Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLV n. 184 (47.022) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano venerdì 14 agosto 2015 . Decine di morti e centinaia di feriti tra la popolazione sciita La corporeità nella luce dell’Assunta Strage dell’Is in un mercato di Baghdad Un senso oltre i sensi di MAURIZIO GRONCHI BAGHDAD, 13. Ancora sangue innocente nelle strade della capitale irachena Baghdad. È accaduto nelle primissime ore del mattino nell’affollato mercato di Jameela nel quartiere di Sadr City, abitato in maggioranza da sciiti. L’esplosione di un camion bomba ha ucciso decine di persone — settantaquattro morti accertati nel momento in cui andiamo in stampa, ma il bilancio sembra purtroppo destinato a salire — e ne ha ferite più di duecento. L’attentato è stato ri- vendicato dal cosiddetto Stato islamico (Is). Le vittime nel mercato, compresi donne e bambini, sono ovviamente civili, ma il comunicato di rivendicazione diffuso dall’Is su internet afferma che l’attentato ha voluto colpire l’esercito iracheno e le milizie sciite. Nei giorni scorsi, comunque, l’Is aveva ribadito di considerare le popolazioni sciite tra i suoi principali obiettivi. Nonostante l’inequivocabile condanna da parte di tutte le principali autorità religiose sunnite, la confessione islamica alla quale il gruppo terrorista pretenderebbe di appartenere, le divisioni confessionali continuano ad avere un peso nei conflitti in Iraq e più in generale nel Vicino oriente. Diversi osservatori sottolineano questa componente anche nella fase di forti tensioni politiche registrate in queste ore in Iraq. Qui il primo ministro, Haider Al Abadi, che nei giorni scorsi aveva annunciato un Spaventose esplosioni devastano il sito industriale della città cinese di Tianjin Inferno di fuoco Le fiamme provocate dalle deflagrazioni nel porto di Tianjin (Reuters) PECHINO, 13. Terrore, devastazione e vittime a Tianjin, città portuale del nord est della Cina, dopo una serie di spaventose deflagrazioni, potenti quanto un sisma, verificatesi nel distretto industriale. Il bilancio provvisorio parla di almeno 50 morti e 700 feriti. Tra le vittime ci sono 12 vigili del fuoco; 66 persone sono state ricoverate in ospedale in gravissime condizioni. Ancora non sono chiare le cause delle esplosioni: la polizia ha fer- mato il responsabile dell’azienda che controlla il distretto industriale. Dopo le esplosioni, in pochi minuti fiamme si sono rapidamente diffuse in tutta la zona, devastando container e magazzini. Vetri e detriti sono arrivati a chilometri di distanza, mentre una nube di fumo nero ha ricoperto la città. «La palla di fuoco era enorme, alta un centinaio di metri», ha raccontato il ventisettenne Huang Shiting, che vive nei pressi del sito industriale. «Ho sentito la prima esplosione: sono usciti tutti dalle case, poi ce ne sono state altre, i vetri delle finestre sono andati in frantumi e tante persone sono rimaste ferite e sono uscite dalle case coperte di sangue» ha aggiunto il testimone. Sul posto sono state inviate squadre specializzate per il rischio che possano verificarsi nuove esplosioni nei depositi di materiale chimico. «Piena solidarietà» alla Cina per quanto accaduto è stata espressa dall’Unione europea, che si è detta pronta a inviare aiuti. piano di riforme anticorruzione per fronteggiare il malcontento popolare, ha licenziato ieri il segretario generale del Consiglio dei ministri, Hamid Khalaf Ahmed, considerato un fedelissimo dell’ex premier Nuri Al Maliki Ma ci sono anche i contrasti confessionali, oltre che etnici, tra le cause, peraltro soprattutto politiche, della mancata coesione tra tutti i Governi, dell’area e non solo, che dichiarano di voler combattere l’Is. Ne offre una dimostrazione la vicenda siriana, dove il gruppo jihadista si è inserito da oltre un anno nello spaventoso conflitto civile che devasta il Paese dal 2011. Proprio ieri, i cacciabombardieri F-16 statunitensi hanno effettuato i primi raid contro l’Is in territorio siriano partendo dalla base turca di Incirlik. Nel darne notizia, il Pentagono ha specificato che ai raid partecipa anche l’aviazione turca, che da giorni sta colpendo soprattutto postazioni dei curdi nel nord dell’Iraq. Come noto, la coalizione internazionale contro l’Is guidata dagli Stati Uniti opera in territorio siriano senza il consenso del Governo di Damasaco, contrariamente a quanto accade in Iraq. Ma nell’intricata interconnesione dei contrasti tra le potenze dell’aerea e dei loro rispettivi alleati, i rapporti tra i soggetti coinvolti non rispondono a scelte di campo rigide. Sempre ieri, Mohammad Javad Zarif, il ministro degli Esteri dell’Iran, cioè di un Paese che sostiene la lotta dell’Iraq contro l’Is, si è recato in visita a Damasco e ha nuovamente assicurato sostegno al Governo del presidente Bashar Al Assad. Zarif ha invitato gli attori regionali a combattere contro il terrorismo e l’estremismo. Non sono stati diffusi dettagli sui colloqui tra Zafir e lo stesso Al Assad, ma tanto l’agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna, quanto quella siriana Sana hanno parlato di «positivi scambi di opinione». Alla vigilia del viaggio di Zarif in Libano e Siria, la portavoce del ministero degli Esteri iraniano, Marzieh Afkham, aveva dichiarato che Teheran avrebbe pronto un nuovo piano di pace per la Siria basato «sul rispetto del legittimo diritto del popolo siriano a ottenere riforme e a decidere del proprio futuro». Passi in avanti nell’ultimo round di negoziati sotto l’egida dell’O nu y(7HA3J1*QSSKKM( +\!z!:!#!&! Verso un Governo di unità nazionale in Libia TRIPOLI, 13. Trovare un accordo politico entro tre settimane: questo l’impegno preso dalle fazioni in conflitto in Libia nella dichiarazione finale dell’ultimo round di colloqui di pace che si è tenuto ieri a Ginevra, secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite, sotto la cui egida si è tenuto l’incontro. «Le parti hanno sottolineato la loro determinazione a concludere il processo di dialogo al più presto, fissando la data limite ad entro le prossime tre settimane» si legge nella dichiarazione della missione dell’Onu di Supporto in Libia (Unsmil), guidata dall’inviato speciale Bernardino Léon. Questi, che ha presieduto una sessione plenaria alla quale hanno partecipato tutte le delegazioni (inclusa quella del Congresso di Tripoli), ha fatto appello alle parti a trovare un accordo in vista della formazione di un Governo di unità nazionale entro la fine di agosto. Resta però al momento senza spiegazione la notizia, poi smentita, delle dimissioni del premier Al Thani, alla guida del Governo di Tobruk. In realtà, spiegano fonti di stampa, il premier avrebbe soltanto dato la propria disponibilità a fare un passo indietro per il bene del Paese. Dallo scorso anno la Libia è divisa in due entità separate. Da una parte vi è un Parlamento eletto nel giugno 2014 con sede a Tobruk e che opera nell’area orientale del Paese, la Cirenaica; dall’altra un’amministrazione sostenuta da gruppi islamisti che governa la capitale, Tripoli, e che controlla gran parte delle regioni occidentali. Nel mezzo vi so- no le milizie di Misurata e di Zintan, che sostengono rispettivamente Tripoli e Tobruk, e una miriade di gruppi armati che seguono agende locali e stringono alleanze mutevoli. A complicare questo scenario ci sono i militanti armati fedeli ad Al Qaeda e i miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is), che controllano importanti centri del Paese, e che sono attivi anche nella vicina Tunisia. Ieri le autorità tunisine hanno arrestato, nel governatorato di Sidi Bouzid (197 chilometri a sud ovest di Tunisi), quattro persone sospettate di appartenere a cellule terroriste. Fonti della sicurezza hanno riferito che tre persone sono state arrestate nell’area di Meknassi nella parte meridionale del governatorato di Sidi Bouzid, mentre un altro arresto è avvenuto nella città di Sidi Bouzid. el mezzo dell’estate, la celebrazione di Maria assunta, innalzata alla gloria del cielo in corpo e anima, ci offre l’occasione per avanzare qualche riflessione sulla nostra corporeità, sulla realtà che sperimentiamo, con lo sguardo rivolto al destino eterno che la Madre del Signore ha anticipato prendendo parte alla gloria del Figlio. Il corpo: niente di più concreto e immediato, tanto da attrarre o respingere, da curare o disprezzare, da cercare o fuggire, da amare o odiare. Complesso equilibrio, difficile armonia, sia nella prassi che nella teoria, quello tra esaltazione e sottovalutazione della corporeità. Non esiste un corpo uguale all’altro. Questa è la prima meraviglia, che muove alla scoperta dell’altro e di se stessi. Percepibile nel suo misterioso formarsi, continua e sorprendente nuova creazione, frammento e universo compiuto, il corpo è un mondo, la figura integrale della persona, percepita dallo sguardo e da tutti gli altri sensi, che ne veicolano il contatto, la conoscenza, l’intimità. Tuttavia, ciò che l’esperienza dice del corpo non è tutto. C’è bisogno di senso oltre i sensi, o meglio, si tratta di cercare il senso dei sensi. Che cosa significa il corpo? Da dove viene? Cosa farne? Quale sarà il suo ultimo destino? Sono domande che riguardano tutti i corpi, il proprio e quello altrui. Le risposte sono molteplici: il rispetto, la cura, la bellezza, la salute, la forza, il piacere, la fatica, il dolore, lo sport, il riposo. Il cristianesimo, lungo la sua storia, spesso ne ha relativizzato l’importanza, in favore della dimensione interiore, spirituale, ovvero dell’anima invisibile. In verità, la fede cristiana trae origine da un evento di estrema corporeità — l’incarnazione di Dio — e tutto nella fede parla di corpo, dall’Eucaristia alla Chiesa, fino alla carne di Cristo che sono i poveri e gli ammalati. Il corpo di Gesù, vissuto, donato, crocifisso ed entrato nell’eternità di Dio è il mistero su cui poggia tutta l’esistenza credente. «È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità», scrive san Paolo (Colossesi, 2, 9). Prendere sul serio la carne assunta e salvata da Gesù significa riabilitare l’integralità dell’essere umano, a partire dalla sua fragilità e vulnerabilità, al di là di ciò a cui talvolta si rischia di dare priorità, ovvero alla razionalità, alla integrità fisica, alla salute men- N tale. Anche il corpo parla, ha il suo linguaggio, specialmente quando la persona manca della perfezione dei sensi, è menomata, disabile, sia fisicamente che psichicamente. Dunque, il corpo, non solo nella sua bellezza e salute, ma anche nella sua sfigurazione dovuta all’imperfezione, alla malattia, al danno, merita di essere amato. Perciò Gesù si è paragonato al medico di cui hanno bisogno i malati (cfr. Matteo, 9, 12). Così la stupefacente diversità di donna e uomo, l’evoluzione naturale di bambino, giovane, adulto, anziano, dal nascere al morire, annunciano che qui, nel corpo, la vita si compie. Questo è il luogo misterioso e stupendo dell’identità personale, schermo su cui si riflettono anima e cuore, specchio dell’essere, in cui ciò che siamo si esprime fino al vertice estremo di sé: l’amore e il dolore. Pertanto, ogni corpo esige irrinunciabile rispetto, meravigliata ammirazione, custodia premurosa, perché un giorno, quando avrà nuova vita oltre la morte, possa essere riconosciuto nella sua verità e bellezza infinita. Fino a allora siamo creature incomplete, che non nascono già fatte, ma bisognose di storia, di relazioni, di amore, di grazia e di perdono, per diventare pienamente se stesse. Il corpo del Figlio di Dio, nella tenerezza della sua nascita nel tempo come nella sua vulnerabilità sulla croce, dischiude a ogni uomo questa speranza. I racconti evangelici conservano mirabilmente la testimonianza che il risorto porta con sé le ferite della passione, attestando così la permanenza trasfigurata della nostra vulnerabilità, quale segno del dolore ingiusto sopportato per amore di tutti. La fragilità, dunque, da motivo di vergogna e ostacolo da superare diviene sigillo dell’umanità antica e rinnovata dalla Pasqua del Signore, di cui Maria è partecipe in pienezza come prima tra le creature. Maria è piena di grazia Ci offre un rifugio sicuro nel momento della tentazione (@Pontifex_it) In occasione della solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria il nostro giornale non uscirà La pubblicazione riprenderà con la data 17-18 agosto Dormizione di Maria Oggi il cielo dei cieli la professa sorella Angelus del 15 agosto 1965 Il momento è propizio per ascoltare Le delegazioni riunite a Ginevra (Afp) PAOLO VI A PAGINA Icona della dormizione della Madre di Dio (Tirana, 5 XVIII secolo) MANUEL NIN A PAGINA 7 L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 14 agosto 2015 La giunta militare di fatto al potere in Myanmar (Ansa) Terza svalutazione in 72 ore Yuan sempre più in basso PECHINO, 13. Terzo giorno di svalutazione per lo yuan, mentre in Asia cominciano a emergere segnali di relativa stabilizzazione dei mercati azionari e delle valute. La Banca centrale cinese ha fissato la parità centrale della divisa a 6,4010, l’1,1 per cento sotto il limite del giorno precedente (6,3306), che a sua volta risultava più basso dell’1,6 rispetto a quello di martedì (meno 1,9 su lunedì). In tre giorni dunque il deprezzamento dello yuan ha raggiunto il 4,6 per cento. La mossa ha incassato il plauso del Fondo monetario internazionale (Fmi). «Si tratta di una mossa benvenuta» secondo l’Fmi, perché dà più spazio alle forze di mercato in vista di un regime di cambio libero auspicato «entro due o tre anni». Secondo indiscrezioni riportate dalla stampa, all’interno del Governo cinese ci sarebbero diverse personalità che spingono per un deprezzamento complessivo intorno al dieci per cento, da realizzarsi gradualmente. Anche oggi, tuttavia, la Banca centrale cinese ha sottolineato in un comunicato di essere in favore di «un cambio stabile a un livello ragionevole e di equilibrio»: i fondamentali in crescita dell’economia, il surplus commerciale, la solida posizione fiscale e le ampie riserve valutarie offrono, ha evidenziato, «un forte sostegno» al tasso di cambio. In un raro briefing, il vicegovernatore dell’istituto, Yi Gang, ha ripetuto questi concetti sulla «mancanza di basi per un persistente trend di deprezzamento». La Banca intende aprirsi comunque al mercato valutario: «L’obiettivo è quello di lasciare che sia il mercato a decidere il tasso di cambio della valuta cinese» ha detto Yi Gang. L’agenzia Fitch, intanto, ha sottolineato che gli ultimi sviluppi sono evidentemente legati a «più ampie pressioni sull’economia» e d’altra parte evidenziano che Pechino resta orientata verso riforme orientate al mercato. Intanto gli investitori, incoraggiati dal recupero finale a Wall Street di ieri sera dopo il flop delle piazze europee, sembrano aver ridimensionato i timori di forte destabilizzazione dei mercati, nella speranza che Pechino freni ulteriori svalutazioni. A Tokyo la Borsa ha oscillato per lo più in territorio positivo, ignorando i dati peggiori delle attese sugli ordini di macchinari industriali. L’indice Nikkei ha chiuso in rialzo dello 0,99. La Borsa di Shanghai ha avuto un andamento volatile, tra un avvio positivo e un successivo ripiegamento, prima di chiudere in rialzo dell’1,76 per cento. Il dollaro ha perso un po’ di forza anche perché gli investitori sono ormai meno convinti che la Federal Reserve avvierà la manovra di rialzo dei tassi americani già il prossimo 17 settembre. Tuttavia, come sottolineano gli esperti, la svalutazione cinese s’inserisce intanto in un quadro più ampio: quello della generale difficoltà per la regione asiatica. Anche la ter- za economia mondiale, il Giappone, sta dando segnali di frenata. Il prodotto interno lordo (pil) giapponese del secondo trimestre, che sarà annunciato lunedì prossimo, secondo la maggior parte delle previsioni degli analisti tornerà a manifestare una contrazione, dopo la buona performance dei primi tre mesi dell’anno. Un autorevole consigliere del Governo, Etsuro Honda, ha dichiarato che se i dati sul pil saranno deludenti, occorrerà introdurre una nuova manovra di stimolo da circa tremila miliardi di yen, equivalenti a circa 24 miliardi di dollari. Vari analisti — citati dalla stampa internazionale — ritengono altresì che la Banca del Giappone dovrà procedere a ulteriori allentamenti della già ultraespansiva politica monetaria se l’effetto Cina (svalutazione dello yuan, ulteriori pressioni al ribasso sui prezzi delle materie prime) dovessero rafforzare le tendenze deflazionistiche che sono riemerse. La sensazione diffusa a Tokyo è che sia necessario un riassetto della politica economica decisa dal premier Abe. Esplosione in un gasdotto messicano CITTÀ DEL MESSICO, 13. Almeno cinque persone sono morte a causa di un’esplosione in un gasdotto nei pressi di Monterrey, nello Stato di Nuevo Léon, nel nord est, probabilmente dovuta a un tentativo di furto. Le autorità di Nuevo Léon hanno informato che i corpi non sono ancora stati identificati. Il gasdotto colpito appartiene alla compagnia petrolifera pubblica Pemex, che ha denunciato un aumento dei furti nelle sue istallazioni. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Non si allenta la morsa talebana sull’Afghanistan Rimosso il capo del partito al Governo Stretta dei militari in Myanmar NAYPYIDAW, 13. Ore di alta tensione in Myanmar. Il quartier generale del partito al potere nel Paese asiatico è stato circondato questa mattina da soldati dell’esercito e delle forze di sicurezza. A riferirlo sono stati esponenti del Partito per la solidarietà e lo sviluppo, ai quali è stato imposto di non lasciare l’edificio nella capitale. Nei giorni scorsi si era aperto uno scontro tra i vertici del Governo civile e la giunta militare ancora di fatto al potere circa la selezione dei candidati in vista delle elezioni politiche del prossimo 8 novembre. Poche ore dopo l’azione dei militari, è stata annunciata la rimozione del segretario generale del partito. «Mi hanno chiamato e detto che non c’è più bisogno che mi rechi nell’ufficio», ha affermato Maung Maung Thein, alla guida della formazione politica, entrato di recente in contrasto con il presidente Thein Sein, sul tema della riforma elettorale. Al posto di Shwe Mann, che manterrà comunque la carica di presidente della Camera, è stato nominato Htay Oo, vicino al presidente Thein Sein. La mossa della giunta — dicono gli analisti — sarebbe tesa a impedire che Shwe Mann, considerato molto vicino alla leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi, si candidi alle presidenziali del prossimo 8 novembre. Il termine per la presentazione delle candidature è domani e, a questo punto, per Shwe Mann sarà molto difficile riuscire a presentarsi. Già nell’aprile del 2012, si sono tenute elezioni politiche in Myanmar: solo una piccola parte dei seggi del Parlamento venne però assegnata a candidati non strettamente legati alla giunta. Il segretario di Stato John Kerry all’inaugurazione dell’ambasciata statunitense a Cuba Stars and Stripes all’Avana Auspici della Casa Bianca per l’approvazione della rimozione dell’embargo L’AVANA, 13. È tutto pronto per la cerimonia dell’alzabandiera, domani, nell’ambasciata statunitense a Cuba, riaperta dopo decenni e che rappresenta il segno più tangibile dei risultati già raggiunti nel processo di pacificazione tra i due Paesi a meno di un anno dall’annuncio che ne avevano fatto il presidente statunitense, Barack Obama, e quello cubano, Raúl Castro. A issare la Stars and Stripes (“stelle e striscie”) all’Avana sarà il segretario di Stato americano, John Kerry. Questi è il primo segretario di Stato in carica a recarsi nel Paese caraibico dal 1945. E l’attesa conferenza stampa congiunta con il ministro degli Esteri cubano, Bruno Rodríguez, sarà la prima dal 1959, ovvero da quando la rivoluzione cubana fece cadere il dittatore sostenuto dagli Stati Uniti, Fulgencio Batista. Qualche polemica, intanto, ha suscitato a Washington la decisione governativa di non invitare alla cerimonia nessun rappresentante di quei dissidenti cubani che per oltre mezzo secolo sono stati l’unico canale di contatto fra gli Stati Uniti e Cuba. Kerry li incontrerà comunque a margine dell’evento. La decisione dell’Amministrazione di Obama nasce sia dalla volontà di non creare tensioni con le autorità cubane, e persino incidenti, in una giornata storica, sia soprattutto dalla convinzione che trattare direttamente con il Governo dell’Avana si tradurrà nel lungo termine in maggiori riforme democratiche nell’isola. Tra l’altro, proprio ieri il portavoce del dipartimento di Stato, Mark Toner, ha ribadito che «gli Stati Uniti non si tireranno indietro sul tema dei diritti umani a Cuba». Barack Obama si augura che il Congresso approvi la rimozione dell’embargo a Cuba e la chiusura del carcere di Guantanamo, alla quale sta lavorando con un piano che dovrebbe essere presentato dopo la pausa estiva. Il presidente statunitense ha finora fatto tutto quello che la sua auto- Due morti, un disperso e migliaia di sfollati nella regione di Buenos Aires Emergenza inondazioni in Argentina Allagamenti a Luján (Reuters) Obama scrive al «New York Times» a margine dei disordini di Ferguson Orgoglio afroamericano WASHINGTON, 13. Intervento del presidente Obama sul «New York Times». In un articolo il capo della Casa Bianca ha voluto replicare ieri a un testo pubblicato lo scorso 2 agosto sul magazine del quotidiano e dedicato ai cinquant’anni del Voting Rights Act, la legge che ha concesso il voto agli afroamericani. Nell’articolo veniva ripercorsa la storia di Rosanell Eaton, uno degli «eroi americani» che ha combattuto per ottenere il diritto di voto. «Sono oggi dove sono solo grazie a uomini e donne come Rosanell Eaton GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio che hanno rifiutato di accettare qualsiasi cosa che non fosse la piena uguaglianza. I loro sforzi hanno reso questo Paese migliore. E ora sta a noi continuare i loro sforzi» ha scritto Obama. «Gli Sati devono rendere più facile per gli americani far sentire la loro voce. E noi dobbiamo esercitare il nostro diritto, come cittadini, di votare». L’intervento del presidente arriva in un momento delicatissimo: sono ancora aperte le ferite causate dalla morte di Michael Brown, il diciottenne nero ucciso a Ferguson, in Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione rità gli consentiva per avviare il processo di distensione nei rapporti con l’Avana. E dalla sua ha anche le aziende che attendono indicazioni precise e guardano con interesse a Cuba e al suo mercato pieno di nuove occasioni, pronte a sbarcarvi non appena le norme sull’embargo saranno chiarite. KABUL, 13. Ancora una strage a opera dei talebani in Afghanistan: un commando di miliziani, camuffati con divise della polizia e alla guida di veicoli identici a quelli governativi, si è infiltrato ieri in una caserma a Musa Qala, nella provincia meridionale di Helmand, una delle zone più instabili e pericolose del Paese. Approfittando dell’effetto sorpresa, il commando ha quindi ucciso quattordici agenti sparando all’impazzata e si è impadronito delle loro armi di ordinanza. Come hanno riferito fonti riservate delle forze di sicurezza, durante la fuga i talebani hanno attaccato un posto di blocco e causato la morte di un altro poliziotto. L’azione è poi stata rivendicata da un portavoce degli aggressori, Qari Yousuf Ahmadi. Intanto, fonti di stampa riferiscono che una delegazione guidata dal ministro degli Esteri afghano, Salahuddin Rabbani, arriverà in Pakistan per chiedere «l’arresto e l’espulsione di leader talebani dal suo suolo nazionale». Secondo una fonte anonima, alla visita, prenderà parte anche il ministro della Difesa, Masoom Stanekzai. Dopo i recenti attacchi terroristici a Kabul che hanno causato oltre cinquanta morti, il Governo afghano ha accusato la dirigenza pachistana di non impegnarsi abbastanza contro il terrorismo islamico. In una conferenza stampa, il presidente afghano, Ashraf Ghani, aveva detto che «gli organizzatori degli attacchi terroristici e i centri di addestramento sono ancora in Pakistan». E oggi i vertici dell’intelligence di Kabul hanno confermato che «alcuni particolari gruppi dell’esercito pakistano sono dietro gli attentati». Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Missouri, da un agente bianco (poi assolto) mentre era disarmato. Nei giorni scorsi, a un anno dal tragico episodio, si sono tenute in numerosi Stati manifestazioni per protestare contro il comportamento della polizia americana nei confronti dei cittadini afroamericani. E ci sono stati anche nuovi casi di violenza. Pochi giorni fa un diciannovenne nero, Christian Taylor, è stato ucciso mentre era disarmato da un agente bianco ad Arlington. L’agente è stato licenziato. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale BUENOS AIRES, 13. Non dà tregua il maltempo che colpisce dalla scorsa settimana la regione di Buenos Aires, la più estesa e popolosa dell’Argentina, dove le piogge torrenziali hanno provocato inondazioni importanti, con un bilancio provvisorio di due morti, un disperso e oltre undicimila persone fatte sgomberare. Oltre quaranta i comuni coinvolti. L’emergenza — dicono fonti di stampa — è altissima e i soccorsi alla popolazione sempre più necessari. Secondo stime diffuse dalla stampa locale, nei due primi giorni della settimana sono caduti circa 240 millimetri di pioggia sulla regione centrale e settentrionale dell’area di Buenos Aires, che ha un’estensione di oltre tremila chilometri quadrati, il che rappresenta quasi il doppio della media di precipitazioni registrate storicamente durante il mese di agosto. Particolarmente grave la situazione nella città di Luján, dove si trova il principale santuario cattolico argentino. Altri territori piegati dalle inondazioni sono il comune di Salto e la provincia di Santa Fe, a nord di Buenos Aires. Molte altre località sono state quasi sommerse. Nel 2013 le inondazioni causarono almeno ottanta morti nella regione di La Plata. Alle piogge si sono aggiunte oggi raffiche di vento che hanno raggiunto i settanta chilometri orari e hanno reso ancora più difficile le operazioni di soccorso per chi è rimasto intrappolato dalle inondazioni, che hanno coperto quartieri in- Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 teri. Come detto, sono stati segnalati due morti: si tratta di un uomo morto nell’incendio della sua casa, dopo aver rifiutato di essere portato via, nella località di Campana, e di un residente a Quilmes, nella periferia della capitale argentina, trovato morto nella sua casa invasa dall’acqua. Il Governo, intanto, sta rafforzando le misure di sicurezza. Il ministro dell’Economia argentino, Axel Kicillof, ha detto che saranno a breve stanziati aiuti per le persone che hanno perso la casa. L’attuale governatore di Buenos Aires, Daniel Scioli, candidato alle presidenziali, è tornato dalle ferie per dirigere personalmente i soccorsi. Le autorità hanno comunque fatto sapere che i lavori di drenaggio delle acque stanno procedendo e che sono già stati ridotti molti dei danni causati dalle piogge. Tuttavia, secondo la Reuters, proseguono le proteste dei cittadini che lamentano l’inefficacia degli interventi. Preoccupazione per la situazione causata dalle inondazioni è stata espressa ieri dai vescovi argentini, riuniti per la Commissione permanente della Conferenza episcopale. I vescovi — si legge in una nota — hanno pregato perché gli argentini possano restare «uniti nell’assistenza». La Caritas, ha riferito il presidente Óscar Vicente Ojea, vescovo di San Isidro, sta lavorando insieme alle parrocchie e alle équipe di emergenza nazionale e regionali coinvolte nell’aiuto alle vittime. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 14 agosto 2015 pagina 3 Profughi siriani su un gommone arrivato nell’isola greca di Kos (Afp) I creditori intendono revisionare il piano nonostante l’accordo con Tsipras Bruxelles frena sul salvataggio greco ATENE, 13. Bruxelles tiene la briglia tirata sulla Grecia. In vista dell’Eurogruppo di domani, venerdì, fonti europee fanno sapere che a ottobre i creditori intendono revisionare il previsto piano di salvataggio da 86 miliardi di euro. «Ci sarà una forte revisione dell’implementazione delle misure prevista dal piano a ottobre» spiegano le fonti. Inoltre gli aiuti alle banche greche, circa dieci miliardi di euro iniziali, verranno immessi in un conto dell’Esm (il fondo salvaStati dell’Ue) e congelati in attesa di conoscere i risultati degli stress test attivati dalla Bce (Banca centrale eu- ropea) e che si concluderanno a ottobre. La frenata europea risente soprattutto dei dubbi tedeschi. Nonostante l’accordo tra i creditori e il Go- verno greco del premier Alexis Tsipras sul nuovo memorandum (l’insieme delle condizioni che permettono il lancio del salvataggio), e la volontà dei greci di approvare già do- In Ucraina scontri tra esercito e filorussi KIEV, 13. Fiammata di violenze in Ucraina. Intensi combattimenti tra l’esercito di Kiev e i ribelli filorussi si sono verificati oggi a Mariupol, nell’est dell’Ucraina. Lo riferiscono fonti militari di Kiev, aggiungendo che almeno un soldato è morto e altri tre sono rimasti feriti. Secondo testimoni, i due schieramenti si contendono, a colpi di razzi e mortai, il controllo dell’autostrada che collega la città a Donetsk. Stando a fonti militari filorusse, i combattimenti vanno avanti da tre giorni e sono più intensi di quelli avvenuti dallo scorso febbraio, quando le due parti concordarono una tregua a Minsk. E nelle ultime ore anche l’Unione europea ha denunciato un’escalation di attacchi diretti contro le aree sotto controllo del Governo di Kiev nella parte orientale dell’Ucraina, sottolineando come tali azioni costituiscano una violazione degli accordi di pace. «Gli accordi di Minsk devono essere attuati in buona fede, a partire da un pieno rispetto del cessate il fuoco e da un vero ritiro delle armi pesanti» ha fatto presente Bruxelles. Due giorni fa Kiev ha apertamente accusato i ribelli di aver sferrato pesanti attacchi, puntando il dito anche contro Mosca. Quest’ultima, tuttavia, ha negato più volte un suo diretto coinvolgimento. I ribelli filorussi hanno comunque smentito di aver aperto il fuoco contro le postazioni ucraine, mentre a loro volta hanno accusato le forze governative di Kiev di essersi rese responsabili di una quarantina di violazioni di cessate il fuoco in 24 ore. «Il rinnovato intensificarsi del conflitto con un numero più alto di feriti e vittime nelle aree sotto controllo del Governo a Starohnativka viola lo spirito e la lettera degli accordi di pace» riporta sempre l’Ue. Bandiere sventolano ad Atene durante una manifestazione dei sostenitori dell’euro (Ap) Incontro del commissario Ue con i ministri greci Solidarietà sulla questione migratoria BRUXELLES, 13. Solidarietà agli Stati membri dell’Unione europea per aiutare quelli più direttamente investiti dai flussi di profughi e migranti è stata chiesta ieri dal commissario europeo per l’immigrazione, Dimitris Avramopoulos. Il commissario incontra oggi a Bruxelles i ministri greci per definire interventi sulla crisi in atto nell’isola di Kos, nell’Egeo orientale. Già ieri Avra- Attaccato un accampamento palestinese mentre la polizia israeliana intensifica le azioni contro i coloni Ancora violenze in Cisgiordania TEL AVIV, 13. Non accenna a diminuire la tensione in Cisgiordania. Stando a fonti della stampa locale, questa mattina un accampamento palestinese è stato dato alle fiamme nei pressi del villaggio di Ein Samia, vicino a Ramallah, e la parola «vendetta» in ebraico è stata trovata scritta su una pietra. La polizia ha riferito che non ci sono state vittime a seguito di quello che è definito «un sospetto atto di estremisti ebrei» vicini al movimento dei coloni. Il Governo del premier Benjamin Netanyahu ha deciso due settimane fa di lanciare una vasta operazione antiterrorismo per cercare di fermare l’ondata di violenza da parte dei coloni in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Due settimane fa in un attacco incendiario a una casa palestinese a Douma, vicino Nablus, sono morti un bambino e suo padre. Alcuni bombe motolov erano state lanciate nell’edificio da parte di un gruppo di coloni estremisti. E ieri, intanto, la polizia israeliana e lo Shin Bet (intelligence interna) hanno reso noto l’arresto di Ibrahim Adel Shehadeh Shaer (21 anni) residente a Rafah, nella parte sud della striscia di Gaza, considerato un «militante di Hamas con significativa conoscenza delle azioni della fazione sul posto e della costruzione dei tunnel». Secondo quanto riportano i media israeliani, dall’interrogatorio dell’uomo si è appreso che «la recente costruzione da parte di Hamas di una strada lungo Difficoltà nel negoziato ad Addis Abeba Si spacca il fronte ribelle sudsudanese JUBA, 13. Si spacca il fronte ribelle sudsudanese guidato dall’ex vicepresidente, Rijek Machar, e nuove difficoltà si annunciano per il già complicato negoziato che si protrae da mesi ad Addis Abeba con la mediazione dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo (Igad), per tentare di dare soluzione alla guerra civile che si protrae da venti mesi. Peter Gadet, uno dei principali comandanti militari dei ribelli, ha detto di aver perso fiducia in Machar, al fianco del quale era schierato contro il presidente Salva Kiir Mayardit, aggiungendo che altri comandanti condividono la sua posizione. Al tempo stesso ha annunciato che non riconoscerà alcuna intesa siglata da Salva Kiir Mayardit e Rijek Machar, diventati a suo parere «simbolo d’odio e conflitto». All’inizio della settimana, l’Igad ha aperto una nuova tornata del mani oltre cinquanta riforme, la Germania è ancora reticente a dare il suo via libera. Certo, alcune parti del memorandum sono ancora poco definite, e tra esse proprio quella che la Germania ha voluto con insistenza, cioè il fondo per le privatizzazioni. Ancora non è chiaro chi lo gestirà e come, e quali titoli potranno finirci dentro per essere ceduti. Quest’assenza pesa molto per Berlino, assieme alla mancanza di chiarezza sul coinvolgimento del Fmi (Fondo monetario internazionale) che ancora non ha deciso quando e in che parte contribuirà al pacchetto di aiuti. Per questo il cancelliere Merkel continua a preferire, per ora, la strada di un nuovo prestito ponte che consenta ad Atene di onorare il debito con la Bce in scadenza il 20 agosto, dando più tempo all’Ue di chiarire questi aspetti. E proprio su questi nodi il premier Tsipras e il cancelliere Merkel avrebbero avuto ieri — secondo fonti di stampa — un durissimo confronto telefonico. Tsipra intende far approvare oggi dal Parlamento greco un massiccio piano di riforme da presentare all’Eurogruppo. negoziato, sulle cui possibilità di successo la maggioranza degli osservatori hanno espresso forte scetticismo già prima del nuovo sviluppo rappresentato dall’annuncio di Gadet. Questi fu artefice nelle fasi iniziali della guerra, nel dicembre del 2013, della presa di Bor, la capitale dello Stato petrolifero dello Jonglei, ed è nella lista dei protagonisti del conflitto colpiti da sanzioni Onu. Le sue milizie sono presenti anche nell’altro Stato petrolifero di Unity, cioè in entrambe le regioni che hanno visto maggiormente infuriare i combattimenti, a conferma del fatto che proprio il controllo delle risorse petrolifere è il principale motivo del conflitto. Nello Jonglei e nell’Unity finora non sono mai stati rispettati i diversi impegni di cessate il fuoco presi dai belligeranti. la barriera protettiva con Israele aveva lo scopo di un attacco a sorpresa con auto che avrebbero superato il confine». Questo dimostra — dicono gli analisti — che anche al confine con la striscia di Gaza la tensione si sta facendo sempre più alta, con possibili nuovi attacchi nelle prossime ore. Le recenti violenze in Cisgiordania e a Gerusalemme saranno sicu- ramente al centro dell’incontro, oggi, tra Khaled Meshaal, capo dell’ufficio politico di Hamas (il movimento islamico che controlla la striscia di Gaza dal giugno 2006), e il presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan. La visita — dice la stampa turca — rientra nel quadro di una strategia di Hamas che punta al rafforzamento delle relazioni con diversi attori della comunità interna- zionale. Il mese scorso, Meshaal ha effettuato una visita in Arabia Saudita, dove ha incontrato le principali cariche della monarchia, fra cui il sovrano saudita Salman. Lo scorso 3 agosto inoltre, il leader di Hamas ha incontrato il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, a margine del vertice trilaterale tra i responsabili della politica estera di Stati Uniti e Arabia Saudita. mopoulos aveva parlato di «solidarietà operativa» chiedendo agli Stati più mezzi e più esperti per operazioni congiunte di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere, in particolare in Grecia, il Paese dove arrivano la maggior parte dei profughi e migranti, e in Ungheria, il cui Governo ha scelto di blindare la frontiera esterna all’Unione europea, quella con la Serbia. A Kos, intanto, stamani all’alba sono arrivati a bordo di sei gommoni altri duecento profughi, per lo più curdi siriani provenienti dalla città di Kobane, investita nei mesi scorsi da un’offensiva del cosiddetto Stato islamico (Is) che aveva spinto decine di migliaia di persone a varcare la frontiera con la Turchia, prima che le milizie peshmerga curde respingessero gli aggressori. La situazione nell’isola, comunque, sembra oggi meno tesa rispetto ai giorni scorsi. Funzionari di polizia hanno rilasciato ieri documenti di viaggio provvisori a un migliaio di profughi, riducendo così notevolmente il numero di quelli bloccati in condizioni miserabili in attesa di lasciare l’isola verso altre destinazioni. Le donne saudite si preparano al voto Militari israeliani di pattuglia nel deserto del Neghev (Afp) Sparatoria nella capitale del Mali BAMAKO, 13. Una sparatoria nel centro della capitale maliana Bamako ha accresciuto le preoccupazioni per il persistere delle violenze nel Paese. Uomini armati hanno attaccato un posto di polizia nei pressi dell’autostazione di Sogoniko, ferendo due poliziotti e un civile. Secondo alcune fonti, ancora prive di conferme ufficiali, uno degli agenti sarebbe morto dopo il ricovero in ospedale. Nonostante i frequenti attacchi armati nel centro e nel nord del Paese, Bamako è stata raramente interessata da episodi di violenza. Il più grave, nel ristorante La Terrasse, a marzo scorso, aveva provocato cinque morti ed era stato rivendicato dal gruppo jihadista Al Murabitun guidato da Mokhtar Belmokhtar. Pace lontana per la Repubblica Centroafricana BANGUI, 13. Non si consolida il processo di pace nella Repubblica Centroafricana, dove si segnalano continue violenze delle milizie armate contrapposte e dove, inoltre, si moltiplicano le accuse di abusi rivolte ai caschi blu della Minusca, la missione dell’Onu, oltre che ai soldati del contingente inviato autonomamente dalla Francia. Ieri la Comunità economica dei Stati dell’Africa centrale (Ceeac) ha comunicato un prolungamento a fine anno della transizione che avrebbe dovuto terminare lunedì prossimo. Una nota della Ceeac afferma che la decisione è stata presa «per permettere alle autorità della transizione di organizzare elezioni legislative e presidenziali credibili e trasparenti», senza fare cenno a un eventuale rinvio del voto, fissato per il 18 ottobre con l’eventuale secondo turno il 22 novembre. Sempre ieri, si è dimesso il responsabile della Minusca, il diplomatico senegalese Babacar Gaye, dopo le accuse di abusi sessuali compiuti dai caschi blu, alle quali due giorni fa l’organizzazione umanitaria Amnesty International ha aggiunto una nuova denuncia, affermando che i militari dell’O nu avrebbero abusato di un dodicenne e avrebbero ucciso un sedicenne e suo padre. La missione Minusca, nei mesi scorsi aveva assicurato di prendere la questione molto seriamente e di aver aperto un’inchiesta. Anche la magistratura francese sta indagando sulle accuse ai militari inviati nella Repubblica Centroafricana tra 2013 e 2014, avrebbero sottoposto bambini affamati nei campi profughi ad abusi sessuali in cambio di cibo o di piccole somme di denaro. RIAD, 13. Per la prima volta nella storia dell’Arabia Saudita le donne potranno votare ed essere elette alle elezioni municipali del 12 dicembre. Per questo una ventina di loro ha partecipato ieri a un seminario organizzato nella capitale Riad per spiegare tecniche di campagna elettorale e di raccolta fondi. Secondo gli esperti queste elezioni rappresentano uno spartiacque nella storia del Paese, sottolineando la crescente importanza che viene riconosciuta alle donne nella società e nell’economia. «Il mio messaggio elettorale è semplice: cambiare» ha dichiarato all’agenzia Bloomberg Haifa Al-Hababi, candidata di 36 anni, una delle 21 partecipanti del seminario. «Cambiare il sistema. Cambiare è vita. Il Governo ci ha dato questo strumento e io intendo usarlo». Uno dei cambiamenti più urgenti su cui le candidate vogliono puntare — riferisce sempre Bloomberg — è dare maggior spazio alla popolazione femminile nella società. Nel 2011 il sovrano saudita Abdullah bin Abdul Aziz ha stabilito la possibilità per le donne di candidarsi ed eleggere proprie rappresentanti, dopo una protesta nata sui social media in cui la popolazione femminile chiedeva di poter esprimere il diritto di voto. Il sovrano è stato poi il primo a nominare una donna vice ministro, ha aperto la prima università mista ed eliminato i commessi maschi dai negozi di intimo da donna e nelle profumerie. Il nuovo re Salman, succeduto nel gennaio scorso, intende proseguire sulla stessa linea. Uno degli effetti delle riforme di Abdullah bin Abdul Aziz — sottolinea l’agenzia Bloomberg — è stato un aumento della manodopera femminile pari al 48 per cento. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 venerdì 14 agosto 2015 Edward Hopper, «Automat» (1927) Diversamente da molti colleghi per lei diventare analista finanziaria non era stato solo un modo per sopravvivere La donna vedeva infatti la sua professione come una via per aiutare i clienti — molti dei quali provenienti come lei dall’America Latina — a fare investimenti prudenti di EYAL PRESS Houston, in Texas, una donna di nome Leyla Wydler si appuntava una piccola spilletta d’oro sul bavero della giacca prima di infilarsi sui tacchi e avviarsi al lavoro. Sulla spilletta c’erano un’aquila e uno scudo, il simbolo aziendale della Stanford Group Company, un agente-intermediatore con sede a Houston dove Leyla era appena stata assunta come consulente finanziaria. Era l’autunno del Duemila e Leyla, broker di quarantun anni, aveva ragione a sentirsi orgogliosa della sua spilletta d’oro. Nel suo bagaglio di ricordi non troppo lontani c’era il tumultuoso periodo in cui era una madre single divorziata, con due bambini piccoli da crescere, nessun lavoro e in pratica zero soldi sul conto. Ora veniva ricompensata per l’abilità con cui gestiva i soldi degli altri da una società finanziaria la cui sede faceva apparire misera al confronto l’azienda di intermediazione nella quale aveva lavorato fino a quel momento e, in realtà, quasi tutte le imprese del settore. Nonostante l’ambiente lussuoso, Leyla non si sentiva fuori posto o non all’altezza nel suo nuovo lavoro. Posata, di bell’aspetto ed estremamente lavoratrice, portava alla Stanford un ampio portafoglio di clienti, investitori di cui aveva conquistato fiducia e lealtà con un lavoro costante e paziente. Ciò nonostante, il passaggio si stava rivelando più difficile del previsto, anche se per ragioni che in qualche modo andavano al di là del suo controllo. Leyla infatti aveva iniziato a lavora- A Da El Salvador al Texas La scelta di Leyla Perdere il lavoro pur di non vendere titoli tossici zione all’interno della squadra dei consulenti finanziari di cui Leyla era entrata a far parte, un’e-mail interna circolava ogni tanto nella filiale di Houston con l’elenco dei nomi di tutti i broker e della rispettiva quantità di certificati di deposito che avevano venduto. I broker in cima alla lista venivano invariabilmente e pubblicamente elogiati. Leyla non riceveva di questi elogi. Il management aveva incrementato la pressione su di lei e sugli altri broker affinché vendessero un numero superiore di certificati di deposito. Avrebbe potuto rispondere alla pressione mettendo da parte i suoi timori. Invece pretese di avere maggiori informazioni riguardo a come veniva gestito il portafoglio della Stanford International Bank. La banca operava come un fondo di investimenti, le fu comunicato. Quando Leyla volle vedere una valutazione del portafoglio Pubblichiamo uno stralcio dal libro Anime dei beni della banca, le fu belle. Il coraggio e la coscienza di uomini risposto che si trattava di comuni in tempi difficili (Torino, Einaudi, informazioni proprietarie, 2015, pagine 215, euro 19) in cui si che non potevano essere raccontano quattro storie — realmente condivise. Leyla venne poi accadute — di dissenso rispetto a ordini a sapere che i Lloyd’s di imposti dall’alto, tra il 1938 e oggi. Londra assicuravano la banca offshore. Dopo qualche indagine, scoprì tuttavia che l’assicurazione core alla Stanford poco tempo dopo che il priva la responsabilità dei direttori e dei collasso della bolla della new economy nella funzionari della Stanford, non i depositi primavera del 2000 aveva segnato la fine dei clienti della banca. Le indagini di Leyla non passarono del mercato rialzista degli anni Novanta. E quando la mania delle azioni di internet inosservate. Il primo segnale di scontento iniziò a calare e il valore del Nasdaq crol- da parte del management si manifestò lò, l’umore dell’industria finanziaria si in- quando fu spostata dal suo nuovo ufficio cupí e stimolare le transazioni divenne più a una scrivania più piccola. Qualche tempo dopo fu convocata a una riunione con difficile. O meglio: divenne più difficile stimola- il suo nuovo capo e ammonita perché inre gran parte delle transazioni. C’era un crementasse la propria produttività. Il priprodotto finanziario venduto dalla Stan- mo novembre 2002, due anni dopo la sua ford che non sembrava toccato dalla fles- assunzione, fu convocata di nuovo dal sione: i certificati di deposito presso la management. Questa volta le venne comuStanford International Bank, un’affiliata nicato che sarebbe stata licenziata. Non le offshore con base ad Antigua che offriva diedero alcuna spiegazione, né la possibirendimenti a tasso fisso tra il 7 e il 10 per lità di discutere la decisione. Rispetto agli altri racconti di resistenza, cento. Questi certificati di deposito non soltanto erano redditizi: erano sicuri, si di- le cose che Leyla Wydler fece per farsi liceva, o si pensava venisse detto, ai clienti cenziare — porre un paio di domande eledella Stanford. E per spingere la competi- mentari, astenersi dal vendere un prodotto Quattro storie finanziario che non le ispirava fiducia — sembrano quasi ordinaria amministrazione. Leyla non falsificò documenti di rifugiati disperati in fuga dalla Gestapo, né ingannò le guardie di un campo di prigionia negli spasimi di una guerra sanguinosa. È in tali situazioni, quando piovono proiettili ed è in gioco la vita, che principii e convinzioni sono messi alla prova nel modo più duro: quando dire no è difficilissimo e assolutamente necessario. Ma esiste un altro genere di resistenza, che probabilmente non è più facile né meno importante: quel genere che insorge quando la posta in gioco è più torbida e le circostanze più prosaiche. Quando ci vuole un po’ di immaginazione per capire che fare quel che fanno tutti potrebbe portare a conseguenze disastrose. Quando qualcuno penserà che sei pazzo o paranoico a uscire fuori dal coro; quando, in effetti, tu stesso potresti finire per chiederti se non lo sei. Leyla Wydler non pensò di essere stata licenziata dalla Stanford perché era impazzita. Tuttavia una parte di lei non poté fare a meno di chiedersi se aveva rilevato un problema dove non ce n’erano. Nessun regolamentatore sembrava avere problemi con la Stanford. Nessuno degli altri broker interni all’azienda appariva particolarmente preoccupato dei certificati di deposito che lei era tanto riluttante a vendere. Come quelli della Madoff Securities, i crimini della Stanford avevano avuto luogo sotto gli occhi di tutti, mentre masse di investitori, impiegati, regolamentatori e giornalisti osservavano quel che stava accadendo nella compagnia senza nutrire sospetti, o, se li nutrivano, mettendoli da parte. Perché Leyla Wydler non lo fece? Ebbi un barlume di risposta al nostro primo incontro. Aveva appena festeggiato il suo cinquantesimo compleanno, ma sembrava dieci anni più giovane. Era una donna attraente, curata, con un sorriso smagliante. Per individui intrappolati nella morsa di un conflitto etnico o di una guerra civile, uscire dal gruppo significa vedere al di là degli interessi della comunità, del gruppo appunto. Per un broker della Stanford significava andare al di là dei propri interessi, di una forma di apatia alimentata da una struttura di incentivi che rendeva estremamente razionale pensare ai propri benefici personali e a poco altro. Il difficile alla Stanford non era fare domande, ma farle in un ambiente cosí straripante di soldi, dove, se stavi al gioco, un po’ di quel denaro poteva essere tuo. Il rifiuto di Leyla di University Press and Faber, con sede a farsi intimidire dal maBaltimora. Uno dei capitoli del saggio è nagement della Standedicato a Henry James. Eliot nota che ford e l’iniziativa che l’acclamato autore di Portrait of Lady quando prese di scrivere una parla di altri scrittori, consapevolmente o lettera alla Securities meno, finisce per parlare di se stesso. Come and Exchange Commisnel caso di Hawthorne: di lui James mette in sion fu un atto compiurilievo la to nel più puro spirito tendenza a porre americano: un gesto di il registro ribellione che forse non narrativo su un avrebbe avuto luogo in piano morale una società più gerarattraverso chica dove i lavoratori, l’accurata specialmente se donne, introspezione non fossero stati abituapsicologica dei ti a sfidare i superiori, personaggi. Lo specialmente se uomini. stesso processo, Leyla sapeva per conota argutamente noscenza diretta quanto Eliot, seguito da un atto del genere James, e proprio avrebbe potuto essere grazie al quale è considerato diversamenassurto alla fama te in un’altra cultura, letteraria. perché non era nata a Houston. (gabriele nicolò) Una primizia di Thomas Stearns Eliot Anche la letteratura ha i suoi paradossi. Uscirà a settembre nell’originale in lingua inglese — dopo ottantotto anni dalla sua composizione — il saggio del drammaturgo e critico letterario statunitense (naturalizzato britannico) Thomas Stearns Eliot The Contemporary Novel. Ne dà notizia The Times Literary Supplement ricordando che l’opera — piena di guizzi e intuizioni «di gran classe» — fu scritta da Eliot nel 1927 e subito tradotta in francese per la Nouvelle revue française nell’edizione del primo maggio di quello stesso anno. Il mese dopo lo scrittore inviò una lettera all’editore Edmund Wilson in cui prometteva che gli avrebbe inviato la copia originale del saggio: prima però tale copia l’avrebbe consegnata a sua madre, in precarie condizioni di salute, perché la leggesse. Ma la mamma poi si aggravò e quella preziosa copia rimase, inerte, nella sua collezione che già comprendeva altre opere del figlio. Da allora su quel saggio si è accumulata solo polvere. Finalmente alcuni studiosi hanno sentito il dovere di rispolverare il testo che verrà pubblicato dalla Johns Hopkins Era nata in El Salvador, ultima di cinque figli allevati in una società maschilista e patriarcale e in una famiglia cattolica tradizionale. In casa, mi avrebbe raccontato davanti a una tazza di caffè la mattina dopo il nostro primo incontro vis-à-vis, la voce dell’autorità era quella di suo padre, un ingegnere diventato ministro dell’Agricoltura in El Salvador, che aveva cresciuto le sue figlie a essere gentili e rispettose. Educata in una scuola cattolica, da ragazza non aveva il permesso di uscire senza essere accompagnata e certamente non ci si aspettava che esprimesse con forza le proprie opinioni. Era stato soltanto dopo la scuola superiore, quando era andata in Gran Breta- Quest’ultima convinzione era un mito, avrebbero potuto avvertirla gli scettici, soprattutto perché le regole venivano continuamente rottamate e le restrizioni alla speculazione rimosse. Ma Leyla non pensava che lo fosse, in parte perché il capitalismo americano le appariva nella luce idealizzata in cui appariva a tanti immigrati da altri Paesi, desiderosi di risalire la scala sociale. Ben lontana dall’entrare nel settore finanziario in stato di massima allerta nei confronti di eventuali illeciti, vi si era accostata convinta che questi non dovessero preoccupare né lei né i clienti di cui aveva conquistato la fiducia. «Non credevo che si sarebbero verificate truffe nel settore finanziario — mi confessò — Pensavo che fosse cosí ben regolamentato che non ce ne potessero essere». C’era qualcos’altro che mi chiedevo e cioè se, dopo aver letto il rapporto dell’Office of the Inspector General, dopo aver visto che tutto quanto le era accaduto — essere licenziata, sentirsi tradita, temere per la sua vita — era stato accolto con poco più di un’alzata di spalle burocratica, avrebbe fatto ancora la stessa cosa. Le posi questa domanda al telefono. Ci fu una lunga pausa. «Probabilmente sí — disse alla fine — Sí, lo farei di nuovo, perché — fece un’altra pausa — era la cosa giusta da fare». Più la conoscevo, più sentivo che Leyla non ricavava le sue maggiori soddisfazioni dalle cose che le venivano faciUna scena di «Enron», pièce teatrale di Lucy Prebble li. Le ricavava dal superasul tracollo del colosso dell’energia texano re gli ostacoli inaspettati che sembravano presentarsi continuamente sul gna e aveva vissuto per un anno in una suo cammino. camera davanti alla Manica per imparare Era stato cosí quando era una madre l’inglese e annusare il mondo da sola per single con due ragazzini, senza lavoro e la prima volta, che aveva iniziato a respi- senza denaro, e con un tumore al seno. E rare un’aria meno costrittiva. Le era pia- ancora a Baton Rouge, dove, guardando ciuto, e in seguito aveva deciso di seguire al mare di ex investitori della Stanford tra lo stesso percorso intrapreso da una sorel- il pubblico, molti dei quali anziani con i la più grande che si era trasferita a capelli grigi e il bastone, aveva avvertito Houston. Era stata una mossa audace, una fitta di indignazione. Aveva colto anbenché non totalmente inaspettata agli oc- che la rabbia dei regolamentatori presenti, chi di sua madre, nata e cresciuta diverse centinaia di chilometri a ovest, nella città di El Paso. Aveva incontrato il padre di Superare gli ostacoli fu da subito Leyla in un country club di El Paso mentre lui era ancora studente di ingegneria in la sua strada obbligata Messico, l’aveva sposato e si era trasferita Sin da quando si era ritrovata in El Salvador prima della nascita di Leyla. negli Stati Uniti sola con due ragazzini Ora ripercorreva i passi di sua madre al senza denaro né occupazione contrario e, benché esistessero posti più facili in cui una giovane donna salvadoreE con un tumore al seno gna avrebbe potuto stabilirsi, l’estraneità del luogo l’attirava. Sin da piccola, mi disse, aveva avuto un lato irrequieto, avventuroso, un vago desiderio di essere strap- compreso un uomo della Financial Indupata al suo ambiente sicuro che Houston, stry Regulatory Authority che l’aveva fisuna metropoli tentacolare di grattacieli sata con sguardo di disprezzo. «Mi guarscintillanti e opportunità apparentemente dava dritto negli occhi, tipo: “Perché lo infinite, solleticava. fai? — ricordò — Ci stai tradendo. Come Diversamente da alcuni suoi colleghi, osi”. Questo mi diceva con i suoi occhi». per lei diventare analista finanziaria non Poi Leyla aveva iniziato a parlare e, coera stato semplicemente un modo per ar- me spesso in passato quando aveva affronricchirsi. Questo perché vedeva la sua pro- tato le sue paure più grandi, aveva preso fessione come una vocazione, un modo coraggio. «Mentre mi sedevo per leggere, per aiutare i suoi clienti — molti dei quali, fu allora che la paura scomparve — mi discome lei stessa, venivano dall’America La- se — Fu come essere invasa da una luce. tina — a fare investimenti prudenti, in un La mia voce si alzò di tono e parlai con mercato al riparo da quella corruzione che grande chiarezza. Sentii che tutto era semimperversava in altre parti del mondo. plicemente perfetto, perfetto». L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 14 agosto 2015 pagina 5 Cinquant’anni fa all’Angelus dell’Assunta Il momento è propizio per ascoltare di PAOLO VI oi vorremmo che il Nostro invito alla preghiera a Maria Santissima non solo da voi fosse accolto, che qui siete, ma anche da quanti Ci ascoltano, in Piazza San Pietro e altrove, dovunque questa giornata di riposo e di ristoro è goduta con serenità di sentimenti e con cordiale intimità di familiari e amichevoli conversazioni. Il momento è propizio per ascoltare. E N Paolo VI cammino nel tempo è quello di meritarci quel Paradiso, dove Ella, Maria, già si trova nell’integrità gloriosa del suo essere, anima e corpo. Grande lezione per noi, se fossimo dimentichi della sorte che ci attende oltre la tomba; grande consolazione per chi desidera il bene, per chi lavora con animo forte ed alto, per chi soffre, per chi spera e per chi prega. La Madonna dall’alto ci guarda e ci parla; e noi, con cuore fidente, Le diciamo: Angelus... durante l’Angelus del 15 agosto 1965 a Castel Gandolfo Montini e il concilio In occasione del 73° corso di studi cristiani sul tema «Noi responsabili dell’immagine di Dio, per un mondo più umano» che si svolgerà ad Assisi dal 18 al 23 agosto, la galleria d’arte contemporanea della Pro Civitate Christiana presenta la seconda e conclusiva parte della rassegna artistica dedicata al cinquantesimo del concilio Vaticano II e alle figure di Giovanni XXIII e Paolo VI. La rassegna muove dalla documentazione archivistica della Pro Civitate Christiana e della sua rivista «Rocca» per poi svilupparsi attraverso gli artisti che, nella memoria storica e nell’attualità, hanno dato la loro testimonianza di bellezza. Nell’ambito del corso di studi cristiani del 2014 ci si era soffermati su Giovanni XXIII e sulla prima fase del Vaticano II. Quest’anno viene offerta invece l’occasione di ripensare allo svolgimento e alla conclusione del concilio sulla base della testimonianza del beato Paolo VI e tramite tre artisti, Floriano Bodini, Enrico Manfrini e George Rouault le cui culture e stili di linguaggio hanno caratterizzato le modalità espressive di quel particolare contesto storico e religioso. Di questi artisti la mostra presenta numerosi bronzi, disegni e altre opere grafiche. Omaggi d’autore alla Madonnina Un percorso tra arte e fede per offrire ai milioni di visitatori della cattedrale l’occasione di vivere l’emozione dell’arte contemporanea nel segno della Madonnina: è la nuova iniziativa della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano in occasione dell’Expo 2015. La mostra — dal 10 agosto al 31 ottobre — è allestita all’interno della sala Gian Galeazzo Visconti del grande museo del Duomo recentemente inaugurata. Essa attinge ad alcune delle più significative opere della galleria d’arte sacra dei contemporanei dedicate alla Vergine: dall’Assunta di Eugenio Scorzelli all’Annunciazione di Enrico Manfrini, dall’Assunta di Francesco Messina alla Madonna con Bambino di Italo Peresson. Una delle opere in mostra sembra a Noi che la festa dell’Assunta faccia calare dal cielo un messaggio assai importante. È il messaggio della vita futura alla vita presente; un messaggio pieno di luce e di speranza, ma ammonitore circa il fine ultraterreno della umana esistenza. Noi raccoglieremo questo messaggio e ringrazieremo la Madonna che ce lo manda, e che ci ricorda come il destino della vita non è chiuso nel tempo, ma è “al di là”, e che il senso, il dovere principale del nostro La figura di Maria tra arte, architettura e topografia Quel sospeso faccia a faccia di FABRIZIO BISCONTI i addensa attorno al santuario mariano, che si erge sulla sommità dell’Esquilino, una serie di segnali architettonici, topografici, storici e cultuali che si compongono e si stratificano, nel tempo, attorno alla figura di Maria. Il santuario fu commissionato da Sisto III (432-440), in sostituzione della basilica liberiana, in perfetto asse con la cattedrale Lateranense, quest’oggi collegata dalla moderna via Merulana, ancora solennemente percorsa dalla processione del Corpus Domini, presieduta dal Papa. Ebbene, questo faccia a faccia tra la cattedrale, già di impianto costantiniano, e il santuario sistino rappresenta una cifra topografica estremamente rappresentativa della Roma paleocristiana, che mette in intimo contatto la basilica del Salvatore e il santuario della Theotokos. Tale suggestivo disegno teologico — che viene puntualizzato dal concilio efesino del 431, secondo cui Maria è genitrice di Dio, perché ha dato alla luce non un uomo, ma Dio come uomo — sancisce l’unione delle due nature del Cristo, che si è compiuta proprio nel seno di Maria. Per questo, l’apparato decorativo della basilica di Santa Maria Maggiore propone, nel cuore dell’edificio di culto, ossia nell’area presbiteriale e, segnatamente, nell’attuale arco trionfale un vero e proprio cortometraggio dell’Infantia Salvatoris, per sottolinea- S Santa Maria Maggiore, abside medievale (Roma, XVIII secolo) re, al dettaglio e con l’ausilio degli scritti canonici e apocrifi, il sottile mistero dell’incarnazione. Purtroppo è andata perduta la calotta absidale dell’edificio sistino, dove, comunque, doveva essere rappresentata in mosaico l’effigie della Theotokos, forse per la prima volta e secondo uno schema che alimenterà la genesi e la fortuna dell’icona della Regina intronizzata con il Bambino esposto sulle ginoc- un sospeso faccia a faccia, la madre e il figlio, collegati e composti da una chia. La storia di quella macroicona ma- solenne gestualità, che vede Maria atriana si concluse con la completa obli- teggiarsi con le mani sollevate, come terazione dell’organismo absidale com- per meraviglia o per recuperare l’antimissionata da Niccolò IV e attuata tra co gesto della pietas e il figlio posare il 1280 e il 1295, in quella temperie solennemente la corona sul capo di lei, culturale entro cui si consumano le mentre con la sinistra sostiene ed esperienze costruttive che vedono il ri- espone il codice. La rappresentazione trova repliche a pristino degli arredi delle basiliche di San Paolo fuori le mura e di Santa Santa Maria in Trastevere, all’Abbazia Cecilia in Trastevere, nonché la terminazione del lungo cantiere dell’Ara Coeli e la riLeggenda vuole che l’icona marmorea sistemazione della cattedrale lateranense. della Madonna greca Il ricco programma restauconservata a Ravenna rativo si inquadra in quel clima preparatorio al grande fosse apparsa giubileo del 1300. Nel quadro al presbitero Pietro degli Onesti dell’esperienza, tutta francescana, dei cantieri assisiati e scampato a una tempesta dei contatti eccellenti con le famiglie romane più nobili, prima fra tutte quella dei Colonna, il francescano Girolamo d’Asco- delle Tre Fontane e nella produzione li, ossia Niccolò IV, si interessò, appun- figurativa d’oltralpe, facendo tesoro to, immediatamente del restauro della della concezione iconografica animata basilica mariana. In questo gesto ur- — nei cantieri romani — dalla grande gente e devoto, dovette giocare un personalità di Arnolfo di Cambio. La ruolo fondamentale il legame affettuo- Dormitio Virginis, che si apposta al so che lo legava alle reliquie del centro della sequenza del ciclo mariapresepe, a cui, da buon francescano, no sottostante, vuole suggerire una doveva essere particolarmente vicino, precisa scelta iconografica, dal momento che essa occupa una superficie tanto che, di lì a poco, proprio nella quasi doppia rispetto agli altri quadri, basilica dell’Esquilino, Arnolfo di creando una composizione assiale con Cambio risistemò e concepì la cappell’incoronazione, per significare l’assunla del presepe. zione e la glorificazione della Vergine. La decorazione della nuova abside Ebbene, questo collegamento semfu affidata a Jacopo Torriti, che conce- bra prefigurare, con molti secoli di anticipo, il dogma dell’Assunzione di Maria in cielo, proclamato da Pio XII il 1o novembre del 1950, con la costituzione Munificentissimus Deus. Il dogma precisava che «l’Immacolata Maria, Madre di Dio, sempre vergine, terminato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo». Se il dogma ispirò una serie infinita di rappresentazioni figurate e se la scena della Dormitio Virginis aveva già vissuto una grande fortuna, a partire dall’età bizantina, l’antefatto figurativo più pertinente va forse cercato nell’icona della Deomene, ovvero nell’effigie marmorea della Madonna greca, riferibile all’ultimo scorcio dell’XI secolo, conservata nella basilica ravennate di Santa Maria in Porto, il cui arrivo sulle coste dell’Adriatico è avvolto nella leggenda. Secondo la tradizione, la preziosa icona marmorea fu trasportata, in una nube di luce sfolgorante, da due angeli che, l’8 aprile del 1100, la deposero vicino al porto di Classe. La sacra immagine, sempre secondo il racconto leggendario di Pietro degli pì due aree distinte: in alto viene raffi- Onesti, detto il Peccatore, presbitero gurata una solenne incoronazione di ravennate scampato a una tempesta Maria, in basso si sviluppò un ciclo, nel mare Adriatico, gli apparve mentre che esordisce con l’Annunciazione, con- si recava proprio a Ravenna tornando tinua con la Dormitio Virginis e prose- dalla Terra santa. Per lo scampato pegue con l’Adorazione dei Magi e la Pre- ricolo, il prelato fece costruire la basisentazione al tempio. La zona superiore, lica di Santa Maria in Porto dove, apcome si diceva, è invasa dall’enorme punto, l’icona sarà visitata da pontefiscudo stellato, con il sole e la luna, ci, imperatori, vescovi e persino Dancampito dal grande suppedaneo, che te, nella Divina Commedia, ricorda il unisce l’unico trono dove siedono, in prezioso monumento: «In quel loco Madonna greca (Santa Maria in Porto, Ravenna, XI secolo) fu’ io Pietro Damiano, / e Pietro Peccator fu’ ne la casa / di Nostra Donna in sul lito Adriano» (Paradiso, XXI, 121-123). Il bassorilievo ravennate, di raffinatissimo marmo pario, rappresenta la solenne figura della Vergine stante posata su un basso suppedaneo, con il capo coperto, sin dall’ottobre del 1998, da una fulgente corona aurea, per volontà di Giovanni Paolo II. La santa madre veste una lunga tunica cinta in vita e ha il capo coperto dalla mitella L’apparato decorativo della basilica di Santa Maria Maggiore propone un vero e proprio cortometraggio dell’infanzia di Gesù Per sottolineare il sottile mistero dell’incarnazione e dal maphorium, che avvolge le spalle, mentre la testa, incorniciata da un nimbo discoide, è fiancheggiata da due piccoli clipei, che includono, in lettere greche, l’epiteto Madre di Dio. Le braccia di Maria sono levate per esprimere il profondo significato di una preghiera continua, rivolta a Dio per la salvezza dell’umanità e, per tale motivo, la Vergine Assunta, in questo documento iconografico concepito tra Roma, Ravenna, Costantinopoli e il Vicino oriente, vuole rivolgere un canto incessante a Dio, assurgendo a figura di mediazione fra mondo umano e divino, a immagine garante, in senso dogmatico, di quell’idea teologica della luminosità, sancita, appunto, in sequenza, dal concilio di Efeso (431), da quello di Calcedonia (451) e, da ultimo, dal dogma Vaticano del 1950. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 14 agosto 2015 In Francia il 15 agosto campane a distesa e preghiere per i cristiani d’Oriente perseguitati Non sono soli PARIGI, 13. Sabato 15 agosto, solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, le campane di molte chiese di Francia suoneranno a distesa, come segno di solidarietà dei cattolici nei confronti dei cristiani del Vicino oriente vittime di persecuzioni. L’iniziativa è stata lanciata all’inizio del mese dal vescovo di Fréjus-Toulon, Dominique Rey, attraverso un appello, En union avec les chrétiens d’Orient, pubblicato sul sito in rete della diocesi: «Che il giorno dell’Assunzione, a mezzogiorno, in Francia, le campane di tutte le nostre chiese suonino e i cristiani e tutti coloro che lo vogliono si radunino sui sagrati per esprimere il loro sostegno», per qualche minuto, attraverso la preghiera e il semplice raccoglimento. Da allora, tante diocesi del Paese hanno aderito alla proposta: prima Gap et Embrun, poi Bayonne, Avignone, Ajaccio, Digne, Vannes, Nancy, fino a Lione e Parigi. Si uniranno anche alcune diocesi di Belgio e Svizzera. I vescovi hanno invi- tato i fedeli a incontrarsi all’ingresso delle parrocchie per esprimere con le parole e la preghiera la loro vicinanza ai popoli del Medio oriente. «In Iraq — ha scritto monsignor Marc Aillet, vescovo di Bayonne — i rifugiati beneficiano senza dubbio dell’aiuto umanitario ma vedono allontanare drammaticamente le chance di tornare nelle loro case, dalle quali sono stati violentemente cacciati dallo Stato islamico un anno fa. Scoraggiati, molti non possono far altro che fuggire sotto cieli più clementi, sperando in un avvenire migliore per i loro figli». Si tratta, afferma l’arcivescovo di Avignone, Jean-Pierre Cattenoz, parlando dell’iniziativa, di «un gesto di preghiera, di solidarietà, di pace e di fede» che «crediamo possa avere un grande impatto». Come giorno è stato scelto il 15 agosto perché — spiega lo stesso monsignor Cattenoz — «quando tutto va male, quando non si ha più niente, è alla Vergine In Siria paura e sconforto DAMASCO, 13. «I cristiani hanno paura, specie nell’area intorno a Qaryatayn. E sempre più fedeli pensano di lasciare le proprie case o addirittura il Paese»: così padre Jihad Youssef, monaco della comunità Deir Mar Musa, racconta ad Aiuto alla Chiesa che soffre lo stato d’animo dei cristiani dopo che, una settimana fa, il cosiddetto Stato islamico ha preso possesso della cittadina vicino a Homs, in Siria, e rapito almeno duecentotrenta persone. «Non sappiamo se l’Is ha intenzione di uccidere gli ostaggi cristiani. Normalmente ai nostri fratelli nella fede i fondamentalisti offrono tre alternative: pagare la jizya, convertirsi o fuggire». Il religioso del Deir Mar Musa (comunità monastica fondata da padre Paolo Dall’Oglio) non conosce il numero dei cristiani in mano all’Is. «Trenta sequestrati — racconta padre Youssef — sono riusciti a fuggire, perché sono dei pastori e conoscono bene la zona. Ora si trovano ad Homs, dove i vescovi siro-cattolico e siro-ortodosso cercano di trovare una soluzione anche per gli altri ostaggi». A Qaryatayn la comunità ha un monastero, il Mar Elia, dove viveva padre Jacques Mourad, rapito a maggio assieme al diacono Boutros Hanna Dekermenjian. Dalla Svizzera aiuti alle vittime delle inondazioni in Asia GINEVRA, 13. Ammontano a 200.000 franchi svizzeri, pari a circa 185.000 euro, gli aiuti che la Caritas Svizzera ha devoluto alle vittime delle recenti inondazioni nell’Asia sudorientale. Myanmar, India, Pakistan, Nepal, Bangladesh e Vietnam i Paesi più colpiti dalle piogge monsoniche che hanno provocato centinaia di vittime e migliaia di sfollati, oltre alla distruzione di numerose infrastrutture e di vaste coltivazioni agricole. La rete internazionale della Caritas si è attivata subito per portare aiuti a questi Paesi, distribuendo beni di prima necessità, quali viveri, acqua potabile, kit per l’igiene personale. Contestualmente, l’organismo di aiuti della Chiesa cattolica ha fornito anche degli alloggi provvisori, rispondendo così ai drammatici appelli diffusi dai responsabili delle comunità locali, in particolare nel Myanmar dove le persone colpite dalle inondazioni sfiorano il milione. Maria che ci si rivolge». La preghiera, più vasta, è a «far cadere tutti i muri, quelli che separano le nazioni e i popoli come quelli che dividono le comunità fra loro, anche in Francia». La preghiera è dunque a «far nascere in noi e nel mondo la civiltà dell’amore sgorgata dalla croce e alla risurrezione di tuo figlio, Gesù Cristo». Nella diocesi di Fréjus-Toulon l’iniziativa darà il via a una novena di preghiera (fino al 23 agosto) a sostegno dei cristiani perseguitati: «Non aspettiamo — scrive monsignor Rey — di essere a nostra volta toccati da questo fanatismo religioso per prendere coscienza della gravità della situazione. Usciamo dai nostri egoismi, apriamo le porte dei nostri cuori per accogliere e sostenere queste sofferenze umane inaccettabili. Che in questa Assunzione 2015 sappiamo essere veri testimoni di Cristo, portatori del suo messaggio di pace e di amore in unione con la Chiesa perseguitata». Una solidarietà “fraterna” che si manifesta anche in modo concreto: per sostenere i cristiani d’Oriente, a esempio, il gruppo musicale «Les Prêtres» di Gap ha versato all’Œuvre d’O rient la somma di 200.000 euro, frutto di quanto raccolto durante due concerti all’Olympia di Parigi. In un video pubblicato sul sito in rete dell’arcidiocesi di Lione, il cardinale Philippe Barbarin, in compagnia dell’arcivescovo di Alep dei Greco-Melkiti, Jean-Clément Jeanbart, ha rinnovato l’appello a suonare le campane di tutte le chiese di Francia il 15 agosto, affinché i cristiani d’Oriente «sappiano che non li dimenticate e che voi volete aiutarli». E il cardinale arcivescovo di Parigi, André-Vingt Trois, ha scritto ai rettori, ai parroci e ai responsabili delle cappelle, affinché propongano per quel giorno un’intenzione particolare durante la preghiera universale. Il porporato ha scritto inoltre una lettera al patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako, e al patriarca di Antiochia dei Siri, Ignace Youssif III Younan, nella quale esprime vicinanza ai cristiani di Iraq e Siria e illustra le iniziative che avranno luogo nella sua diocesi. Monsignor Marcuzzo rinnova l’invito a non abbandonare la Terra santa Chiesa locale forte quando è parte di un corpo più grande GERUSALEMME, 13. «Volete abbandonare la Terra santa al suo destino? Pellegrini, continuate a venire in Terra santa. Liberatevi dalla paura che vi imprigiona e venite»: è l’accorato appello che, attraverso il sito in rete Terrasanta.net, monsignor Giacinto-Boulos Marcuzzo, vescovo ausiliare e vicario per Israele del patriarcato di Gerusalemme dei Latini, rivolge in favore della comunità cristiana locale, la cui presenza in termini numerici rischia di scomparire. Parole che si aggiungono a quelle, dello stesso tenore, espresse recentemente dal custode di Terra santa, padre Pierbattista Pizzaballa, e da altri rappresentanti ecclesiali. «Non abbiate paura di venire pellegrini in Terra santa — afferma il presule — e di visitare tutta la Terra santa, Nazareth, Gerusalemme, Betlemme, Amman. In questi mesi, grazie a Dio, c’è una totale sicurezza e una generale tranquillità. Una paura ragionevolmente fondata sarebbe segno di prudenza, buon senso e saggezza. Ma quella paura è assolutamente infondata, non solo non produce niente di bene ma paralizza le persone e blocca qualsiasi iniziativa e intraprendenza di crescita e di progresso». In tal senso, aggiunge monsignor Marcuzzo, il pellegrinaggio è «il mezzo più “facile” e più efficace per aiutare la Terra santa». Infatti, «un pellegrinaggio fa bene sia al pellegrino come al cristiano locale, e non comporta aggravi supplementari per nessuno. I pellegrinaggi aiutano i cristiani locali innanzitutto economicamente, poiché si sa che una buona percentuale di cristiani (a Betlemme e a Gerusalemme si stima una media del 30 per cento) ricava il suo mezzo di sostentamento dal lavoro» in questo settore. Tuttavia il sostegno principale e più importante che i pellegrini possono offrire ai cristiani locali è «morale, sociale e ecclesiale. Sempre a causa del fatto di essere una piccola minoranza, la Chiesa locale si scopre forte e incoraggiata dalla Chiesa universale quando si sente parte di un corpo più grande». Nuovo appello del South Sudan Council of Churches La guerra deve finire subito JUBA, 13. «La guerra deve finire»: lo chiedono a gran voce i membri del South Sudan Council of Churches che in questi giorni hanno lanciato una nuova campagna per la pace nel Paese africano dilaniato dalla guerra civile. L’iniziativa è stata presentata nel corso di una manifestazione svoltasi nella capitale, Juba, a cui hanno partecipato anche varie organizzazioni non governative, il Consiglio islamico locale e rappresentanti del Governo. L’iniziativa arriva a pochi giorni dalla conclusione, prevista per il 17 agosto, dei negoziati promossi dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo. I vescovi dello Zambia per la libertà di espressione LUSAKA, 13. La Chiesa cattolica in Zambia ha avviato, assieme a un cartello di oltre venti organizzazioni della società civile, una campagna di sensibilizzazione per la libertà di espressione e di stampa in vista di una revisione dell’attuale normativa, giudicata anacronistica. In particolare, viene sollecitato il riesame di alcune leggi che ostacolano la libera diffusione dell’informazione a livello mediatico, assieme alla cancellazione di alcuni elementi del Codice penale e del Codice di procedura penale, risalenti all’epoca coloniale britannica. «La Chiesa cattolica — spiega a Radio Vaticana padre Freeborn Kibombwe, a nome dell’episcopato zambiano — vuole vedere un Paese in cui la popolazione possa essere libera di esprimersi». E, per non penalizzare la libertà di parola, «è necessario avviare una campagna di sensibilizzazione per cercare di sollecitare il Governo su questo punto». Già nel 2013 i vescovi zambiani avevano lanciato un appello all’esecutivo per l’approvazione di una nuova Costituzione in cui venisse garantita «la libertà di espressione, di associazione e di coscienza». Già alla fine del mese di luglio, il Consiglio delle Chiese del Sud Sudan (che riunisce una decina di comunità ecclesiali di differenti confessioni) aveva divulgato un documento intitolato «Firmate l’accordo!» nel quale affermava che «la guerra deve finire immediatamente. Non c’è giustificazione morale per questo conflitto assurdo». E si denunciava che «la gente continua a uccidere e a essere uccisa mentre i leader discutono di potere». La guerra civile scoppiata nel dicembre 2013, come è noto, vede contrapposti le forze governative fedeli al presidente della Repubblica, Salva Kiir Mayardit, e gruppi ribelli aggregati attorno all’ex vicepresidente Riek Machar. «Solo le Chiese sono così vicine alla gente da poter coinvolgere molte persone in un’iniziativa di pace, anche nelle zone di conflitto», ha affermato il segretario generale del Consiglio delle Chiese del Sud Sudan, James Oyet. Parole di condanna da parte dell’arcivescovo di Juba, Paulino Lukudu Loro, per il quale «la guerra ha reso gli uomini insensibili alla vita; la gente muore e nessuno se ne interessa». Per questo, «la guerra deve finire» e «l’accordo di pace deve essere firmato al più presto». L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 14 agosto 2015 pagina 7 La dormizione di Maria nell’iconografia siro-orientale Oggi il cielo dei cieli la professa sorella di MANUEL NIN La tradizione siro-orientale, a cui appartengono la Chiesa assira e la Chiesa caldea, ha dei testi innografici notevoli per le feste della santissima Vergine Maria. Molti di questi testi, in forma innografica, sono entrati nei libri liturgici per le diverse festività, e specialmente gli inni di Giorgio Warda, autore vissuto tra la fine del XII e l’inizio del XIII secolo ad Arbela, nell’attuale Iraq. Il nome Warda — che significa rosa in siriaco — è un soprannome legato alla raccolta delle sue composizioni poetiche nei libri liturgici siroorientali. Si tratta di poemi teologici e omelie metriche per le feste del Signore, della Vergine Maria e dei santi. In due dei suoi inni dedicati a Maria, troviamo approfondito il tema del suo transito in cielo. Sono dei testi in cui l’autore medita il mistero di Maria, vergine e madre di Cristo redentore dell’uomo. Queste righe, ispirate ai testi di una delle tradizioni teologiche e liturgiche del Vicino oriente cristiano, vogliono essere anche una forma di preghiera e di vicinanza ai tanti cristiani della tradizione siro-orientale e delle altre tradizioni cristiane che oggi sono sofferenti e perseguitati. Warda inizia entrambi i suoi inni applicando a Maria tutta una serie di titoli cristologici — e quindi mariologici — presi dai testi e dai fatti veterotestamentari: «Se io la chiamassi (Maria) terra, sarei un insensato, perché so che lei non ha chi le somigli sulla terra. La potrei paragonare al giardino i cui quattro fiumi, ai quattro angoli, si dividevano? Ma la sorgente che scorreva dal paradiso non ha salvato nessuno. Da Maria invece è zampillata una fonte, che quattro bocche hanno sparso, la quale inebriò tutta la terra». E quindi Warda prosegue il suo paragone esegetico trattenendosi su alcune figure e personaggi presi dal libro della Genesi, cioè l’albero, l’arca, la roccia, il roveto: «Lei è l’albero stupendo che produsse il frutto meraviglioso. Lei è l’arca fatta di carne in cui si riposò il vero Noè. Lei è la figlia di Abramo che Adamo prevedeva in figura; portò il figlio e Signore di Abramo. Lei è la roccia donde sorse una fonte. Lei è il roveto prodigioso arso dal fuoco, in cui abitò per nove mesi il fuoco incandescente». Nella parte centrale di ambedue gli inni, il poeta canta il mistero della morte di Maria. Seguendo la tradizione degli apocrifi, Giorgio Warda descrive, si potrebbe dire, G. Dimov, «Dormizione della Madre di Dio» (Roma, XXI secolo) A Bari la Settimana liturgica nazionale Eucaristia matrimonio e famiglia BARI, 13. «Eucaristia, matrimonio, famiglia» è il tema della sessantaseiesima Settimana liturgica nazionale italiana, in programma a Bari dal 27 al 30 agosto. Organizzato dal Centro di azione liturgica (Cal), l’appuntamento di formazione e di spiritualità vedrà riuniti operatori pastorali e rappresentanti delle diocesi e degli istituti religiosi di tutta Italia. Il tema scelto per l’edizione 2015 — spiega in una nota monsignor Alceste Catella, vescovo di Casale Monferrato e presidente del Cal — «intende continuare ad approfondire l’aspetto liturgico-sacramentale sia dell’Eucaristia, culmine dell’iniziazione cristiana e fonte della nuzialità, sia della domenica, giorno memoriale delle nozze di Cristo-sposo con la Chiesa-sposa». Centrale, poi, il richiamo al «valore della celebrazione eucaristica domenicale da cui la famiglia può continuamente attingere la forza dello spirito, per essere se stessa in tutta la sua verità e bellezza». L’appuntamento si inserisce, così, in un contesto di avvenimenti ecclesiali incentrati sui temi della famiglia e del matrimonio. Basti pensare all’incontro mondiale delle famiglie, in programma negli Stati Uniti, a Filadelfia, dal 22 al 27 settembre, alla presenza di Papa Francesco, e al sinodo dei vescovi sul tema «La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo», che avrà luogo in Vaticano dal 4 al 25 ottobre. Tra gli interventi in programma al convegno pugliese quello dell’arcivescovo di Chieti-Vasto, Bruno Forte, segretario speciale del prossimo sinodo, sul tema «La dimensione eucaristica della vita degli sposi e della famiglia», e di Enzo Bianchi, priore della Comunità di Bose, su «L’Eucaristia della famiglia nel giorno del Signore». Previsto, inoltre, l’intervento dei coniugi Franco e Giuseppina Miano che hanno partecipato, in qualità di esperti, al precedente sinodo straordinario sulla famiglia, svoltosi nell’ottobre 2014. tutta la liturgia celebrata nella piena comunione tra il cielo e la terra. In primo luogo descrive — quasi vedendo e contemplando la rappresentazione iconografica della festa — la presenza di tutti i personaggi venuti dal cielo per celebrare Maria nel suo transito: «Nel giorno della separazione del corpo dalla gloriosa anima, gli angeli solennemente si precipitarono dal cielo per rendere omaggio a lei, dal seno della quale zampillava la vita per tutto il genere umano. Gli angeli vennero dall’alto, i profeti risuscitarono, gli apostoli vennero dai quattro venti per celebrare la sua gloria». Quasi facendo un parallelo tra la morte e risurrezione di Cristo, e quella di sua madre, Warda canta la pasqua di Maria facendovi presente anche la figura di Adamo e della sua discendenza: «Venne Adamo, che era stato ucciso dalla moglie, per vedere l’esaltazione di sua figlia. Vennero Israele e gli antenati, Isaia e i suoi compagni. I profeti assieme ai patriarchi, gli apostoli con i pastori. Durante la sua vita visse morta al mondo e, morendo, richiamò i morti alla vita. I profeti sono usciti dai loro sepolcri, e i patriarchi dalle loro tombe». E seguendo la descrizione quasi iconografica prosegue: «Lei fu portata sulle nubi ed esaltata fra gli spiriti, per ricevere la lode immortale per tutta l’eternità». L’autore si trattiene quasi in ogni dettaglio a descrivere la liturgia che è celeste e terrestre allo stesso tempo, attorno al transito di Maria; liturgia celebrata dagli angeli e dagli uomini, dai profeti e dagli apostoli, dalla creazione intera, a lode di Maria e di Cristo stesso; sono delle strofe in cui Giorgio Warda adopera delle immagini molto belle e toccanti come quella della pioggia che invidia il grembo di Maria: «Il firmamento e le nubi piegarono le ginocchia, e i fulmini si unirono ai tuoni per irradiare il suo splendore e diffondere la gloria di suo Figlio. La pioggia e la rugiada invidiarono il suo grembo perché, mentre loro nutrono solo semi della terra, esso ebbe l’onore di nutrire il Creatore dei semi. Le stelle la adorarono, il sole e la luna si inchinarono davanti a lei. Il cielo la proclamò beata, il cielo dei cieli la professò sorella». Quindi a partire dalla descrizione fatta nella tradizione apocrifa della festa, il poeta, accanto alla liturgia celeste colloca anche quella terrestre, con la presenza dei Dodici accanto al letto funebre di Maria: «Fra gli apostoli alcuni erano già morti, gli altri erano in vita ma lontani. I morti sono risuscitati, e quelli lontani si assembrarono, alla sua morte». Liturgia celeste e terrestre celebrata dagli angeli e dagli apostoli che diventano, con Maria, intercessori per tutti gli uomini: «Gli apostoli, in processione, portarono il suo corpo, i profeti e i sacerdoti scortarono la sua bara. Gli angeli intrecciarono corone e le bocche ignee le resero omaggio. E nel momento del suo transito, la sua intercessione venne in aiuto agli afflitti. I malati e le anime sofferenti furono esauditi all’invocazione del suo grande nome». E Giorgio Warda conclude il secondo dei suoi inni con una lunga serie di beatitudini a Maria, che sono un canto all’incarnazione in lei del Verbo di Dio: «Beata sei, o Vergine fidanzata, o donna che hai generato un figlio. Beata sei, o madre senza padre, il cui Figlio non ebbe padre tra i mortali. Beata sei, o terra, nella quale si formò e in cui abitò, incarnandosi, il Dio di Adamo. Beata sei, o città dell’Altissimo e tabernacolo del Figlio del Creatore. Beata sei, o cielo terrestre che hanno invidiato le acque di sopra i cieli. Beata sei, tu, per la quale fu ristabilita per Adamo e la sua discendenza la salvezza eterna». E come troviamo spesso tra gli innografi cristiani, anche Warda chiede alla fine dei suoi inni l’intercessione e la preghiera di Maria: «Per me, che sono di tutti gli uomini il più peccatore, e per tutto il popolo che celebra la tua festa, chiedi il perdono e la remissione dei peccati, o tu, il cui Figlio regna nella gloria eterna. Amen». Progetto della Caritas di Ragusa per la formazione lavorativa di italiani e immigrati L’integrazione è a Contrada Magnì RAGUSA, 13. «Il nostro obiettivo è far lavorare assieme immigrati e popolazione locale»: Domenico Leggio, direttore della Caritas di Ragusa, spiega così il significato del progetto che vede impegnata la diocesi siciliana, insieme a una serie di organizzazioni locali, per la selezione di cinquanta persone (comunitari ed extracomunitari) «da avviare a percorsi di orientamento, work experience, accompagnamento all’autoimprenditorialità» in vista della costituzione di due cooperative-aziende nei settori dell’agricoltura, dell’edilizia e dell’artigianato. Un modo per avviare all’autoimprenditorialità cittadini non italiani, ma soprattutto per sviluppare potenzialità occupazionali a vantaggio di italiani e stranieri che vivono in un contesto drammaticamente colpito dalla crisi. Il progetto si rivolge soprattutto agli stranieri ed è reso possibile — riferisce l’agenzia Sir — grazie ai fondi (300.000 euro) del bando Nell’arcidiocesi di Genova Accoglienza in seminario per 50 profughi GENOVA, 13. Da ieri cinquanta profughi hanno trovato accoglienza presso il seminario arcivescovile di Genova. Lo rende noto un comunicato diffuso dalla stessa arcidiocesi in cui si evidenzia come la Chiesa di Genova, che già fornisce ospitalità a quattrocento profughi, abbia ampliato la propria opera di assistenza rispondendo positivamente alla richiesta pervenuta dalle autorità italiane. «Nello spirito del Vangelo, in comunione con gli appelli di Papa Francesco e in continuità con lo spirito di solidarietà che storicamente ha segnato il cammino della Chiesa diocesana genovese — si legge nel comunicato — il cardinale Angelo Bagnasco ha accolto la richiesta di aiuto proveniente dalla prefettura di Genova per l’ospitalità, da oggi, a cinquanta profughi, rendendo temporaneamente disponibile allo scopo anche il seminario arcivescovile del Righi». Si tratta, come accennato, soltanto dell’ultima concreta iniziativa di solidarietà promossa dalla Chiesa locale. Attraverso la Caritas e l’Ufficio diocesano Migrantes, cura infatti già l’accoglienza di cinquanta profughi in una struttura di San Martino. Altri quarantadue li ospita in una struttura diocesana in via del Campo. Presso il monastero nel quartiere di San Fruttuoso ne accoglie quindici, a Di Negro ottantacinque. Altri migranti sono ospitati dalle suore gianelline che hanno accolto nella loro casa in Salita del Monte 23 profughe. Il rettore del santuario delle Tre Fontane a Montaggio ospita stabilmente 30 giovani provenienti da Paesi africani e asiatici. Il Ceis infine ne accoglie 16 a Fassolo, 33 a Campo Ligure e a Genova. «Iniziativa immigrazione» della Fondazione con il Sud, a cui si aggiungono un cofinanziamento di 70.000 euro della diocesi di Ragusa e uno di 10.000 euro degli altri partner. «Ma in parallelo — aggiunge il responsabile della Caritas diocesana — vi è il coinvolgimento della comunità locale: dai volontari agli operatori per la riuscita del bando, dalle maestranze a quanti lavoreranno fianco a fianco con gli stranieri, come pure la creazione delle cooperative vedrà insieme persone immigrate e altre autoctone». Il cuore dell’iniziativa sarà a Contrada Magnì, una masseria con diversi edifici per oltre mille metri quadrati circondati da dieci ettari di terreno di proprietà della diocesi, che, nelle intenzioni dei promotori, diverrà «polo di economia civile e integrazione lavorativa e culturale». Qui i vincitori del bando (il termine per presentare la domanda è il 18 settembre) verranno coinvolti in «percorsi formativi specializzanti, valorizzando i loro saperi e le loro capacità artigianali, incentivando l’integrazione delle culture di origine con quelle locali», al fine di promuovere l’inserimento lavorativo professionalizzato dei migranti in imprese edili o agricole già esistenti. «La Chiesa — sottolinea il vescovo di Ragusa, Paolo Urso — ha il compito di annunciare il Vangelo in maniera concreta e vitale. In questo contesto si comprende la decisione di avviare un progetto per offrire esperienze di lavoro e segni di speranza. E lo fa insieme con altre realtà che vogliono abbattere qualunque barriera». Proprio in questa prospettiva, Leggio sottolinea come oggi ci sia «bisogno di luoghi in cui si costruisce. Da una parte, costruzione di competenze professionali: saperi, capacità che si vanno perdendo, coltivazioni autoctone di nicchia che non si fanno più. Dall’altra parte, costruzione di percorsi per un’economia “altra”, che non sia basata esclusivamente sul profitto, ma che possa generare ulteriore occasione di lavoro e di sviluppo». Così, nei terreni di Contrada Magnì alcuni migranti impareranno le tecniche agricole; altri invece opereranno nella falegnameria o nell’artigianato; altri ancora saranno impegnati nei lavori di ristrutturazione di Villa Magnì e per costoro «stiamo cercando imprese che possano mettere a disposizione maestranze capaci non solo di fare il loro lavoro, ma pure di insegnare il mestiere», afferma il direttore della Caritas diocesana. Inoltre, operando nella ristrutturazione degli immobili storici, i destinatari finali del bando acquisiranno competenze specifiche. Per esempio sarà loro chiesto di rifare i muri “a pietra a secco”, una tecnica antichissima ma che «sta scomparendo», osserva Leggio. Ecco dunque che la Caritas diocesana è alla ricerca di “mastri” in grado di affiancare alcuni ragazzi nell’apprendimento della tecnica, in modo da far acquisire loro un know-how particolarmente ricercato nella zona. Lo scambio e l’integrazione con la popolazione locale si realizzeranno, infine, nei due locali messi a disposizione dalla diocesi nel centro storico di Ragusa, come pure nella fattoria didattica. I primi avranno uno scopo culturale ma anche commerciale, ossia serviranno per vendere i prodotti dell’agricoltura e dell’artigianato. Grazie a un contributo di Caritas Italiana, invece, andranno a integrare le attività di Contrada Magnì la fattoria didattica e un’attività di onoterapia, uno speciale percorso terapeutico che utilizza gli asini. Iniziative rivolte a giovani che, anziché perdere le ore “sul muretto”, potranno trovare in Magnì un modo per impiegare il loro tempo con attività educative e di orientamento. Fianco a fianco con gli stranieri in quello che — spiegano i promotori — vuol essere un laboratorio di economia civile, di crescita lavorativa, ma pure di convivenza e integrazione. Solidarietà della Chiesa in Irlanda Come ai tempi delle «coffin ships» CLOYNE, 13. «La perdita in mare di un così elevato numero di vite innocenti ricorda fortemente l’esperienza delle coffin ships (le “navi-bara”) durante il periodo della grande carestia irlandese». Con queste parole, richiamando la drammatica stagione della migrazione irlandese, monsignor William Crean, vescovo di Cloyne e presidente di Trocaire, l’agenzia di aiuti esteri della Chiesa cattolica in Irlanda, ha invitato tutte le parrocchie della diocesi a elevare una speciale preghiera per le vittime e le persone coinvolte nell’eccezionale ondata migratoria che interessa le sponde del Mediterraneo. «Quasi ogni giorno — ha detto il presule — vediamo immagini strazianti di rifugiati in fuga dalla fame, dalla guerra e da altri gravi pericoli, alla ricerca di sicurezza e di una vita dignitosa per loro e per le loro famiglie in Europa». Monsignor Crean ha quindi ricordato l’importanza di «tutelare i diritti, la religione e le tradizioni dei migranti in fuga dalle persecuzioni». E, in tal senso, ha sottolineato che Papa Francesco, «aperto sostenitore di una maggiore partecipazione a livello europeo nelle operazioni di soccorso», ha più volte ribadito l’appello lanciato nel 2013 durante la sua visita a Lampedusa. Il Pontefice esortò la comunità internazionale a reagire con decisione e rapidamente per evitare che simili tragedie si ripetano. «Ciò che occorre — ha aggiunto il vescovo presidente di Trocaire — è una soluzione globale a questa crisi, al fine di affrontare le cause delle migrazioni forzate». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 venerdì 14 agosto 2015 La gioia dei giovani coreani al passaggio della papamobile Un anno fa la visita di Francesco in Corea Il cardinale segretario di Stato ai seminaristi di Timor Est Memoria speranza e testimonianza Sacerdoti tutti i giorni di ANDREW YEOM SO O-JUNG* È già passato un anno dalla visita al nostro Paese di Papa Francesco, che ha recato un messaggio di amore e di pace durante i suoi cinque giorni di permanenza. Vorrei estendere la mia più profonda gratitudine al Pontefice per essere venuto a trovarci durante le vacanze estive. La visita di Francesco — figura simbolica di povertà e amore per il prossimo — non è stata Targa ricordo a Seoul Una targa di pietra alta un metro e larga 1,7 sarà collocata in piazza Gwanghwamun, a Seoul, per ricordare la visita di cento ore compiuta dal Pontefice in Corea dal 14 al 18 agosto 2014. La cerimonia di scoprimento avverrà il prossimo 23 agosto da parte del cardinale arcivescovo Andrew Yeom Soo-jung. In tal modo, spiega un comunicato dell’arcidiocesi, il luogo in cui Francesco celebrò la messa per la beatificazione di Paul Yun Ji-chung e dei suoi 123 compagni martiri, lo stesso in cui molti cattolici coreani furono assassinati per la loro fede, diventerà un luogo di pellegrinaggio, che simboleggia la libertà e l’uguaglianza. La targa sarà collocata al margine settentrionale della piazza. solo una grande opportunità per la Corea, ma per tutta l’Asia nordorientale. Per il popolo coreano, che soffre veramente per varie difficoltà, è stata una festa di gioia e condivisione. Il messaggio di gioia che ci ha portato ha dato frutti preziosi in tutta la Corea. In questo anno il numero dei battesimi ha raggiunto la cifra di 124.748, con un aumento di circa il cinque per cento. Una tale ripresa, dopo il calo continuo dal 2010, è stata generalmente interpretata come “effetto Francesco”. La Chiesa di Corea ricorda l’emozione, l’ottimismo e la speranza suscitati nei cuori dei tanti che hanno assistito o preso parte a quelle giornate. Ora dobbiamo capire il vero significato e la spiritualità che si trovano racchiusi negli insegnamenti del Pontefice. Una parte significativa della nostra riflessione sulla visita è stata messa in pratica in ogni diocesi e parrocchia. Il Papa ha sottolineato tre parole chiave durante il suo viaggio: memoria, speranza, testimonianza. Quanto alla “memoria”, abbiamo cominciato a ipotizzare come il martirio dei nostri antenati nella fede possa essere ricordato nella nostra vita presente. Per noi gli avvenimenti per commemorare il primo anniversario della visita di Francesco, più che celebrazioni esteriori, sono uno sforzo di rinnovamento interiore. Il ricordo non dovrebbe essere fugace o un’esperienza isolata. In questo anniversario è tempo di vedere se i semi del magistero sono cresciuti e hanno dato frutto. Lo sforzo pastorale dell’arcidiocesi di Seoul è quello di divenire «una Chiesa povera per i poveri», «che vive della gioia del Vangelo» e «realizza la giustizia e la pace del Signore». Come arcivescovo, credo che debba essere prima di tutti io ad agire. Andare incontro ai poveri ha una dimensione sia spirituale sia pratica. Non è uno slogan, ma determinazio- Messa conclusiva della giornata della gioventù asiatica (17 agosto 2014) ne a una pastorale più attenta agli ultimi e alle loro necessità. Sono felice di dire che l’arcidiocesi di Seoul ha un ruolo attivo nel ministero sociale anche nei confronti di altre diocesi e Paesi stranieri. Concentriamo in special modo i nostri sforzi sui Paesi vicini dell’Asia orientale e della Corea del Nord. Da noi il cattolicesimo non è stato introdotto da missionari stranieri, ma attraverso l’iniziativa dei laici coreani. Questa della nostra Chiesa è una passione di fede davvero unica. La testimonianza si trova nelle vite de- gli oltre diecimila martiri uccisi per la loro fede. Ecco perché abbiamo celebrato la canonizzazione di 103 martiri santi e, durante la visita di Papa Francesco, la beatificazione di altri 124 martiri. La messa di beatificazione a Gwanghwamun è stata un luogo di riconciliazione tra martiri e persecutori. I persecutori sono stati perdonati e l’umanità originaria, che è immagine di Dio, si è ricostituita. L’area della beatificazione è divenuta uno spazio che riflette il significato del suo nome: un luogo che risplende della luce della lode. Ecco perché l’arcidiocesi di Seoul si sta concentrando sull’esaltazione dei martiri, in modo che la gente venga ispirata dalle loro vite e guardi a loro come a dei modelli. In collaborazione con il Governo, stiamo formulando una serie di progetti e di avvenimenti che si possono associare al turismo: individuazione di percorsi di pellegrinaggio intorno alla città di Seoul e costruzione del Museo del martirio. La fede dei santi martiri è la nostra eredità più grande. La ragione principale della visita del Papa è stata la partecipazione alla Giornata della gioventù asiatica, cosa che ci fa capire quanto Francesco tenga ai giovani. Essa è una riunione continentale iniziata nel 1999. Lo scorso anno in Corea ha avuto luogo la sesta edizione, che ha attirato più di duemila partecipanti da ventidue Paesi dell’Asia. Sebbene fosse un evento su piccola scala rispetto alla Giornata mondiale della gioventù 2013 in Brasile, la Giornata continentale rappresenta la fede dinamica e appassionata della Chiesa cattolica asiatica. Rivivificare il ministero della gioventù può considerarsi la sfida più grande per l’arcidiocesi di Seoul. Credo che il futuro della Chiesa stia nelle mani delle nuove generazioni e dare nuovo impulso al ministero della gioventù rappresenta uno standard importante dello sviluppo della Chiesa. Il mondo affronta la triste realtà dell’allontanamento dei giovani dalla fede cristiana. Mentre l’arcidiocesi di Seoul si concentra sull’educazione cattolica, che ha inizio nella prima infanzia, la Chiesa coreana sta profondendo molti sforzi per cambiare la situazione, incoraggiando una serie di attività giovanili quali lo studio della Bibbia, la Legio Mariae e il movimento dei Cursillos. Dopo avere considerato con attenzione il problema del rinnovamento del ministero della gioventù, il 12 giugno a Seoul, durante la messa nella Giornata di preghiera per la santificazione sacerdotale, celebrata nella cattedrale di Myeongdong, ho espresso il desiderio di poter ospitare la Giornata mondiale della gioventù. È un auspicio, perché credo che questi appuntamenti infiammino l’entusiasmo assopito dei giovani, riconducendoli alla fede. Secondo un sondaggio del 2014, solo il 5-6 per cento dei 1.200.000 giovani cattolici (tra i 20 e i 35 anni) in Corea vive veramente una vita di fede. Va allora ricercata la possibilità di coinvolgere quanti si stanno allontanando. Sebbene la percentuale della popolazione cattolica in Corea sia solo del dieci per cento, la visita di Papa Francesco nel 2014 si è conclusa con successo con il sostegno del Governo e la comprensione della gente. E sia la Chiesa cattolica sia il Pontefice hanno ricavato un’impressione altamente favorevole. *Cardinale arcivescovo di Seoul Il segreto del sacerdote, come di ogni cristiano, è quello di esserlo davvero «tutti i giorni», con la consapevolezza che è Dio a chiamare per primo. Lo ha detto il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin che, da giovedì 13 agosto è a Dili come legato pontificio per celebrare i cinquecento anni di evangelizzazione di Timor Est. Il suo primo incontro è stato con la comunità del seminario. Il cardinale non ha mancato di esprimere subito la gioia di «celebrare la messa per la prima volta a Timor Est» proprio «con i seminaristi che rappresentano il futuro della Chiesa che li attende come pastori e guide spirituali per indicare alla gente la strada verso Dio fonte della nostra vita, della nostra fede e della nostra vocazione». Insieme, ha affermato il porporato, «rimaniamo saldi su questa importante verità: è Dio a sceglierci e, come Papa Francesco ha detto ai sacerdoti dell’Ecuador poco più di un mese fa: tutti i giorni rinnoviamo il sentimento che tutto è gratis». Proprio prendendo spunto dal «fraterno consiglio» del Papa, il cardinale Parolin ha proposto una semplice espressione, di tre parole, per la vita in seminario: «Tutti i giorni!» Per questo ha chiesto ai seminaristi «di vivere gli aspetti della vostra vita in seminario tutti i giorni con responsabilità e diligenza». Ma «che cosa vi si chiede di fare tutti i giorni? Prima di tutto di entrare profondamente nel processo di formazione, con impegno e sincerità. Sì, Dio vi ha chiamato e con coraggio e fede voi avete risposto. Siete venuti in seminario per vedere, capire e discernere la validità di L’inviato speciale del Papa in Romania per il restauro del complesso conventuale del santuario di Timisoara Con Maria alla ricerca dei lontani Terminata l’ultima guerra mondiale la Croce rossa e la Chiesa hanno promosso un servizio di ricerca dei dispersi e dei lontani dalla Patria. Oggi nella Chiesa «abbiamo bisogno di un servizio di ricerca simile, per aiutare le persone che si sono smarrite: affinché dalla lontananza da Dio possano giungere alla sua vicinanza». Lo ha detto il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo emerito di Köln, inviato speciale di Papa Francesco alle celebrazioni per l’inaugurazione del complesso conventuale del santuario di Maria-Radna a Timisoara, restaurato di recente. In Romania il porporato ha sottolineato come le comunità cristiane «dovrebbero costruire questi servizi di ricerca intorno a Maria. Ella è maestra nel cercare e nel trovare». Infatti, in nessuna comunità «dovrebbe mancare questo servizio di ricerca mariana, affinché le molte persone smarrite della civiltà dell’egoismo possano essere trovate». Maria, poi, ha aggiunto il cardinale, ha accettato nella sua vita il nuovo ordine di Dio. Al contrario, «l’anarchia è il declino, e più precisamente il declino della morale e dell’etica nel peccato; e il declino della verità nella menzogna; e il declino del coraggio nella codardia». A questo proposito, ha fatto notare l’inviato papale, «è sorprendente come in Europa le aspettative di vita euforiche degli ultimi decenni si siano trasformate in un pessimismo paralizzante». Anzi, si è addirittura «trovato piacere nel declino». Questa è un’impressione che «si fa largo leggendo le notizie degli ultimi mesi. Cresce il numero dei bambini abortiti, delle persone anziane abbandonate. Un piacere autentico nel declino sembra essere diventato di moda anche nella Chiesa». Purtroppo, ha messo in evidenza il porporato, «l’ominismo ha scacciato il teismo», anzi, al centro «della Chiesa e della teologia non c’è più Dio, bensì l’uomo. La croce è stata spianata a formare una linea orizzontale, quindi abbassata dal più al meno». In questa situazione, il ruolo di Maria con il suo ordine della vita è quanto mai necessario. In effetti, «nulla deve avere la precedenza sulla volontà di Dio». Anche se oggi Maria «non facesse altro che gridare questa parola nell’Europa corrotta, avrebbe già fatto una cosa grande, forse ci avrebbe salvati». questa chiamata. Quindi, la domanda fondamentale è: il Signore mi sta chiamando veramente?». Per il cardinale la risposta a questa domanda «può soltanto arrivare» se ci si dedica «tutti i giorni all’intero processo di formazione che offre il seminario. A livello umano — ha raccomandato loro — dovreste poter sviluppare le vostre qualità sociali, specialmente nell’interazione con la gente. A livello intellettuale, sviluppare la vostra capacità di abbracciare le conoscenze, specialmente per acquisire la capacità di capire e risolvere le sfide. A livello spirituale, sviluppare il vostro rapporto con Dio, specialmente nell’approfondire il vostro dialogo con lui e nell’ascoltarlo». Inoltre, ha fatto notare, «la formazione ha come obiettivo la trasformazione dei cuori». In altre parole «tutti i giorni dobbiamo purificare i nostri cuori, sbarazzarci da tutti quei difetti che ci ostacolano nel raggiungimento di due obiettivi essenziali: amare Dio ed essere pronti ad amare senza esitazioni il popolo di Dio che sarà affidato a noi sacerdoti». Essenzialmente «la formazione al sacerdozio è imparare a essere discepoli del Signore, il che richiede un rapporto intimo con Gesù stesso e un desiderio ardente di essere inviati a servire». Proprio questa, ha rimarcato il porporato, «deve essere la nostra preghiera e il nostro lavoro tutti i giorni»: diventare quelli che Papa Francesco chiama “discepoli missionari”. «Essere un discepolo missionario — ha spiegato ai seminaristi — inizia con la scoperta della presenza di Cristo nelle nostre vite. La vostra formazione deve incentrarsi su quella relazione con il Signore che non delude mai “chi rischia” (Evangelii gaudium, 3) di seguirlo. Questo rapporto ci conduce alla scoperta di chi è veramente Gesù, perché egli “è il volto della misericordia del Padre” (Misericordiae vultus, 1)». Del resto «il discepolato non è semplicemente una relazione privata» ha affermato. «Al contrario, più profonda è la nostra relazione con Cristo, più siamo spinti ad andare avanti, a essere missionari, a portare ciò che abbiamo ricevuto e cioè l’amore e la misericordia di Dio agli altri, specialmente a coloro che vivono ai confini della società, agli emarginati, a coloro che sono dimenticati». E «questo è il primo e fondamentale obiettivo del nostro ministero e della nostra attività sacerdotale: sì, andare ai margini da coloro che vivono nelle periferie, come ha detto il Papa, fisicamente, socialmente, psicologicamente e spiritualmente, in altre parole, coloro che la società espelle, per farli rientrare nella famiglia di Dio e nella società cui appartengono». Inizio della missione del nunzio apostolico a Malta Arrivato all’aeroporto internazionale di Luqa il 4 luglio, monsignor Mario Roberto Cassari, arcivescovo titolare di Tronto, ha ricevuto una calorosa accoglienza da parte di monsignor Mario Grech, vescovo di Gozo e presidente della Conferenza episcopale, dell’arcivescovo domenicano Paul Cremona, emerito di Malta, e del vicario generale dell’arcidiocesi di Malta, monsignor Joseph Galea Curmi, in rappresentanza dell’arcivescovo Charles J. Scicluna che si trovava a Roma a causa di un lutto che aveva colpito la sua famiglia. Erano presenti all’aeroporto il direttore del Protocollo e dei servizi consolari del ministero degli Affari esteri, Peter Paul Mallia, monsignor Simón Bolívar Sánchez Carrión, consigliere di nunziatura, e numerosi sacerdoti delle due diocesi dell’arcipelago. Lunedì 6 luglio, il rappresentante pontificio si è recato al ministero degli Affari esteri a La Valetta per un primo incontro ufficiale con il ministro George Vella, a cui ha presentato copie delle lettere credenziali. In detto incontro, svoltosi in un clima molto cordiale, sono stati evidenziati gli ottimi rapporti che intercorrono tra Malta e la Santa Sede e trattati temi di valenza nazionale, regionale e internazionale. Al primo responsabile della diplomazia maltese monsignor Cassari ha promesso, anche come decano del Corpo diplomatico, la sua piena disponibilità. Mercoledì 8 luglio, ha avuto luogo la presentazione delle lettere credenziali a Marie Louise Coleiro Preca, presidente della Repubblica. Accompagnato da monsignor Sánchez Carrión e dal sacerdote Hector Scerri, capo del dipartimento di dogma nella facoltà di teologia dell’università di Malta e collaboratore della nunziatura apostolica, il rappresentante pontificio ha raggiunto il Palazzo presidenziale, dove il capo dello Stato lo ha accolto con squisita affabilità e si è intrattenuta con lui per un fruttuoso colloquio. Il presidente, dopo aver ricordato il suo incontro del 29 settembre scorso con il Pontefice e con il cardinale segretario di Stato e dopo aver aggiornato il nuovo nunzio apostolico sulle diverse attività sociali che svolge in favore dei più bisognosi, ha sottolineato l’importanza della Chiesa cattolica nella storia e nell’attuale contesto della Nazione maltese, esprimendo gratitudine per l’opera che essa mette in atto in tanti ambiti, in special modo, in quelli educativi e sociali. Monsignor Cassari ha ringraziato il capo dello Stato per le significative parole di devoto apprezzamento nei confronti del Pontefice e per l’accoglienza riservatagli fin dal suo arrivo, che si è concretizzata anche in un pranzo ufficiale in onore suo e dell’ambasciatore delle Filippine che aveva presentato le credenziali subito dopo di lui. Nei giorni successivi, il rappresentante pontificio ha fatto visita al presidente della Camera, Angelo Farrugia, e al primo Ministro, Joseph Mu- scat. Il presidente del Governo, evidenziando a sua volta il lavoro encomiabile della Chiesa maltese, ha rilevato vari punti di collaborazione e di convergenza fra le istituzioni civili ed ecclesiastiche per il bene comune del Paese. Il 10 luglio, l’arcivescovo Cassari si è recato al santuario della Madonna di Ta’ Pinu nella diocesi di Gozo, dove ha incontrato i sacerdoti, i religiosi e le religiose della diocesi, annunciando loro la nomina del francescano George Bugeja, nativo di tale circoscrizione ecclesiastica, a vescovo coadiutore del vicariato apostolico di Tripoli. L’indomani, nel corso di una solenne concelebrazione nella splendida co-cattedrale di La Valletta, il nunzio apostolico ha avuto l’onore di imporre il pallio all’arcivescovo di Malta, monsignor Scicluna, alla presenza del presidente della Repubblica, di numerose autorità parlamentari e diplomatiche e di un centinaio di sacerdoti.
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