per la prima tranche di aiuti economici a Kiev erogata dal Fondo monetario internazionale. Critico Poroshenko nei confronti di Mosca, la quale, a suo dire, «non conosce più alcuna linea rossa». Il presidente ucraino, che oggi a Berlino incontrerà il cancelliere tedesco, Angela Merkel, in un’intervista ha affermato che bisogna reagire, «magari rafforzando le sanzioni. Queste dovrebbero certamente essere prolungate fino alla fine dell’anno». Anche il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, è intervenuto sulla crisi, criticando l’atteggiamento russo. Stoltenberg ha sottolineato che il cessate il fuoco in vigore dallo scorso 15 febbraio «è fragile» ma l’importante è che «sia mantenuto». In un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano spagnolo «El País», Stoltenberg non ha voluto dare «dettagli specifici» sulla situazione in Ucraina, ma ha confermato la tensione ancora presente nell’area. Stoltenberg ha inoltre ribadito che è necessario «rispettare il cessate il fuoco, ritirare le armi pesanti e consentire il lavoro degli osservatori dell’Organizzazione per la sicurezza in Europa. Nel frattempo, il presidente russo, Vladimir Putin, ha innalzato lo stato d’allerta per la Flotta del Nord, per alcune unità del distretto militare occidentale e per le forze aeree, come parte di test a sorpresa ordinati per verificare il livello di preparazione a possibili scenari bellici. Sviluppi nell’inchiesta di Ferguson Veicolo militare abbandonato su una strada vicino a Debaltseve (Ap) Soddisfazione per l’archiviazione del processo della Cpi a Kenyatta Nairobi conferma prioritaria la lotta ad Al Shabaab NAIROBI, 16. La lotta contro le milizie radicali islamiche somale di Al Shabaab resta una priorità delle autorità kenyane. In questo contesto, secondo quanto riferito nel fine settimana dalla stampa locale, diversi esponenti del Governo di Nairobi hanno accolto con soddisfazione la notizia del raid aereo statunitense contro una postazione in Somalia di Al Shabaab nella quale sarebbe stato ucciso Adan Garar, presunto ideatore della presa d’ostaggi nel centro commerciale Westgate di Nairobi nel 2013. La vicenda si GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio concluse con la morte di 67 persone dopo l’intervento delle forze speciali kenyane. Pur dando notizia del raid, effettuato da un aereo senza pilota vicino a Bardhere, il comando statunitense non ha comunque confermato che sia stato ucciso Garar, sospettato anche di aver pianificato altri attacchi — per fortuna falliti — sulla costa del Kenya e nella capitale ugandese Kampala. Soddisfazione è stata espressa dalle autorità kenyane anche per l’archiviazione da parte della Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione L’ordine è operativo dalle otto di questa mattina come ha fatto sapere il ministro della Difesa, Serghiei Shoigu, spiegando che le nuove minacce che affronta la Russia richiedono maggiori capacità militari di risposta. L’ultimo esempio è stato ieri l’atterraggio all’Avana di un volo diretto da New Orleans, il primo da quasi sei decenni a questa parte. I passeggeri erano rappresentanti della società civile, imprenditori e avvocati, arrivati per una conferenza sulle potenzialità dell’isola in diverse aree, dagli affari alla cultura. Il viaggio è stato organizzato da due organismi con sede a New Orleans, l’International Cuba Society e l’At the Threshold, insieme con l’Università dell’Avana. Al processo di disgelo con l’Avana da parte di Washington si affianca quello dell’Unione europea, il cui alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza comune, Federica Mogherini, sarà in visita ufficiale a Cuba lunedi e martedì prossimi. Si tratterà della prima missione di un responsabile della diplomazia europea all’Avana e cade, secondo un comunicato diffuso dall’ufficio di Mogherini, in un «momento cruciale per i negoziati tra l’Unione europea e Cuba». Mogherini aggiunge che Cuba «sta passando attraverso un periodo molto interessante e l’Ue intende vedere come può portare avanti le relazioni con forte slancio». La nota ricorda che l’Ue «ha seguito da vicino gli sviluppi a Cuba e le sue relazioni con gli attori internazionali chiave», cioè appunto gli Stati Uniti, sottolineando che tali sviluppi «creano una nuova dinamica nella regione e nella stessa Cuba, e forniscono a tutti nuove importanti opportunità». Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va del procedimento aperto contro l’attuale presidente Uhuru Kenyatta per crimini contro l’umanità relativi alle violenze postelettorali del 2007-2008, che lo videro sconfitto. La decisione della Cpi era peraltro attesa dopo l’annuncio a dicembre del ritiro delle accuse a carico di Kenyatta da parte del procuratore generale, la giurista gambiana Fatou Bensouda, che aveva denunciato l’impossibilità di garantire la sicurezza dei testimoni e di raccogliere le prove, accusando Nairobi di aver ostacolato l’inchiesta. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Una donna capo di Governo in Namibia WINDHOEK, 16. Saara Kuugongelwa, militante della Swapo, l’ex gruppo guerrigliero al potere in Namibia dal 1990, sarà la prima donna a capo del Governo del Paese. La nomina è stata annunciata dal presidente eletto Hage Geingob, che entrerà in carica il 21 marzo. Geingob, che ha ottenuto l’87 per cento dei consensi nelle presidenziali dello scorso novembre, è stato a sua volta primo ministro nell’ultimo biennio. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 WASHINGTON, 16. Arrestato un uomo sospettato di essere coinvolto nella sparatoria che la scorsa settimana a Ferguson, in Missouri, ha provocato il ferimento di due agenti di polizia, uno colpito al volto e l’altro alla spalla. In manette è finito Jeffrey Williams, vent’anni, con diverse accuse a suo carico. La sua cauzione è stata fissata a 300.000 dollari. «È possibile che stesse sparando a qualcuno e poi abbia colpito gli agenti» ha detto il procuratore della contea di Saint Louis. I poliziotti feriti sono stati dimessi dall’ospedale e sono sulla via del recupero. Secondo la polizia, i colpi che li hanno raggiunti non sono stati sparati dalla folla, ma da qualcuno che era appostato su una collinetta di fronte alla centrale. I due agenti si trovavano davanti alla stazione di polizia, mentre un centinaio di manifestanti stava festeggiando le dimissioni del capo della polizia di Ferguson, Thomas Jackson. Una decisione presa in seguito a un rapporto federale che ha accusato le autorità locali di «sistematiche discriminazioni razziali» dopo la morte, lo scorso 9 agosto, del diciottenne afroamericano Michael Brown. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 pagina 3 Israele alle urne per le elezioni politiche Un voto oltre il conflitto di LUCA M. POSSATI Sono quasi sei milioni gli israeliani che domani, martedì, si recheranno alle urne per eleggere un nuovo Governo. Ma in palio non ci sono soltanto i 120 seggi della Knesset. Si tratta infatti di un voto di fondamentale importanza per il futuro dello Stato: il prossimo Governo sarà chiamato a scelte decisive su più fronti. E in un contesto ancora molto difficile: i negoziati diretti con i palestinesi sono fermi da più di un anno, le relazioni con Washington hanno toccato di recente il loro minimo storico e la minaccia del terrorismo è alle porte. Senza dimenticare le questioni interne, co- me le difficoltà finanziarie e la crescente disparità sociale. A fronteggiarsi sono essenzialmente due forze: da un lato il Likud, la destra del premier Benjamin Netanyahu, da nove anni al potere, dall’altro l’Unione sionista, l’alleanza di centrosinistra formata da Isaac Herzog, leader dei laburisti e figlio del sesto presidente di Israele, e da Tzipi Livni, guida dei centristi di Hatnua. Gli ultimi sondaggi danno un distacco di circa quattro seggi a favore dell’Unione sionista. Al terzo posto, con tredici seggi, ci sarebbe la Lista araba unita guidata da Ayman Odeh. Subito dopo, a dodici seggi, i centristi di Yesh Atid dell’ex ministro delle Finanze Yair Lapid, seguiti da Focolare ebraico, la destra nazionalista religiosa vicina al movimento dei coloni. A nove seggi c’è infine la nuova formazione di centrodestra Kulanu. Al momento, dunque, la strada della grande coalizione sembra obbligata, e cresce quindi l’importanza delle liste più piccole, quelle religiose come lo Shas, il partito degli ultraortodossi di origine sefardita, e Uniti nella Torah, che rappresenta invece gli ultraortodossi ashkenaziti. Fare un bilancio complessivo degli anni del Governo Netanyahu è molto difficile. Il dato, oggi, è che il premier — l’uomo politico israeliano rimasto più anni al potere dopo David Ben-Gurion — ha perso molti dei consensi di cui godeva nel 2009 e che la prospettiva di un terzo mandato appare difficile. I temi chiave del suo messaggio politico non sono cambiati: la sicurezza, la difesa dell’identità nazionale e la ferma opposizione al programma nucleare iraniano, ad Hamas nella Striscia di Gaza e ad Hezbollah in Libano. E infatti nel recente, discusso discorso al Congresso statunitense Netanyahu ha criticato l'atteggiamento della comunità internazionale favorevole all’ipotesi di un accordo con Teheran. «È meglio non avere alcun accordo che trovare un cattivo accordo. E questo è un pessimo accordo, meglio farne a meno». Sulla pace con i palestinesi, Netanyahu ha sempre detto di voler raggiungere un accordo definitivo, nonostante il fatto che in questi anni gli insediamenti non si siano mai fermati. Ma gli insediamenti — ha più volte detto il leader del Likud — non sono il vero problema del conflitto, il vero problema «è il rifiuto di riconoscere lo Stato di Israele, dentro qualunque confine». In altre parole, prima i palestinesi devono riconoscere Israele come Stato ebraico, poi le trattative potranno riprendere. La posizione dell’Unione sionista è molto diversa. Al centro della campagna elettorale c’è stato il richiamo a temi sociali e alle «radici del sionismo», nella convinzione che «il vero sionismo» sia «distribuire il denaro pubblico in modo equo tra i cittadini, prendersi cura dei più deboli, solidarietà non solo in battaglia ma anche nella vita di tutti i giorni». Dopo anni di difficoltà, con Herzog i laburisti cercano il rilancio puntando sulla ripresa immediata dei negoziati con i palestinesi nel quadro della soluzione dei due Stati e di un rafforzamento delle relazioni con l’Europa. Ma l’Unione può contare soprattutto sulla lunga esperienza di Livni, già vice premier e più volte ministro, nonché capo negoziatore con i palestinesi. Nata politicamente nel Likud, eletta per la prima volta alla Knesset nel 1999, vicina all’ex premier Ariel Sharon, Livni ha assunto la guida del partito centrista Kadima dopo le dimissioni di Olmert nel 2008. Quattro anni più tardi ha perso le primarie e ha deciso di fondare Hatnua. «Ho girato in lungo e in largo Israele — ha detto in una recente intervista — e ho visto un Paese orgoglioso ma sofferente, soprattutto negli strati più deboli della popolazione, che chiede unità e non divisioni». L’opposizione al nucleare iraniano — sostiene Livni — deve realizzarsi attraverso una maggiore collaborazione con la comunità internazionale. La via diplomatica con Teheran non sembra essere esclusa a priori. I palestinesi, dal canto loro, stanno vivendo queste elezioni con scetticismo. Secondo Husam Zomlot, analista e direttore della Commissione per le relazioni internazionali palestinesi presso l’università di Oxford, «l’unica buona notizia o motivo d’interesse sembra arrivare dalla nuova coalizione Lista araba unita, che per la prima volta mette insieme i partiti arabi israeliani». Buona parte dell’arcipelago di Vanuatu rasa al suolo dal ciclone Pam Primi soccorsi a Port Vila a Port Vila al presidente e al suo staff. Un bilancio delle vittime del passaggio del ciclone Pam è ancora impossibile, ma appare già chiaro che alla maggioranza della popolazione ha tolto la casa. Nell’arcipelago è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Uno stato d’emergenza allargato al mondo, con una richiesta urgente, fatta già ieri dalle autorità, di aiuti alla comunità internazionale. SYDNEY, 16. Vanuatu, il piccolo arcipelago nel sud-est del Pacifico devastato dal ciclone Pam, «deve ripartire». Queste le parole del presidente, Baldwin Lonsdale, di ritorno da Sendai, nel nord-est del Giappone, dove stava partecipando alla conferenza dell’Onu sulla gestione delle catastrofi insieme ad altri funzionari di Governo. L’Australia, che insieme alla Nuova Zelanda e alla Francia sta fornendo i primi soccorsi all’isola, ha offerto il trasporto da Sydney A fronte tuttavia di otto morti e di una trentina di feriti confermati, tutti nella zona della capitale Port Vila dove è rimasto distrutto il 90 per cento delle abitazioni — ha detto il presidente Lonsdale — mancano ancora informazioni su vittime e danni dalle altre isole, in quanto le comunicazioni sono in gran parte interrotte. Poi, Lonsdale, con la voce rotta dalla commozione, ha affermato che «la maggioranza degli edifici è stata distrutta, come la mag- Gli Emirati Arabi Uniti finanzieranno la costruzione di un nuovo polo economico al Cairo Accordi per cento miliardi di dollari IL CAIRO, 16. Nel corso del summit economico di Sharm el Sheikh, che si è concluso ieri sera, l’Egitto ha siglato un memorandum d’intesa per 92 miliardi di dollari. Lo ha detto il ministro per gli Investimenti del Cairo, Ashraf Salman, durante la cerimonia di firma di un protocollo riguardante l’autorità del Canale di Suez a margine del forum. Il Paese si è inoltre assicurato accordi per altri 15 miliardi di dollari, ha aggiunto il ministro egiziano. Con gli Emirati Arabi Uniti è stata raggiunta un’intesa del valore di 45 miliardi di dollari per la costruzione della nuova capitale amministrativa ed economica che sorgerà alla periferia del Cairo. A siglare l’intesa sono stati il presidente egiziano Abdel Fattah Al Sissi e il vicepresidente e primo ministro de- Sostegno dell’Italia al dialogo politico in Libia ROMA, 16. Il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha ricevuto durante il fine settimana il collega libico Mohamed Al Dairy. Nel corso dell’incontro Gentiloni ha ribadito il forte sostegno italiano al dialogo politico facilitato dal rappresentante speciale dell’Onu, Bernardino León, «unica soluzione possibile alla crisi». «Ho sottolineato con il ministro Al Dairy l’importanza che la delegazione di Tobruk che in questa settimana parteciperà al dialogo in Marocco abbia un mandato forte, una composizione adeguata e sia pienamente operativa», ha affermato Gentiloni. «Le divisioni e la sfiducia reciproca tra i principali attori — ha proseguito il ministro secondo quanto riferisce una nota della Farnesina — vanno a tutto vantaggio di gruppi terroristici che operano per consolidare la propria presenza in Libia». Condizione cruciale per il successo del dialogo è la realizzazione di un cessate il fuoco rispettato da tutte le parti. L’Italia è pronta a sostenere il Governo di unità nazionale giocando un ruolo di primo piano nel monitoraggio della tregua. gli Emirati Arabi Uniti, Sheikh Mohammed bin Rashed Al Maktoum. La nuova capitale sarà costruita a est del Cairo su una superficie di 700 chilometri quadrati e sarà in grado di ospitare fino a cinque milioni di residenti in 1,1 milioni di unità abitative. Sono invece 1,75 milioni i posti di lavoro previsti. Qui si sposteranno anche il palazzo presidenziale, i ministeri, gli uffici di Governo e le ambasciate, oltre che un distretto finanziario. Inoltre, il nuovo Canale di Suez, una volta completati i lavori di allargamento e di strutturazione delle aree economiche circostanti, garantirà all’Egitto dal 30 al 35 per cento delle risorse per l’economia del Paese. Per gestire e coordinare le attività legate allo sviluppo del Canale di Suez, l’Esecutivo egiziano realizzerà prossimamente un centro internazionale industriale e logistico che si estenderà sui tre governatorati di Port Said, Ismailia e Suez, ha detto dal canto suo Dar Al-Handasah Egypt, che ha presentato i dettagli del megaprogetto nel corso del summit. L’investimento previsto è di quindici miliardi di dollari, che verranno utilizzati per una serie di infrastrutture, fra cui centrali elettriche per un totale di sei gigawatt. Alla vigilia del viaggio a Washington Missione a Riad del presidente afghano Il capo di Stato afghano con il sovrano saudita (Afp) RIAD, 16. A una settimana dalla sua visita ufficiale negli Stati Uniti, il presidente afghano, Ashraf Ghani, si è recato in missione per due giorni in Arabia Saudita, Paese dove si è recato per la seconda volta dopo il suo insediamento al potere nel settembre 2014. In un breve comunicato la presidenza afghana ha indicato soltanto che Ghani, accompagnato da una delegazione governativa, «ha incontrato il re e altri alti responsabili sauditi». Anche se non se ne fa menzione ufficialmente, gli analisti locali ipotizzano che la nuova missione sia legata alla possibilità dell’inizio di un dialogo di pace e riconciliazione con i talebani. D’altra parte, il successore di Hamid Karzai, nel suo primo discorso dopo la cerimonia di insediamento a Kabul, aveva rivolto un appello ai talebani «a negoziare la pace» con il suo Governo. Nel frattempo gli Stati hanno annunciato che manterranno in Afghanistan un numero di militari maggiore del previsto, per tutto il 2015 e probabilmente per parte del prossimo anno. In questo modo la Casa Bianca risponde alle richieste dei vertici militari che, a più riprese, hanno sottolineato la necessità di rivedere i piani secondo cui, entro la fine dell’anno in corso, sarebbero rimasti in Afghanistan non più di 5.500 militari americani. Si sta inoltre valutando la possibilità di mantenere in Afghanistan forze antiterrorismo. Le nuove scadenze per il ritiro potrebbero essere annunciate in dettaglio dal presidente Obama in occasione della visita del capo di Stato afghano a Washington. gioranza delle case, delle scuole, dei servizi». Secondo le prime impressioni di operatori umanitari australiani e neozelandesi, una buona parte dell’arcipelago appare «rasa al suolo». Hannington Alatoa, capo della Croce rossa di Vanuatu, ha riferito che «nella parte occidentale dell’isola di Tanna non c’è una pianta, un albero o una struttura di metallo ancora in piedi». Anche a Port Vila i soccorritori riferiscono di ampie distruzioni, di edifici danneggiati e di alberi divelti e caduti sulle strade o sulle case. E se gli edifici in cemento armato o muratura solida appaiono ancora in piedi, le baracche con i tetti di frasche sono andate in pezzi, come mostrano le riprese televisive fatte nella zona di Port Vila. La notte fra venerdì e sabato l’arcipelago è stato colpito dalla supertempesta, che l’ha investito con venti fino a 270 chilometri orari. Aiuti economici da Tokyo per la gestione delle catastrofi TOKYO, 16. Il Giappone stanzierà quattro miliardi di dollari di aiuti nei prossimi quattro anni per la promozione della gestione delle catastrofi, incluso il supporto alla costruzione di infrastrutture nei Paesi in via di sviluppo. Lo ha annunciato il premier nipponico, Shinzo Abe, nell’intervento ai lavori della Terza conferenza mondiale dell’Onu sulla riduzione del rischio di disastri naturali in corso a Sendai, nel nord-est del Paese, città colpita dal sisma e dallo tsunami dell’11 marzo 2011. Le catastrofi naturali — hanno confermato gli esperti — stanno distruggendo il globo. Negli ultimi dieci anni si sono registrati disastri come lo tsunami in Indonesia e nello Sri Lanka, il sisma ad Haiti, l’uragano Katrina negli Stati Uniti, le alluvioni cicliche nelle Filippine, in Pakistan e Bangladesh. Il Giappone, valorizzando la propria esperienza, «ha accumulato molte conoscenze e tecnologie — ha detto Abe — per la riduzione dei rischi legati alle catastrofi» promuovendo la cooperazione con la comunità internazionale per limitare il numero delle vittime, così come la loro sofferenza. Il premier Abe — durante l’intervento alla conferenza che si concluderà mercoledì 18 — ha anche annunciato i piani di Tokyo nella formazione di un totale di 40.000 esperti in tutto il mondo per la prevenzione delle catastrofi e la ricostruzione. «La riduzione dei rischi è la sfida più importante sia per i Paesi sviluppati sia per quelli in via di sviluppo» ha aggiunto il premier. «Per i Paesi in via di sviluppo, tuttavia, dove si concentra il novanta per cento delle vittime di catastrofi, il contenimento dei rischi è una grande sfida legata allo sviluppo sostenibile e all’adattamento al cambiamento climatico». La conferenza di Sendai, che ha visto in apertura la presenza dell’imperatore Akihito, coinvolge i delegato di oltre 160 Paesi ed è in parte finalizzata a offrire un forte sostegno soprattutto ai Paesi considerati vulnerabili rispetto all’impatto dei cambiamenti climatici. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 Le iniziative di Pio X lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 per correggere il sistema di potere vaticano Riforme e brontolii tro («Gli applausi in Chiesa si fanno al Signore e non al Papa», tagliò corto), si mormorò subito che stesse “avvilendo” la tradizione curiale. Da testimonianze sicure sappiamo che queste mormorazioni in qualche caso sfociarono in aperte, clamorose rotture. Con la riforma della Curia, perciò, Pio X, andò piano. Favorì la pubblicazione di un opuscolo che anticipava le sue intenzioni mettendo in piazza fasti e nefasti (soprattutto i nefasti) dell’ambiente ecclesiastico, centrale e periferico (incluse le nunziature), avvertì che il terreno era scivoloso e scelse di agire per linee interne, facendo trapelare poco o nulla e tenendo sempre saldamente sotto il suo personale controllo tutta l’operazione, anche se ciò lo costrinse a ritmi di lavoro massacranti. Ma il suo progetto fu sempre chiarissimo: siccome il sistema di potere vaticano si presentava «disordinato, vario, arbitrario», tale da giustificare «critiche poco decorose» per la Santa Sede (sono parole Era forte in lui la consapevolezza sue), bisognava ripensare le vecchie Congregazioni che la Chiesa dovesse dotarsi (Pio X avrebbe voluto ridi un’organizzazione teologica nominarle ministeri, ma non ci riuscì), eliminangiuridica e disciplinare do quelle rese inutili dalpiù adeguata ai tempi la fine del potere temporale e ristrutturando le altre. Occorreva poi inuna nostalgia che alimentava impro- tervenire sul sistema delle nunziature babili speranze di ritorno all’antico all’estero, aggiungendo alle tradizio— fu posto davanti al problema prio- nali competenze diplomatiche, funritario di ripensare la governance, zioni di raccordo fra centro e perifecome si dovrebbe dire oggi in lin- ria ecclesiastici, di controllo dell’uno guaggio aggiornato, della Chiesa. sull’altra. Era infine necessario razioDovette cioè, parlando più alla buo- nalizzare personale, attribuzioni, rena, porre mano alla riforma della tribuzioni e tasse, riorientando il goCuria: una strada che per nessun Pa- verno pontificio alla sua esclusiva pa, né prima né dopo, è mai stata natura spirituale (la salus animauna comoda discesa. rum), senza perdere però di vista la Pio X ne era perfettamente consa- base giuridica che fonda la Chiesa. Nella mens del Papa la Chiesa, anpevole, come confidò in conclave, nel vano tentativo di dirottare altro- che se finalmente alleggerita dalla ve l’elezione, all’arcivescovo di Mila- zavorra dello Stato pontificio, rimano cardinale Ferrari, il suo più con- neva un’entità saldamente ancorata vinto sostenitore: «Ma io avrò i pri- al diritto, alla certezza della norma. mi nemici fra i più vicini». E infatti Mentre impostava la riforma del sile opposizioni vennero subito allo stema di governo, il Papa avviò scoperto, anche su cose minori: quindi la trasformazione del vecchio quando semplificò il barocco ceri- diritto canonico in un moderno comoniale che accompagnava gli spo- dice di leggi, prendendo esempio da stamenti del Pontefice, a cominciare quanto avevano fatto gli Stati modal bacio della pantofola e dalla derni postnapoleonici. Da questo diproibizione degli applausi che acco- segno complessivo nacquero tanto la glievano ogni sua entrata in San Pie- riforma della Curia, promossa il 29 di GIANPAOLO ROMANATO io X (1903-1914), di cui si è appena celebrato il centenario della morte e il sessantesimo anniversario della canonizzazione, proveniva da una modesta famiglia di campagna, dalla periferia della Chiesa, da esperienze esclusivamente pastorali, vissute lontano da Roma, dalla politica, dalla diplomazia. Fu eletto dopo un evento traumatico — il veto dell’imperatore d’Austria che sbarrò la strada al cardinale Rampolla (fu l’ultimo veto della storia) — e il suo pontificato chiuse definitivamente la secolare stagione del temporalismo ecclesiastico. Una svolta radicale, che cambiò il volto del cattolicesimo. Sconosciuto all’ambiente romano e insofferente dei formalismi che caratterizzavano la corte papale — quando ricevette la tiara, lo Stato pontificio, scomparso trentatré anni prima, era un ricordo ancora vivo, P giugno 1908 con la costituzione Sapienti consilio, quanto il varo del moderno Codex iuris canonici, che andrà in porto nel 1917. In questo modo prese forma la Chiesa novecentesca, che divenne una sorta di “Stato delle anime” funzionante in ogni diocesi, in ogni continente e in ogni circostanza nel medesimo modo. Senza toccare i fondamenti teologico-dottrinali, era la prima vera riforma del cattolicesimo pensata dopo il concilio tridentino. Una riforma che archiviava definitivamente il sistema delle Chiese di Stato d’antico regime e sanzionava, anche sul piano disciplinare e organizzativo, il primato di Roma su quelle che poi si sarebbero chiamate le Chiese locali. Nei successivi decenni ci saranno ulteriori cambiamenti, particolarmente dopo il concilio Vaticano II, ma nella sostanza la Chiesa che è giunta fino a noi è figlia di queste iniziative di Pio X, che furono seguite da ben più dei brontolii cui accennò quasi con nonchalance il cardinale Tisserant. Un progetto riformatore forte, insomma, quello di Pio X . Ma da dove veniva? Da quali esperienze? Parroco in piccoli paesi del Veneto e da ultimo patriarca di Venezia (una sede prestigiosa ma territorialmente piccolissima), il Papa aveva imparato a governare una diocesi a Mantova, dove fu vescovo per un decennio (dal 1885 al 1894), prima del trasferimento a Venezia. Su questo periodo, decisivo non soltanto per la sua personale biografia, possediamo finalmente uno studio al quale si può fare riferimento con sicurezza: Giuseppe Sarto vescovo di Mantova, a cura di Costantino Cipolla (Milano, Franco Angeli, 2014, pagine 848, euro 50). Introdotto da un denso intervento del curatore, storico ben noto per numerosi e ampi studi sul periodo risorgimentale (un centinaio di Una giovane e un’anziana a Torino Raffaello, «La Madonna del Divino Amore» (1516-1518) Il tema è quello dell’amore materno: una giovane e un’anziana, la Madonna e santa Elisabetta, guardano due bambini interagire, Gesù e san Giovannino. La figura di san Giuseppe è posta sulla sfondo, distante. Si tratta di uno dei capolavori di Raffaello La Madonna del Divino Amore (1516-1518) esposto per la prima volta a Torino, alla Pinacoteca Agnelli, dal 17 marzo al 28 giugno. Il quadro era stato restaurato nel 2012 per poi essere esposto al Prado e al Louvre. Nella Vita di Raffaello Vasari definisce La Madonna del Divino Amore una delle opere più belle del periodo romano del maestro. Familiari di Giuseppe Sarto quando era vescovo di Mantova (1884-1893, particolare) pagine che affrontano con sicurezza tutti i problemi storico-biografici suscitati dall’operato del vescovo nella città di Virgilio) e concluso da una sintesi storiografica non meno precisa dovuta alla penna di Alessandro Fabbri, il libro si compone di una ventina di saggi, che spaziano su ogni aspetto di un governo episcopale che fu, di fatto, la prova generale del pontificato. Quando vi arrivò Sarto, Mantova viveva uno dei periodi più bui della sua storia. Le guerre risorgimentali, che ne avevano flagellato il territorio più che in qualsiasi altra zona d’Italia, avevano lasciato cicatrici profonde tanto nel tessuto politico-sociale quanto nell’ambito religioso. Il seminario era stato chiuso e riaperto almeno cinque volte, decine di sacerdoti avevano lasciato l’abito, il livello del clero, diviso tra modernizzanti e intransigenti, era scaduto a livelli infimi, addirittura tre parrocchie avevano prefigurato la trasformazione in senso liberale della Chiesa, caldeggiata da tutte le alte sfere governative italiane, eleggendosi democraticamente i parroci, tra plausi e consensi che erano rimbalzati fin nelle aule del Parlamento britannico. La diocesi era davvero nel caos, in un ambiente indifferente, quando non espressamente ostile, attraversato dalle prime avvisaglie delle lotte sociali che imperverseranno nei decenni seguenti in tutta la Val Padana (lo sciopero detto de «la boje» avvenne poco prima dell’arrivo del vescovo) e impoverito dall’esodo migratorio verso le Americhe, che stava diventando un’autentica emorragia sociale. Incapaci di far fronte alla situazione, i due predecessori di Sarto erano quasi fuggiti (uno dei due finirà i suoi giorni affetto da seri disturbi mentali). Il futuro Pontefice era abituato al- vesse dotarsi di un’organizzazione teologica, giuridica e disciplinare più adeguata ai tempi. Mantova insomma formò entrambi gli aspetti della personalità di Giuseppe Sarto: l’intransigente difensore della dottrina tradizionale e il duttile, audace riformatore destinato a riplasmare il volto della Chiesa cattolica sul modello rappresentato dagli Stati moderni postÈ a Mantova che Giuseppe Sarto rivoluzionari. Di questo processo di vide per la prima volta maturazione gli studi gli effetti traumatici della modernità compresi in questo libro forniscono molte conferDi quella che oggi viene definita me, tanto in riferimento secolarizzazione dei costumi all’istituzione ecclesiastica — fece due visite pastorali e il sinodo, riportando il la compatta società cristiana del Ve- clero alla necessaria disciplina, riorneto, ancora sostanzialmente rurale e ganizzò il seminario e ordinò sacerpremoderna, dove era vissuto fino doti che daranno, alcuni diventando ad allora. È a Mantova che vide poi vescovi, ottime prove di sé, riachiaramente, per la prima volta, gli prì le porte ai regolari — quanto nei effetti traumatici della modernità, di rapporti con il mondo esterno. In quella che oggi chiamiamo secolariz- questo caso si tenne fuori dalla polizazione nel campo dei costumi e tica locale, pur senza estraniarsi delle credenze tradizionali. Nella cit- dall’ambiente cittadino e conquistantà lombarda, vicina geograficamente dosi gradatamente la stima delle auma lontana culturalmente dall’am- torità, per impedire che la politica biente veneto, la sua visione negati- continuasse a inquinare la diocesi. Il va della civiltà moderna trovò motivi decennio mantovano gli permise inper rafforzarsi, come prova la lettera somma di maturare convinzioni e pastorale per la quaresima del 1887, progetti che poi saranno alla base che anticipa nei concetti e anche in del suo operato quando diventerà molte espressioni l’enciclica Pascendi Pontefice. La successiva esperienza contro il modernismo che firmerà da come patriarca di Venezia ne rafforPontefice nel 1907. Ma crebbe anche zò i propositi. Ma questi avevano la consapevolezza che la Chiesa do- preso forma a Mantova. Daniel Defoe e le origini del romanzo poliziesco Castigo e delitto di GABRIELE NICOLÒ Era stato egli stesso in prigione per debiti e per due volte sottoposto alla pubblica gogna. Un’esperienza forte, quasi traumatica ma che risultò poi essere per lo scrittore britannico Daniel Defoe (1660-1731) quanto mai produttiva sul piano letterario, quando decise di cimentarsi in racconti scritti con il dichiarato proposito di ricostruire nel dettaglio il panorama della malavita nella Londra del XVIII secolo. Ora cinque racconti — due inediti e tre ormai introvabili in Italia — vergati tra il 1724 e il 1729, sono raccolti nel libro I peggiori criminali del nostro tempo (Firenze, Edizioni Clichy, 2015, pagine 223, euro 10). Si tratta di un appuntamento da non mancare anzitutto per i lettori appassionati del romanzo poliziesco. Perché a ben guardare, al di là delle intenzioni e preoccupazioni etiche dell’autore di denunciare i torbidi aspetti di un mondo disonesto e pericoloso, l’autore di Robinson Crusoe e Moll Flanders mostra di possedere le qualità per tenere a battesimo un genere che avrebbe conosciuto il suo apogeo grazie a Conan Doyle e alla sua immarcescibile creazione, Sherlock Holmes. Infatti, attraverso un ritmo narrativo incalzante, sul filo della suspence, e anche con qualche colpo di scena, lo scrittore sa guidare il lettore tra i meandri della “straordinaria vita” di John Sheppard: un’esistenza caratterizzata da molteplici rapine e da altrettante fughe. Non meno emozionante poi è il resoconto delle gesta inique di Jonathan Wild il quale, a differenza del “collega” Sheppard che non si macchiò mai di delitti, arrivò anche a uccidere. Puritano convinto, Defoe si dice, senza fumosi giri di parole, sconcertato da quante “cose turpi” ci siano su questa terra. In una delle introduzioni alla raccolta dei numeri della sua rivista «The Review», così scriveva: «Conosco troppo il mondo per aspettarmi qualcosa di buono; ho imparato a stimarlo poco e a preoccuparmi del male». Per poi aggiungere: «Ho imparato più filosofia dalla scuola dell’afflizione che dall’accademia e più religione che dal pulpito». E nell’arco di un anno e mezzo Defoe sperimentò “la differenza” tra l’udienza di un re e i sotterranei della prigione di Newgate. Ecco allora che la vicenda del criminale Wild, agli occhi dello scrittore, non si limita a una circoscritta, per quanto tumultuosa, «caccia al malvivente»: si estende fino a rappresentare un problema sociale e persino politico, che rischia di minare le fondamenta stesse del tessuto civile britannico. Come poi rileva nell’introduzione Fabrizio Bagatti, che ha curato la traduzione e l’edizione del libro, Defoe introduce un nuovo modo di trattare simili tematiche. All’epoca esistevano già i resoconti di crimini e delitti, ma troppo spesso risultavano inquinati da sciatte approssimazioni nonché «gonfiati» da facili sensazionalismi. Lo scrittore invece, che apostrofava tali resoconti qua- li «luride e volgari ballate», dà prova di un’accuratezza certosina: si rese subito conto, del resto, che la realtà fattuale degli avvenimenti era ancora più ricca di ogni invenzione. E quindi traghettò la prosa inglese dalla «cronica» di stampo medievale ai lidi del romanzo moderno. Un’operazione di ampio respiro condotta sempre alla luce di un impeccabile principio etico: educare la pubblica opinione di fronte a eventi che fossero specchio del male e delle nefandezze di cui è capace l’uomo. E l’ammaestramento morale che Defoe cerca di trasmettere ai contemporanei non è mai untuoso. A fare da baluardo contro ogni lesivo scadimento retorico si erge infatti un tormentato sentimento di giustizia che in lui sempre urgeva. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 pagina 5 «Il Regno» di Emanuele Carrère Il coraggio di parlare della risurrezione di LUCETTA SCARAFFIA i è successo più volte, leggendo i vangeli al di fuori delle cadenze liturgiche, di rimanerne colpita per la straordinaria concretezza di luoghi e personaggi, per la scrittura sempre diversa ma anche sempre accattivante, che ti fa entrare nella narrazione, che ti prende, anche se ovviamente conosci già la trama e gli episodi. I personaggi non sono mai descritti, ma solo raccontati nel loro agire, e questo lascia campo libero M all’immaginazione, spesso influenzata dalla ricca iconografia elaborata sul tema. Certo tutti avremmo voglia di sapere quale è la vera faccia di Zaccheo, la sua espressione quando scende dall’al- Jean Guitton, «Dieu pensant les possibles» (1969) bero a Gerico per correre a casa per possibili fonti e delle persone che certo prepararsi a ricevere Gesù, e ancora di conosceva bene, è particolarmente conpiù com’erano il volto di Paolo e quello vincente. Alla fine Luca ci risulta veramente simpatico, mentre un po’ più di Giovanni. Molti scrittori hanno cercato di ri- ambivalenti rimaniamo nei confronti di spondere a questa domanda, e vi riesce Paolo, amato e odiato di egual misura, magistralmente, oggi, Emanuele Carrère e di altri apostoli come Giovanni. Ma la cosa più importante per il letnel suo ultimo libro, Il Regno (Milano, Adelphi, 2015, pagine 428, euro 22). tore è che, leggendo Carrère, il Vangelo Anche perché sa porsi in una posizione ritorna vivo, parlante, tocca profondainterstiziale: fra il credente e il non cre- mente. Le parole di Gesù, la sua vicendente, fra lo studioso di storia e di filo- da, tornano a suscitare scandalo anche ai nostri occhi, prova che anche i crelogia e il romanziere. In un bilancio finale direi che prevale denti, nel corso del tempo, su molte il romanziere: il suo Paolo coraggioso e collerico, generoso ma anche poliIl cristianesimo ha bisogno ticamente abile, sembra di averlo incontrato. Sadi opere come questa rà difficile d’ora in poi, Opere che pongono nuove domande per chi ha letto il libro, non immaginarlo così. e che lo tolgono dallo scaffale Anche perché ce lo fa delle idee antiche e polverose vedere attraverso gli occhi del suo stretto collaboratore, il suo storico, Luca. Il «caro medico» (Colossesi, 4, 14) questioni si sono appiattiti. Ad esempio l’unico degli evangelisti dotato di una sul tema ricorrente della risurrezione: cultura di base che gli permette di usare l’autore si domanda di continuo chi ci il greco con eleganza, che sa consultare crede, si pone il problema se una persoaltre fonti, come Flavio Giuseppe, è na sensata può crederci, allora e oggi. l’alter ego del narratore, come egli stes- Ma noi sappiamo bene come oggi della risurrezione si parli pochissimo, anche so confessa senza problemi. Carrère si immagina un Luca sostan- nelle chiese, preferendo insistere sugli zialmente fedele a Paolo, ma anche sin- aspetti morali, sul fatto che quello che ceramente curioso di conoscere qualcosa conta è solo essere buoni. Invece il prodi Gesù vero, del Gesù che tanti suoi blema della risurrezione attraversa tutto contemporanei hanno conosciuto e il libro, fin dalle prime pagine. amato, e che Paolo non considera veraQuesto incandescente flusso narrativo mente interessante. viene confrontato spesso con i risultati Per Paolo conta solo il grande assun- della ricerca storico-filologica, talvolta to teologico: Gesù è figlio di Dio, muo- accettata, altre volte audacemente scare per noi, risuscita. Consapevole che valcata dall’inventiva, deviazione pronquesta vicenda opera un totale rovescia- tamente denunciata al lettore. mento dei valori del mondo. Luca inveSotteso a tutto il libro c’è il problema ce è curioso, vuol capire bene Gesù, co- della fede: l’autore stesso ci pone contime viveva, con chi parlava, cosa diceva, nuamente la questione se crede o no. e vuole raccontare tutto questo con una Nonostante alcune affermazioni di cascrittura accattivante, che piaccia anche rattere agnostico, e l’amara ironia con a lettori colti e non ebrei. cui racconta quello che chiama il suo In questo atteggiamento si identifica «periodo cristiano» (non rendendosi l’autore, che crede di rinvenire nei testi conto, però, che la sua conversione di Luca degli escamotage narrativi in sembrava una caricatura del cristiano) cui riconosce il collega, lo scrittore che ci troviamo più di una volta davanti a vuole abbellire la sua storia senza tra- pagine ben diverse. dirne il significato. Per questo la sua riAd esempio quando racconta con costruzione dei viaggi di Luca, delle sue passione e ammirazione tutte quelle af- In mostra a Roma Cavour e l’Iran Il museo Giuseppe Tucci d’arte orientale a Palazzo Brancaccio dedica tre delle sue sale alla mostra «Iran, arte e cultura» (aperta fino al 19 aprile) che fa dialogare manufatti antichi di proprietà del museo con l’espressione artistica di artigiani che ancora oggi mantengono viva la cultura tradizionale del Paese, ispirati dalle produzioni delle ceramiche grigie dell’Altopiano e dalle grandi fabbriche di Nishapur nel Khorasan e di Samarcanda in Transoxiana, di Rayy e di rinvenute nel Lorestan. Ma è dopo l’avvento dell’islam che la miniatura, influenzata dalla tradizione bizantina, diventa un vero e proprio genere artistico raggiungendo la sua più alta espressione tra il Quattrocento e il Cinquecento, con gli importanti centri di produzione di Tabriz e Shiraz. Venti immagini tratte dall’album «Ricordo del viaggio in Persia della missione italiana 1862» conservato alla Biblioteca Marciana di Venezia documentano le antiche relazioni Maryam Labbani Motlagh, «Senza titolo» (2010) Kashan. Nell’allestimento — a cura di Paola D’Amore, Lorenzo Costantini e Ghorban Ali Pourmarjan — ceramiche, calligrafie, miniature e foto raccontano il passato e il presente dell’Altopiano iranico. Praticata anche nell’impero partico e sasanide, l’arte della miniatura risale a diecimila anni fa con la scoperta di opere tra il Regno di Sardegna prima e il Regno d’Italia poi. Al momento, questi scatti sono la più precoce documentazione nota sul mondo Qajar. La missione fu progettata sin dal 1860 da Camillo Benso conte di Cavour ma prese l’avvio solamente nell’aprile di due anni dopo. (rossella fabiani) Torna «The Story of Giovanni Emanuele Carrère fermazioni di Gesù che fanno parte delle Beatitudini, o possono esservi assimilate, e quindi si presentano come una raffigurazione del Regno come di un luogo in cui si assiste al rovesciamento di tutti i valori mondani. E il libro finisce con un’esperienza concreta di questo rovesciamento, vissuta da Carrère in un ritiro diretto da Jean Vanier. Così che conclude il racconto di questa esperienza con parole luminose: «Devo ammettere che quel giorno, per un attimo, ho capito che cos’è il Regno». Si era già reso conto, del resto, che il proselitismo cristiano non è solo fatto a parole, ma opera attraverso comportamenti radicalmente nuovi, come perdonare e amare i nemici, preferire essere deboli anziché forti, obbedire piuttosto che comandare. Allora le persone intorno cominciano a capire «quanta gioia, quanta forza, quanta intensità guadagna la vita da quella condotta in apparenza insensata. E allora non ha più che un desiderio, fare come loro». Il cristianesimo ha bisogno di libri come questo: che pongono nuove do- La cosa più importante per il lettore è che leggendo il libro dello scrittore francese il Vangelo ritorna vivo e parlante Le parole di Gesù tornano a suscitare scandalo anche ai nostri occhi mande, che scuotono, che obbligano a rileggere quello che è avvenuto, a ripensare tutto. Soprattutto che tolgono il cristianesimo dallo scaffale delle idee antiche e polverose, dei sistemi in cui ti sembra di sapere già tutto e che tutto sia stato detto, e costringono il lettore a ripensarlo, a scegliere di nuovo se siamo cristiani o no. XXIII» di Joe Sinnott Dai Fantastici Quattro a Papa Roncalli di SILVIA GUIDI Anche i fumetti hanno bisogno di restauri: dopo oltre mezzo secolo torna in commercio «The Story of Pope John XXIII» di Joe Sinnott, uno dei migliori inchiostratori della Marvel Comics. Il suo stile deciso e allo stesso tempo semplice e curato ha decretato il successo di serie celebri come «The Avengers», «The Defenders» e «The Mighty Thor». Le tavole dedicate alla vita di Angelo Roncalli, uscite negli Stati Uniti per la prima volta nel 1962, l’anno del concilio Vaticano II, oggi raccolte in un unico volume e ritoccate nel colore, sono state ripubblicate su carta pregiata, in grande formato e con copertina cartonata grazie a una campagna di finanziamento diffusa in rete. In tanti hanno risposto all’appello di Sinnott, molto amato e conosciuto da tutti gli appassionati dei comics Marvel. La notorietà di Sinnott è dovuta soprattutto alla lunga serie di numeri che ha inchiostrato per la prima serie di «Fantastic Four» dal 1965 al 1981, mentre la sua biografia dei Beatles a fumetti, uscita nel 1964, è tuttora un cimelio molto ambito dai collezionisti. Il compito di lavorare alle tavole dedicate ad Angelo Roncalli gli venne affidato da «Treasure Chest of Fun and Fact», una rivista d’orientamento cattolico pubblicata dall’editore George A. Pflaum e distribuita nelle parrocchie americane tra il 1946 e il 1972; sulle sue pagine lavorarono artisti come Reed Candrall, Graham Ingels e Joe Orlando e Jim Mooney. Sinnott fu così felice e onorato di aver ricevuto quest’incarico che rinunciò a lavorare a qualche numero di «Fantastic Four» per dedicarsi, durante il giorno, alla vita a fumetti di Roncalli, mentre di notte ripassava a inchiostro le storie di Thor. Dopo la canonizzazione del 27 aprile scorso, l’idea di raccogliere, restaurare — con l’aiuto dell’illustratore Leonardo Ito — e ripubblicare «The Story of Pope John XXIII». Una delle tavole di «The Story of Pope John XXIII» del 1962 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 Parla il cardinale arcivescovo di Montevideo Sturla Berhouet Così la gente ci ascolta MONTEVIDEO, 16. La gente ascolta sempre la Chiesa quando non parla da una cattedra ma si pone come un soggetto fra i tanti della società plurale. È una cosa che deve imparare a fare sempre più spesso. In una recente intervista al settimanale spagnolo «Vida Nueva», l’arcivescovo di Montevideo, Daniel Fernando Sturla Berhouet, salesiano, creato cardinale nel concistoro del 14 febbraio scorso, parla della realtà che più conosce, quella dell’Uruguay, reduce da «cento anni di duro laicismo». In Uruguay i processi di secolarizzazione, a differenza di altri Paesi americani dove hanno riguar- Compie duecento anni la cattedrale del Guatemala CITTÀ DEL GUATEMALA, 16. La Chiesa del Guatemala è in festa per il bicentenario della cattedrale metropolitana. Proprio in questi giorni, domenica 15 e lunedì 16, viene ricordata solennemente l’inaugurazione e la benedizione del primo tempio arcidiocesano con lo slogan «La cattedrale: 200 anni celebrando la Pasqua del Signore». Per sottolineare in maniera più marcata l’avvenimento è stato anche indetto un anno giubilare, iniziato il 9 dicembre scorso, che si concluderà nel prossimo mese di novembre in occasione della chiusura del congresso eucaristico arcidiocesano. Per la Chiesa locale si tratta di un’occasione speciale, viene sottolineato da parte del comitato organizzatore, «per approfondire le proprie radici, proseguire nel processo di rinnovamento e assumere nuovo slancio evangelizzatore e missionario». Significativamente l’anno giubilare della cattedrale coincide anche con la designazione di Città del Guatemala, quale capitale della cultura ispanoamericana. Coincidenza che offre l’opportunità di mettere in risalto il valore artistico e storico della cattedrale e di conseguenza il ruolo svolto dalla Chiesa anche nel campo della cultura. La costruzione del tempio iniziò nel 1782 e durò per più di tre decenni. L’apertura si deve all’arcivescovo Ramón Casaus y Torres. dato soprattutto l’élite intellettuale ed economica, hanno raggiunto la popolazione in modo forte e profondo. In tale contesto la Chiesa, che non ha alcun aiuto statale, deve far udire il proprio pensiero, «consapevole di essere voce cristiana in una società plurale». Povertà e libertà sono le parolechiave per capire la Chiesa rappresentata dall’arcivescovo Sturla Berhouet e per comprendere anche la scelta del Papa di farlo cardinale. Forse, spiega nell’intervista, «un riconoscimento alla Chiesa uruguaiana» che Francesco «conosce e apprezza per la vicinanza tra Argenti- na e Uruguay». Ricorda la modestia, l’austerità dei sacerdoti, «ai quali a volte non bastano i soldi per mantenere né la parrocchia né se stessi». L’Uruguay, col tempo, è passato da un laicismo combattivo a una laicità positiva — per usare un termine caro a Benedetto XVI — grazie anche ai due viaggi di Giovanni Paolo II, nel 1987 e nel 1988, in un momento delicato per la raggiunta democrazia. La Chiesa ha dato il suo prezioso contributo, soprattutto nel campo educativo. Il cardinale Sturla Berhouet si sofferma sul progetto «Liceo Jubilar», a favore dei ragazzi più bisognosi, adolescenti cresciuti in contesti critici. Un successo talmente evidente che «la nuova ministra dell’Istruzione, che non è cattolica, ha detto che le piacerebbe impiantare questo modello, soprattutto pensando ai più sfavoriti». La voce dei vescovi è sempre più ascoltata, forse come non mai, nel Paese: «Un’evoluzione con la quale l’effetto-Francesco ha molto a che vedere», dice il cardinale. C’è poi il carisma salesiano. Sturla Berhouet ne parla approfonditamente in un’altra intervista, pubblicata nel numero di marzo de «Il bollettino salesiano». Don Bosco mandò i primi salesiani in Uruguay nel 1876 e «da subito il carisma salesiano e l’Uruguay si capirono perfettamente», dando e ricevendo molte vocazioni, tanti e validi missionari. Oggi la congregazione, anche se è diminuito il numero dei confratelli, «continua a lavorare in modo rimarchevole nel campo dell’educazione, con opere scolastiche, parrocchiali e sociali considerate “di punta”». Oltre al «Liceo Jubilar» c’è la «Fundación para la educación católica» che cerca di riunire i centri educativi di quartiere, le scuole parrocchiali e le varie scuole in cui è necessario avere una chiara identità cattolica e affinché siano al servizio dei ragazzi più poveri. «È un modo — conclude il porporato — per evitare la chiusura delle scuole cattoliche, che si fa impellente a causa della diminuzione del numero dei religiosi». Su «Our Sunday Visitor» le missioni di fra Junípero L’apostolo della California SACRAMENTO, 16. La prima missione è datata 1769 ed è intitolata a San Diego de Alcalá. L’ultima, del 1782, ha preso il nome di San Buenaventura. In tutto, nel breve arco di circa tredici anni, la fondazione di ben nove insediamenti che avrebbero spalancato le porte al messaggio cristiano in quella porzione di Nuova Spagna che oggi prende il nome di California. Artefice di tutto ciò è Junípero Serra, missionario francescano di origine spagnola, difensore ed evangelizzatore dei popoli indigeni, al quale il settimanale statunitense «Our Sunday Visitor» ha recentemente dedicato un ampio servizio. L’occasione è stata l’annuncio, fatto direttamente dal Pontefice, della canonizzazione di Junípero Serra, che avverrà a Washington nel corso della visita che Papa Francesco compirà nel settembre prossimo negli Stati Uniti. Nell’articolo, a firma di Jim Graves, oltre a richiamare i principali dati biografici e l’iter del processo di canonizzazione dell’apostolo della California, viene ricordata la straordinaria importanza della fondazione delle nove missioni, tuttora esistenti, di cui vengono forniti gli indirizzi dei siti nella Messaggio dei vescovi del Nicaragua Il primo peccato è l’indifferenza MANAGUA, 16. La prima piaga da combattere è l’indifferenza di fronte alle situazioni di ingiustizia. È quanto affermano i vescovi del Nicaragua nel messaggio per la Quaresima, che è anche l’occasione per soffermarsi sulle grandi emergenze nazionali, dalla violenza politica ai gravi squilibri sociali. «È preoccupante l’indifferenza che mostra gran parte della nostra società dinanzi ai gravi problemi sociali e politici del Paese», scrivono i presuli, per i quali «si è generalizzato un modo di fare politica, secondo cui sembra conti poco la vicinanza al popolo, l’interesse a risolvere i problemi reali e a prendere in considerazione le loro aspettative e le loro opinioni». I vescovi del Nicaragua — nel messaggio intitolato «La fede opera attraverso l’amore», che trae spunto da un passo della lettera di san Paolo ai Galati (5,6) — definiscono inoltre come «grave il fatto che la pratica politica nel Paese sia dominata dalla dimenticanza del bene comune, dall’ambizione, dall’autoritarismo, dalla illegalità e soprattutto dalla corruzione. Si tratta di un peccato grave». Allo stesso modo, i presuli deplorano soprattutto l’insensibilità di chi governa e della società in generale dinanzi alla protesta e alle sofferenze degli anziani, dei lavoratori, delle donne, dei giovani e dei contadini: «Ci stiamo abituando ad atti di repressione e di violenza criminale con tonalità chiare di terrorismo, che hanno messo in lutto e nell’angoscia molte famiglie e comunità nelle zone rurali». Il messaggio dedica poi largo spazio anche ai grandi progetti nazionali che, dicono i vescovi, devono essere messi al servizio della persona umana. In particolare si fa riferimento al progetto di canale transoceanico, che intende collegare il Pacifico e l’Atlantico, sul quale i presuli già nelle scorse settimane avevano espresso una certa preoccupazione sul fronte della sostenibilità ambientale e della tutela dei diritti delle popolazioni rurali interessate alle realizzazione dell’opera. Alla luce di tutto ciò, dai presuli del Paese centroamericano viene rinnovato l’invito a vivere il tempo di Quaresima come un cammino di liberazione per riuscire, insieme, a superare la tentazione dell’indifferenza e dell’egoismo, dedicandosi alla preghiera, personale e comunitaria, per impegnarsi a vivere il Vangelo con la forza della fede. rete internet. Serra visse nel territorio dell’odierna California soltanto per un quindicennio, ma ha svolto un ruolo chiave nella diffusione della Chiesa nella regione. «Il beato Junípero è uno dei miei eroi spi- rituali e una figura gigantesca nella evangelizzazione del nuovo mondo» ha dichiarato al settimanale «Our Sunday Visitor», l’arcivescovo di Los Angeles, monsignor José Horacio Gómez. Premiata Mary Ann Walsh Una vita per la stampa cattolica negli Stati Uniti ALBANY, 16. Madre Mary Ann Walsh, sino all’estate scorsa direttore delle relazioni con i media dell’episcopato statunitense, è stata insignita dalla Catholic Press Association's (Cpa) del premio intitolato a san Francesco di Sales. «La sua vita al servizio della stampa cattolica, della Conferenza episcopale statunitense e della Chiesa è eccezionale e un modello per tutti», ha detto Rob DeFrancesco, presidente della Cpa, nell’illustrare le Quaresima per le vittime dell’odio anticristiano WASHINGTON, 16. Tutti, qualunque sia il proprio credo religioso, sono chiamati a pregare e a operare attivamente in favore delle vittime della persecuzione religiosa nel mondo, in particolare per coloro che soffrono nelle regioni del Medio oriente. È questo l’appello lanciato dai presuli statunitensi in occasione della quaresima. In una dichiarazione diffusa dall’Administrative Committee, organismo guidato dal presidente dell’episcopato, l’arcivescovo di Louisville, Joseph Edward Kurtz, si invita infatti a utilizzare proprio il tempo forte della quaresima «per unirsi alla sofferenza» di molti fratelli e sorelle sparsi in tante regioni del pianeta e a «pregare per loro e con loro in modo speciale», nella speranza di poter «un giorno condividere la gioia di una pace duratura». In unione con le Chiese locali e con la Santa Sede, dichiarano i vescovi, «chiediamo alla nostra nazione di lavorare con la comunità internazionale per intervenire a tutela dei diritti delle minoranze religiose e civili, nel quadro del diritto internazionale e del diritto umanitario». motivazioni dell’importante riconoscimento. Appartenente alla Northeast Community of the Sisters of Mercy of the Americas, madre Walsh ha dedicato la vita al giornalismo cattolico, iniziando a scrivere per «The Evangelist», il giornale diocesano della natia Albany, capitale dello Stato di New York, per poi divenire corrispondente per il Catholic News Service a Roma e a Washington. È stata responsabile delle comunicazioni in occasione della Giornata mondiale della gioventù svoltasi a Denver nel 1993 per iniziare successivamente, per conto dell’episcopato, il suo lavoro nelle relazioni con i media A consegnare il premio, il vescovo di Salt Lake City, John Charles Wester, direttore della commissione episcopale per le comunicazioni. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 pagina 7 Messa a Santa Marta Siamo noi il «sogno di Dio» che, da vero innamorato, vuole «cambiare la nostra vita». Per amore appunto. A noi chiede solo di avere la fede per lasciarlo fare. E così «possiamo solo piangere di gioia» davanti a un Dio che ci «ri-crea», ha detto Papa Francesco nella messa celebrata lunedì 16 marzo, nella cappella della Casa Santa Marta. Nella prima lettura, tratta da Isaia (65, 17-21) «il Signore ci dice che crea nuovi cieli e nuove terre, cioè “ri-crea” le cose» ha fatto notare Francesco, ricordando an- Come si cambia tanto entusiasmo: parla di gioia e dice una parola: “Godrò del mio popolo”». In sostanza, «il Signore pensa a quello che farà, pensa che lui, lui stesso sarà nella gioia con il suo popolo». Così «è come se fosse un “sogno” del Signore, come se il Signore “sognasse” di noi: come sarà bello quando ci troveremo tutti insieme, quando sato: il Signore mi sogna? Mi pensa ? Io sono nella mente, nel cuore del Signore? Il Signore è capace di cambiarmi la vita?». Isaia, ha aggiunto Francesco, ci dice anche che il Signore «fa tanti piani: fabbricheremo case, pianteremo vigne, mangeremo insieme: tutti quei progetti tipici di un innamorato». Del resto, «il Signore si manifesta innamorato del suo popolo» arrivando persino a dire: «Ma io non ti ho scelto perché tu sei il più forte, più grande, più potente; ma ti ho scelto perché tu sei il più piccolo di tutti». Di più, «si potrebbe dire: il più miserabile di tutti. Ma io ti ho scelto così, e questo è l’amore». «Da lì — ha affermato il Papa — questa continua voglia del Signore, questo suo desiderio di cambiare la nostra vita. E noi possiamo dire, se ascoltiamo questo invito del Studio Azzurro, «In principio (e poi)» Signore: “Hai mutato (2013, bozzetto della videoinstallazione sul tema della creazione per il padiglione della Santa Sede alla cinquantacinquesima Biennale di Venezia) il mio lamento in danza”», ossia le parole che che «parecchie volte abbiamo parlato ci troveremo là o quando quella persona, «che abbiamo pregato» nel salmo 29. «Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevadi queste “due creazioni” di Dio: la prima, quell’altra, quell’altra camminerà...». Precisando ancora di più il suo ragiona- to» dice ancora il salmo, riconoscendo coquella che è stata fatta in sei giorni, e la seconda, quando il Signore “rifà” il mon- mento, Francesco è ricorso a «una metafo- sì che il Signore «è capace di cambiarci, do, rovinato dal peccato, in Gesù Cristo». ra che ci possa fare capire: è come se una per amore: è innamorato di noi». «Credo che non ci sia alcun teologo che E, ha puntualizzato, «abbiamo detto tante ragazza con il suo fidanzato o il ragazzo volte che questa seconda è più meraviglio- con la fidanzata pensasse: quando saremo possa spiegare questo: non si può spiegasa della prima». Infatti, ha spiegato il Pa- insieme, quando ci sposeremo...». Ecco, re» ha rimarcato Francesco. Perché «su pa, «la prima è già una creazione meravi- appunto, «il “sogno” di Dio: Dio pensa a questo si può soltanto riflettere, sentire e piangere di gioia: il Signore ci può camgliosa; ma la seconda, in Cristo, è ancor ognuno di noi, ci vuole bene, sogna di biare». A questo punto viene spontaneo noi, sogna della gioia di cui godrà con più meravigliosa». chiedersi: che cosa devo fare? La risposta Nella meditazione, tuttavia, Francesco noi». Ed è proprio «per questo il Signore è chiara: «Credere, credere che il Signore ha scelto di soffermarsi «su un altro aspet- vuole “ri-crearci”, fare nuovo il nostro to», a partire proprio dal passo di Isaia cuore, “ri-creare” il nostro cuore per fare nel quale, ha spiegato, «il Signore parla di trionfare la gioia». Tutto questo ha portato il Papa a sugquello che farà: un nuovo cielo, una nuova terra». E «troviamo che il Signore ha gerire qualche domanda: «Avete mai pen- Il cardinale Tauran in Costa d’Avorio Insieme contro l’intolleranza «La Chiesa rispetta i credenti di tutte le religioni»: anzitutto «perché sono esseri umani con i loro diritti fondamentali», e poi perché essa «riconosce tutto ciò che c’è di vero e santo» in ognuna di loro. Lo ha assicurato il cardinale Jean-Louis Tauran alle guide religiose della Costa d’Avorio incontrate stamane, lunedì 16 marzo, nella basilica di Yamoussoukro. Il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, che si trova nel Paese africano dallo scorso 13 marzo, ha anzitutto ricordato la visita compiuta l’anno precedente nel vicino Benin, dove aveva potuto «apprezzare la profondità dei valori umani» delle religioni tradizionali — così ben radicate anche in Costa d’Avorio — le quali attraverso gli anziani che praticano il culto degli antenati hanno il merito di trasmettere «il senso del sacro, la fede in un Dio unico e buono, il gusto della celebrazione, la considerazione per la vita morale e l’armonia nella società». Tuttavia non mancano le sfide, ha osservato il porporato, come testimonia «la storia recente del Paese» segnata da reciproca mancanza di conoscenza, a volte fonte di incomprensioni e persino di scontro. Per questo, ha assicurato, «se tutti noi credenti in Dio desideriamo servire la riconciliazione, la giustizia e la pace, dobbiamo lavorare insieme per bandire ogni forma di discriminazione, d’intolleranza e di fondamentalismo». Infatti «l’antidoto più efficace contro ogni forma di violenza è l’educazione alla scoperta e all’accettazione delle differenze». Da qui l’invito a «continuare a stabilire legami di amicizia, di fiducia e di rispetto reciproco». In precedenza, domenica 15 il cardinale aveva presieduto l’Eucaristia a Korhogo per celebrare i 110 anni dell’evangelizzazione del nord del Paese. Durante il rito, nella cattedrale dedicata a San Giovanni Battista, sono state elevate particolari intenzioni per i missionari di ieri e di oggi, per i catechisti, collaboratori diretti dei sacerdoti nell’annuncio, e per i primi tra questi catechisti, i servi di Dio Louis Houandete e sua moglie Valérie Amah. Ai presenti il presidente del dicastero per il dialogo ha recato «l’incoraggiamento e la benedizione di Papa Francesco. Con lui, auspico che voi, pastori e fedeli, continuiate a rendere ancora più attraente il messaggio del Vangelo in Costa d’Avorio» ha detto. Perché la Chiesa «deve offrire a tutti, vicini e lontani, l’opportunità di scoprire o riscoprire la forza che essa ci dà attraverso i sacramenti». Da qui l’invito a essere «cristiani contagiosi, degni eredi» dei missionari e dei catechisti che portarono l’annuncio nel Paese oltre un secolo fa. Attualizzando poi il discorso, il cardinale Tauran ha sottolineato come in Africa oggi occorra pregare che Dio ci doni «il coraggio di conoscerlo meglio, per vedere nel nostro prossimo non un concorrente, ma un fratello», e per non avere pregiudizi «nei confronti di chi pensa e vive in modo diverso dal nostro». Perché solo così — si è detto convinto — saremo «sacramento della tenerezza di Dio». In proposito il porporato ha spiegato che «ci sono tante aree in cui è possibile illuminare gli eventi con la luce del Vangelo e scoprire non solo ciò che è sbagliato, ma anche ciò che rende grande l’uomo». Insomma «non è il momento della disperazione, ma quello della speranza». Del resto sperare non significa «vivere nel passato, ma accogliere gli avvenimenti come una chiamata a crescere». Infine il cardinale ha concluso la sua riflessione con una confidenza personale. A chi gli dice: «Io non credo in Dio», egli è solito rispondere: «Ma Dio crede in te». Infatti «attraverso i nostri errori e le nostre mediocrità, egli trova sempre il modo di bussare alla nostra porta». Anche oggi, in questo tempo, in cui «molti dei nostri fratelli cristiani rischiano la loro libertà e la loro stessa vita» per il solo fatto di avere fede in Gesù Cristo: «questo — ha commentato — è il tempo dei martiri». La cattedrale di San Giovanni Battista a Korhogo A Villa Nazareth Celebrati i cinquant’anni di sacerdozio dell’arcivescovo Celli Erano tantissime le persone amiche che hanno partecipato alla messa per il cinquantesimo anniversario di ordinazione sacerdotale dell’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, la sera del 14 marzo a Villa Nazareth, residenza universitaria romana nata nel 1946 dall’intelligenza e dalla carità di monsignor Domenico Tardini, stretto collaboratore di Pio XI e di Pio XII, poi cardinale segretario di Stato di Giovanni XXIII. Allievo del Seminario romano, Celli venne ordinato prete il 19 marzo 1965 e da ben trentatré anni segue le ragazze e i ragazzi che si sono formati e si formano a Villa Nazareth. Presenti tra gli altri i cardinali Silvestrini e Bertello, la messa è stata concelebrata da trentadue sacerdoti. Tra loro, i cardinali Sandri, Ravasi, Filoni, Harvey e, in rappresentanza della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher e i monsignori Peter Bryan Wells e José Avelino Bettencourt. Con la comunità di Villa Nazareth hanno partecipato alla celebrazione fedeli della parrocchia romana di San Frumenzio ai Prati Fiscali e amici della Scuola allievi ufficiali dei carabinieri, realtà anch’esse seguite da monsignor Celli. può cambiarmi, che lui può». Esattamente ciò che ha fatto quel funzionario del re che aveva un figlio malato a Cafàrnao, come racconta Giovanni nel suo Vangelo (4, 43-54). Quell’uomo, si legge, a Gesù «chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire». E Gesù gli risponde: «Va’, tuo figlio vive!». Dunque quel padre «credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino: credette, credette che Gesù aveva il potere di guarire il suo bambino. E ha avuto ragione». «La fede — ha spiegato Francesco — è dare spazio a questo amore di Dio; è fare spazio alla potenza, al potere di Dio, al potere di uno che mi ama, che è innamo- rato di me e che desidera la gioia con me. Questa è la fede. Questo è credere: è fare spazio al Signore perché venga e mi cambi». Il Papa ha concluso con una significativa annotazione: «È curioso: questo è stato il secondo miracolo che Gesù ha fatto. E lo ha fatto nello stesso posto nel quale aveva fatto il primo, a Cana di Galilea». Nel passo del Vangelo di oggi si legge infatti: «Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino». Di nuovo «a Cana di Galilea cambia anche la morte di questo bambino in vita». Davvero, ha detto Francesco, «il Signore può cambiarci, vuole cambiarci, ama cambiarci. E questo, per amore». A noi, ha concluso, «chiede soltanto la nostra fede: cioè, dare spazio al suo amore perché possa agire e fare un cambiamento di vita in noi». Conclusa la visita del segretario di Stato in Bielorussia Ali distese per il volo «La voce della vostra preghiera e della vostra testimonianza risuoni forte e risvegli il cuore intiepidito di quanti hanno lasciato» la Chiesa «per rincorrere il mito della ricchezza, del piacere senza amore, dell’egoismo che uccide la solidarietà, dell’indifferenza che distrugge la partecipazione alla gioia e al dolore degli altri». È questa la consegna che il cardinale Pietro Parolin ha lasciato alla comunità cattolica della Bielorussia a conclusione della visita ufficiale compiuta dal 12 al 15 marzo. Celebrando domenica 15 la messa nell’arcicattedrale di Minsk, gremita soprattutto di bambini, il segretario di Stato, ha elogiato i cattolici del Paese, «molto numerosi» nonostante abbiano «conosciuto momenti davvero difficili», al punto che «in tempi ancora recenti i sacerdoti sono stati deportati, le Il porporato circondato chiese distrutte, le comunità disperse, mentre una propaganda molto organizzata e insistente intendeva cancellare dal cuore dei credenti l’immagine di Dio». In proposito il porporato ha assicurato che «il Papa si inchina di fronte a questa storia di dolore», al «male immenso subito» dal popolo bielorusso in un susseguirsi di «guerre, roghi, distruzioni, omicidi, deportazioni». Del resto, ha fatto notare, «l’uomo quando si allontana da Dio conosce gli abissi della crudeltà». Finisce con il confondersi «con gli animali, preda degli istinti più bassi». Come dimostra quanto sta accadendo «anche poco lontano da qui, nell’amata terra di Ucraina, dove la violenza esplode in una brutalità, di cui siamo testimoni diretti attraverso le immagini» mostrate dai mass media: «comunità distrutte, bambini e anziani inermi sterminati senza pietà o costretti a vivere sotto terra per lungo tempo, mentre intorno si distrugge il loro mondo, le cose cui sono abituati e persino le persone che amano». Insomma per il segretario di Stato «il dramma della libertà dell’uomo» impone una continua lotta. E «senza lotta non c’è fede». In particolare al giorno d’oggi «la lotta è contro i piccoli idoli che vogliono prendere il posto di Dio: il miraggio della ricchezza facile, la perdita del senso del bene e del male, l’indifferenza, l’andare in chiesa solo per tradizione, sentirci cattolici quasi per identità etnica, ma poi vivere senza senso, senza scopo, senza direzione. Vivere da egoisti, come se Dio non ci fosse». Da qui l’invito a sentirsi «fieri di essere cristiani» e a non lasciare la Chiesa, «anche se è piena di peccati e qualche volta delude». Infatti «in essa batte il cuore di Cristo. Non abbandonatelo — ha concluso — per distrazione, per non perdere tempo, per essere meno vincolati e apparentemente più liberi di godere la vita. Dio vi aspetta qui». La sera di sabato 14, il segretario di Stato aveva celebrato la messa con i giovani nella chiesa dei Santi Simone ed Elena, nota come «la chiesa rossa», uno dei simboli di Minsk. All’omelia ha sottolineato che «noi non siamo credenti perché abbiamo paura di Dio e dei suoi castighi», né «perché siamo già santi» e «nemmeno perché migliori degli altri», ma solo «perché crediamo all’amore di Dio che opera in noi anche quando non ce ne accorgiamo, e ci trasforma». Quindi, ha esortato, «niente tristezza, niente occhi bassi, ma gioia!». Ritornando sul tema delle sofferenze e delle persecuzioni, il celebrante ha spiegato che «neppure i martiri sono un ricordo triste», perché — per dirla con il poeta Ryhor Baradulin — «le braccia di da bambini bielorussi nell’arcicattedrale di Minsk (Ap) un uomo crocifisso» sono «ali distese per il volo», per «alzarsi sopra la realtà. Purché si creda, altrimenti contro il muro duro del dolore rischia di spezzarsi ogni speranza». Ma la fede degli uomini, ha avvertito, è costantemente messa alla prova: nel passato, per esempio, «si volevano descrivere coloro che credono come dei sempliciotti, degli sprovveduti, persone che si lasciano convincere dalle favole perché non hanno cultura». Oppure, un altro motivo per cui «si può rifiutare di credere» è «perché ci si sente indegni, sporchi, deboli». Invece, come insegna Papa Francesco, il Signore perdona tutto. Piuttosto, quello che lo fa «soffrire immensamente è il tradimento dell’amore. Non il singolo peccato, la singola mancanza», ma «quando si rifiuta il suo amore fedele, generoso, totale, per vendere e comprare l’amore ridotto a una merce». Ecco allora la consegna lasciata alle nuove generazioni: «Voi avete una forza speciale, che vi viene dall’entusiasmo della vostra età. Vi auguro di non conoscere mai lo scherno e il disprezzo per nessuno. Ma quello che dobbiamo evitare soprattutto è il ridere di Dio. E questo può capitare anche senza che lo vogliamo direttamente: quando pensiamo solo a noi, a come far soldi, a come contare nella società; quando ci chiudiamo, ci togliamo le ali che ci fanno volare e rimaniamo tristi e inconsolabili». È, ha constatato, «la nuova tentazione dei nostri tempi», quella di lasciarsi «corrompere dalle immagini false: uomini e donne di successo, solo perché hanno una bellezza che passa, o sono conosciuti e invidiati», gente che per denaro è pronta a tutto. In pratica, ha fatto notare, «dovete scegliere tra Dio e gli idoli, tra colui che vi ha creati e piccoli oggetti di cui diventare schiavi. Dalla vostra risposta dipenderà il futuro. Solo persone che credono a valori alti e lottano per raggiungerli aiutano un Paese a crescere». Come fare? La risposta può essere trovata nella «bella natura» della Bielorussia: «quando vi verrà il dubbio di lasciare Dio per il chiasso del successo umano — ha suggerito — passeggiate nei vostri boschi e nei vostri campi, guardate i vostri laghi: lì c’è il respiro di Dio e sarà più facile scegliere ciò che è eterno». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 lunedì-martedì 16-17 marzo 2015 All’Angelus il Papa ricorda i cristiani vittime degli attentati in Pakistan La persecuzione che il mondo nasconde «Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace»: ai fedeli riuniti in piazza San Pietro domenica 15 marzo, il Papa ha ricordato «con molto dolore» gli attentati a Lahore, in Pakistan. Francesco ha pregato per le vittime e i familiari in Cari fratelli e sorelle, buongiorno il Vangelo di oggi ci ripropone le parole rivolte da Gesù a Nicodemo: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv 3, 16). Ascoltando questa parola, rivolgiamo lo sguardo del nostro cuore a Gesù Crocifisso e sentiamo dentro di noi che Dio ci ama, ci ama davvero, e ci ama così tanto! Ecco l’espressione più semplice che riassume tutto il Vangelo, tutta la fede, tutta la teologia: Dio ci ama di amore gratuito e sconfinato. Così ci ama Dio e questo amore Dio lo dimostra anzitutto nella creazione, come proclama la liturgia, nella Preghiera eucaristica IV: «Hai dato origine all’universo per effondere il tuo amore su tutte le tue creature e allietarle con gli splendori della tua luce». All’origine del mondo c’è solo l’amore libero e gratuito del Padre. Sant’Ireneo un santo dei primi secoli scrive: «Dio non creò Adamo perché aveva bisogno dell’uomo, ma per avere qualcuno a cui donare i suoi benefici» (Adversus haereses, IV, 14, 1). È così, l’amore di Dio è così. Così prosegue la Preghiera eucaristica IV: «E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua amicizia, tu non l’hai abbandonato in potere della morte, ma nella tua misericordia a tutti sei venuto incontro». È venuto con la sua misericordia. Come nella creazione, anche nelle tappe successive della storia della salvezza risalta la gratuità dell’amore di Dio: il Signore sceglie il suo popolo non perché se lo meriti, ma perché è il più piccolo tra tutti i popoli, come egli dice. E quando venne “la pienezza del tempo”, nonostante gli uomini avessero più volte infranto l’alleanza, Dio, anziché abbandonarli, ha stretto con loro un vincolo nuovo, nel sangue di Gesù — il vincolo della nuova ed eterna alleanza — un vincolo che nulla potrà mai spezzare. occasione dell’Angelus, durante il quale, commentando il vangelo della quarta domenica di Quaresima, ha affermato che «Dio ci ama di amore gratuito e sconfinato»: questa, ha detto, è «l’espressione più semplice che riassume tutto il Vangelo, tutta la fede, tutta la teologia». San Paolo ci ricorda: «Dio, ricco di misericordia, — mai dimenticarlo è ricco di misericordia — per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo» (Ef 2, 4). La Croce di Cristo è la prova suprema della misericordia e dell’amore di Dio per noi: Gesù ci ha amati «sino alla fine» (Gv 13, 1), cioè non solo fino all’ultimo istante della sua vita terrena, ma fino all’estremo limite dell’amore. Se nella creazione il Padre ci ha dato la prova del suo immenso amore donandoci la vita, nella passione e nella morte del suo Figlio ci ha dato la prova delle prove: è venuto a soffrire e morire per noi. Così grande è la misericordia di Dio: Egli ci ama, ci perdona; Dio perdona tutto e Dio perdona sempre. Maria, che è Madre di misericordia, ci ponga nel cuore la certezza che siamo amati da Dio. Ci stia vicino nei momenti di difficoltà e ci doni i sentimenti del suo Figlio, perché il nostro itinerario quaresimale sia esperienza di perdono, di accoglienza e di carità. Al termine della preghiera mariana il Papa ha anche espresso vicinanza alla popolazione di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico, colpita da un forte ciclone, assicurando preghiere «per i defunti, per i feriti e i senza tetto» e ringraziando quanti «si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti». Cari fratelli e sorelle, Con dolore, con molto dolore, ho appreso degli attentati terroristici di oggi contro due chiese nella città Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per le loro famiglie, Udienza a una delegazione della Rete latinoamericana sulla dottrina sociale della Chiesa Nella mattina di lunedì 16 marzo Papa Francesco ha ricevuto in udienza la commissione coordinatrice della Rete latinoamericana e del Caribe sulla dottrina sociale della Chiesa (Redlapsi). L’incontro è avvenuto nella biblioteca privata del Palazzo apostolico. La delegazione di sei persone era composta dal presidente, la brasiliana Rosana Mazini; dal tesoriere, il messicano Víctor Chávez; dalla segretaria, l’uruguayana Roxana Esqueff; da Eduardo Ramos, dell’Honduras; da Roberto Sandoval, del Cile; e dal gesuita argentino Juan Carlos Scannone, scrittore della «Civiltà Cattolica». chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace. Rivolgo un cordiale saluto a voi fedeli di Roma e a voi venuti da tante parti del mondo. Saluto i pellegrini di Granada e di Málaga, España; come pure quelli di Mannheim, Germania. Saluto i gruppi parrocchiali provenienti da Perugia, Pordenone, Pavia, da San Giuseppe all’Aurelio in Roma e dalla diocesi di Piacenza-Bobbio. Cristiani pakistani in preghiera a Lahore dopo gli attentati del 15 marzo Un pensiero speciale va ai ragazzi di Serravalle Scrivia, di Rosolina e di Verdellino-Zingonia che si preparano a ricevere la Cresima; a quelli della diocesi di Lodi e del decanato Romana-Vittoria di Milano che fanno a Roma la “promessa” di seguire Gesù. Saluto anche i ministranti di Besana in Brianza. Ecco, vi si vede lì con il cartello, tanti saluti! Saluto i diversi gruppi di volontariato che, uniti nell’impegno di solidarietà, partecipano alla manifestazione “Insieme per il bene comune”. Sono vicino alla popolazione di Vanuatu, nell’Oceano Pacifico, col- pita da un forte ciclone. Prego per i defunti, per i feriti e i senza tetto. Ringrazio quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti. A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci! Ai vescovi di Bosnia ed Erzegovina in visita «ad limina apostolorum» Comunione in una terra di frontiera Ai presuli di Bosnia ed Erzegovina, «vescovi cattolici in comunione col successore di Pietro, in un luogo di frontiera», Papa Francesco ha raccomandato di perseguire la comunione «con vigore a tutti i livelli, al di là delle peculiari individualità». L’invito è contenuto nel discorso consegnato loro dal Pontefice durante l’udienza di lunedì 16 marzo, in occasione della visita «ad limina apostolorum». Signor Cardinale, cari Fratelli Vescovi, l’esperienza spirituale della visita alle Tombe degli Apostoli e dell’incontro con il Vescovo di Roma è sempre un momento intenso di fede e di comunione. Vi porgo il mio cordiale benvenuto e vi ringrazio per avermi portato l’affetto delle vostre Chiese e dei popoli della Bosnia ed Erzegovina. Per parte mia, sono ansioso di recarmi nella vostra Patria il prossimo sei giugno e gustare con la vostra gente quanto è bello e soave che i fratelli si trovino insieme (cfr. Sal 133, 1). Ho potuto leggere con attenzione e partecipazione i vostri rapporti, con le vostre speranze, i vostri progetti; e, insieme a voi, ho pregato per tutti gli abitanti del Paese e per quanti sono stati costretti dai non lontani eventi bellici, dalla disoccupazione e dalla mancanza di prospettive a rifugiarsi all’estero. Quella dell’emigrazione è giustamente una delle realtà sociali che vi stanno molto a cuore. Essa evoca la difficoltà del ritorno di tanti vostri concittadini, la scarsità di fonti di lavoro, l’instabilità delle famiglie, la lacerazione affettiva e sociale di intere comunità, la precarietà operativa di diverse parrocchie, le memorie ancora vive del conflitto, sia a livello personale che comunitario, con le ferite degli animi ancora doloranti. So bene che ciò suscita, nel vostro animo di Pastori, amarezza e preoccupazione. Il Papa e la Chiesa sono con voi con la preghiera e il fattivo sostegno dei vostri programmi a favore di quanti abitano i vostri territori, senza alcuna distinzione. Vi incoraggio, perciò, a non risparmiare le vostre energie per sostenere i deboli, aiutare — nei modi che vi sono possibili — quanti hanno legittimi e onesti desideri di rimanere nella propria terra natale, sovvenire alla fame spirituale di chi crede nei valori indelebili, nati dal Vangelo, che lungo i secoli hanno alimentato la vita delle vostre comunità. Animati dal balsamo della fede, dal vostro esempio e dalla vostra predicazione, essi potranno rafforzare la propria determinazione al bene. In tale opera vi sono di indispensabile aiuto i vostri presbiteri, che mi dite essere generosi, operosi e convinti pastori del gregge loro affidato. La società in cui vivete ha una dimensione multiculturale e multietnica. E a voi è consegnato il compito di essere padri di tutti, pur nelle ristrettezze materiali e nella crisi in cui vi trovate ad agire. Il vostro cuore sia sempre largo ad accogliere ognuno, come il cuore di Cristo sa ospitare in sé — con amore divino — ogni essere umano. Ogni comunità cristiana sa di essere chiamata ad aprirsi, a riflettere nel mondo la luce del Vangelo; non può rimanere chiusa soltanto nell’ambito delle proprie pur nobili tradizioni. Essa esce dal proprio “recinto”, salda nella fede, sostenuta dalla preghiera e incoraggiata dai propri pastori, per vivere e annunciare la vita nuova di cui è depositaria, quella di Cristo, Salvatore di ogni uomo. In tale prospettiva, incoraggio le iniziative che possono allargare la presenza della Chiesa al di là del perimetro liturgico, assumendo con fantasia ogni altra azione che possa incidere nella società apportandovi il fresco spirito del Vangelo. Ogni persona ha bisogno, anche senza saperlo, di incontrare il Signore Gesù. Nei vostri orientamenti, cercate di promuovere una solida pastorale sociale nei confronti dei fedeli, specie i giovani, per far sì che si formino coscienze disposte a rimanere nei propri territori da protagonisti e responsabili della ricostruzione e della crescita del vostro Paese, dal quale non possono aspettarsi solo di ricevere. In questo lavoro educativo-pastorale, la dottrina sociale della Chiesa è di valido aiuto. È anche questo un modo per superare vecchie incrostazioni materialistiche che tuttora persistono nella mentalità e nel comportamento di alcuni settori della società in cui vivete. Il vostro ministero, cari Fratelli, assume diverse dimensioni: pastorale, ecumenica, interreligiosa. Grazie alle vostre relazioni, ho potuto rendermi meglio conto dell’intenso lavoro che portate avanti in questi ambiti, lavoro che sempre esprime la vostra paternità nei confronti del popolo a voi affidato. Vi incoraggio ricordandovi che, pur nel rispetto di tutti, ciò non vi esime dal dare aperta e franca testimonianza dell’appartenenza a Cristo. I sacerdoti, i religiosi e le religiose e i fedeli laici, che vivono a stretto contatto con cittadini di differenti tradizioni religiose, vi possono offrire validi consigli circa il vostro comportamento e le vostre parole, a partire dalla loro saggezza e dalla loro esperienza in comunità miste. Ritengo che un simile approccio sapienziale possa recare semi e frutti di pacificazione, di comprensione e anche di collaborazione. fettivamente orientati all’edificazione del Regno di Dio e non inquinati da finalità parziali, che si esercitino in un regime di umana e fraterna comunione, sopportando i pesi gli uni degli altri (cfr. Gal 6, 2) con spirito di servizio. Infine, permettetemi una parola personale fra Vescovi, come si conviene in piena carità. Mi sono note le vicende storiche che rendono diversa la Bosnia dall’Erzegovina in molti ambiti. E tuttavia voi siete un corpo unico: voi siete i Vescovi cattolici in comunione col Successore di Pietro, in un luogo di frontiera. Sgorga spontanea dal Un ulteriore aspetto da voi presentato e che intendo evocare, elogiando la vostra sensibilità pastorale, è quello della relazione tra il vostro clero e quello religioso. Conosco per esperienza diretta la complessità di questi rapporti, come pure le difficoltà di armonizzazione dei rispettivi carismi. Ma il fatto più importante è che in entrambe le dimensioni dell’unico sacerdozio si è sempre perseguita l’unica missione: servire il Regno di Cristo. E ciò va a lode e onore di queste forze apostoliche, le quali dedicano ogni propria energia a tale servizio. Ricordo ciò che san Giovanni Paolo II, con ispirate parole, disse a Sarajevo nel corso della sua visita dell’aprile 1997; mi sembra che siano profetiche anche oggi: il Vescovo è padre: sa che ogni dono perfetto viene da Dio (cfr. Discorso ai Vescovi, 13 aprile 1997, 4). In questo Anno dedicato alla Vita Consacrata dobbiamo evidenziare come tutti i carismi e i ministeri sono destinati alla gloria di Dio e alla salvezza di tutti gli uomini, vigilando a che essi siano ef- mio cuore una parola sola: voi siete in comunione. Pur se talvolta imperfetta, tale comunione va perseguita con vigore a tutti i livelli, al di là delle peculiari individualità. Occorre agire in base all’appartenenza al medesimo Collegio Apostolico; altre considerazioni passano in secondo piano e vanno analizzate alla luce della cattolicità della vostra fede e del vostro ministero. Cari Fratelli, in attesa di incontrare a Sarajevo la vostra gente, desidero dirvi la carità, l’attenzione e la vicinanza della Chiesa di Roma nei vostri confronti, eredi di tanti martiri e confessori, che lungo la travagliata e secolare storia del vostro Paese hanno conservato viva la fede. Questi sono i sentimenti che con tanta cordialità vi esprimo e che vi prego di trasmettere alle vostre comunità, chiedendo ad esse una preghiera per il mio ministero e partecipando loro la Benedizione Apostolica che imparto a voi con affetto fraterno.
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