Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLVI n. 49 (47.184) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 . Decine di migranti stremati forzano il confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia Bombe su Aleppo ma la tregua regge Disperazione e rabbia Possibilità di una svolta A Calais iniziato lo sgombero della “giungla” mentre si apre un corridoio umanitario con Roma ATENE, 29. La disperazione, il freddo e la fatica hanno spinto questa mattina decine di migranti ad abbattere la recinzione al confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia per entrare in territorio macedone. In circa trecento (prevalentemente iracheni e siriani) hanno cercato di forzare il valico per protestare contro il sovraffollamento e le tremende condizioni di vita del campo di Idomeni, poco distante dalla frontiera. I migranti sono riusciti a forzare il cordone della polizia greca, occupando i binari della ferrovia. Le forze dell’ordine macedoni sono subito intervenute facendo ricorso ai gas lacrimogeni. Almeno 30 persone, compresi un gran numero di bambini, sono rimaste ferite. I disordini dimostrano, ancora una volta, la drammaticità della situazione nei Balcani. Oltre settantamila tra migranti e rifugiati sono bloccati nella regione, la maggior parte in Grecia. In queste ore è proprio a Idomeni, città al confine tra Grecia ed ex Repubblica jugoslava di Macedonia, che si registrano le principali criticità. Nel campo migliaia di disperati sfidano il freddo e la fame con il solo obiettivo di arrivare in territorio macedone e di lì in Europa centrale. L’organizzazione Save the Children stima che nel campo si trovano almeno duemila bambini e — si legge in una nota — «non sono garantiti i servizi essenziali, la protezione, l’assicurazione dei beni di prima necessità, tra cui anche un’informazione adeguata». Bambini piccoli, anche di pochi mesi, «dormono per terra, chi è più fortunato sotto una tenda da campeggio, altrimenti su un cartone o avvolti in una coperta nel fango». E di notte, quando le temperature scendono drasticamente «si accendono fuochi dappertutto con ciò che si trova». La tragedia dei Balcani è alimentata anche dalle recenti scelte politiche di molti Governi europei, che hanno deciso di rispondere all’emergenza rafforzando i controlli e chiudendo le frontiere. Anche la ex Repubblica jugoslava di Macedonia ha In Iran Una nuova atmosfera ANTONIO ZANARDI LANDI A PAGINA 3 Rifugiati in fuga alla frontiera greco-macedone (Afp) deciso di seguire la linea adottata da numerosi Governi dell’area — in un vertice dei capi della polizia tenutosi il 18 febbraio scorso e da cui era stata esclusa la Grecia — di limitare a circa 580 il numero massimo giornaliero di migranti in ingresso sul proprio territorio. Le autorità di Skopje avevano autorizzato la scorsa notte il Due Oscar a «Il caso Spotlight» Non è un film anticattolico E EMILIO RANZATO LUCETTA SCARAFFIA A PAGINA 5 Davanti al dramma dei profughi «Una risposta corale può essere efficace e distribuire equamente i pesi», davanti al «dramma dei profughi che fuggono da guerre e altre situazioni disumane». È quanto auspicato da Papa Francesco al termine dell’Angelus di domenica 28 febbraio. Ai fedeli giunti numerosi in piazza San Pietro il Pontefice ha ricordato soprattutto gli sforzi della Grecia e degli altri Paesi «che sono in prima linea» nel prestare «un generoso soccorso», sottolineando come essi però necessitino «della collaborazione di tutte le nazioni. Domani il mensile y(7HA3J1*QSSKKM( +]!z!%!"!#! DAMASCO, 29. Regge la tregua in Siria anche se si segnalano alcune violazioni a quanto stabilito nell’accordo raggiunto nei giorni scorsi da Washington e da Mosca. È di questa mattina la notizia dell’uccisione di sette civili (quattro bambini e tre donne) in un bombardamento aereo nella provincia di Aleppo. Tuttavia l’accordo per la cessazione delle ostilità, dal quale sono esclusi gruppi come il cosiddetto Stato islamico (Is) e il Fronte Al Nusra, rappresenta per la maggioranza degli osservatori l’occasione per la ripresa dei colloqui interrotti a Ginevra alla fine di gennaio. Secondo l’Osservatorio nazionale dei diritti umani (voce dell’opposizione con sede a Londra), ci sono stati scontri tra le forze di Damasco e alcune fazioni armate nella regione di Guta Orientale, roccaforte dei ribelli moderati, dove si registrano anche bombardamenti di artiglieria pesante e lanci di razzi che hanno causato un numero im- All’Angelus il Papa chiede una risposta corale al bisogno di accoglienza e saluta con speranza lo spiraglio di pace aperto in Siria Donne che predicano Alle donne predicatrici, servitrici della parola, è dedicato il numero di marzo del mensile «donne chiesa mondo», in uscita domani in allegato all’edizione quotidiana. Una carrellata di figure, profetiche e carismatiche, che, con la loro personale autorità, in secoli agitati, hanno contribuito a evangelizzare passaggio dalla Grecia di circa 300 persone, per poi richiudere immediatamente la frontiera. E nelle stesse ore erano iniziati i lavori di costruzione di una nuova recinzione al confine con la Grecia, lungo la strada che porta al campo temporaneo di Vinojug, nei pressi di Gevgelija. Nei giorni scorsi l’Austria, l’Ungheria, la Bulgaria, la Croazia, la Slovenia, la Slovacchia, la Polonia e altri Paesi hanno deciso di bloccare o limitare gli accessi dei migranti e dei rifugiati. Una mossa che ha quindi creato serie difficoltà alle autorità greche. Sull’emergenza è intervenuta ieri il cancelliere tedesco, Angela Merkel, secondo cui i ventotto non hanno combattuto per tenere la Grecia nell’eurozona per poi abbandonarla allo sbaraglio. Merkel ha inoltre difeso la decisione di aprire le frontiere tedesche, malgrado le polemiche. Intanto, oggi è iniziato lo sgombero della cosiddetta “giungla” della città francese di Calais, l’immensa tendopoli che ospita oltre tremila migranti e rifugiati. Parigi ha assicurato un alloggio a tutti. Nel frattempo, sempre oggi, a Fiumicino sono arrivati 93 rifugiati siriani (molti sono donne e bambini da Homs) grazie a un corridoio umanitario garantito dal Governo italiano. Erano ospitati in un campo in Libano. Alcuni rimarranno a Roma, ospitati dalla comunità di sant’Egidio, altri andranno ad Aprilia, in provincia di Latina, sistemati dalla Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, così come quelli che andranno a Firenze. Altri tre gruppi sono in viaggio verso Trento, Reggio Emilia e Torino, dove troveranno sistemazione a cura delle parrocchie delle tre diocesi. un mondo ancora pagano e una Chiesa ostile e divisa. Ma anche una riflessione sul presente e sul futuro: perché le donne, che ormai guidano ritiri e danno conferenze in luoghi in cui gli uomini lo fanno da tempo, non possono predicare davanti a tutti durante una celebrazione? Per questo — ha ammonito — occorre puntare con decisione e senza riserve sui negoziati». Sempre con riferimento alle migrazioni di massa, il Papa ha confidato di aver «accolto con speranza la notizia» della «cessazione delle ostilità in Siria» e ha invitato a pregare «affinché questo spiraglio possa dare sollievo alla popolazione, favorendo i necessari aiuti umanitari, e apra la strada al dialogo e alla pace». Nel salutare poi i gruppi presenti alla preghiera, il Pontefice ha anche assicurato la propria «vicinanza al popolo delle Isole Fiji, duramente colpito da un devastante ciclone», elevando preghiere «per le vittime e per quanti sono impegnati nel prestare soccorso». E ha ricordato la giornata per le malattie rare — che si celebra il giorno dopo, lunedì 29 — con un incoraggiamento alle associazioni impegnate su questo fronte. Prima della preghiera mariana, commentando come di consueto le letture domenicali, Francesco aveva offerto una riflessione sulla necessità di convertirsi «per imboccare decisamente la strada del Vangelo». E aveva ricordato che «Dio non permette le tragedie per punire le colpe» ma piuttosto «invita a ricavare da questi fatti dolorosi un ammonimento che riguarda tutti, perché tutti siamo peccatori». Gesù, ha spiegato «ci chiama a cambiare il cuore, a fare una radicale inversione nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il male, le ipocrisie» e vincendo la tentazione dell’autogiustificazione che fa ritenere di essere «brava gente» e di non aver bisogno del perdono divino. Purtroppo, ha fatto notare il Papa, «ciascuno di noi assomiglia molto a un albero che, per anni, ha dato molteplici prove della sua sterilità. Ma, per nostra fortuna, Gesù è simile a quel contadino che, con una pazienza senza limiti, ottiene ancora una proroga per il fico infecondo». Ecco allora un elogio dell’«invincibile pazienza» di Cristo, con l’esortazione a riflettere sulla pazienza di Dio e sulla sua continua preoccupazione per i peccatori. Infatti, ha concluso Francesco, «non è mai troppo tardi per convertirsi, mai! Fino all’ultimo momento: la pazienza di Dio che ci aspetta. Quante volte — noi non lo sappiamo, lo sapremo in cielo —, quante volte il Signore ci salva: perché ha una grande pazienza. E questa è la sua misericordia». PAGINA 8 Con il patriarca ortodosso etiopico precisato di feriti. Anche i civili sarebbero stati coinvolti. Ieri ad Aleppo colpi di artiglieria esplosi dai ribelli hanno raggiunto zone controllate dai governativi come Al Azizia e la parte nuova della città. E sempre ieri bombe hanno raggiunto l’area dell’università di Al Hadi, a ovest di Aleppo, causando sette morti, 3 donne e quattro minorenni. E diverse zone del Paese sono state bombardate tra l’alba e le prime ore di questa mattina. Intanto, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, e il segretario di Stato americano, John Kerry, hanno avuto ieri uno «scambio di opinioni» — come recita una nota del Cremlino — sulla tenuta della tregua e sulla situazione militare in Siria. I due hanno ribadito «l’importanza di uno stretto coordinamento militare» tra Russia e Stati Uniti «in qualità di co-presidenti del Gruppo internazionale di sostegno alla Siria». Secondo la nota, Lavrov e Kerry hanno definito «inammissibile» la diffusione sulla stampa di informazioni «provocatorie e non confermate» circa presunte violazioni della tregua. Peggiorano, nel frattempo, le condizioni della popolazione siriana in attesa degli aiuti. Secondo l’Onu, sono circa 150.000 le persone che vivono in località assediate e che dovrebbero essere raggiunte dagli aiuti nei prossimi cinque giorni grazie alla tregua in vigore. Le prime consegne — riferisce la Bbc — sono previste per oggi. La macchina degli aiuti dovrebbe far arrivare cibo, acqua e medicine a circa 1,7 milioni di persone entro la fine di marzo. Il coordinatore umanitario dell’Onu per la Siria, Yacoub El Hillo, ha definito la tregua entrata in vigore sabato «la migliore opportunità che il Paese ha avuto negli ultimi 5 anni per raggiungere stabilità». L’Onu vorrebbe usare la tregua per aiutare soprattutto città come Madaya, i cui residenti stanno morendo di fame. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Monsignor Roberto Octavio González Nieves, Arcivescovo di San Juan de Puerto Rico (Porto Rico), Presidente della Conferenza Episcopale di Porto Rico, con le Loro Eccellenze i Monsignori Álvaro Corrada del Río, Vescovo di Mayagüez, Vicepresidente, ed Eusebio Ramos Morales, Vescovo di Fajardo-Humacao, Segretario Generale. Ecumenismo dei martiri Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Eminentissimo Cardinale Theodore Edgar McCarrick, Arcivescovo emerito di Washington (Stati Uniti d’America). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Monsignor Paul Tighe, Vescovo titolare di Drivasto, Segretario Aggiunto del Pontificio Consiglio della Cultura, con i Familiari. PAGINA 8 Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Eminentissimo Cardinale George Pell, Prefetto della Segreteria per l’Economia. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 Il treno regionale deragliato in Piemonte per una frana (Ansa) Nelle elezioni legislative i partiti di Governo perdono la maggioranza Il no degli irlandesi all’austerità DUBLINO, 29. Shock elettorale in Irlanda. Il premier uscente, Enda Kenny, alla guida del Paese dal 2011, ha riconosciuto oggi la sconfitta alle elezioni politiche. Un duro colpo al suo Esecutivo fondato sull’alleanza tra il Fine Gael, la formazione di Kenny, e il Labour. «Chiaramente il Governo non è destinato a tornare alla guida del Paese e dobbiamo aspettare fino alla fine della conta dei voti per vedere quali saranno le opzioni da prendere in considerazione» ha dichiarato Kenny. Nonostante la ripresa economica degli ultimi anni, gli irlandesi sembrano quindi voler voltare pagina. Tuttavia, con un Parlamento senza una maggioranza assoluta, si prefigura il rischio di ingovernabilità, anche se, per la prima volta nella storia Operazioni di conteggio dei voti a Dublino (Ap) irlandese, non si esclude la possibilità di una coalizione tra i due rivali storici del Fine Gael e Fianna Gail. Stando ai risultati, il Fine Gael ha ottenuto il 24,8 per cento dei voti (molto meno rispetto ai sondaggi pre-elettorali e oltre dieci punti in meno rispetto alle elezioni del 2011), mentre il Fianna Gail, il 21,1. Una brusca frenata la registra anche l’altro partito di Governo, il Labour, con meno del dieci per cento delle preferenze, mentre il Sinn Féin di Jerry Adams ha guadagnato il 16 per cento dei voti, raddoppiando i propri deputati in Parlamento. Secondo gli analisti, dunque, il Fine Gael non dovrebbe raggiungere i 50 seggi sui 158 totali. I laburisti si fermerebbero a meno di dieci. Troppo pochi, visto che per aver margini adeguati di governabilità ne servono almeno 79. Del tutto inedito, come detto, sarebbe invece un eventuale accordo tra il Fine Gael e il Fianna Gail, che supera i 40 seggi in Parlamento. I due partiti non hanno mai condiviso il potere, ma oggi non escludono di avviare dei colloqui. Un segnale, tuttavia, sembra chiaro con questo voto: la popolazione ha detto un radicale no all’austerità e chiede riforme. Morte sei persone Emergenza maltempo in Italia Prevedeva l’espulsione per reati Secondo gli investigatori era in contatto con la mente degli attentati del 13 novembre Scontro sulle politiche agricole La Svizzera boccia la proposta anti-stranieri Arrestato terrorista algerino per legami con le stragi di Parigi Crisi rientrata per il Governo danese BERNA, 29. Con quasi il 59 per cento di voti contrari, gli svizzeri hanno bocciato in un referendum la proposta di legge che prevedeva l’espulsione automatica degli stranieri che commettono reati. Il risultato giunge al termine di una campagna estremamente accesa che ha visto una vasta mobilitazione delle forze politiche e della società civile. La proposta — avanzata dall’Unione democratica di centro — è passata solo in sei cantoni su 26, tra i quali il Ticino. Il testo chiedeva l’applicazione più rigida di una precedente iniziativa approvata alla fine del 2010 dalla maggioranza degli svizzeri. Rispetto al testo del 2010, la nuova iniziativa stabiliva una lista dei reati in base ai quali un cittadino straniero, anche se nato in Svizzera, poteva essere automaticamente espulso a prescindere dall’entità della pena che era stata inflitta. Calma carica di tensione a Pristina PRISTINA, 29. Torna la calma in Kosovo, all’indomani dei violenti scontri tra polizia e manifestanti dell’opposizione che hanno segnato l’elezione, due giorni fa, di Hashim Thaçi a nuovo presidente. Una calma che tuttavia lascia invariata la profonda spaccatura politica e sociale del Paese in preda — dicono gli osservatori — a una profonda crisi che ostacola e rallenta il suo cammino verso l’integrazione europea. È stata smantellata nelle ultime ore la tendopoli allestita davanti alle sedi di Governo e Parlamento dagli oppositori intenzionati a manifestare a oltranza fino alle dimissioni dell’Esecutivo e alle elezioni anticipate. Ieri i sostenitori di Thaçi hanno festeggiato per strada fino a tarda ora e non si sono registrati scontri con i militanti dell’opposizione. Due giorni fa invece le violenze avevano causato 25 feriti (24 poliziotti e un reporter televisivo) e cinque arresti. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va ALGERI, 29. Un algerino residente in Belgio, sospettato di aver avuto legami con gli attacchi terroristici a Parigi commessi lo scorso 13 novembre, è stato fermato con un provvedimento di custodia cautelare la scorsa settimana a Akbou, 75 chilometri a ovest di Bejaia. Lo ha riferito ieri l’agenzia algerina Aps citando un comunicato della procura della Repubblica presso il Tribunale di Bejaia. Secondo il quotidiano «Le Soir d’Algerie», si tratterebbe di Zouhir Mehdaoui, 29 anni, che ha lasciato l’Algeria nel 2012 per andare in Turchia e poi passare in Grecia prima di stabilirsi nei pressi di Bruxelles, dove ha sposato una cittadina belga. La decisione di arrestarlo è stata presa dopo indagini su un suo possibile coinvolgimento nel terrorismo e la sua eventuale appartenenza a un gruppo terroristico attivo all’estero. Dalle indagini è emerso che l’uomo avrebbe avuto stretti legami con Abdelhamid Abaaoud, presunta mente degli attentati di Parigi. Sempre secondo il quotidiano, Mehdaoui sarebbe l’uomo che appare in un video a fianco di Abaaoud mentre trascinano con un fuoristrada i corpi di alcune vittime dei combattimenti in Siria. Immagini contenute nel telefonino dello jihadista morto in un blitz effettuato all’alba dalle forze di sicurezza a Saint-Denis, cinque giorni dopo le stragi, il 18 novembre 2015. Come si ricorderà, si trattò di un un attacco di terroristi senza precedenti in Francia a meno di un anno dalla strage di Charlie Hebdo: un commando di attentatori suicidi colpì sei volte in 33 minuti nel centro della città, sparando all’impazzata sulla folla, in strada e nei locali, soprattutto fra giovani che stavano trascorrendo il venerdì sera fuori casa. Le vittime innocenti furono 129 e oltre 300 i feriti nella notte più buia che Parigi ricordi. Fiori in memoria delle vittime degli attentati di Parigi del 13 novembre (Ansa) Apple contro Obama non si piega all’Fbi WASHINGTON, 29. Sale la tensione fra l’Amministrazione statunitense e il colosso Apple. «Con tutto il dovuto rispetto, ritengo ci siano carenze di leadership alla Casa Bianca sul tema della privacy in internet» ha detto l’amministratore delegato dell’azienda di Cupertino, Tim Cook, incontrando ieri i vertici della sicurezza nazionale sul braccio di ferro in corso con l’Fbi per lo sblocco dell’iPhone del killer di San Bernardino. Una disputa che ha visto anche la discesa in campo degli altri colossi GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va COPENAGHEN, 29. Crisi di Governo in Danimarca. Il ministro danese dell’Ambiente e dell’Alimentazione, Eva Kjer Hansen, ha lasciato ieri il suo incarico per “salvare” le sorti dell’Esecutivo. Hansen era stata accusata dal Partito conservatore di aver nascosto al Parlamento gli effetti negativi delle politiche agricole decise dal Governo. «Non voglio costituire un ostacolo» ha detto il ministro annunciando le sue dimissioni. Il Partito conservatore è la formazione di centrodestra ai cui voti — insieme a quelli del Partito del popolo e dell’Alleanza liberale — deve far ricorso il ministro di Stato Lars Løkke Rasmussen, capo dell’Esecutivo. In effetti il Governo, costituitosi lo scorso giugno, controlla direttamente appena 34 seggi sui 179 che compongono il Parlamento. È quindi costretto alle alleanze strategiche. E con lo scoppio del caso Hansen, i conservatori avevano minacciato di togliere l’appoggio esterno. Rasmussen aveva detto di preferire il ricorso alle urne piuttosto che far cadere uno dei suoi ministri. Dopo le dichiarazioni della Hansen il leader conservatore Søren Pape Poulsen ha cancellato una conferenza stampa che aveva in programma per oggi e rinnovato il suo sostegno al Governo. L’Ue rende omaggio a Nemtsov MOSCA, 29. I rappresentanti dei Paesi dell’Unione europea hanno deposto fiori sul ponte vicino al Cremlino dove, un anno fa, venne ucciso a colpi di pistola il leader dell’opposizione Boris Nemtsov. Gli ambasciatori dei 28 Paesi membri dell’Ue si sono recati ieri, all’indomani della grande marcia di commemorazione, sul luogo dell’attentato. «È importante rendere omaggio a un uomo che non aveva paura di dire quello che voleva dire», ha commentato l’ambasciatore francese, Jean-Maurice Ripert. Sabato oltre 10.000 persone avevano sfilato per le strade di Mosca per ricordare l’ex premier Boris Nemtsov. La manifestazione era stata accompagnata da iniziative simili in altre città. Attesa per il Super Tuesday Clinton trionfa nelle primarie in South Carolina della Silicon Valley a sostegno di Apple: Google, Facebook, Twitter e Amazon (ma non la Microsoft di Bill Gates) si sono schierate con Cupertino nella sua battaglia per difendere la segretezza dell’iPhone, ormai simbolo della lotta per la difesa dei dati personali. La giustizia americana ha infatti chiesto ad Apple di realizzare un nuovo software ad hoc per sbloccare l’apparecchio del killer. Una misura che, se Apple dovesse accettare, rappresenterebbe, secondo Cook, «un pericoloso precedente». Servizio vaticano: [email protected] schiacciato da un albero di grandi dimensioni che si è abbattutto sulla sua automobile a causa del vento. Altre due vittime nella provincia di Caserta, mentre un'altra la si è registrata nei pressi di Macerata. Nei pressi di Villafranca, in provincia di Verona, un uomo di 50 anni è annegato dopo essere scivolato nelle acque del fiume Tione La sesta vittima è una donna di Novara, travolta oggi da una lastra di ghiaccio che si è staccata dal tetto. E sempre in Calabria, un albero, abbattuto dal forte vento, è finito ieri su un bambino di otto anni provocandogli un grave trauma cranico e varie fratture. L'allerta è alta in tutta la penisola. Un treno regionale è deragliato in Piemonte per una frana provocata dalle forti piogge. Emergenza anche nel Modenese e nel Parmense: le scuole sono state chiuse e il fiume Secchia è in piena. La situazione è particolarmente critica in Veneto, soprattutto a Venezia a causa dell’alta marea. ROMA, 29. È salito a sei morti il bilancio del maltempo che ieri e oggi ha colpito l'Italia, ma soprattutto il centro sud, con piogge a tratti torrenziali e vento forte, che hanno abbattuto alberi e fatto esondare torrenti. Diversi i feriti. Molti gli interventi di soccorso. Innumerevoli i disagi e gli incidenti. Un agricoltore è morto nella provincia di Reggio Calabria, ieri, WASHINGTON, 29. Hillary Clinton vince le primarie in Carolina del Sud con il 73,5 per cento delle preferenze contro il 26 del senatore del Vermont Bernie Sanders. «Da domani questa campagna diventa nazionale» ha detto l’ex first lady. Una vittoria prevista, ma il cui margine di distanza tra i due candidati alla nomination ha sorpreso un po’ tutti gli analisti. «Oggi è stato inviato un messaggio» ha dichiarato Clinton parlando con i suoi sostenitori subito dopo l’annuncio dei risultati. «In America, quando ci tro- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale viamo insieme, non vi è alcun ostacolo troppo grande da superare». E ora tutti gli occhi sono puntati sui 13 Stati dove domani si vota. È il Super Tuesday, tradizionale appuntamento dell’anno elettorale statunitense dal quale emergono sempre indicazioni chiave per capire quali saranno i principali candidati alle nomination in entrambi i campi, democratico e repubblicano. Si vota inoltre in Stati molto importanti, in base al sistema americano: il Texas (dove Clinton è data al 53,7 per cento, e il repubblicano Ted Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 Cruz al 32), la Georgia (Clinton al 63, Trump al 35), il Massachusetts (Sanders al 47,5, Trump al 41), la Virginia (Clinton al 54, Trump al 28), il Minnesota (Clinton al 54, Trump al 20). Sarà poi la volta (5 e 8 marzo) di altre due tornate elettorali per diversi altri Stati. Il 15 marzo invece si voterà in Florida (246 delegati) e in Illinois (182), due Stati chiave per i democratici. Nel complesso, sono 865 i delegati democratici e 661 quelli repubblicani che i vari candidati devono conquistare, Stato per Stato. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 pagina 3 Donne iraniane mostrano il dito macchiato d’inchiostro dopo aver votato a Teheran (Ansa) Resta ancora caotica la situazione politica libica Si tratta a Tobruk sulla fiducia al Governo Dopo i primi risultati nelle elezioni legislative Avanzano i riformisti in Iran TEHERAN, 29. I riformisti avanzano in tutto l’Iran, soprattutto nelle città, ma i conservatori sono tutt’altro che spariti. Anzi, secondo gli ultimi dati fatti filtrare dai media locali, il blocco dei conservatori sarebbe avanti nelle aree rurali. Al di là comunque di chi alla fine riuscirà ad avere la maggioranza numerica nel nuovo Parlamento, il voto di venerdì segna un innegabile successo politico per le aperture del presidente Hassan Rohani al quale si sono ispirate le liste riformiste. I riformisti-moderati hanno conquistato, in un successo clamoroso, 30 seggi parlamentari su 30 nel collegio elettorale di Teheran e sono avanzati ovunque nel primo test popolare dopo lo storico accordo con il gruppo cinque più uno (i Paesi membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite: Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Una nuova atmosfera di ANTONIO ZANARDI LANDI «Con il vostro voto avete creato una nuova atmosfera. Mi alzo in piedi davanti a voi» ha modernamente twittato il presidente Rohani all’annuncio degli ancora parziali risultati elettorali usciti dal voto di venerdì. Non è ancora possibile prevedere la reale composizione del nuovo Majlis, il Parlamento iraniano, in quanto a quello che appare come un clamoroso successo a Teheran della formazione dei riformisti e dei conservatori moderati, che si sono guadagnati 30 seggi su 30, fa riscontro una tenuta solida dei radicali nelle campagne e nei paesi. Un buon numero di seggi (tra 60 e 30) su 290 devono ancora essere assegnati mediante un ballottaggio che si terrà tra quindici giorni e non è chiaro come si collocheranno i circa sessanta indipendenti eletti. I giochi sono dunque ancora aperti e il mondo dovrà attendere qualche settimana prima di conoscere quelli che saranno i veri equilibri usciti dalla consultazione elettorale. Eppure la «nuova atmosfera» c’è e si percepisce con chiarezza, complice forse una primavera anticipata che accarezza l’Iran e che ha già fatto germogliare il frumento e ricoperto di un tenero verde l’altopiano. Sembra che il Paese sia già tutto in attesa del Now Rouz, il capodanno iraniano che coincide con la fine dell’inverno, e che dal nuovo anno ci si attenda qualcosa di importante e di positivo. Una nuova atmosfera che si percepisce soprattutto da sorrisi e da una maggiore serenità rispetto al passato. A Teheran si sente in qualche locale, in qualche angolo, della musica. Della musica vera e propria che sembrava essere stata cancellata per sempre dal rigore rivoluzionario. Molti i chador per le donne mature e i maknè per le ragazze, ma con gli abbigliamenti più tradizionali coesistono senza imbarazzo tenute più “leggere” e elegantemente moderne. Perfino i pasdaran in servizio all’aeroporto sembrano meno arcigni e quasi accoglienti nei confronti dello straniero occidentale. I grandi alberghi sono affollati di uomini d’affari e di delegazioni commerciali che si affacciano su territori prima preclusi e che non vogliono mancare le opportunità che si spera possano venire dalla fine delle sanzioni, che pur prenderà molto tempo per essere completa. Non si percepisce più quell’ostracismo dato alla cultura occidentale che aveva reso così difficile e arduo il dialogo negli anni passati. Ora Teheran ha un museo d’arte contemporanea che farebbe invidia a molte capitali europee, dove sono esposte opere di tanti grandi artisti iraniani e occidentali (Rothko, Twombly, Warhol) e persino un Bacon di straordinaria potenza comunicativa. Le proposte di iniziative culturali che sono venute numerose, in particolare da parte tedesca e italiana, sembrano essere ben accolte e condivise. Insomma, questa «nuova atmosfera» twittata dal Presidente Rohani sembra dar ragione a chi, da parte occidentale, ha con tanta pazienza e coraggio lavorato per l’accordo sul nucleare, che ha richiesto una buona dose di coraggio e di fiducia da ambo le parti. Anche gli analisti americani più noti e autorevoli, come Ian Bremmer, presidente del centro di analisi Eurasia, riconosce apertamente che decenni di sanzioni hanno nei fatti rafforzato il regime e che dunque benvenuta è la loro, pur graduale e condizionata, abrogazione. Certo, sul piano interno, gli ostacoli che si presentano all’inedita coalizione tra riformisti e conservatori moderati (una sorta di sostegno incrociato che ha consentito di superare le massicce esclusioni di candidati riformisti da parte del Consiglio dei Guardiani), sono molti e forti, ma è anche vero che i cambiamenti, oltre che le rivoluzioni, vengono sempre dalle grandi città e le città iraniane sembrano aver dato un segnale chiaro di volontà di normalizzazione e di progresso. La ripresa del cammino verso un’interazione positiva con la Repubblica islamica è e sarà lenta e richiederà molta pazienza e buona volontà, ma oggi sembra essere un passaggio obbligato per la ricerca di nuovi equilibri nella regione che si estende dall’Afghanistan al Mediterraneo ed è chiaro che l’Iran è rimasto, a seguito dei disastri degli ultimi tredici anni, un interlocutore difficile, ma solido, in un’area in cui Paesi cruciali si stanno avvitando in vere e proprie guerre civili e assistono impotenti all’avanzata del cosiddetto Stato islamico (Is). L’ottimismo della volontà, che dobbiamo custodire come un “bene rifugio” preziosissimo, ci deve far sperare che il ritorno dell’Iran a un approccio costruttivo e moderno ci aiuti a evitare la “tragedia perfetta” di cui purtroppo intravvediamo segnali premonitori: il ritorno della spaccatura violenta e insanabile del mondo islamico tra sciiti e sunniti, con un’Europa ancor debole trascinata a prender parte a un gioco che ci è difficile capire sino in fondo. Un gioco complesso in cui interessi ben precisi si mescolano a fattori irrazionali e nichilisti che presenta il rischio concreto che la «guerra mondiale a pezzi» evocata da Papa Francesco, visitato dal presidente Rohani nel suo primo viaggio dopo l’accordo sul nucleare, diventi meno a pezzi e realmente continentale. Cina; più la Germania) sul programma nucleare iraniano e la fine delle sanzioni. Il presidente Rohani con un messaggio su Twitter ha salutato la «nuova atmosfera» determinata dal voto degli iraniani. E anche l’ayatollah Akbar Hashemi Rafsanjani ha affidato alla stessa rete sociale il suo messaggio: «Nessuno può resistere alla volontà della maggioranza del popolo», ha sentenziato con la forza di chi ha conquistato, sempre nel collegio di Teheran, 15 seggi su 16 per l’Assemblea degli Esperti. I moderati hanno ottenuto la maggioranza dei seggi nell’Assemblea degli Esperti secondo i dati del ministero dell’Interno iraniano. Sia il presidente Hassan Rohani che l’ex presidente Akbar Hashemi Rafsanjani sono risultati eletti insieme con altri 52 alleati nell’assemblea che conta 88 seggi. Il silenzio ha invece prevalso per ora nel campo dei conservatori, che rischiano di perdere il controllo sia del Parlamento che dell’Assemblea degli Esperti. A ogni modo, anche se il segnale di Teheran è molto forte, nelle altre zone del Paese i conservatori, contrari alle aperture all’Occidente, arretrano ma certo non scompaiono. Secondo la «Press Tv», anzi, sarebbero addirittura avanti nelle campagne e nelle aree rurali. E in base ai meccanismi elettorali iraniani ciò potrebbe anche portare la lista dei conservatori in vantaggio nel nuovo Majlis: infatti le otto principali città, dove vive la metà della popolazione del Paese, hanno solo 57 seggi sui 290 del Parlamento. Insomma, in base agli analisti internazionali, dai risultati finali del voto, dopo il ballottaggio previsto per fine aprile, potrebbe emergere un Parlamento dove la maggioranza si giocherà sul filo del rasoio. Venerdì scorso, oltre 33 milioni di iraniani, il 60 per cento del potenziale elettorato, si sono recati alle urne. Molti dei candidati per i 290 posti sono stati eletti, ma in alcuni collegi nessuno ha raggiunto la quota minima del 25 per cento dei voti e si dovrà dunque andare al secondo turno. Non è ancora chiaro infine il numero di donne elette nel nuovo Majlis. Circa 500 erano le candidate in corsa, su 5000 aspiranti deputati. In un primo momento si era parlato di tredici, ma la cifra — sempre secondo conteggi parziali — sarebbe salita a una ventina, un numero record, anche se piccolo, nella storia del Parlamento iraniano. Offensiva pakistana nel Nord Waziristan ISLAMABAD, 29. Ancora combattimenti in Pakistan. Almeno 34 militanti islamisti e cinque soldati sono morti nel fine settimana in tre incidenti separati nel distretto tribale del Nord Waziristan, nel Pakistan nord occidentale. Lo ha riferito l’ufficio stampa dell’esercito. L’episodio più grave è avvenuto nella valle di Shawal, dove in uno scontro armato l’esercito ha ucciso 19 ribelli. Nella battaglia hanno perso la vita anche quattro militari. Le forze di sicurezza — dicono le ricostruzioni — avevano intercettato un gruppo di militanti che stavano per scappare attraverso il confine con l’Afghanistan. In precedenza, invece, un convoglio militare nella zona di Data Khel è stato colpito da un ordigno artigianale che è esploso causando la morte di un soldato e il ferimento di alcuni altri commilitoni. In seguito, per rappresaglia — afferma l’esercito pakistano citato dalle agenzie — l’aviazione militare ha bombardato alcune basi dei ribelli islamisti nella stessa area uccidendone 15. Dal giugno del 2014 l’esercito è impegnato in una vasta offensiva contro i talebani e la rete degli Haqqani nel remoto distretto del Nord Waziristan, confinante con l’Afghanistan, in cui sono stati uccisi non meno di 3000 insorti. TRIPOLI, 29. Resta caotica la situazione in Libia. Si continua a combattere a Bengasi, dove il generale Khalifa Haftar ha intimato ai miliziani islamisti di arrendersi, e a Sabrata, dove sarebbe stato arrestato il numero due del cosiddetto Stato islamico (Is). Questo mentre aerei sconosciuti hanno bombardato un convoglio nei pressi di Sirte, roccaforte dei miliziani dell’Is. E, intanto, la parlamentare libica Hana Boudib ha espresso scetticismo sul fatto che oggi il Parlamento libico di Tobruk possa votare la fiducia al Governo del premier incaricato Fayez Al Sarraj, come programmato la scorsa settimana dopo il fallimento della votazione di mercoledì 24 febbraio. Hana Boudib ha spiegato che «alcuni deputati stanno ancora lavorando per ottenere assicurazioni circa il fatto che la votazione si tenga in modo democratico e non credo che si terrà prima che siano arrivate queste assicurazioni». Ieri sono circolate voci circa un accordo tra Al Sarraj, il presidente del Parlamento di Tobruk, Aguila Saleh, e l’inviato speciale dell’O nu per la Libia, Martin Kobler, per insistere sull’attuale lista del Governo. Ancora non è chiaro neanche se la seduta per il voto si terrà a Tobruk, nell’est del Paese, o ad Al Jafra, nel profondo sud. Il caos che ha portato al rinvio della votazione nella seduta precedente ha spinto diversi deputati a proporre una sede diversa per la votazione, dove i deputati possono esprimersi senza le pressioni e le minacce di chi è contrario all’Esecutivo guidato dal premier incaricato Fayez Al Sarraj. Dopo oltre due mesi di estenuanti trattative, un gruppo di 102 parlamentari ha firmato una dichiarazione di sostegno al nuovo Governo, garantendo virtualmente la fiducia ai 13 ministri e ai cinque segretari di Stato scelti nei negoziati di Skhirat, in Marocco, sotto gli auspici dell’O nu. E intanto, il ministro degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha dichiarato: «In Libia sosteniamo la soluzione di un Governo di accordo nazionale, la sosteniamo da tempo, ci sono credo delle buone notizie che riguardano il fatto che la maggioranza dei parlamentari di Tobruk ha sottoscritto un documento di appoggio al nuovo Governo ma ancora non c’è un accordo formale, stiamo continuando a lavorarci» Somalia ancora segnata dalle violenze MO GADISCIO, 29. Trenta morti, tutti civili, e 61 feriti, di cui 15 gravi. Questo il bilancio di un duplice attentato avvenuto oggi a Baidoa, nel sud-est della Somalia, rivendicato dal militanti di Al Shabaab — organizzazione legata sia ai terroristi di Al Qaeda che ai miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is) — secondo quanto informa il governatore della provincia di Bay, Abdurashid Abdulahi. Una prima autobomba è esplosa in un ristorante di un quartiere molto frequentato di Baidoa, seconda città più popolosa della Somalia. Successivamente, nelle immediate vicinanze, un attentatore suicida si è fatto esplodere in un altro ristorante, in mezzo alle persone fuggite dal precedente attentato. In un comunicato il movimento ribelle ha affermato che «sono stati portati a termine con successo due grandi attentati», sottolineando poi che «nel ristorante si trovavano membri dell’amministrazione, soldati e ufficiali». Missione di osservatori ed esperti militari L’Unione africana per la stabilità del Burundi Scontri tra esercito afghano e talebani KABUL, 29. Almeno 28 talebani sono stati uccisi ieri in violenti scontri e bombardamenti dell’esercito nel nord e nel nord-ovest dell’Afghanistan. Lo ha riferito l’agenzia di stampa afghana Pajhwok. L’aviazione e le forze di terra sono entrate in azione nella località di Dand-i-Ghori, nella provincia settentrionale di Baghlan, uccidendo 22 insorti. Diversi altri sono stati feriti nei raid. In un altro incidente, sei talebani, tra cui il comandante locale Noorul Haq, sono stato uccisi dall’artiglieria nella provincia nord occidentale di Faryab. I ribelli sono stati colpiti da un colpo di mortaio sparato dai militari nell’area di Khwaja Musa. Gli analisti riferiscono che Noorul Haq si era autoproclamato responsabile del distretto di Pashtoonkot. Di recente il capo talebano aveva minacciato di dare alle fiamme autobotti di benzina e di tagliare le linee elet- triche se il Governo di Kabul non avesse permesso il passaggio del carburante nel territorio controllato dai militanti islamisti. E almeno sette militanti del cosiddetto Stato islamico (Is), fra cui due comandanti, sono morti sempre ieri sera durante un raid di droni statunitensi nella provincia orientale afghana di Nangarhar. Lo ha riferito oggi il portale di notizie Khaama News. Secondo fonti della sicurezza locale i velivoli senza pilota operati dalla Cia sono entrati in azione nelle aree di Manand Dara e Pekha del distretto di Achin. Da parte sua il capo della polizia provinciale, Hazrat Hussain Mashriqwal, citato dalle agenzie internazionali, ha precisato che «due importanti comandanti» dell’organizzazione di Abu Bakr Al Baghdadi sono fra le vittime insieme anche a combattenti stranieri. Il presidente sudafricano Zuma capo della delegazione dell’Ua (Reuters) BUJUMBURA, 29. L’Unione africana ha annunciato ieri l’invio di 200 osservatori in Burundi (100 esperti militari e 100 osservatori dell’area dei diritti umani) per seguire l’evolversi della situazione nel Paese dei Grandi Laghi, e soprattutto agevolare il dialogo di pace tra Governo e opposizione. Il presidente sudafricano, Jacob Zuma, capo della delegazione dell’Ua in Burundi ha manifestato la preoccupazione riguardo alla «violenza, alle perdite di vite umane e all’instabilità» nel Paese. La delegazione — composta dai presidenti mauritano, senegalese, gabonese e dal primo ministro etiope — si è recata a Bujumbura per due giorni nel tentativo di sbloccare la crisi istituzionale e politica scattata in seguito alla decisione del presidente di ricandidarsi per un nuovo mandato. A tal proposito il capo di Stato ugandese, Yoweri Museveni, mediatore dell’Ua per questa crisi, ha detto che «organizzerà un dialogo inclusivo, al quale parteciperanno tutti i più importanti attori». La delegazione ha incontrato inoltre il presidente del Burundi, Pierre Nkurunziza, due leader di partiti dell’opposizione che non sono fuggiti dal Paese, membri delle organizzazioni della società civile e le autorità religiose. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 Occorre superare il divario fra l’annuncio evangelico e la concezione della fisicità come causa di peccato Perché estraneo alla tradizione biblica Caravaggio «Estasi di san Francesco» (1594-1595, Wadsworth Atheneum, Hartford) La teologia dei sensi di José Tolentino Mendonça Corpo e anima di ANTONELLA LUMINI oiché l’evento dell’incarnazione è il fulcro del cristianesimo, anche a livello teologico si pone ormai da tempo la necessità di un ribaltamento di prospettiva rispetto al corpo e alla realtà sensibile. Fin dai primi secoli si è generato un divario fra l’annuncio evangelico e la concezione del corpo come causa di peccato elaborata dal cristianesimo. C’è da dire che negli ultimi decenni il mondo occidentale è approdato all’estremo opposto giungendo al paradosso di idolatrare il corpo come oggetto esteriore. È urgente invece collocarlo al suo posto smarcandolo da quel giogo improprio al quale è stato lungamente sottoposto, ma anche riportandone al centro la sacralità di realtà vivente abitata dallo Spirito. È quanto propone José Tolentino Mendonça, sacerdote e poeta portoghese, con il suo libro Mistica dell’istante. Tempo e promessa (Milano, Vita e pensiero, 2015, pagine 171, euro 15). Non c’è separazione fra anima e corpo. Questa visione è estranea alla tradizione biblica in P Giorgio de Chirico, «L’enigma dell’oracolo» (1910) che si apre, verso l’incontro con Dio». Il riferimento è a Thomas Merton, Michel de Certeau, e in particolare a Raimon Panikkar secondo cui «la mistica non è altro che l’esperienza integrale della vita». Non riguarda quindi pochi eletti, ma chiunque si apra a un’esperienza libera e personale di Dio e del suo Spirito attraverso un’adesione totale, senza più scarti, all’attimo presente: «Il nodo mistico La mistica non riguarda pochi eletti in cui la storia divina e quella umana si intersecama chiunque si apra no è l’istante». Lo Spirito all’esperienza di Dio e del suo Spirito non è altrove, è la risorsa profonda che pervade e Attraverso un’adesione totale trasforma la vita concreta all’attimo presente nel quotidiano. Solo l’attenzione radicale al qui e ora sfiora l’infinito/eterno ge. La mistica è dunque esperienza perché «Dio ci attende in ogni cosa che dell’unità del molteplice in cui anche gli incontriamo». Per poter cogliere l’istante, occorre peopposti sono «tenuti insieme in armonia». La grande tradizione di quella che rò educare i sensi, «prendercene cura, coll’autore chiama mistica dell’anima — da tivarli, affinarli», affinché diventino una Agostino a Giovanni «porta aperta». L’autore, frammento dodella Croce fino ai po frammento, servendosi di passi biblici, mistici a noi più vici- citazioni di poeti e scrittori, riesce a metni — ha tuttavia posto tere in luce le straordinarie valenze di al centro dell’espe- ognuno dei cinque sensi individuando rienza spirituale il di- nell’esperienza sensoriale profonda il castacco dal mondo, la nale preferenziale attraverso cui si intesse «notte oscura dei sen- la sottile relazione fra Dio e l’umanità. si». La ricerca interio- Propone quindi una vera e propria teolore ha sempre implica- gia dei sensi. to una lotta contro la Il corpo è il tramite più intimo, è «una realtà sensibile come lingua materna. La lingua materna di se il divino fosse comDio» mediante cui si ricostruiscono le trapletamente estraneo me di una fiducia originaria venuta meno. «alle potenzialità del corpo e alla sua «L’esperienza mistica è esperienza nuda», richiede affidamento e abbandono. «La grammatica». Tolentino propone vera mistica si sperimenta nell’abbandono quindi una mistica dei e solo lì». Tolentino non prescinde quindi sensi o dell’istante, dagli elementi tradizionali dell’esperienza che faccia da contrap- spirituale: «Non c’è cammino interiore punto alla mistica che proceda senza coraggio di svuotarsi, dell’anima, che inten- di buttare fuori quello che ci pesa, ci turda i sensi «come un ba, per poter accogliere il sapore limpido cammino che condu- di quella fonte messa da parte, ma alla fice, come una porta ne accessibile nel profondo di noi stessi». cui l’essere umano, creato a immagine e somiglianza di Dio, è considerato nella sua integrità: «Il corpo non è mai un rivestimento esterno del principio spirituale o una prigione dell’anima, come invece vorrebbero il platonismo e le sue tante repliche». C’è continuità tra i vari piani dell’essere «fra micro e macro; vicino e lontano; attività e riposo; dentro e fuori», una connessione non disgiungibile perché tutto è relazionale e tutto conver- Nonostante le sollecitazioni particolarmente attuali e stimolanti del libro, c’è da sottolinearne un aspetto forse poco evidenziato: lo psichico. Il corpo è ascrivibile al piano creaturale, ma la realtà esistenziale produce distanza dalla creaturalità. Questa distanza costituisce l’ombra, la perdita dell’innocenza originaria: «Il mondo viene oscurato. È come se il creato si ritraesse davanti ai nostri occhi». La creatura continua a vivere nell’intimo, è la parte sofferente, nuda, custode della memoria della luce, terreno fertile dell’esperienza spirituale, ma c’è una pesantezza che la sovrasta, una tenebra che la oscura. È la realtà psichica. Se l’anima orienta il suo connaturato desiderio di infinito verso i beni materiali, snatura i sensi che perdono la loro misura creaturale e da canali della luce divina divengono canali di smodate pulsioni, strumenti di pesanti schiavitù. «Il problema sono i circoli viziosi che ci costruiamo da cato della tradizione ebraica che però, come sappiamo non è associata al corpo, ma alla disobbedienza (dis-ob-audio): non stare in ascolto allontana dall’ordine divino. Nel cristianesimo viene dunque a stabilirsi una connessione fra corpo e peccato estranea sia alla tradizione greca che alla tradizione ebraica, ma soprattutto all’annuncio evangelico che ha il suo centro nell’incarnazione. Una certa distorsione può essere causata anche dalla traduzione del termine greco sarx, con quello latino caro. Se nel primo permane una certa valenza psichica nel secondo scompare completamente. È quindi necessario smarcare il corpo e i sensi da questa impropria connotazione. La causa del peccato va ricercata nello psichico, nell’egoità, nel senso appropriativo verso la realtà. Questo snatura il corpo e i sensi stravolgendone la misura. Il distacco dal mondo, la «notte oscura dei sensi», alludono al processo di liberazione che opera lo Spirito all’interno del piano Causa di peccato non è la materia psichico smantellandone gli oscuri meccanismi. Mondo, ma il pensiero nel significato del Quarto I sensi sono vie di connessione vangelo, non è la creazione, ma la realtà costruita da fra individuo e tutto una volontà che si oppone fra io e Dio all’ordine divino, il groviglio di tutte le perverse dinamiche del potere egoico. soli, quelle prigioni invisibili che, quando Il distacco è necessario per riconoscerle, ci liberiamo, vanno in mille pezzi». Non soffrirne la pesantezza e aprirsi all’opera è dunque il corpo causa di peccato, ma lo trasformante dello Spirito che consuma le psichico. I sensi sono vie di connessione oscurità dell’anima. fra individuo e tutto, fra io e Dio, ma se L’istante apre alla contemplazione della si ingorgano non sono più porte aperte, bellezza, stravolge questo impianto tenema sbarramenti che danno solo la misura broso intaccandone la compattezza come della distanza. La visione cupa verso la vita terrena raggio di luce che perfora il buio, l’umaelaborata dal cristianesimo potrebbe allo- nità deve solo farsi prendere, acconsentira dipendere da una commistione fra il re. La bellezza è la misura perfetta della senso di distacco verso la realtà materiale creazione, irradiandosi penetra i sensi ritipico della filosofia greca e l’idea di pec- svegliandoli alla luce creatrice. Nuova biografia della figlia degli scienziati che studiarono i fenomeni radioattivi Curie scrittrice e diplomatica dalla particolare sensibilità dell’autrice, anche lei figlia di scienziati ma non scienziata. Anche lei diplomatica. La primissima infanzia di Eva fu segnata dalla tragica morte del padre travolto da una carrozza, e dalla tristezza che avvolse la madre, in un’atmosfera umana priva di ogni sentire religioso. Per gli impegni scientifici di Marie — che nel 1911 fu insignita anche del Nobel per la chimica — Eva non visse in grande contatto con sua madre, anche se il rapporto con la patria di Marie fu sempre molto sentito, sia attraverso la padronanza della lingua polacca sia per i soggiorni in Polonia, accolta dalla zia che nel 1911 dirigeva l’IstiLa vita di Eva, anche se dissimile tuto Radium di Varsavia. Mentre la sorella Ireda quella della madre ne, diciassettenne e già era ispirata dai suoi stessi ideali scienziata, accompagnò la madre al fronte guidi libertà, giustizia dando le famose petites ed emancipazione femminile Curie, camionette dotate di apparecchi per le radiografie che salvarono la È firmata da Claudine Monteil, Eve vita a migliaia di soldati, lo scoppio della Curie, l’autre fille de Pierre et Marie Curie grande guerra aggravò la situazione (Paris, Éditions Odile Jacob, 2016, pagine dell’adolescente Eva. Malgrado gli studi 345, euro 22,90) la prima biografia che le scientifici (si diplomò in scienze), la raviene dedicata in assoluto. Rigorosamente gazza rivelò talento letterario e artistico: documentato con ricerche nell’archivio la sua strada sembrava quella di musica e del Museo Curie e negli archivi privati di pianoforte, ma non riuscì mai a imporsi Eva, depositati al Centro storico dello sulla scena concertistica. Ecco allora definirsi una vita segmentastesso Museo, il libro ripercorre la vita della secondogenita dei Curie muovendo ta, così diversa da quella della madre per di CRISTIANA D OBNER «La ragazza con gli occhi di radio»: così la stampa americana definì nel 1921 Eva Curie, nata a Parigi nel 1904, un anno dopo il Nobel per la fisica per la ricerca sulla radioattività assegnato ai genitori, la leggendaria coppia di scienziati, Pierre Curie e Marie Skłodowska. Sorella minore di Irene Curie (Premio Nobel insieme al marito Joliot), Eva fu la sola non scienziata della famiglia, ma non per questo fu la meno interessante. bellezza e predilezione per un’esistenza ricercata in società, anche se sempre animata da dedizione agli altri e atteggiamento impavido: gli ideali di libertà, giustizia ed emancipazione femminile che Eva, a tratti, dimostrò furono un chiaro retaggio materno. Madre e figlie furono donne che precorsero i tempi. Marie (a cui la secondogenita fu vicina fino alla morte durante la grave malattia, dovuta alla lunga esposizione al radio) ignorò le umiliazioni del mondo scientifico francese dopo la morte del marito, e Irene — Premio Nobel nel 1935 per la scoperta di nuovi isotopi radioattivi, militante politica del Fronte popolare e segretaria di Stato per la Ricerca scientifica — insieme con la madre fu rifiutata dall’Accademia delle Scienze perché donna. Dal canto suo, anche Eva Curie fu figura dalle molte sfaccettature: autrice nel 1937 della biografia materna (il libro divenne un bestseller mondiale e fu tradotto in trentacinque lingue); autrice di teatro e sceneggiatrice per il cinema, sotto pseudonimo; direttrice della divisione femminile del Commissariato delle informazioni durante la seconda guerra mondiale, dopo aver lasciato la Francia per l’Inghilterra nel 1940 e aver raggiunto le Forces françaises libres; conferenziera negli Stati Uniti in una indefessa tessitura sociale e politica a favore della Francia in guerra; luogotenente dello Stato Maggiore. Eva fu anche corrispondente di guerra per l’«International Herald Tribune». Viaggiò e scrisse reportage da Nord Africa, Medio oriente, Unione Sovietica, India, Burma e Cina in una sfida vera e autentica: sola donna fra militari di tutte le nazioni belligeranti. Intervistò e divenne amica di personalità come Chiang Kaishek, Gandhi e Nehru, in una girandola di avventurose fatiche che raccontò in un libro nel 1943. Nove anni dopo fu nominata consigliere speciale del segretario generale dell’Onu e divenne una delle prime donne diplomatiche. Dopo una vita sentimentale molto movimentata si sposò, ormai cinquantenne, con Henry Labouisse, ambasciatore statunitense in Grecia: i due si impegnarono, fra il 1962 e il 1965, con l’Unicef: un altro Premio Nobel così sarebbe entrato in famiglia, quello per la pace che Labouisse ritirò, a nome dell’Unicef, nel 1965. Dopo la morte del marito, Eva visse fra Grecia, Parigi e New York: una grande cena tra familiari e amici festeggerà il suo secolo di vita. Marie Skłodowska-Curie con le figlie Eva e Irene Morirà due anni dopo. È stato grazie alla sua donazione di un milione di dollari che il Museo Curie — dedicato alle due famiglie Curie Joliot — ha riaperto le porte nel 2012 e il laboratorio è stato fedelmente ricostruito. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 pagina 5 Una scena del film che ha vinto anche l’Oscar per la sceneggiatura Assegnati due Oscar a «Il caso Spotlight» Il coraggio di denunciare Ma il maggior numero di statuette va a «Mad Max: Fury Road» di EMILIO RANZATO ince soltanto due Oscar Il caso Spotlight, ma si aggiudica la statuetta più importante, quella per il miglior film, nonché quella, più prevedibile, per la sceneggiatura firmata da Josh Singer e Tom McCarthy. Lo stesso McCarthy però non vince il premio per la migliore re- V gia, lasciandolo a Alejandro González Iñárritu, regista messicano al suo secondo Oscar consecutivo dopo Birdman, che quest’anno firma un bel film d’avventura con The Revenant. Iñárritu è un regista preparato e scaltro che gira ogni film con uno stile diverso ai limiti della schizofrenia, visto che è passato da un film narrativamente e formalmente spezzettato come 21 grammi (2003) al piano-sequenza infi- Non è un film anticattolico di LUCETTA SCARAFFIA potlight, che ha vinto l’Oscar, ha una trama avvincente. E non è un film anticattolico, come anche è stato scritto, perché riesce a dare voce allo sgomento e al dolore profondo dei fedeli davanti alla scoperta di queste orribili realtà. Certo, nel racconto non viene dato spazio alla lotta lunga e tenace che Joseph Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e come Papa, ha intrapreso contro la pedofilia nella Chiesa. Ma in un film non si può dire tutto, e le difficoltà che ha incontrato Ratzinger non fanno che confermare la tesi del film, e cioè che troppo spesso l’istituzione ecclesiastica non ha saputo reagire con la necessaria determinazione di fronte a questi crimini. Certo, e lo sappiamo tutti, i bambini sono esseri indifesi, e quindi vittime privilegiate di abusi anche nelle famiglie, nei circoli sportivi, nelle scuole laiche. Gli orchi non portano esclusivamente la veste talare. La pedofilia non S deriva necessariamente dal voto di castità. Ma ormai è chiaro che nella Chiesa troppi si sono più preoccupati dell’immagine dell’istituzione che non della gravità dell’atto. Tutto questo non può giustificare la colpa gravissima di chi, visto come rappresentante di Dio, si serve di questa autorevolezza e autorità per approfittare di innocenti. Questo nel film è raccontato bene, dando spazio alla devastazione interiore che questi atti generano nelle vittime, che non hanno neppure più un Dio al quale raccomandarsi, al quale chiedere aiuto. Il fatto che dalla cerimonia degli Oscar sia venuto un appello a Papa Francesco perché combatta questo flagello deve essere visto come un segnale positivo: c’è ancora fiducia nell’istituzione, c’è fiducia in un Papa che sta continuando la pulizia iniziata dal suo predecessore già come cardinale. C’è ancora fiducia in una fede che ha al suo cuore la difesa delle vittime, la protezione degli innocenti. nito di Birdman, mentre per The Revenant “malickeggia” senza pudore in molti momenti. D’altronde un premio che non è mai stato vinto da Kubrick e da altre decine di maestri della storia del grande schermo va preso con le molle, dal punto di vista artistico. Sicuramente però gli Oscar sono spesso sintomatici di alcune tendenze, e quest’anno lo confermano. Per molti anni il premio per il miglior film e quello per la migliore regia sono andati a braccetto. Nelle ultime edizioni invece sono state frequenti le divergenze. Dopo la stagione dei registi-dittatori degli anni Settanta e soprattutto quella immediatamente successiva del postmoderno, in cui il cinema sembrava voler fare sempre più affidamento sulla mera immagine e sui propri mezzi precipui, sino a diventare completamente autoreferenziale, c’è stato un improvviso e massiccio ritorno al racconto e alla cura dei personaggi. È ciò che spiega anche il boom delle serie televisive, spesso sciatte dal punto di vista espressivo ma caratterizzate per loro stessa natura da quel calmo e dettagliato sviluppo narrativo di cui lo spettatore di oggi sente evidentemente la necessità. Per vincere un Oscar come miglior film, insomma, oggi è sufficiente raccontare una buona storia. Il come la si racconta, sul piano visivo, è secondario. Anche meglio, allora, se è una storia vera, risorsa a cui il grande schermo infatti si affida sempre più frequentemente. E Il caso Spotlight è esattamente questo. Un film girato in maniera piuttosto anonima ma con una buona sceneggiatura e su una realtà purtroppo vera e a dir poco scottante come l’abuso di minori da parte di alcuni preti. Non è un film anticattolico Ennio Morricone premiato per la colonna sonora di «Hateful eight» perché il cattolicesimo in sé non viene neppure toccato, anche se il tono tende spesso a generalizzare — ma le generalizzazioni sono anche inevitabili quando si devono raccontare storie in sole due ore — però indiscutibilmente è un film che ha il coraggio di denunciare casi che vanno condannati senza alcuna esitazione. E lo fa in modo particolareggiato, sulla scorta di una documentazione sostanzialmente seria e credibile. Un film come Tutti gli uomini del presidente, insomma, rimane ben lontano, ma quello di McCarthy è comunque un buon lavoro e molto poco hollywoodiano. Paradossalmente, tuttavia, il film che si è aggiudicato il maggior numero di statuette — sei — è Mad Max: Fury Road, geniale e in qualche modo definitiva deriva proprio del cinema postmoderno. Capolavoro della tecnica visivamente elettrizzante capace, soprattutto grazie a un montaggio incredibile, di condensare in un’unica interminabile sequenza cinquant’anni di cinema di genere. Il regista australiano George Miller è lo stesso della prima trilogia sul personaggio post-apocalittico interpretato da Mel Gibson negli anni Ottanta, ma qui è supportato in maniera decisiva da maestranze di prima qualità. Altri premi meritati, anche se sostanzialmente riparatori, sono andati a Ennio Morricone e Leonardo DiCaprio. Che il compositore italiano lo vinca soltanto adesso per la prima volta — ne aveva ricevuto uno alla carriera nel 2007 — è palesemente assurdo, anche perché la colonna sonora scritta per Hateful Eight, del suo fan numero uno Tarantino, è come al solito bella ma non fra le sue migliori. DiCaprio in The Revenant invece non ha dovuto far molto se non patire freddo e sofferenze in quello che è stato più un corso di sopravvivenza che un’interpretazione. Però il premio, nella sua più che ventennale carriera, aveva già dimostrato di meritarlo. Così come fanno piacere le vittorie di Brie Larson, attrice protagonista del bellissimo Room di Lenny Abrahamson, e quella come miglior film straniero dell’ungherese Il figlio di Saul di László Nemes. La regia di Nemes suscita delle perplessità dal punto di vista espressivo, ma per alimentare la memoria dell’orrore della Shoah ben venga anche un Oscar. I colori di Pieter Bruegel I suoi erano dipinti che permettevano di realizzare bellissime sculture: è questo assunto che fa da filo rosso alla mostra, alla Courtauld Gallery di Londra fino all’8 marzo, dedicata a Pieter Bruegel il Vecchio, vissuto nel XVI secolo. Un’esposizione che in filigrana s’impreziosisce anche di un sottotesto: anche se dipingeva spesso in bianco e nero, le tele dell’artista sembrano irradiare colori forti, che catturano la fantasia dello spettatore. Per la prima volta — informa «The Spectator» — sono riuniti in un’unica mostra tre suoi dipinti: The Death of the Virgin (15621565), Christ and the Woman taken in Adultery (1565) e Three Soldiers (1568). Queste tele, allestite tra l’altro in modo suggestivo in un’unica stanza, sono accompagnate da una selezione di copie e di incisioni (dieci in «Hunters in the snow» (1562, particolare) tutto) imperniate sui tre diversi temi. L’esposizione si propone poi di ricordare un tratto peculiare dell’arte del pittore olandese: ovvero fu il primo artista a realizzare dipinti a grisaglia a olio su tavola nell’ambito di un’attività intesa come una sorta di piacevole hobby. Ma in Pieter Bruegel il Vecchio nulla, in realtà, è puro svago. Basti pensare ai soggetti ricorrenti nelle sue tele: gente umile, contadini incurvati sui campi, cacciatori di animali: un’attenzione privilegiata, dunque, per la dimessa quotidianità, da cui però emanano fierezza e dignità. La Tesco ha deciso di cambiarne le antiche fattezze Poirot e l’affaire dei croissant raddrizzati di GABRIELE NICOLÒ vrebbe fatto la felicità di Hercule Poirot la recente decisione della grande catena di distribuzione Tesco di raddrizzare i croissant, cancellandone la rinomata forma a luna crescente. Il celeberrimo investigatore, nato dalla penna di Agatha Christie, detestava infatti la sagoma di questa delizia perché lesiva della simmetria, da lui venerata: simmetria che presiede la sua collaudata strategia per scoprire il colpevole, imperniata sui canoni di ordine e metodo. E così, a ogni colazione, si ripeteva il canovaccio: il piacere di gustare il croissant (da intingere immancabilmente nel cioccolato caldo) era sempre accompagnato dagli insofferenti mugugni, emessi sotto i baffi impeccabilmente impomatati, a lamentarne la forma: «le cose devono essere dritte e quadrate, e non storte o tonde!» sentenziava l’impettito Poirot, convinto che le prime simboleggiano A equità ed equilibrio, le seconde disordine e anarchia. A segnare una svolta e a coronare dunque il sogno, circa un secolo dopo, del detective belga, sono state le reiterate proteste dei cittadini britannici — informa «The Guardian» — che trovano assai scomodo, la mattina appena alzati e non ancora sufficientemente lucidi ed efficienti, spalmare burro e marmellata lungo le tortuose curve del croissant a luna crescente: rimostranze seguite da un sensibile calo delle vendite e della distribuzione. Con l’antica forma — spiega Harry Jones, portavoce di Tesco — gli inglesi dicono che devono fare almeno tre tentativi prima che il croissant sia spalmato a regola d’arte, e ciò comporta logorio della pazienza, perdita di tempo e ritardo al lavoro. Ecco allora che la versione rinnovata si ripromette di garantire ai sudditi di Sua Maestà un inizio di giornata molto più gustoso e rilassato. Leggenda narra che la forma a luna crescente del croissant derivi dalla celebrazione della sconfitta dell’impe- ro ottomano nell’assedio di Vienna del 1683. Un panettiere, che stava lavorando di notte, avrebbe udito rumori sospetti: indagò e scoprì che erano i soldati turchi che stavano scavando una galleria sotterranea. Allora dette subito l’allarme. Come ricompensa per aver salvato la città, al panettie- E quei gustosi croissant furono poi introdotti alla corte francese da Maria Antonietta la quale — anche in questo caso è sfocato il confine tra mito e realtà — suggerì al primo ministro di darli al popolo affamato di pane e prossimo a scatenare quella rivoluzione che le avrebbe successivamente spianato la strada per la ghigliottina. A pranzo, intanto, Poirot tesseva la sua vendetta, È stato coronato il sogno dell’investigatore tagliando sandwich perfettamente quadopo che i cittadini britannici drati, nella sua abitasi sono ripetutamente lamentati zione, a Whitehave Mansions, ovviamenche la forma tradizionale del dolce te quadrata, davanti ostacola il rito mattutino al caminetto — manco a dirlo — quadradi spalmare burro e marmellata to. Ma sulla sua invenzione più amata Agatha Christie penre, un certo Vendler, venne ricono- sò di prendere una beffarda rivincita, sciuto il diritto esclusivo di produrre irridendone il culto per il lineare e la delizie pasticcere a forma di luna viscerale avversione per tutto ciò che crescente, riecheggiante la bandiera è storto: lo plasmò, impietosamente, turca, così da commemorare quel- con la testa a forma di uovo, ma tral’evento. boccante di geniali «cellule grigie». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 Messaggio del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari Accanto alle persone colpite dalle malattie rare «Ambulatorio medico-sanitario» recita la targhetta su un portone ligneo sotto il colonnato di piazza San Pietro. È il nuovo dono di Papa Francesco ai senzatetto romani, che attraverso l’Elemosineria apostolica offre loro un nuovo servizio accanto a quelli già avviati, e sempre molto frequentati, delle docce e della barberia. Apre oggi, lunedì 29 febbraio, «e nei prossimi giorni — spiega l’arcivescovo elemosiniere Konrad Krajewski — sarà integrato anche dalle prestazioni, sempre gratuite, offerte dall’Associazione italiana podologi». Perché, aggiunge, «i piedi sono la parte più colpita nelle persone che vivono per la strada». La scelta di iniziare di lunedì non è casuale: il primo giorno della settimana, infatti, è quello in cui i circa 150 beneficiari dei locali docce e barberia, inaugurati lo scorso anno, vanno a cambiarsi i vestiti, lasciando gli indumenti sporchi e indossando quelli puliti messi a disposizione dal reparto biancheria. Servizi potenziati con la casa-alloggio per ricoveri notturni nella sede aperta pochi mesi fa a via dei Penitenzieri. «E allora ci è sembrato giusto — chiarisce l’elemosiniere pontificio — mettere loro a disposizione anche le visite mediche gratuite. Per ora iniziamo così, ma subito raddoppiamo l’impegno settimanale con i podologi e successiva- L’Elemosineria apostolica apre un ambulatorio sotto il colonnato di piazza San Pietro Medici per i senzatetto mente l’assistenza potrebbe persino diventare giornaliera». Anche perché l’affluenza negli ultimi tempi è in continua crescita. «Ma noi siamo attrezzati — commenta monsignor Krajewski — per aiutare tutti quelli che busseranno alle nostre porte. È Papa Francesco che lo vuole e noi che gli siamo vicini in questa impresa siamo onorati e fortemente motivati nel rendere tutto ciò possibile». Nel presidio il servizio è svolto da medici specialisti e personale sanitario della Santa Sede, dell’università di R0ma Tor Vergata e dell’associazione di volontariato Medicina solidale. I camici bianchi, oltre a effettuare visite e test sullo stato di salute, prescrivono terapie e consigliano eventuali ricoveri ospedalieri. Si tratta, conclude il promotore dell’iniziativa, di «un servizio indispensabile per la salute dei bisognosi che vivo- no intorno a noi». Del resto nel «prenderci cura delle persone, non possiamo prescindere da visite mediche, cure preventive e assistenza ambulatoriale continua», delle quali i senza fissa dimora «hanno particolarmente bisogno. Ecco perché il Santo Padre ha voluto che anche sotto il colonnato della basilica vaticana venisse realizzato un centro medico per chi chiede volontariamente di essere visitato e curato». Un appello «affinché non siano abbandonati e isolati coloro che, benché affetti da malattie la cui incidenza è minima sul piano numerico, non possono certo lasciarci indifferenti» è stato lanciato dal Pontificio consiglio per gli operatori sanitari in occasione della nona giornata mondiale delle malattie rare, che si celebra oggi 29 febbraio. Attraverso un messaggio l’arcivescovo presidente Zygmunt Zimowski sottolinea che il tema trova «anche nella Chiesa crescente interesse» poiché la condizione di chi viene colpito — come indica lo slogan per il 2016 “Al centro la voce del paziente” — non può «non trovare eco nei nostri cuori e in adeguate azioni di ricerca e di cura». In particolare, aggiunge il presule «si tratta di rendere queste persone sempre più protagoniste, dotate dei necessari punti di riferimento; e al tempo stesso di sensibilizzare le autorità competenti, gli operatori sanitari, i ricercatori, l’industria farmaceutica e chiunque abbia un sincero interesse per le malattie rare». E ciò «al fine di rompere quella cortina di silenzio o di esclusività che rischia in molti casi di nascondere un problema che, invece, attiene all’intera società». In questo impegno, assicura monsignor Zimowski, «si sente coinvolta anche la Chiesa, conti- nuamente spronata a crescere e camminare nella solidarietà» da Papa Francesco che all’Angelus domenicale ha ricordato proprio la giornata. Al punto che, prosegue il presule, «mediante questo dicastero, la Chiesa, facendo propria la voce che da più parti si leva per realizzare il bene comune e la giustizia in campo socio-sanitario, intende portare all’attenzione di tale settore e delle diverse istituzioni di ricerca scientifica le sue azioni pastorali riguardanti l’ambito delle malattie rare e neglette, intese come malattie che invitano in modo particolare alla solidarietà». Da qui l’annuncio che a esse sarà dedicata la prossima conferenza internazionale del Pontificio consiglio per gli operatori sanitari, in programma in Vaticano dal 10 al 12 novembre prossimi. «Tale iniziativa — sottolinea l’arcivescovo presidente — quasi a conclusione del giubileo straordinario della misericordia, sarà un’ulteriore occasione per valorizzare l’opera di misericordia corporale dell’assistenza agli ammalati». E «si svolgerà nel segno della prossimità solidale con le persone affette da patologie rare, così come nei confronti di quelle popolazioni povere e vulnerabili segnate da malattie neglette, che solitamente vivono in zone rurali tra le più remote del mondo». Si apre il corso della Penitenzieria apostolica Il congedo di padre Federico Lombardi e di Alberto Gasbarri Riconciliazione al centro Per la radio del Papa di MAURO PIACENZA Il nostro percorso si colloca all’interno del grande anno giubilare della misericordia, indetto da Papa Francesco, un anno tutto incentrato sul mistero di Dio che dischiude a noi la propria intimità divina, per mezzo del suo Figlio fatto uomo, morto, risorto e asceso al cielo, che vive e opera nella sua Chiesa, salvando l’uomo per mezzo dei sacramen- Nel palazzo della Cancelleria Con una «lectio magistralis» sul sacramento della riconciliazione» — di cui pubblichiamo in questa pagina la parte introduttiva — il cardinale penitenziere maggiore apre nel pomeriggio di oggi, 29 febbraio, nel Palazzo della Cancelleria, il ventisettesimo corso sul foro interno, organizzato dalla Penitenzieria apostolica, che si concluderà il 4 marzo. L’intervento del porporato è seguito da quello del vescovo reggente Krzysztof Nykiel, che tratta della struttura, delle competenze e della prassi della Penitenzieria. Diversi i temi che saranno affrontati nelle giornate dell’incontro: tra questi, i doveri e i diritti dei penitenti; il rapporto tra misericordia, verità e giustizia; la formazione della coscienza morale; la figura del confessore come testimone privilegiato dell’amore misericordioso di Dio; la direzione spirituale; la sfida antropologica ed etica della teoria del gender. Nella giornata conclusiva è prevista, in mattinata, l’udienza del Pontefice e, nel pomeriggio, la celebrazione penitenziale che sarà presieduta dal Papa nella basilica vaticana. ti: radicalmente per mezzo del battesimo e, in modo particolare, attraverso il Sacramento della riconciliazione. Desidero introdurre questo corso, anzitutto riascoltando con voi l’invito accorato, che il Santo Padre ha rivolto a tutta la Chiesa — in particolare a noi ministri — al n. 17 della bolla di indizione dell’anno giubilare Mise- ricordiae vultus: «Poniamo al centro con convinzione il sacramento della riconciliazione». Questo “grido” — del Papa, che porta nel cuore la sollecitudine per tutta la Chiesa, è rivelatore di un pensiero, di un giudizio su questo mondo e sulla missione della Chiesa, la quale guarda permanentemente a Cristo nell’esercizio del proprio ministero. Vorrei condividere con voi alcune considerazioni sui pericoli e le prospettive di questo momento storico, su come la Chiesa, in comunione effettiva ed affettiva con Pietro, sia chiamata a rispondervi e sulla centralità del sacramento della riconciliazione nella vita della Chiesa e di ciascun sacerdote. Anzitutto vi è una considerazione “primordiale”, dalla quale ogni altra considerazione della Chiesa riceve continuamente luce e forza, ed è tutta contenuta nelle parole del Battista, che riecheggiano in ogni celebrazione eucaristica: «Ecco l’Agnello di Dio, che toglie i peccati del mondo» (Giovanni, 1, 29). È questo l’annuncio che la Chiesa ripete davanti al mondo, invitandolo a convertirsi; è questo l’annuncio che, ogni giorno, attesta a noi stessi la novità, continua ed assoluta, che da duemila anni abita la storia e che ha conquistato, per sempre, le nostre vite: Dio è divenuto per noi l’Agnello immolato, ha portato su di sè il nostro peccato e, morto, regna ora vivo per sempre. Questo annuncio della Chiesa, che indica presente nel mondo l’Agnello di Dio, costituisce il più potente “antidoto” al veleno del serpente antico, il menzognero. Ben sappiamo come questa azione demoniaca, che Papa Francesco non ha tralasciato di segnalare apertamente, fin dal principio del pontificato, si compie però nell’orizzonte, per il demonio, di una inesorabile disfatta. Come il demonio esercita oggi questo potere? Dove maggiormente si è concentrata e si concentra questa azione? Su cosa egli principalmente insinua il falso? Il potere della menzogna non agisce mai, anzitutto, al livello dell’agire, a un livello cioè immediatamente etico, o morale. La menzogna tenta la sua azio- ne, prima di tutto, al livello della conoscenza. Nel giardino dell’Eden si sviluppa, prima, l’ottenebramento dell’intelletto e della volontà, che presentano come buono ciò che buono non è e, quindi, il peccato della disobbedienza: «prese del frutto, ne mangiò e ne diede anche a suo marito, che era con lei, ed egli ne mangiò» (Genesi, 3, 6b). Oggi come si concentra questa menzogna, che Cristo ha smascherato e sconfitto? La menzogna del principe di questo mondo tenta di rovesciare questo annuncio in ogni sua parte: l’Agnello, il mondo ed il peccato. «La Radio vaticana non è una radio grande e potente, secondo i criteri del mondo, ma è importante agli occhi di Dio e di tanti fedeli, perché guarda le cose secondo l’ottica del successore di Pietro». A ricordarlo è stato l’arcivescovo Angelo Becciu, sostituto della Segreteria di Stato, nella tarda mattinata del 29 febbraio, alla cerimonia per la conclusione del servizio del direttore generale dell’emittente, il gesuita Federico Lombardi, e del direttore amministrativo, Alberto Gasbarri. In molti si sono ritrovati nella Sala Marconi per il saluto ai due direttori, che — ha spiegato il sostituto — «hanno donato una parte consistente della loro vita al servizio di questo importante strumento di comunicazione». Tra i presenti, i monsignori Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la Comunicazione, e Lucio Adrian Ruiz, segretario del medesimo dicastero, Giacomo Ghisani, nominato ad interim dal 1° marzo legale rappresentante e responsabile della direzione amministrativa di Radio vaticana, padre Andrzej Majewski, direttore dei programmi dell’emittente, il direttore del Centro televisivo vaticano, Stefano D’Agostini, e il direttore dell’Osservatore Romano. Esprimendo la gratitudine della Segreteria di Stato, il sosti- Dopo il violento ciclone Solidarietà del Wcc per le isole Fiji GINEVRA, 29. Solidarietà e vicinanza ai cristiani delle isole Fiji colpite dall’arrivo del ciclone Winston, uno dei più potenti che si sia mai abbattuto sull’arcipelago dell’oceano Pacifico, sono state espresse, oltre che da Papa Francesco all’Angelus domenicale, anche dal World Council of Churches (Wcc). In una lettera indirizzata al Consiglio delle Chiese delle Fiji, il segretario generale del Wcc, reverendo Olav Fykse Tveit, ha affermato che alle comunità locali è affidato il com- pito di lavorare insieme per offrire il conforto spirituale sia nell’immediato che nel lungo termine. «Spero che la fraternità che condividete come Chiese — ha ricordato Fykse Tveit — rafforzi i vostri sforzi per soddisfare queste esigenze». La tempesta abbattutasi sulle Fiji nei giorni scorsi ha ucciso una quarantina di persone e ha spazzato via abitazioni e costruzioni, lasciando più di tredicimila persone senza tetto. Il Governo ha dichiarato lo stato di calamità naturale. Il segreta- rio generale del Wcc ha ricordato la vocazione del movimento ecumenico a condividere da sempre le sofferenze reciproche e la speranza. «Preghiamo affinché siate in grado di essere una voce di speranza per coloro che sono nel dolore. Sappiate che i cristiani di tutto il mondo sono solidali con voi». La comunità metodista delle Fiji e Rotuma, membro del World Council of Churches, si è subito mobilitata per dare aiuto ai sopravvissuti e a organizzare dei gruppi di volontari impegnati nei soccorsi. La comunità metodista, in collaborazione con gli uffici locali della Croce Rossa, sta predisponendo il confezionamento di pacchi con generi di primo soccorso per le migliaia di persone colpite dal ciclone. Alcuni spazi delle chiese sono stati messi a disposizione per offrire alloggio ai senza tetto. In una lettera al pastore Tevita Nawadra Banivanua, presidente della comunità metodista locale, Fykse Tveit ha scritto: «Siate certi che le preghiere del World Council of Churches sono rivolte alla vostra comunità in questo momento di prova. Le sfide che dovete affrontare sono condivise dalle Chiese di tutto il mondo». tuto ha sottolineato come la missione dell’emittente sia «da una parte, nel mondo — cioè sia un mezzo di comunicazione sociale come gli altri — ma d’altra parte sia diverso da tutti gli altri: che sia singolare, sui generis». E tale singolarità non le «viene da aspetti tecnici o materiali, ma dalla sua missione specifica, di guardare il mondo dal punto di vista della Santa Sede, proponendo una lettura della realtà alla luce delle parole del Papa sui grandi temi e le grandi questioni che affliggono l’umanità: la pace, la guerra, la povertà, la giustizia, l’ambiente, l’allontanamento da Dio» insieme alla «necessità della fede e del Vangelo». Del resto, ha fatto notare Becciu, «in questi 25 anni di guida di padre Federico Lombardi la Radio vaticana, accanto ai necessari ampliamenti tecnologici, ha mantenuto e sviluppato questa linea, affinché chiunque la ascoltasse, dovunque nel mondo, potesse trovare la prospettiva del Papa e della sede apostolica in ogni Paese, in ogni regione, anche la più lontana». Infine il presule ha ricordato come ora per l’emittente si prospettino «nuove speranze e nuovi compiti; il fine specifico resterà però lo stesso: l’evangelizzazione, attraverso la diffusione radiofonica del messaggio cristiano». In precedenza padre Lombardi aveva celebrato la messa di ringraziamento nella vicina chiesa di Santa Maria in Traspontina, alla quale hanno partecipato non solo il personale dell’emittente, ma anche molti colleghi in pensione, giornalisti e dipendenti di altri enti vaticani. Tra i concelebranti i monsignori Viganò e Ruiz e padre Majewski. All’omelia Lombardi ha esortato la Radio vaticana a guardare con speranza e fiducia alla riforma dei media vaticani. L’OSSERVATORE ROMANO lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 pagina 7 Messa a Santa Marta La salvezza viene dal piccolo La salvezza di Dio non viene dalle cose grandi, dal potere o dai soldi, dalle cordate clericali o politiche, ma dalle cose piccole e semplici che, alle volte, suscitano persino sdegno. È la meditazione proposta da Francesco durante la messa celebrata lunedì mattina, 29 febbraio, nella cappella della Casa Santa Marta. «La Chiesa ci prepara alla Pasqua e oggi ci fa riflettere sulla salvezza: come noi pensiamo che sia la salvezza, quella salvezza che tutti noi vogliamo» ha affermato Francesco. E proprio la storia «della malattia di Naamàn», narrata dal secondo libro dei Re (5, 1-15), «ci avvicina al fatto della morte: e dopo?». Infatti «quando c’è la malattia, sempre ci rimanda a quel pensiero: la salvezza». Ma, si è chiesto il Pontefice, «come viene questa salvezza? Qual è la «Naamàn si immerge nel fiume Giordano» (1510, vetrata dell’abbazia tedesca di Mariawald) strada per la salvezza? Qual è la rivelazione di Dio a noi cristiani sulla salvezza?». Per il Papa «la parola chiave per capire il messaggio di oggi della Chiesa è sdegno». Quando «Naamàn, arrivato da Eliseo, chiede la guarigione, Eliseo manda il ragazzo a dirgli di bagnarsi sette volte nel Giordano. Una cosa semplice». Forse proprio per questo «Naamàn si sdegnò» esclamando: «Ho fatto un viaggio così, con tanti doni...»: tutto invece si risolve con un semplice bagno nel fiume. Oltretutto, rincara Naamàn, «noi abbiamo fiumi più belli di questo». Anche «gli abitanti di Nazareth — ha fatto notare Francesco riferendosi al passo evangelico di Luca (4, 24-30) — si sdegnarono dopo aver sentito la lettura del profeta Isaia, che ha fatto Gesù quel sabato in sinagoga dicendo “oggi è successo questo”, che parla della liberazione, di come il popolo sarà liberato». E commentavano: «Ma questo cosa si crede? Questo è uno di noi, l’abbiamo visto crescere da ragazzo, mai ha studiato». E «si sdegnarono» tanto che «volevano ucciderlo». Ancora, la proseguito il Papa, «più avanti Gesù ha sentito questo disprezzo da parte dei dirigenti, i dottori della legge che cercavano la salvezza nella casistica della morale — “questo si può fino a qui, fino a là...” — e così avevano non so quanti comandamenti e il povero popolo...». Proprio per questo la gente non aveva fiducia in loro. Lo stesso capitava con «i sadducei, che cercavano la salvezza nei compromessi con i poteri del mondo, con l’impero: gli uni con le cordate clericali, gli altri con le cordate politiche cercavano la salvezza così». Ma «il popolo aveva fiuto e non credeva» in loro. Invece «credeva a Gesù perché parlava con autorità». «Ma perché questo sdegno?» è la questione posta dal Pontefice. «Perché — ha sottolineato — nel nostro immaginario la salvezza deve venire da qualcosa di grande, da qualcosa di maestoso: ci salvano solo i potenti, quelli che hanno forza, che hanno soldi, che hanno potere, questi possono salvarci». Invece «il piano di Dio è un altro». E così «si sdegnano perché non possono capire che la salvezza viene soltanto dal piccolo, dalla semplicità delle cose di Dio». E «quando Gesù fa la proposta della via di salvezza, mai parla di cose grandi», solo «di cose piccole». In questa prospettiva Francesco ha suggerito di rileggere le beatitudini evangeliche — «Tu sarai salvo se farai questo» — e il capitolo 25 di Matteo. Sono «i due pilastri del Vangelo: “Vieni, vieni con me perché hai fatto questo”». E si tratta di «cose semplici: tu non hai cercato la salvezza o la tua speranza nel potere, nelle cordate, nei negoziati, no; hai fatto semplicemente questo». Ma proprio «questo sdegna tanti». «Come preparazione alla Pasqua — ha proposto il Papa — io vi invito, anche io lo farò, a leggere le beatitudini e a leggere Matteo 25, e pensare e vedere se qualcosa di questo mi sdegna, mi toglie la pace». Perché «lo sdegno è un lusso che possono permettersi soltanto i vanitosi, gli orgogliosi». Proprio «alla fine delle beatitudini — ha spiegato Francesco — Gesù dice una parola» forte: «Beato colui che non si scandalizza di me», cioè «che non ha sdegno di questo, che non sente sdegno». E riflettendo sulle ragioni di queste parole, il Papa ha ripetuto che «ci farà bene prendere un po’ di tempo — oggi, domani — e leggere le beatitudini, leggere Matteo e stare attenti a cosa succede nel nostro cuore: se c’è qualcosa di sdegno». E «chiedere la grazia al Signore di capire che l’unica via della salvezza è la pazzia della croce, cioè l’annientamento del Figlio di Dio, del farsi piccolo». Nella liturgia di oggi, ha concluso, «il piccolo» è appunto «rappresentato dal bagno nel Giordano e dal piccolo villaggio di Nazareth». Nella basilica vaticana il segretario di Stato ordina il vescovo Paul Tighe Parola e vita Estote factores verbi. Il motto episcopale scelto da monsignor Paul Tighe, tratto dalla lettera di Giacomo (1,22), in italiano viene tradotto «siate di quelli che mettono in pratica la parola»; e ricorda espressamente che «non è sufficiente ascoltare la parola di Dio, ma occorre che essa trasformi la vita». Lo ha affermato il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin che sabato pomeriggio, 27 febbraio, nella basilica vaticana, ha presieduto l’ordinazione episcopale del presule, nominato da Papa Francesco vescovo titolare di Drivasto e segretario aggiunto del Pontificio Consiglio della cultura. Conconsacranti il cardinale Ravasi e l’arcivescovo Celli. Tra i concelebranti il cardinale Brady, gli arcivescovi Becciu, Gallagher e Martin e numerosi vescovi, molti dei quali venuti dall’Irlanda, terra natale di monsignor Tighe. Proprio il motto del nuovo vescovo, ha rilevato il cardinale Parolin, «rappresenta un permanente richiamo a suscitare in tutti l’interesse nella bellezza, nell’efficacia e nella ragionevolezza della parola di Dio». Oltretutto il vescovo, ha subito rimarcato il porporato, «con il suo comportamento esemplare e il suo insegnamento è chiamato a essere un segno della misericordia divina, per suscitare la nostalgia di una vita illuminata dal Vangelo e vissuta nella fraternità». E così «in primo luogo dovrà amare Cristo, la Chiesa, i poveri e gli ultimi con generosità e costanza, alimentando quotidianamente questo amore con l’olio della preghiera, la carità e l’abbandono fiducioso in Dio». A monsignor Tighe il segretario di Stato ha rammentato «il compito» di impegnarsi «per facilitare un fecondo incontro tra la cultura e il Vangelo, perché si promuova un dialogo aperto e sapiente, perché coloro che indagano la realtà con spirito razionale, scoprano la superiore razionalità della fede, che non si oppone alla conoscenza, ma che illumina e amplifica le capacità della stessa ragione, fornendole una luce e uno scopo più alto e grande, pienamente rispondente alle attese profonde dell’essere umano». Proprio «dall’incontro tra Vangelo e cultura — ha proseguito il cardinale — emergeranno scenari inattesi e un rinnovamento destinato a coinvolgere l’esistenza concreta delle persone, delle famiglie e della società. Nulla infatti di ciò che è buono e vero può essere in contrasto con il Vangelo, nulla di ciò che è autenticamente umano può opporsi a Cristo, che ha assunto la natura umana». «Durante i tuoi trentatré anni di sacerdozio — ha detto ancora il cardinale rivolgendosi al nuovo vescovo — hai svolto diversi incarichi, dap- prima in parrocchia e poi come insegnante di teologia morale, come preside della scuola di teologia al Mater Dei Institute di Dublino e come professore di bioetica in diverse istituzioni universitarie ed ospedaliere. Hai messo a frutto le tue competenze e i tuoi interessi per il rapporto tra fede e politica in qualità di direttore dell’ufficio comunicazione dell’arcidiocesi di Dublino». E «nel 2007 Papa Benedetto XVI ti ha chiamato a far parte come segretario, del Pontificio Consiglio per le comunicazioni sociali». Poi «nel giugno 2014 Papa Francesco ti ha nominato segretario della commissione per i media». «Il tuo sacerdozio — ha concluso il cardinale Parolin — si è dunque mosso tra la pastorale diretta, il mondo accademico, l’interesse per la relazione tra fede, politica e cultura e per la presenza della Chiesa nell’ambito delle comunicazioni sociali, dove occorre presentare la sua missione e la sua vera identità in categorie comprensibili e accessibili, in modo da fornire uno sguardo profondo e autentico sulla realtà ecclesiale». Il Pontefice sottolinea il servizio svolto dai carabinieri Con pazienza e disponibilità «Un supplemento di attenzione, di dedizione e di generosità» nel servizio quotidiano in occasione dell’anno santo è stato chiesto da Papa Francesco ai carabinieri che svolgono il loro servizio nei pressi di piazza San Pietro. Ricevendoli in udienza lunedì mattina, 29 febbraio, nella Sala Clementina, il Pontefice ne ha elogiato la professionalità e il senso di responsabilità. Cari Carabinieri, rivolgo un cordiale benvenuto a ciascuno di voi, e ringrazio il Comandante Generale dell’Arma per le sue parole. Sono lieto di incontrarvi per esprimervi la mia riconoscenza. Voi rendete alla comunità un servizio impegnativo e indispensabile, spendendo le vostre energie per tutelare la sicurezza e l’ordine pubblico, in collaborazione con le altre forze. Anche grazie a voi, la gente viene aiutata a rispettare le leggi che regolano la serena e armoniosa convivenza. La vostra presenza sul territorio diventa tramite della concreta solidarietà dell’intera comunità; in particolare, le persone svantaggiate possono trovare un prezioso aiuto nelle loro difficoltà. E tante volte questo non si vede; mi riferisco alle parole del comandante: “quegli atti nascosti che nessuno vede nel servizio quotidiano...”. Questo è tanto bello, soltanto Dio lo vede. Dio non dimentica queste cose. La vostra “Compagnia Carabinieri di Roma San Pietro” collabora efficacemente con i competenti organismi della Santa Sede per favorire il tranquillo svolgimento degli eventi che, nel corso dell’Anno, si tengono in Piazza San Pietro e nei dintorni. Vi ringrazio molto per il vostro lavoro che si pone a servizio dei pellegrini e dei turisti. Si tratta di un’attività che richiede professionalità e senso di responsabilità, come anche attenzione alle persone — molte delle quali sono anziane —, continua pazienza e disponibilità verso tutti. Sono qualità non facili, per le quali è importante poter contare sull’aiuto di Dio. L’Anno Santo della Misericordia apre davanti a tutti noi la possibilità di essere rinnovati, a partire da una purificazione interiore, che si riflette nel modo di comportarsi e anche nell’esercizio delle attività quotidiane. Questa dimensione spirituale dell’evento giubilare spinge Nei mesi di marzo e aprile Calendario delle celebrazioni presiedute dal Papa Marzo 4 VENERDÌ Basilica Vaticana, Celebrazione penitenziale, ore 17 6 IV D OMENICA DI QUARESIMA Ariccia, Inizio degli esercizi spirituali per la Curia romana 11 VENERDÌ Conclusione degli esercizi spirituali per la Curia romana 15 MARTEDÌ Sala del Concistoro, ore 10, Concistoro per alcune Cause di canonizzazione 20 D OMENICA DELLE PALME E DELLA PASSIONE DEL SIGNORE Piazza San Pietro, ore 9.30, Cappella papale, Benedizione delle palme, processione e Santa Messa 24 GIOVEDÌ SETTIMANA SANTA Basilica vaticana, ore 9.30, Santa Messa del Crisma DELLA 25 VENERDÌ SANTO Basilica vaticana, ore 17, Cappella papale, Celebrazione della Passione del Signore 25 VENERDÌ SANTO Colosseo, ore 21.15, Via Crucis 26 SABATO SANTO Basilica vaticana, ore 20.30, Cappella papale, Veglia pasquale nella Notte Santa 27 D OMENICA DI PASQUA Piazza San Pietro, ore 10, Cappella papale, Santa Messa del giorno 27 D OMENICA DI PASQUA Loggia centrale della Basilica vaticana, ore 12, Benedizione «Urbi et O rbi» Aprile 2 SABATO Piazza San Pietro, ore 18, Veglia di preghiera, Giubileo per quanti ade- riscono alla spiritualità della Divina Misericordia 3 II D OMENICA DI PASQUA (O DELLA DIVINA MISERICORDIA) Piazza San Pietro, ore 10.30, Santa Messa, Giubileo per quanti aderiscono alla spiritualità della Divina Misericordia Città del Vaticano, 29 febbraio 2016 Mons. GUID O MARINI Maestro delle Celebrazioni Liturgiche Pontificie ciascuno di noi ad interrogarsi sul reale impegno nel rispondere alle esigenze di fedeltà al Vangelo, a cui il Signore ci chiama a partire dal nostro stato di vita. Il Giubileo diventa in tal modo un’occasione propizia di verifica personale e comunitaria; e il “paradigma” su cui verificarci sono le opere di misericordia, sia corporali che spirituali. Il Signore ci ricorda: «Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me» (Mt 25, 40). Questo insegnamento di Gesù sia di guida anche a voi, responsabili della tutela dell’ordine pubblico, e vi aiuti ad essere in ogni circostanza promotori di solidarietà, specialmente verso i più deboli e indifesi; ad essere custodi del diritto alla vita, attraverso l’impegno per la sicurezza e per l’incolumità delle persone. Nello svolgimento di questa missione, vi sia sempre presente che ogni persona è amata da Dio, è sua creatura e merita accoglienza e rispetto. Possa la grazia del Giubileo straordinario della Misericordia rinnovare lo spirito con cui vi dedicate alla vostra professione, inducendovi a viverla con un supplemento di attenzione, di dedizione e di generosità. Esprimo nuovamente a tutti voi la mia gratitudine per il vostro apprezzato servizio e la vostra collaborazione con la Santa Sede. Invoco su ciascuno e sul lavoro quotidiano l’assistenza divina, e vi affido alla materna protezione della Madonna, la Virgo fidelis. Di cuore vi benedico, insieme con le vostre famiglie. E vi chiedo per favore di pregare per me. Grazie. Impegno silenzioso Una «convinta condivisione dei valori della persona e della famiglia, insieme a quelli della solidarietà, della giustizia e della pace» è stata assicurata all’inizio dell’incontro al Pontefice dal comandante generale Tullio Del Sette. Nel saluto rivolto anche a nome della compagnia Carabinieri di Roma San Pietro, di tutta l’Arma, dell’arcivescovo Santo Marcianò, ordinario militare per l’Italia, e dei cappellani, l’alto ufficiale ha descritto «l’impegno silenzioso e continuo per il bene comune, costituito da innumerevoli piccole grandi azioni quotidiane, molte delle quali rimangono sconosciute, condotte senza risparmio di energie, con generosa dedizione — spinta, a volte, fino all’estremo sacrificio della vita — in difesa delle comunità e dei più deboli». Dopo aver ricordato i valori «che da oltre due secoli ispirano l’azione dell’Arma in patria, a tutela dell’ordine e della sicurezza dei cittadini, e all’estero, per affermare i principi del rispetto della dignità umana», il comandante generale ha rievocato «i tanti Carabinieri che hanno donato la vita nell’esecuzione del servizio istituzionale». Come il vice brigadiere Salvo D’Acquisto, oggi servo di Dio, immolatosi nel 1943 per salvare dalla fucilazione dei nazisti ventidue ostaggi innocenti. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 lunedì 29 febbraio - martedì 1 marzo 2016 Con il patriarca ortodosso etiopico il Papa ricorda le sofferenze dei cristiani Ecumenismo dei martiri «L’ecumenismo dei martiri è un invito rivolto a noi qui e adesso a percorrere insieme il cammino verso un’unità sempre più piena». Lo ha detto Papa Francesco rivolgendosi al patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo di Etiopia, Abuna Matthias I, ricevuto in udienza nella mattina di lunedì 29 febbraio, nella Biblioteca privata. Santità, Cari fratelli in Cristo, È una gioia e un momento di grazia poter dare il benvenuto a tutti voi qui presenti. Saluto con affetto Sua Santità e gli illustri membri della delegazione. Vi ringrazio per le parole di amicizia e di vicinanza spirituale. Per il vostro tramite, porgo cordiali saluti ai vescovi, al clero e all’intera famiglia della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo in tutto il mondo. La grazia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo sia con tutti voi. La visita di Vostra Santità rafforza i legami fraterni che già uniscono le nostre Chiese. Ricordiamo con gratitudine la visita del Patriarca Abuna Paulos a san Giovanni Paolo II nel 1993. Il 26 giugno 2009, Abuna Paulos ritornò per incontrare Benedetto XVI, che lo invitò nell’ottobre dello stesso anno come ospite speciale affinché intervenisse durante la seconda Assemblea per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, parlando della situazione del continente africano e delle sfide dei popoli africani. Nella Chiesa primitiva, era prassi comune che una Chiesa inviasse i suoi rappresentanti ai sinodi delle altre Chiese. Questo senso di condivisione ecclesiale è stato evidente anche nel 2012 in occasione dei funerali di Sua San- tità Abuna Paulos, a cui era presente una delegazione della Santa Sede. Dal 2004, la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali hanno cercato insieme di approfondire la loro comunione attraverso il dialogo teologico portato avanti dalla Commissione Internazionale congiunta. Siamo felici di constatare la crescente partecipazione della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo a questo dialogo. Nel corso degli anni, la Commissione ha esaminato il concetto fondamentale di Chiesa comunione, intesa come partecipazione alla comunione tra Padre, Figlio e Spirito Santo. In tal modo, abbiamo scoperto che abbiamo quasi tutto in comune: una sola fede, un solo Battesimo, un solo Signore e Salvatore Gesù Cristo. Siamo uniti in virtù del Battesimo, che ci ha incorporati nell’unico Corpo di Cristo. Siamo uniti grazie ai vari elementi comuni delle nostre ricche tradizioni monastiche e pratiche liturgiche. Siamo fratelli e sorelle in Cristo. Come è stato più volte osservato, ciò che ci unisce è molto più grande di ciò che ci divide. Sentiamo vere per noi le parole dell’apostolo Paolo: «Se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui» (1 Cor 12, 26). Le sofferenze condivise hanno fatto sì che i cristiani, altrimenti divisi in molti aspetti, si avvicinassero maggiormente gli uni agli altri. Nello stesso modo in cui lo spargimento del sangue dei martiri è diventato il seme di nuovi cristiani nella Chiesa primitiva, oggi il sangue di così tanti martiri appartenenti a tutte le Chiese diventa seme dell’unità dei cristiani. I martiri e i santi di tutte le tradizioni ecclesiali sono già una cosa sola in Cristo; i loro nomi sono scritti nell’unico martyrologium della Chiesa di Dio. L’ecumenismo dei martiri è un invito rivolto a noi qui e adesso a percorrere insieme il cammino verso un’unità sempre più piena. La vostra è stata una Chiesa di martiri fin dal principio, e ancora oggi siete testimoni di una violenza devastante contro i cristiani e contro le altre minoranze in Medio Oriente e in alcune parti dell’Africa. Non possiamo esimerci dal domandare, ancora una volta, a coloro che reggono le sorti politiche ed economiche del mondo, di promuovere una coesistenza pacifica basata sul rispetto reciproco e sulla riconcilia- zione, sul mutuo perdono e sulla solidarietà. Il vostro Paese sta compiendo grandi sforzi per migliorare le condizioni di vita della popolazione e per costruire una società sempre più giusta, basata sullo Stato di diritto e sul rispetto del ruolo delle donne. Ricordo in particolare il problema della mancanza di acqua, con le sue gravi ripercussioni sociali ed economiche. Vi è ampio spazio per la collaborazione tra le Chiese a favore del bene comune e della salvaguardia del creato, e non dubito della disponibilità della Chiesa cattolica di Etiopia a lavorare insieme alla Chiesa ortodossa Tewahedo che Vostra Santità presiede. Santità, cari fratelli, è mia fervida speranza che da questo incontro prenda avvio un nuovo tempo di fraterna amicizia tra le nostre Chiese. Siamo consapevoli che la storia ha lasciato un fardello di dolorosi malintesi e di diffidenza, per il quale chiediamo il perdono e la guarigione di Dio. Preghiamo gli uni per gli altri, invocando la protezione dei martiri e dei santi su tutti i fedeli affidati alle nostre cure pastorali. Che lo Spirito Santo continui a illuminarci e a guidarci verso la concordia e la pace, alimentando in noi la speranza del giorno in cui, con l’aiuto di Dio, saremo uniti intorno all’altare del Sacrificio di Cristo, nella pienezza della comunione eucaristica. Prego Maria, Madre di Misericordia, per ciascuno di voi, con parole tratte dalla vostra bella e ricca tradizione liturgica: “O Vergine, sorgente della fonte della sapienza, irrigami col fiume del vangelo di Cristo, Figlio tuo, e difendimi con la sua croce. Coprimi con la sua misericordia, cingimi con la sua clemenza, rinvigoriscimi con i suoi unguenti, circondami con i suoi frutti. Amen”. Santità, possa Dio Onnipotente benedire abbondantemente il Suo ministero al servizio dell’amato popolo della Chiesa ortodossa etiope Tewahedo. Nel saluto di Abuna Matthias Insieme per dire no a violenze ed estremismi Gratitudine «per la pronta risposta e la cordiale espressione di solidarietà in numerose occasioni, soprattutto durante il recente martirio dei cristiani etiopi da parte di gruppi terroristici», è stata espressa a Papa Francesco dal patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo etiopica, Abuna Matthias I, in un saluto pronunciato in lingua inglese durante l’incontro in Vaticano. Dopo essersi scambiato un fraterno abbraccio nella sala del Tronetto del Palazzo apostolico, il Patriarca e il Pontefice si sono intrattenuti a colloquio nella Biblioteca privata. Successivamente sono state fatte entrare le rispettive delegazioni — quella cattolica era guidata dal cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani — per lo scambio dei doni e dei discorsi. «Il sostegno della vostra Chiesa alle nostre comunità qui a Roma e alle altre nella Diaspora — ha detto il Patriarca — svolge un ruolo fondamentale nel mostrare l’impegno comune per la cura e il sostegno dell’altro» resi nel nome «del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo». Dopo aver ringraziato il Papa «per lo sforzo nel perseverare nella continuità del dialogo teologico internazionale congiunto tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, con la ferma speranza che questo dialogo si tradurrà nella costruzione di una comprensione visibile tra le nostre Chiese», Matthias I ha ricordato le antichissime radici della sua comunità, che ha «conservato la fede dei primi tre concili ecumenici». Infine, attualizzando la riflessione, ha fatto notare come «oggi siamo di fronte a diverse sfide in tutte le parti del mondo», a causa di una recrudescenza «della violenza e dell’estremismo» che mettono in serio pericolo «la vita umana e la stabilità ambientale. A questo proposito sono essenziali — ha aggiunto — i nostri sforzi congiunti, la preghiera e la solidarietà». Da qui l’auspicio conclusivo che «i nostri inviti comuni alla pace e alla giustizia» possano «essere influenti sia a livello locale sia internazionale per il bene della dignità umana e la costruzione di un mondo di pace». All’Angelus il Papa chiede di sostenere i Paesi in prima linea nell’accoglienza ai profughi Risposta corale E saluta con speranza la cessazione delle ostilità in Siria Occorre la collaborazione di tutte le nazioni per sostenere i Paesi in prima linea nell’accoglienza dei profughi: lo ha ricordato Papa Francesco domenica 28 febbraio all’Angelus in piazza San Pietro, dopo una riflessione sulla necessità di convertirsi «per imboccare decisamente la strada del Vangelo». Cari fratelli e sorelle, buongiorno! Ogni giorno, purtroppo, le cronache riportano notizie brutte: omicidi, incidenti, catastrofi... Nel brano evangelico di oggi, Gesù accenna a due fatti tragici che a quel tempo avevano suscitato molto scalpore: una repressione cruenta compiuta dai soldati romani all’interno del tempio; e il crollo della torre di Siloe, a Gerusalemme, che aveva causato diciotto vittime (cfr. Lc 13, 1-5). Gesù conosce la mentalità superstiziosa dei suoi ascoltatori e sa che essi interpretano quel tipo di avvenimenti in modo sbagliato. Infatti pensano che, se quegli uomini sono morti così crudelmente, è segno che Dio li ha castigati per qualche colpa grave che avevano commesso; come dire: “se lo meritavano”. E invece il fatto di essere stati risparmiati dalla disgrazia equivaleva a sentirsi “a posto”. Loro “se lo meritavano”; io sono “a posto”. Gesù rifiuta nettamente questa visione, perché Dio non permette le tragedie per punire le colpe, e afferma che quelle povere vittime non erano affatto peggiori degli altri. Piuttosto, Egli invita a ricavare da questi fatti dolorosi un ammonimento che riguarda tutti, perché tutti siamo peccatori; dice infatti a coloro che lo avevano interpellato: «Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo» (v. 3). Anche oggi, di fronte a certe disgrazie e ad eventi luttuosi, può venirci la tentazione di “scaricare” la responsabilità sulle vittime, o addirittura su Dio stesso. Ma il Vangelo ci invita a riflettere: che idea di Dio ci siamo fatti? Siamo proprio convinti che Dio sia così, o quella non è piuttosto una nostra proiezione, un dio fatto “a nostra immagine e somiglianza”? Gesù, al contrario, ci chiama a cambiare il cuore, a fare una radicale inversione nel cammino della nostra vita, abbandonando i compromessi con il male — e questo lo facciamo tutti, i compromessi con il male — le ipocrisie — io credo che quasi tutti ne abbiamo almeno un pezzetto di ipocrisia —, per imboccare decisamente la strada del Vangelo. Ma ecco di nuovo la tentazione di giustificarci: “Ma da che cosa dovremmo convertirci? Non siamo tutto sommato brava gente?”. Quante volte abbiamo pensato questo: “Ma, tutto sommato io sono uno bravo, sono una brava — non è così? — non siamo dei credenti, anche abbastanza praticanti?”. E noi crediamo che così siamo giustificati. Purtroppo, ciascuno di noi assomiglia molto a un albero che, per anni, ha dato molteplici prove della sua sterilità. Ma, per nostra fortuna, Gesù è simile a quel contadino che, con una pazienza senza limiti, ottiene ancora una proroga per il fico infecondo: «Lascialo ancora quest’anno — dice al padrone — […] Vedremo se porterà frutto per l’avvenire» (v. 9). Un “anno” di grazia: il tempo del ministero di Cristo, il tempo della Chiesa prima del suo ritorno glorioso, il tempo della nostra vita, scandito da un certo numero di Quaresime, che ci vengono offerte come occasioni di ravvedimento e di salvezza, il tempo di un Anno Giubilare della Misericordia. L’invincibile pazienza di Gesù! Avete pensato, voi, alla pazienza di Dio? Avete pensato anche alla sua irriducibile preoccupazione per i peccatori, come dovrebbero provocarci all’impazienza nei confronti di noi stessi! Non è mai troppo tardi per convertirsi, mai! Fino all’ultimo momento: la pazienza di Dio che ci aspetta. Ricordate quella piccola storia di santa Teresa di Gesù Bambino, quando pregava per quell’uomo condannato a morte, un criminale, che non voleva ricevere il conforto della Chiesa, respingeva il sacerdote, non voleva: voleva morire così. E lei pregava, nel convento. E quan- do quell’uomo era lì, proprio al momento di essere ucciso, si rivolge al sacerdote, prende il Crocifisso e lo bacia. La pazienza di Dio! E fa lo stesso anche con noi, con tutti noi! Quante volte — noi non lo sappiamo, lo sapremo in Cielo —, quante volte noi siamo lì, lì… [sul punto di cadere] e il Signore ci salva: ci salva perché ha una grande pazienza per noi. E questa è la sua misericordia. Mai è tardi per convertirci, ma è urgente, è ora! Incominciamo oggi. La Vergine Maria ci sostenga, perché possiamo aprire il cuore alla grazia di Dio, alla sua misericordia; e ci aiuti a non giudicare mai gli altri, ma a lasciarci provocare dalle disgrazie quotidiane per fare un serio esame di coscienza e ravvederci. Al termine della preghiera, dopo l’appello per i profughi, il Papa ha espresso speranza per gli spiragli di pace in Siria e ha manifestato vicinanza alle popolazioni delle isole Fiji colpite in questi giorni da un devastante ciclone. Cari fratelli e sorelle, la mia preghiera, e anche la vostra, ha sempre presente il dramma dei profughi che fuggono da guerre e altre situazioni disumane. In particolare, la Grecia e gli altri Paesi che sono in prima linea stanno prestando ad essi un generoso soccorso, che necessita della collaborazione di tutte le nazioni. Una risposta corale può essere efficace e distribuire equamente i pesi. Per questo occorre puntare con decisione e senza riserve sui negoziati. In pari tempo, ho accolto con speranza la notizia circa la cessazione delle ostilità in Siria, e invito tutti a pregare affinché questo spiraglio possa dare sollievo alla popolazione sofferente, favorendo i necessari aiuti umanitari, e apra la strada al dialogo e alla pace tanto desiderata. Voglio inoltre assicurare la mia vicinanza al popolo delle Isole Fiji, duramente colpito da un devastante ciclone. Prego per le vittime e per quanti sono impegnati nel prestare soccorso. Rivolgo un cordiale saluto a tutti voi pellegrini di Roma, dell’Italia e di diversi Paesi. Saluto i fedeli provenienti da Danzica, gli indigeni del Biafra, gli studenti di Zaragoza, Huelva, Córdoba e Zafra, i giovani di Formentera e i fedeli di Jaén. Saluto i gruppi di polacchi residenti in Italia; i fedeli di Cascia, Desenzano del Garda, Vicenza, Castiglione d’Adda e Rocca di Neto; come pure i numerosi giovani della Tendopoli di San Gabriele dell’Addolorata, guidati dai Padri Passionisti; i ragazzi degli Oratori di Rho, Cornaredo e Pero, e quelli di Buccinasco; e la Scuola delle Suore Dimesse Figlie di Maria Immacolata di Padova. Saluto il gruppo venuto in occasione della “Giornata per le malattie rare”, con una preghiera speciale e un incoraggiamento alle vostre associazioni di mutuo aiuto. A tutti auguro una buona domenica. Non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!
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