Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLV n. 297 (47.135) Città del Vaticano giovedì 31 dicembre 2015 . Con i fedeli in piazza San Pietro per l’ultima udienza generale dell’anno Papa Francesco parla del Natale Elezioni nella Repubblica Centrafricana Salvati da un bambino Il voto della speranza Il pensiero alle vittime delle calamità che hanno colpito le Americhe e la Gran Bretagna Anche Dio «è stato un bambino». È una riflessione natalizia quella offerta mercoledì 30 dicembre da Papa Francesco, che all’udienza generale ha invitato i fedeli riuniti in piazza San Pietro a guardare «alla vita dei bambini» per imparare ad accogliere e ad amare Gesù. In effetti, ha notato il Papa, «possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini». E la prima cosa che si scopre è «che i bambini vogliono la nostra attenzione. Perché hanno bisogno di sentirsi protetti». Perciò, ha aggiunto Francesco, «è necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo». Un secondo aspetto riguarda il fatto che occorre «far sorridere Gesù Bambino per dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché lui è in mezzo a noi». Infatti «il suo sorriso è segno dell’amore che ci dà certezza di essere amati». Infine, un ultimo aspetto riguarda l’amore dei bambini per il gioco. «Far giocare un bambino, però, significa — ha osservato il Pontefice — abbandonare la nostra logica per entrare nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui, e non essere egoisti e far fare loro le cose che piacciono a noi. È un insegnamento per noi. Davanti a Gesù siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia, per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo». Da qui l’esortazione a stringere «tra le nostre braccia il Bambino Gesù» mettendoci «al suo servizio», perché — ha concluso — «lui è fonte di amore e di serenità». E sulla scia di quest’attenzione privilegiata ai più piccoli, con il pensiero rivolto alle calamità naturali che stanno affliggendo in questi giorni Stati Uniti, Gran Bretagna e Sud America, specialmente il Paraguay, il Pontefice al termine dell’udienza ha invitato a pregare per le vittime e gli sfollati. «Il Signore dia conforto a quelle popolazioni — ha auspicato — e la solidarietà fraterna li soccorra nelle loro necessità». «L’infanzia di Gesù» (miniatura del «Libro d’Ore di Catherine de Clève», 1440 circa) PAGINA 7 Giunti via mare nell’arco del 2015 Un milione di migranti in Europa NEW YORK, 30. Oltre un milione di migranti sono arrivati in Europa via mare nel 2015. A certificare questo dato è l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Su 1.000.573 tra rifugiati e migranti, oltre l’ottanta per cento sono sbarcati in Grecia, mentre gran parte degli altri — quasi 150.000 persone — hanno attraversato il Mediterraneo dalla Libia fino all’Italia. Il numero di migranti e rifugiati morti o dispersi nel tentativo di at- traversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa nel 2015 è salito a 3.735 persone, sottolinea l’Unhcr. La stragrande maggioranza di coloro che affrontano il pericoloso viaggio, spesso a bordo di imbarcazioni non adatte alla navigazione, necessitano di protezione internazionale e fuggono da guerre, violenze e persecuzioni nei loro Paesi di origine. Circa il 49 per cento proviene infatti dalla Siria, il 21 per cento dall’Afghanistan, l’otto per cento dall’Iraq e il Uccisi in Siria alcuni terroristi degli attentati di Parigi y(7HA3J1*QSSKKM( +\!=!$!%!#! L’Is perde terreno DAMASCO, 30. I miliziani del sedicente Stato islamico (Is) stanno perdendo terreno. I bombardamenti della coalizione internazionale, l’azione delle truppe irachene e i problemi economici derivanti dalla perdita del controllo su alcune aree petrolifere stanno frenando l’avanzata dei jihadisti. In un anno le forze di Baghdad sono riuscite a riconquistare il sei per cento del territorio, mentre i peshmerga curdi nel Nord dell’Iraq il due per cento. Per non parlare della Siria, dove i raid russi e quelli della coalizione internazionale a guida statunitense stanno colpendo duramente il fronte dei jihadisti. Tra le vittorie più importanti c’è la conquista in novembre della città irachena di Sinjar, sul confine tra Iraq e Siria, che di fatto ha permesso di tagliare la strada principale che collega Mosul a Raqqa, considerate le principali roccaforti dell’Is. Lo scorso ottobre era stata invece liberata l’area di Baji, sede di un’importante raffineria, e in precedenza Tikrit, riconquistata a fine marzo dopo dieci mesi di controllo da parte dell’Is. In Siria spicca il caso di Kobane, la città curda alla frontiera con la Turchia, eretta a simbolo della lotta contro l’Is. I jihadisti sono stati cacciati il 26 gennaio del 2015 dopo quattro mesi di intensi combattimenti. E intanto, ieri il Pentagono ha reso noto che diversi esponenti di spicco dell’Is, alcuni dei quali collegati alle stragi del 13 novembre a Parigi, sono stati uccisi in raid aerei della coalizione a guida statunitense. Tra le vittime si annovera anche Charaffe Al Mouadan, considerato «direttamente collegato» alla mente degli attacchi, Abdelhamid Abaaoud. L’uomo è stato ucciso in un raid aereo sulla Siria il 24 dicembre e, secondo il Pentagono, stava progettando attacchi in Occidente. L’altro leader ucciso è Abdul Qader Hakim, morto il 26 dicembre in un raid su Mosul. La tensione resta alta. A testimoniarlo l’episodio avvenuto quattro giorni fa, quando navi iraniane si sono avvicinate alla portaerei statunitense Truman, mentre transitava nello stretto di Hormuz, sparando alcuni razzi. Lo ha riferito un responsabile dell’esercito statunitense, avvertendo che Washington considera l’atto «estremamente provocatorio». quattro per cento dall’Eritrea. La settimana scorsa, l’Unhcr e l’O rganizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) avevano annunciato che al 21 dicembre il numero di persone costrette alla fuga da guerre e conflitti giunte in Europa dall’inizio dell’anno aveva raggiunto il milione, con 972.500 persone circa che avevano attraversato il Mar Mediterraneo e 34.000 persone giunte via terra attraversando le frontiere terrestri fra Turchia e Bulgaria e Turchia e Grecia. Ieri questo dato è stato ulteriormente confermato e superato. D’altro canto, l’emergenza resta altissima. Frontex (l’agenzia europea per il controllo delle frontiere dell’Unione) ha avviato ieri il dispiegamento nelle isole greche di 293 guardie di frontiera e 15 imbarcazioni per il pattugliamento, dopo la richiesta di aiuto da parte di Atene di fronte al massiccio arrivo di migranti sulle sue coste. Gli agenti dell’agenzia Ue per le frontiere esterne «assisteranno le autorità nell’identificazione e nel prendere le impronte digitali dei migranti» e tra loro ci saranno interpreti ed esperti di documenti falsi. Il numero delle guardie Frontex sarà aumentato gradualmente a 400 con altre imbarcazioni, veicoli ed equipaggiamento tecnico. Emergenza alta anche in Italia. La polizia e la guardia di finanza hanno fermato ieri a Catania un cittadino del Senegal perché sospettato di essere lo scafista di un’imbarcazione giunta in Italia con almeno cento migranti a bordo. Questi ultimi, in base a quanto emerso dalle testimonianze, pagavano 500 euro ciascuno per arrivare in Italia. Partiti da una spiaggia libica il 27 dicembre, sono stati soccorsi al largo dopo poche ore di navigazione. E sempre in Italia la polizia e la guardia di finanza hanno identificato e fermato due dei migranti sbarcati nel porto di Palermo, insieme ad altre 930 persone, perché ritenuti essere gli scafisti di alcune imbarcazioni soccorse nel Mediterraneo. Gli uomini, entrambi del Gambia, sono accusati di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento della clandestinità. Centrafricani in attesa del certificato elettorale (Afp) BANGUI, 30. È un voto di fondamentale importanza per il futuro della Repubblica Centrafricana quello che si tiene oggi per decidere non solo il nuovo capo dello Stato, ma anche la composizione del Parlamento. Dopo una difficilissima fase di instabilità scoppiata con il colpo di Stato del 2013, ora la popolazione ha una grande voglia di cambiamento. Una speranza rafforzata dalla visita di Papa Francesco lo scorso novembre. Trenta i candidati per le presidenziali. Al momento, non sembrano esservi favoriti. Tre nomi emergono dalla lista: due ex primi ministri (Anicet Georges Dologuélé e Martin Ziguélé), e il più volte ministro Abdoul Karim Meckassoua. I programmi elettorali sono concentrati sulla riconciliazione, il ripristino della sicurezza e il futuro delle nuove generazioni. Duemila i caschi blu dell’Onu mobilitati; il rischio di disordini e brogli è alto. Le elezioni sono state rinviate per ben due volte: in ottobre a causa di violenze e lo scorso 27 dicembre. Questo secondo rinvio è stato deciso da Catherine Samba-Panza, presidente del Governo di transizione, per motivi essenzialmente logistici e organizzativi: in moltissime circoscrizioni non erano arrivate le schede elettorali e non erano stati allestiti i seggi. Da quando è diventata indipendente dalla Francia, nel 1960, la Repubblica Centrafricana ha subito Sul numero di gennaio di «donne chiesa mondo» Collaborazione LUCIO CO CO A PAGINA In occasione delle festività di fine anno il nostro giornale non uscirà. La pubblicazione riprenderà con la data 2-3 gennaio 2016. 5 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’ufficio di Ausiliare dell’Arcidiocesi di Brisbane (Australia), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Brian Vincent Finnigan, Vescovo titolare di Rapido, in conformità ai canoni 411 e 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo di Gómez Palacio (Messico) il Reverendo José Fortunato Álvarez Valdéz, del clero di Mexicali, Parroco della Parrocchia Nuestra Señora del Perpetuo Socorro. La conversione dell’Innominato Porta sull’ignoto diversi colpi di Stato e rivolte armate. Si tratta di un Paese a maggioranza cristiana con una percentuale di musulmani tra il 10 e il 15 per cento. La guerra civile è iniziata nel marzo del 2013, quando i ribelli musulmani della Seleka assistiti da mercenari provenienti dal Ciad e dal Sudan hanno preso il potere con un golpe contro l’allora presidente François Bozizé. I ribelli hanno proclamato nuovo presidente il loro leader, Michel Djotodia, che è diventato così il primo capo di Stato di religione islamica. Da allora i combattimenti tra gli uomini ancora fedeli all’ex presidente Bozizé e i ribelli della Seleka non si sono fermati con continui saccheggi, attentati, stupri e una situazione umanitaria sempre più disastrosa. Nel dicembre del 2013 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che permetteva ai soldati francesi e di diversi Paesi africani di intervenire per difendere i civili, spesso coinvolti in sanguinosi scontri. Nel gennaio del 2014 Djotodia si è dimesso a causa delle continue violenze e il Parlamento ad interim ha eletto presidente Catherine Samba-Panza. Nella Chiesa le donne non compaiono, non si sente la loro voce, e quindi spesso si deduce, un po’ frettolosamente, che obbediscano in silenzio. Col ribaltamento di questo luogo comune il mensile «donne chiesa mondo» apre il 2016. Nel numero in edicola con il quotidiano del 2-3 gennaio emerge come, non solo negli anni più recenti, ma in tutta la millenaria storia della Chiesa la collaborazione fra donne e uomini sia stata importante e fruttuosa. Lo racconta, tra l’altro, la storia della santa del mese, Paola, dalla cui collaborazione con Girolamo è nata, proprio agli albori della vita cristiana, la Vulgata, cioè la traduzione latina della Bibbia. Come pure le vicende delle donne dell’Antico Testamento, alle quali sono dedicate per tutto il 2016 le riflessioni teologiche: le loro storie raccontano infatti di grandi vicende di collaborazione — a volte anche conflittuali — fra matriarche e patriarchi. Nomina di Vescovo Ausiliare Il Santo Padre ha nominato Ausiliare dell’Arcidiocesi di Porto Alegre (Brasile) il Reverendo Aparecido Donizete De Souza, finora Parroco della parrocchia São Francisco de Assis a Cornélio Procópio, assegnandogli la Sede titolare vescovile di Macriana minore. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 giovedì 31 dicembre 2015 Il quartier generale della Commissione Ue a Bruxelles Mentre in Daghestan è stato attaccato un gruppo di turisti in visita alla fortezza di Naryn-Kala Il Belgio rilancia la lotta al terrorismo jihadista BRUXELLES, 30. Rischio attentati nelle maggiori metropoli mondiali in vista del capodanno. Dopo l'arresto di due sospetti terroristi a Bruxelles, il Governo belga ha varato ieri un pacchetto di misure di lotta al terrorismo islamico in seguito alle evidenti mancanze e gravi responsabilità prima e dopo le stragi dello scorso 13 novembre a Parigi. Tra le misure previste, una nuova banca dati per controllare i ì jihadisti, regole per il ritiro dei passaporti e un cambio radicale ai vertici dell'antiterrorismo. Gran parte dei contenuti di questa riforma radicale era stata annunciata dal premier belga, Charles Michel, nei concitati giorni successivi agli attentati parigini. Ma dal primo gennaio del 2016 saranno in vigore, con l’obbiettivo di voltare pagina nella lotta contro chi intende spargere il terrore in mezza Europa. Come detto, l’elemento centrale della nuova politica del premier Michel è la creazione di una nuova banca dati dinamica grazie alla quale i diversi corpi di polizia, locali e federali, potranno in futuro accedere e condividere tutte le informazioni in loro possesso sui sospetti jihadisti. Il Governo ha quindi lanciato un piano globale di prevenzione del terrorismo mirato su Molenbeek, la zona di Bruxelles dove è altissima la concentrazione di potenziali soggetti radicalizzati. La terza misura è quella che prevede un cambio ai vertici. Il capo della sezione antiterrorismo belga, André Vandoren, il cui mandato sarebbe scaduto alla fine del 2016, si è dimesso ieri. Secondo «Le Soir», al suo posto dovrebbe arrivare Paul Van Tigchelt, sinora procuratore generale di Anversa. Nel frattempo, il terrore torna a colpire in Russia: un gruppo di turisti è stato attaccato oggi da un commando armato mentre visitava la fortezza di Naryn-Kala, nel Daghestan, sito protetto Unesco. Un agente è morto e altre 11 persone sono rimaste Rajoy auspica un Governo spagnolo di ampie intese MADRID, 30. Il presidente del Governo incaricato, Mariano Rajoy, ha auspicato ieri la formazione di un nuovo Esecutivo spagnolo di ampio sostegno parlamentare, che corrisponderebbe di fatto a una grande coalizione tra il suo Partito popolare (Pp) e quello socialista (Psoe) di Pedro Sánchez. Nel corso, ieri, di una conferenza stampa alla Moncloa, Rajoy ha difeso la formula «che consenta di formare un Governo con il maggior numero possibile di sostegno parlamentare», affermando che tornare alle urne «non sarebbe una buona soluzione». Rajoy ha quindi sottolineato che alle legislative dello scorso 20 dicembre — dove il Pp ha vinto senza però ottenere la maggioranza assoluta — «più di due terzi degli elettori hanno sostenuto alle urne partiti per la difesa di aspetti fondamentali come l’unità della Spagna». Il migliore Governo — ha aggiunto il leader del Partito popolare — «è quello che rispetta la volontà degli spagnoli e quello che sa dare stabilità». Riguardo alla sfida lanciata dalla Catalogna alle istituzioni e alle leggi spagnole, Rajoy ha invitato il leader catalano, Artur Mas, a «fare un passo indietro», sottolineando che «la sovranità nazionale non è divisibile». E il presidente del Governo ha aggiunto: «Non si può giocare per creare delle fratture». L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va ferite, cinque delle quali in modo grave. Gli assalitori sono poi fuggiti. Tensione anche in Turchia, dove la polizia ha arrestato ad Ankara due aspiranti terroristi suicidi legati allo Stato islamico, che secondo gli investigatori preparavano un attentato a Capodanno proprio nella capitale della Turchia. Anche New York si prepara a festeggiare il Capodanno e ad accogliere migliaia di turisti tra misure di sicurezza che saranno «più capillari che mai». Lo ha assicurato ieri sera il sindaco Bill de Blasio in relazione ai timori di un attacco terroristico nella Grande Mela durante le celebrazioni per la fine dell’anno e per l’inizio del 2016. Controlli rafforzati a Times Square, dove sarà raddoppiata la presenza di poliziotti. Il 31 dicembre è prevista la partecipazione di oltre un milione di persone per l’appuntamento di mezzanotte con la tradizionale sfera di cristallo Waterford che viene fatta scendere lungo un’asta alla sommità di One Times Square, dando il via al nuovo anno. Controlli della polizia parigina nei pressi della Tour Eiffel (Afp) Crescita economica e occupazione tra le priorità Ai Paesi Bassi la presidenza dell’Ue della presidenza sarà inevitabilmente stravolta dalle emergenze, vecchie e nuove, con cui l’Europa deve confrontarsi. Fra queste, la minaccia del terrorismo e la crisi migratoria, ma anche il pericolo della “Brexit”, l’eventuale uscita della Gran Bretagna dall’Unione, che potrebbe decidersi già a febbraio se non verrà trovato un accordo fra le parti in gioco. Ma fra le priorità dei Paesi Bassi, che saranno presidenti di turno del Consiglio per la dodicesima volta, ci sono anche il mercato interno, l’unione economica e monetaria, l’unione dei capitali e il commercio internazionale. Riguardo all’immigrazione, i Paesi Bassi hanno indicato la necessità di un «approccio coerente» sia sulla sicurezza delle frontiere esterne che nei singoli Stati membri. Inoltre, secondo Amsterdam, occorre «migliorare l’accoglienza dei rifugiati a livello locale e in Europa, con un'equa ripartizione degli oneri fra gli Stati membri e trovando modi per gestire meglio i flussi migratori» si legge in un comunicato programmatico. Sul fronte della lotta al terrorismo, la presidenza olandese si prefigge di discutere un quadro strategico per riformare il settore della sicurezza entro la metà del 2016 e di creare una piattaforma unica per gestire le la minaccia terroristica e la cyber-sicurezza. Sull’economia, i Paesi Bassi hanno ribadito l’impegno per una maggiore trasparenza nei conti pubblici e un’area dell’euro più robusta, con il prossimo semestre che sarà caratterizzato da una singolare coincidenza: il ministro delle Finanze, Jeroen Dijsselbloem, sarà, infatti, presidente sia dell’Eurogruppo che dell’Ecofin. Per il Governo di Amsterdam, in ogni caso — si sottolinea appunti nei documenti programmatici — è importante che gli Stati «continuino sulla via delle riforme strutturali, con gli accordi siglati nell’ambito dell’Unione economica e monetaria, che devono essere rispettati». Sempre in campo economico, ampio risalto verrà dato alla crescita strutturale e alla creazione di lavoro attraverso l’innovazione. Dopo i Paesi Bassi, la presidenza di turno dell'Unione europea toccherà alla Slovacchia (nel secondo semestre del 2016) e poi a Malta. AMSTERDAM, 30. Crescita economica e occupazione, innovazione e semplificazione legislativa, maggior coinvolgimento dei cittadini nelle decisioni. Sono queste le principali priorità dei Paesi Bassi per il semestre di turno di presidenza del Consiglio dei ministri dell’Unione europea, che si apre il prossimo primo gennaio, succedendo così al Lussemburgo. Priorità almeno sulla carta, perché, come sempre accade, l’agenda Centinaia di case distrutte, voli cancellati e nuove allerte Emergenza maltempo senza precedenti in Gran Bretagna LONDRA, 30. Resta alta l’allerta maltempo in Gran Bretagna. E una nuova tempesta con forti venti e precipitazioni, soprannominata dai meteorologi “Frank”, è in arrivo nella regione. La Bbc avverte che ci sono cinquanta avvisi di inondazioni, quattro dei quali estremamente gravi, che interessano Inghilterra, Galles e Scozia. In Irlanda del Nord centinaia di abitazioni sono senza energia elettrica e nove voli sono rimasti a terra all’aeroporto internazionale di Belfast a causa dei forti venti. Due voli in arrivo da Luton e Tenerife sono stati deviati su Dublino. Allarme rosso anche all’isola di Man, nel Mar d’Irlanda, dove sono attesi in alcune zone in altura fino a cento millimetri di pioggia. Abbondanti precipitazioni sono attese nel nord-ovest dell’Inghilterra, in Galles e nelle aree meridionali e centrali della Scozia. Le allerte più gravi si registrano a Croston, nel Lancashire e in North Yorkshire, dove inoltre sono in corso evacuazioni per il crollo di un ponte del XVIII secolo sul fiume Wharfe, che potrebbe aver danneggiato una conduttura, con conseguente rischio di fughe di gas. «Gravi inondazioni» sono attese nell’area, «la situazione è seria e c’è un significativo rischio per la vita», ha avverti- to un portavoce dell’Agenzia per l’ambiente. Il premier David Cameron ha visitato ieri la città di York, una delle più colpite dalle alluvioni. Il primo ministro ha twittato una foto che lo ritrae con i soldati inviati nella zona per aiutare la popolazione e ha GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio governatore del Missouri, Jay Nixon, ha mobilitato la Guardia nazionale per assistere le autorità locali. E stando alle ultime notizie, l’emergenza non accenna a diminuire. A causa delle alluvioni, provocate dalle piogge torrenziali, la Guardia costiera ha chiuso al passaggio delle navi un tratto del Mississippi River, vicino a St. Louis, nel Missouri. Altri piccoli fiumi hanno già esondato a est del Missouri, dove il numero delle vittime è salito a tredici. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione il budget «ammonta a 2,3 miliardi di sterline». Vediamo «se bisogna fare ancora di più e se le barriere contro le alluvioni necessitano di essere innalzate maggiormente», ha detto, sottolineando poi che la spesa per gli argini è stata maggiore al nord rispetto al sud. Le inondazioni a York non fermano il classico rituale del té (Afp) Interventi urgenti per gli alluvionati dell’Oklahoma WASHINGTON, 30. Saranno inviati al più presto aiuti federali in Oklahoma, duramente colpito da tornado e inondazioni. A stabilirlo è stato ieri il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Dallo scorso fine settimana, un’ondata di maltempo ha colpito pesantemente il centro e il sud degli Stati Uniti, lasciando alle spalle decine di morti e migliaia di case distrutte. Lo stato di emergenza è già stato dichiarato in diversi Stati, tra cui Texas, Missouri, New Mexico, Alabama, Mississippi e Georgia. Il respinto le accuse sulla gestione dell’emergenza e sul fatto di aver “dimenticato” il nord, tagliando i fondi per la realizzazione di argini. «Nell’ultima legislatura abbiamo speso più che in quella precedente e spenderemo ancora di più in questa», ha spiegato, aggiungendo che Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Boss dei narcos ucciso in Messico CITTÀ DEL MESSICO, 30. Carlos Rosales, il fondatore e massimo dirigente dell’organizzazione criminale Familia Michoacana — uno dei cartelli della droga più violenti del Messico —, è stato trovato morto insieme ad altri tre uomini al bordo di un’autostrada, nella località di Parácuaro. La notizia è stata confermata ieri da José Martín Godoy, capo della procura generale dello Stato meridionale di Michoacán. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Maduro presenta ricorsi contro i risultati delle legislative CARACAS, 30. Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha presentato alla sezione elettorale del Tribunale supremo di giustizia (Tsj) sei ricorsi contro i risultati delle elezioni del 6 dicembre scorso, nelle quali l’opposizione è riuscita a prevalere. Alle legislative la Mesa de la unidad democrática ha infatti ottenuto 112 seggi (su un totale di 167), contro i 55 del Partido socialista unido de Venezuela (al Governo), conquistando così una maggioranza qualificata dei due terzi dei seggi che le permetterebbe di avviare una Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 procedura di impeachment contro Maduro nella prossima legislatura, che inizia il 6 gennaio. I sei ricorsi di Maduro riguardano l’assegnazione di un seggio nello Stato di Amazonas, un secondo in quello di Yaracuy, tre in quello di Aragua e un ultimo appartenente al distretto elettorale indigeno del sud del Paese. Se i risultati in questi Stati fossero capovolti, l’opposizione manterrebbe la maggioranza nel Parlamento unicamerale di Caracas, ma non disporrebbe più dei due terzi dei voti nell’emiciclo. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 31 dicembre 2015 pagina 3 Soldato afghano arresta un presunto membro dell’Is a Nangarhar (Epa) Rivendicata da talebani dissidenti Nuova strage nel Pakistan ISLAMABAD, 30. Violenza senza tregua in Pakistan. È di almeno 26 morti e 56 feriti l’ultimo bilancio dell’attacco avvenuto ieri nel nordovest del Paese. L'azione è stata rivendicata dal gruppo Jamaat-ulAhrar, fazione scissionista del movimento dei talebani. Il sito Dawn News sottolinea come il portavoce dei talebani, Mohammad Khorasani, abbia preso le distanze dall'attacco, affermando che il movimento «non ha nulla a che fare con esplosioni in luoghi pubblici». Linea diretta tra Taipei e Pechino PECHINO, 30. Progressi nel disgelo tra Pechino e Taipei. Per la prima volta, oggi, funzionari dei due Governi hanno avuto una conversazione attraverso la nuova linea di comunicazione concordata durante lo storico summit avvenuto a novembre a Singapore tra il presidente Xi Jinping e la sua controparte, Ma Ying Jeou. La conversazione è avvenuta questa mattina tra Andrew Hsia, capo del consiglio di Taiwan per gli Affari continentali, e il direttore dell’ufficio di Pechino per gli Affari con Taipei, Zhang Zhijun. Il portavoce di quest’ultimo, Ma Xiaoguang, ha dichiarato subito dopo il colloquio — come riferisce l’agenzia Nuova Cina — che la linea diretta tra Pechino e Taipei faciliterà le comunicazioni sulle questioni più importanti e contribuirà a rafforzare la fiducia reciproca. L’attacco è stato compiuto da un attentatore suicida entrato in azione vicino a un ufficio governativo nel distretto di Mardan, nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Secondo la polizia pakistana, l’uomo indossava un giubbotto esplosivo ed era in sella a una moto. Si è scagliato contro l’ingresso dell’edificio dopo uno scontro a fuoco con un agente della sicurezza. L’attacco ha colpito le decine di persone che erano in fila a uno sportello per ottenere documenti di identità. Intanto, il Dipartimento antiterrorismo (Ctd) pakistano ha reso noto di aver arrestato nei giorni scorsi, nella provincia del Punjab, nove sospetti terroristi appartenenti allo Stato islamico (Is). I nove — sei arrestati nel distretto di Sialkot e altri tre in quello di Gurjanwala — sono stati portati ieri davanti a un tribunale che ne ha disposto la custodia per dieci giorni. Funzionari del Ctd hanno poi assicurato che il gruppo, trovato in possesso di un grande quantitativo di armi, progettava un attentato di rilievo a Sialkot. I combattimenti, comunque, non si fermano. Nelle ultime ore tredici miliziani sono stati uccisi in diverse operazioni effettuate dalle forze di sicurezza in Khyber Agency e dalle guardie di frontiera in Baluchistan. Nel dettaglio, dieci insorti sono morti e sei altri sono rimasti feriti in raid aerei governativi contro basi e nascondigli nella Tirah Valley della Khyber Agency, territorio tribale nord-occidentale al confine con l’Afghanistan. In questa zona le forze di sicurezza sono impegnate dal 2014 nell’ambito di un’operazione antiterrorismo. Altri tre sospetti militanti fondamentalisti – ha detto il portavoce delle guardie di frontiera pakistane, Khan Wasay – sono stati uccisi in uno scontro a fuoco durante un rastrellamento nell’area di Kech del Baluchistan. Tra manifestanti madhesi e polizia Nepal segnato da violenze KATHMANDU, 30. Almeno cento persone sono rimaste ferite ieri negli scontri tra polizia e dimostranti appartenenti alla comunità etnica dei madhesi, che vivono nel sudest del Nepal. Come riferisce il «Kathmandu Post», i disordini sono avvenuti nei pressi della città di Janakpur durante una protesta di esponenti del Samyukta loktantrik madhesi morcha, un fronte di partiti che da mesi si oppone alla nuova Costituzione, in quanto, a loro dire, questa non garantirebbe diritti alla minoranza che vive nella fa- Offensiva antiterrorismo in Tunisia TUNISI, 30. L’unità tunisina per le inchieste sul terrorismo ha arrestato a Gabes undici estremisti islamisti specializzati nel reclutamento di giovani da inviare nelle zone di combattimento di Siria, Iraq e Libia. Lo ha reso noto ieri sera il ministero dell’Interno di Tunisi specificando che gli arrestati hanno confessato di finanziare le famiglie dei terroristi attivi nelle fila del cosiddetto Stato islamico (Is) in collaborazione con altri complici in territorio libico. Una volta trasferiti al polo giudiziario per la lotta al terrorismo, il giudice istruttore ha emesso nei loro confronti un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. E sempre ieri le forze di polizia hanno arrestato ieri ad Hammamet tre persone a bordo di un’auto con molto denaro in contanti e divise militari nel bagagliaio. scia meridionale del Terai, al confine con l’India. Per disperdere i dimostranti la polizia ha fatto uso di gas lacrimogeni. Per tutta risposta, alcuni manifestanti hanno lanciato bottiglie incendiarie contro gli agenti, ferendone almeno quarantacinque. A causa delle proteste, scuole e uffici rimangono chiusi. Nella stessa zona, il 16 dicembre scorso, un gruppo di militanti madhesi aveva attaccato con sassi e bastoni un corteo di auto che accompagnava la presidente, Bidya Devi Bhandari. Nonostante la precaria situazione della sicurezza Afghanistan alle urne nel 2016 KABUL, 30. Elezioni legislative e provinciali si svolgeranno in Afghanistan fra l’estate e l’autunno del 2016. Ad annunciarlo è stato ieri il presidente Ashraf Ghani durante un incontro a Kabul con le autorità elettorali del Paese. Il capo dello Stato ha comunque chiarito che la data esatta delle consultazioni sarà annunciata, come prevede la legge, dalla Commissione elettorale indipendente. Il mandato quinquennale della Wolesi Jirga (Camera bassa del Parlamento) è scaduto lo scorso 22 gennaio, ma le elezioni legislative fissate per aprile sono state rinviate per decreto presidenziale a una data da destinarsi a causa della precaria situazione della sicurezza in tutto il Paese. Intanto, pur di agevolare il processo di riconciliazione nazionale promosso dal Governo afghano, Mosca si è detta pronta a «mostrare flessibilità» su un possibile alleggerimento delle sanzioni ai talebani imposte dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. Lo ha affermato Zamir Kabulov, inviato speciale per l’Afghanistan del presidente Vladimir Per difendere i confini dagli attacchi dei ribelli yemeniti Truppe di terra del Kuwait in Arabia Saudita RIAD, 30. Il Kuwait ha deciso di inviare forze di terra in Arabia Saudita a difesa del Paese dagli attacchi dei ribelli yemeniti fedeli all’imam Abdelmalik Al Huthi. Secondo quanto riferisce il quotidiano kuwaitiano «Al Qabas», il Governo di Kuwait City ha approvato lunedì l’invio di truppe da mettere a disposizione dell’Arabia Saudita, il Paese che guida una coalizione militare multinazionale nel conflitto contro i ribelli yemeniti huthi. L’apporto del Kuwait alla coalizione si era finora limitato alle forze aeree. Nei giorni scorsi la coalizione guidata da Riad ha reso noto che la difesa aerea saudita ha abbattuto un missile balistico diretto verso il confine meridionale del Paese. Un comunicato della coalizione afferma che i ribelli huthi, hanno lanciato il missile di notte dalla capitale yemenita Sana’a verso Najran, città di confine dell’Arabia Saudita. È la seconda volta in meno di una settimana che Riad accusa gli huthi di aver lanciato ordigni contro il suo territorio. Le truppe della coalizione sul terreno sono stati obiettivo di vari attacchi, il più grave nel settembre scorso, quando un bombardamento con missili causò la morte di circa una sessantina di soldati (emiratini, sauditi e del Bahrein). Dal mese di marzo la coalizione guidata da Riad conduce raid con- Bambino yemenita nella capitale Sana’a (Afp) tro gli huthi e le forze fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh. Proprio lunedì, quest’ultimo ha escluso ulteriori colloqui di pace con il Governo yemenita del legittimo presidente Abd Rabbo Mansour Hadi, preferendo intavolare un dialogo diretto con l’Arabia Saudita. Saleh ha governato lo Yemen per decenni mantenendo buoni rapporti con l’Arabia Saudita prima di dimettersi nel 2012, a seguito di una rivolta popolare contro il suo Governo. E mentre nel resto del Paese — soprattutto nei pressi di Taiz, la terza città dello Yemen — proseguono violenti i combattimenti tra lealisti e ribelli huthi nonostante i tentativi dell’Onu di mediare tra le parti in conflitto, il Bahrein ha annunciato oggi la morte di tre dei suoi militari membri della coalizione guidata da Riad in «un incidente alla frontiera sud dell’Arabia Saudita. Salgono così a nove i soldati del Bahrein rimasti uccisi dall’inizio del conflitto. E, sempre questa mattina, un aereo da combattimento F-16 del Bahrein si è schiantato per un guasto tecnico in Arabia Saudita nei pressi della frontiera con lo Yemen. Raid dell’aviazione fedele al Parlamento di Tobruk Si combatte nella città libica di Agedabia TRIPOLI, 30. Nonostante gli sforzi della comunità internazionale impegnata sotto l’egida dell’Onu a formare un Governo di unità nazionale, in Libia proseguono i combattimenti soprattutto nella città di Agedabia, importante centro petrolifero nell’est. I caccia dell’aviazione fedele al generale Khalifa Haftar, ministro della Difesa del Governo libico in esilio a Tobruk, hanno compiuto alcuni raid. Secondo quanto riferiscono i media locali, in uno di questi raid sono stati uccisi nove miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is), di cui cinque erano cittadini stranieri. I caccia hanno preso di mira una postazione di fondamentalisti che si trova a circa 18 chilometri a sud della città. La struttura distrutta veniva usata come sede del gruppo armato islamista. Ribelli libici in azione Il sito informativo libico «Al Wasat» informa che le violenze in città sono iniziate lo scorso 16 dicembre con le milizie locali sostenute dal generale Haftar che tentano di respingere l’ingresso ad Agedabia dei miliziani dell’Is appostati nei villaggi della provincia. La composizione delle forze sul terreno vede contrapporsi diversi gruppi salafiti in lotta tra loro, divisi quartiere per quartiere. Non è ancora chiaro il motivo che ha spinto una milizia salafita locale, composta in larga parte da giovani della città, a rivoltarsi contro uno dei leader locali del gruppo di Ansar Al Sharia, gruppo jihadista responsabile dell’assalto al consolato statunitense a Bengasi nel 2012 in cui rimase ucciso l’ambasciatore Christopher Stevens e altri quattro funzionari. Putin, citato dall’agenzia di stampa Itar-Tass. Unica condizione, ha puntualizzato Kabulov, è la salvaguardia degli interessi nazionali del Paese asiatico, cui non deve dunque rivolgersi contro un'iniziativa in favore dei talebani. Riappare, nel frattempo, lo spettro di Al Qaeda. Secondo quanto scrive il «New York Times», campi di addestramento dei terroristi dell'organizzazione fondata da Osama bin Laden hanno cominciato a riapparire in Afghanistan. Il Pentagono e l’intelligence statunitense stanno ancora valutando l'effettiva pericolosità di questi nuovi nuclei. Molti dei campi — scrive il quotidiano della Grande Mela — non sono estesi quanto quelli che la leadership costruì prima degli attacchi dell’11 settembre 2001. Tuttavia la capacità di Al Qaeda di riprendersi — prosegue il «New York Times» — sembra però aver colto di sorpresa i funzionari americani. Fino allo scorso autunno, gli Stati Uniti si sono concentrati nel colpire gli alti responsabili di Al Qaeda che si nascondono tra le montagne al confine con il Pakistan. Ma i dettagli sulle varie operazioni condotto sono poco noti. «Io sono molto preoccupato per la rinascita di Al Qaeda in Afghanistan e di quello che potrebbe essere l’obiettivo sulla loro lista: noi», ha detto al «New York Times» un ex vice direttore della Cia, Michael Morell. «È il motivo per cui dobbiamo preoccuparci per la rinascita dei talebani perché, come prima, fornirebbero ad Al Qaeda un rifugio sicuro». Di parere diverso, un funzionario dell’Amministrazione di Washington secondo cui l’aumento dell’attività dei terroristi è il risultato delle operazioni militari pakistane che spingono i combattenti oltre confine, appunto in Afghanistan. Certo è il fatto — rilevano gli analisti più accreditati dalla stampa — che lo scorso ottobre le forze afghane, aiutate dalle truppe della coalizione internazionale, hanno bombardato un campo di addestramento di Al Qaeda nel sud del Paese, il più grande finora mai scoperto. L’assalto ha distrutto due zone che contenevano tunnel e fortificazioni e nei raid sono morti almeno duecento combattenti. Anche la Guinea libera dal virus dell’ebola CONAKRY, 30. Due anni dopo lo scoppio dell’epidemia, la Guinea è ufficialmente «libera» dal virus ebola. Lo rende noto l’O rganizzazione mondiale della sanità (Oms). Nell’ex colonia francese, uno dei Paesi più poveri al mondo, l’epidemia ha provocato circa 2.500 morti. L’ultimo caso identificato è stato quello di un neonato, che è poi riuscito a salvarsi. La Guinea entra ora in una fase di sorveglianza rafforzata per novanta giorni per assicurarsi che eventuali nuovi casi di Ebola vengano rapidamente identificati. L’O ms ha già dichiarato la fine di ebola in Sierra Leone il 7 novembre scorso. Ora, per decretare la fine globale dell’epidemia, manca solo la Liberia che dovrebbe ottenere lo status verso metà gennaio. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 giovedì 31 dicembre 2015 Moretto da Brescia «Allegoria della fede» (1525) Aperto l’accesso agli archivi Nuova luce su Vichy Un ricordo di Giuseppe Colombo Ragionevole speranza di HERMANN J. POTTMEYER iuseppe Colombo l’ho conosciuto alla Commissione teologica internazionale del Vaticano durante il quinto quinquennio di questa commissione ossia dal 1992 al 1997. Era strano il fatto che don Pino, come molti lo chiamavano, appartenesse alla commissione già dal 1980, dunque vi sia rimasto per tre quinquenni. Normalmente l’appartenenza alla commissione dura solo uno o al massimo due quinquenni. Pertanto la lunga straordinaria appartenenza alla commissione testimonia l’apprezzamento della sua collaborazione da parte del presidente della commissione stessa, il cardinale Ratzinger. Perché ne fosse così stimata la collaborazione, mi apparve ben presto chiaro. I suoi contributi tanto orali che scritti di- G L’omaggio Pubblichiamo l’editoriale del docente emerito di Teologia fondamentale presso la KatholischTheologischen Fakultat della Ruhr-Universitat di Bochum che introduce il numero 3 del terzo trimestre 2015 di «Teologia. Rivista della facoltà teologica dell’Italia settentrionale», dedicato A don Pino Colombo (1923-2005) a dieci anni dalla scomparsa. Il periodico contiene altri due articoli dedicati alla figura di Giuseppe Colombo, a firma di Dario Cornati e Alberto Cozzi. mostravano un’ottima conoscenza della storia della teologia come anche della teologia moderna insieme a un personale equilibrato potere di giudizio. Le proposte da lui avanzate si ripercuotevano sui documenti, che la Commissione teologica internazionale in quegli anni pubblicava. La competenza di Giuseppe Colombo la si avvertì dal 1993 anche nel comitato scientifico dell’Istituto Paolo VI di Brescia. Nella progettazione materiale dei Colloqui internazionali di studio e degli altri progetti dell’Istituto giocò un ruolo signi- ficativo. Quale scolaro e per molti anni collaboratore di Carlo Colombo, che influì sulla teologia di Paolo VI e sul concilio Vaticano II, disponeva di un’ottima conoscenza della vita e del Pontificato di Paolo VI come anche del concilio. Giuseppe Colombo incise allora in maniera determinante sul profilo e sulla prospettiva dell’Istituto Paolo VI. Ricordo con grande piacere i colloqui attorno agli interrogativi teologico fondamentali, vi scoprimmo una larga sintonia. Nel 1988 Colombo pubblica il saggio La ragione teologica che apre la sua raccolta di studi fatta apparire nel 1995 sotto il medesimo titolo. Il titolo certamente inconsueto La ragione teologica intende provocare. Punta contro la separazione moderna tra la fede e la ragione critica e contrassegna il programma teologico fondamentale di Colombo. La scissione di fede e ragione critica dà come risultato che la ragione critica si interpreti come unica istanza e come criterio assoluto per ogni conoscenza della verità, dunque si ritenga nel proprio impiego del tutto libera da ogni condizionamento e norma esterni. Questa pretesa — così procede la critica di Colombo — rappresenta nondimeno un’illusione acritica, che lascia fuori gioco il fatto che la ragione è sempre di un soggetto storico e che allora essa, come del resto questo stesso soggetto, nel proprio impiego soggiace a condizioni storiche. Nel tentativo di fondare la verità della fede soddisfacendo anche le condizioni di questo razionalismo, l’apologetica aveva pensato di dover accettare la separazione di ragione e fede. L’apologetica tentò quindi di fondare la verità della fede in base ai criteri che appaiono disponibili al razionalismo, criteri che restano tuttavia esteriori, estrinseci rispetto alla fede. Un esempio a tale proposito lo esibisce la prova del miracolo: miracolo come rottura delle leggi di natura. Inoltre Colombo sottopose a critica anche i successivi tentativi di fondare la verità della fede assecondandole condizioni sollevate attraverso le filosofie man mano in vigore, pertanto in maniera estrinseca. Se si comprende però — così si comporta Colombo — la ragione come la ragione di un soggetto storico, allora ci si proibisce qualsiasi separazione di fede e ragione critica. La fede cristiana si svolge fin da principio in una teologia come «analisi di ANNA FOA Q critica della fede per mostrarne le interne ragioni, ossia legittimare la fede come ragionevole». In effetti senza il convincimento provato criticamente circa la verità della fede non diventa possibile la fede come consenso libero. La ragione teologica, allora, «non è altro che la ragione critica impegnata nella teologia (...) che accompagna da sempre la fede cristiana; da sempre impegnata nelDai suoi contributi risulta lo stesso compito, che tuttavia si è un’ottima conoscenza determinato in fordella storia della teologia me diverse, in funzione delle diverse E un potere di giudizio esigenze fatte valepersonale ed equilibrato re dalla ragione critica» (La ragione Milano teologica, 1995, 5). All’incirca nello stesso periodo in cui Giuseppe Colombo sviluppava i propri pensieri attorno alla razionalità intrinseca della fede, i miei due coautori Walter Kern e Max Seckler e io inseguivamo la medesima istanza nel Corso di Teologia Fondamentale (quattro volumi, Brescia, 1990). Anche noi arrivammo a lasciar cadere la fondazione estrinseca della verità della fede mettendo in campo il concetto di una teologia fondamentale che presenta la verità e l’illuminante forza della fede in base al suo proprio contenuto, pertanto intrinsecamente, conformemente all’ordine di 1 Pietro, 3, 15: «Siate pronti sempre a rispondere (“Apologia”) a chiunque vi domandi ragione (Lògos) della speranza che è in voi». Grazie a questa comune richiesta si giunse con Giuseppe Colombo a un fruttuoso scambio di pensieri, potendo io così approfittare della sua profonda conoscenza della storia della teologia e del suo rigoroso pensiero. Sono grato di aver incontrato Giuseppe Colombo — don Pino — come uomo, teologo e collega. A Treviso una mostra sugli anni italiani dell’artista di GABRIELE NICOLÒ Per aver turbato i sonni di Manet, Cézanne e Picasso vuol dire che l’arte di El Greco, tra le figure più importanti del Rinascimento spagnolo, non teme confronti. E la sua pittura acquista maggiore rilevanza pensando che il talento di Dominikos Theotokopoulos, in arte El Greco, brillò anche nella scultura e nell’architettura. Con l’obiettivo di riproporre all’attenzione del grande pubblico la figura di un artista che seppe dare il meglio di sé nello stile drammatico ed espressionistico, e che la critica definì «l’inventore della pittura moderna», la mostra in corso nella Casa dei Carraresi a Treviso, fino al 10 aprile, investiga il periodo dal 1567 al 1576, vale a dire gli anni che El Greco visse in Metamorfosi di El Greco Italia. L’esposizione, la più importante mai allestita sulla “fase italiana” dell’artista, si pone a coronamento delle iniziative culturali organizzate per il quarto centenario della sua morte, avvenuta a Toledo nel 1614. Il progetto scientifico alla base della mostra si rifà a oltre mezzo secolo di studi del suo curatore, Lionello Puppi, uno dei maggiori studiosi di El Greco. C’è poi una chicca a impreziosire l’esposizione, cioè quattro capolavori in anteprima mondiale: il maestoso cartone «Guarigione del cieco» (1573) ualche giorno fa, il governo francese ha firmato un decreto che liberalizza totalmente l’accesso agli archivi del periodo di Vichy e del periodo del passaggio alla Repubblica. Il decreto riguarda circa duecentomila documenti, quelli degli archivi del tribunale speciale di Vichy, dei tribunali speciali della Liberazione, delle ricerche dei criminali di guerra, delle inchieste della polizia giudiziaria tra il 1939 e il 1945, delle condanne del dopoguerra per “indegnità nazionale”, che erano finora consultabili solo dagli studiosi e dietro richiesta motivata. Ora tutti i cittadini — e non soltanto i ricercatori — potranno avervi libero accesso. Unica eccezione, i documenti secretati la cui richiesta di consultazione potrà essere rifiutata per ragioni di sicurezza nazionale. È un gran passo avanti nella ricostruzione della storia e della memoria di un periodo assai nero della storia francese, quello tra il 1940 e il 1944, a lungo rimosso nella memoria collettiva del Paese come una parentesi, uno stato di necessità, qualcosa che poteva essere cancellato dalla gloria della Resistenza. Solo nel 1995 la rimozione fu infine denunciata dal presidente Chirac e delle Demoiselles d’Avignon di Pablo Picasso, dal quale si evince l’influenza che l’artista ebbe sul genio cubista; due Crocifissi di Francis Bacon e un ritratto dello stesso El Greco creduto perduto e poi ritrovato. Il percorso espositivo parte da Creta, l’isola in cui è nato, e da un linguaggio legato alla tradizionale icona bizantina che ha contraddistinto la sua prima produzione artistica, per arrivare in Italia, dove il pittore trasformerà il suo modo di dipingere grazie anche alla frequentazione dei circoli artistici più eminenti. Sarà poi in Spagna che il pennello di El Greco raggiungerà la piena maturità. Tra le opere esposte, l’Adorazione dei Pastori (1568-1569), il Ritratto di Giulio Clovio (1571), la Guarigione del cieco (1573), la Crocifissione (15751577) e il San Francesco (1595). La sezione conclusiva della mostra documenta la profonda influenza esercitata dal pittore sulle avanguardie europee del XX secolo, a testimoniare la feconda attualità del suo genio: il suo fu un linguaggio capace di sconvolgere i canoni estetici della sua epoca in virtù dell’adozione di toni drammatici e di un linguaggio dinamico e fantasioso. Tratti questi che, appunto, finirono per conquistare artisti del calibro di Picasso e Manet, i quali rimasero folgorati dalle forme allungate delle sue figure, dalla stra- vaganza dei cromatismi utilizzati, dall’uso moderno e soggettivo dello spazio. In occasione della mostra è stato curato un volume, a cura di Lionello Puppi, dal titolo El Greco in Italia. Metamorfosi di un genio (Milano, Skira, 2015, pagine 151, euro 30). Si tratta di un viaggio nel tempo e nello spazio lungo il quale è possibile ammirare, accanto ai capolavori di El Greco, le opere dei grandi maestri, antichi e moderni, legati all’artista da reciproche influenze: da Tiziano a Tintoretto, dal Correggio al Parmigianino. Il volume presenta, tra gli altri, saggi di Puppi (Il pittore nel suo labirinto) e Robin Cormack (Il mondo in cui nacque El Greco), e contiene il catalogo delle opere, suddiviso in quattro sezioni. Intorno al Greco sono fioriti numerosi aneddoti. Si racconta, per esempio, che non esitò a criticare il Giudizio universale di Michelangelo realizzato nella Cappella Sistina, tanto da sollecitare da Pio V il permesso di ridipingerlo secondo i dettami di una più rigida dottrina cattolica. E quando, successivamente, gli venne chiesto che cosa pensasse di Michelangelo, El Greco rispose che «era un brav’uomo, ma non sapeva dipingere». Ma oltre all’aneddoto spicca un paradosso: l’artista non riuscì a sfuggire all’influenza michelangiolesca, come testimoniano alcune sue opere, tra cui l’Allegoria della Lega Santa. E nelle sue Cronache, scritte nel XVII secolo, Giulio Mancini incluse proprio El Greco tra i pittori che avevano promosso una potente rivalutazione degli insegnamenti di Michelangelo. zione con i nazisti. Per quanto riguarda la questione ebraica, già nell’ottobre del 1940 varò delle leggi antiebraiche simili a quelle tedesche e italiane, perfezionate nel 1941 e seguite da provvedimenti per facilitare l’arresto e la deportazione degli ebrei. Deportazione iniziata nel 1942, e a cui il governo di Vichy concorse attivamente, che riguardò settantaseimila ebrei francesi. Le milizie speciali create dal regime di Vichy, oltre ad arrestare gli ebrei, condussero una guerra diretta contro le forze partigiane. Per tutti questi motivi, l’accusa rivolta ai dirigenti fu quella di alto tradimento e di collaborazione con il nemico. Come ha sottolineato una delle maggiori studiose della Shoah in Francia, Annette Wieviorka, questa documentazione consentirà anche una conoscenza più approfondita degli anni del dopoguerra, dell’epurazione e dell’attività giudiziaria, del passaggio insomma dalla Francia di Vichy alla Quarta Repubblica. Sono gli anni in cui alla condanna dei collaborazionisti, molto più ampia che in Italia, si è sovrapposta la tendenza a mantenere la continuità dell’apparato statale, della burocrazia, della magistratura, e in cui è nata la grande rimozione degli anni di Vichy. Molte questioni potranno essere messe in luce dalla consultazione di Il maresciallo Pétain e Hitler nel 1940 il periodo di Vichy fu posto all’attenzione degli storici e a quella dell’opinione pubblica. Com’è noto, dopo la caduta della Francia nel giugno 1940 la nazione fu divisa in tre zone: quella di diretta occupazione nazista, che comprendeva Parigi e tutto il Nord; quella meridionale do- questa grande mole di documenti. Innanzitutto, il ruolo dei collaborazionisti. Lo stesso presidente Mitterrand fu in giovinezza, come è più volte emerso, vicino al governo di Pétain. La continuità dell’apparato dello Stato francese con quello di Vichy, passata la breve era delle epurazioni, fu molto forte. Come non ricordare il caso di Maurice Papon, l’alto funzionario La decisione del governo francese aiuterà di Vichy che sfuggì all’epurazione, fece a eliminare ambiguità e rimozioni una brillante carriera E a consolidare la dolorosa memoria fino a diventare nel 1958 prefetto di Parigi di un periodo torbidissimo — periodo in cui ordiMemoria necessaria per avere giustizia nò di sparare su decine di giovani manifestanti e guardare senza ombre al futuro algerini nella capitale francese — e fu poi processato nel 1998 e ve si formò un governo collabora- condannato a dieci anni per crimini zionista di Vichy, diretto dal mare- contro l’umanità per aver organizsciallo Pétain, personaggio di gran- zato il trasporto ad Auschwitz di de prestigio politico e militare; e milleseicento ebrei? Molte ombre quella di occupazione italiana, nel gravano anche sugli arresti dei sud del Paese, una sottile striscia membri della Resistenza, sui nomi dei delatori. Si spera che ora, con poi estesa nel 1942. Già il 18 giugno 1940 il generale l’apertura generalizzata degli archiDe Gaulle aveva invitato il popolo vi, molti dubbi possano essere francese alla Resistenza e creato a sciolti. Questo sul piano storico, perché Londra il governo della Francia Libera. Dopo la Liberazione, Pétain dal punto di vista dell’immagine fu incarcerato, processato e condan- della Francia, della memoria di nato a morte. La sua pena fu com- quegli anni oscuri, è indubbio che mutata da De Gaulle nel carcere, l’apertura degli archivi non potrà dove, ormai molto vecchio, morì che aiutare a togliere di mezzo amnel 1951. Con lui furono condannati biguità e rimozioni, e a consolidare a morte Pierre Laval, primo mini- la dolorosa memoria di uno dei più stro del governo dal 1942 al 1944, e torbidi periodi della storia della molti altri responsabili della politi- Francia. Una memoria — vorrei aggiungere — necessaria per avere giuca di Vichy. Il governo di Vichy ha svolto stizia e guardare senza ombre al fuuna politica di intesa e collabora- turo. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 31 dicembre 2015 pagina 5 L’Innominato e il cardinale in un’illustrazione del XIX secolo Non si tratta tanto di dimostrare Dio quanto di mostrare Dio È questo il compito del cardinale Federigo che impegna il suo ospite in un percorso a ritroso La conversione dell’Innominato Porta sull’ignoto Come tutti noi, egli non vede Dio eppure comincia a chiedersi cosa può farsene Dio di lui. Egli è ancora nell’oscurità della notte precedente, e fino alla fine non potrà esibire a nessuno alcuna certezza, eppure tenta di dare una risposta a Colui che è venuto a cercarlo, a colui che non avrà mai un volto, nel senso che non potrà mai offrirsi una prova razionale, ma che lo sta cercando non per giudicarlo, oppure per condannarlo, ma per cambiare di segno alla sua vita. È il cardinale Federigo a ispirargli questo nuovo pensiero. Il Dio che non conosce non voleva che i suoi giorni finissero con una pena che sarebbe stata anche giusta, ma voleva concedergli tutta la vita che ancora gli restava da vivere per stringerselo a sé, per abbracciarselo. Non basta un’immagine per questo Dio, sarebbe qualcosa di troppo distante, di troppo freddo. Egli vuole essere relazione, vuole conquistare il cuore e non per vantarsi, lui l’O nnipotente non ne avrebbe bisogno, ma per restituire smalto e brillantezza all’essere, per riconquistare l’uomo che egli ha voluto libero e che solo nella libertà può amare. L’importante — scrive un teologo — non è chiedersi se c’è Dio, ma come è Dio (Adolphe Gesché). Le prove dell’esistenza di Dio possono avere solo il valore della testimonianza di un intelletto che non si chiude nei suoi calcoli e si apre alla fede. Non si tratta quindi tanto di dimostrare Dio quanto di mostrare D io. È questo il compito del cardinale Federigo. Egli impegna il suo ospite in un percorso a ritroso che gli fa risalire la corrente vorticosa della sua incredulità e senza dubbio lo confonde svelandogli — «commosso Francesco Gonin, «L’Innominato in preghiera ma sbalordito, l’Innomidavanti al letto» (XIX secolo) nato stava in silenzio» — delle qualità che gli rivelano un essere misericorCom’è questo Dio? Il cardinale Bor- dioso, premuroso, aperto al perdoromeo piano piano comincia a mo- no, desideroso di salvare l’uomo; è strarlo al suo interlocutore. A dira- questo il Dio che ha scorto nella dare le ombre della notte precedente notte oscura l’Innominato, il Dio che ancora si affollavano nella mente che non può essere visto perché vuodell’uomo, facendogli presentire le abitare dentro di noi: «Cosa può «una speranza di quiete, di consola- fare Dio di voi? — domanda il cardizione, d’una consolazione che sarà nale — E perdonarvi? E farvi salvo? piena». L’Innominato arriva a Dio e E compire in voi l’opera della redenzione? Non son cose magnifiche e non trova il giudice che, forse speradegne di Lui?». va, lo attendeva per presentargli il Si arriva sulle soglie del tempio di conto delle sue azioni malvagie ma Dio spesso con il pregiudizio, lo si trova il consolatore. Nella stanza immagina con gli stessi nostri sentibuia dove la sua crisi lo aveva preci- menti, attribuendogli le nostre limipitato, in quel nero egli non può ve- tatezze, le nostre cadute, sempre dere ma «sente» che qualcuno lo sta pronto a restituire la pariglia per i cercando e non per giudicarlo. «Se nostri disastri. Se esistesse soltanto, c’è questo Dio, se è quello che dico- come può essere il Dio delle dimono, cosa volete che faccia di me?» ri- strazioni dei filosofi, questo solo potrebbe pretendere da noi per le nobatte l’Innominato. di LUCIO CO CO olto spesso si arriva a Dio dopo notti oscure, dopo averlo negato per tutta una vita ed è come se si aprisse una porta sull’ignoto. «Dio! Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?», dice l’Innominato al cardinale Federigo. La ragione non lo vede, non riesce a farsene un’immagine. Dio stesso non vuole che sia così, semplicemente perché ci sarebbe una distanza tra sé e la sua creatura. Egli cerca il cuore, sceglie la relazione. «Non lo sentite in cuore — dice il cardinale Borromeo — che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare, e nello stesso tempo vi attira». Si arriva a Dio con immagini di Dio spesso falsate, di un Dio lontano, indifferente, quando non giudice severo, che non lascia scampo. Se non che questa è ancora una maniera umana. È come ci comporteremmo noi in certe situazioni: spietatamente, senza tollerare o sopportare alcunché. Così si arriva a Dio ed è veramente come fare un salto nel vuoto. M stre colpe: un prezzo da pagare, una pena da scontare in una qualche prigione dell’anima. Ma il Dio che non esiste soltanto (e che a questo punto potrebbe anche non esistere tanto è lontano da noi) ha invece altre qualità, si scopre così che è pronto a perdonarci, che si abbassa fino a noi, che si fa «così vicino al peccatore da spiare il momento della caduta per stendere la mano» (André Louf). Neppure così tuttavia si arresta il suo movimento. Non è neppure questo che completa la sua azione e il Nella stanza buia dove la sua lo aveva precipitato egli non può vedere ma “sente” che qualcuno lo sta cercando E non per giudicarlo suo intervento. Con la sua grazia egli vuole cambiare di segno anche al resto della vita. Il passato è perdonato e redento ma a questo Dio di misericordia, interessa soprattutto il seguito, quello che viene dopo. Le parole del cardinale ne riassumono così il progetto: «Far volere e operare nel bene cose più grandi di quelle immaginate e fatte nel male». La conversione dell’Innominato non è un punto d’arrivo. La conversione non pacifica, non risolve, non chiude i crisi conti con Dio. Essa piuttosto cambia di segno una vita. Il convertito Innominato non equivale a dire il pacificato Innominato. In tal caso la sua conversione non sarebbe stata completa. Aver chiuso i conti con il passato non significa poi ritirarsi in se stesso ma trasformare in germi e spore di bene questo incontro che gli/ci ha cambiato la vita. Convertirsi non vuol dire tornare indietro, ricoverarsi in una certezza che risulterebbe sgradita non solo a «Il ponte delle spie» ispirato a una storia vera La Guerra fredda secondo Spielberg di GAETANO VALLINI Se si affidano la regia a Steven Spielberg, la sceneggiatura ai fratelli Coen e il ruolo da protagonista a Tom Hanks — otto Oscar in tutto, tre il primo, altrettanti i secondi e due il terzo, oltre a diverse nomination — ci sono buone probabilità che il risultato sia grande cinema. E in effetti Il ponte delle spie conferma quanto pro- È un film che si ispira ai classici senza cadere nel manierismo Un cinema senza fronzoli e non ridondante Tuttavia elegante e a suo modo epico mette. Riportandoci al clima della Guerra fredda, è un film che si rifà ai classici del genere spionistico senza cadere nel manierismo. Un cinema spoglio di ogni inutile fronzolo, non ridondante, eppure elegante, essenziale ma a suo modo epico, che può persino permettersi quel tanto di retorica, quasi inevitabile visto il tema, senza però risultare fastidioso. Merito della direzione asciutta ma sapiente di Spielberg, maestro nel ricostruire con rea- Scuola estiva di astrofisica della Specola vaticana All’origine c’è l’acqua È dedicata all’acqua la quindicesima scuola estiva di astrofisica (che ha cadenza biennale) della Specola vaticana che si aprirà il prossimo 29 maggio a Castel Gandolfo, e che durerà quattro settimane. I lavori intendono ribadire il valore dell’acqua, che svolge un ruolo importante nell’origine e nello sviluppo chimico delle comete, degli asteroidi e dei pianeti, compresa la Terra. Essa, del resto, è anche un elemento primario che riveste un decisivo ruolo nella vita degli esseri umani. Non a caso il tema della scuola estiva è L’acqua nel sistema solare e oltre. Vi prenderanno parte studenti provenienti, in rappresentanza dei cinque continenti, da ventuno Paesi, tra cui giovani originari dell’Ecuador, della Malaysia, delle Filippine e dell’Uganda. Ma non vi saranno solo studenti che aspirano a sviluppare la propria carriera professionale nel campo dell’astronomia: sui banchi siederanno, infatti, anche astronomi di fama internazionale, la cui competenza va dalla partecipazione Dio ma agli uomini stessi. Nel termine conversione spesso è prevalente il significato — che pure gli appartiene — di pentimento, di un tornare indietro, di un tornare in sé dopo un lungo errore e lo smarrimento. Ma conversione non è solo un viaggio di ritorno, un re-vertere, alla religione e alla fede; non può esserci niente di nostalgico in essa. Conversione deve avere anche il significato di progressione («Volere e fare nel bene cose più grandi di quelle immaginate e fatte nel male», per usare le parole di Federigo), di un andare verso qualcosa che non si conosce, di una scoperta. Il convertito, e siamo tutti convertiti, è uno che vuole portare al mondo la trasformazione che ha percepito dentro di sé, che non si tiene questa scoperta del Dio che gli si è mostrato e del come gli si è mostrato solo per sé. Il convertito è un custode autentico di questa verità nella misura in cui riesce a trasferirla agli altri secondo i suoi modi e i suoi sentimenti. San Paolo era un convertito di questo tipo, san Francesco e tutti gli altri convertiti, noti e meno noti, hanno vissuto la loro conversione, ne hanno fatto un dono che è anche l’unico modo per dire che si è pienamente ricevuto ciò che ci è stato prima donato. «Dio veramente grande! Dio veramente buono! Io mi conosco ora, comprendo chi sono» esclama alla fine l’Innominato, quasi a voler mettere il suggello alle cose che aveva appena intuito. Il Dio che gli era stato mostrato era lo stesso Dio che era affiorato nel fondo della sua coscienza e nel fondo della crisi della notte precedente. Il suo interlocutore nulla aveva fatto o aveva aggiunto a quanto egli non sentisse e non sapesse già. Nessuna dimostrazione, mi sembra, avrebbe potuto persuadere l’incredulo o può convincere chi attualmente lo nega. Tutto dipende dall’ascolto e l’altro può solo aiutare a sentire più chiaramente, a distinguere nel rumore di fondo. Infine questo epilogo ci offre un’ultima immagine, il convertito che esclama che «ora si conosce, ora sa chi è». Non c’è conoscenza di sé, senza conoscenza di Dio. Ogni sapere di sé che non si accorda sulla voce di Dio che parla dentro di noi non può mai essere vera conoscenza di sé. È ancora una volta Dio che stabilisce il registro, discordare da esso è possibile, è nella disponibilità dell’uomo e della sua libertà, ma questo significa andare non tanto contro la verità di Dio, ma contro la verità di sé. Significa non tanto andare contro Dio, ma falsificare se stessi. L’oracolo greco che diceva «Conosci te stesso» viene dunque aggiornato così nell’esperienza dell’incontro tra il cardinale Federigo e l’Innominato con una formula più necessaria: «Conosci te stesso, se conosci Dio». a recenti missioni spaziali al lavoro nei laboratori di ricerca. La prima scuola estiva di astrofisica della Specola vaticana si è tenuta nel 1986: da allora più di trecentocinquanta studenti, provenienti da settanta Paesi, hanno seguito le lezioni. E — dato assai significativo — più dell’ottantacinque per cento ha proseguito poi in questo filone di studi, con alcuni di loro che sono diventati figure di spicco dell’astronomia contemporanea. lismo contesti storici anche complessi, nonché della solida e lineare scrittura di Joel ed Ethan Coen, coadiuvati da Matt Charman, che rendono credibili personaggi e messa in scena di una trama tratta da una storia vera. Alla fine degli anni Cinquanta, al culmine delle tensioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica, l’Fbi arresta Rudolf Abel (Mark Rylance), considerato un agente sovietico. Imprigionato, in attesa di processo, ad Abel — che non è intenzionato a collaborare — deve essere assegnato un difensore d’ufficio. La scelta del governo cade su James Donovan (Tom Hanks), esperto di assicurazioni, ma con poca esperienza in campo penale. L’avvocato è riluttante ad accettare un incarico che potrebbe renderlo impopolare ed esporre la famiglia al pubblico sdegno e persino al pericolo. Inoltre ciò che gli si chiede è ambiguo: da una parte gli Stati Uniti vogliono dare l’idea che anche una spia, un nemico della nazione, abbia diritto a un processo equo, dall’altra ritengono che ciò possa tuttavia limitarsi alla sola facciata. Pur riluttante, Donovan accetta di rappresentare Abel. Ma, tenendo fede allo spirito della costituzione, prende sul serio l’incarico, impegnandosi affinché il suo assistito — che rispetta e comprende nelle sue scelte — abbia tutte le garanzie. Cosa che gli alienerà le simpatie del giudice e gli attirerà il biasimo della nazione, ma che eviterà ad Abel la condanna capitale. Anche perché, da esperto di negoziazioni assicurative, sa che l’uomo potrebbe un giorno rivelarsi preziosa merce di scambio nel caso in cui un agente americano finisse nelle mani dei sovietici. Circostanza che puntualmente si verifica qualche anno dopo, quando il pilota di un aereo spia statunitense, Francis Gary Powers, viene abbattuto in territorio sovietico e catturato. E sarà proprio Donovan a essere contattato dalla Cia per condurre la trattativa segreta per un scambio di prigionieri. La scena si sposta così in una gelida e spettrale Berlino Est nei giorni in cui si sta costruendo il famigerato muro, dove si conclu- derà sul ponte di Glienicke, il ponte delle spie. Spielberg, dunque, torna ancora una volta alla grande storia, per raccontarne un capitolo poco noto, ma dall’alto significato. Del resto da diverso tempo il suo cinema vuole andare oltre l’aspetto rievocativo per aprirsi al dibattito. In tal senso le vicende del passato dovrebbero costituire un pretesto per riflettere sul presente, sulla politica, sui suoi errori e sulle loro conseguenze, ma anche sui valori di democrazia che dovrebbe contenere e salvaguardare. Ne Il ponte delle spie i messaggi sono due, ripetuti dal protagonista — tutti hanno diritto a una difesa; ognuno di noi è importante — in continuità con quanto già detto in Salvate il soldato Ryan e più di recente in Lincoln. Grazie anche alla bravura degli attori, Hanks e Rylance su tutti, Spielberg confeziona un racconto in cui il mondo torna a essere diviso in due, nel quale la diplomazia ufficiale deve cedere il posto a infide manovre sotterranee, e dove tuttavia eroi e antieroi, pur riconoscibili, non sono stereotipi, ma persone comuni che hanno fatto una scelta di campo. Il tutto reso con grande realismo e raffinatezza, sia pure con qualche piccolo calo di tensione. Molto si deve anche al direttore della fotografia Janusz Kaminski, con Spielberg dai tempi di Schindler’s List, per aver contribuito alle atmosfere di un film d’altri tempi. Al quale peraltro il bianco e nero non sarebbe affatto andato stretto. Una scena del film L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 giovedì 31 dicembre 2015 Jean Guitton, «Il Buon Pastore» (1969) Meditazioni sul prologo al vangelo di Giovanni Il Logos mediatore di salvezza di MAURIZIO GRONCHI Nella santa messa del giorno di Natale la liturgia della Chiesa ci propone il prologo del Vangelo di Giovanni in cui il figlio eterno di Dio fatto carne (Giovanni, 1, 1, 14) riceve l’appellativo di Verbo, che in greco corrisponde al termine Logos. Quella che a prima vista sembra l’intuizione astorica di una condizione antecedente, da cui discende la comprensione di tutto ciò che segue, in realtà è la conclusione cui giunge l’esperienza credente dei discepoli di Gesù, a partire dalla sua morte e risurrezione. Infatti, proprio grazie alla rivelazione compiuta nell’evento pasquale è possibile attribuire a Gesù Cristo il titolo di Logos. Gli esegeti discutono la complessa questione del Logos giovanneo, in rapporto alla filosofia greca, alla parola di Dio, sapienza, torà e memrà di Jahvé nel giudaismo, a Filone di Alessandria e alla concezione gnostica. La soluzione più accreditata esclude lo sfondo greco-pagano, a favore di quello giudaico-ellenistico. «Originariamente estraneo al pensiero greco, il concetto neotestamentario di lógos è invece divenuto più tardi il punto d’aggancio della dottrina cristiana alla filosofia greca» (Hermann Kleinknecht). «In complesso l’inno al Logos giovanneo è molto più vicino al pensiero giudeo-cristiano delle origini che non a quello gnostico, e in questo fatto dovrebbe anche ricercarsi il motivo principale della scelta del titolo di Logos […] sulla falsariga del pensiero giudaico-ellenistico, nello stesso modo in cui si è formata la concezione filoniana, cioè come un’adeguata espressione greca che si prestava ad accogliere e unire i due concetti della “parola di Dio” e della “sapienza” (o della torà)» (Rudolf Schnackenburg). Affermando che il Logos è diventato l’uomo Gesù, si potrebbe suscitare l’impressione che la sua venuta nella carne corrisponda a una riduzione rispetto alla maggior ampiezza del Logos. In verità, il processo che guida il pensiero, sia del quarto evangelista che della recezione cristiana antica, va da Gesù Cristo al Logos e non viceversa, da cui deriva la necessaria conclusione — d’importanza decisiva anche per l’odierna teologia delle religioni — che non è possibile pensare a un Logos che non sia identico a Gesù Cristo. Ed è ciò che si può sostenere proprio a partire dal prologo gio- vanneo, ove viene premessa la comprensione più evoluta di Gesù Cristo, scaturita dal suo evento pasquale, che prende il nome di “incarnazione”. Il problema dell’identità fra il Logos e Gesù di Nazaret si porrà, esplicitamente e per la prima volta, nel contesto della crisi nestoriana (V secolo), con forti analogie a quello contemporaneo del paradigma teocentrico pluralista adottato dalla teologia delle religioni. La conclusione cui si giunge è che tale distinzione/separazione non sia possibile poiché non c’è un Verbo che non sia identificato con Gesù di Nazareth. […] Né il prologo di Giovanni, né i Padri, né il concilio di Calcedonia sembrano giustificare che dopo l’evento Cristo si dia un’azione del Verbo. Un importante approfondimento del termine Logos, riferito all’azione del Figlio eterno prima dell’incarnazione, venne da autori come Giustino, Ireneo di Lione e Clemente Alessandrino, al fine di illustrare l’influenza universale di Cristo, mediante i lógoi spermatikói sparsi in ogni razza umana, al di là dei confini dell’economia anticotestamentaria, come praeparatio evangelica (Eusebio di Cesarea). «Era difficile trovare una parola più suggestiva. Gli apologisti la usano per rievocare molteplici livelli: quello cosmico, in cui il Verbo è creatore e conservatore del mondo; quello intellettivo, in cui diventa la base e lo strumento della gnosi della rivelazione; quello morale, in cui è il compimento e il riassunto della Legge; quello psicologico, dove spiega il meccanismo del pensiero, dalla “parola della mente” alla “parola proferita”; e infine per quanto riguarda la storia della salvezza, dove il Verbo è il mediatore di salvezza e la parola della rivelazione» (Antonio Orbe). In tal modo, il Logos, secondo i greci principio astratto e fuori dal tempo, relegato al mondo delle idee, assume per i cristiani una tale concretezza da farsi uomo storico, capace di vivere, morire e risorgere. Anche con l’uso di questo titolo, il processo di storicizzazione del kerygma, dapprima nell’ambiente giudeo-cristiano e poi in quello ellenistico, è stato in grado di trasmettere la novitas christiana al prezzo di accogliere e, al tempo stesso, di escludere elementi presenti nella culturaambiente, ovvero di selezionarli in base alla regula fidei. Numerose le iniziative del Ccee e della Comece Un anno di Chiesa in Europa ROMA, 30. Sono innumerevoli i fronti che hanno impegnato nel corso del 2015 il Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e la Commissione degli episcopati della Comunità europea (Comece): dai popoli in fuga dalla violenza o dalla povertà alla promozione della vita, da tutelare in ogni sua fase, con specifiche attenzioni ai diritti di bambini, donne, anziani; dalla trasmissione del valore pubblico della famiglia all’attenzione agli emarginati in una società che corre troppo in fretta; dal dialogo con le altre confessioni cristiane e tra le fedi religiose alla difesa della domenica senza lavoro. Uno dei temi centrali è stato senza dubbio quello dell’aiuto da prestare a chi, in stato di bisogno, ha bussato alle porte dell’Europa. Era intitolato «Accoglienza migranti: la sfida educativa», l’incontro dei direttori nazionali della pastorale dei migranti del Ccee organizzato a Vilnius dal 30 giugno al 2 luglio scorso. Dalla capitale della Lituania è giunto un messaggio chiaro, volto alla solidarietà, in una fase della storia continentale in cui si issano nuovi muri e tendono a prevalere chiusure rispetto all’emergenza-profughi. «Riscoprire la sorgente della nostra identità come popolo di Dio e della nostra missione come successori degli apostoli, inviati a testimoniare l’incontro con il volto della misericordia del Padre che è Gesù stesso»: così il presidente del Ccee, cardinale Péter Erdő, ha invece spiegato la ragione della presenza dei vescovi europei in Terra santa dal 16 al 21 settembre, per svolgere la loro assemblea, prima plenaria “in trasferta”, per testimoniare la vicinanza della Chiesa cattolica d’Europa ai cristiani che vivono nella terra di Gesù e ai popoli mediorientali. Si è trattato soprattutto di un “segno di vicinanza e solidarietà” con la comunità cristiana locale. Nel messaggio finale dell’assemblea ci sono stati riferimenti alle migrazioni, alla necessaria costruzione della pace nell’intera regione, al dialogo tra le comunità credenti. Un incoraggiamento al processo di integrazione è decollato invece da Bruxelles, dove dal 18 al 20 marzo si è svolta l’assemblea della Comece. In quell’occasione, il presidente, cardinale Reinhard Marx, ha esortato l’Europa «a chiarire il senso della solidarietà» nei nuovi contesti migratori, a tenere le porte aperte al resto del mondo, a rafforzare i processi interni di costruzione della “casa comune”. In memoria del vescovo Filippo Iacolino La scommessa del cristiano di FRANCESCO MONTENEGRO Sono convinto che il tempo che viviamo — con le sue complessità, i suoi travagli e le incertezze che fa sedimentare nell’animo di ognuno — ha bisogno di essere illuminato dall’esempio di chi ha attraversato difficoltà simili ed è riuscito a lasciare un segno edificante. Monsignor Iacolino ha vissuto tra le due grandi guerre del secolo scorso. Durante la prima era seminarista e fu soldato e prigioniero degli austriaci, durante la seconda era rettore del seminario. Non è difficile immaginare le tante domande che affollavano l’animo di chi ha attraversato quei periodi: cosa fare? Cosa ci accadrà? Possiamo sperare in un futuro migliore? Monsignor Iacolino non si è distinto per particolare strategie, non ha approntato soluzioni “innovative”, non ha usato furbizie umane. Le sue “armi” sono state: il Vangelo, l’umiltà, il dono di sé. La sua vita è stata segnata da prove terribili sia da un punto di vista sociale che personale. Eppure emerge un profilo di uomo credente che non si è mai arreso, non si è mai abbattuto e non ha mai ceduto un solo centimetro allo scoraggiamento. Con lo sguardo rivolto verso l’Alto e con un animo umilissimo, si è impegnato con tutte le sue forze in ciò che gli veniva chiesto e affidato confidando nell’aiuto del buon Dio. Questo gli ha consentito di avere una prospettiva sempre più grande delle difficoltà del momento; per dirla con una delle note della carità — secondo l’intuizione di san Paolo — di essere “longanime”, cioè di avere un animo talmente grande da “guardare” sempre oltre senza mai dimenticare il presente. Probabilmente tra i servizi nei quali ha potuto esprimersi meglio (anche solo per gli anni impiegati in ciò) è stato quello di formatore dei futuri sacerdoti, i seminaristi. Sono stati gli anni “della maturità”. Il vescovo Giovanni Battista Peruzzo aveva individuato in lui la persona Nell’Italia del dopoguerra «Monsignor Filippo Iacolino è morto dopo due anni di episcopato. Pubblicamente si era offerto eroicamente al Signore come vittima per il bene della sua diocesi, e il Signore lo prese in parola. Io non ero ancora prete nell’estate del 1950, e fu l’ultimo grande insegnamento da parte di un uomo di Dio, che ho sempre ricordato, venerato e invocato». Gerlando Lentini, sacerdote agrigentino, sintetizza così il motivo ispiratore del libro (Mons. Filippo Iacolino vescovo di Trapani. Un grande vescovo nell’Italia dello scorso secolo, Monopoli, Edizioni Viverein, 2015, pagine 240, euro 18) in cui ricorda la figura — «uomo forte, prete umile, vescovo eroico, riformatore» — del suo antico rettore di seminario chiamato poi alla guida della diocesi di Trapani negli anni difficili del dopoguerra. Pubblichiamo, quasi per intero, l’introduzione a firma del cardinale arcivescovo di Agrigento. Il cardinale segretario di Stato a Schio Famiglie aperte all’amore Sebbene non esistano «famiglie perfette, questo non deve scoraggiare: l’amore nasce e si sviluppa sempre tra luci e ombre, ma l’amore si può imparare, si po’ vivere e può crescere “lavorandolo” secondo le circostanze della vita che ogni famiglia concreta attraversa». Lo ha sottolineato il cardinale Pietro Parolin celebrando domenica 27 dicembre la festa della Santa famiglia a Schio, nella parrocchia della Santissima Trinità. Ritornando nella comunità vicentina in cui ha vissuto gli inizi del suo ministero, il porporato ha poi benedetto il nuovo centro parrocchiale. All’omelia il segretario di Stato ha esortato a pregare affinché tutte «le famiglie abbiano le porte e il cuore spalancati all’amore», che «è soprattutto promessa, decisione, impegno, sacrificio. Dio è potuto venire al mondo in una famiglia — ha spiegato citando Papa Francesco — perché essa aveva il cuore aperto all’amore». Certo, il porporato si è detto consapevole che nelle famiglie «il mistero della croce non è mai assente». Però, ha aggiunto, poiché «croce e risurrezione sono le due facce dell’amore» e «lo sono perché nella croce si manifesta il vertice supremo dell’amore», ecco allora che la famiglia «è luogo di croce e risurrezione» per eccellenza «perché è luogo dell’amore: il luogo dove si ama e si impara ad amare; dove, in modo graduale, impariamo il significato e il valore dell’amore, impariamo a spenderci per qualcuno e capiamo che ne vale la pena». Del resto, ha fatto notare il cardinale Parolin, «questo è precisamente il sogno di Dio. La famiglia è il simbolo vivo del progetto d’amore che un giorno il Padre ha giusta per dare al seminario una guida illuminata e forte. In quest’opera del Lentini vengono messe in risalto le doti di grande pedagogo espresse durante questi anni. Sapeva ascoltare i seminaristi, si mostrava esigente con loro ma, al tempo stesso, faceva capire cosa aspettava quei giovani una volta completato il tempo della formazione. L’esperienza di prete dei giovani a Favara (Agrigento) — molto bello l’accostamento a don Bosco — ma anche dei poveri con la Conferenza della San Vincenzo, in lui aveva radicato l’idea che la vera scommessa di ogni sacerdote è saper stare in sognato». Di conseguenza «voler formare una famiglia è avere il coraggio di far parte del sogno di Dio». E in proposito ha accennato al Sinodo dei vescovi sulla famiglia, svoltosi in due tappe nel 2014 e nel 2015: esso, ha commentato, «al di là dei resoconti che ne hanno fatto i mass-media, troppe volte, purtroppo, interessati a imporre una loro visione dei fatti», in realtà «è stato un grande sforzo della Chiesa per proclamare il Vangelo della famiglia» — declinandone la buona notizia «dentro le difficili e complesse condizioni del nostro tempo» — e per «chinarsi con l’atteggiamento del buon samaritano verso tutte le situazioni familiari fragili, vulnerabili e ferite». Affinché ciò si realizzi, il porporato ha chiarito che «la fiamma dell’amore in famiglia» va alimentata «continuamente con la preghiera e con il perdono». Lo stesso Pontefice infatti «non si stanca mai di ricordare l’importanza della preghiera in famiglia», definendo quest’ultima «scuola del perdono, grande palestra di allenamento al dono e al perdono reciproco». Infine il cardinale Parolin ha richiamato due anniversari celebrati dalla comunità della Santissima Trinità di Schio — il quarantacinquesimo di fondazione e il quinto di dedicazione della chiesa parrocchiale — rimarcando la «stretta relazione che c’è tra parrocchia e famiglia». I rapporti tra queste due realtà, ha concluso, «sono profondi e reciproci: la parrocchia è chiamata a crescere in questa dimensione familiare; e la famiglia, attraverso la parrocchia, deve crescere nel senso di appartenenza ecclesiale, quel senso del “noi” nel quale nessun membro è dimenticato». mezzo alla sua gente, saper condividere ogni cosa — povertà, malattie, gioie, speranze — cercando già con la presenza di seminare il Vangelo. E mentre da un punto di vista ecclesiale già si intuivano i primi segnali di un movimento che da lì a qualche decennio avrebbe portato al concilio, monsignor Iacolino era fortemente convinto che il modo migliore per rinnovare percorsi, luoghi e persone e riportarli al Vangelo è l’esempio di una vita trasformata da ciò che si annuncia. Questo stesso slancio animò il servizio che monsignor Iacolino rese come vicario generale della diocesi e come vescovo di Trapani prima che la malattia lo consumasse definitivamente. Colpisce come quest’uomo semplice e mite si sia speso sino alla fine con una dedizione immensa e con un grandissimo amore per la Chiesa in tutte le sue espressioni. La vita di monsignor Iacolino diventa la conferma di un principio fondamentale nella spiritualità cristiana: il chicco di grano se vuole portare frutto deve diventare un tutt’uno con la terra, deve scomparire in essa e per essa deve morire. Chicco e terra non possono stare l’uno di fronte all’altra, non possono passare il tempo a “esaminarsi” reciprocamente o a calcolare eventuali rischi e benefici. L’unico calcolo che il chicco può fare è che se vuole guadagnare qualcosa si deve perdere. Se dovesse ragionare al contrario sarebbe lui stesso a perdersi per sempre. Ieri come oggi questa lezione ha bisogno non solo di alunni che la sanno ripetere a memoria ma di credenti che su questo si giocano la vita. Questo nostro tempo non è più difficile di quello vissuto da monsignor Iacolino. Forse è cambiata la forma di qualche travaglio sociale ma non certo la sostanza. A noi, come ai primi discepoli, come ai sacerdoti e ai laici vissuti il secolo scorso, Gesù ripropone la stessa scommessa: se vuoi guadagnare la tua vita abbi il coraggio di perderla ogni giorno, nel terreno della storia. Forse non cambieremo nulla ma avremo la certezza di aver gettato un seme. Qualcuno un giorno lo raccoglierà e nutrendosene, forse, avrà la forza e il coraggio di cambiare qualcosa. Monsignor Iacolino la scommessa l’ha accettata e l’ha portata avanti fino in fondo. Speriamo di collocarci sulla stessa scia. Gruppi di fedeli all’udienza generale All’udienza generale di mercoledì 30 dicembre, in piazza San Pietro, erano presenti i seguenti gruppi. Da diversi Paesi: Suore dell’Istituto Madri Pie; Ragazzi del Movimento dei Focolari. Dall’Italia: Pellegrini della Diocesi di Vittorio Veneto, con il Vescovo Corrado-Pizziolo; Pellegrinaggio della Diocesi di Monreale, con l’Arcivescovo Michele Pennisi; Cresimandi della Valle Brembana. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Cattedrale di Adria; Sant’Andrea, in Basiliano; Santa Maria Assunta, in Manzano; San Giuseppe Operaio, in Monselice; Santo Stefano, in Isola della Scala; Santissimo Salvatore, in Breno; San Giovanni Battista, in Pescarzo; Santi Vito Modesto e Crescenza, in Astrio; San Vittore, in Mese; San Lorenzo, in Campi Bisenzio; Sacro Cuore, in Bari; Maria Santissima delle Grazie, in Mirabella Imbaccari; San Michele, in Magnago; Sant’Antonio martire, in Piacenza; San Luigi Gonzaga, in Reggio Emilia; San Marcellino, in Lausdomini; San Luigi Orione, in Pavia; San Zenone, in Ornate di Agrate Brianza. Unità pastorale Santa Croce, in Torino; Comunità pastorale Beato Paolo VI, di Lonate Pozzolo e Ferno; Comunità pastorale San Paolo, di Figino Serenza. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di San Fior di Sotto; Montagnana; Cerea; Curno; Fontanella; Salizzole; Santi Pietro e Rocco, in Tezze sul Brenta; San Giovanni Battista, in Mozzo; San Colombano, in Bergamo; Santa Maria Maddalena, in Bologna; San Pio X, in Massa; Cristo Divino Lavoratore, in Ancona; San Valentiniano, in Banzano di Montoro. Associazione scintille e lapilli, di Agrigento; Associazione culturale Santa Rosa Venerini, Amici Fraterna Domus, della Diocesi di Vicenza; Comunità di vita cristiana; Coro Pompeiano, di Pompei; Cooperatori del Centro Agnelli, di Torino; gruppo dell’Unitalsi; gruppo dell’Ordine francescano secolare, di Andria; gruppo della Residenza Sant’Alessandro, di Roma; gruppo Camper club i girasoli, di Pado- va; gruppo Scout Clan fuoco, di Mantova; Istituto tecnico, di Torre de’ Passeri. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di Alzano Maggiore, e di Lonigo. Gruppi di fedeli da Aprilia, Casalbore, Monreale, Caselle in Pittari. Coppie di sposi novelli. Gruppi di fedeli da: Croazia. I polacchi: Pielgrzymi indywidualni. De France: Paroisse de Pacy sur Eure; Paroisse Sainte Suzanne, de l’Ile de la Réunion; Paroisse Notre Dame de l’Assomption, de Passy; groupe Spes, de Méry sur Marne; Association Louis Carlesimo, de Paray Vieille Poste. Du Liban: Paroisse Saint Jean Baptiste, de Mijdlaya. From Norway: A group of Lutheran pilgrims. From the United States of America: Pilgrims from the Archdiocese of Baltimore, Maryland; Priests and seminarians from the Pontifical College Josephinum, Columbus, Ohio; Pueri Cantores San Gabriel Valley, West Covina, California; The University of Wisconsin-Eau Claire Concert Choir; Students and faculty from: University of Florida, Gainesville; St Pius High School, Atlanta, Georgia; Lansdale Catholic High School. Aus der Bundesrepublik Deutsch- land: Pilgergruppe aus dem Bistum Augsburg; Pilgergruppen aus Düsseldorf; Welver; Ministranten und Sternsinger aus der Dompfarrei Maria Himmelfahrt, Eichstätt. Uit het Koninkrijk der Nederlanden: Pelgrimsgroep studenten aan de Katholieke Universiteit van Tilburg. Uit het Koninkrijk België: Marïa Himmelfahrt, Kelmis. De España: grupos de peregrinos. De México: grupo de la Universidad Anàhuac del Sur; grupo de peregrinos de México. De Argentina: grupo de peregrinos. L’OSSERVATORE ROMANO giovedì 31 dicembre 2015 pagina 7 All’udienza generale il Papa parla del Natale Salvati da un bambino Anche Dio «è stato un bambino». Lo ha ricordato il Papa all’udienza generale di mercoledì 30 dicembre, invitando i fedeli riuniti in piazza San Pietro a guardare «alla vita dei bambini» per imparare ad accogliere e ad amare Gesù. Fratelli e sorelle, buongiorno! In questi giorni natalizi ci viene posto dinanzi il Bambino Gesù. Sono sicuro che nelle nostre case ancora tante famiglie hanno fatto il presepe, portando avanti questa bella tradizione che risale a san Francesco d’Assisi e che mantiene vivo nei nostri cuori il mistero di Dio che si fa uomo. La devozione a Gesù Bambino è molto diffusa. Tanti santi e sante l’hanno coltivata nella loro preghiera quotidiana, e hanno desiderato modellare la loro vita su quella di Gesù Bambino. Penso, in particolare a santa Teresa di Lisieux, che come monaca carmelita- na ha portato il nome di Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo. Lei — che è anche Dottore della Chiesa — ha saputo vivere e testimoniare quell’“infanzia spirituale” che si assimila proprio meditando, alla scuola della Vergine Maria, l’umiltà di Dio che per noi si è fatto piccolo. E questo è un mistero grande, Dio è umile! Noi che siamo orgogliosi, pieni di vanità e ci crediamo grande cosa, siamo niente! Lui, il grande, è umile e si fa bambino. Questo è un vero mistero! Dio è umile. Questo è bello! C’è stato un tempo in cui, nella Persona divino-umana di Cristo, Dio è stato un bambino, e questo deve avere un suo significato peculiare per la nostra fede. È vero che la sua morte in croce e la sua risurrezione sono la massima espressione del suo amore redentore, però non dimentichiamo che tutta la sua vita terrena è rivelazio- ne e insegnamento. Nel periodo natalizio ricordiamo la sua infanzia. Per crescere nella fede avremmo bisogno di contemplare più spesso Gesù Bambino. Certo, non conosciamo nulla di questo suo periodo. Le rare indicazioni che possediamo fanno riferimento all’imposizione del nome dopo otto giorni dalla sua nascita e alla presentazione al Tempio (cfr. Lc 2, 2128); e inoltre alla visita dei Magi con la conseguente fuga in Egitto (cfr. Mt 2, 1-23). Poi, c’è un grande salto fino ai dodici anni, quando con Maria e Giuseppe va in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua, e invece di ritornare con i suoi genitori si ferma nel Tempio a parlare con i dottori della legge. Come si vede, sappiamo poco di Gesù Bambino, ma possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini. È una bella abitudine che i genitori, i nonni hanno, quella di guardare ai bambini, cosa fanno. Scopriamo, anzitutto, che i bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono stare al centro perché? Perché sono orgogliosi? No! Perché hanno bisogno di sentirsi protetti. È necessario anche per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre braccia, desidera essere accudito e poter fissare il suo sguardo nel nostro. Inoltre, far sorridere Gesù Bambino per dimostrargli il nostro amore e la nostra gioia perché Lui è in mezzo a noi. Il suo sorriso è segno dell’amore che ci dà certezza di essere amati. I bambini, infine, amano giocare. Far giocare un bambino, però, significa abbandonare la nostra logica per entrare nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui, e non essere egoisti e far fare loro le cose che piacciono a noi. È un insegnamento per noi. Davanti a Gesù siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia, — e questo è il nocciolo del problema: la nostra pretesa di autonomia — per accogliere invece la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo. Lui, bambino, è il Figlio di Dio che viene a salvarci. È venuto tra di noi per mostrarci il volto del Padre ricco di amore e di misericordia. Stringiamo, dunque, tra le nostre braccia il Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di serenità. E sarà una bella cosa, oggi, quando torniamo a casa, andare vicino al presepe e baciare il Bambino Gesù e dire: «Gesù, io voglio essere umile come te, umile come Dio», e chiedergli questa grazia. Il pensiero alle vittime delle calamità naturali che hanno colpito Stati Uniti, Gran Bretagna e America del sud Preghiera e solidarietà Preghiera e solidarietà per le vittime delle calamità naturali che hanno colpito Stati Uniti, Gran Bretagna e America del sud sono state espresse da Papa Francesco al termine dell’udienza generale. Sono lieto di accogliere i fedeli di lingua francese, in particolare i piccoli ammalati e quanti sono loro vicini, come pure gli altri pellegrini venuti dalla Francia. Desidero che in questo tempo di Natale, ciascuno di voi possa mettersi al servizio dei più piccoli e scoprire in loro il volto di Gesù, fonte di amore e di serenità. Che Dio vi benedica! Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente i gruppi provenienti da Norvegia, Filippine e Stati Uniti d’America. Ringrazio i cori per la loro lode a Dio attraverso il canto. Con fervidi auguri che il Giubileo della Misericordia sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su voi tutti la gioia e pace del Signore Gesù. Buon anno! Con affetto do il benvenuto ai pellegrini e visitatori provenienti dai Paesi di lingua tedesca, dai Paesi Bassi e dal Belgio. La contemplazione dell’infanzia di Gesù ci fa comprendere meglio l’amore misericordioso di Dio verso l’umanità. Vogliamo amare Gesù Bambino e servirlo con la nostra vita. Ein gutes neues Jahr! Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los grupos provenientes de España y Latinoamérica. [Veo que hay muchos mexicanos] Acojamos al Señor en nuestros corazones, demostrémosle nuestro amor y el gozo de saber que Él siempre está en medio de nosotros. Muchas gracias. Carissimi pellegrini di lingua portoghese, di cuore vi saluto tutti, augurando a ciascuno che sempre rifulga, nei vostri cuori e sulle vostre famiglie e comunità, la luce del Salvatore, che ci rivela il volto tenero e misericordioso del Padre celeste. Stringiamo tra le braccia il Bambino Gesù e mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e serenità. Egli vi benedica per un sereno e felice Anno Nuovo! Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare a quelli provenienti dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, Gesù Bambino vuole stare tra le nostre braccia e desidera essere accolto. ApriamoGli i nostri cuori e le nostre case, dispensando i doni del suo amore nel mondo! Il Signore vi benedica! Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Ringrazio voi e tutti coloro che in diversi modi mi hanno mostrato la loro spirituale vicinanza e hanno espresso gli auguri in occasione del Natale e dell’Anno Nuovo. Contraccambio di cuore e auguro a voi, alle vostre famiglie, e in modo speciale a coloro che si sentono soli, che nella fede possiate profondamente sperimentare la presenza del neonato Figlio di Dio nella vostra vita e godere del Suo amore, della Sua pace e della Sua gioia. Felice anno nuovo! Invito a pregare per le vittime delle calamità che in questi giorni hanno colpito gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e l’America del Sud, specialmente il Paraguay, causando purtroppo vittime, molti sfollati e ingenti danni. Il Signore dia con- forto a quelle popolazioni, e la solidarietà fraterna li soccorra nelle loro necessità. Porgo un cordiale augurio natalizio ai pellegrini di lingua italiana. Sono lieto di accogliere i fedeli delle Diocesi di Vittorio Veneto e Monreale, accompagnati dai loro Pastori Mons. Pizziolo e Mons. Pennisi. Saluto le Suore dell’Istituto Madri Pie, esortandole a vivere con rinnovato entusiasmo il carisma di fondazione. Saluto i ragazzi del Movimento dei Focolari; i cresimandi della Valle Brembana, — ci sono tanti cresimandi oggi qui! — incoraggiandoli ad essere messaggeri di solidarietà fra le nazioni e testimoni di gioia e di speranza. A tutti auguro di diffondere nella quotidianità la luce di Cristo, che ha brillato sull’umanità nella Notte di Natale. Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L’icona del presepio che contempliamo in questi giorni aiuti voi, cari giovani, a imitare la Santa Famiglia, modello dell’amore vero. Sostenga voi, cari ammalati, ad offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di Gesù per la salvezza del mondo. Incoraggi voi, cari sposi novelli, a edificare la vostra casa sulla roccia della Parola di Dio, rendendola, sull’esempio di quella di Nazaret, un luogo accogliente, pieno di amore, di comprensione e di perdono. In piazza San Pietro con i pellegrini del giubileo Sono i pellegrinaggi giubilari diocesani di Monreale e Vittorio Veneto e i giovani del movimento dei Focolari che Papa Francesco ha abbracciato nell’ultima delle quarantadue udienze generali del 2015. Il prossimo incontro del mercoledì con i fedeli sarà il 13 gennaio 2016. Con particolare affetto Francesco ha salutato un gruppo di bambini ammalati di leucemia e di cancro, venuti dalla Francia. E si è intrattenuto a lungo con le tante persone sofferenti che hanno sfidato il freddo intenso per incontrarlo. Tra loro anche alcuni ammalati di sclerosi laterale amiotrofica, che non hanno mancato di far presente i gravi problemi quotidiani che questa malattia comporta, coinvolgendo anche le loro famiglie. «Sono venuto per dire al Papa che prego sempre per lui e per chiedergli di pregare con me» dice Paolo, un bambino di dieci anni costretto sulla sedia a rotelle per una malformazione alle gambe che gli impedisce di camminare. «Ma non di essere felice e, appunto, di pregare per il Papa!» precisa con un sorriso, confidando di aver letteralmente «trascinato i genitori all’udienza», convincendoli a superare le remore «per i problemi organizzativi». Per presentare a Francesco le iniziative concrete di carità della Caritas napoletana in favore delle persone in difficoltà, ha preso parte all’udienza una piccola delegazione con don Vincenzo Patriciello, parroco a Caivano. Rimarrano tre settimane in Italia i cento giovani che vivono la spiritualità di comunione focolarina in Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay, Sud Africa, Corea e Malesia. Il progetto che li anima, spiega Fiorella Tassini, «è formarsi ulteriormente alla luce dell’esperienza proposta da Chiara Lubich, con il desiderio di essere ovunque piccoli ma vivi e umili strumenti di unità». Un impegno che hanno ritrovato proprio nelle parole della catechesi proposta stamani da Francesco. Anche per questo — spiegano i ragazzi, di età compresa tra i quattordici e diciassette anni — «abbiamo voluto comunicare al Papa la nostra gioia di immergersi nello spirito dell’anno giubilare della misericordia e riprendere forza e coraggio per la nostra testimonianza nei contesti in cui viviamo: in famiglia, a scuola, nei rapporti con gli amici». Accanto ai due pellegrinaggio diocesani, venuti da Monreale e Vittorio Veneto, erano presenti i cento giovani venuti dalla Valle Brembana che riceveranno nel 2016 il sacramento della Cresima. «Siamo venuti qui, insieme, proprio per vivere un altro momento forte di preparazione» dicono. E al Papa hanno fatto sentire tutto il loro entusiasmo, mostrandogli anche un coloratissimo striscione. Prima di lasciare piazza San Pietro, il Pontefice ha benedetto alcune opere del frate cappuccino Gianni Bordin, realizzate nell’ambito del pellegrinaggio giubilare della zona pastorale di Manzano. In particolare al Papa è stata presentata un’originale statua di legno raffigurante san Francesco d’Assisi, «per richiamare e rilanciare i contenuti dell’enciclica Laudato si’». Particolarmente numerosi, poi, i pellegrini venuti dall’Argentina: alcuni di loro non hanno mancato di offrire a Francesco il mate, particolarmente gradito in una giornata che lui stesso ha definito, all’inizio dell’udienza, «un po’ fredda». Comunque il Papa non ha voluto rinunciare al consueto giro nella piazza, a bordo della vettura scoperta. E si fermato, come sempre, a baciare e accarezzare i bambini, questa volta ancora di più «infagottati» per ripararsi dal vento freddo. Al termine dell’udienza, tutti i partecipanti hanno potuto varcare la porta santa della basilica vaticana. Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Messico e in Brasile. José Fortunato Álvarez Valdéz vescovo di Gómez Palacio (Messico) Nato l’8 novembre 1967 a Mexicali, ha studiato nel seminario locale e ha conseguito la Laurea in diritto presso l’Università iberoamericana del Nordest e quella in teologia e scienze patristiche nell’Istituto patristico Augustinianum a Roma. Ordinato sacerdote per la diocesi di Mexicali il 31 maggio 1998, è stato coordinatore diocesano della pastorale vocazionale e vicario della cattedrale, cancelliere, parroco di Nuestra Señora de la caridad de la Medalla milagrosa e decano. Attualmente era parroco di Nuestra Señora del perpetuo socorro, difensore del vincolo del tribunale diocesano e membro del consiglio presbiterale, del collegio di consultori e del consiglio dell’economia. Aparecido Donizete De Souza ausiliare di Porto Alegre (Brasile) Nato il 13 gennaio 1964 a Primeiro de Maio, arcidiocesi di Londrina, nello Stato di Paraná, ha compiuto gli studi di filosofia presso l’Istituto filosofico di Apucarana e quelli di teologia presso l’Istituto teologico Paulo VI di Londrina. Ha successivamente ottenuto la Licenza in spiritualità presso il Pontificio istituto di spiritualità Teresianum di Roma (2001-2003). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12 dicembre 1992 e si è incardinato nella diocesi di Cornélio Procópio, nella quale ha ricoperto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale della cattedrale (1992-1993); parroco a Jataizinho (1994-2001); rettore del seminario Menino Deus (2004-2007); parroco a Sapopema (2007-2011) e rettore del seminario maggiore São José (20122014). Attualmente era parroco di São Francisco de Assis a Cornélio Procópio, direttore spirituale del seminario e assessore diocesano per la pastorale liturgica.
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