L`OSSERVATORE ROMANO

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GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLVI n. 49 (47.184)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
.
Decine di migranti stremati forzano il confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia
Bombe su Aleppo ma la tregua regge
Disperazione e rabbia
Possibilità
di una svolta
A Calais iniziato lo sgombero della “giungla” mentre si apre un corridoio umanitario con Roma
ATENE, 29. La disperazione, il freddo e la fatica hanno spinto questa
mattina decine di migranti ad abbattere la recinzione al confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di
Macedonia per entrare in territorio
macedone. In circa trecento (prevalentemente iracheni e siriani) hanno
cercato di forzare il valico per protestare contro il sovraffollamento e le
tremende condizioni di vita del campo di Idomeni, poco distante dalla
frontiera. I migranti sono riusciti a
forzare il cordone della polizia greca, occupando i binari della ferrovia.
Le forze dell’ordine macedoni sono
subito intervenute facendo ricorso ai
gas lacrimogeni. Almeno 30 persone,
compresi un gran numero di bambini, sono rimaste ferite.
I disordini dimostrano, ancora
una volta, la drammaticità della situazione nei Balcani. Oltre settantamila tra migranti e rifugiati sono
bloccati nella regione, la maggior
parte in Grecia. In queste ore è proprio a Idomeni, città al confine tra
Grecia ed ex Repubblica jugoslava
di Macedonia, che si registrano le
principali criticità. Nel campo migliaia di disperati sfidano il freddo e
la fame con il solo obiettivo di arrivare in territorio macedone e di lì in
Europa centrale. L’organizzazione
Save the Children stima che nel
campo si trovano almeno duemila
bambini e — si legge in una nota —
«non sono garantiti i servizi essenziali, la protezione, l’assicurazione
dei beni di prima necessità, tra cui
anche un’informazione adeguata».
Bambini piccoli, anche di pochi mesi, «dormono per terra, chi è più
fortunato sotto una tenda da campeggio, altrimenti su un cartone o
avvolti in una coperta nel fango». E
di notte, quando le temperature
scendono drasticamente «si accendono fuochi dappertutto con ciò che si
trova».
La tragedia dei Balcani è alimentata anche dalle recenti scelte politiche di molti Governi europei, che
hanno deciso di rispondere all’emergenza rafforzando i controlli e chiudendo le frontiere. Anche la ex Repubblica jugoslava di Macedonia ha
In Iran
Una nuova atmosfera
ANTONIO ZANARDI LANDI
A PAGINA
3
Rifugiati in fuga alla frontiera greco-macedone (Afp)
deciso di seguire la linea adottata da
numerosi Governi dell’area — in un
vertice dei capi della polizia tenutosi
il 18 febbraio scorso e da cui era stata esclusa la Grecia — di limitare a
circa 580 il numero massimo giornaliero di migranti in ingresso sul proprio territorio. Le autorità di Skopje
avevano autorizzato la scorsa notte il
Due Oscar a «Il caso Spotlight»
Non è un film
anticattolico
E
EMILIO RANZATO
LUCETTA SCARAFFIA A PAGINA 5
Davanti al dramma dei profughi
«Una risposta corale può essere efficace e distribuire equamente i pesi», davanti al «dramma dei profughi che fuggono da guerre e altre
situazioni disumane». È quanto auspicato da Papa Francesco al termine dell’Angelus di domenica 28
febbraio.
Ai fedeli giunti numerosi in piazza San Pietro il Pontefice ha ricordato soprattutto gli sforzi della
Grecia e degli altri Paesi «che sono
in prima linea» nel prestare «un
generoso soccorso», sottolineando
come essi però necessitino «della
collaborazione di tutte le nazioni.
Domani il mensile
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DAMASCO, 29. Regge la tregua in
Siria anche se si segnalano alcune
violazioni a quanto stabilito nell’accordo raggiunto nei giorni scorsi da Washington e da Mosca. È di
questa mattina la notizia dell’uccisione di sette civili (quattro bambini e tre donne) in un bombardamento aereo nella provincia di
Aleppo. Tuttavia l’accordo per la
cessazione delle ostilità, dal quale
sono esclusi gruppi come il
cosiddetto Stato islamico (Is) e il
Fronte Al Nusra, rappresenta per
la maggioranza degli osservatori
l’occasione per la ripresa dei colloqui interrotti a Ginevra alla fine di
gennaio.
Secondo l’Osservatorio nazionale
dei diritti umani (voce dell’opposizione con sede a Londra), ci sono
stati scontri tra le forze di Damasco e alcune fazioni armate nella
regione di Guta Orientale, roccaforte dei ribelli moderati, dove si
registrano anche bombardamenti di
artiglieria pesante e lanci di razzi
che hanno causato un numero im-
All’Angelus il Papa chiede una risposta corale al bisogno di accoglienza e saluta con speranza lo spiraglio di pace aperto in Siria
Donne che predicano
Alle donne predicatrici, servitrici
della parola, è dedicato il numero di
marzo del mensile «donne chiesa
mondo», in uscita domani in allegato all’edizione quotidiana. Una
carrellata di figure, profetiche e
carismatiche, che, con la loro
personale autorità, in secoli agitati,
hanno contribuito a evangelizzare
passaggio dalla Grecia di circa 300
persone, per poi richiudere immediatamente la frontiera. E nelle
stesse ore erano iniziati i lavori di
costruzione di una nuova recinzione
al confine con la Grecia, lungo la
strada che porta al campo temporaneo di Vinojug, nei pressi di
Gevgelija.
Nei giorni scorsi l’Austria, l’Ungheria, la Bulgaria, la Croazia, la
Slovenia, la Slovacchia, la Polonia e
altri Paesi hanno deciso di bloccare
o limitare gli accessi dei migranti e
dei rifugiati. Una mossa che ha
quindi creato serie difficoltà alle autorità greche.
Sull’emergenza è intervenuta ieri
il cancelliere tedesco, Angela Merkel, secondo cui i ventotto non hanno combattuto per tenere la Grecia
nell’eurozona per poi abbandonarla
allo sbaraglio. Merkel ha inoltre difeso la decisione di aprire le frontiere tedesche, malgrado le polemiche.
Intanto, oggi è iniziato lo sgombero della cosiddetta “giungla” della
città francese di Calais, l’immensa
tendopoli che ospita oltre tremila
migranti e rifugiati. Parigi ha assicurato un alloggio a tutti.
Nel frattempo, sempre oggi, a
Fiumicino sono arrivati 93 rifugiati
siriani (molti sono donne e bambini
da Homs) grazie a un corridoio
umanitario garantito dal Governo
italiano. Erano ospitati in un campo
in Libano. Alcuni rimarranno a Roma, ospitati dalla comunità di
sant’Egidio, altri andranno ad Aprilia, in provincia di Latina, sistemati
dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, così come quelli
che andranno a Firenze. Altri tre
gruppi sono in viaggio verso Trento,
Reggio Emilia e Torino, dove troveranno sistemazione a cura delle parrocchie delle tre diocesi.
un mondo ancora pagano e una
Chiesa ostile e divisa. Ma anche
una riflessione sul presente e sul futuro: perché le donne, che ormai
guidano ritiri e danno conferenze in
luoghi in cui gli uomini lo fanno da
tempo, non possono predicare davanti a tutti durante una celebrazione?
Per questo — ha ammonito — occorre puntare con decisione e senza
riserve sui negoziati».
Sempre con riferimento alle migrazioni di massa, il Papa ha confidato di aver «accolto con speranza
la notizia» della «cessazione delle
ostilità in Siria» e ha invitato a pregare «affinché questo spiraglio possa dare sollievo alla popolazione,
favorendo i necessari aiuti umanitari, e apra la strada al dialogo e alla
pace».
Nel salutare poi i gruppi presenti
alla preghiera, il Pontefice ha anche
assicurato la propria «vicinanza al
popolo delle Isole Fiji, duramente
colpito da un devastante ciclone»,
elevando preghiere «per le vittime e
per quanti sono impegnati nel prestare soccorso». E ha ricordato la
giornata per le malattie rare — che
si celebra il giorno dopo, lunedì 29
— con un incoraggiamento alle associazioni impegnate su questo
fronte.
Prima della preghiera mariana,
commentando come di consueto le
letture domenicali, Francesco aveva
offerto una riflessione sulla necessità di convertirsi «per imboccare decisamente la strada del Vangelo». E
aveva ricordato che «Dio non permette le tragedie per punire le colpe» ma piuttosto «invita a ricavare
da questi fatti dolorosi un ammonimento che riguarda tutti, perché
tutti siamo peccatori». Gesù, ha
spiegato «ci chiama a cambiare il
cuore, a fare una radicale inversione
nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il
male, le ipocrisie» e vincendo la
tentazione dell’autogiustificazione
che fa ritenere di essere «brava gente» e di non aver bisogno del perdono divino.
Purtroppo, ha fatto notare il Papa, «ciascuno di noi assomiglia
molto a un albero che, per anni, ha
dato molteplici prove della sua sterilità. Ma, per nostra fortuna, Gesù
è simile a quel contadino che, con
una pazienza senza limiti, ottiene
ancora una proroga per il fico infecondo».
Ecco allora un elogio dell’«invincibile pazienza» di Cristo, con
l’esortazione a riflettere sulla pazienza di Dio e sulla sua continua
preoccupazione per i peccatori. Infatti, ha concluso Francesco, «non
è mai troppo tardi per convertirsi,
mai! Fino all’ultimo momento: la
pazienza di Dio che ci aspetta.
Quante volte — noi non lo sappiamo, lo sapremo in cielo —, quante
volte il Signore ci salva: perché ha
una grande pazienza. E questa è la
sua misericordia».
PAGINA 8
Con il patriarca ortodosso etiopico
precisato di feriti. Anche i civili sarebbero stati coinvolti. Ieri ad
Aleppo colpi di artiglieria esplosi
dai ribelli hanno raggiunto zone
controllate dai governativi come Al
Azizia e la parte nuova della città.
E sempre ieri bombe hanno raggiunto l’area dell’università di Al
Hadi, a ovest di Aleppo, causando
sette morti, 3 donne e quattro minorenni. E diverse zone del Paese
sono state bombardate tra l’alba e
le prime ore di questa mattina.
Intanto, il ministro degli Esteri
russo, Serghiei Lavrov, e il segretario di Stato americano, John Kerry,
hanno avuto ieri uno «scambio di
opinioni» — come recita una nota
del Cremlino — sulla tenuta della
tregua e sulla situazione militare in
Siria. I due hanno ribadito «l’importanza di uno stretto coordinamento militare» tra Russia e Stati
Uniti «in qualità di co-presidenti
del Gruppo internazionale di sostegno alla Siria». Secondo la nota,
Lavrov e Kerry hanno definito
«inammissibile» la diffusione sulla
stampa di informazioni «provocatorie e non confermate» circa presunte violazioni della tregua.
Peggiorano, nel frattempo, le
condizioni della popolazione siriana in attesa degli aiuti. Secondo
l’Onu, sono circa 150.000 le persone che vivono in località assediate
e che dovrebbero essere raggiunte
dagli aiuti nei prossimi cinque
giorni grazie alla tregua in vigore.
Le prime consegne — riferisce la
Bbc — sono previste per oggi. La
macchina degli aiuti dovrebbe far
arrivare cibo, acqua e medicine a
circa 1,7 milioni di persone entro la
fine di marzo. Il coordinatore umanitario dell’Onu per la Siria, Yacoub El Hillo, ha definito la tregua
entrata in vigore sabato «la migliore opportunità che il Paese ha avuto negli ultimi 5 anni per raggiungere stabilità». L’Onu vorrebbe
usare la tregua per aiutare soprattutto città come Madaya, i cui residenti stanno morendo di fame.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Monsignor Roberto
Octavio González Nieves, Arcivescovo di San Juan de Puerto
Rico (Porto Rico), Presidente
della Conferenza Episcopale di
Porto Rico, con le Loro Eccellenze i Monsignori Álvaro Corrada del Río, Vescovo di Mayagüez, Vicepresidente, ed Eusebio Ramos Morales, Vescovo di
Fajardo-Humacao,
Segretario
Generale.
Ecumenismo dei martiri
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza l’Eminentissimo Cardinale Theodore
Edgar McCarrick, Arcivescovo
emerito di Washington (Stati
Uniti d’America).
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza Sua
Eccellenza Monsignor Paul Tighe, Vescovo titolare di Drivasto, Segretario Aggiunto del
Pontificio Consiglio della Cultura, con i Familiari.
PAGINA 8
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
l’Eminentissimo
Cardinale
George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia.
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lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
Il treno regionale deragliato in Piemonte
per una frana (Ansa)
Nelle elezioni legislative i partiti di Governo perdono la maggioranza
Il no degli irlandesi all’austerità
DUBLINO, 29. Shock elettorale in Irlanda. Il premier uscente, Enda
Kenny, alla guida del Paese dal 2011,
ha riconosciuto oggi la sconfitta alle
elezioni politiche. Un duro colpo al
suo Esecutivo fondato sull’alleanza
tra il Fine Gael, la formazione di
Kenny, e il Labour. «Chiaramente il
Governo non è destinato a tornare
alla guida del Paese e dobbiamo
aspettare fino alla fine della conta
dei voti per vedere quali saranno le
opzioni da prendere in considerazione» ha dichiarato Kenny.
Nonostante la ripresa economica
degli ultimi anni, gli irlandesi sembrano quindi voler voltare pagina.
Tuttavia, con un Parlamento senza
una maggioranza assoluta, si prefigura il rischio di ingovernabilità, anche se, per la prima volta nella storia
Operazioni di conteggio dei voti a Dublino (Ap)
irlandese, non si esclude la possibilità di una coalizione tra i due rivali
storici del Fine Gael e Fianna Gail.
Stando ai risultati, il Fine Gael ha
ottenuto il 24,8 per cento dei voti
(molto meno rispetto ai sondaggi
pre-elettorali e oltre dieci punti in
meno rispetto alle elezioni del 2011),
mentre il Fianna Gail, il 21,1. Una
brusca frenata la registra anche l’altro partito di Governo, il Labour,
con meno del dieci per cento delle
preferenze, mentre il Sinn Féin di
Jerry Adams ha guadagnato il 16 per
cento dei voti, raddoppiando i propri deputati in Parlamento.
Secondo gli analisti, dunque, il
Fine Gael non dovrebbe raggiungere
i 50 seggi sui 158 totali. I laburisti si
fermerebbero a meno di dieci. Troppo pochi, visto che per aver margini
adeguati di governabilità ne servono
almeno 79. Del tutto inedito, come
detto, sarebbe invece un eventuale
accordo tra il Fine Gael e il Fianna
Gail, che supera i 40 seggi in Parlamento. I due partiti non hanno mai
condiviso il potere, ma oggi non
escludono di avviare dei colloqui.
Un segnale, tuttavia, sembra chiaro
con questo voto: la popolazione ha
detto un radicale no all’austerità e
chiede riforme.
Morte sei persone
Emergenza maltempo
in Italia
Prevedeva l’espulsione per reati
Secondo gli investigatori era in contatto con la mente degli attentati del 13 novembre
Scontro sulle politiche agricole
La Svizzera
boccia la proposta
anti-stranieri
Arrestato terrorista algerino
per legami con le stragi di Parigi
Crisi rientrata
per il Governo
danese
BERNA, 29. Con quasi il 59 per cento
di voti contrari, gli svizzeri hanno
bocciato in un referendum la proposta di legge che prevedeva l’espulsione automatica degli stranieri che
commettono reati. Il risultato giunge
al termine di una campagna estremamente accesa che ha visto una vasta
mobilitazione delle forze politiche e
della società civile. La proposta —
avanzata dall’Unione democratica di
centro — è passata solo in sei cantoni
su 26, tra i quali il Ticino. Il testo
chiedeva l’applicazione più rigida di
una precedente iniziativa approvata
alla fine del 2010 dalla maggioranza
degli svizzeri. Rispetto al testo del
2010, la nuova iniziativa stabiliva
una lista dei reati in base ai quali un
cittadino straniero, anche se nato in
Svizzera, poteva essere automaticamente espulso a prescindere dall’entità della pena che era stata inflitta.
Calma
carica di tensione
a Pristina
PRISTINA, 29. Torna la calma in Kosovo, all’indomani dei violenti scontri tra polizia e manifestanti dell’opposizione che hanno segnato l’elezione, due giorni fa, di Hashim Thaçi a nuovo presidente. Una calma
che tuttavia lascia invariata la profonda spaccatura politica e sociale
del Paese in preda — dicono gli osservatori — a una profonda crisi che
ostacola e rallenta il suo cammino
verso l’integrazione europea. È stata
smantellata nelle ultime ore la tendopoli allestita davanti alle sedi di
Governo e Parlamento dagli oppositori intenzionati a manifestare a oltranza fino alle dimissioni dell’Esecutivo e alle elezioni anticipate. Ieri
i sostenitori di Thaçi hanno festeggiato per strada fino a tarda ora e
non si sono registrati scontri con i
militanti dell’opposizione. Due giorni fa invece le violenze avevano causato 25 feriti (24 poliziotti e un reporter televisivo) e cinque arresti.
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ALGERI, 29. Un algerino residente
in Belgio, sospettato di aver avuto
legami con gli attacchi terroristici a
Parigi commessi lo scorso 13 novembre, è stato fermato con un
provvedimento di custodia cautelare la scorsa settimana a Akbou, 75
chilometri a ovest di Bejaia. Lo ha
riferito ieri l’agenzia algerina Aps
citando un comunicato della procura della Repubblica presso il Tribunale di Bejaia.
Secondo il quotidiano «Le Soir
d’Algerie», si tratterebbe di Zouhir
Mehdaoui, 29 anni, che ha lasciato
l’Algeria nel 2012 per andare in
Turchia e poi passare in Grecia prima di stabilirsi nei pressi di Bruxelles, dove ha sposato una cittadina belga. La decisione di arrestarlo
è stata presa dopo indagini su un
suo possibile coinvolgimento nel
terrorismo e la sua eventuale appartenenza a un gruppo terroristico
attivo all’estero. Dalle indagini è
emerso che l’uomo avrebbe avuto
stretti legami con Abdelhamid
Abaaoud, presunta mente degli attentati di Parigi. Sempre secondo il
quotidiano, Mehdaoui sarebbe
l’uomo che appare in un video a
fianco di Abaaoud mentre trascinano con un fuoristrada i corpi di alcune vittime dei combattimenti in
Siria. Immagini contenute nel telefonino dello jihadista morto in un
blitz effettuato all’alba dalle forze
di sicurezza a Saint-Denis, cinque
giorni dopo le stragi, il 18 novembre 2015.
Come si ricorderà, si trattò di un
un attacco di terroristi senza precedenti in Francia a meno di un anno dalla strage di Charlie Hebdo:
un commando di attentatori suicidi
colpì sei volte in 33 minuti nel centro della città, sparando all’impazzata sulla folla, in strada e nei locali, soprattutto fra giovani che stavano trascorrendo il venerdì sera fuori casa. Le vittime innocenti furono
129 e oltre 300 i feriti nella notte
più buia che Parigi ricordi.
Fiori in memoria delle vittime degli attentati di Parigi del 13 novembre (Ansa)
Apple contro Obama
non si piega all’Fbi
WASHINGTON, 29. Sale la tensione
fra l’Amministrazione statunitense
e il colosso Apple. «Con tutto il
dovuto rispetto, ritengo ci siano
carenze di leadership alla Casa
Bianca sul tema della privacy in
internet» ha detto l’amministratore
delegato dell’azienda di Cupertino, Tim Cook, incontrando ieri i
vertici della sicurezza nazionale
sul braccio di ferro in corso con
l’Fbi per lo sblocco dell’iPhone
del killer di San Bernardino. Una
disputa che ha visto anche la discesa in campo degli altri colossi
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
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COPENAGHEN, 29. Crisi di Governo in Danimarca. Il ministro danese dell’Ambiente e dell’Alimentazione, Eva Kjer Hansen, ha lasciato ieri il suo incarico per “salvare” le sorti dell’Esecutivo. Hansen era stata accusata dal Partito
conservatore di aver nascosto al
Parlamento gli effetti negativi delle politiche agricole decise dal
Governo. «Non voglio costituire
un ostacolo» ha detto il ministro
annunciando le sue dimissioni. Il
Partito conservatore è la formazione di centrodestra ai cui voti —
insieme a quelli del Partito del
popolo e dell’Alleanza liberale —
deve far ricorso il ministro di Stato Lars Løkke Rasmussen, capo
dell’Esecutivo. In effetti il Governo, costituitosi lo scorso giugno,
controlla direttamente appena 34
seggi sui 179 che compongono il
Parlamento. È quindi costretto alle alleanze strategiche. E con lo
scoppio del caso Hansen, i conservatori avevano minacciato di
togliere l’appoggio esterno. Rasmussen aveva detto di preferire il
ricorso alle urne piuttosto che far
cadere uno dei suoi ministri. Dopo le dichiarazioni della Hansen
il leader conservatore Søren Pape
Poulsen ha cancellato una conferenza stampa che aveva in programma per oggi e rinnovato il
suo sostegno al Governo.
L’Ue
rende omaggio
a Nemtsov
MOSCA, 29. I rappresentanti dei
Paesi dell’Unione europea hanno
deposto fiori sul ponte vicino al
Cremlino dove, un anno fa, venne
ucciso a colpi di pistola il leader
dell’opposizione Boris Nemtsov.
Gli ambasciatori dei 28 Paesi membri dell’Ue si sono recati ieri, all’indomani della grande marcia di
commemorazione,
sul
luogo
dell’attentato. «È importante rendere omaggio a un uomo che non
aveva paura di dire quello che voleva dire», ha commentato l’ambasciatore francese, Jean-Maurice Ripert. Sabato oltre 10.000 persone
avevano sfilato per le strade di
Mosca per ricordare l’ex premier
Boris Nemtsov. La manifestazione
era stata accompagnata da iniziative simili in altre città.
Attesa per il Super Tuesday
Clinton trionfa nelle primarie in South Carolina
della Silicon Valley a sostegno di
Apple: Google, Facebook, Twitter
e Amazon (ma non la Microsoft di
Bill Gates) si sono schierate con
Cupertino nella sua battaglia per
difendere la segretezza dell’iPhone, ormai simbolo della lotta per
la difesa dei dati personali. La
giustizia americana ha infatti chiesto ad Apple di realizzare un nuovo software ad hoc per sbloccare
l’apparecchio del killer. Una misura che, se Apple dovesse accettare,
rappresenterebbe, secondo Cook,
«un pericoloso precedente».
Servizio vaticano: [email protected]
schiacciato da un albero di grandi
dimensioni che si è abbattutto sulla
sua automobile a causa del vento.
Altre due vittime nella provincia di
Caserta, mentre un'altra la si è registrata nei pressi di Macerata. Nei
pressi di Villafranca, in provincia di
Verona, un uomo di 50 anni è annegato dopo essere scivolato nelle
acque del fiume Tione La sesta vittima è una donna di Novara, travolta oggi da una lastra di ghiaccio
che si è staccata dal tetto. E sempre in Calabria, un albero, abbattuto dal forte vento, è finito ieri su
un bambino di otto anni provocandogli un grave trauma cranico e
varie fratture.
L'allerta è alta in tutta la penisola. Un treno regionale è deragliato
in Piemonte per una frana provocata dalle forti piogge. Emergenza
anche nel Modenese e nel Parmense: le scuole sono state chiuse e il
fiume Secchia è in piena. La situazione è particolarmente critica in
Veneto, soprattutto a Venezia a
causa dell’alta marea.
ROMA, 29. È salito a sei morti il bilancio del maltempo che ieri e oggi
ha colpito l'Italia, ma soprattutto il
centro sud, con piogge a tratti torrenziali e vento forte, che hanno
abbattuto alberi e fatto esondare
torrenti. Diversi i feriti. Molti gli
interventi di soccorso. Innumerevoli i disagi e gli incidenti.
Un agricoltore è morto nella
provincia di Reggio Calabria, ieri,
WASHINGTON, 29. Hillary Clinton
vince le primarie in Carolina del
Sud con il 73,5 per cento delle preferenze contro il 26 del senatore del
Vermont Bernie Sanders. «Da domani questa campagna diventa nazionale» ha detto l’ex first lady.
Una vittoria prevista, ma il cui margine di distanza tra i due candidati
alla nomination ha sorpreso un po’
tutti gli analisti. «Oggi è stato inviato un messaggio» ha dichiarato
Clinton parlando con i suoi sostenitori subito dopo l’annuncio dei risultati. «In America, quando ci tro-
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
viamo insieme, non vi è alcun ostacolo troppo grande da superare».
E ora tutti gli occhi sono puntati
sui 13 Stati dove domani si vota. È
il Super Tuesday, tradizionale appuntamento dell’anno elettorale statunitense dal quale emergono sempre indicazioni chiave per capire
quali saranno i principali candidati
alle nomination in entrambi i campi, democratico e repubblicano. Si
vota inoltre in Stati molto importanti, in base al sistema americano:
il Texas (dove Clinton è data al 53,7
per cento, e il repubblicano Ted
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
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fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
Cruz al 32), la Georgia (Clinton al
63, Trump al 35), il Massachusetts
(Sanders al 47,5, Trump al 41), la
Virginia (Clinton al 54, Trump al
28), il Minnesota (Clinton al 54,
Trump al 20). Sarà poi la volta (5 e
8 marzo) di altre due tornate elettorali per diversi altri Stati. Il 15 marzo invece si voterà in Florida (246
delegati) e in Illinois (182), due Stati chiave per i democratici. Nel
complesso, sono 865 i delegati democratici e 661 quelli repubblicani
che i vari candidati devono conquistare, Stato per Stato.
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lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
pagina 3
Donne iraniane mostrano il dito macchiato
d’inchiostro dopo aver votato a Teheran (Ansa)
Resta ancora caotica la situazione politica libica
Si tratta a Tobruk
sulla fiducia al Governo
Dopo i primi risultati nelle elezioni legislative
Avanzano i riformisti in Iran
TEHERAN, 29. I riformisti avanzano
in tutto l’Iran, soprattutto nelle città, ma i conservatori sono tutt’altro
che spariti. Anzi, secondo gli ultimi
dati fatti filtrare dai media locali, il
blocco dei conservatori sarebbe
avanti nelle aree rurali. Al di là comunque di chi alla fine riuscirà ad
avere la maggioranza numerica nel
nuovo Parlamento, il voto di venerdì
segna un innegabile successo politico per le aperture del presidente
Hassan Rohani al quale si sono ispirate le liste riformiste.
I riformisti-moderati hanno conquistato, in un successo clamoroso,
30 seggi parlamentari su 30 nel collegio elettorale di Teheran e sono
avanzati ovunque nel primo test popolare dopo lo storico accordo con
il gruppo cinque più uno (i Paesi
membri del Consiglio di sicurezza
delle Nazioni Unite: Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Russia e
Una nuova atmosfera
di ANTONIO ZANARDI LANDI
«Con il vostro voto avete creato
una nuova atmosfera. Mi alzo in
piedi davanti a voi» ha modernamente twittato il presidente Rohani all’annuncio degli ancora parziali risultati elettorali usciti dal voto
di venerdì.
Non è ancora possibile prevedere la reale composizione del nuovo
Majlis, il Parlamento iraniano, in
quanto a quello che appare come
un clamoroso successo a Teheran
della formazione dei riformisti e
dei conservatori moderati, che si
sono guadagnati 30 seggi su 30, fa
riscontro una tenuta solida dei radicali nelle campagne e nei paesi.
Un buon numero di seggi (tra 60 e
30) su 290 devono ancora essere
assegnati mediante un ballottaggio
che si terrà tra quindici giorni e
non è chiaro come si collocheranno i circa sessanta indipendenti
eletti. I giochi sono dunque ancora
aperti e il mondo dovrà attendere
qualche settimana prima di conoscere quelli che saranno i veri equilibri usciti dalla consultazione elettorale.
Eppure la «nuova atmosfera» c’è
e si percepisce con chiarezza, complice forse una primavera anticipata che accarezza l’Iran e che ha già
fatto germogliare il frumento e ricoperto di un tenero verde l’altopiano. Sembra che il Paese sia già
tutto in attesa del Now Rouz, il
capodanno iraniano che coincide
con la fine dell’inverno, e che dal
nuovo anno ci si attenda qualcosa
di importante e di positivo.
Una nuova atmosfera che si percepisce soprattutto da sorrisi e da
una maggiore serenità rispetto al
passato. A Teheran si sente in
qualche locale, in qualche angolo,
della musica. Della musica vera e
propria che sembrava essere stata
cancellata per sempre dal rigore rivoluzionario. Molti i chador per le
donne mature e i maknè per le ragazze, ma con gli abbigliamenti
più tradizionali coesistono senza
imbarazzo tenute più “leggere” e
elegantemente moderne. Perfino i
pasdaran in servizio all’aeroporto
sembrano meno arcigni e quasi accoglienti nei confronti dello straniero occidentale.
I grandi alberghi sono affollati
di uomini d’affari e di delegazioni
commerciali che si affacciano su
territori prima preclusi e che non
vogliono mancare le opportunità
che si spera possano venire dalla
fine delle sanzioni, che pur prenderà molto tempo per essere completa. Non si percepisce più
quell’ostracismo dato alla cultura
occidentale che aveva reso così difficile e arduo il dialogo negli anni
passati. Ora Teheran ha un museo
d’arte contemporanea che farebbe
invidia a molte capitali europee,
dove sono esposte opere di tanti
grandi artisti iraniani e occidentali
(Rothko, Twombly, Warhol) e persino un Bacon di straordinaria potenza comunicativa. Le proposte di
iniziative culturali che sono venute
numerose, in particolare da parte
tedesca e italiana, sembrano essere
ben accolte e condivise.
Insomma, questa «nuova atmosfera» twittata dal Presidente
Rohani sembra dar ragione a chi,
da parte occidentale, ha con tanta
pazienza e coraggio lavorato per
l’accordo sul nucleare, che ha richiesto una buona dose di coraggio e di fiducia da ambo le parti.
Anche gli analisti americani più
noti e autorevoli, come Ian Bremmer, presidente del centro di analisi Eurasia, riconosce apertamente
che decenni di sanzioni hanno nei
fatti rafforzato il regime e che dunque benvenuta è la loro, pur graduale e condizionata, abrogazione.
Certo, sul piano interno, gli
ostacoli che si presentano all’inedita coalizione tra riformisti e conservatori moderati (una sorta di sostegno incrociato che ha consentito
di superare le massicce esclusioni
di candidati riformisti da parte del
Consiglio dei Guardiani), sono
molti e forti, ma è anche vero che i
cambiamenti, oltre che le rivoluzioni, vengono sempre dalle grandi
città e le città iraniane sembrano
aver dato un segnale chiaro di volontà di normalizzazione e di
progresso.
La ripresa del cammino verso
un’interazione positiva con la Repubblica islamica è e sarà lenta e
richiederà molta pazienza e buona
volontà, ma oggi sembra essere un
passaggio obbligato per la ricerca
di nuovi equilibri nella regione che
si estende dall’Afghanistan al Mediterraneo ed è chiaro che l’Iran è
rimasto, a seguito dei disastri degli
ultimi tredici anni, un interlocutore
difficile, ma solido, in un’area in
cui Paesi cruciali si stanno avvitando in vere e proprie guerre civili e
assistono impotenti all’avanzata del
cosiddetto Stato islamico (Is).
L’ottimismo della volontà, che
dobbiamo custodire come un “bene rifugio” preziosissimo, ci deve
far sperare che il ritorno dell’Iran a
un approccio costruttivo e moderno ci aiuti a evitare la “tragedia
perfetta” di cui purtroppo intravvediamo segnali premonitori: il ritorno della spaccatura violenta e insanabile del mondo islamico tra sciiti
e sunniti, con un’Europa ancor debole trascinata a prender parte a
un gioco che ci è difficile capire sino in fondo. Un gioco complesso
in cui interessi ben precisi si mescolano a fattori irrazionali e nichilisti che presenta il rischio concreto
che la «guerra mondiale a pezzi»
evocata da Papa Francesco, visitato
dal presidente Rohani nel suo primo viaggio dopo l’accordo sul nucleare, diventi meno a pezzi e realmente continentale.
Cina; più la Germania) sul programma nucleare iraniano e la fine
delle sanzioni.
Il presidente Rohani con un messaggio su Twitter ha salutato la
«nuova atmosfera» determinata dal
voto degli iraniani. E anche l’ayatollah Akbar Hashemi Rafsanjani ha
affidato alla stessa rete sociale il suo
messaggio: «Nessuno può resistere
alla volontà della maggioranza del
popolo», ha sentenziato con la forza
di chi ha conquistato, sempre nel
collegio di Teheran, 15 seggi su 16
per l’Assemblea degli Esperti. I moderati hanno ottenuto la maggioranza dei seggi nell’Assemblea degli
Esperti secondo i dati del ministero
dell’Interno iraniano. Sia il presidente Hassan Rohani che l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani sono risultati eletti insieme con altri 52
alleati nell’assemblea che conta 88
seggi.
Il silenzio ha invece prevalso per
ora nel campo dei conservatori, che
rischiano di perdere il controllo sia
del Parlamento che dell’Assemblea
degli Esperti. A ogni modo, anche
se il segnale di Teheran è molto forte, nelle altre zone del Paese i conservatori, contrari alle aperture
all’Occidente, arretrano ma certo
non scompaiono. Secondo la «Press
Tv», anzi, sarebbero addirittura
avanti nelle campagne e nelle aree
rurali. E in base ai meccanismi elettorali iraniani ciò potrebbe anche
portare la lista dei conservatori in
vantaggio nel nuovo Majlis: infatti
le otto principali città, dove vive la
metà della popolazione del Paese,
hanno solo 57 seggi sui 290 del Parlamento.
Insomma, in base agli analisti internazionali, dai risultati finali del
voto, dopo il ballottaggio previsto
per fine aprile, potrebbe emergere
un Parlamento dove la maggioranza
si giocherà sul filo del rasoio. Venerdì scorso, oltre 33 milioni di iraniani, il 60 per cento del potenziale
elettorato, si sono recati alle urne.
Molti dei candidati per i 290 posti
sono stati eletti, ma in alcuni collegi
nessuno ha raggiunto la quota minima del 25 per cento dei voti e si dovrà dunque andare al secondo
turno.
Non è ancora chiaro infine il numero di donne elette nel nuovo Majlis. Circa 500 erano le candidate in
corsa, su 5000 aspiranti deputati. In
un primo momento si era parlato di
tredici, ma la cifra — sempre secondo conteggi parziali — sarebbe salita
a una ventina, un numero record,
anche se piccolo, nella storia del
Parlamento iraniano.
Offensiva pakistana
nel Nord Waziristan
ISLAMABAD, 29. Ancora combattimenti in Pakistan. Almeno 34 militanti islamisti e cinque soldati sono
morti nel fine settimana in tre incidenti separati nel distretto tribale
del Nord Waziristan, nel Pakistan
nord occidentale. Lo ha riferito l’ufficio stampa dell’esercito.
L’episodio più grave è avvenuto
nella valle di Shawal, dove in uno
scontro armato l’esercito ha ucciso
19 ribelli. Nella battaglia hanno perso la vita anche quattro militari. Le
forze di sicurezza — dicono le ricostruzioni — avevano intercettato un
gruppo di militanti che stavano per
scappare attraverso il confine con
l’Afghanistan.
In precedenza, invece, un convoglio militare nella zona di Data
Khel è stato colpito da un ordigno
artigianale che è esploso causando la
morte di un soldato e il ferimento di
alcuni altri commilitoni. In seguito,
per rappresaglia — afferma l’esercito
pakistano citato dalle agenzie —
l’aviazione militare ha bombardato
alcune basi dei ribelli islamisti nella
stessa area uccidendone 15. Dal giugno del 2014 l’esercito è impegnato
in una vasta offensiva contro i talebani e la rete degli Haqqani nel remoto distretto del Nord Waziristan,
confinante con l’Afghanistan, in cui
sono stati uccisi non meno di 3000
insorti.
TRIPOLI, 29. Resta caotica la situazione in Libia. Si continua a combattere a Bengasi, dove il generale
Khalifa Haftar ha intimato ai miliziani islamisti di arrendersi, e a Sabrata, dove sarebbe stato arrestato
il numero due del cosiddetto Stato
islamico (Is). Questo mentre aerei
sconosciuti hanno bombardato un
convoglio nei pressi di Sirte, roccaforte dei miliziani dell’Is. E, intanto, la parlamentare libica Hana
Boudib ha espresso scetticismo sul
fatto che oggi il Parlamento libico
di Tobruk possa votare la fiducia al
Governo del premier incaricato Fayez Al Sarraj, come programmato la
scorsa settimana dopo il fallimento
della votazione di mercoledì 24 febbraio. Hana Boudib ha spiegato
che «alcuni deputati stanno ancora
lavorando per ottenere assicurazioni
circa il fatto che la votazione si tenga in modo democratico e non credo che si terrà prima che siano arrivate queste assicurazioni».
Ieri sono circolate voci circa un
accordo tra Al Sarraj, il presidente
del Parlamento di Tobruk, Aguila
Saleh, e l’inviato speciale dell’O nu
per la Libia, Martin Kobler, per insistere sull’attuale lista del Governo. Ancora non è chiaro neanche se
la seduta per il voto si terrà a Tobruk, nell’est del Paese, o ad Al Jafra, nel profondo sud. Il caos che
ha portato al rinvio della votazione
nella seduta precedente ha spinto
diversi deputati a proporre una sede diversa per la votazione, dove i
deputati possono esprimersi senza
le pressioni e le minacce di chi è
contrario all’Esecutivo guidato dal
premier incaricato Fayez Al Sarraj.
Dopo oltre due mesi di estenuanti
trattative, un gruppo di 102 parlamentari ha firmato una dichiarazione di sostegno al nuovo Governo,
garantendo virtualmente la fiducia
ai 13 ministri e ai cinque segretari di
Stato scelti nei negoziati di Skhirat,
in Marocco, sotto gli auspici
dell’O nu.
E intanto, il ministro degli Esteri
italiano, Paolo Gentiloni, ha dichiarato: «In Libia sosteniamo la soluzione di un Governo di accordo nazionale, la sosteniamo da tempo, ci
sono credo delle buone notizie che
riguardano il fatto che la maggioranza dei parlamentari di Tobruk
ha sottoscritto un documento di appoggio al nuovo Governo ma ancora non c’è un accordo formale, stiamo continuando a lavorarci»
Somalia ancora
segnata
dalle violenze
MO GADISCIO, 29. Trenta morti,
tutti civili, e 61 feriti, di cui 15
gravi. Questo il bilancio di un
duplice attentato avvenuto oggi
a Baidoa, nel sud-est della Somalia, rivendicato dal militanti
di Al Shabaab — organizzazione
legata sia ai terroristi di Al Qaeda che ai miliziani del cosiddetto
Stato islamico (Is) — secondo
quanto informa il governatore
della provincia di Bay, Abdurashid Abdulahi. Una prima autobomba è esplosa in un ristorante
di un quartiere molto frequentato di Baidoa, seconda città più
popolosa della Somalia. Successivamente, nelle immediate vicinanze, un attentatore suicida si è
fatto esplodere in un altro ristorante, in mezzo alle persone fuggite dal precedente attentato. In
un comunicato il movimento ribelle ha affermato che «sono stati portati a termine con successo
due grandi attentati», sottolineando poi che «nel ristorante si
trovavano membri dell’amministrazione, soldati e ufficiali».
Missione di osservatori ed esperti militari
L’Unione africana
per la stabilità del Burundi
Scontri
tra esercito afghano e talebani
KABUL, 29. Almeno 28 talebani sono
stati uccisi ieri in violenti scontri e
bombardamenti dell’esercito nel
nord e nel nord-ovest dell’Afghanistan. Lo ha riferito l’agenzia di
stampa afghana Pajhwok. L’aviazione e le forze di terra sono entrate in
azione nella località di Dand-i-Ghori, nella provincia settentrionale di
Baghlan, uccidendo 22 insorti. Diversi altri sono stati feriti nei raid.
In un altro incidente, sei talebani,
tra cui il comandante locale Noorul
Haq, sono stato uccisi dall’artiglieria
nella provincia nord occidentale di
Faryab. I ribelli sono stati colpiti da
un colpo di mortaio sparato dai militari nell’area di Khwaja Musa. Gli
analisti riferiscono che Noorul Haq
si era autoproclamato responsabile
del distretto di Pashtoonkot. Di recente il capo talebano aveva minacciato di dare alle fiamme autobotti
di benzina e di tagliare le linee elet-
triche se il Governo di Kabul non
avesse permesso il passaggio del carburante nel territorio controllato dai
militanti islamisti.
E almeno sette militanti del cosiddetto Stato islamico (Is), fra cui due
comandanti, sono morti sempre ieri
sera durante un raid di droni statunitensi nella provincia orientale afghana di Nangarhar. Lo ha riferito
oggi il portale di notizie Khaama
News. Secondo fonti della sicurezza
locale i velivoli senza pilota operati
dalla Cia sono entrati in azione nelle aree di Manand Dara e Pekha del
distretto di Achin.
Da parte sua il capo della polizia
provinciale, Hazrat Hussain Mashriqwal, citato dalle agenzie internazionali, ha precisato che «due importanti comandanti» dell’organizzazione di Abu Bakr Al Baghdadi
sono fra le vittime insieme anche a
combattenti stranieri.
Il presidente sudafricano Zuma capo della delegazione dell’Ua (Reuters)
BUJUMBURA, 29. L’Unione africana
ha annunciato ieri l’invio di 200 osservatori in Burundi (100 esperti
militari e 100 osservatori dell’area
dei diritti umani) per seguire l’evolversi della situazione nel Paese dei
Grandi Laghi, e soprattutto agevolare il dialogo di pace tra Governo
e opposizione.
Il presidente sudafricano, Jacob
Zuma, capo della delegazione
dell’Ua in Burundi ha manifestato
la preoccupazione riguardo alla
«violenza, alle perdite di vite umane e all’instabilità» nel Paese. La
delegazione — composta dai presidenti mauritano, senegalese, gabonese e dal primo ministro etiope —
si è recata a Bujumbura per due
giorni nel tentativo di sbloccare la
crisi istituzionale e politica scattata
in seguito alla decisione del presidente di ricandidarsi per un nuovo
mandato. A tal proposito il capo di
Stato ugandese, Yoweri Museveni,
mediatore dell’Ua per questa crisi,
ha detto che «organizzerà un dialogo inclusivo, al quale parteciperanno tutti i più importanti attori». La
delegazione ha incontrato inoltre il
presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza, due leader di partiti
dell’opposizione che non sono fuggiti dal Paese, membri delle organizzazioni della società civile e le
autorità religiose.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
Occorre superare
il divario fra l’annuncio evangelico
e la concezione della fisicità
come causa di peccato
Perché estraneo alla tradizione biblica
Caravaggio
«Estasi di san Francesco»
(1594-1595, Wadsworth Atheneum, Hartford)
La teologia dei sensi di José Tolentino Mendonça
Corpo e anima
di ANTONELLA LUMINI
oiché l’evento dell’incarnazione
è il fulcro del cristianesimo, anche a livello teologico si pone
ormai da tempo la necessità di
un ribaltamento di prospettiva
rispetto al corpo e alla realtà sensibile.
Fin dai primi secoli si è generato un divario fra l’annuncio evangelico e la concezione del corpo come causa di peccato
elaborata dal cristianesimo. C’è da dire
che negli ultimi decenni il mondo occidentale è approdato all’estremo opposto
giungendo al paradosso di idolatrare il
corpo come oggetto esteriore. È urgente
invece collocarlo al suo posto smarcandolo da quel giogo improprio al quale è stato lungamente sottoposto, ma anche riportandone al centro la sacralità di realtà
vivente abitata dallo Spirito.
È quanto propone José Tolentino
Mendonça, sacerdote e poeta portoghese, con il suo libro Mistica dell’istante.
Tempo e promessa (Milano, Vita e pensiero, 2015, pagine 171, euro 15). Non c’è separazione fra anima e corpo. Questa visione è estranea alla tradizione biblica in
P
Giorgio de Chirico, «L’enigma dell’oracolo» (1910)
che si apre, verso l’incontro con Dio». Il riferimento è a Thomas Merton, Michel de Certeau,
e in particolare a Raimon
Panikkar secondo cui «la mistica non è
altro che l’esperienza integrale della vita».
Non riguarda quindi pochi eletti, ma
chiunque si apra a un’esperienza libera e
personale di Dio e del suo Spirito attraverso un’adesione totale,
senza più scarti, all’attimo
presente: «Il nodo mistico
La mistica non riguarda pochi eletti
in cui la storia divina e
quella umana si intersecama chiunque si apra
no è l’istante». Lo Spirito
all’esperienza di Dio e del suo Spirito
non è altrove, è la risorsa
profonda che pervade e
Attraverso un’adesione totale
trasforma la vita concreta
all’attimo presente
nel quotidiano. Solo l’attenzione radicale al qui e
ora sfiora l’infinito/eterno
ge. La mistica è dunque esperienza perché «Dio ci attende in ogni cosa che
dell’unità del molteplice in cui anche gli incontriamo».
Per poter cogliere l’istante, occorre peopposti sono «tenuti insieme in armonia». La grande tradizione di quella che rò educare i sensi, «prendercene cura, coll’autore chiama mistica dell’anima — da tivarli, affinarli», affinché diventino una
Agostino a Giovanni «porta aperta». L’autore, frammento dodella Croce fino ai po frammento, servendosi di passi biblici,
mistici a noi più vici- citazioni di poeti e scrittori, riesce a metni — ha tuttavia posto tere in luce le straordinarie valenze di
al centro dell’espe- ognuno dei cinque sensi individuando
rienza spirituale il di- nell’esperienza sensoriale profonda il castacco dal mondo, la nale preferenziale attraverso cui si intesse
«notte oscura dei sen- la sottile relazione fra Dio e l’umanità.
si». La ricerca interio- Propone quindi una vera e propria teolore ha sempre implica- gia dei sensi.
to una lotta contro la
Il corpo è il tramite più intimo, è «una
realtà sensibile come
lingua materna. La lingua materna di
se il divino fosse comDio» mediante cui si ricostruiscono le trapletamente
estraneo
me di una fiducia originaria venuta meno.
«alle potenzialità del
corpo e alla sua «L’esperienza mistica è esperienza nuda»,
richiede affidamento e abbandono. «La
grammatica».
Tolentino propone vera mistica si sperimenta nell’abbandono
quindi una mistica dei e solo lì». Tolentino non prescinde quindi
sensi o dell’istante, dagli elementi tradizionali dell’esperienza
che faccia da contrap- spirituale: «Non c’è cammino interiore
punto alla mistica che proceda senza coraggio di svuotarsi,
dell’anima, che inten- di buttare fuori quello che ci pesa, ci turda i sensi «come un ba, per poter accogliere il sapore limpido
cammino che condu- di quella fonte messa da parte, ma alla fice, come una porta ne accessibile nel profondo di noi stessi».
cui l’essere umano, creato a immagine e
somiglianza di Dio, è considerato nella
sua integrità: «Il corpo non è mai un rivestimento esterno del principio spirituale o una prigione dell’anima, come invece vorrebbero il platonismo e le sue tante repliche». C’è continuità tra i vari piani dell’essere «fra micro e macro; vicino
e lontano; attività e riposo; dentro e fuori», una connessione non disgiungibile
perché tutto è relazionale e tutto conver-
Nonostante le sollecitazioni particolarmente attuali e stimolanti del libro, c’è da
sottolinearne un aspetto forse poco evidenziato: lo psichico. Il corpo è ascrivibile al piano creaturale, ma la realtà esistenziale produce distanza dalla creaturalità.
Questa distanza costituisce l’ombra, la
perdita dell’innocenza originaria: «Il
mondo viene oscurato. È come se il creato si ritraesse davanti ai nostri occhi». La
creatura continua a vivere nell’intimo, è la
parte sofferente, nuda, custode della memoria della luce, terreno fertile dell’esperienza spirituale, ma c’è una pesantezza
che la sovrasta, una tenebra che la oscura.
È la realtà psichica.
Se l’anima orienta il suo connaturato
desiderio di infinito verso i beni materiali,
snatura i sensi che perdono la loro misura
creaturale e da canali della luce divina divengono canali di smodate pulsioni, strumenti di pesanti schiavitù. «Il problema
sono i circoli viziosi che ci costruiamo da
cato della tradizione ebraica che però, come sappiamo non è associata al corpo,
ma alla disobbedienza (dis-ob-audio): non
stare in ascolto allontana dall’ordine divino.
Nel cristianesimo viene dunque a stabilirsi una connessione fra corpo e peccato
estranea sia alla tradizione greca che alla
tradizione ebraica, ma soprattutto all’annuncio evangelico che ha il suo centro
nell’incarnazione. Una certa distorsione
può essere causata anche dalla traduzione
del termine greco sarx, con quello latino
caro. Se nel primo permane una certa valenza psichica nel secondo scompare completamente. È quindi necessario smarcare
il corpo e i sensi da questa impropria
connotazione.
La causa del peccato va ricercata nello
psichico, nell’egoità, nel senso appropriativo verso la realtà. Questo snatura il corpo e i sensi stravolgendone la misura. Il
distacco dal mondo, la «notte oscura dei
sensi», alludono al processo
di liberazione che opera lo
Spirito all’interno del piano
Causa di peccato non è la materia
psichico smantellandone gli
oscuri meccanismi. Mondo,
ma il pensiero
nel significato del Quarto
I sensi sono vie di connessione
vangelo, non è la creazione,
ma la realtà costruita da
fra individuo e tutto
una volontà che si oppone
fra io e Dio
all’ordine divino, il groviglio di tutte le perverse dinamiche del potere egoico.
soli, quelle prigioni invisibili che, quando Il distacco è necessario per riconoscerle,
ci liberiamo, vanno in mille pezzi». Non soffrirne la pesantezza e aprirsi all’opera
è dunque il corpo causa di peccato, ma lo trasformante dello Spirito che consuma le
psichico. I sensi sono vie di connessione oscurità dell’anima.
fra individuo e tutto, fra io e Dio, ma se
L’istante apre alla contemplazione della
si ingorgano non sono più porte aperte,
bellezza, stravolge questo impianto tenema sbarramenti che danno solo la misura
broso intaccandone la compattezza come
della distanza.
La visione cupa verso la vita terrena raggio di luce che perfora il buio, l’umaelaborata dal cristianesimo potrebbe allo- nità deve solo farsi prendere, acconsentira dipendere da una commistione fra il re. La bellezza è la misura perfetta della
senso di distacco verso la realtà materiale creazione, irradiandosi penetra i sensi ritipico della filosofia greca e l’idea di pec- svegliandoli alla luce creatrice.
Nuova biografia della figlia degli scienziati che studiarono i fenomeni radioattivi
Curie scrittrice e diplomatica
dalla particolare sensibilità dell’autrice,
anche lei figlia di scienziati ma non scienziata. Anche lei diplomatica.
La primissima infanzia di Eva fu segnata dalla tragica morte del padre travolto da
una carrozza, e dalla tristezza che avvolse
la madre, in un’atmosfera umana priva di
ogni sentire religioso. Per gli impegni
scientifici di Marie — che nel 1911 fu insignita anche del Nobel per la chimica —
Eva non visse in grande contatto con sua
madre, anche se il rapporto con la patria
di Marie fu sempre molto sentito, sia attraverso la padronanza della lingua polacca
sia per i soggiorni in Polonia, accolta dalla zia
che nel 1911 dirigeva l’IstiLa vita di Eva, anche se dissimile
tuto Radium di Varsavia.
Mentre la sorella Ireda quella della madre
ne, diciassettenne e già
era ispirata dai suoi stessi ideali
scienziata, accompagnò
la madre al fronte guidi libertà, giustizia
dando le famose petites
ed emancipazione femminile
Curie, camionette dotate
di apparecchi per le radiografie che salvarono la
È firmata da Claudine Monteil, Eve vita a migliaia di soldati, lo scoppio della
Curie, l’autre fille de Pierre et Marie Curie grande guerra aggravò la situazione
(Paris, Éditions Odile Jacob, 2016, pagine dell’adolescente Eva. Malgrado gli studi
345, euro 22,90) la prima biografia che le scientifici (si diplomò in scienze), la raviene dedicata in assoluto. Rigorosamente gazza rivelò talento letterario e artistico:
documentato con ricerche nell’archivio la sua strada sembrava quella di musica e
del Museo Curie e negli archivi privati di pianoforte, ma non riuscì mai a imporsi
Eva, depositati al Centro storico dello sulla scena concertistica.
Ecco allora definirsi una vita segmentastesso Museo, il libro ripercorre la vita
della secondogenita dei Curie muovendo ta, così diversa da quella della madre per
di CRISTIANA D OBNER
«La ragazza con gli occhi di radio»: così
la stampa americana definì nel 1921 Eva
Curie, nata a Parigi nel 1904, un anno dopo il Nobel per la fisica per la ricerca sulla radioattività assegnato ai genitori, la
leggendaria coppia di scienziati, Pierre
Curie e Marie Skłodowska. Sorella minore di Irene Curie (Premio Nobel insieme
al marito Joliot), Eva fu la sola non scienziata della famiglia, ma non per questo fu
la meno interessante.
bellezza e predilezione per un’esistenza
ricercata in società, anche se sempre animata da dedizione agli altri e atteggiamento impavido: gli ideali di libertà, giustizia ed emancipazione femminile che
Eva, a tratti, dimostrò furono un chiaro
retaggio materno.
Madre e figlie furono donne che precorsero i tempi. Marie (a cui la secondogenita fu vicina fino alla morte durante la
grave malattia, dovuta alla lunga esposizione al radio) ignorò le umiliazioni del
mondo scientifico francese dopo la morte
del marito, e Irene — Premio Nobel nel
1935 per la scoperta di nuovi isotopi radioattivi, militante politica del Fronte popolare e segretaria di Stato per la Ricerca
scientifica — insieme con la madre fu rifiutata dall’Accademia delle Scienze perché donna.
Dal canto suo, anche Eva Curie fu figura dalle molte sfaccettature: autrice nel
1937 della biografia materna (il libro divenne un bestseller mondiale e fu tradotto in trentacinque lingue); autrice di teatro e sceneggiatrice per il cinema, sotto
pseudonimo; direttrice della divisione
femminile del Commissariato delle informazioni durante la seconda guerra mondiale, dopo aver lasciato la Francia per
l’Inghilterra nel 1940 e aver raggiunto le
Forces françaises libres; conferenziera negli
Stati Uniti in una indefessa tessitura sociale e politica a favore della Francia in
guerra; luogotenente dello Stato Maggiore.
Eva fu anche corrispondente di guerra per l’«International Herald Tribune».
Viaggiò e scrisse reportage
da Nord Africa, Medio
oriente, Unione Sovietica,
India, Burma e Cina in una
sfida vera e autentica: sola
donna fra militari di tutte le
nazioni belligeranti. Intervistò e divenne amica di personalità come Chiang Kaishek, Gandhi e Nehru, in
una girandola di avventurose fatiche che raccontò in
un libro nel 1943. Nove anni
dopo fu nominata consigliere speciale del segretario generale dell’Onu e divenne
una delle prime donne diplomatiche.
Dopo una vita sentimentale molto movimentata si
sposò, ormai cinquantenne,
con Henry Labouisse, ambasciatore statunitense in
Grecia: i due si impegnarono, fra il 1962 e il 1965, con
l’Unicef: un altro Premio
Nobel così sarebbe entrato
in famiglia, quello per la pace che
Labouisse ritirò, a nome dell’Unicef, nel
1965. Dopo la morte del marito, Eva visse
fra Grecia, Parigi e New York: una grande cena tra familiari e amici festeggerà il
suo secolo di vita.
Marie Skłodowska-Curie con le figlie Eva e Irene
Morirà due anni dopo. È stato grazie
alla sua donazione di un milione di dollari che il Museo Curie — dedicato alle due
famiglie Curie Joliot — ha riaperto le porte nel 2012 e il laboratorio è stato fedelmente ricostruito.
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
pagina 5
Una scena del film
che ha vinto anche
l’Oscar per la sceneggiatura
Assegnati due Oscar a «Il caso Spotlight»
Il coraggio di denunciare
Ma il maggior numero di statuette va a «Mad Max: Fury Road»
di EMILIO RANZATO
ince soltanto due
Oscar Il caso Spotlight, ma si aggiudica la statuetta più
importante, quella
per il miglior film, nonché
quella, più prevedibile, per la
sceneggiatura firmata da Josh
Singer e Tom McCarthy. Lo
stesso McCarthy però non vince il premio per la migliore re-
V
gia, lasciandolo a Alejandro
González Iñárritu, regista messicano al suo secondo Oscar
consecutivo dopo Birdman,
che quest’anno firma un bel
film d’avventura con The Revenant. Iñárritu è un regista preparato e scaltro che gira ogni
film con uno stile diverso ai limiti della schizofrenia, visto
che è passato da un film narrativamente e formalmente
spezzettato come 21 grammi
(2003) al piano-sequenza infi-
Non è un film anticattolico
di LUCETTA SCARAFFIA
potlight, che ha vinto
l’Oscar, ha una trama avvincente. E non è un film
anticattolico, come anche
è stato scritto, perché riesce a dare voce allo sgomento e al
dolore profondo dei fedeli davanti alla scoperta di queste orribili
realtà. Certo, nel racconto non
viene dato spazio alla lotta lunga
e tenace che Joseph Ratzinger,
come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e come Papa, ha intrapreso contro la
pedofilia nella Chiesa. Ma in un
film non si può dire tutto, e le
difficoltà che ha incontrato Ratzinger non fanno che confermare
la tesi del film, e cioè che troppo
spesso l’istituzione ecclesiastica
non ha saputo reagire con la necessaria determinazione di fronte
a questi crimini.
Certo, e lo sappiamo tutti, i
bambini sono esseri indifesi, e
quindi vittime privilegiate di abusi anche nelle famiglie, nei circoli
sportivi, nelle scuole laiche. Gli
orchi non portano esclusivamente
la veste talare. La pedofilia non
S
deriva necessariamente dal voto
di castità. Ma ormai è chiaro che
nella Chiesa troppi si sono più
preoccupati dell’immagine dell’istituzione che non della gravità
dell’atto.
Tutto questo non può giustificare la colpa gravissima di chi, visto come rappresentante di Dio,
si serve di questa autorevolezza e
autorità per approfittare di innocenti. Questo nel film è raccontato bene, dando spazio alla devastazione interiore che questi atti
generano nelle vittime, che non
hanno neppure più un Dio al
quale raccomandarsi, al quale
chiedere aiuto.
Il fatto che dalla cerimonia degli Oscar sia venuto un appello a
Papa Francesco perché combatta
questo flagello deve essere visto
come un segnale positivo: c’è ancora fiducia nell’istituzione, c’è fiducia in un Papa che sta continuando la pulizia iniziata dal suo
predecessore già come cardinale.
C’è ancora fiducia in una fede
che ha al suo cuore la difesa delle
vittime, la protezione degli innocenti.
nito di Birdman, mentre per
The Revenant “malickeggia”
senza pudore in molti momenti. D’altronde un premio che
non è mai stato vinto da Kubrick e da altre decine di maestri della storia del grande
schermo va preso con le molle,
dal punto di vista artistico. Sicuramente però gli Oscar sono
spesso sintomatici di alcune
tendenze, e quest’anno lo confermano.
Per molti anni il premio per
il miglior film e quello per la
migliore regia sono andati a
braccetto. Nelle ultime edizioni invece sono state frequenti
le divergenze. Dopo la stagione dei registi-dittatori degli anni Settanta e soprattutto quella
immediatamente successiva del
postmoderno, in cui il cinema
sembrava voler fare sempre
più affidamento sulla mera
immagine e sui propri
mezzi precipui, sino a
diventare
completamente autoreferenziale, c’è stato un improvviso e massiccio
ritorno al racconto e
alla cura dei personaggi.
È ciò che spiega anche il
boom delle serie televisive,
spesso sciatte dal punto di vista espressivo ma caratterizzate
per loro stessa natura da quel
calmo e dettagliato sviluppo
narrativo di cui lo spettatore di
oggi sente evidentemente la
necessità.
Per vincere un Oscar come
miglior film, insomma, oggi è
sufficiente raccontare una buona storia. Il come la si racconta, sul piano visivo, è secondario. Anche meglio, allora, se è
una storia vera, risorsa a cui il
grande schermo infatti si affida
sempre più frequentemente. E
Il caso Spotlight è esattamente
questo. Un film girato in maniera piuttosto anonima ma
con una buona sceneggiatura e
su una realtà purtroppo vera e a
dir poco scottante
come
l’abuso di minori da parte
di alcuni preti.
Non è un film
anticattolico
Ennio Morricone premiato per la colonna sonora di «Hateful eight»
perché il cattolicesimo in sé
non viene neppure toccato, anche se il tono tende spesso a
generalizzare — ma le generalizzazioni sono anche inevitabili quando si devono raccontare storie in sole due ore —
però indiscutibilmente è un
film che ha il coraggio di denunciare casi che vanno condannati senza alcuna esitazione. E lo fa in modo particolareggiato, sulla scorta di una
documentazione
sostanzialmente seria e credibile. Un
film come Tutti gli uomini del
presidente, insomma, rimane
ben lontano, ma quello di McCarthy è comunque un buon
lavoro e molto poco hollywoodiano.
Paradossalmente, tuttavia, il
film che si è aggiudicato il
maggior numero di statuette —
sei — è Mad Max: Fury Road,
geniale e in qualche modo definitiva deriva proprio del cinema postmoderno. Capolavoro
della tecnica visivamente elettrizzante capace, soprattutto
grazie a un montaggio incredibile, di condensare in un’unica
interminabile sequenza cinquant’anni di cinema di genere. Il regista australiano George Miller è lo stesso della prima trilogia sul personaggio
post-apocalittico interpretato
da Mel Gibson negli anni Ottanta, ma qui è supportato in
maniera decisiva da maestranze
di prima qualità.
Altri premi meritati, anche
se sostanzialmente riparatori,
sono andati a Ennio Morricone e Leonardo DiCaprio. Che
il compositore italiano lo vinca
soltanto adesso per la prima
volta — ne aveva ricevuto uno
alla carriera nel 2007 — è palesemente assurdo, anche perché
la colonna sonora scritta per
Hateful Eight, del suo fan numero uno Tarantino, è come al
solito bella ma non fra le sue
migliori. DiCaprio in The Revenant invece non ha dovuto
far molto se non patire freddo
e sofferenze in quello che è
stato più un corso di sopravvivenza che un’interpretazione.
Però il premio, nella sua più
che ventennale carriera, aveva
già dimostrato di meritarlo.
Così come fanno piacere le vittorie di Brie Larson, attrice
protagonista del bellissimo
Room di Lenny Abrahamson, e
quella come miglior film straniero dell’ungherese Il figlio di
Saul di László Nemes. La regia
di Nemes suscita delle perplessità dal punto di vista espressivo, ma per alimentare la memoria dell’orrore della Shoah
ben venga anche un Oscar.
I colori
di Pieter Bruegel
I suoi erano dipinti che
permettevano di realizzare
bellissime sculture: è questo
assunto che fa da filo rosso alla
mostra, alla Courtauld Gallery di
Londra fino all’8 marzo, dedicata
a Pieter Bruegel il Vecchio,
vissuto nel XVI secolo.
Un’esposizione che in filigrana
s’impreziosisce anche di un
sottotesto: anche se dipingeva
spesso in bianco e nero, le tele
dell’artista sembrano irradiare
colori forti, che catturano la
fantasia dello spettatore. Per la
prima volta — informa «The
Spectator» — sono riuniti in
un’unica mostra tre suoi dipinti:
The Death of the Virgin (15621565), Christ and the Woman taken
in Adultery (1565) e Three Soldiers
(1568). Queste tele, allestite tra
l’altro in modo suggestivo in
un’unica stanza, sono
accompagnate da una selezione di
copie e di incisioni (dieci in
«Hunters in the snow» (1562, particolare)
tutto) imperniate sui tre diversi
temi. L’esposizione si propone
poi di ricordare un tratto
peculiare dell’arte del pittore
olandese: ovvero fu il primo
artista a realizzare dipinti a
grisaglia a olio su tavola
nell’ambito di un’attività intesa
come una sorta di piacevole
hobby. Ma in Pieter Bruegel il
Vecchio nulla, in realtà, è puro
svago. Basti pensare ai soggetti
ricorrenti nelle sue tele: gente
umile, contadini incurvati sui
campi, cacciatori di animali:
un’attenzione privilegiata,
dunque, per la dimessa
quotidianità, da cui però
emanano fierezza e dignità.
La Tesco ha deciso di cambiarne le antiche fattezze
Poirot e l’affaire dei croissant raddrizzati
di GABRIELE NICOLÒ
vrebbe fatto la felicità di
Hercule Poirot la recente
decisione della grande catena di distribuzione Tesco di raddrizzare i croissant, cancellandone la rinomata forma a luna crescente. Il celeberrimo
investigatore, nato dalla penna di
Agatha Christie, detestava infatti la
sagoma di questa delizia perché lesiva della simmetria, da lui venerata:
simmetria che presiede la sua collaudata strategia per scoprire il colpevole, imperniata sui canoni di ordine e
metodo.
E così, a ogni colazione, si ripeteva
il canovaccio: il piacere di gustare il
croissant (da intingere immancabilmente nel cioccolato caldo) era sempre accompagnato dagli insofferenti
mugugni, emessi sotto i baffi impeccabilmente impomatati, a lamentarne
la forma: «le cose devono essere dritte e quadrate, e non storte o tonde!»
sentenziava l’impettito Poirot, convinto che le prime simboleggiano
A
equità ed equilibrio, le seconde disordine e anarchia.
A segnare una svolta e a coronare
dunque il sogno, circa un secolo dopo, del detective belga, sono state le
reiterate proteste dei cittadini britannici — informa «The Guardian» —
che trovano assai scomodo, la mattina appena alzati e non ancora sufficientemente lucidi ed efficienti, spalmare burro e marmellata lungo le
tortuose curve del croissant a luna
crescente: rimostranze seguite da un
sensibile calo delle vendite e della distribuzione.
Con l’antica forma — spiega Harry
Jones, portavoce di Tesco — gli inglesi dicono che devono fare almeno tre
tentativi prima che il croissant sia
spalmato a regola d’arte, e ciò comporta logorio della pazienza, perdita
di tempo e ritardo al lavoro. Ecco allora che la versione rinnovata si ripromette di garantire ai sudditi di
Sua Maestà un inizio di giornata
molto più gustoso e rilassato.
Leggenda narra che la forma a luna crescente del croissant derivi dalla
celebrazione della sconfitta dell’impe-
ro ottomano nell’assedio di Vienna
del 1683.
Un panettiere, che stava lavorando di notte, avrebbe udito rumori
sospetti: indagò e scoprì che erano i
soldati turchi che stavano scavando
una galleria sotterranea. Allora dette
subito l’allarme. Come ricompensa
per aver salvato la città, al panettie-
E quei gustosi croissant furono poi
introdotti alla corte francese da Maria Antonietta la quale — anche in
questo caso è sfocato il confine tra
mito e realtà — suggerì al primo ministro di darli al popolo affamato di
pane e prossimo a scatenare quella rivoluzione che le avrebbe successivamente spianato la strada per la ghigliottina. A pranzo,
intanto, Poirot tesseva la sua vendetta,
È stato coronato il sogno dell’investigatore
tagliando sandwich
perfettamente
quadopo che i cittadini britannici
drati, nella sua abitasi sono ripetutamente lamentati
zione, a Whitehave
Mansions, ovviamenche la forma tradizionale del dolce
te quadrata, davanti
ostacola il rito mattutino
al caminetto — manco a dirlo — quadradi spalmare burro e marmellata
to. Ma sulla sua invenzione più amata
Agatha Christie penre, un certo Vendler, venne ricono- sò di prendere una beffarda rivincita,
sciuto il diritto esclusivo di produrre irridendone il culto per il lineare e la
delizie pasticcere a forma di luna viscerale avversione per tutto ciò che
crescente, riecheggiante la bandiera è storto: lo plasmò, impietosamente,
turca, così da commemorare quel- con la testa a forma di uovo, ma tral’evento.
boccante di geniali «cellule grigie».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
Messaggio del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari
Accanto alle persone
colpite dalle malattie rare
«Ambulatorio medico-sanitario» recita la targhetta su un portone ligneo sotto il colonnato di piazza
San Pietro. È il nuovo dono di Papa
Francesco ai senzatetto romani, che
attraverso l’Elemosineria apostolica
offre loro un nuovo servizio accanto
a quelli già avviati, e sempre molto
frequentati, delle docce e della barberia.
Apre oggi, lunedì 29 febbraio, «e
nei prossimi giorni — spiega l’arcivescovo elemosiniere Konrad Krajewski — sarà integrato anche dalle
prestazioni, sempre gratuite, offerte
dall’Associazione italiana podologi».
Perché, aggiunge, «i piedi sono la
parte più colpita nelle persone che
vivono per la strada».
La scelta di iniziare di lunedì non
è casuale: il primo giorno della settimana, infatti, è quello in cui i circa
150 beneficiari dei locali docce e barberia, inaugurati lo scorso anno,
vanno a cambiarsi i vestiti, lasciando
gli indumenti sporchi e indossando
quelli puliti messi a disposizione dal
reparto biancheria. Servizi potenziati
con la casa-alloggio per ricoveri notturni nella sede aperta pochi mesi fa
a via dei Penitenzieri. «E allora ci è
sembrato giusto — chiarisce l’elemosiniere pontificio — mettere loro a
disposizione anche le visite mediche
gratuite. Per ora iniziamo così, ma
subito raddoppiamo l’impegno settimanale con i podologi e successiva-
L’Elemosineria apostolica apre un ambulatorio sotto il colonnato di piazza San Pietro
Medici
per i senzatetto
mente l’assistenza potrebbe persino
diventare giornaliera». Anche perché
l’affluenza negli ultimi tempi è in
continua crescita. «Ma noi siamo attrezzati — commenta monsignor
Krajewski — per aiutare tutti quelli
che busseranno alle nostre porte. È
Papa Francesco che lo vuole e noi
che gli siamo vicini in questa impresa siamo onorati e fortemente motivati nel rendere tutto ciò possibile».
Nel presidio il servizio è svolto da
medici specialisti e personale sanitario della Santa Sede, dell’università
di R0ma Tor Vergata e dell’associazione di volontariato Medicina solidale. I camici bianchi, oltre a effettuare visite e test sullo stato di salute, prescrivono terapie e consigliano
eventuali ricoveri ospedalieri. Si tratta, conclude il promotore dell’iniziativa, di «un servizio indispensabile
per la salute dei bisognosi che vivo-
no intorno a noi». Del resto nel
«prenderci cura delle persone, non
possiamo prescindere da visite mediche, cure preventive e assistenza ambulatoriale continua», delle quali i
senza fissa dimora «hanno particolarmente bisogno. Ecco perché il
Santo Padre ha voluto che anche
sotto il colonnato della basilica vaticana venisse realizzato un centro
medico per chi chiede volontariamente di essere visitato e curato».
Un appello «affinché non siano
abbandonati e isolati coloro che,
benché affetti da malattie la cui incidenza è minima sul piano numerico, non possono certo lasciarci indifferenti» è stato lanciato dal Pontificio consiglio per gli operatori
sanitari in occasione della nona
giornata mondiale delle malattie
rare, che si celebra oggi 29 febbraio. Attraverso un messaggio l’arcivescovo presidente Zygmunt Zimowski sottolinea che il tema trova
«anche nella Chiesa crescente interesse» poiché la condizione di chi
viene colpito — come indica lo slogan per il 2016 “Al centro la voce
del paziente” — non può «non trovare eco nei nostri cuori e in adeguate azioni di ricerca e di cura».
In particolare, aggiunge il presule «si tratta di rendere queste persone sempre più protagoniste, dotate dei necessari punti di riferimento; e al tempo stesso di sensibilizzare le autorità competenti, gli
operatori sanitari, i ricercatori, l’industria farmaceutica e chiunque
abbia un sincero interesse per le
malattie rare». E ciò «al fine di
rompere quella cortina di silenzio o
di esclusività che rischia in molti
casi di nascondere un problema
che, invece, attiene all’intera società». In questo impegno, assicura
monsignor Zimowski, «si sente
coinvolta anche la Chiesa, conti-
nuamente spronata a crescere e
camminare nella solidarietà» da Papa Francesco che all’Angelus domenicale ha ricordato proprio la
giornata.
Al punto che, prosegue il presule, «mediante questo dicastero, la
Chiesa, facendo propria la voce che
da più parti si leva per realizzare il
bene comune e la giustizia in campo socio-sanitario, intende portare
all’attenzione di tale settore e delle
diverse istituzioni di ricerca scientifica le sue azioni pastorali riguardanti l’ambito delle malattie rare e
neglette, intese come malattie che
invitano in modo particolare alla
solidarietà». Da qui l’annuncio che
a esse sarà dedicata la prossima
conferenza internazionale del Pontificio consiglio per gli operatori
sanitari, in programma in Vaticano
dal 10 al 12 novembre prossimi.
«Tale iniziativa — sottolinea l’arcivescovo presidente — quasi a conclusione del giubileo straordinario
della misericordia, sarà un’ulteriore
occasione per valorizzare l’opera di
misericordia corporale dell’assistenza agli ammalati». E «si svolgerà
nel segno della prossimità solidale
con le persone affette da patologie
rare, così come nei confronti di
quelle popolazioni povere e vulnerabili segnate da malattie neglette,
che solitamente vivono in zone rurali tra le più remote del mondo».
Si apre il corso della Penitenzieria apostolica
Il congedo di padre Federico Lombardi e di Alberto Gasbarri
Riconciliazione al centro
Per la radio del Papa
di MAURO PIACENZA
Il nostro percorso si colloca
all’interno del grande anno giubilare della misericordia, indetto
da Papa Francesco, un anno tutto incentrato sul mistero di Dio
che dischiude a noi la propria
intimità divina, per mezzo del
suo Figlio fatto uomo, morto, risorto e asceso al cielo, che vive e
opera nella sua Chiesa, salvando
l’uomo per mezzo dei sacramen-
Nel palazzo
della Cancelleria
Con una «lectio magistralis» sul
sacramento della riconciliazione» — di
cui pubblichiamo in questa pagina la
parte introduttiva — il cardinale
penitenziere maggiore apre nel
pomeriggio di oggi, 29 febbraio, nel
Palazzo della Cancelleria, il
ventisettesimo corso sul foro interno,
organizzato dalla Penitenzieria
apostolica, che si concluderà il 4
marzo. L’intervento del porporato è
seguito da quello del vescovo
reggente Krzysztof Nykiel, che tratta
della struttura, delle competenze e
della prassi della Penitenzieria.
Diversi i temi che saranno affrontati
nelle giornate dell’incontro: tra questi,
i doveri e i diritti dei penitenti; il
rapporto tra misericordia, verità e
giustizia; la formazione della
coscienza morale; la figura del
confessore come testimone privilegiato
dell’amore misericordioso di Dio; la
direzione spirituale; la sfida
antropologica ed etica della teoria del
gender. Nella giornata conclusiva è
prevista, in mattinata, l’udienza del
Pontefice e, nel pomeriggio, la
celebrazione penitenziale che sarà
presieduta dal Papa nella basilica
vaticana.
ti: radicalmente per mezzo del
battesimo e, in modo particolare, attraverso il Sacramento della
riconciliazione.
Desidero introdurre questo
corso, anzitutto riascoltando con
voi l’invito accorato, che il Santo Padre ha rivolto a tutta la
Chiesa — in particolare a noi ministri — al n. 17 della bolla di indizione dell’anno giubilare Mise-
ricordiae vultus: «Poniamo al
centro con convinzione il sacramento della riconciliazione».
Questo “grido” — del Papa,
che porta nel cuore la sollecitudine per tutta la Chiesa, è rivelatore di un pensiero, di un giudizio su questo mondo e sulla
missione della Chiesa, la quale
guarda permanentemente a Cristo nell’esercizio del proprio ministero. Vorrei condividere con
voi alcune considerazioni sui pericoli e le prospettive di questo
momento storico, su come la
Chiesa, in comunione effettiva
ed affettiva con Pietro, sia chiamata a rispondervi e sulla centralità del sacramento della riconciliazione nella vita della
Chiesa e di ciascun sacerdote.
Anzitutto vi è una considerazione “primordiale”, dalla quale
ogni altra considerazione della
Chiesa riceve continuamente luce e forza, ed è tutta contenuta
nelle parole del Battista, che riecheggiano in ogni celebrazione
eucaristica: «Ecco l’Agnello di
Dio, che toglie i peccati del
mondo» (Giovanni, 1, 29).
È questo l’annuncio che la
Chiesa ripete davanti al mondo,
invitandolo a convertirsi; è questo l’annuncio che, ogni giorno,
attesta a noi stessi la novità,
continua ed assoluta, che da
duemila anni abita la storia e
che ha conquistato, per sempre,
le nostre vite: Dio è divenuto
per noi l’Agnello immolato, ha
portato su di sè il nostro peccato e, morto, regna ora vivo per
sempre.
Questo annuncio della Chiesa, che indica presente nel mondo l’Agnello di Dio, costituisce
il più potente “antidoto” al veleno del serpente antico, il menzognero. Ben sappiamo come
questa azione demoniaca, che
Papa Francesco non ha tralasciato di segnalare apertamente, fin
dal principio del pontificato, si
compie però nell’orizzonte, per
il demonio, di una inesorabile
disfatta.
Come il demonio esercita oggi questo potere? Dove maggiormente si è concentrata e si
concentra questa azione? Su cosa egli principalmente insinua il
falso?
Il potere della menzogna non
agisce mai, anzitutto, al livello
dell’agire, a un livello cioè immediatamente etico, o morale.
La menzogna tenta la sua azio-
ne, prima di tutto, al livello della conoscenza. Nel giardino
dell’Eden si sviluppa, prima,
l’ottenebramento dell’intelletto e
della volontà, che presentano
come buono ciò che buono non
è e, quindi, il peccato della disobbedienza: «prese del frutto,
ne mangiò e ne diede anche a
suo marito, che era con lei, ed
egli ne mangiò» (Genesi, 3, 6b).
Oggi come si concentra questa menzogna, che Cristo ha
smascherato e sconfitto? La
menzogna del principe di questo mondo tenta di rovesciare
questo annuncio in ogni sua
parte: l’Agnello, il mondo ed il
peccato.
«La Radio vaticana non è una
radio grande e potente, secondo
i criteri del mondo, ma è importante agli occhi di Dio e di tanti
fedeli, perché guarda le cose secondo l’ottica del successore di
Pietro». A ricordarlo è stato l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato,
nella tarda mattinata del 29 febbraio, alla cerimonia per la conclusione del servizio del direttore generale dell’emittente, il gesuita Federico Lombardi, e del
direttore amministrativo, Alberto
Gasbarri. In molti si sono ritrovati nella Sala Marconi per il saluto ai due direttori, che — ha
spiegato il sostituto — «hanno
donato una parte consistente
della loro vita al servizio di questo importante strumento di comunicazione».
Tra i presenti, i monsignori
Dario Edoardo Viganò, prefetto
della Segreteria per la Comunicazione, e Lucio Adrian Ruiz,
segretario del medesimo dicastero, Giacomo Ghisani, nominato
ad interim dal 1° marzo legale
rappresentante e responsabile
della direzione amministrativa di
Radio vaticana, padre Andrzej
Majewski, direttore dei programmi dell’emittente, il direttore del Centro televisivo vaticano,
Stefano D’Agostini, e il direttore
dell’Osservatore Romano.
Esprimendo la gratitudine
della Segreteria di Stato, il sosti-
Dopo il violento ciclone
Solidarietà del Wcc per le isole Fiji
GINEVRA, 29. Solidarietà e vicinanza ai cristiani delle isole Fiji
colpite dall’arrivo del ciclone
Winston, uno dei più potenti
che si sia mai abbattuto sull’arcipelago dell’oceano Pacifico,
sono state espresse, oltre che da
Papa Francesco all’Angelus domenicale, anche dal World
Council of Churches (Wcc).
In una lettera indirizzata al
Consiglio delle Chiese delle
Fiji, il segretario generale del
Wcc, reverendo Olav Fykse
Tveit, ha affermato che alle comunità locali è affidato il com-
pito di lavorare insieme per offrire il conforto spirituale sia
nell’immediato che nel lungo
termine. «Spero che la fraternità che condividete come Chiese
— ha ricordato Fykse Tveit —
rafforzi i vostri sforzi per soddisfare queste esigenze». La
tempesta abbattutasi sulle Fiji
nei giorni scorsi ha ucciso una
quarantina di persone e ha
spazzato via abitazioni e costruzioni, lasciando più di tredicimila persone senza tetto. Il
Governo ha dichiarato lo stato
di calamità naturale. Il segreta-
rio generale del Wcc ha ricordato la vocazione del movimento ecumenico a condividere
da sempre le sofferenze reciproche e la speranza. «Preghiamo
affinché siate in grado di essere
una voce di speranza per coloro che sono nel dolore. Sappiate che i cristiani di tutto il
mondo sono solidali con voi».
La comunità metodista delle
Fiji e Rotuma, membro del
World Council of Churches, si
è subito mobilitata per dare
aiuto ai sopravvissuti e a organizzare dei gruppi di volontari
impegnati nei soccorsi. La comunità metodista, in collaborazione con gli uffici locali della
Croce Rossa, sta predisponendo il confezionamento di pacchi con generi di primo soccorso per le migliaia di persone
colpite dal ciclone. Alcuni spazi delle chiese sono stati messi
a disposizione per offrire alloggio ai senza tetto. In una lettera al pastore Tevita Nawadra
Banivanua, presidente della comunità metodista locale, Fykse
Tveit ha scritto: «Siate certi che
le preghiere del World Council
of Churches sono rivolte alla
vostra comunità in questo momento di prova. Le sfide che
dovete affrontare sono condivise dalle Chiese di tutto il mondo».
tuto ha sottolineato come la
missione dell’emittente sia «da
una parte, nel mondo — cioè sia
un mezzo di comunicazione sociale come gli altri — ma d’altra
parte sia diverso da tutti gli altri: che sia singolare, sui generis». E tale singolarità non le
«viene da aspetti tecnici o materiali, ma dalla sua missione specifica, di guardare il mondo dal
punto di vista della Santa Sede,
proponendo una lettura della
realtà alla luce delle parole del
Papa sui grandi temi e le grandi
questioni che affliggono l’umanità: la pace, la guerra, la povertà, la giustizia, l’ambiente, l’allontanamento da Dio» insieme
alla «necessità della fede e del
Vangelo».
Del resto, ha fatto notare Becciu, «in questi 25 anni di guida
di padre Federico Lombardi la
Radio vaticana, accanto ai necessari ampliamenti tecnologici,
ha mantenuto e sviluppato questa linea, affinché chiunque la
ascoltasse, dovunque nel mondo, potesse trovare la prospettiva del Papa e della sede apostolica in ogni Paese, in ogni regione, anche la più lontana». Infine il presule ha ricordato come
ora per l’emittente si prospettino
«nuove speranze e nuovi compiti; il fine specifico resterà però
lo stesso: l’evangelizzazione, attraverso la diffusione radiofonica del messaggio cristiano».
In precedenza padre Lombardi aveva celebrato la messa di
ringraziamento nella vicina chiesa di Santa Maria in Traspontina, alla quale hanno partecipato
non solo il personale dell’emittente, ma anche molti colleghi
in pensione, giornalisti e dipendenti di altri enti vaticani. Tra i
concelebranti i monsignori Viganò e Ruiz e padre Majewski.
All’omelia Lombardi ha esortato
la Radio vaticana a guardare
con speranza e fiducia alla riforma dei media vaticani.
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
pagina 7
Messa a Santa Marta
La salvezza viene dal piccolo
La salvezza di Dio non viene dalle cose grandi, dal potere o dai soldi, dalle cordate clericali o politiche, ma dalle cose piccole e semplici
che, alle volte, suscitano persino sdegno. È la
meditazione proposta da Francesco durante la
messa celebrata lunedì mattina, 29 febbraio,
nella cappella della Casa Santa Marta.
«La Chiesa ci prepara alla Pasqua e oggi ci
fa riflettere sulla salvezza: come noi pensiamo
che sia la salvezza, quella salvezza che tutti noi
vogliamo» ha affermato Francesco. E proprio
la storia «della malattia di Naamàn», narrata
dal secondo libro dei Re (5, 1-15), «ci avvicina
al fatto della morte: e dopo?». Infatti «quando
c’è la malattia, sempre ci rimanda a quel pensiero: la salvezza». Ma, si è chiesto il Pontefice, «come viene questa salvezza? Qual è la
«Naamàn si immerge nel fiume Giordano»
(1510, vetrata dell’abbazia tedesca di Mariawald)
strada per la salvezza? Qual è la rivelazione di
Dio a noi cristiani sulla salvezza?».
Per il Papa «la parola chiave per capire il
messaggio di oggi della Chiesa è sdegno».
Quando «Naamàn, arrivato da Eliseo, chiede
la guarigione, Eliseo manda il ragazzo a dirgli
di bagnarsi sette volte nel Giordano. Una cosa
semplice». Forse proprio per questo «Naamàn
si sdegnò» esclamando: «Ho fatto un viaggio
così, con tanti doni...»: tutto invece si risolve
con un semplice bagno nel fiume. Oltretutto,
rincara Naamàn, «noi abbiamo fiumi più belli
di questo».
Anche «gli abitanti di Nazareth — ha fatto
notare Francesco riferendosi al passo evangelico di Luca (4, 24-30) — si sdegnarono dopo
aver sentito la lettura del profeta Isaia, che ha
fatto Gesù quel sabato in sinagoga dicendo
“oggi è successo questo”, che parla della liberazione, di come il popolo sarà liberato». E
commentavano: «Ma questo cosa si crede?
Questo è uno di noi, l’abbiamo visto crescere
da ragazzo, mai ha studiato». E «si sdegnarono» tanto che «volevano ucciderlo».
Ancora, la proseguito il Papa, «più avanti
Gesù ha sentito questo disprezzo da parte dei
dirigenti, i dottori della legge che cercavano la
salvezza nella casistica della morale — “questo
si può fino a qui, fino a là...” — e così avevano
non so quanti comandamenti e il povero popolo...». Proprio per questo la gente non aveva fiducia in loro. Lo stesso capitava con «i
sadducei, che cercavano la salvezza nei compromessi con i poteri del mondo, con l’impero:
gli uni con le cordate clericali, gli altri con le
cordate politiche cercavano la salvezza così».
Ma «il popolo aveva fiuto e non credeva» in
loro. Invece «credeva a Gesù perché parlava
con autorità».
«Ma perché questo sdegno?» è la questione
posta dal Pontefice. «Perché — ha sottolineato
— nel nostro immaginario la salvezza deve venire da qualcosa di grande, da qualcosa di
maestoso: ci salvano solo i potenti, quelli che
hanno forza, che hanno soldi, che hanno potere, questi possono salvarci». Invece «il piano
di Dio è un altro». E così «si sdegnano perché
non possono capire che la salvezza viene soltanto dal piccolo, dalla semplicità delle cose di
Dio». E «quando Gesù fa la proposta della via
di salvezza, mai parla di cose grandi», solo «di
cose piccole».
In questa prospettiva Francesco ha suggerito
di rileggere le beatitudini evangeliche — «Tu
sarai salvo se farai questo» — e il capitolo 25 di
Matteo. Sono «i due pilastri del Vangelo:
“Vieni, vieni con me perché hai fatto questo”».
E si tratta di «cose semplici: tu non hai cercato la salvezza o la tua speranza nel potere, nelle cordate, nei negoziati, no; hai fatto semplicemente questo». Ma proprio «questo sdegna
tanti».
«Come preparazione alla Pasqua — ha proposto il Papa — io vi invito, anche io lo farò, a
leggere le beatitudini e a leggere Matteo 25, e
pensare e vedere se qualcosa di questo mi sdegna, mi toglie la pace». Perché «lo sdegno è
un lusso che possono permettersi soltanto i vanitosi, gli orgogliosi».
Proprio «alla fine delle beatitudini — ha
spiegato Francesco — Gesù dice una parola»
forte: «Beato colui che non si scandalizza di
me», cioè «che non ha sdegno di questo, che
non sente sdegno». E riflettendo sulle ragioni
di queste parole, il Papa ha ripetuto che «ci
farà bene prendere un po’ di tempo — oggi,
domani — e leggere le beatitudini, leggere
Matteo e stare attenti a cosa succede nel nostro cuore: se c’è qualcosa di sdegno». E
«chiedere la grazia al Signore di capire che
l’unica via della salvezza è la pazzia della croce, cioè l’annientamento del Figlio di Dio, del
farsi piccolo». Nella liturgia di oggi, ha concluso, «il piccolo» è appunto «rappresentato
dal bagno nel Giordano e dal piccolo villaggio
di Nazareth».
Nella basilica vaticana il segretario di Stato ordina il vescovo Paul Tighe
Parola e vita
Estote factores verbi. Il motto episcopale scelto da monsignor Paul Tighe, tratto dalla lettera di Giacomo
(1,22), in italiano viene tradotto
«siate di quelli che mettono in pratica la parola»; e ricorda espressamente che «non è sufficiente ascoltare la
parola di Dio, ma occorre che essa
trasformi la vita». Lo ha affermato il
cardinale segretario di Stato Pietro
Parolin che sabato pomeriggio, 27
febbraio, nella basilica vaticana, ha
presieduto l’ordinazione episcopale
del presule, nominato da Papa Francesco vescovo titolare di Drivasto e
segretario aggiunto del Pontificio
Consiglio della cultura. Conconsacranti il cardinale Ravasi e l’arcivescovo Celli. Tra i concelebranti il
cardinale Brady, gli arcivescovi Becciu, Gallagher e Martin e numerosi
vescovi, molti dei quali venuti
dall’Irlanda, terra natale di monsignor Tighe.
Proprio il motto del nuovo vescovo, ha rilevato il cardinale Parolin,
«rappresenta un permanente richiamo a suscitare in tutti l’interesse nella bellezza, nell’efficacia e nella ragionevolezza della parola di Dio».
Oltretutto il vescovo, ha subito rimarcato il porporato, «con il suo
comportamento esemplare e il suo
insegnamento è chiamato a essere
un segno della misericordia divina,
per suscitare la nostalgia di una vita
illuminata dal Vangelo e vissuta nella fraternità». E così «in primo luogo dovrà amare Cristo, la Chiesa, i
poveri e gli ultimi con generosità e
costanza, alimentando quotidianamente questo amore con l’olio della
preghiera, la carità e l’abbandono fiducioso in Dio».
A monsignor Tighe il segretario
di Stato ha rammentato «il compito» di impegnarsi «per facilitare un
fecondo incontro tra la cultura e il
Vangelo, perché si promuova un
dialogo aperto e sapiente, perché
coloro che indagano la realtà con
spirito razionale, scoprano la superiore razionalità della fede, che non
si oppone alla conoscenza, ma che
illumina e amplifica le capacità della
stessa ragione, fornendole una luce e
uno scopo più alto e grande, pienamente rispondente alle attese profonde dell’essere umano».
Proprio «dall’incontro tra Vangelo
e cultura — ha proseguito il cardinale — emergeranno scenari inattesi e
un rinnovamento destinato a coinvolgere l’esistenza concreta delle
persone, delle famiglie e della società. Nulla infatti di ciò che è buono e
vero può essere in contrasto con il
Vangelo, nulla di ciò che è autenticamente umano può opporsi a
Cristo, che ha assunto la natura
umana».
«Durante i tuoi trentatré anni di
sacerdozio — ha detto ancora il cardinale rivolgendosi al nuovo vescovo
— hai svolto diversi incarichi, dap-
prima in parrocchia e poi come insegnante di teologia morale, come
preside della scuola di teologia al
Mater Dei Institute di Dublino e
come professore di bioetica in diverse istituzioni universitarie ed ospedaliere. Hai messo a frutto le tue
competenze e i tuoi interessi per il
rapporto tra fede e politica in qualità di direttore dell’ufficio comunicazione dell’arcidiocesi di Dublino». E
«nel 2007 Papa Benedetto XVI ti ha
chiamato a far parte come segretario, del Pontificio Consiglio per le
comunicazioni sociali». Poi «nel
giugno 2014 Papa Francesco ti ha
nominato segretario della commissione per i media».
«Il tuo sacerdozio — ha concluso
il cardinale Parolin — si è dunque
mosso tra la pastorale diretta, il
mondo accademico, l’interesse per la
relazione tra fede, politica e cultura
e per la presenza della Chiesa
nell’ambito delle comunicazioni sociali, dove occorre presentare la sua
missione e la sua vera identità in categorie comprensibili e accessibili, in
modo da fornire uno sguardo profondo e autentico sulla realtà ecclesiale».
Il Pontefice sottolinea il servizio svolto dai carabinieri
Con pazienza
e disponibilità
«Un supplemento di attenzione, di
dedizione e di generosità» nel servizio
quotidiano in occasione dell’anno
santo è stato chiesto da Papa
Francesco ai carabinieri che svolgono
il loro servizio nei pressi di piazza
San Pietro. Ricevendoli in udienza
lunedì mattina, 29 febbraio, nella
Sala Clementina, il Pontefice ne ha
elogiato la professionalità e il senso di
responsabilità.
Cari Carabinieri,
rivolgo un cordiale benvenuto a
ciascuno di voi, e ringrazio il Comandante Generale dell’Arma per
le sue parole.
Sono lieto di incontrarvi per
esprimervi la mia riconoscenza. Voi
rendete alla comunità un servizio
impegnativo e indispensabile, spendendo le vostre energie per tutelare
la sicurezza e l’ordine pubblico, in
collaborazione con le altre forze.
Anche grazie a voi, la gente viene
aiutata a rispettare le leggi che regolano la serena e armoniosa convivenza. La vostra presenza sul territorio diventa tramite della concreta
solidarietà dell’intera comunità; in
particolare, le persone svantaggiate
possono trovare un prezioso aiuto
nelle loro difficoltà. E tante volte
questo non si vede; mi riferisco alle
parole del comandante: “quegli atti
nascosti che nessuno vede nel servizio quotidiano...”. Questo è tanto
bello, soltanto Dio lo vede. Dio
non dimentica queste cose.
La vostra “Compagnia Carabinieri di Roma San Pietro” collabora
efficacemente con i competenti organismi della Santa Sede per favorire il tranquillo svolgimento degli
eventi che, nel corso dell’Anno, si
tengono in Piazza San Pietro e nei
dintorni. Vi ringrazio molto per il
vostro lavoro che si pone a servizio
dei pellegrini e dei turisti. Si tratta
di un’attività che richiede professionalità e senso di responsabilità, come anche attenzione alle persone —
molte delle quali sono anziane —,
continua pazienza e disponibilità
verso tutti. Sono qualità non facili,
per le quali è importante poter contare sull’aiuto di Dio.
L’Anno Santo della Misericordia
apre davanti a tutti noi la possibilità di essere rinnovati, a partire da
una purificazione interiore, che si
riflette nel modo di comportarsi e
anche nell’esercizio delle attività
quotidiane. Questa dimensione spirituale dell’evento giubilare spinge
Nei mesi di marzo e aprile
Calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa
Marzo
4 VENERDÌ
Basilica Vaticana, Celebrazione penitenziale, ore 17
6 IV D OMENICA
DI QUARESIMA
Ariccia, Inizio degli esercizi spirituali per la Curia romana
11 VENERDÌ
Conclusione degli esercizi spirituali
per la Curia romana
15 MARTEDÌ
Sala del Concistoro, ore 10, Concistoro per alcune Cause di canonizzazione
20 D OMENICA DELLE PALME
E DELLA PASSIONE
DEL SIGNORE
Piazza San Pietro, ore 9.30, Cappella papale, Benedizione delle palme,
processione e Santa Messa
24 GIOVEDÌ
SETTIMANA SANTA
Basilica vaticana, ore 9.30, Santa
Messa del Crisma
DELLA
25 VENERDÌ SANTO
Basilica vaticana, ore 17, Cappella
papale, Celebrazione della Passione
del Signore
25 VENERDÌ SANTO
Colosseo, ore 21.15, Via Crucis
26 SABATO SANTO
Basilica vaticana, ore 20.30, Cappella papale, Veglia pasquale nella
Notte Santa
27 D OMENICA DI PASQUA
Piazza San Pietro, ore 10, Cappella
papale, Santa Messa del giorno
27 D OMENICA DI PASQUA
Loggia centrale della Basilica vaticana, ore 12, Benedizione «Urbi et
O rbi»
Aprile
2 SABATO
Piazza San Pietro, ore 18, Veglia di
preghiera, Giubileo per quanti ade-
riscono alla spiritualità della Divina
Misericordia
3
II
D OMENICA DI PASQUA
(O DELLA DIVINA
MISERICORDIA)
Piazza San Pietro, ore 10.30, Santa
Messa, Giubileo per quanti aderiscono alla spiritualità della Divina
Misericordia
Città del Vaticano, 29 febbraio
2016
Mons. GUID O MARINI
Maestro delle Celebrazioni
Liturgiche Pontificie
ciascuno di noi ad interrogarsi sul
reale impegno nel rispondere alle
esigenze di fedeltà al Vangelo, a cui
il Signore ci chiama a partire dal
nostro stato di vita. Il Giubileo diventa in tal modo un’occasione propizia di verifica personale e comunitaria; e il “paradigma” su cui verificarci sono le opere di misericordia, sia corporali che spirituali. Il
Signore ci ricorda: «Tutto quello
che avete fatto a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli, l’avete fatto
a me» (Mt 25, 40).
Questo insegnamento di Gesù sia
di guida anche a voi, responsabili
della tutela dell’ordine pubblico, e
vi aiuti ad essere in ogni circostanza
promotori di solidarietà, specialmente verso i più deboli e indifesi;
ad essere custodi del diritto alla vita, attraverso l’impegno per la sicurezza e per l’incolumità delle persone. Nello svolgimento di questa
missione, vi sia sempre presente che
ogni persona è amata da Dio, è sua
creatura e merita accoglienza e rispetto. Possa la grazia del Giubileo
straordinario della Misericordia rinnovare lo spirito con cui vi dedicate
alla vostra professione, inducendovi
a viverla con un supplemento di
attenzione, di dedizione e di generosità.
Esprimo nuovamente a tutti voi
la mia gratitudine per il vostro apprezzato servizio e la vostra collaborazione con la Santa Sede. Invoco su ciascuno e sul lavoro quotidiano l’assistenza divina, e vi affido
alla materna protezione della Madonna, la Virgo fidelis. Di cuore vi
benedico, insieme con le vostre famiglie. E vi chiedo per favore di
pregare per me. Grazie.
Impegno
silenzioso
Una «convinta condivisione dei
valori della persona e della famiglia, insieme a quelli della solidarietà, della giustizia e della pace» è stata assicurata all’inizio
dell’incontro al Pontefice dal comandante generale Tullio Del
Sette.
Nel saluto rivolto anche a nome della compagnia Carabinieri
di Roma San Pietro, di tutta
l’Arma, dell’arcivescovo Santo
Marcianò, ordinario militare per
l’Italia, e dei cappellani, l’alto
ufficiale ha descritto «l’impegno
silenzioso e continuo per il bene
comune, costituito da innumerevoli piccole grandi azioni quotidiane, molte delle quali rimangono sconosciute, condotte senza
risparmio di energie, con generosa dedizione — spinta, a volte, fino all’estremo sacrificio della vita — in difesa delle comunità e
dei più deboli».
Dopo aver ricordato i valori
«che da oltre due secoli ispirano
l’azione dell’Arma in patria, a
tutela dell’ordine e della sicurezza dei cittadini, e all’estero, per
affermare i principi del rispetto
della dignità umana», il comandante generale ha rievocato «i
tanti Carabinieri che hanno donato la vita nell’esecuzione del
servizio istituzionale». Come il
vice brigadiere Salvo D’Acquisto,
oggi servo di Dio, immolatosi
nel 1943 per salvare dalla fucilazione dei nazisti ventidue ostaggi innocenti.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016
Con il patriarca ortodosso etiopico il Papa ricorda le sofferenze dei cristiani
Ecumenismo dei martiri
«L’ecumenismo dei martiri è un invito
rivolto a noi qui e adesso a percorrere
insieme il cammino verso un’unità
sempre più piena». Lo ha detto Papa
Francesco rivolgendosi al patriarca
della Chiesa ortodossa Tewahedo di
Etiopia, Abuna Matthias I, ricevuto in
udienza nella mattina di lunedì 29
febbraio, nella Biblioteca privata.
Santità,
Cari fratelli in Cristo,
È una gioia e un momento di grazia
poter dare il benvenuto a tutti voi
qui presenti. Saluto con affetto Sua
Santità e gli illustri membri della delegazione. Vi ringrazio per le parole
di amicizia e di vicinanza spirituale.
Per il vostro tramite, porgo cordiali
saluti ai vescovi, al clero e all’intera
famiglia della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo in tutto il mondo. La
grazia e la pace di nostro Signore
Gesù Cristo sia con tutti voi.
La visita di Vostra Santità rafforza
i legami fraterni che già uniscono le
nostre Chiese. Ricordiamo con gratitudine la visita del Patriarca Abuna
Paulos a san Giovanni Paolo II nel
1993. Il 26 giugno 2009, Abuna Paulos ritornò per incontrare Benedetto
XVI, che lo invitò nell’ottobre dello
stesso anno come ospite speciale affinché intervenisse durante la seconda Assemblea per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, parlando della situazione del continente africano e delle
sfide dei popoli africani. Nella Chiesa primitiva, era prassi comune che
una Chiesa inviasse i suoi rappresentanti ai sinodi delle altre Chiese.
Questo senso di condivisione ecclesiale è stato evidente anche nel 2012
in occasione dei funerali di Sua San-
tità Abuna Paulos, a cui era presente
una delegazione della Santa Sede.
Dal 2004, la Chiesa cattolica e le
Chiese ortodosse orientali hanno
cercato insieme di approfondire la
loro comunione attraverso il dialogo
teologico portato avanti dalla Commissione Internazionale congiunta. Siamo felici di constatare la crescente
partecipazione della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo a questo dialogo. Nel corso degli anni, la Commissione ha esaminato il concetto
fondamentale di Chiesa comunione,
intesa come partecipazione alla comunione tra Padre, Figlio e Spirito
Santo. In tal modo, abbiamo scoperto che abbiamo quasi tutto in comune: una sola fede, un solo Battesimo,
un solo Signore e Salvatore Gesù
Cristo. Siamo uniti in virtù del Battesimo, che ci ha incorporati
nell’unico Corpo di Cristo. Siamo
uniti grazie ai vari elementi comuni
delle nostre ricche tradizioni monastiche e pratiche liturgiche. Siamo
fratelli e sorelle in Cristo. Come è
stato più volte osservato, ciò che ci
unisce è molto più grande di ciò che
ci divide.
Sentiamo vere per noi le parole
dell’apostolo Paolo: «Se un membro
soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato,
tutte le membra gioiscono con lui»
(1 Cor 12, 26). Le sofferenze condivise hanno fatto sì che i cristiani, altrimenti divisi in molti aspetti, si avvicinassero maggiormente gli uni agli
altri. Nello stesso modo in cui lo
spargimento del sangue dei martiri è
diventato il seme di nuovi cristiani
nella Chiesa primitiva, oggi il sangue di così tanti martiri appartenenti
a tutte le Chiese diventa seme
dell’unità dei cristiani. I martiri e i
santi di tutte le tradizioni ecclesiali
sono già una cosa sola in Cristo; i
loro nomi sono scritti nell’unico
martyrologium della Chiesa di Dio.
L’ecumenismo dei martiri è un invito rivolto a noi qui e adesso a percorrere insieme il cammino verso
un’unità sempre più piena.
La vostra è stata una Chiesa di
martiri fin dal principio, e ancora
oggi siete testimoni di una violenza
devastante contro i cristiani e contro
le altre minoranze in Medio Oriente
e in alcune parti dell’Africa. Non
possiamo esimerci dal domandare,
ancora una volta, a coloro che
reggono le sorti politiche ed economiche del mondo, di promuovere
una coesistenza pacifica basata sul
rispetto reciproco e sulla riconcilia-
zione, sul mutuo perdono e sulla solidarietà.
Il vostro Paese sta compiendo
grandi sforzi per migliorare le condizioni di vita della popolazione e per
costruire una società sempre più giusta, basata sullo Stato di diritto e sul
rispetto del ruolo delle donne. Ricordo in particolare il problema della mancanza di acqua, con le sue
gravi ripercussioni sociali ed economiche. Vi è ampio spazio per la collaborazione tra le Chiese a favore
del bene comune e della salvaguardia del creato, e non dubito della disponibilità della Chiesa cattolica di
Etiopia a lavorare insieme alla Chiesa ortodossa Tewahedo che Vostra
Santità presiede.
Santità, cari fratelli, è mia fervida
speranza che da questo incontro
prenda avvio un nuovo tempo di
fraterna amicizia tra le nostre Chiese. Siamo consapevoli che la storia
ha lasciato un fardello di dolorosi
malintesi e di diffidenza, per il quale
chiediamo il perdono e la guarigione
di Dio. Preghiamo gli uni per gli altri, invocando la protezione dei martiri e dei santi su tutti i fedeli affidati alle nostre cure pastorali. Che lo
Spirito Santo continui a illuminarci
e a guidarci verso la concordia e la
pace, alimentando in noi la speranza
del giorno in cui, con l’aiuto di Dio,
saremo uniti intorno all’altare del
Sacrificio di Cristo, nella pienezza
della comunione eucaristica. Prego
Maria, Madre di Misericordia, per
ciascuno di voi, con parole tratte
dalla vostra bella e ricca tradizione
liturgica: “O Vergine, sorgente della
fonte della sapienza, irrigami col fiume del vangelo di Cristo, Figlio tuo,
e difendimi con la sua croce. Coprimi con la sua misericordia, cingimi
con la sua clemenza, rinvigoriscimi
con i suoi unguenti, circondami con
i suoi frutti. Amen”.
Santità, possa Dio Onnipotente
benedire abbondantemente il Suo
ministero al servizio dell’amato popolo della Chiesa ortodossa etiope
Tewahedo.
Nel saluto di Abuna Matthias
Insieme per dire no a violenze ed estremismi
Gratitudine «per la pronta risposta e la
cordiale espressione di solidarietà in
numerose occasioni, soprattutto durante il recente martirio dei cristiani etiopi
da parte di gruppi terroristici», è stata
espressa a Papa Francesco dal patriarca
della Chiesa ortodossa Tewahedo etiopica, Abuna Matthias I, in un saluto
pronunciato in lingua inglese durante
l’incontro in Vaticano. Dopo essersi
scambiato un fraterno abbraccio nella
sala del Tronetto del Palazzo apostolico, il Patriarca e il Pontefice si sono intrattenuti a colloquio nella Biblioteca
privata. Successivamente sono state fatte entrare le rispettive delegazioni —
quella cattolica era guidata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione
dell’unità dei cristiani — per lo scambio dei doni e dei discorsi. «Il sostegno della vostra Chiesa alle nostre comunità qui a Roma e alle altre nella
Diaspora — ha detto il Patriarca —
svolge un ruolo fondamentale nel mostrare l’impegno comune per la cura e
il sostegno dell’altro» resi nel nome
«del nostro Signore e Salvatore, Gesù
Cristo».
Dopo aver ringraziato il Papa «per
lo sforzo nel perseverare nella continuità del dialogo teologico internazionale congiunto tra la Chiesa cattolica e
le Chiese ortodosse orientali, con la
ferma speranza che questo dialogo si
tradurrà nella costruzione di una comprensione visibile tra le nostre Chiese»,
Matthias I ha ricordato le antichissime
radici della sua comunità, che ha «conservato la fede dei primi tre concili
ecumenici».
Infine, attualizzando la riflessione,
ha fatto notare come «oggi siamo di
fronte a diverse sfide in tutte le parti
del mondo», a causa di una recrudescenza «della violenza e dell’estremismo» che mettono in serio pericolo «la
vita umana e la stabilità ambientale. A
questo proposito sono essenziali — ha
aggiunto — i nostri sforzi congiunti, la
preghiera e la solidarietà». Da qui l’auspicio conclusivo che «i nostri inviti
comuni alla pace e alla giustizia» possano «essere influenti sia a livello locale sia internazionale per il bene della
dignità umana e la costruzione di un
mondo di pace».
All’Angelus il Papa chiede di sostenere i Paesi in prima linea nell’accoglienza ai profughi
Risposta corale
E saluta con speranza la cessazione delle ostilità in Siria
Occorre la collaborazione di tutte le
nazioni per sostenere i Paesi in prima
linea nell’accoglienza dei profughi: lo
ha ricordato Papa Francesco
domenica 28 febbraio all’Angelus in
piazza San Pietro, dopo una
riflessione sulla necessità di convertirsi
«per imboccare decisamente la strada
del Vangelo».
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Ogni giorno, purtroppo, le cronache riportano notizie brutte: omicidi, incidenti, catastrofi... Nel brano
evangelico di oggi, Gesù accenna a
due fatti tragici che a quel tempo
avevano suscitato molto scalpore:
una repressione cruenta compiuta
dai soldati romani all’interno del
tempio; e il crollo della torre di
Siloe, a Gerusalemme, che aveva
causato diciotto vittime (cfr. Lc 13,
1-5).
Gesù conosce la mentalità superstiziosa dei suoi ascoltatori e sa che
essi interpretano quel tipo di avvenimenti in modo sbagliato. Infatti
pensano che, se quegli uomini sono morti così crudelmente, è segno
che Dio li ha castigati per qualche
colpa grave che avevano commesso; come dire: “se lo meritavano”.
E invece il fatto di essere stati risparmiati dalla disgrazia equivaleva
a sentirsi “a posto”. Loro “se lo
meritavano”; io sono “a posto”.
Gesù rifiuta nettamente questa
visione, perché Dio non permette
le tragedie per punire le colpe, e
afferma che quelle povere vittime
non erano affatto peggiori degli altri. Piuttosto, Egli invita a ricavare
da questi fatti dolorosi un ammonimento che riguarda tutti, perché
tutti siamo peccatori; dice infatti a
coloro che lo avevano interpellato:
«Se non vi convertite, perirete tutti
allo stesso modo» (v. 3).
Anche oggi, di fronte a certe disgrazie e ad eventi luttuosi, può venirci la tentazione di “scaricare” la
responsabilità sulle vittime, o addirittura su Dio stesso. Ma il Vangelo ci invita a riflettere: che idea di
Dio ci siamo fatti? Siamo proprio
convinti che Dio sia così, o quella
non è piuttosto una nostra proiezione, un dio fatto “a nostra immagine e somiglianza”? Gesù, al contrario, ci chiama a cambiare il cuore, a fare una radicale inversione
nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il
male — e questo lo facciamo tutti, i
compromessi con il male — le ipocrisie — io credo che quasi tutti ne
abbiamo almeno un pezzetto di
ipocrisia —, per imboccare decisamente la strada del Vangelo. Ma
ecco di nuovo la tentazione di giustificarci: “Ma da che cosa dovremmo convertirci? Non siamo tutto
sommato brava gente?”. Quante
volte abbiamo pensato questo:
“Ma, tutto sommato io sono uno
bravo, sono una brava — non è così? — non siamo dei credenti, anche
abbastanza praticanti?”. E noi crediamo che così siamo giustificati.
Purtroppo, ciascuno di noi assomiglia molto a un albero che, per
anni, ha dato molteplici prove della sua sterilità. Ma, per nostra fortuna, Gesù è simile a quel contadino che, con una pazienza senza limiti, ottiene ancora una proroga
per il fico infecondo: «Lascialo ancora quest’anno — dice al padrone
— […] Vedremo se porterà frutto
per l’avvenire» (v. 9). Un “anno” di
grazia: il tempo del ministero di
Cristo, il tempo della Chiesa prima
del suo ritorno glorioso, il tempo
della nostra vita, scandito da un
certo numero di Quaresime, che ci
vengono offerte come occasioni di
ravvedimento e di salvezza, il tempo di un Anno Giubilare della Misericordia. L’invincibile pazienza di
Gesù! Avete pensato, voi, alla pazienza di Dio? Avete pensato anche alla sua irriducibile preoccupazione per i peccatori, come dovrebbero provocarci all’impazienza nei
confronti di noi stessi! Non è mai
troppo tardi per convertirsi, mai!
Fino all’ultimo momento: la pazienza di Dio che ci aspetta. Ricordate quella piccola storia di santa
Teresa di Gesù Bambino, quando
pregava per quell’uomo condannato a morte, un criminale, che non
voleva ricevere il conforto della
Chiesa, respingeva il sacerdote,
non voleva: voleva morire così. E
lei pregava, nel convento. E quan-
do quell’uomo era lì, proprio al
momento di essere ucciso, si rivolge al sacerdote, prende il Crocifisso
e lo bacia. La pazienza di Dio! E
fa lo stesso anche con noi, con tutti
noi! Quante volte — noi non lo
sappiamo, lo sapremo in Cielo —,
quante volte noi siamo lì, lì… [sul
punto di cadere] e il Signore ci salva: ci salva perché ha una grande
pazienza per noi. E questa è la sua
misericordia. Mai è tardi per convertirci, ma è urgente, è ora! Incominciamo oggi.
La Vergine Maria ci sostenga,
perché possiamo aprire il cuore alla
grazia di Dio, alla sua misericordia;
e ci aiuti a non giudicare mai gli
altri, ma a lasciarci provocare dalle
disgrazie quotidiane per fare un serio esame di coscienza e ravvederci.
Al termine della preghiera, dopo
l’appello per i profughi, il Papa ha
espresso speranza per gli spiragli di
pace in Siria e ha manifestato
vicinanza alle popolazioni delle isole
Fiji colpite in questi giorni da un
devastante ciclone.
Cari fratelli e sorelle,
la mia preghiera, e anche la vostra,
ha sempre presente il dramma dei
profughi che fuggono da guerre e
altre situazioni disumane. In particolare, la Grecia e gli altri Paesi
che sono in prima linea stanno prestando ad essi un generoso soccorso, che necessita della collaborazione di tutte le nazioni. Una risposta
corale può essere efficace e distribuire equamente i pesi. Per questo
occorre puntare con decisione e
senza riserve sui negoziati. In pari
tempo, ho accolto con speranza la
notizia circa la cessazione delle
ostilità in Siria, e invito tutti a pregare affinché questo spiraglio possa
dare sollievo alla popolazione sofferente, favorendo i necessari aiuti
umanitari, e apra la strada al dialogo e alla pace tanto desiderata.
Voglio inoltre assicurare la mia
vicinanza al popolo delle Isole Fiji,
duramente colpito da un devastante ciclone. Prego per le vittime e
per quanti sono impegnati nel prestare soccorso.
Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi pellegrini di Roma, dell’Italia
e di diversi Paesi.
Saluto i fedeli provenienti da
Danzica, gli indigeni del Biafra, gli
studenti di Zaragoza, Huelva, Córdoba e Zafra, i giovani di Formentera e i fedeli di Jaén.
Saluto i gruppi di polacchi residenti in Italia; i fedeli di Cascia,
Desenzano del Garda, Vicenza, Castiglione d’Adda e Rocca di Neto;
come pure i numerosi giovani della
Tendopoli di San Gabriele dell’Addolorata, guidati dai Padri Passionisti; i ragazzi degli Oratori di
Rho, Cornaredo e Pero, e quelli di
Buccinasco; e la Scuola delle Suore
Dimesse Figlie di Maria Immacolata di Padova.
Saluto il gruppo venuto in occasione della “Giornata per le malattie rare”, con una preghiera speciale e un incoraggiamento alle vostre
associazioni di mutuo aiuto.
A tutti auguro una buona domenica. Non dimenticatevi di pregare
per me. Buon pranzo e arrivederci!