L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 297 (47.135)
Città del Vaticano
giovedì 31 dicembre 2015
.
Con i fedeli in piazza San Pietro per l’ultima udienza generale dell’anno Papa Francesco parla del Natale
Elezioni nella Repubblica Centrafricana
Salvati da un bambino
Il voto
della speranza
Il pensiero alle vittime delle calamità che hanno colpito le Americhe e la Gran Bretagna
Anche Dio «è stato un bambino». È una riflessione natalizia quella offerta mercoledì 30 dicembre da Papa
Francesco, che all’udienza
generale ha invitato i fedeli
riuniti in piazza San Pietro a
guardare «alla vita dei bambini» per imparare ad accogliere e ad amare Gesù.
In effetti, ha notato il Papa, «possiamo imparare molto da Lui se guardiamo alla
vita dei bambini». E la prima cosa che si scopre è «che
i bambini vogliono la nostra
attenzione. Perché hanno bisogno di sentirsi protetti».
Perciò, ha aggiunto Francesco, «è necessario anche per
noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo».
Un secondo aspetto riguarda il fatto che occorre
«far sorridere Gesù Bambino
per dimostrargli il nostro
amore e la nostra gioia perché lui è in mezzo a noi».
Infatti «il suo sorriso è segno
dell’amore che ci dà certezza
di essere amati».
Infine, un ultimo aspetto
riguarda l’amore dei bambini
per il gioco. «Far giocare un
bambino, però, significa —
ha osservato il Pontefice —
abbandonare la nostra logica
per entrare nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace a lui,
e non essere egoisti e far fare
loro le cose che piacciono a
noi. È un insegnamento per
noi. Davanti a Gesù siamo
chiamati ad abbandonare la
nostra pretesa di autonomia,
per accogliere invece la vera
forma di libertà, che consiste
nel conoscere chi abbiamo
dinanzi e servirlo». Da qui
l’esortazione a stringere «tra
le nostre braccia il Bambino
Gesù» mettendoci «al suo
servizio», perché — ha concluso — «lui è fonte di amore
e di serenità».
E sulla scia di quest’attenzione privilegiata ai più piccoli, con il pensiero rivolto
alle calamità naturali che
stanno affliggendo in questi
giorni Stati Uniti, Gran Bretagna e Sud America, specialmente il Paraguay, il
Pontefice
al
termine
dell’udienza ha invitato a
pregare per le vittime e gli
sfollati. «Il Signore dia conforto a quelle popolazioni —
ha auspicato — e la solidarietà fraterna li soccorra nelle
loro necessità».
«L’infanzia di Gesù» (miniatura del «Libro d’Ore di Catherine de Clève», 1440 circa)
PAGINA 7
Giunti via mare nell’arco del 2015
Un milione di migranti in Europa
NEW YORK, 30. Oltre un milione di
migranti sono arrivati in Europa via
mare nel 2015. A certificare questo
dato è l’agenzia delle Nazioni Unite
per i rifugiati (Unhcr). Su 1.000.573
tra rifugiati e migranti, oltre l’ottanta
per cento sono sbarcati in Grecia,
mentre gran parte degli altri — quasi
150.000 persone — hanno attraversato il Mediterraneo dalla Libia fino
all’Italia.
Il numero di migranti e rifugiati
morti o dispersi nel tentativo di at-
traversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa nel 2015 è salito a
3.735 persone, sottolinea l’Unhcr. La
stragrande maggioranza di coloro
che affrontano il pericoloso viaggio,
spesso a bordo di imbarcazioni non
adatte alla navigazione, necessitano
di protezione internazionale e fuggono da guerre, violenze e persecuzioni nei loro Paesi di origine. Circa il
49 per cento proviene infatti dalla
Siria, il 21 per cento dall’Afghanistan, l’otto per cento dall’Iraq e il
Uccisi in Siria alcuni terroristi degli attentati di Parigi
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L’Is
perde terreno
DAMASCO, 30. I miliziani del sedicente Stato islamico (Is) stanno
perdendo terreno. I bombardamenti della coalizione internazionale,
l’azione delle truppe irachene e i
problemi economici derivanti dalla
perdita del controllo su alcune aree
petrolifere stanno frenando l’avanzata dei jihadisti. In un anno le
forze di Baghdad sono riuscite a riconquistare il sei per cento del territorio, mentre i peshmerga curdi
nel Nord dell’Iraq il due per cento.
Per non parlare della Siria, dove i
raid russi e quelli della coalizione
internazionale a guida statunitense
stanno colpendo duramente il fronte dei jihadisti.
Tra le vittorie più importanti c’è
la conquista in novembre della città irachena di Sinjar, sul confine
tra Iraq e Siria, che di fatto ha permesso di tagliare la strada principale che collega Mosul a Raqqa, considerate le principali roccaforti
dell’Is. Lo scorso ottobre era stata
invece liberata l’area di Baji, sede
di un’importante raffineria, e in
precedenza Tikrit, riconquistata a
fine marzo dopo dieci mesi di controllo da parte dell’Is. In Siria spicca il caso di Kobane, la città curda
alla frontiera con la Turchia, eretta
a simbolo della lotta contro l’Is. I
jihadisti sono stati cacciati il 26
gennaio del 2015 dopo quattro mesi di intensi combattimenti.
E intanto, ieri il Pentagono ha
reso noto che diversi esponenti di
spicco dell’Is, alcuni dei quali collegati alle stragi del 13 novembre a
Parigi, sono stati uccisi in raid aerei della coalizione a guida statunitense. Tra le vittime si annovera
anche Charaffe Al Mouadan, considerato «direttamente collegato»
alla mente degli attacchi, Abdelhamid Abaaoud. L’uomo è stato ucciso in un raid aereo sulla Siria il 24
dicembre e, secondo il Pentagono,
stava progettando attacchi in Occidente. L’altro leader ucciso è Abdul Qader Hakim, morto il 26 dicembre in un raid su Mosul.
La tensione resta alta. A testimoniarlo l’episodio avvenuto quattro
giorni fa, quando navi iraniane si
sono avvicinate alla portaerei statunitense Truman, mentre transitava
nello stretto di Hormuz, sparando
alcuni razzi. Lo ha riferito un responsabile dell’esercito statunitense, avvertendo che Washington
considera l’atto «estremamente
provocatorio».
quattro per cento dall’Eritrea. La
settimana scorsa, l’Unhcr e l’O rganizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) avevano annunciato
che al 21 dicembre il numero di persone costrette alla fuga da guerre e
conflitti giunte in Europa dall’inizio
dell’anno aveva raggiunto il milione,
con 972.500 persone circa che avevano attraversato il Mar Mediterraneo
e 34.000 persone giunte via terra attraversando le frontiere terrestri fra
Turchia e Bulgaria e Turchia e Grecia. Ieri questo dato è stato ulteriormente confermato e superato.
D’altro canto, l’emergenza resta
altissima. Frontex (l’agenzia europea
per il controllo delle frontiere
dell’Unione) ha avviato ieri il dispiegamento nelle isole greche di 293
guardie di frontiera e 15 imbarcazioni per il pattugliamento, dopo la richiesta di aiuto da parte di Atene di
fronte al massiccio arrivo di migranti
sulle sue coste. Gli agenti dell’agenzia Ue per le frontiere esterne «assisteranno le autorità nell’identificazione e nel prendere le impronte digitali dei migranti» e tra loro ci saranno interpreti ed esperti di documenti falsi. Il numero delle guardie
Frontex sarà aumentato gradualmente a 400 con altre imbarcazioni, veicoli ed equipaggiamento tecnico.
Emergenza alta anche in Italia. La
polizia e la guardia di finanza hanno
fermato ieri a Catania un cittadino
del Senegal perché sospettato di essere lo scafista di un’imbarcazione
giunta in Italia con almeno cento
migranti a bordo. Questi ultimi, in
base a quanto emerso dalle testimonianze, pagavano 500 euro ciascuno
per arrivare in Italia. Partiti da una
spiaggia libica il 27 dicembre, sono
stati soccorsi al largo dopo poche
ore di navigazione.
E sempre in Italia la polizia e la
guardia di finanza hanno identificato e fermato due dei migranti sbarcati nel porto di Palermo, insieme ad
altre 930 persone, perché ritenuti essere gli scafisti di alcune imbarcazioni soccorse nel Mediterraneo. Gli
uomini, entrambi del Gambia, sono
accusati di associazione a delinquere
finalizzata al favoreggiamento della
clandestinità.
Centrafricani in attesa del certificato elettorale (Afp)
BANGUI, 30. È un voto di fondamentale importanza per il futuro
della Repubblica Centrafricana
quello che si tiene oggi per decidere non solo il nuovo capo dello
Stato, ma anche la composizione
del Parlamento. Dopo una difficilissima fase di instabilità scoppiata
con il colpo di Stato del 2013, ora
la popolazione ha una grande voglia di cambiamento. Una speranza
rafforzata dalla visita di Papa Francesco lo scorso novembre.
Trenta i candidati per le presidenziali. Al momento, non sembrano esservi favoriti. Tre nomi emergono dalla lista: due ex primi ministri (Anicet Georges Dologuélé e
Martin Ziguélé), e il più volte ministro Abdoul Karim Meckassoua.
I programmi elettorali sono concentrati sulla riconciliazione, il ripristino della sicurezza e il futuro
delle nuove generazioni. Duemila i
caschi blu dell’Onu mobilitati; il
rischio di disordini e brogli è alto.
Le elezioni sono state rinviate per
ben due volte: in ottobre a causa
di violenze e lo scorso 27 dicembre.
Questo secondo rinvio è stato deciso da Catherine Samba-Panza, presidente del Governo di transizione,
per motivi essenzialmente logistici
e organizzativi: in moltissime circoscrizioni non erano arrivate le schede elettorali e non erano stati allestiti i seggi.
Da quando è diventata indipendente dalla Francia, nel 1960, la
Repubblica Centrafricana ha subito
Sul numero di gennaio di «donne chiesa mondo»
Collaborazione
LUCIO CO CO
A PAGINA
In occasione delle festività di fine anno
il nostro giornale non uscirà.
La pubblicazione riprenderà
con la data 2-3 gennaio 2016.
5
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia all’ufficio di Ausiliare
dell’Arcidiocesi di Brisbane
(Australia), presentata da Sua
Eccellenza Monsignor Brian
Vincent Finnigan, Vescovo titolare di Rapido, in conformità ai
canoni 411 e 401 § 1 del Codice
di Diritto Canonico.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Gómez Palacio
(Messico) il Reverendo José
Fortunato Álvarez Valdéz, del
clero di Mexicali, Parroco della
Parrocchia Nuestra Señora del
Perpetuo Socorro.
La conversione dell’Innominato
Porta
sull’ignoto
diversi colpi di Stato e rivolte armate. Si tratta di un Paese a maggioranza cristiana con una percentuale di musulmani tra il 10 e il 15
per cento.
La guerra civile è iniziata nel
marzo del 2013, quando i ribelli
musulmani della Seleka assistiti da
mercenari provenienti dal Ciad e
dal Sudan hanno preso il potere
con un golpe contro l’allora presidente François Bozizé. I ribelli
hanno proclamato nuovo presidente il loro leader, Michel Djotodia,
che è diventato così il primo capo
di Stato di religione islamica. Da
allora i combattimenti tra gli uomini ancora fedeli all’ex presidente
Bozizé e i ribelli della Seleka non
si sono fermati con continui saccheggi, attentati, stupri e una situazione umanitaria sempre più disastrosa. Nel dicembre del 2013 il
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che permetteva ai soldati
francesi e di diversi Paesi africani
di intervenire per difendere i civili,
spesso coinvolti in sanguinosi scontri. Nel gennaio del 2014 Djotodia
si è dimesso a causa delle continue
violenze e il Parlamento ad interim
ha eletto presidente Catherine
Samba-Panza.
Nella Chiesa le donne non compaiono, non si sente la loro voce, e quindi spesso si deduce, un po’ frettolosamente, che obbediscano in silenzio.
Col ribaltamento di questo luogo comune il mensile «donne chiesa
mondo» apre il 2016. Nel numero in edicola con il quotidiano del 2-3
gennaio emerge come, non solo negli anni più recenti, ma in tutta la
millenaria storia della Chiesa la collaborazione fra donne e uomini sia
stata importante e fruttuosa. Lo racconta, tra l’altro, la storia della santa
del mese, Paola, dalla cui collaborazione con Girolamo è nata, proprio
agli albori della vita cristiana, la Vulgata, cioè la traduzione latina della
Bibbia. Come pure le vicende delle donne dell’Antico Testamento, alle
quali sono dedicate per tutto il 2016 le riflessioni teologiche: le loro storie raccontano infatti di grandi vicende di collaborazione — a volte anche conflittuali — fra matriarche e patriarchi.
Nomina
di Vescovo Ausiliare
Il Santo Padre ha nominato
Ausiliare dell’Arcidiocesi di
Porto Alegre (Brasile) il Reverendo Aparecido Donizete De
Souza, finora Parroco della parrocchia São Francisco de Assis
a Cornélio Procópio, assegnandogli la Sede titolare vescovile
di Macriana minore.
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pagina 2
giovedì 31 dicembre 2015
Il quartier generale della Commissione Ue
a Bruxelles
Mentre in Daghestan è stato attaccato un gruppo di turisti in visita alla fortezza di Naryn-Kala
Il Belgio rilancia
la lotta al terrorismo jihadista
BRUXELLES, 30. Rischio attentati nelle maggiori metropoli mondiali in
vista del capodanno. Dopo l'arresto
di due sospetti terroristi a Bruxelles,
il Governo belga ha varato ieri un
pacchetto di misure di lotta al terrorismo islamico in seguito alle evidenti mancanze e gravi responsabilità
prima e dopo le stragi dello scorso
13 novembre a Parigi. Tra le misure
previste, una nuova banca dati per
controllare i ì jihadisti, regole per il
ritiro dei passaporti e un cambio radicale ai vertici dell'antiterrorismo.
Gran parte dei contenuti di questa
riforma radicale era stata annunciata
dal premier belga, Charles Michel,
nei concitati giorni successivi agli attentati parigini. Ma dal primo gennaio del 2016 saranno in vigore, con
l’obbiettivo di voltare pagina nella
lotta contro chi intende spargere il
terrore in mezza Europa. Come detto, l’elemento centrale della nuova
politica del premier Michel è la creazione di una nuova banca dati dinamica grazie alla quale i diversi corpi
di polizia, locali e federali, potranno
in futuro accedere e condividere tutte le informazioni in loro possesso
sui sospetti jihadisti. Il Governo ha
quindi lanciato un piano globale di
prevenzione del terrorismo mirato su
Molenbeek, la zona di Bruxelles dove è altissima la concentrazione di
potenziali soggetti radicalizzati.
La terza misura è quella che prevede un cambio ai vertici. Il capo
della sezione antiterrorismo belga,
André Vandoren, il cui mandato sarebbe scaduto alla fine del 2016, si è
dimesso ieri. Secondo «Le Soir», al
suo posto dovrebbe arrivare Paul
Van Tigchelt, sinora procuratore generale di Anversa.
Nel frattempo, il terrore torna a
colpire in Russia: un gruppo di turisti è stato attaccato oggi da un commando armato mentre visitava la fortezza di Naryn-Kala, nel Daghestan,
sito protetto Unesco. Un agente è
morto e altre 11 persone sono rimaste
Rajoy auspica
un Governo
spagnolo
di ampie intese
MADRID, 30. Il presidente del Governo incaricato, Mariano Rajoy, ha
auspicato ieri la formazione di un
nuovo Esecutivo spagnolo di ampio
sostegno parlamentare, che corrisponderebbe di fatto a una grande
coalizione tra il suo Partito popolare
(Pp) e quello socialista (Psoe) di Pedro Sánchez. Nel corso, ieri, di una
conferenza stampa alla Moncloa,
Rajoy ha difeso la formula «che
consenta di formare un Governo con
il maggior numero possibile di sostegno parlamentare», affermando che
tornare alle urne «non sarebbe una
buona soluzione».
Rajoy ha quindi sottolineato che
alle legislative dello scorso 20 dicembre — dove il Pp ha vinto senza però
ottenere la maggioranza assoluta —
«più di due terzi degli elettori hanno sostenuto alle urne partiti per la
difesa di aspetti fondamentali come
l’unità della Spagna». Il migliore
Governo — ha aggiunto il leader del
Partito popolare — «è quello che rispetta la volontà degli spagnoli e
quello che sa dare stabilità».
Riguardo alla sfida lanciata dalla
Catalogna alle istituzioni e alle leggi
spagnole, Rajoy ha invitato il leader
catalano, Artur Mas, a «fare un passo indietro», sottolineando che «la
sovranità nazionale non è divisibile». E il presidente del Governo ha
aggiunto: «Non si può giocare per
creare delle fratture».
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ferite, cinque delle quali in modo
grave. Gli assalitori sono poi fuggiti.
Tensione anche in Turchia, dove
la polizia ha arrestato ad Ankara
due aspiranti terroristi suicidi legati
allo Stato islamico, che secondo gli
investigatori preparavano un attentato a Capodanno proprio nella capitale della Turchia.
Anche New York si prepara a festeggiare il Capodanno e ad accogliere migliaia di turisti tra misure di
sicurezza che saranno «più capillari
che mai». Lo ha assicurato ieri sera
il sindaco Bill de Blasio in relazione
ai timori di un attacco terroristico
nella Grande Mela durante le celebrazioni per la fine dell’anno e per
l’inizio del 2016. Controlli rafforzati
a Times Square, dove sarà raddoppiata la presenza di poliziotti. Il 31
dicembre è prevista la partecipazione
di oltre un milione di persone per
l’appuntamento di mezzanotte con
la tradizionale sfera di cristallo Waterford che viene fatta scendere lungo un’asta alla sommità di One Times Square, dando il via al nuovo
anno.
Controlli della polizia parigina nei pressi della Tour Eiffel (Afp)
Crescita economica e occupazione tra le priorità
Ai Paesi Bassi
la presidenza dell’Ue
della presidenza sarà inevitabilmente stravolta dalle emergenze, vecchie e nuove, con cui l’Europa deve confrontarsi. Fra queste, la minaccia del terrorismo e la crisi migratoria, ma anche il pericolo della
“Brexit”, l’eventuale uscita della
Gran Bretagna dall’Unione, che
potrebbe decidersi già a febbraio se
non verrà trovato un accordo fra le
parti in gioco.
Ma fra le priorità dei Paesi Bassi, che saranno presidenti di turno
del Consiglio per la dodicesima
volta, ci sono anche il mercato interno, l’unione economica e monetaria, l’unione dei capitali e il commercio internazionale.
Riguardo all’immigrazione, i
Paesi Bassi hanno indicato la necessità di un «approccio coerente»
sia sulla sicurezza delle frontiere
esterne che nei singoli Stati membri. Inoltre, secondo Amsterdam,
occorre «migliorare l’accoglienza
dei rifugiati a livello locale e in Europa, con un'equa ripartizione degli
oneri fra gli Stati membri e trovando modi per gestire meglio i flussi
migratori» si legge in un comunicato programmatico.
Sul fronte della lotta al terrorismo, la presidenza olandese si prefigge di discutere un quadro strategico per riformare il settore della
sicurezza entro la metà del 2016 e
di creare una piattaforma unica per
gestire le la minaccia terroristica e
la cyber-sicurezza.
Sull’economia, i Paesi Bassi hanno ribadito l’impegno per una
maggiore trasparenza nei conti
pubblici e un’area dell’euro più robusta, con il prossimo semestre che
sarà caratterizzato da una singolare
coincidenza: il ministro delle Finanze, Jeroen Dijsselbloem, sarà,
infatti, presidente sia dell’Eurogruppo che dell’Ecofin. Per il Governo di Amsterdam, in ogni caso
— si sottolinea appunti nei documenti programmatici — è importante che gli Stati «continuino sulla
via delle riforme strutturali, con gli
accordi
siglati
nell’ambito
dell’Unione economica e monetaria, che devono essere rispettati».
Sempre in campo economico, ampio risalto verrà dato alla crescita
strutturale e alla creazione di lavoro attraverso l’innovazione.
Dopo i Paesi Bassi, la presidenza
di turno dell'Unione europea toccherà alla Slovacchia (nel secondo
semestre del 2016) e poi a Malta.
AMSTERDAM, 30. Crescita economica e occupazione, innovazione e
semplificazione legislativa, maggior
coinvolgimento dei cittadini nelle
decisioni. Sono queste le principali
priorità dei Paesi Bassi per il semestre di turno di presidenza del
Consiglio dei ministri dell’Unione
europea, che si apre il prossimo
primo gennaio, succedendo così al
Lussemburgo.
Priorità almeno sulla carta, perché, come sempre accade, l’agenda
Centinaia di case distrutte, voli cancellati e nuove allerte
Emergenza maltempo senza precedenti
in Gran Bretagna
LONDRA, 30. Resta alta l’allerta
maltempo in Gran Bretagna. E una
nuova tempesta con forti venti e
precipitazioni, soprannominata dai
meteorologi “Frank”, è in arrivo
nella regione.
La Bbc avverte che ci sono cinquanta avvisi di inondazioni, quattro dei quali estremamente gravi,
che interessano Inghilterra, Galles e
Scozia. In Irlanda del Nord centinaia di abitazioni sono senza energia elettrica e nove voli sono rimasti a terra all’aeroporto internazionale di Belfast a causa dei forti
venti. Due voli in arrivo da Luton e
Tenerife sono stati deviati su Dublino. Allarme rosso anche all’isola di
Man, nel Mar d’Irlanda, dove sono
attesi in alcune zone in altura fino
a cento millimetri di pioggia.
Abbondanti precipitazioni sono
attese nel nord-ovest dell’Inghilterra, in Galles e nelle aree meridionali e centrali della Scozia. Le allerte
più gravi si registrano a Croston,
nel Lancashire e in North Yorkshire, dove inoltre sono in corso evacuazioni per il crollo di un ponte
del XVIII secolo sul fiume Wharfe,
che potrebbe aver danneggiato una
conduttura, con conseguente rischio di fughe di gas. «Gravi inondazioni» sono attese nell’area, «la
situazione è seria e c’è un significativo rischio per la vita», ha avverti-
to un portavoce dell’Agenzia per
l’ambiente.
Il premier David Cameron ha visitato ieri la città di York, una delle
più colpite dalle alluvioni. Il primo
ministro ha twittato una foto che lo
ritrae con i soldati inviati nella zona per aiutare la popolazione e ha
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
governatore del Missouri, Jay Nixon, ha mobilitato la Guardia nazionale per assistere le autorità locali. E stando alle ultime notizie,
l’emergenza non accenna a diminuire. A causa delle alluvioni, provocate dalle piogge torrenziali, la
Guardia costiera ha chiuso al passaggio delle navi un tratto del
Mississippi River, vicino a St.
Louis, nel Missouri. Altri piccoli
fiumi hanno già esondato a est del
Missouri, dove il numero delle vittime è salito a tredici.
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
il budget «ammonta a 2,3 miliardi
di sterline». Vediamo «se bisogna
fare ancora di più e se le barriere
contro le alluvioni necessitano di
essere innalzate maggiormente», ha
detto, sottolineando poi che la spesa per gli argini è stata maggiore al
nord rispetto al sud.
Le inondazioni a York non fermano il classico rituale del té (Afp)
Interventi urgenti
per gli alluvionati dell’Oklahoma
WASHINGTON, 30. Saranno inviati
al più presto aiuti federali in
Oklahoma, duramente colpito da
tornado e inondazioni. A stabilirlo
è stato ieri il presidente degli Stati
Uniti, Barack Obama. Dallo scorso fine settimana, un’ondata di
maltempo ha colpito pesantemente il centro e il sud degli Stati
Uniti, lasciando alle spalle decine
di morti e migliaia di case distrutte. Lo stato di emergenza è già
stato dichiarato in diversi Stati, tra
cui Texas, Missouri, New Mexico,
Alabama, Mississippi e Georgia. Il
respinto le accuse sulla gestione
dell’emergenza e sul fatto di aver
“dimenticato” il nord, tagliando i
fondi per la realizzazione di argini.
«Nell’ultima legislatura abbiamo
speso più che in quella precedente
e spenderemo ancora di più in questa», ha spiegato, aggiungendo che
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Boss dei narcos
ucciso
in Messico
CITTÀ DEL MESSICO, 30. Carlos
Rosales, il fondatore e massimo
dirigente dell’organizzazione criminale Familia Michoacana —
uno dei cartelli della droga più
violenti del Messico —, è stato
trovato morto insieme ad altri tre
uomini al bordo di un’autostrada, nella località di Parácuaro. La
notizia è stata confermata ieri da
José Martín Godoy, capo della
procura generale dello Stato meridionale di Michoacán.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
Maduro presenta ricorsi
contro i risultati delle legislative
CARACAS, 30. Il presidente del Venezuela, Nicolás Maduro, ha presentato alla sezione elettorale del
Tribunale supremo di giustizia (Tsj)
sei ricorsi contro i risultati delle elezioni del 6 dicembre scorso, nelle
quali l’opposizione è riuscita a prevalere. Alle legislative la Mesa de la
unidad democrática ha infatti ottenuto 112 seggi (su un totale di 167),
contro i 55 del Partido socialista
unido de Venezuela (al Governo),
conquistando così una maggioranza
qualificata dei due terzi dei seggi
che le permetterebbe di avviare una
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
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[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
procedura di impeachment contro
Maduro nella prossima legislatura,
che inizia il 6 gennaio. I sei ricorsi
di Maduro riguardano l’assegnazione di un seggio nello Stato di Amazonas, un secondo in quello di Yaracuy, tre in quello di Aragua e un
ultimo appartenente al distretto elettorale indigeno del sud del Paese.
Se i risultati in questi Stati fossero
capovolti, l’opposizione manterrebbe la maggioranza nel Parlamento
unicamerale di Caracas, ma non disporrebbe più dei due terzi dei voti
nell’emiciclo.
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giovedì 31 dicembre 2015
pagina 3
Soldato afghano arresta
un presunto membro dell’Is
a Nangarhar (Epa)
Rivendicata da talebani dissidenti
Nuova strage
nel Pakistan
ISLAMABAD, 30. Violenza senza tregua in Pakistan. È di almeno 26
morti e 56 feriti l’ultimo bilancio
dell’attacco avvenuto ieri nel nordovest del Paese. L'azione è stata
rivendicata dal gruppo Jamaat-ulAhrar, fazione scissionista del movimento dei talebani. Il sito Dawn
News sottolinea come il portavoce
dei talebani, Mohammad Khorasani, abbia preso le distanze dall'attacco, affermando che il movimento «non ha nulla a che fare con
esplosioni in luoghi pubblici».
Linea diretta
tra Taipei
e Pechino
PECHINO, 30. Progressi nel disgelo tra Pechino e Taipei. Per
la prima volta, oggi, funzionari
dei due Governi hanno avuto
una conversazione attraverso la
nuova linea di comunicazione
concordata durante lo storico
summit avvenuto a novembre a
Singapore tra il presidente Xi
Jinping e la sua controparte, Ma
Ying Jeou.
La conversazione è avvenuta
questa mattina tra Andrew Hsia,
capo del consiglio di Taiwan per
gli Affari continentali, e il direttore dell’ufficio di Pechino per
gli Affari con Taipei, Zhang
Zhijun.
Il portavoce di quest’ultimo,
Ma Xiaoguang, ha dichiarato
subito dopo il colloquio — come
riferisce l’agenzia Nuova Cina —
che la linea diretta tra Pechino e
Taipei faciliterà le comunicazioni sulle questioni più importanti
e contribuirà a rafforzare la fiducia reciproca.
L’attacco è stato compiuto da un
attentatore suicida entrato in azione vicino a un ufficio governativo
nel distretto di Mardan, nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa. Secondo la polizia pakistana, l’uomo
indossava un giubbotto esplosivo
ed era in sella a una moto. Si è
scagliato contro l’ingresso dell’edificio dopo uno scontro a fuoco con
un agente della sicurezza. L’attacco
ha colpito le decine di persone che
erano in fila a uno sportello per ottenere documenti di identità.
Intanto, il Dipartimento antiterrorismo (Ctd) pakistano ha reso
noto di aver arrestato nei giorni
scorsi, nella provincia del Punjab,
nove sospetti terroristi appartenenti
allo Stato islamico (Is). I nove —
sei arrestati nel distretto di Sialkot
e altri tre in quello di Gurjanwala
— sono stati portati ieri davanti a
un tribunale che ne ha disposto la
custodia per dieci giorni. Funzionari del Ctd hanno poi assicurato
che il gruppo, trovato in possesso
di un grande quantitativo di armi,
progettava un attentato di rilievo a
Sialkot.
I combattimenti, comunque, non
si fermano. Nelle ultime ore tredici
miliziani sono stati uccisi in diverse
operazioni effettuate dalle forze di
sicurezza in Khyber Agency e dalle
guardie di frontiera in Baluchistan.
Nel dettaglio, dieci insorti sono
morti e sei altri sono rimasti feriti
in raid aerei governativi contro basi
e nascondigli nella Tirah Valley
della Khyber Agency, territorio tribale nord-occidentale al confine
con l’Afghanistan. In questa zona
le forze di sicurezza sono impegnate dal 2014 nell’ambito di un’operazione antiterrorismo.
Altri tre sospetti militanti fondamentalisti – ha detto il portavoce
delle guardie di frontiera pakistane,
Khan Wasay – sono stati uccisi in
uno scontro a fuoco durante un rastrellamento nell’area di Kech del
Baluchistan.
Tra manifestanti madhesi e polizia
Nepal segnato da violenze
KATHMANDU, 30. Almeno cento
persone sono rimaste ferite ieri negli scontri tra polizia e dimostranti
appartenenti alla comunità etnica
dei madhesi, che vivono nel sudest
del Nepal. Come riferisce il «Kathmandu Post», i disordini sono
avvenuti nei pressi della città di Janakpur durante una protesta di
esponenti del Samyukta loktantrik
madhesi morcha, un fronte di partiti che da mesi si oppone alla nuova Costituzione, in quanto, a loro
dire, questa non garantirebbe diritti alla minoranza che vive nella fa-
Offensiva
antiterrorismo
in Tunisia
TUNISI, 30. L’unità tunisina per le
inchieste sul terrorismo ha arrestato
a Gabes undici estremisti islamisti
specializzati nel reclutamento di giovani da inviare nelle zone di combattimento di Siria, Iraq e Libia. Lo
ha reso noto ieri sera il ministero
dell’Interno di Tunisi specificando
che gli arrestati hanno confessato di
finanziare le famiglie dei terroristi
attivi nelle fila del cosiddetto Stato
islamico (Is) in collaborazione con
altri complici in territorio libico.
Una volta trasferiti al polo giudiziario per la lotta al terrorismo, il giudice istruttore ha emesso nei loro
confronti un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere. E sempre ieri le
forze di polizia hanno arrestato ieri
ad Hammamet tre persone a bordo
di un’auto con molto denaro in contanti e divise militari nel bagagliaio.
scia meridionale del Terai, al confine con l’India. Per disperdere i dimostranti la polizia ha fatto uso di
gas lacrimogeni. Per tutta risposta,
alcuni manifestanti hanno lanciato
bottiglie incendiarie contro gli
agenti, ferendone almeno quarantacinque. A causa delle proteste,
scuole e uffici rimangono chiusi.
Nella stessa zona, il 16 dicembre
scorso, un gruppo di militanti madhesi aveva attaccato con sassi e
bastoni un corteo di auto che accompagnava la presidente, Bidya
Devi Bhandari.
Nonostante la precaria situazione della sicurezza
Afghanistan alle urne nel 2016
KABUL, 30. Elezioni legislative e
provinciali si svolgeranno in Afghanistan fra l’estate e l’autunno del
2016. Ad annunciarlo è stato ieri il
presidente Ashraf Ghani durante un
incontro a Kabul con le autorità
elettorali del Paese.
Il capo dello Stato ha comunque
chiarito che la data esatta delle consultazioni sarà annunciata, come
prevede la legge, dalla Commissione
elettorale indipendente. Il mandato
quinquennale della Wolesi Jirga
(Camera bassa del Parlamento) è
scaduto lo scorso 22 gennaio, ma le
elezioni legislative fissate per aprile
sono state rinviate per decreto presidenziale a una data da destinarsi a
causa della precaria situazione della
sicurezza in tutto il Paese.
Intanto, pur di agevolare il processo di riconciliazione nazionale
promosso dal Governo afghano,
Mosca si è detta pronta a «mostrare
flessibilità» su un possibile alleggerimento delle sanzioni ai talebani imposte dal Consiglio di sicurezza
dell’Onu. Lo ha affermato Zamir
Kabulov, inviato speciale per l’Afghanistan del presidente Vladimir
Per difendere i confini dagli attacchi dei ribelli yemeniti
Truppe di terra del Kuwait
in Arabia Saudita
RIAD, 30. Il Kuwait ha deciso di inviare forze di terra in Arabia Saudita a difesa del Paese dagli attacchi
dei ribelli yemeniti fedeli all’imam
Abdelmalik Al Huthi. Secondo
quanto riferisce il quotidiano kuwaitiano «Al Qabas», il Governo di
Kuwait City ha approvato lunedì
l’invio di truppe da mettere a disposizione dell’Arabia Saudita, il
Paese che guida una coalizione militare multinazionale nel conflitto
contro i ribelli yemeniti huthi.
L’apporto del Kuwait alla coalizione si era finora limitato alle forze
aeree.
Nei giorni scorsi la coalizione
guidata da Riad ha reso noto che la
difesa aerea saudita ha abbattuto
un missile balistico diretto verso il
confine meridionale del Paese. Un
comunicato della coalizione afferma
che i ribelli huthi, hanno lanciato il
missile di notte dalla capitale yemenita Sana’a verso Najran, città di
confine dell’Arabia Saudita.
È la seconda volta in meno di
una settimana che Riad accusa gli
huthi di aver lanciato ordigni contro il suo territorio. Le truppe della
coalizione sul terreno sono stati
obiettivo di vari attacchi, il più grave nel settembre scorso, quando un
bombardamento con missili causò
la morte di circa una sessantina di
soldati (emiratini, sauditi e del
Bahrein).
Dal mese di marzo la coalizione
guidata da Riad conduce raid con-
Bambino yemenita nella capitale Sana’a (Afp)
tro gli huthi e le forze fedeli all’ex
presidente Ali Abdullah Saleh. Proprio lunedì, quest’ultimo ha escluso
ulteriori colloqui di pace con il Governo yemenita del legittimo presidente Abd Rabbo Mansour Hadi,
preferendo intavolare un dialogo
diretto con l’Arabia Saudita. Saleh
ha governato lo Yemen per decenni
mantenendo buoni rapporti con
l’Arabia Saudita prima di dimettersi
nel 2012, a seguito di una rivolta
popolare contro il suo Governo.
E mentre nel resto del Paese —
soprattutto nei pressi di Taiz, la terza città dello Yemen — proseguono
violenti i combattimenti tra lealisti
e ribelli huthi nonostante i tentativi
dell’Onu di mediare tra le parti in
conflitto, il Bahrein ha annunciato
oggi la morte di tre dei suoi militari
membri della coalizione guidata da
Riad in «un incidente alla frontiera
sud dell’Arabia Saudita. Salgono
così a nove i soldati del Bahrein rimasti uccisi dall’inizio del conflitto.
E, sempre questa mattina, un aereo
da combattimento F-16 del Bahrein
si è schiantato per un guasto tecnico in Arabia Saudita nei pressi della frontiera con lo Yemen.
Raid dell’aviazione fedele al Parlamento di Tobruk
Si combatte nella città libica di Agedabia
TRIPOLI, 30. Nonostante gli sforzi
della comunità internazionale impegnata sotto l’egida dell’Onu a formare un Governo di unità nazionale, in Libia proseguono i combattimenti soprattutto nella città di Agedabia, importante centro petrolifero
nell’est. I caccia dell’aviazione fedele al generale Khalifa Haftar, ministro della Difesa del Governo libico
in esilio a Tobruk, hanno compiuto
alcuni raid.
Secondo quanto riferiscono i media locali, in uno di questi raid sono stati uccisi nove miliziani del cosiddetto Stato islamico (Is), di cui
cinque erano cittadini stranieri. I
caccia hanno preso di mira una postazione di fondamentalisti che si
trova a circa 18 chilometri a sud
della città. La struttura distrutta veniva usata come sede del gruppo
armato islamista.
Ribelli libici in azione
Il sito informativo libico «Al Wasat» informa che le violenze in città
sono iniziate lo scorso 16 dicembre
con le milizie locali sostenute dal
generale Haftar che tentano di respingere l’ingresso ad Agedabia dei
miliziani dell’Is appostati nei villaggi della provincia.
La composizione delle forze sul
terreno vede contrapporsi diversi
gruppi salafiti in lotta tra loro, divisi quartiere per quartiere. Non è ancora chiaro il motivo che ha spinto
una milizia salafita locale, composta
in larga parte da giovani della città,
a rivoltarsi contro uno dei leader locali del gruppo di Ansar Al Sharia,
gruppo
jihadista
responsabile
dell’assalto al consolato statunitense
a Bengasi nel 2012 in cui rimase ucciso l’ambasciatore Christopher Stevens e altri quattro funzionari.
Putin, citato dall’agenzia di stampa
Itar-Tass. Unica condizione, ha puntualizzato Kabulov, è la salvaguardia
degli interessi nazionali del Paese
asiatico, cui non deve dunque rivolgersi contro un'iniziativa in favore
dei talebani.
Riappare, nel frattempo, lo spettro di Al Qaeda. Secondo quanto
scrive il «New York Times», campi
di addestramento dei terroristi dell'organizzazione fondata da Osama
bin Laden hanno cominciato a riapparire in Afghanistan. Il Pentagono
e l’intelligence statunitense stanno
ancora valutando l'effettiva pericolosità di questi nuovi nuclei. Molti dei
campi — scrive il quotidiano della
Grande Mela — non sono estesi
quanto quelli che la leadership costruì prima degli attacchi dell’11 settembre 2001. Tuttavia la capacità di
Al Qaeda di riprendersi — prosegue
il «New York Times» — sembra però
aver colto di sorpresa i funzionari
americani. Fino allo scorso autunno,
gli Stati Uniti si sono concentrati
nel colpire gli alti responsabili di Al
Qaeda che si nascondono tra le
montagne al confine con il Pakistan.
Ma i dettagli sulle varie operazioni
condotto sono poco noti. «Io sono
molto preoccupato per la rinascita di
Al Qaeda in Afghanistan e di quello
che potrebbe essere l’obiettivo sulla
loro lista: noi», ha detto al «New
York Times» un ex vice direttore
della Cia, Michael Morell. «È il motivo per cui dobbiamo preoccuparci
per la rinascita dei talebani perché,
come prima, fornirebbero ad Al
Qaeda un rifugio sicuro».
Di parere diverso, un funzionario
dell’Amministrazione di Washington
secondo cui l’aumento dell’attività
dei terroristi è il risultato delle operazioni militari pakistane che spingono i combattenti oltre confine, appunto in Afghanistan.
Certo è il fatto — rilevano gli analisti più accreditati dalla stampa —
che lo scorso ottobre le forze afghane, aiutate dalle truppe della coalizione internazionale, hanno bombardato un campo di addestramento di
Al Qaeda nel sud del Paese, il più
grande finora mai scoperto. L’assalto
ha distrutto due zone che contenevano tunnel e fortificazioni e nei raid
sono morti almeno duecento combattenti.
Anche la Guinea
libera
dal virus dell’ebola
CONAKRY, 30. Due anni dopo lo
scoppio dell’epidemia, la Guinea è
ufficialmente «libera» dal virus
ebola. Lo rende noto l’O rganizzazione mondiale della sanità
(Oms). Nell’ex colonia francese,
uno dei Paesi più poveri al mondo, l’epidemia ha provocato circa
2.500 morti. L’ultimo caso identificato è stato quello di un neonato, che è poi riuscito a salvarsi. La
Guinea entra ora in una fase di
sorveglianza rafforzata per novanta giorni per assicurarsi che eventuali nuovi casi di Ebola vengano
rapidamente identificati. L’O ms
ha già dichiarato la fine di ebola
in Sierra Leone il 7 novembre
scorso. Ora, per decretare la fine
globale dell’epidemia, manca solo
la Liberia che dovrebbe ottenere
lo status verso metà gennaio.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
giovedì 31 dicembre 2015
Moretto da Brescia
«Allegoria della fede» (1525)
Aperto l’accesso agli archivi
Nuova luce
su Vichy
Un ricordo di Giuseppe Colombo
Ragionevole
speranza
di HERMANN J. POTTMEYER
iuseppe Colombo l’ho conosciuto alla Commissione teologica internazionale del Vaticano durante il quinto
quinquennio di questa commissione ossia dal 1992 al 1997. Era strano
il fatto che don Pino, come molti lo chiamavano, appartenesse alla commissione
già dal 1980, dunque vi sia rimasto per tre
quinquenni. Normalmente l’appartenenza
alla commissione dura solo uno o al massimo due quinquenni. Pertanto la lunga
straordinaria appartenenza alla commissione testimonia l’apprezzamento della
sua collaborazione da parte del presidente
della commissione stessa, il cardinale
Ratzinger.
Perché ne fosse così stimata la collaborazione, mi apparve ben presto chiaro. I
suoi contributi tanto orali che scritti di-
G
L’omaggio
Pubblichiamo l’editoriale del docente emerito di
Teologia fondamentale presso la KatholischTheologischen Fakultat della Ruhr-Universitat
di Bochum che introduce il numero 3 del terzo
trimestre 2015 di «Teologia. Rivista della facoltà
teologica dell’Italia settentrionale», dedicato A
don Pino Colombo (1923-2005) a dieci anni dalla
scomparsa. Il periodico contiene altri due articoli
dedicati alla figura di Giuseppe Colombo, a
firma di Dario Cornati e Alberto Cozzi.
mostravano un’ottima conoscenza della
storia della teologia come anche della teologia moderna insieme a un personale
equilibrato potere di giudizio. Le proposte da lui avanzate si ripercuotevano sui
documenti, che la Commissione teologica
internazionale in quegli anni pubblicava.
La competenza di Giuseppe Colombo
la si avvertì dal 1993 anche nel comitato
scientifico dell’Istituto Paolo VI di Brescia.
Nella progettazione materiale dei Colloqui internazionali di studio e degli altri
progetti dell’Istituto giocò un ruolo signi-
ficativo. Quale scolaro e per molti anni
collaboratore di Carlo Colombo, che influì sulla teologia di Paolo VI e sul concilio Vaticano II, disponeva di un’ottima conoscenza della vita e del Pontificato di
Paolo VI come anche del concilio. Giuseppe Colombo incise allora in maniera determinante sul profilo e sulla prospettiva
dell’Istituto Paolo VI.
Ricordo con grande piacere i colloqui
attorno agli interrogativi teologico fondamentali, vi scoprimmo una larga sintonia.
Nel 1988 Colombo pubblica il saggio La
ragione teologica che apre la sua raccolta di
studi fatta apparire nel 1995 sotto il medesimo titolo.
Il titolo certamente inconsueto La ragione teologica intende provocare. Punta
contro la separazione moderna tra la fede
e la ragione critica e contrassegna il programma teologico fondamentale di Colombo. La scissione di fede e ragione critica dà come risultato che la ragione critica si interpreti come unica istanza e come
criterio assoluto per ogni conoscenza della verità, dunque si ritenga nel proprio
impiego del tutto libera da ogni condizionamento e norma esterni. Questa pretesa
— così procede la critica di Colombo —
rappresenta nondimeno un’illusione acritica, che lascia fuori gioco il fatto che la ragione è sempre di un soggetto storico e
che allora essa, come del resto questo
stesso soggetto, nel proprio impiego soggiace a condizioni storiche.
Nel tentativo di fondare la verità della
fede soddisfacendo anche le condizioni di
questo razionalismo, l’apologetica aveva
pensato di dover accettare la separazione
di ragione e fede. L’apologetica tentò
quindi di fondare la verità della fede in
base ai criteri che appaiono disponibili al
razionalismo, criteri che restano tuttavia
esteriori, estrinseci rispetto alla fede. Un
esempio a tale proposito lo esibisce la
prova del miracolo: miracolo come rottura
delle leggi di natura. Inoltre Colombo
sottopose a critica anche i successivi tentativi di fondare la verità della fede assecondandole condizioni sollevate attraverso
le filosofie man mano in vigore, pertanto
in maniera estrinseca.
Se si comprende però — così si comporta Colombo — la ragione come la ragione
di un soggetto storico, allora ci si proibisce qualsiasi separazione di fede e ragione
critica. La fede cristiana si svolge fin da
principio in una teologia come «analisi
di ANNA FOA
Q
critica della fede per mostrarne le interne
ragioni, ossia legittimare la fede come ragionevole».
In effetti senza il convincimento provato criticamente circa la verità della fede
non diventa possibile la fede come consenso libero. La ragione teologica, allora,
«non è altro che la ragione critica impegnata nella teologia (...) che accompagna
da sempre la fede
cristiana; da sempre impegnata nelDai suoi contributi risulta
lo stesso compito,
che tuttavia si è
un’ottima conoscenza
determinato in fordella storia della teologia
me diverse, in funzione delle diverse
E un potere di giudizio
esigenze fatte valepersonale ed equilibrato
re dalla ragione
critica» (La ragione
Milano
teologica,
1995, 5).
All’incirca nello stesso periodo in cui
Giuseppe Colombo sviluppava i propri
pensieri attorno alla razionalità intrinseca
della fede, i miei due coautori Walter
Kern e Max Seckler e io inseguivamo la
medesima istanza nel Corso di Teologia
Fondamentale (quattro volumi, Brescia,
1990). Anche noi arrivammo a lasciar cadere la fondazione estrinseca della verità
della fede mettendo in campo il concetto
di una teologia fondamentale che presenta
la verità e l’illuminante forza della fede in
base al suo proprio contenuto, pertanto
intrinsecamente, conformemente all’ordine
di 1 Pietro, 3, 15: «Siate pronti sempre a
rispondere (“Apologia”) a chiunque vi domandi ragione (Lògos) della speranza che
è in voi».
Grazie a questa comune richiesta si
giunse con Giuseppe Colombo a un fruttuoso scambio di pensieri, potendo io così
approfittare della sua profonda conoscenza della storia della teologia e del suo rigoroso pensiero. Sono grato di aver incontrato Giuseppe Colombo — don Pino
— come uomo, teologo e collega.
A Treviso una mostra sugli anni italiani dell’artista
di GABRIELE NICOLÒ
Per aver turbato i sonni di Manet,
Cézanne e Picasso vuol dire che
l’arte di El Greco, tra le figure più
importanti del Rinascimento spagnolo, non teme confronti. E la
sua pittura acquista maggiore rilevanza pensando che il talento di
Dominikos Theotokopoulos, in arte El Greco, brillò anche nella
scultura e nell’architettura.
Con l’obiettivo di riproporre
all’attenzione del grande pubblico
la figura di un artista che seppe
dare il meglio di sé nello stile
drammatico ed espressionistico, e
che la critica definì «l’inventore
della pittura moderna», la mostra
in corso nella Casa dei Carraresi a
Treviso, fino al 10 aprile, investiga
il periodo dal 1567 al 1576, vale a
dire gli anni che El Greco visse in
Metamorfosi di El Greco
Italia. L’esposizione, la più importante mai allestita sulla “fase italiana” dell’artista, si pone a coronamento delle iniziative culturali organizzate per il quarto centenario
della sua morte, avvenuta a Toledo
nel 1614.
Il progetto scientifico alla base
della mostra si rifà a oltre mezzo
secolo di studi del suo curatore,
Lionello Puppi, uno dei maggiori
studiosi di El Greco. C’è poi una
chicca a impreziosire l’esposizione,
cioè quattro capolavori in anteprima mondiale: il maestoso cartone
«Guarigione del cieco» (1573)
ualche giorno fa, il governo francese ha firmato un decreto che
liberalizza totalmente
l’accesso agli archivi
del periodo di Vichy e del periodo
del passaggio alla Repubblica. Il
decreto riguarda circa duecentomila
documenti, quelli degli archivi del
tribunale speciale di Vichy, dei tribunali speciali della Liberazione,
delle ricerche dei criminali di guerra, delle inchieste della polizia giudiziaria tra il 1939 e il 1945, delle
condanne del dopoguerra per “indegnità nazionale”, che erano finora consultabili solo dagli studiosi e
dietro richiesta motivata. Ora tutti i
cittadini — e non soltanto i ricercatori — potranno avervi libero accesso. Unica eccezione, i documenti
secretati la cui richiesta di consultazione potrà essere rifiutata per ragioni di sicurezza nazionale.
È un gran passo avanti nella ricostruzione della storia e della memoria di un periodo assai nero della storia francese, quello tra il 1940
e il 1944, a lungo rimosso nella memoria collettiva del Paese come una
parentesi, uno stato di necessità,
qualcosa che poteva essere cancellato dalla gloria della Resistenza. Solo nel 1995 la rimozione fu infine
denunciata dal presidente Chirac e
delle Demoiselles d’Avignon di Pablo
Picasso, dal quale si evince l’influenza che l’artista ebbe sul genio
cubista; due Crocifissi di Francis
Bacon e un ritratto dello stesso El
Greco creduto perduto e poi ritrovato. Il percorso espositivo parte
da Creta, l’isola in cui è nato, e da
un linguaggio legato alla tradizionale icona bizantina che ha contraddistinto la sua prima produzione artistica, per arrivare in Italia,
dove il pittore trasformerà il suo
modo di dipingere grazie anche alla frequentazione dei circoli artistici più eminenti. Sarà poi in Spagna che il pennello di El Greco
raggiungerà la piena maturità. Tra
le opere esposte, l’Adorazione dei
Pastori (1568-1569), il Ritratto di
Giulio Clovio (1571), la Guarigione
del cieco (1573), la Crocifissione (15751577) e il San Francesco (1595).
La sezione conclusiva della mostra documenta la profonda influenza esercitata dal pittore sulle
avanguardie europee del XX secolo,
a testimoniare la feconda attualità
del suo genio: il suo fu un linguaggio capace di sconvolgere i canoni estetici della sua epoca in virtù dell’adozione di toni drammatici
e di un linguaggio dinamico e fantasioso. Tratti questi che, appunto,
finirono per conquistare artisti del
calibro di Picasso e Manet, i quali
rimasero folgorati dalle forme allungate delle sue figure, dalla stra-
vaganza dei cromatismi utilizzati,
dall’uso moderno e soggettivo dello spazio.
In occasione della mostra è stato
curato un volume, a cura di Lionello Puppi, dal titolo El Greco in
Italia. Metamorfosi di un genio (Milano, Skira, 2015, pagine 151, euro
30). Si tratta di un viaggio nel
tempo e nello spazio lungo il quale è possibile ammirare, accanto ai
capolavori di El Greco, le opere
dei grandi maestri, antichi e moderni, legati all’artista da reciproche influenze: da Tiziano a Tintoretto, dal Correggio al Parmigianino. Il volume presenta, tra gli altri,
saggi di Puppi (Il pittore nel suo labirinto) e Robin Cormack (Il mondo in cui nacque El Greco), e contiene il catalogo delle opere, suddiviso in quattro sezioni.
Intorno al Greco sono fioriti numerosi aneddoti. Si racconta, per
esempio, che non esitò a criticare il
Giudizio universale di Michelangelo
realizzato nella Cappella Sistina,
tanto da sollecitare da Pio V il permesso di ridipingerlo secondo i
dettami di una più rigida dottrina
cattolica. E quando, successivamente, gli venne chiesto che cosa
pensasse di Michelangelo, El Greco rispose che «era un brav’uomo,
ma non sapeva dipingere». Ma oltre all’aneddoto spicca un paradosso: l’artista non riuscì a sfuggire
all’influenza michelangiolesca, come testimoniano alcune sue opere,
tra cui l’Allegoria della Lega Santa.
E nelle sue Cronache, scritte nel
XVII secolo, Giulio Mancini incluse
proprio El Greco tra i pittori che
avevano promosso una potente rivalutazione degli insegnamenti di
Michelangelo.
zione con i nazisti. Per quanto riguarda la questione ebraica, già
nell’ottobre del 1940 varò delle leggi antiebraiche simili a quelle tedesche e italiane, perfezionate nel 1941
e seguite da provvedimenti per facilitare l’arresto e la deportazione degli ebrei. Deportazione iniziata nel
1942, e a cui il governo di Vichy
concorse attivamente, che riguardò
settantaseimila ebrei francesi. Le
milizie speciali create dal regime di
Vichy, oltre ad arrestare gli ebrei,
condussero una guerra diretta contro le forze partigiane. Per tutti
questi motivi, l’accusa rivolta ai dirigenti fu quella di alto tradimento
e di collaborazione con il nemico.
Come ha sottolineato una delle
maggiori studiose della Shoah in
Francia, Annette Wieviorka, questa
documentazione consentirà anche
una conoscenza più approfondita
degli anni del dopoguerra, dell’epurazione e dell’attività giudiziaria,
del passaggio insomma dalla Francia di Vichy alla Quarta Repubblica. Sono gli anni in cui alla condanna dei collaborazionisti, molto
più ampia che in Italia, si è sovrapposta la tendenza a mantenere la
continuità dell’apparato statale, della burocrazia, della magistratura, e
in cui è nata la grande rimozione
degli anni di Vichy.
Molte questioni potranno essere
messe in luce dalla consultazione di
Il maresciallo Pétain e Hitler nel 1940
il periodo di Vichy fu posto all’attenzione degli storici e a quella
dell’opinione pubblica.
Com’è noto, dopo la caduta
della Francia nel giugno 1940 la
nazione fu divisa in tre zone:
quella di diretta occupazione nazista, che comprendeva Parigi e tutto il Nord; quella meridionale do-
questa grande mole di documenti.
Innanzitutto, il ruolo dei collaborazionisti. Lo stesso presidente Mitterrand fu in giovinezza, come è più
volte emerso, vicino al governo di
Pétain. La continuità dell’apparato
dello Stato francese con quello di
Vichy, passata la breve era delle
epurazioni, fu molto forte.
Come non ricordare
il caso di Maurice Papon, l’alto funzionario
La decisione del governo francese aiuterà
di Vichy che sfuggì
all’epurazione,
fece
a eliminare ambiguità e rimozioni
una brillante carriera
E a consolidare la dolorosa memoria
fino a diventare nel
1958 prefetto di Parigi
di un periodo torbidissimo
— periodo in cui ordiMemoria necessaria per avere giustizia
nò di sparare su decine
di giovani manifestanti
e guardare senza ombre al futuro
algerini nella capitale
francese — e fu poi
processato nel 1998 e
ve si formò un governo collabora- condannato a dieci anni per crimini
zionista di Vichy, diretto dal mare- contro l’umanità per aver organizsciallo Pétain, personaggio di gran- zato il trasporto ad Auschwitz di
de prestigio politico e militare; e milleseicento ebrei? Molte ombre
quella di occupazione italiana, nel gravano anche sugli arresti dei
sud del Paese, una sottile striscia membri della Resistenza, sui nomi
dei delatori. Si spera che ora, con
poi estesa nel 1942.
Già il 18 giugno 1940 il generale l’apertura generalizzata degli archiDe Gaulle aveva invitato il popolo vi, molti dubbi possano essere
francese alla Resistenza e creato a sciolti.
Questo sul piano storico, perché
Londra il governo della Francia Libera. Dopo la Liberazione, Pétain dal punto di vista dell’immagine
fu incarcerato, processato e condan- della Francia, della memoria di
nato a morte. La sua pena fu com- quegli anni oscuri, è indubbio che
mutata da De Gaulle nel carcere, l’apertura degli archivi non potrà
dove, ormai molto vecchio, morì che aiutare a togliere di mezzo amnel 1951. Con lui furono condannati biguità e rimozioni, e a consolidare
a morte Pierre Laval, primo mini- la dolorosa memoria di uno dei più
stro del governo dal 1942 al 1944, e torbidi periodi della storia della
molti altri responsabili della politi- Francia. Una memoria — vorrei aggiungere — necessaria per avere giuca di Vichy.
Il governo di Vichy ha svolto stizia e guardare senza ombre al fuuna politica di intesa e collabora- turo.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 31 dicembre 2015
pagina 5
L’Innominato e il cardinale
in un’illustrazione del XIX secolo
Non si tratta tanto di dimostrare Dio
quanto di mostrare Dio
È questo il compito del cardinale Federigo
che impegna il suo ospite
in un percorso a ritroso
La conversione dell’Innominato
Porta sull’ignoto
Come tutti noi, egli non vede Dio
eppure comincia a chiedersi cosa
può farsene Dio di lui. Egli è ancora
nell’oscurità della notte precedente,
e fino alla fine non potrà esibire a
nessuno alcuna certezza, eppure tenta di dare una risposta a Colui che è
venuto a cercarlo, a colui che non
avrà mai un volto, nel senso che non
potrà mai offrirsi una prova razionale, ma che lo sta cercando non per
giudicarlo, oppure per condannarlo,
ma per cambiare di segno alla sua
vita.
È il cardinale Federigo a ispirargli
questo nuovo pensiero. Il Dio che
non conosce non voleva che i suoi
giorni finissero con una pena che sarebbe stata anche giusta, ma voleva
concedergli tutta la vita che ancora
gli restava da vivere per stringerselo
a sé, per abbracciarselo. Non basta
un’immagine per questo Dio, sarebbe qualcosa di troppo distante, di
troppo freddo. Egli vuole essere relazione, vuole conquistare il cuore e
non per vantarsi, lui l’O nnipotente
non ne avrebbe bisogno, ma per restituire smalto e brillantezza all’essere, per riconquistare l’uomo che egli
ha voluto libero e che solo nella libertà può amare. L’importante — scrive un teologo — non è chiedersi
se c’è Dio, ma come è
Dio (Adolphe Gesché).
Le prove dell’esistenza
di Dio possono avere solo il valore della testimonianza di un intelletto
che non si chiude nei
suoi calcoli e si apre alla
fede. Non si tratta quindi tanto di dimostrare
Dio quanto di mostrare
D io.
È questo il compito
del cardinale Federigo.
Egli impegna il suo
ospite in un percorso a
ritroso che gli fa risalire
la corrente vorticosa della sua incredulità e senza
dubbio lo confonde svelandogli — «commosso
Francesco Gonin, «L’Innominato in preghiera
ma sbalordito, l’Innomidavanti al letto» (XIX secolo)
nato stava in silenzio» —
delle qualità che gli rivelano un essere misericorCom’è questo Dio? Il cardinale Bor- dioso, premuroso, aperto al perdoromeo piano piano comincia a mo- no, desideroso di salvare l’uomo; è
strarlo al suo interlocutore. A dira- questo il Dio che ha scorto nella
dare le ombre della notte precedente notte oscura l’Innominato, il Dio
che ancora si affollavano nella mente che non può essere visto perché vuodell’uomo,
facendogli
presentire le abitare dentro di noi: «Cosa può
«una speranza di quiete, di consola- fare Dio di voi? — domanda il cardizione, d’una consolazione che sarà nale — E perdonarvi? E farvi salvo?
piena». L’Innominato arriva a Dio e E compire in voi l’opera della redenzione? Non son cose magnifiche e
non trova il giudice che, forse speradegne di Lui?».
va, lo attendeva per presentargli il
Si arriva sulle soglie del tempio di
conto delle sue azioni malvagie ma Dio spesso con il pregiudizio, lo si
trova il consolatore. Nella stanza immagina con gli stessi nostri sentibuia dove la sua crisi lo aveva preci- menti, attribuendogli le nostre limipitato, in quel nero egli non può ve- tatezze, le nostre cadute, sempre
dere ma «sente» che qualcuno lo sta pronto a restituire la pariglia per i
cercando e non per giudicarlo. «Se nostri disastri. Se esistesse soltanto,
c’è questo Dio, se è quello che dico- come può essere il Dio delle dimono, cosa volete che faccia di me?» ri- strazioni dei filosofi, questo solo potrebbe pretendere da noi per le nobatte l’Innominato.
di LUCIO CO CO
olto spesso si arriva
a Dio dopo notti
oscure, dopo averlo
negato per tutta una
vita ed è come se si
aprisse una porta sull’ignoto. «Dio!
Dio! Dio! Se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?», dice l’Innominato al cardinale Federigo. La ragione non lo vede, non riesce a farsene un’immagine. Dio stesso non
vuole che sia così, semplicemente
perché ci sarebbe una distanza tra sé
e la sua creatura. Egli cerca il cuore,
sceglie la relazione. «Non lo sentite
in cuore — dice il cardinale Borromeo — che v’opprime, che v’agita,
che non vi lascia stare, e nello stesso
tempo vi attira». Si arriva a Dio con
immagini di Dio spesso falsate, di
un Dio lontano, indifferente, quando non giudice severo, che non lascia scampo. Se non che questa è
ancora una maniera umana. È come
ci comporteremmo noi in certe situazioni: spietatamente, senza tollerare
o sopportare alcunché.
Così si arriva a Dio ed è veramente come fare un salto nel vuoto.
M
stre colpe: un prezzo da pagare, una
pena da scontare in una qualche prigione dell’anima. Ma il Dio che non
esiste soltanto (e che a questo punto
potrebbe anche non esistere tanto è
lontano da noi) ha invece altre qualità, si scopre così che è pronto a
perdonarci, che si abbassa fino a
noi, che si fa «così vicino al peccatore da spiare il momento della caduta
per stendere la mano» (André
Louf).
Neppure così tuttavia si arresta il
suo movimento. Non è neppure questo che completa la sua azione e il
Nella stanza buia dove la sua
lo aveva precipitato
egli non può vedere ma “sente”
che qualcuno lo sta cercando
E non per giudicarlo
suo intervento. Con la sua grazia
egli vuole cambiare di segno anche
al resto della vita. Il passato è perdonato e redento ma a questo Dio
di misericordia, interessa soprattutto
il seguito, quello che viene dopo. Le
parole del cardinale ne riassumono
così il progetto: «Far volere e operare nel bene cose più grandi di quelle
immaginate e fatte nel male». La
conversione dell’Innominato non è
un punto d’arrivo. La
conversione non pacifica,
non risolve, non chiude i
crisi
conti con Dio. Essa piuttosto cambia di segno
una vita. Il convertito Innominato non equivale a
dire il pacificato Innominato. In tal caso la sua
conversione non sarebbe
stata
completa.
Aver
chiuso i conti con il passato non significa poi ritirarsi in se
stesso ma trasformare in germi e
spore di bene questo incontro che
gli/ci ha cambiato la vita.
Convertirsi non vuol dire tornare
indietro, ricoverarsi in una certezza
che risulterebbe sgradita non solo a
«Il ponte delle spie» ispirato a una storia vera
La Guerra fredda secondo Spielberg
di GAETANO VALLINI
Se si affidano la regia a Steven Spielberg,
la sceneggiatura ai fratelli Coen e il ruolo
da protagonista a Tom Hanks — otto
Oscar in tutto, tre il primo, altrettanti i
secondi e due il terzo, oltre a diverse nomination — ci sono buone probabilità che
il risultato sia grande cinema. E in effetti
Il ponte delle spie conferma quanto pro-
È un film che si ispira ai classici
senza cadere nel manierismo
Un cinema senza fronzoli
e non ridondante
Tuttavia elegante e a suo modo epico
mette. Riportandoci al clima della Guerra fredda, è un film che si rifà ai classici
del genere spionistico senza cadere nel
manierismo. Un cinema spoglio di ogni
inutile fronzolo, non ridondante, eppure
elegante, essenziale ma a suo modo epico, che può persino permettersi quel tanto di retorica, quasi inevitabile visto il tema, senza però risultare fastidioso. Merito della direzione asciutta ma sapiente di
Spielberg, maestro nel ricostruire con rea-
Scuola estiva di astrofisica della Specola vaticana
All’origine c’è l’acqua
È dedicata all’acqua la quindicesima
scuola estiva di astrofisica (che ha
cadenza biennale) della Specola
vaticana che si aprirà il prossimo 29
maggio a Castel Gandolfo, e che
durerà quattro settimane. I lavori
intendono ribadire il valore
dell’acqua, che svolge un ruolo
importante nell’origine e nello
sviluppo chimico delle comete,
degli asteroidi e dei pianeti,
compresa la Terra. Essa, del resto, è
anche un elemento primario che
riveste un decisivo ruolo nella vita
degli esseri umani. Non a caso il
tema della scuola estiva è L’acqua
nel sistema solare e oltre. Vi
prenderanno parte studenti
provenienti, in rappresentanza dei
cinque continenti, da ventuno Paesi,
tra cui giovani originari
dell’Ecuador, della Malaysia, delle
Filippine e dell’Uganda. Ma non vi
saranno solo studenti che aspirano a
sviluppare la propria carriera
professionale nel campo
dell’astronomia: sui banchi
siederanno, infatti, anche astronomi
di fama internazionale, la cui
competenza va dalla partecipazione
Dio ma agli uomini stessi. Nel termine conversione spesso è prevalente il significato — che pure gli appartiene — di pentimento, di un tornare
indietro, di un tornare in sé dopo un
lungo errore e lo smarrimento. Ma
conversione non è solo un viaggio di
ritorno, un re-vertere, alla religione e
alla fede; non può esserci niente di
nostalgico in essa. Conversione deve
avere anche il significato di progressione («Volere e fare nel bene cose
più grandi di quelle immaginate e
fatte nel male», per usare le parole
di Federigo), di un andare verso
qualcosa che non si conosce, di una
scoperta.
Il convertito, e siamo tutti convertiti, è uno che vuole portare al mondo la trasformazione che ha percepito dentro di sé, che non si tiene questa scoperta del Dio che gli si è mostrato e del come gli si è mostrato
solo per sé. Il convertito è un custode autentico di questa verità nella
misura in cui riesce a trasferirla agli
altri secondo i suoi modi e i suoi
sentimenti. San Paolo era un convertito di questo tipo, san Francesco e
tutti gli altri convertiti, noti e meno
noti, hanno vissuto la loro conversione, ne hanno fatto un dono che è
anche l’unico modo per dire che si è
pienamente ricevuto ciò che ci è stato prima donato.
«Dio veramente grande! Dio veramente buono! Io mi conosco ora,
comprendo chi sono» esclama alla
fine l’Innominato, quasi a voler mettere il suggello alle cose che aveva
appena intuito. Il Dio che gli era
stato mostrato era lo stesso Dio che
era affiorato nel fondo della sua coscienza e nel fondo della crisi della
notte precedente. Il suo interlocutore nulla aveva fatto o aveva aggiunto
a quanto egli non sentisse e non sapesse già. Nessuna dimostrazione,
mi sembra, avrebbe potuto persuadere l’incredulo o può convincere
chi attualmente lo nega. Tutto dipende dall’ascolto e l’altro può solo
aiutare a sentire più chiaramente, a
distinguere nel rumore di fondo.
Infine questo epilogo ci offre
un’ultima immagine, il convertito
che esclama che «ora si conosce, ora
sa chi è». Non c’è conoscenza di sé,
senza conoscenza di Dio. Ogni sapere di sé che non si accorda sulla
voce di Dio che parla dentro di noi
non può mai essere vera conoscenza
di sé. È ancora una volta Dio che
stabilisce il registro, discordare da
esso è possibile, è nella disponibilità
dell’uomo e della sua libertà, ma
questo significa andare non tanto
contro la verità di Dio, ma contro la
verità di sé. Significa non tanto andare contro Dio, ma falsificare se
stessi. L’oracolo greco che diceva
«Conosci te stesso» viene dunque
aggiornato
così
nell’esperienza
dell’incontro tra il cardinale Federigo e l’Innominato con una formula
più necessaria: «Conosci te stesso, se
conosci Dio».
a recenti missioni spaziali al lavoro
nei laboratori di ricerca.
La prima scuola estiva di astrofisica
della Specola vaticana si è tenuta
nel 1986: da allora più di
trecentocinquanta studenti,
provenienti da settanta Paesi, hanno
seguito le lezioni. E — dato assai
significativo — più
dell’ottantacinque per cento ha
proseguito poi in questo filone di
studi, con alcuni di loro che sono
diventati figure di spicco
dell’astronomia contemporanea.
lismo contesti storici anche complessi,
nonché della solida e lineare scrittura di
Joel ed Ethan Coen, coadiuvati da Matt
Charman, che rendono credibili personaggi e messa in scena di una trama tratta da una storia vera.
Alla fine degli anni Cinquanta, al culmine delle tensioni fra Stati Uniti e
Unione Sovietica, l’Fbi arresta Rudolf
Abel (Mark Rylance), considerato un
agente sovietico. Imprigionato, in attesa
di processo, ad Abel — che non è intenzionato a collaborare — deve essere assegnato un difensore d’ufficio. La scelta del
governo cade su James Donovan (Tom
Hanks), esperto di assicurazioni, ma con
poca esperienza in campo penale. L’avvocato è riluttante ad accettare un incarico che potrebbe renderlo impopolare ed
esporre la famiglia al pubblico sdegno e
persino al pericolo. Inoltre ciò che gli si
chiede è ambiguo: da una parte gli Stati
Uniti vogliono dare l’idea che anche una
spia, un nemico della nazione, abbia diritto a un processo equo, dall’altra ritengono che ciò possa tuttavia limitarsi alla
sola facciata.
Pur riluttante, Donovan accetta di rappresentare Abel. Ma, tenendo fede allo
spirito della costituzione, prende sul serio
l’incarico, impegnandosi affinché il suo
assistito — che rispetta e comprende nelle
sue scelte — abbia tutte le garanzie. Cosa
che gli alienerà le simpatie del giudice e
gli attirerà il biasimo della nazione, ma
che eviterà ad Abel la condanna capitale.
Anche perché, da esperto di
negoziazioni assicurative, sa
che l’uomo potrebbe un
giorno rivelarsi preziosa
merce di scambio nel caso
in cui un agente americano
finisse nelle mani dei sovietici. Circostanza che puntualmente si verifica qualche
anno dopo, quando il pilota
di un aereo spia statunitense, Francis Gary Powers,
viene abbattuto in territorio
sovietico e catturato. E sarà
proprio Donovan a essere
contattato dalla Cia per
condurre la trattativa segreta per un scambio di prigionieri. La scena si sposta così
in una gelida e spettrale
Berlino Est nei giorni in cui
si sta costruendo il famigerato muro, dove si conclu-
derà sul ponte di Glienicke, il ponte delle spie.
Spielberg, dunque, torna ancora una
volta alla grande storia, per raccontarne
un capitolo poco noto, ma dall’alto significato. Del resto da diverso tempo il suo
cinema vuole andare oltre l’aspetto rievocativo per aprirsi al dibattito. In tal senso
le vicende del passato dovrebbero costituire un pretesto per riflettere sul presente, sulla politica, sui suoi errori e sulle loro conseguenze, ma anche sui valori di
democrazia che dovrebbe contenere e salvaguardare. Ne Il ponte delle spie i messaggi sono due, ripetuti dal protagonista
— tutti hanno diritto a una difesa; ognuno di noi è importante — in continuità
con quanto già detto in Salvate il soldato
Ryan e più di recente in Lincoln.
Grazie anche alla bravura degli attori,
Hanks e Rylance su tutti, Spielberg confeziona un racconto in cui il mondo torna
a essere diviso in due, nel quale la diplomazia ufficiale deve cedere il posto a infide manovre sotterranee, e dove tuttavia
eroi e antieroi, pur riconoscibili, non sono
stereotipi, ma persone comuni che hanno
fatto una scelta di campo. Il tutto reso
con grande realismo e raffinatezza, sia
pure con qualche piccolo calo di tensione.
Molto si deve anche al direttore della fotografia Janusz Kaminski, con Spielberg
dai tempi di Schindler’s List, per aver contribuito alle atmosfere di un film d’altri
tempi. Al quale peraltro il bianco e nero
non sarebbe affatto andato stretto.
Una scena del film
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
giovedì 31 dicembre 2015
Jean Guitton,
«Il Buon Pastore» (1969)
Meditazioni sul prologo al vangelo di Giovanni
Il Logos
mediatore di salvezza
di MAURIZIO GRONCHI
Nella santa messa del giorno di Natale la liturgia della Chiesa ci propone il prologo del Vangelo di Giovanni in cui il figlio eterno di Dio
fatto carne (Giovanni, 1, 1, 14) riceve
l’appellativo di Verbo, che in greco
corrisponde al termine Logos. Quella che a prima vista sembra l’intuizione astorica di una condizione
antecedente, da cui discende la
comprensione di tutto ciò che segue, in realtà è la conclusione cui
giunge l’esperienza credente dei discepoli di Gesù, a partire dalla sua
morte e risurrezione. Infatti, proprio grazie alla rivelazione compiuta nell’evento pasquale è possibile
attribuire a Gesù Cristo il titolo di
Logos.
Gli esegeti discutono la complessa questione del Logos giovanneo,
in rapporto alla filosofia greca, alla
parola di Dio, sapienza, torà e memrà di Jahvé nel giudaismo, a Filone di Alessandria e alla concezione
gnostica. La soluzione più accreditata esclude lo sfondo greco-pagano, a favore di quello giudaico-ellenistico. «Originariamente estraneo
al pensiero greco, il concetto neotestamentario di lógos è invece divenuto più tardi il punto d’aggancio
della dottrina cristiana alla filosofia
greca» (Hermann Kleinknecht).
«In complesso l’inno al Logos giovanneo è molto più vicino al pensiero giudeo-cristiano delle origini
che non a quello gnostico, e in questo fatto dovrebbe anche ricercarsi
il motivo principale della scelta del
titolo di Logos […] sulla falsariga
del pensiero giudaico-ellenistico,
nello stesso modo in cui si è formata la concezione filoniana, cioè come un’adeguata espressione greca
che si prestava ad accogliere e unire
i due concetti della “parola di Dio”
e della “sapienza” (o della torà)»
(Rudolf Schnackenburg).
Affermando che il Logos è diventato l’uomo Gesù, si potrebbe suscitare l’impressione che la sua venuta nella carne corrisponda a una
riduzione rispetto alla maggior ampiezza del Logos. In verità, il processo che guida il pensiero, sia del
quarto evangelista che della recezione cristiana antica, va da Gesù Cristo al Logos e non viceversa, da cui
deriva la necessaria conclusione —
d’importanza decisiva anche per
l’odierna teologia delle religioni —
che non è possibile pensare a un
Logos che non sia identico a Gesù
Cristo. Ed è ciò che si può sostenere proprio a partire dal prologo gio-
vanneo, ove viene premessa la comprensione più evoluta di Gesù Cristo, scaturita dal suo evento pasquale, che prende il nome di “incarnazione”.
Il problema dell’identità fra il
Logos e Gesù di Nazaret si porrà,
esplicitamente e per la prima volta,
nel contesto della crisi nestoriana (V
secolo), con forti analogie a quello
contemporaneo del paradigma teocentrico pluralista adottato dalla
teologia delle religioni. La conclusione cui si giunge è che tale distinzione/separazione non sia possibile
poiché non c’è un Verbo che non
sia identificato con Gesù di Nazareth. […] Né il prologo di Giovanni,
né i Padri, né il concilio di Calcedonia sembrano giustificare che dopo l’evento Cristo si dia un’azione
del Verbo.
Un importante approfondimento
del termine Logos, riferito all’azione del Figlio eterno prima dell’incarnazione, venne da autori come
Giustino, Ireneo di Lione e Clemente Alessandrino, al fine di illustrare l’influenza universale di Cristo, mediante i lógoi spermatikói
sparsi in ogni razza umana, al di là
dei confini dell’economia anticotestamentaria, come praeparatio evangelica (Eusebio di Cesarea).
«Era difficile trovare una parola
più suggestiva. Gli apologisti la
usano per rievocare molteplici livelli: quello cosmico, in cui il Verbo è
creatore e conservatore del mondo;
quello intellettivo, in cui diventa la
base e lo strumento della gnosi della rivelazione; quello morale, in cui
è il compimento e il riassunto della
Legge; quello psicologico, dove
spiega il meccanismo del pensiero,
dalla “parola della mente” alla “parola proferita”; e infine per quanto
riguarda la storia della salvezza, dove il Verbo è il mediatore di salvezza e la parola della rivelazione»
(Antonio Orbe).
In tal modo, il Logos, secondo i
greci principio astratto e fuori dal
tempo, relegato al mondo delle
idee, assume per i cristiani una tale
concretezza da farsi uomo storico,
capace di vivere, morire e risorgere.
Anche con l’uso di questo titolo, il
processo di storicizzazione del kerygma, dapprima nell’ambiente giudeo-cristiano e poi in quello ellenistico, è stato in grado di trasmettere
la novitas christiana al prezzo di accogliere e, al tempo stesso, di escludere elementi presenti nella culturaambiente, ovvero di selezionarli in
base alla regula fidei.
Numerose le iniziative del Ccee e della Comece
Un anno
di Chiesa in Europa
ROMA, 30. Sono innumerevoli i
fronti che hanno impegnato nel
corso del 2015 il Consiglio delle
Conferenze episcopali d’Europa
(Ccee) e la Commissione degli episcopati della Comunità europea
(Comece): dai popoli in fuga dalla
violenza o dalla povertà alla promozione della vita, da tutelare in
ogni sua fase, con specifiche attenzioni ai diritti di bambini, donne,
anziani; dalla trasmissione del valore pubblico della famiglia all’attenzione agli emarginati in una società
che corre troppo in fretta; dal dialogo con le altre confessioni cristiane e tra le fedi religiose alla difesa
della domenica senza lavoro.
Uno dei temi centrali è stato senza dubbio quello dell’aiuto da prestare a chi, in stato di bisogno, ha
bussato alle porte dell’Europa. Era
intitolato «Accoglienza migranti: la
sfida educativa», l’incontro dei direttori nazionali della pastorale dei
migranti del Ccee organizzato a
Vilnius dal 30 giugno al 2 luglio
scorso. Dalla capitale della Lituania
è giunto un messaggio chiaro, volto
alla solidarietà, in una fase della
storia continentale in cui si issano
nuovi muri e tendono a prevalere
chiusure rispetto all’emergenza-profughi.
«Riscoprire la sorgente della nostra identità come popolo di Dio e
della nostra missione come successori degli apostoli, inviati a testimoniare l’incontro con il volto della
misericordia del Padre che è Gesù
stesso»: così il presidente del Ccee,
cardinale Péter Erdő, ha invece
spiegato la ragione della presenza
dei vescovi europei in Terra santa
dal 16 al 21 settembre, per svolgere
la loro assemblea, prima plenaria
“in trasferta”, per testimoniare la vicinanza della Chiesa cattolica d’Europa ai cristiani che vivono nella
terra di Gesù e ai popoli mediorientali. Si è trattato soprattutto di
un “segno di vicinanza e solidarietà” con la comunità cristiana locale.
Nel messaggio finale dell’assemblea
ci sono stati riferimenti alle migrazioni, alla necessaria costruzione
della pace nell’intera regione, al
dialogo tra le comunità credenti.
Un incoraggiamento al processo
di integrazione è decollato invece
da Bruxelles, dove dal 18 al 20 marzo si è svolta l’assemblea della Comece. In quell’occasione, il presidente, cardinale Reinhard Marx, ha
esortato l’Europa «a chiarire il senso della solidarietà» nei nuovi contesti migratori, a tenere le porte
aperte al resto del mondo, a rafforzare i processi interni di costruzione
della “casa comune”.
In memoria del vescovo Filippo Iacolino
La scommessa del cristiano
di FRANCESCO MONTENEGRO
Sono convinto che il tempo che viviamo — con le sue complessità, i
suoi travagli e le incertezze che fa
sedimentare nell’animo di ognuno —
ha bisogno di essere illuminato
dall’esempio di chi ha attraversato
difficoltà simili ed è riuscito a lasciare un segno edificante. Monsignor
Iacolino ha vissuto tra le due grandi
guerre del secolo scorso. Durante la
prima era seminarista e fu soldato e
prigioniero degli austriaci, durante
la seconda era rettore del seminario.
Non è difficile immaginare le tante
domande che affollavano l’animo di
chi ha attraversato quei periodi: cosa fare? Cosa ci accadrà? Possiamo
sperare in un futuro migliore?
Monsignor Iacolino non si è distinto per particolare strategie, non
ha approntato soluzioni “innovative”, non ha usato furbizie umane.
Le sue “armi” sono state: il Vangelo,
l’umiltà, il dono di sé. La sua vita è
stata segnata da prove terribili sia da
un punto di vista sociale che personale. Eppure emerge un profilo di
uomo credente che non si è mai arreso, non si è mai abbattuto e non
ha mai ceduto un solo centimetro
allo scoraggiamento. Con lo sguardo rivolto verso l’Alto e con un animo umilissimo, si è impegnato con
tutte le sue forze in ciò che gli veniva chiesto e affidato confidando
nell’aiuto del buon Dio. Questo gli
ha consentito di avere una prospettiva sempre più grande delle difficoltà
del momento; per dirla con una delle note della carità — secondo l’intuizione di san Paolo — di essere
“longanime”, cioè di avere un animo
talmente grande da “guardare” sempre oltre senza mai dimenticare il
presente.
Probabilmente tra i servizi nei
quali ha potuto esprimersi meglio
(anche solo per gli anni impiegati in
ciò) è stato quello di formatore dei
futuri sacerdoti, i seminaristi. Sono
stati gli anni “della maturità”. Il vescovo Giovanni Battista Peruzzo
aveva individuato in lui la persona
Nell’Italia del dopoguerra
«Monsignor Filippo Iacolino è morto dopo due anni di episcopato.
Pubblicamente si era offerto eroicamente al Signore come vittima per
il bene della sua diocesi, e il Signore lo prese in parola. Io non ero
ancora prete nell’estate del 1950, e fu l’ultimo grande insegnamento da
parte di un uomo di Dio, che ho sempre ricordato, venerato e
invocato». Gerlando Lentini, sacerdote agrigentino, sintetizza così il
motivo ispiratore del libro (Mons. Filippo Iacolino vescovo di Trapani.
Un grande vescovo nell’Italia dello scorso secolo, Monopoli, Edizioni
Viverein, 2015, pagine 240, euro 18) in cui ricorda la figura — «uomo
forte, prete umile, vescovo eroico, riformatore» — del suo antico
rettore di seminario chiamato poi alla guida della diocesi di Trapani
negli anni difficili del dopoguerra. Pubblichiamo, quasi per intero,
l’introduzione a firma del cardinale arcivescovo di Agrigento.
Il cardinale segretario di Stato a Schio
Famiglie aperte all’amore
Sebbene non esistano «famiglie
perfette, questo non deve scoraggiare: l’amore nasce e si sviluppa
sempre tra luci e ombre, ma l’amore si può imparare, si po’ vivere e
può crescere “lavorandolo” secondo le circostanze della vita che
ogni famiglia concreta attraversa».
Lo ha sottolineato il cardinale Pietro Parolin celebrando domenica 27
dicembre la festa della Santa famiglia a Schio, nella parrocchia della
Santissima Trinità. Ritornando nella comunità vicentina in cui ha vissuto gli inizi del suo ministero, il
porporato ha poi benedetto il nuovo centro parrocchiale.
All’omelia il segretario di Stato
ha esortato a pregare affinché tutte
«le famiglie abbiano le porte e il
cuore spalancati all’amore», che «è
soprattutto promessa, decisione,
impegno, sacrificio. Dio è potuto
venire al mondo in una famiglia —
ha spiegato citando Papa Francesco — perché essa aveva il cuore
aperto all’amore». Certo, il porporato si è detto consapevole che nelle famiglie «il mistero della croce
non è mai assente». Però, ha aggiunto, poiché «croce e risurrezione sono le due facce dell’amore» e
«lo sono perché nella croce si manifesta il vertice supremo dell’amore», ecco allora che la famiglia «è
luogo di croce e risurrezione» per
eccellenza
«perché
è
luogo
dell’amore: il luogo dove si ama e
si impara ad amare; dove, in modo
graduale, impariamo il significato e
il valore dell’amore, impariamo a
spenderci per qualcuno e capiamo
che ne vale la pena».
Del resto, ha fatto notare il cardinale Parolin, «questo è precisamente il sogno di Dio. La famiglia
è il simbolo vivo del progetto
d’amore che un giorno il Padre ha
giusta per dare al seminario una
guida illuminata e forte. In quest’opera del Lentini vengono messe
in risalto le doti di grande pedagogo espresse durante questi anni. Sapeva ascoltare i seminaristi, si mostrava esigente con loro ma, al tempo stesso, faceva capire cosa aspettava quei giovani una volta completato il tempo della formazione.
L’esperienza di prete dei giovani
a Favara (Agrigento) — molto bello
l’accostamento a don Bosco — ma
anche dei poveri con la Conferenza
della San Vincenzo, in lui aveva radicato l’idea che la vera scommessa
di ogni sacerdote è saper stare in
sognato». Di conseguenza «voler
formare una famiglia è avere il coraggio di far parte del sogno di
Dio». E in proposito ha accennato
al Sinodo dei vescovi sulla famiglia, svoltosi in due tappe nel 2014
e nel 2015: esso, ha commentato,
«al di là dei resoconti che ne hanno fatto i mass-media, troppe volte, purtroppo, interessati a imporre
una loro visione dei fatti», in realtà
«è stato un grande sforzo della
Chiesa per proclamare il Vangelo
della famiglia» — declinandone la
buona notizia «dentro le difficili e
complesse condizioni del nostro
tempo» — e per «chinarsi con l’atteggiamento del buon samaritano
verso tutte le situazioni familiari
fragili, vulnerabili e ferite».
Affinché ciò si realizzi, il porporato ha chiarito che «la fiamma
dell’amore in famiglia» va alimentata «continuamente con la preghiera e con il perdono». Lo stesso
Pontefice infatti «non si stanca
mai di ricordare l’importanza della
preghiera in famiglia», definendo
quest’ultima «scuola del perdono,
grande palestra di allenamento al
dono e al perdono reciproco».
Infine il cardinale Parolin ha richiamato due anniversari celebrati
dalla comunità della Santissima
Trinità di Schio — il quarantacinquesimo di fondazione e il quinto
di dedicazione della chiesa parrocchiale — rimarcando la «stretta relazione che c’è tra parrocchia e famiglia». I rapporti tra queste due
realtà, ha concluso, «sono profondi
e reciproci: la parrocchia è chiamata a crescere in questa dimensione
familiare; e la famiglia, attraverso
la parrocchia, deve crescere nel
senso di appartenenza ecclesiale,
quel senso del “noi” nel quale nessun membro è dimenticato».
mezzo alla sua gente, saper condividere ogni cosa — povertà, malattie,
gioie, speranze — cercando già con
la presenza di seminare il Vangelo.
E mentre da un punto di vista ecclesiale già si intuivano i primi segnali di un movimento che da lì a
qualche decennio avrebbe portato al
concilio, monsignor Iacolino era fortemente convinto che il modo migliore per rinnovare percorsi, luoghi
e persone e riportarli al Vangelo è
l’esempio di una vita trasformata da
ciò che si annuncia. Questo stesso
slancio animò il servizio che monsignor Iacolino rese come vicario generale della diocesi e come vescovo
di Trapani prima che la malattia lo
consumasse definitivamente. Colpisce come quest’uomo semplice e mite si sia speso sino alla fine con una
dedizione immensa e con un grandissimo amore per la Chiesa in tutte
le sue espressioni.
La vita di monsignor Iacolino diventa la conferma di un principio
fondamentale nella spiritualità cristiana: il chicco di grano se vuole
portare frutto deve diventare un
tutt’uno con la terra, deve scomparire in essa e per essa deve morire.
Chicco e terra non possono stare
l’uno di fronte all’altra, non possono
passare il tempo a “esaminarsi” reciprocamente o a calcolare eventuali
rischi e benefici. L’unico calcolo che
il chicco può fare è che se vuole
guadagnare qualcosa si deve perdere. Se dovesse ragionare al contrario
sarebbe lui stesso a perdersi per
sempre.
Ieri come oggi questa lezione ha
bisogno non solo di alunni che la
sanno ripetere a memoria ma di credenti che su questo si giocano la vita. Questo nostro tempo non è più
difficile di quello vissuto da monsignor Iacolino. Forse è cambiata la
forma di qualche travaglio sociale
ma non certo la sostanza. A noi, come ai primi discepoli, come ai sacerdoti e ai laici vissuti il secolo scorso,
Gesù ripropone la stessa scommessa:
se vuoi guadagnare la tua vita abbi
il coraggio di perderla ogni giorno,
nel terreno della storia.
Forse non cambieremo nulla ma
avremo la certezza di aver gettato
un seme. Qualcuno un giorno lo
raccoglierà e nutrendosene, forse,
avrà la forza e il coraggio di cambiare qualcosa. Monsignor Iacolino la
scommessa l’ha accettata e l’ha portata avanti fino in fondo. Speriamo
di collocarci sulla stessa scia.
Gruppi di fedeli
all’udienza generale
All’udienza generale di mercoledì 30 dicembre, in piazza San Pietro, erano presenti i
seguenti gruppi.
Da diversi Paesi: Suore dell’Istituto
Madri Pie; Ragazzi del Movimento dei
Focolari.
Dall’Italia: Pellegrini della Diocesi
di Vittorio Veneto, con il Vescovo Corrado-Pizziolo; Pellegrinaggio della Diocesi di Monreale, con l’Arcivescovo Michele Pennisi; Cresimandi della Valle
Brembana. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie: Cattedrale di Adria; Sant’Andrea, in Basiliano; Santa Maria Assunta, in Manzano; San Giuseppe Operaio, in Monselice; Santo Stefano, in
Isola della Scala; Santissimo Salvatore,
in Breno; San Giovanni Battista, in Pescarzo; Santi Vito Modesto e Crescenza, in Astrio; San Vittore, in Mese; San
Lorenzo, in Campi Bisenzio; Sacro
Cuore, in Bari; Maria Santissima delle
Grazie, in Mirabella Imbaccari; San
Michele, in Magnago; Sant’Antonio
martire, in Piacenza; San Luigi Gonzaga, in Reggio Emilia; San Marcellino,
in Lausdomini; San Luigi Orione, in
Pavia; San Zenone, in Ornate di Agrate
Brianza. Unità pastorale Santa Croce,
in Torino; Comunità pastorale Beato
Paolo VI, di Lonate Pozzolo e Ferno;
Comunità pastorale San Paolo, di Figino Serenza. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie di San Fior di Sotto; Montagnana; Cerea; Curno; Fontanella; Salizzole; Santi Pietro e Rocco, in Tezze sul
Brenta; San Giovanni Battista, in Mozzo; San Colombano, in Bergamo; Santa
Maria Maddalena, in Bologna; San Pio
X, in Massa; Cristo Divino Lavoratore,
in Ancona; San Valentiniano, in Banzano di Montoro. Associazione scintille e
lapilli, di Agrigento; Associazione culturale Santa Rosa Venerini, Amici Fraterna Domus, della Diocesi di Vicenza;
Comunità di vita cristiana; Coro Pompeiano, di Pompei; Cooperatori del
Centro Agnelli, di Torino; gruppo
dell’Unitalsi; gruppo dell’Ordine francescano secolare, di Andria; gruppo della Residenza Sant’Alessandro, di Roma;
gruppo Camper club i girasoli, di Pado-
va; gruppo Scout Clan fuoco, di Mantova; Istituto tecnico, di Torre de’ Passeri. Gruppi di fedeli dalle Parrocchie
di Alzano Maggiore, e di Lonigo.
Gruppi di fedeli da Aprilia, Casalbore,
Monreale, Caselle in Pittari.
Coppie di sposi novelli.
Gruppi di fedeli da: Croazia.
I polacchi: Pielgrzymi indywidualni.
De France: Paroisse de Pacy sur Eure; Paroisse Sainte Suzanne, de l’Ile de
la Réunion; Paroisse Notre Dame de
l’Assomption, de Passy; groupe Spes,
de Méry sur Marne; Association Louis
Carlesimo, de Paray Vieille Poste.
Du Liban: Paroisse Saint Jean Baptiste, de Mijdlaya.
From Norway: A group of Lutheran
pilgrims.
From the United States of America:
Pilgrims from the Archdiocese of Baltimore, Maryland; Priests and seminarians from the Pontifical College
Josephinum, Columbus, Ohio; Pueri
Cantores San Gabriel Valley, West Covina, California; The University of Wisconsin-Eau Claire Concert Choir; Students and faculty from: University of
Florida, Gainesville; St Pius High
School, Atlanta, Georgia; Lansdale
Catholic High School.
Aus der Bundesrepublik Deutsch-
land: Pilgergruppe aus dem Bistum
Augsburg; Pilgergruppen aus Düsseldorf; Welver; Ministranten und Sternsinger aus der Dompfarrei Maria Himmelfahrt, Eichstätt.
Uit het Koninkrijk der Nederlanden:
Pelgrimsgroep studenten aan de Katholieke Universiteit van Tilburg.
Uit het Koninkrijk België: Marïa
Himmelfahrt, Kelmis.
De España: grupos de peregrinos.
De México: grupo de la Universidad
Anàhuac del Sur; grupo de peregrinos
de México.
De Argentina: grupo de peregrinos.
L’OSSERVATORE ROMANO
giovedì 31 dicembre 2015
pagina 7
All’udienza generale il Papa parla del Natale
Salvati da un bambino
Anche Dio «è stato un bambino».
Lo ha ricordato il Papa all’udienza
generale di mercoledì 30 dicembre,
invitando i fedeli riuniti in piazza
San Pietro a guardare «alla vita
dei bambini» per imparare
ad accogliere e ad amare Gesù.
Fratelli e sorelle, buongiorno!
In questi giorni natalizi ci viene
posto dinanzi il Bambino Gesù.
Sono sicuro che nelle nostre case
ancora tante famiglie hanno fatto
il presepe, portando avanti questa
bella tradizione che risale a san
Francesco d’Assisi e che mantiene
vivo nei nostri cuori il mistero di
Dio che si fa uomo.
La devozione a Gesù Bambino
è molto diffusa. Tanti santi e sante
l’hanno coltivata nella loro preghiera quotidiana, e hanno desiderato modellare la loro vita su quella di Gesù Bambino. Penso, in
particolare a santa Teresa di Lisieux, che come monaca carmelita-
na ha portato il nome di Teresa di
Gesù Bambino e del Volto Santo.
Lei — che è anche Dottore della
Chiesa — ha saputo vivere e testimoniare quell’“infanzia spirituale”
che si assimila proprio meditando,
alla scuola della Vergine Maria,
l’umiltà di Dio che per noi si è
fatto piccolo. E questo è un mistero grande, Dio è umile! Noi che
siamo orgogliosi, pieni di vanità e
ci crediamo grande cosa, siamo
niente! Lui, il grande, è umile e si
fa bambino. Questo è un vero mistero! Dio è umile. Questo è bello!
C’è stato un tempo in cui, nella
Persona divino-umana di Cristo,
Dio è stato un bambino, e questo
deve avere un suo significato peculiare per la nostra fede. È vero
che la sua morte in croce e la sua
risurrezione sono la massima
espressione del suo amore redentore, però non dimentichiamo che
tutta la sua vita terrena è rivelazio-
ne e insegnamento. Nel periodo
natalizio ricordiamo la sua infanzia. Per crescere nella fede avremmo bisogno di contemplare più
spesso Gesù Bambino. Certo, non
conosciamo nulla di questo suo
periodo. Le rare indicazioni che
possediamo fanno riferimento all’imposizione del nome dopo otto
giorni dalla sua nascita e alla presentazione al Tempio (cfr. Lc 2, 2128); e inoltre alla visita dei Magi
con la conseguente fuga in Egitto
(cfr. Mt 2, 1-23). Poi, c’è un grande salto fino ai dodici anni, quando con Maria e Giuseppe va in
pellegrinaggio a Gerusalemme per
la Pasqua, e invece di ritornare
con i suoi genitori si ferma nel
Tempio a parlare con i dottori della legge.
Come si vede, sappiamo poco
di Gesù Bambino, ma possiamo
imparare molto da Lui se guardiamo alla vita dei bambini. È una
bella abitudine che i genitori, i
nonni hanno, quella di guardare ai
bambini, cosa fanno.
Scopriamo, anzitutto, che i
bambini vogliono la nostra attenzione. Loro devono stare al centro
perché? Perché sono orgogliosi?
No! Perché hanno bisogno di sentirsi protetti. È necessario anche
per noi porre al centro della nostra vita Gesù e sapere, anche se
può sembrare paradossale, che abbiamo la responsabilità di proteggerlo. Vuole stare tra le nostre
braccia, desidera essere accudito e
poter fissare il suo sguardo nel nostro. Inoltre, far sorridere Gesù
Bambino per dimostrargli il nostro
amore e la nostra gioia perché Lui
è in mezzo a noi. Il suo sorriso è
segno dell’amore che ci dà certezza di essere amati. I bambini, infine, amano giocare. Far giocare un
bambino, però, significa abbandonare la nostra logica per entrare
nella sua. Se vogliamo che si diverta è necessario capire cosa piace
a lui, e non essere egoisti e far fare
loro le cose che piacciono a noi. È
un insegnamento per noi. Davanti
a Gesù siamo chiamati ad abbandonare la nostra pretesa di autonomia, — e questo è il nocciolo
del problema: la nostra pretesa di
autonomia — per accogliere invece
la vera forma di libertà, che consiste nel conoscere chi abbiamo dinanzi e servirlo. Lui, bambino, è il
Figlio di Dio che viene a salvarci.
È venuto tra di noi per mostrarci
il volto del Padre ricco di amore e
di misericordia. Stringiamo, dunque, tra le nostre braccia il Bambino Gesù, mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e di serenità. E sarà una bella cosa, oggi,
quando torniamo a casa, andare
vicino al presepe e baciare il Bambino Gesù e dire: «Gesù, io voglio
essere umile come te, umile come
Dio», e chiedergli questa grazia.
Il pensiero alle vittime delle calamità naturali che hanno colpito Stati Uniti, Gran Bretagna e America del sud
Preghiera e solidarietà
Preghiera e solidarietà per le vittime
delle calamità naturali che hanno colpito Stati Uniti,
Gran Bretagna e America del sud sono state espresse
da Papa Francesco al termine dell’udienza generale.
Sono lieto di accogliere i fedeli di lingua francese,
in particolare i piccoli ammalati e quanti sono loro vicini, come pure gli altri pellegrini venuti dalla Francia. Desidero che in questo tempo di Natale, ciascuno di voi possa mettersi al servizio dei
più piccoli e scoprire in loro il volto di Gesù, fonte di amore e di serenità. Che Dio vi benedica!
Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti
all’odierna Udienza, specialmente i gruppi provenienti da Norvegia, Filippine e Stati Uniti d’America. Ringrazio i cori per la loro lode a Dio attraverso il canto. Con fervidi auguri che il Giubileo
della Misericordia sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su voi tutti la gioia e pace del Signore Gesù. Buon anno!
Con affetto do il benvenuto ai pellegrini e visitatori provenienti dai Paesi di lingua tedesca, dai
Paesi Bassi e dal Belgio. La contemplazione
dell’infanzia di Gesù ci fa comprendere meglio
l’amore misericordioso di Dio verso l’umanità.
Vogliamo amare Gesù Bambino e servirlo con la
nostra vita. Ein gutes neues Jahr!
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua
española, en particular a los grupos provenientes
de España y Latinoamérica. [Veo que hay muchos
mexicanos] Acojamos al Señor en nuestros corazones, demostrémosle nuestro amor y el gozo de
saber que Él siempre está en medio de nosotros.
Muchas gracias.
Carissimi pellegrini di lingua portoghese, di
cuore vi saluto tutti, augurando a ciascuno che
sempre rifulga, nei vostri cuori e sulle vostre famiglie e comunità, la luce del Salvatore, che ci rivela
il volto tenero e misericordioso del Padre celeste.
Stringiamo tra le braccia il Bambino Gesù e mettiamoci al suo servizio: Lui è fonte di amore e serenità. Egli vi benedica per un sereno e felice Anno Nuovo!
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di
lingua araba, in particolare a quelli provenienti
dal Medio Oriente! Cari fratelli e sorelle, Gesù
Bambino vuole stare tra le nostre braccia e desidera essere accolto. ApriamoGli i nostri cuori e le
nostre case, dispensando i doni del suo amore nel
mondo! Il Signore vi benedica!
Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Ringrazio voi e tutti coloro che in diversi modi mi
hanno mostrato la loro spirituale vicinanza e hanno espresso gli auguri in occasione del Natale e
dell’Anno Nuovo. Contraccambio di cuore e auguro a voi, alle vostre famiglie, e in modo speciale a coloro che si sentono soli, che nella fede possiate profondamente sperimentare la presenza del
neonato Figlio di Dio nella vostra vita e godere
del Suo amore, della Sua pace e della Sua gioia.
Felice anno nuovo!
Invito a pregare per le vittime delle calamità
che in questi giorni hanno colpito gli Stati Uniti,
la Gran Bretagna e l’America del Sud, specialmente il Paraguay, causando purtroppo vittime,
molti sfollati e ingenti danni. Il Signore dia con-
forto a quelle popolazioni, e la solidarietà fraterna
li soccorra nelle loro necessità.
Porgo un cordiale augurio natalizio ai pellegrini di lingua italiana. Sono lieto di accogliere i fedeli delle Diocesi di Vittorio Veneto e Monreale,
accompagnati dai loro Pastori Mons. Pizziolo e
Mons. Pennisi. Saluto le Suore dell’Istituto Madri
Pie, esortandole a vivere con rinnovato entusiasmo il carisma di fondazione. Saluto i ragazzi del
Movimento dei Focolari; i cresimandi della Valle
Brembana, — ci sono tanti cresimandi oggi qui! —
incoraggiandoli ad essere messaggeri di solidarietà
fra le nazioni e testimoni di gioia e di speranza. A
tutti auguro di diffondere nella quotidianità la luce di Cristo, che ha brillato sull’umanità nella
Notte di Natale.
Rivolgo un pensiero speciale ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. L’icona del presepio che
contempliamo in questi giorni aiuti voi, cari giovani, a imitare la Santa Famiglia, modello
dell’amore vero. Sostenga voi, cari ammalati, ad
offrire le vostre sofferenze in unione a quelle di
Gesù per la salvezza del mondo. Incoraggi voi,
cari sposi novelli, a edificare la vostra casa sulla
roccia della Parola di Dio, rendendola, sull’esempio di quella di Nazaret, un luogo accogliente,
pieno di amore, di comprensione e di perdono.
In piazza San Pietro
con i pellegrini del giubileo
Sono i pellegrinaggi giubilari
diocesani di Monreale e
Vittorio Veneto e i giovani del
movimento dei Focolari che
Papa Francesco ha abbracciato
nell’ultima delle quarantadue
udienze generali del 2015. Il
prossimo incontro del
mercoledì con i fedeli sarà il 13
gennaio 2016.
Con particolare affetto
Francesco ha salutato un
gruppo di bambini ammalati
di leucemia e di cancro, venuti
dalla Francia. E si è
intrattenuto a lungo con le
tante persone sofferenti che
hanno sfidato il freddo intenso
per incontrarlo.
Tra loro anche alcuni ammalati
di sclerosi laterale amiotrofica,
che non hanno mancato di far
presente i gravi problemi
quotidiani che questa malattia
comporta, coinvolgendo anche
le loro famiglie. «Sono venuto
per dire al Papa che prego
sempre per lui e per chiedergli
di pregare con me» dice Paolo,
un bambino di dieci anni
costretto sulla sedia a rotelle
per una malformazione alle
gambe che gli impedisce di
camminare. «Ma non di essere
felice e, appunto, di pregare
per il Papa!» precisa con un
sorriso, confidando di aver
letteralmente «trascinato i
genitori all’udienza»,
convincendoli a superare le
remore «per i problemi
organizzativi».
Per presentare a Francesco le
iniziative concrete di carità
della Caritas napoletana in
favore delle persone in
difficoltà, ha preso parte
all’udienza una piccola
delegazione con don Vincenzo
Patriciello, parroco a Caivano.
Rimarrano tre settimane in
Italia i cento giovani che
vivono la spiritualità di
comunione focolarina in
Brasile, Argentina, Paraguay,
Uruguay, Sud Africa, Corea e
Malesia. Il progetto che li
anima, spiega Fiorella Tassini,
«è formarsi ulteriormente alla
luce dell’esperienza proposta
da Chiara Lubich, con il
desiderio di essere ovunque
piccoli ma vivi e umili
strumenti di unità». Un
impegno che hanno ritrovato
proprio nelle parole della
catechesi proposta stamani da
Francesco. Anche per questo —
spiegano i ragazzi, di età
compresa tra i quattordici e
diciassette anni — «abbiamo
voluto comunicare al Papa la
nostra gioia di immergersi
nello spirito dell’anno
giubilare della misericordia e
riprendere forza e coraggio per
la nostra testimonianza nei
contesti in cui viviamo: in
famiglia, a scuola, nei rapporti
con gli amici».
Accanto ai due pellegrinaggio
diocesani, venuti da Monreale
e Vittorio Veneto, erano
presenti i cento giovani venuti
dalla Valle Brembana che
riceveranno nel 2016 il
sacramento della Cresima.
«Siamo venuti qui, insieme,
proprio per vivere un altro
momento forte di
preparazione» dicono. E al
Papa hanno fatto sentire tutto
il loro entusiasmo,
mostrandogli anche un
coloratissimo striscione.
Prima di lasciare piazza San
Pietro, il Pontefice ha
benedetto alcune opere del
frate cappuccino Gianni
Bordin, realizzate nell’ambito
del pellegrinaggio giubilare
della zona pastorale di
Manzano. In particolare al
Papa è stata presentata
un’originale statua di legno
raffigurante san Francesco
d’Assisi, «per richiamare e
rilanciare i contenuti
dell’enciclica Laudato si’».
Particolarmente numerosi, poi,
i pellegrini venuti
dall’Argentina: alcuni di loro
non hanno mancato di offrire
a Francesco il mate,
particolarmente gradito in una
giornata che lui stesso ha
definito, all’inizio dell’udienza,
«un po’ fredda». Comunque il
Papa non ha voluto rinunciare
al consueto giro nella piazza, a
bordo della vettura scoperta. E
si fermato, come sempre, a
baciare e accarezzare i
bambini, questa volta ancora
di più «infagottati» per
ripararsi dal vento freddo.
Al termine dell’udienza, tutti i
partecipanti hanno potuto
varcare la porta santa della
basilica vaticana.
Nomine episcopali
Le nomine di oggi riguardano la Chiesa
in Messico e in Brasile.
José Fortunato
Álvarez Valdéz
vescovo di Gómez Palacio
(Messico)
Nato l’8 novembre 1967 a Mexicali,
ha studiato nel seminario locale e ha
conseguito la Laurea in diritto presso
l’Università iberoamericana del Nordest
e quella in teologia e scienze patristiche
nell’Istituto patristico Augustinianum a
Roma. Ordinato sacerdote per la diocesi di Mexicali il 31 maggio 1998, è stato
coordinatore diocesano della pastorale
vocazionale e vicario della cattedrale,
cancelliere, parroco di Nuestra Señora
de la caridad de la Medalla milagrosa e
decano. Attualmente era parroco di
Nuestra Señora del perpetuo socorro,
difensore del vincolo del tribunale diocesano e membro del consiglio presbiterale, del collegio di consultori e del consiglio dell’economia.
Aparecido Donizete
De Souza
ausiliare di Porto Alegre
(Brasile)
Nato il 13 gennaio 1964 a Primeiro de
Maio, arcidiocesi di Londrina, nello
Stato di Paraná, ha compiuto gli studi
di filosofia presso l’Istituto filosofico di
Apucarana e quelli di teologia presso
l’Istituto teologico Paulo VI di Londrina. Ha successivamente ottenuto la Licenza in spiritualità presso il Pontificio
istituto di spiritualità Teresianum di Roma (2001-2003). Ha ricevuto l’ordinazione sacerdotale il 12 dicembre 1992 e
si è incardinato nella diocesi di Cornélio
Procópio, nella quale ha ricoperto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale
della cattedrale (1992-1993); parroco a
Jataizinho (1994-2001); rettore del seminario Menino Deus (2004-2007); parroco a Sapopema (2007-2011) e rettore del
seminario maggiore São José (20122014). Attualmente era parroco di São
Francisco de Assis a Cornélio Procópio,
direttore spirituale del seminario e assessore diocesano per la pastorale liturgica.