Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLV n. 5 (46.843) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano venerdì 9 gennaio 2015 . Francesco prega per le vittime del feroce attentato a Parigi Violenza abominevole La condanna degli imam di Francia in visita a Roma «L’attentato di ieri a Parigi ci fa pensare a tanta crudeltà, crudeltà umana». Nella messa celebrata a Santa Marta giovedì mattina 8 gennaio Papa Francesco ha espresso tutto il suo dolore per l’orribile atto di violenza che si è consumato mercoledì nella sede del settimanale satirico «Charlie Hebdo». Ha pregato per i dodici morti, per i feriti, per le loro famiglie e anche per la conversione degli attentatori. Di fronte a «tanto terrorismo, sia al terrorismo isolato, sia al terrorismo di Stato» ha detto il Pontefice, fa riflettere «la crudeltà della quale è capace l’uomo». Perciò, oltre ad affidare a Dio «le vittime di questa crudeltà» ha invitato a intercedere «anche per i crudeli, perché il Signore cambi il loro cuore». Poche ore più tardi Francesco ha incontrato l’arcivescovo di Parigi, il cardinale André Ving-Trois, al quale aveva già indirizzato, tramite il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, un telegramma di cordoglio: «Apprendendo del terribile attentato — vi è scritto in francese — avvenuto a Parigi nella sede di “Charlie Hebdo”, che ha causato numerose vittime, Sua Santità Papa Francesco si associa con la preghiera al dolore delle famiglie in lutto e alla tristezza di tutti i francesi. Affida le vittime a Dio, pieno di misericordia, pregandolo di accoglierle nella sua luce. Esprime la sua profonda vicinanza alle persone ferite e alle loro famiglie, chiedendo al Signore di dare loro conforto e consolazione nella prova. Il Santo Padre condanna an- cora una volta la violenza che genera tante sofferenze e, chiedendo a Dio di fare il dono della pace, invoca sulle famiglie colpite e sui francesi il beneficio delle Benedizioni divine». Già nel pomeriggio di mercoledì il Pontefice, attraverso un comunicato del direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, aveva espresso ferma condanna per «l’orribile attentato» che ha funestato la città di Parigi «con un alto numero di vittime, seminando la morte, gettando nella costernazione l’intera società francese, turbando profondamente tutte le persone amanti della pace, ben oltre i confini della Francia». Il Papa, si legge nel testo, «partecipa nella preghiera alla sofferenza dei feriti e delle famiglie dei defunti ed esorta tutti Si cercano ancora gli autori dell’eccidio nella sede di «Charlie Hebdo» Francia ferita PARIGI, 8. Nuove violenze e un’altra vittima tra le forze di polizia francesi hanno segnato le ore seguenti al sanguinoso attentato compiuto ieri nella sede del giornale satirico «Charlie Hebdo» da due terroristi di matrice fondamentalista islamica tuttora ricercati e fuggiti con un loro complice. I due sono i fratelli Cherif e Said Kouachi, che ieri sembravano essere stati individuati a Reims, dove la polizia ha effettuato cinque fermi. Stamani sarebbero stati localizzati nelle vicinanze di Villers-Corretet, in Piccardia. I due, in fuga su un’automobile bianca, hanno costretto il gestore di una pompa di benzina a rifornirli di carburante e poi si sono diretti verso Seine-et-Marne e quindi di nuovo verso Parigi. il quotidiano «Le Figaro» scrive però che i due hanno abbandonato la vettura e ora sarebbero asserragliati in un’abitazione a Crepy-en-Valois, a nord di Parigi. Una conferma indiretta viene dal fatto che tutti i bambini della località sono chiusi nelle scuole per disposizione della polizia accorsa in forze. È stato intanto confermato che tra i cinque fermati a Reims ci sono una sorella e la moglie di Said Kouachi. Stamani, intanto, un uomo ha aperto il fuoco contro agenti inter- Una chiave interpretativa del terrorismo Umano troppo umano y(7HA3J1*QSSKKM( +,!"!=!z!;! DARIO FERTILIO A PAGINA 5 Dai leader religiosi una condanna unanime e senza sconti Atrocità ingiustificabile PAGINA 6 venuti sul luogo di un incidente stradale a Montrouge, alla periferia meridionale di Parigi, colpendone due, una dei quali è morta dopo il ricovero in ospedale. L’omicida è riuscito a darsi alla fuga alla guida di un’automobile che ha poi abbandonato e che è stata localizzata dalle forze di polizia ad Arcueil, nell’Île-de-France, la regione di Parigi. Il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha detto che l’identità dell’assalitore è ancora ignota, smentendo quanto affermato in precedenza da alcuni siti francesi che avevano messo in relazione alla sparatoria a Montrouge il fermo di un uomo di 52 anni, di origine africana, con precedenti penali. Il ministro, comunque, ha specificato che al momento non c’è alcun legame accertato tra questo episodio e la strage compiuta ieri. Al lutto e all’orrore per la strage di ieri si stanno sommando i timori per possibili violenze contro la comunità musulmana, a torto accomunata da alcuni ai terroristi. Episodi di questo tipo, per fortuna senza vittime, ci sono stati nella notte in tutto il territorio francese, dove sono stati attaccati vari luoghi di culto musulmani. Una granata è stata lanciata contro una moschea di Mans, nella valle della Loira. C’è stata poi un’esplosione di fronte a un ristorante arabo vicino a una moschea di Villefranche-sur-Saone, nella regione di Lione. Colpi di arma da fuoco sono stati sparati anche contro una moschea nel dipartimento dell’Aude. Il presidente francese, François Hollande ha tenuto questa mattina all’Eliseo una riunione straordinaria del Governo e ha poi ricevuto il suo predecessore Nicolas Sarkozy. Nelle prossime ore, Hollande ha in programma di confrontarsi anche con gli ex presidenti Jacques Chirac e Valéry Giscard d’Estaing. La manifestazione di tutte le forze politiche unite, inizialmente prevista per sabato, si terrà domenica. Nel frattempo si moltiplicano in tutto il mondo le espressione di vicinanza al settimanale colpito dai terroristi. Tra l’altro, vignette di indubbia condanna — con lo stile proprio della satira — appaiono oggi su molti giornali di Paesi arabi. «Condanna araba, islamica e internazionale dell’attacco», titola inoltre uno dei principali giornali panarabi «Asharq Al Awsat», che ricorda in particolare le dure prese di posizione espresse ieri dalla Lega araba e dall’universitaà islamica di Al Azhar al Cairo. Anche l’altro più importante quotidiano panarabo, «Al Hayat», titola «Terroristi colpiscono a sangue freddo nel cuore di Parigi». ad opporsi con ogni mezzo al diffondersi dell’odio e di ogni forma di violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana, viola la dignità delle persone, mina radicalmente il bene fondamentale della convivenza pacifica fra le persone e i popoli, nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura». Parole nette e decise: «Qualunque possa esserne la motivazione — afferma il comunicato — la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile, la vita e la dignità di tutti vanno garantite e tutelate con decisione, ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato». Il Papa ha quindi concluso esprimendo «vicinanza, solidarietà spirituale e sostegno per tutti coloro che, secondo le loro diverse responsabilità, continuano ad impegnarsi con costanza per la pace, la giustizia e il diritto, per guarire in profondità le sorgenti e le cause dell’odio, in questo momento doloroso e drammatico, in Francia e in ogni parte del mondo segnata da tensioni e violenze». E in mattinata Francesco ha diffuso anche un tweet con l’hashtag: «#PrayersForParis». Una dichiarazione comune è stata diffusa dal cardinale Jean-Louis Tauran e da quattro imam francesi che hanno partecipato insieme con una delegazione della Conferenza episcopale francese all’udienza generale di mercoledì. I cinque fanno appello a promuovere con ogni mezzo «una cultura di pace e di speranza», capace di vincere la paura e di costruire ponti tra gli uomini. Al tempo stesso, considerato l’impatto dei mezzi di comunicazione, invitano i loro responsabili a offrire un’informazione rispettosa delle religioni, dei loro fedeli e delle loro pratiche di culto. Infine ribadiscono che il dialogo interreligioso rimane la sola via da percorrere insieme per dissipare i pregiudizi. Cordoglio e vicinanza al popolo in lutto per la strage di ieri nella sede di «Charlie Hebdo» sono stati espressi in tutto il mondo. Migliaia di persone in diverse capitali europee si sono riversate nelle piazze in una significativa vicinanza a quelle che lo hanno fatto a Parigi e in altre città francesi. Oggi la Francia si è fermata a mezzogiorno per osservare un minuto di silenzio. Il presidente, François Hollande, il ministro dell’Interno, Bernard Cazeneuve, e il sindaco di Parigi, Anne Hidalgo, hanno scelto la prefettura di polizia parigina per rendere omaggio alle dodici vittime di ieri, tra le quali il direttore e quattro autori del settimanale satirico. Tre giorni di lutto nazionale erano Il tweet lanciato dall’account del Papa stati annunciati ieri da Hollande, in un discorso alla Nazione tenuto poche ore dopo la strage. Il presidente ha detto che tutta la Repubblica è stata colpita, come colpite dagli assassini sono anche la libertà, la cultura, il pluralismo e la democrazia. Come in Francia, anche in tutte le sedi istituzionali dell’Unione europea sono esposte le bandiere a mezz’asta e un minuto di silenzio, sempre a mezzogiorno, è stato osservato dal Parlamento e dalla Commissione. Stamane circa trecento persone si sono riunite davanti alla sede a Bruxelles del Parlamento di Strasburgo, su invito del presidente Martin Schulz. Durante la manifestazione l’ambasciatore francese ha ha espresso l’augurio che i cittadini francesi ed europei possano reagire «senza lasciarsi trasportare dalle emozioni» in difesa dei valori fondamentali della tolleranza e della libertà d’espressione. Il segretario generale dell’O nu, Ban Ki-moon, ha parlato di attacco «orrendo, ingiustificato e a sangue freddo» contro una delle «pietre angolari della democrazia». Secondo il segretario generale, «questo attacco mira a dividere. Non dobbiamo cadere in questa trappola» ed è quindi necessario «difendere la libertà di espressione e la tolleranza contro tutte le forme di odio». All’immediata condanna espressa dalla Casa Bianca appena diffusa la notizia dell’attentato ha fatto seguito una telefonata del presidente statunitense Barack Obama a Hollande. Dandone notizia, la stessa Casa Bianca ha riferito che secondo Obama credere nella libertà è uno dei valori che gli americani condividono con il popolo francese. «La libertà di espressione è qualcosa che non può essere messo a tacere dalla violenza insensata di pochi», ha aggiunto il presidente, secondo il quale Il Pontefice ha ricevuto una delegazione degli yazidi Vicini nella prova Nella mattina di giovedì 8 gennaio, Papa Francesco ha ricevuto una delegazione della comunità mondiale degli yazidi. La delegazione — informa il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi — era guidata dal Capo di tutti gli yazidi, Mir Takhsin-beg (Tahseen Saeed Ali), e dal loro Capo spirituale supremo, il “Baba Sheikh”, Sheikh Kato, residenti ambedue nel Kurdistan iracheno. Facevano parte della delegazione anche tre altri rappresentanti degli yazidi del Nord Iraq, della Georgia e della diaspora in Germania. La delegazione ha ringraziato il Papa — indicato da uno dei delegati come “padre dei poveri” — per il suo sostegno per gli yazidi in questo tempo di persecuzione e sofferenza, ha informato sulla situazione delle circa cinquemila donne yazide ridotte in schiavitù dall’Isis, ha messo in risalto le buone relazioni fra gli yazidi e i cristiani e sulla loro reciproca solidarietà. Francesco ha assicurato ai delegati la sua vicinanza spirituale e il suo sostegno in questo tempo di prova, augurando che presto si possano ristabilire la giustizia e le condizioni per questo attacco sottolinea appunto come il terrorismo tema la libertà. Il presidente cinese Xi Jinping ha inviato una lettera di condoglianze a Hollande. «Il terrorismo è il nemico comune di tutta l’umanità, una minaccia per l’intera comunità internazionale», si legge nella lettera, riportata dall’agenzia di stampa Xinhua. Anche il presidente russo, Vladimir Putin, ha condannato fermamente l’attacco di Parigi e il terrorismo in tutte le sue forme, secondo quanto riferito dal portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, citato dall’agenzia di stampa Itar-Tass. Analoghe espressioni sono giunte da capitali di ogni parte del mondo. Intervista al cardinale Parolin sul viaggio del Papa in Sri Lanka e Filippine Misericordia e dialogo PAGINA 7 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza: le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali: — Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per l’Educazione Cattolica (degli Istituti di Studi); — Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare Ordine di Malta; — André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia); Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Santiago Olivera, Vescovo di Cruz del Eje (Argentina). Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza l’Onorevole Nicola Zingaretti, Presidente della Regione Lazio. Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza Sua Eccellenza Mir Takhsin-beg (Tahseen Saeed Ali), Capo degli Yazidi di Tutto il Mondo (Georgia), e Seguito. una vita libera e pacifica per gli yazidi, come per tutte le minoranze oggetto di discriminazione e violenza. Gli yazidi nel mondo sono un milione e mezzo, di cui circa mezzo milione in Iraq. Altri vivono in Turchia, in Georgia, in Armenia, e in diaspora in molti altri Paesi. L’incontro, durato oltre mezz’ora, si è svolto nella Biblioteca privata nel Palazzo Apostolico. Il Santo Padre ha nominato Segretario della Congregazione per il Clero il Reverendo Monsignore Joël Mercier, finora Officiale della Congregazione per i Vescovi, elevandolo in pari tempo alla Sede titolare di Rota, con dignità di Arcivescovo. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 venerdì 9 gennaio 2015 Cameron e Merkel nel corso della conferenza stampa a Londra (Ansa) Stabile il tasso di disoccupati mentre in Italia è allarme per i giovani Stallo profondo nel mercato del lavoro europeo BRUXELLES, 8. Stallo profondo nel mercato del lavoro dell’Ue: la strada per uscire dalla crisi appare dunque ancora molto lunga. Secondo i dati diffusi da Eurostat, il tasso di disoccupazione nella zona della moneta unica è pari all’11,5 per cento e al dieci nell’Ue a ventotto. Il dato è stabile rispetto al mese precedente, ma in leggero calo rispetto a un anno fa, quando era rispettivamente dell’11,9 e del 10,7 per cento. Tra i Paesi dell'Ue, i tassi di disoccupazione più bassi sono stati registrati in Austria (4,9 per cento) e Germania (cinque), mentre i più alti in Grecia (25,7 per cento a settembre 2014) e Spagna (23,9). Rispetto all'anno precedente, la disoccupazione è diminuita in 22 Paesi membri, mentre è aumentata in quattro e rimasta invariata in due (Belgio e Slovenia). Sempre a novembre, la disoccupazione giovanile era al 21,9 per cento nell’Ue a ventotto e al 23,7 nell'eurozona, rispetto al 23,2 e 23,9 per cento a novembre dell'anno precedente. «C'è stato un lieve generale miglioramento sulla disoccupazione, inclusa quella giovanile. Questo è incoraggiante, ma le sfide sono forti e dobbiamo lavorare duro per stimolare la creazione di nuova occupazione. E questo sta al cuore del programma della Commissione per il 2015» ha dichiarato Natasha Bertaud, portavoce della Commissione Ue commentando i dati di Eurostat. Lo scorso dicembre i ministri del Lavoro e dell’Istruzione europei si sono riuniti per discutere le misure a sostegno degli rilancio dell’occupazione giovanile. Il punto cruciale sul quale i ministri hanno insistito è stata la necessità di legare, attraverso appositi strumenti, la formazione e il La soluzione della crisi ucraina tra le priorità della diplomazia Ue RIGA, 8. La politica delle sanzioni europee contro la Russia è stata «efficace», colpendo duramente l’economia di Mosca insieme al calo del prezzo del petrolio. Lo ha detto il ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkēvičs, incontrando ieri i giornalisti europei a Riga per l’inizio del semestre di presidenza dell’Unione europea della Lettonia. Durante la conferenza stampa, Rinkēvičs ha sottolineato che da parte russa ci sono segnali concreti di una volontà di affrontare la grave situazione nell’Ucraina orientale. Per questo, il ministro ha in programma nel fine settimana un viaggio in Ucraina e lunedì a Mosca, dove è previsto un incontro con il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov. «La nostra politica non sarà antirussa — ha dichiarato Rinkēvičs — e vogliamo dare un contributo a una soluzione politica attraverso il dialogo». Naturalmente, ha aggiunto, la possibilità di ridurre le sanzioni economiche è strettamente legata «ai progressi che ci saranno nell’Ucraina orientale», e in particolare la condizione essenziale è «il pieno rispetto del protocollo di Minsk». Dal fronte ucraino, intanto, arrivano notizie poco rassicuranti, confermate anche dalle indiscrezioni provenienti dal Cremlino che parlano di un costante rifornimento di armi per i separatisti filo-russi delle zone di Donetsk e di Lugantsk. La situazione è quindi in una fase di assoluta incertezza. Il tutto a una settimana dal vertice tra Putin e Poroshenko previsto per il 15 gennaio ad Astana, che vedrà anche la presenza di Angela Merkel e di François Hollande, nella veste di mediatori. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va lavoro in modo da creare un mercato sempre più competitivo e che possa premiare il merito. Ma a preoccupare, in particolare, è la situazione in Italia, dove la disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli record. Secondo l’Istat, il tasso di persone senza lavoro è salito al 13,4 per cento a novembre, con un aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,9 punti nel raggio di dodici mesi. Il numero di disoccupati ha dunque toccato nel complesso quota tre milioni e 457.000 unità. Gli occupati sono diminuiti di 48.000 unità rispetto al mese precedente e di 42.000 su base annua. Nuovo record anche per il tasso di disoccupazione giovanile (le persone con età compresa tra i 15 e i 24 anni): il dato si attesta al 43,9 per cento, con un aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4 punti nel confronto tendenziale. Il numero di persone inattive perché scoraggiate è invece in leggero calo: 12.000 unità in meno rispetto a ottobre. Sul tema della gestione dei flussi migratori Piena sintonia tra Londra e Berlino LONDRA, 8. Piena sintonia tra Berlino e Londra: questo il dato centrale che emerge dal confronto, ieri a Londra, tra il premier britannico, David Cameron, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel. E questo in particolare sul tema più complesso: le relazioni tra la Gran Bretagna e l’Unione europea. Il premier britannico ha cercato di ridurre tutte le distanze con Berlino e Bruxelles. «Sono convinto di poter risolvere i problemi nelle re- Positivi i risultati dei piani governativi a sostegno del settore Passa per l’auto la rinascita dell’economia statunitense WASHINGTON, 8. «La rinascita americana è una realtà». Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, in visita ieri all’impianto Ford di Wayne, ha rivendicato i successi della sua Amministrazione nel settore lavorativo, a partire dal salvataggio dell’auto. Senza il piano di intervento governativo «avremmo perso questa iconica industria» ha rimarcato Obama, inaugurando in Michigan una tre giorni che lo porterà anche in Arizona e Tennessee in vista del discorso sullo Stato dell’Unione in calendario il 20 gennaio prossimo. Scongiurare il collasso delle big di Detroit «è stata una decisione impopolare; perfino in Michigan solo il dieci per cento della popolazione la condivideva. È un intervento che non avevo previsto quando ho deciso di correre per diventare presidente ma non ho corso per fare cose popolari bensì per fare la cosa giusta» ha rimarcato Obama dal palco. Sullo sfondo, quattro Ford Focus e scaffali pieni di componenti. «Questa mia scommessa ha ripagato l’America perché l’industria dell’auto è tornata. E ho voluto cominciare questo viaggio da qui perché il mese scorso l’industria dell’auto ha ripagato tutto quello che l’Amministrazione ha investito e anche di più. Detroit — ha detto ancora Obama — dimostra che ogni rinascita è possibile». Se dunque, da un lato, Obama celebra i successi della sua Amministrazione, dall’altro, tuttavia, deve fare i conti con una situazione politica e sociale non facile. In primo luogo, c’è lo scontro con un Con- gresso completamente controllato dai repubblicani. Ieri il presidente ha minacciato di porre veto a un’altra legge proposta dai repubblicani che ridurrebbe il numero delle persone con copertura sanitaria e che dunque indebolirebbe l’impatto della riforma sanitaria. In secondo Resta aperta la partita del voto greco Obama tiene il suo discorso nello stabilimento automobilistico a Wayne (La Presse/Ap) Drone sottomarino per studiare l’ecosistema sotto i ghiacci dell’Antartide COPENAGHEN, 8. Studiare l’ecosistema e le biodiversità che si trovano sul fondale marino dell’Antartide sarà da oggi più semplice grazie a un nuovo drone sottomarino in grado di esplorare il mondo sotto il mare ghiacciato. Il robot subacqueo, progettato da ricercatori dell’università danese di Aarhus e da colleghi australiani e neozelandesi, è stato sviluppato per studiare la distribuzione delle alghe anche per aree estese, cosa che finora non era stata possibile. Il drone — ha spiegato il coordinatore della ricer- GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio ca, Lars Chresten Lund Hansen durante una conferenza stampa — è stato ideato per fare una mappa dei sedimenti e per misurare con un radiometro la luce che passa attraverso lo strato ghiacciato. Avere informazioni sulla quantità di luce che le alghe sono in grado di assorbire a una certa lunghezza d’onda permetterà ai ricercatori di calcolare la quantità di biomassa delle alghe sotto il ghiaccio, ottenendo così una stima di dove e in che quantità si trovino. Lo scopo di queste ricerche è capi- Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione luogo, ci sono le tensioni che sono tornate a farsi sentire dopo Ferguson. E proprio ieri la polizia ha arrestato due uomini in relazione a una sparatoria contro due poliziotti di New York avvenuta nel Bronx dopo una rapina. lazioni del Regno Unito con l’Europa che molti britannici trovano frustranti» ha detto il leader dei Tories nella conferenza stampa congiunta con il cancelliere tedesco al termine del loro incontro. La posizione di Cameron sull’Europa è apparsa agli osservatori netta e determinata: l’uscita dalla compagine europea è dunque al momento esclusa, mentre occorre aprire un tavolo di confronto sulle riforme, in particolare sul tema dell’immigrazione e della sicurezza. Cameron — ha commentato la stampa internazionale — sembra aver rinunciato, anche se in modo non esplicito, alla controversa proposta su possibili restrizioni sull’immigrazione dall’Ue alla Gran Bretagna. Nei mesi scorsi il premier aveva infatti proposto limitazioni sui benefici agli stranieri, compreso l’obbligo del rimpatrio per chi arriva nel Regno Unito e non trova lavoro dopo sei mesi. E proprio su questo tema, molte forze politiche britanniche chiedevano al premier maggiore incisività nel far rispettare a Bruxelles gli interessi di Londra. Dal canto suo, Merkel ha mostrato una grande apertura alle richieste di Londra, sottolineando che si può trovare una soluzione che permetta al Regno Unito di restare nell’Unione. Ed è in questo spirito che si lavorerà in futuro. Quello che di sicuro ha fatto più piacere a Londra è la dichiarazione della leader tedesca che si è detta pronta a risolvere gli «abusi» nel principio di libera circolazione delle persone in Europa, tema su cui si rischiava appunto uno scontro. «Si devono analizzare con attenzione i sistemi di sicurezza sociale dei singoli Stati membri» ha sottolineato il cancelliere Merkel. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va re quali fattori regolino la distribuzione delle alghe, che costituiscono una componente importante dell’ecosistema dell’Antartide, dato il loro ruolo nella catena alimentare: sono infatti fonte di cibo per alcuni zooplancton. Le alghe che si trovano sotto il ghiaccio, ha spiegato uno degli autori dello studio, sono di notevole importanza perché utilizzano la debole luce della primavera, quando non ci sono altri produttori primari per dare cibo ed energia al resto della catena alimentare. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Investimenti cinesi in Venezuela PECHINO, 8. A margine della visita a Pechino del presidente venezuelano, Nicolás Maduro, le banche cinesi si sono impegnate a rafforzare i piani di sviluppo del Governo di Caracas. Il capo dello Stato ha inoltre annunciato che una missione di uomini d’affari cinesi sarà questo mese in Venezuela per valutare opportunità d’investimento. La Cina è già il creditore più importante del Paese latinoamericano. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 ATENE, 8. Resta aperto il confronto in Grecia sulle elezioni politiche convocate per il 25 gennaio dopo che è fallita anche la terza votazione in Parlamento per la scelta del presidente della Repubblica. Negli ultimi sondaggi Syriza, il partito di sinistra radicale e maggiore formazione politica all’opposizione, guidato da Alexis Tsipras, si conferma al primo posto nelle preferenze, incrementando lievemente il suo vantaggio (3,2 per cento) su Nea Dimokratia, il partito di centro-destra al Governo guidato dal premier Antonis Samaras. Sale ancora fino al 75,7 la percentuale dei greci che vogliono la permanenza della Grecia nella zona dell’euro a ogni costo. Resta da capire quanti voti potrà prendere il nuovo partito fondato dall’ex primo ministro, George Papandreou, che nei giorni scorsi ha lasciato il Pasok per fondare una nuova formazione politica, il Movimento per il cambiamento. Al momento, questa formazione si assesta a circa il tre per cento delle preferenze. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 9 gennaio 2015 pagina 3 Srilankesi presentano i propri documenti per votare (Afp) Il maltempo aggrava la condizione dei siriani sfollati in patria e rifugiati all’estero Profughi al gelo S’intensificano i combattimenti e i raid aerei internazionali contro l’Is BEIRUT, 8. Il maltempo che ha investito negli ultimi giorni il Vicino oriente sta aggravando le già precarie condizioni di milioni di sfollati interni e di rifugiati all’estero provocati dal conflitto siriano: oltre tre milioni solo in Libano, Iraq e Giordania. L’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) è alle prese con un’eccezionale sfida logistica soprattutto in Libano, dove non sono stati allestiti campi In Pakistan approvata l’istituzione di tribunali speciali ISLAMABAD, 8. Il Parlamento pakistano ha approvato ieri l’istituzione di tribunali militari per giudicare i casi legati a episodi di terrorismo. Oltre i due terzi dei 342 membri dell’Assemblea nazionale hanno votato a favore del provvedimento, dopo che a metà dicembre quasi 150 persone, in gran parte minori, sono state uccise in un attacco terroristico contro una scuola di Peshawar. La misura legislativa, già promulgata dal presidente, Mamnoon Hussain, permetterà processi rapidi per reati di terrorismo, insurrezione e ribellione contro lo Stato. Il provvedimento è stato deciso dopo anni di denunce da parte delle agenzie di sicurezza sull’inadeguatezza delle leggi finora in vigore in materia di terrorismo. Con gli emendamenti approvati ieri, i sospettati di terrorismo saranno processati da tribunali militari e non avranno diritto all’appello in caso di condanna. Nel testo approvato si sottolinea poi l’esistenza di una minaccia «grave e senza precedenti» per l’integrità del Pakistan: fa uso di armi e di guerriglia, ed è finanziata da gruppi estremisti locali e stranieri. Questa minaccia — ha assicurato il Governo — dev’essere combattuta con ogni mezzo. I rappresentanti di Jamaat-eIslami e Jamiat Ulema-i-Islam si sono astenuti dal voto, mentre gli esponenti del Pakistan Tehreek-eInsaf non erano presenti in aula. Il premier Sharif ha difeso la nuova norma, affermando che il ricorso ai tribunali militari è una misura straordinaria dettata dal crescente clima di tensione. Le nuove norme legislative resteranno in vigore per un periodo di due anni: cesseranno di essere parte della Costituzione alla scadenza di questo periodo. attrezzati e oltre un milione di persone si trovano in alloggi di fortuna o accampamenti sorti spontaneamente. Ninette Kelley, la rappresentante dell’Unhcr in Libano, ha detto che si sta facendo uno sforzo eccezionale per assicurare l’assistenza necessaria, fornendo stufe, coperte, denaro e buoni per l’acquisto di carburante per il riscaldamento. Le nevicate, anche a quote relativamente basse, hanno pesanti ripercussioni sui trasporti. Per il mare in tempesta sono stati chiusi i porti libanesi rendendo ancora più difficili gli approvvigionamenti e soprattutto la loro distribuzione. A questo si aggiungono le continue interruzioni dell’erogazione di energia elettrica. Altrettanto drammatica è la situazione degli almeno sei milioni di sfollati siriani, spesso bloccati in aree di conflitto. Le previsioni meteorologiche sono di maltempo ancora per alcuni giorni e c’è allarme anche per possibili inondazioni provocate dai torrenti nelle valli. In molte località coperte da un manto Al voto per le presidenziali anticipate Urne aperte nello Sri Lanka COLOMBO, 8. Il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, è dato in netto vantaggio nelle elezioni presidenziali anticipate di oggi nel Paese del sud-est asiatico. Rajapaksa, a capo di una coalizione denominata Alleanza per la libertà del popolo unito (Upfa), è alla ricerca di un terzo mandato consecutivo. Rajapaksa è salito al potere nel 2005 e cinque anni dopo è stato rieletto sull’onda della popolarità guadagnata con la vittoria militare sui guerriglieri secessionisti delle Tigri tamil, dopo oltre un quarto di secolo di sanguinosa guerra civile. Lo scorso ottobre, il presidente aveva poi annun- ciato le elezioni anticipate di due anni rispetto alla scadenza naturale del mandato, con la speranza di una facile vittoria. Ma in seguito a una rivolta interna capeggiata dall’ex ministro della Sanità, Maithripala Sirisena, circa venti parlamentari hanno abbandonato l’Upfa. È dunque nato un vasto fronte rivale — guidato dal Partito nazionale unito — cui si sono aggiunti tutti i partiti dell’opposizione, compresi quelli che rappresentano le minoranze tamil e musulmana. Dei diciannove candidati in lizza solo Sirisena sembra comunque essere in grado di impensierire Rajapaksa. Dopo la strage di giovani reclute nella capitale Lo Yemen sprofonda nel caos SAN’A, 8. Lo Yemen sta sprofondando sempre più nel caos dopo il tremendo attentato di ieri a San’a che ha provocato la morte di almeno cinquanta giovani reclute dell’esercito. Ultimo episodio di una scia di violenze che da quattro anni insanguina il Paese. Sebbene nessuno abbia finora rivendicato l’attacco, i sospetti si diri- gono quasi tutti su Al Qaeda nella penisola arabica (Aqpa), la branca della rete terroristica un tempo guidata da Osama Bin Laden, che gli Stati Uniti considerano ancora molto pericolosa. Le raccapriccianti immagini diffuse dopo l’attentato suicida hanno mostrato i corpi carbonizzati di molte delle reclute stesi sul marciapiede nei pressi del cancello dell’Accademia della polizia della capitale, dove a centinaia si erano radunati per fare domanda di accesso all’istituto. Secondo fonti della polizia, sono oltre novanta i feriti — molti dei quali ricoverati in ospedale in gravi condizioni — causati dalla potente esplosione. «Il ripristino della sicurezza e il completamento del processo di Un uomo mostra la foto lacerata di una delle vittime dell’attacco a San’a (Ansa) Il nord-est nigeriano chiede più soldati contro Boko Haram ABUJA, 8. Le autorità locali degli Stati nordorientali nigeriani principali teatri della sanguinosa sfida di Boko Haram chiedono al Governo federale di Abuja più truppe. In questo senso si sono espressi i Governatori del Borno, dello Yobe e dell’Adamawa in un incontro con il presidente Goodluck Jonathan. Questi già dal maggio 2013 ha dichiarato lo stato d’emergenza nei tre Stati e vi ha inviato l’esercito contro il gruppo di matrice fondamentalista islamica responsabile da cinque anni a questa parte dell’uccisione di migliaia di persone in attacchi armati e attentati terroristici. L’operazione militare non ha però dato finora gli esiti che Jonathan si era prefissato e, anzi, in questo periodo Boko Haram ha consolidato il suo controllo su ampie parti del territorio non solo del Borno, che del gruppo è considerato la di neve, compresa la capitale Damasco, risultano precarie le forniture di elettricità. Il maltempo non ha invece fermato i combattimenti né sui fronti siriani né su quelli iracheni contro il cosiddetto Stato islamico (Is). Nelle ultime ore si sono visti in azione i cacciabombardieri della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti d’America. Nuovi raid aerei hanno colpito in particolare le postazioni dell’Is nell’area di Kobane, la città siriana al confine con la Turchia dove da tre mesi i peshmerga curdi resistono all’offensiva dei miliziani jihadisti. In Iraq le forze di sicurezza hanno rivendicato l’uccisione di oltre cinquanta combattenti dell’Is in uno scontro armato nella città di Dujail, a sud di Tikrit, mentre in precedenza era stata data notizia di altri quaranta miliziani uccisi in raid aerei della coalizione a Baiji, nella provincia di Salahuddin, a nord della capitale Baghdad, nei quali sono stati anche distrutti numerosi veicoli militari. principale roccaforte, ma anche dello Yobe e dell’Adamawa. Nell’area le violenze hanno provocato anche una delle maggiori emergenze umanitarie oggi in atto nel mondo, con oltre un milione di persone costrette ad abbandonare le loro case. Nel frattempo, il leader di Boko Haram, Aboubakar Shekau, più volte dato per ucciso dalle fonti ufficiali nigeriane, è ricomparso in un nuovo video. In un lungo messaggio, pronunciato in arabo, Shekau rivolge minacce a Paul Biya, il presidente del Camerun, Paese entrato anch’esso nel mirino del gruppo islamista. Miliziani di Boko Haram sconfinati dalla Nigeria hanno più volte attaccato obiettivi civili e militari in Camerun. Di recente, Biya ha ordinato l’intervento dell’aeronautica militare contro diverse colonne di miliziani provenienti dalla Nigeria. transizione sono di primaria importanza per il conseguimento degli obiettivi di stabilità e prosperità dello Yemen», ha affermato subito dopo l’attentato il portavoce dell’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini. «L’Unione europea — ha aggiunto il portavoce in una nota da Bruxelles — aumenterà la sua assistenza per la riforma della polizia e del ministero dell’Interno così come il suo sostegno per il processo costituzionale. L’Europa è al fianco del popolo dello Yemen in questi difficili momenti». Il 31 dicembre scorso un altro attentato suicida durante una cerimonia religiosa sciita aveva causato decine di morti nella località di Ibb. Nonostante sia stata presa di mira dai bombardamenti dei droni americani, con l’autorizzazione del Governo yemenita, Aqpa sembra essersi rafforzata negli ultimi tempi nello Yemen, anche in reazione alla discesa dal nord delle milizie dei ribelli sciiti huthi, che lo scorso settembre si sono impadroniti di vasti settori della capitale, chiedendo un ruolo di primo piano nella gestione politica del Paese, segnato da una forte instabilità dal 2012. Il presidente, Abed Rabbo Mansur Hadi, sta conducendo trattative con gli sciiti sulla futura Costituzione, ma il risentimento e la diffidenza nei loro confronti è forte anche nei tradizionali ambienti tribali sunniti, oltre che tra i miliziani di Al Qaeda. Contestato il progetto governativo di smembramento della regione mineraria del Katanga Crescente tensione politica congolese KINSHASA, 8. Una crescente tensione politica sembra segnare la Repubblica Democratica del Congo, già alle prese con le irrisolte e pluridecennali violenze nelle provincie orientali ai confini con i Grandi Laghi. Epicentro dei contrasti politici è però in questa fase soprattutto la regione mineraria del Katanga. A Lubumbashi, il capoluogo del Katanga, tre giorni fa si è recato il presidente Joseph Kabila per sostenere il progetto governativo di dividere la regione in quattro distretti più piccoli, nell’ambito di una decentralizzazione che dovrebbe far passare il numero delle unità amministrative congolesi da 11 a 26. Chi si oppone al progetto di Kabila evoca il rischio di esacerbare le tensioni sociali in un’area dove fin dall’indipendenza, nel 1960, sono diffuse idee secessioniste. Altri, co- me il presidente dell’Assemblea provinciale Gabriel Kyungu wa Kumwanza, sottolineano il pericolo che famiglie e comunità affini siano separate dai nuovi confini interni, rendendo meno salda la coesione sociale. La visita fatta da Kabila lunedì era ufficialmente diretta proprio a rassicurare in merito a queste preoccupazioni. Nel Katanga, secondo analisi riportate dall’agenzia Misna, sembra però giocarsi anche una partita politica più ampia, che ha come posta in palio la successione allo stesso Kabila. In base alla costituzione questi non potrebbe partecipare alle elezioni presidenziali del 2016 essendo già nel suo secondo mandato. In pubblico il capo dello Stato ha ripetutamente smentito di volersi ricandidare comunque, ma da mesi si susseguono le voci di un’imminente riforma costituzionale per permetterglielo. Altrettanto insistenti sono le indiscrezioni che vedono in Moïse Katumbi, governatore proprio del Katanga, un altro aspirante alla massima carica dello Stato. Secondo la stampa locale, Katumbi, pur trovandosi a Lubumbashi al momento della riunione convocata lunedì da Kabila, non vi avrebbe partecipato, ufficialmente per ragioni di salute. Nelle scorse ore è arrivata la notizia della sua rimozione da leader regionale del partito di Kabila, quello al governo. A giudizio concorde degli osservatori, si tratta di un colpo significativo alla posizione di Katumbi, che potrebbe essere ulteriormente compromessa se veramente il progetto di spezzettamento amministrativo del Katanga fosse portato a termine. Monito sudcoreano sullo sviluppo atomico del Nord SEOUL, 8. Aumenta la capacità della Corea del Nord di progettare, realizzare e utilizzare testate nucleari associate a nuovi e più evoluti sistemi missilistici: questa la diagnosi tracciata dal Libro bianco militare, il documento pubblicato ogni due anni dal ministero della Difesa sudcoreano, e presentato ieri. In particolare, a preoccupare il Governo di Seoul è la capacità, definita «significativa», di miniaturizzare testate atomiche da lanciare con missili balistici, capaci di raggiungere anche gli Stati Uniti. Secondo Seoul, il regime comunista di Pyongyang ha condotto di recente tre esperimenti nucleari e diversi test di missili balistici, ma i suoi ordigni nucleari finora erano troppo grandi per essere trasportati da un razzo intercontinentale. I programmi nordcoreani di arricchimento dell’uranio (almeno quaranta chili di plutonio per uso militare in grado di fornire un numero limitato di testate sarebbero già disponibili), associati a una più evoluta tecnologia nel campo atomico e missilistico, sono al centro della vasta azione diplomatica internazionale per riportare il regime di Pyongyang al tavolo delle trattative a sei (le due Coree, Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia), ferme ormai dall’aprile del 2009. Contro il terrorismo vertice militare dei Paesi del Sahel ALGERI, 8. Un incontro tra i capi di stato maggiore delle forze armate di quattro Paesi del Sahel — Algeria, Mali, Mauritania e Niger — si è tenuto ieri nella città meridionale algerina di Tamanrasset. Nel darne notizia, un comunicato del ministero della Difesa di Algeri ha specificato che lo scopo del vertice militare era un’analisi e uno scambio di informazione tra i quattro Paesi sulle rispettive strategie nella lotta al terrorismo e al crimine organizzato, nella prospettiva di meglio coordinare le risposte a tali fenomeni. Il Sahel è da tempo una delle aree del mondo che vedono più attivi non solo gruppi terroristici di matrice fondamentalista islamica, ma anche trafficanti di armi e di esseri umani. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 Ha avviato promosso e impostato il progetto che ha portato alla Nuova Biblioteca Agostiniana Per l’edizione critica bilingue dell’opera omnia di Agostino venerdì 9 gennaio 2015 Ricordo di padre Trapè nel centenario della nascita Agostiniano convinto e convincente di MARZIANO RONDINA estimone e interprete della cultura e della spiritualità agostiniana, per lunghi anni Agostino Trapè ha studiato l’eredità patristica, e in particolare l’opera immensa di sant’Agostino. Nato il 9 gennaio 1915 a Montegiorgio, nelle Marche legate a una tradizione agostiniana espressa in secoli di presenza, morì a Roma il 14 giugno 1987. Proveniente da una famiglia legata alla terra e radicata nella fede, Trapè ha sempre riconosciuto ai genitori di avergli dato un’educazione umana e cristiana profonda. Quando decise di abbracciare la vita religiosa, trovò nutrimento nelle case di formazione della provincia T agostiniana picena di San Nicola da Tolentino. L’iniziazione agostiniana fu segnata da tre momenti ben noti nella tradizione agostiniana marchigiana e italiana: nel 1926 entra nel seminario agostiniano di Cartoceto (Pesaro), nel 1929 prosegue in quello dell’Abbadia di Fiastra (Macerata), poi, nel 1930, a Tolentino, nel celebre santuario di San Nicola, dove compie il noviziato ed emette la prima professione religiosa. L’uomo, il religioso e lo studioso che, in seguito, legherà la sua vita, in maniera indissolubile, a sant’Agostino, incominciò proprio dal noviziato a conoscere il grande dottore della Chiesa. I formatori, notate le sue doti, lo inviarono a Roma per gli studi filosofici e teologici che lo avrebbero portato prima al sacerdozio e poi ai gradi accademici che gli aprirono l’accesso ai livelli più alti dello studio. Que- sti primi anni di formazione coincisero con l’appassionata lettura integrale delle opere di Agostino, un’attività che si protrarrà per tutta la vita. Ma il giovane Trapè ricevette un decisivo stimolo per la sua passione agostiniana anche dall’ambiente dei religiosi che lo andavano educando. Anzitutto dall’estroso padre Nicola Concetti che incontrò a Tolentino. A Roma poi subì il fascino dell’agostinologo e patrologo Antonio Casamassa, molto stimato negli ambienti culturali romani. E quelli erano anche i tempi segnati da una significativa presenza di un religioso maltese operante in Francia, Spagna e Italia: Antonino Tonna-Barthet esperto e divulgatore di diversi settori della cultura agostiniana. Infine Roma, con la permanenza nel Collegio internazionale di Santa Monica e la frequentazione dell’Università Gregoriana, sarà il miglior luogo della sua formazione, della sua maturità e poi della sua fecondità. Trapè studente faceva parte di un consistente gruppo di promettenti giovani agostiniani delle sette province italiane diversi dei quali furono poi personaggi decisivi negli studi, nell’insegnamento e nelle varie mansioni amministrative. Colse con profitto la fortunata combinazione nella quale venne a trovarsi: il contatto diretto e assiduo con gli scritti di Agostino, la faticosa ma determinata ripresa dell’Ordine in Italia dopo i traumi della prima guerra mondiale e, soprattutto, il recupero della tradizione agostiniana espressa dai grandi maestri medievali e rinascimentali della scuola filosofica e teologica dell’O rdine. A quei tempi i superiori spingevano gli studenti a laurearsi con approfondimenti sui grandi maestri agostiniani dei primi secoli dell’Ordine e lo stesso Trapè si laureò con una brillante tesi, poi pubblicata, dedicata al fondatore della scuola agostiniana: Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano. Ormai affermato come docente e culturalmente maturo, Trapè venne scelto come direttore dello Studio Agostiniano di Roma, poi assistente generale e, infine, priore generale. Mentre si imponeva la sua presenza di studioso e di cattedratico, potè dedicarsi all’obiettivo che più stava a cuore a lui e all’Ordine. Avvalendosi di una nutrita e qualificata squadra internazionale di confratelli studiosi e docenti, promosse nel 1957 la Cattedra Agostiniana di Roma, si adoperò perché il Collegio internazionale agostiniano Santa Monica di Roma fosse affiliato alla Pontificia Università Lateranense e seguì tutti gli altri passi decisivi che portarono alla costruzione dell’edificio e all’impostazione della Facoltà dell’Istituto Patristico Augustinianum. Le conquiste aumentarono gli impegni. Sempre attivo nelle scuole superiori dell’Ordine a Roma, fu chiamato a insegnare anche al Laterano e alla Gregoriana. Partecipò alla stagione del concilio Vaticano II, prima come perito, poi — nella veste di priore generale — come padre conciliare. Come generale dell’Ordine promosse la diffusione dei figli di Agostino nel mondo, l’opera missionaria, gli studi e la pubblicazione di collane di storia e di spiritualità agostiniana. Seguì, con convinzione il ramo contemplativo dell’Ordine, incoraggiando la Federazione dei monasteri agostiniani d’Italia e collaborando con la madre preside, suor Maria Alessandra Macajone, per l’istituzione e la funzionalità della Casa di formazione nel monastero dei Santi Quattro Coronati a Roma, punto di riferimento per le nuove generazioni dei monasteri italiani. Padre Trapè sarà inoltre ricordato per aver avviato, promosso e impostato la difficile opera della Nuova Biblioteca Agostiniana per l’edizione critica bilingue dell’opera omnia di Agostino. Nel titolo riprese l’iniziativa di padre Stanislao Bellandi, un simbolo della tradizione agostiniana fiorentina e toscana, mentre nell’organizzazione costruì un I suoi due meriti più grandi «Era un uomo che risolveva questioni spinose padre Trapè» esclama il professor Manlio Simonetti, a cui chiediamo di illustrarci quelli che a suo avviso sono i due capisaldi dell’eredità di padre Trapè. E cioè l’edizione bilingue dell’intera opera di Agostino e la fondazione dell’Institutum Patristicum Augustinianum di Roma. «Data l’enormità della produzione di Agostino, procedere all’edizione bilingue è impresa enorme: il risultato del lavoro di padre Trapè è un’opera unica — oltre che imponente, trattandosi di innumerevoli volumi che hanno richiesto quasi mezzo secolo di lavoro — e che ha l’enorme merito di permettere al lettore che non conosce il latino di poter leggere l’intera produzione del santo di Ippona. Culturalmente è un fatto importantissimo. Una bilingue di Agostino non mi risulta in nessuna altra lingua: i francesi, ad esempio, l’hanno imbastita da decenni, ma non l’hanno ancora completata. Man mano che Trapè procedeva, l’opera è diventata sempre più attenta alle esigenze di carattere filologico-culturale: per quanto riguarda i Sermones, cioè la predicazione di Agostino, è addirittura divenuta l’opera di riferimento, quella più aggiornata e criticamente soddisfacente. Pubblicata dall’editrice Città Nuova, la bilingue insomma ha fatto scuola, aprendo la strada alla diffusione della L’autore della «Maestà» di Montevergine di ANTONIO PAOLUCCI All’inizio del percorso degli Uffizi c’è la Sala detta «delle Maestà». La realizzarono, intorno alla metà dello scorso secolo, grandi architetti del Novecento fra i quali un ruolo eminente va riconosciuto a Carlo Scarpa e Giovanni Michelucci. La sala è la riproposizione analogica, allusiva di uno spazio sacro, quasi fosse un nitido luminoso interno di chiesa romanica presentato in termini di poetico razionalismo. All’interno sono collocate tre grandiose Madonne in Maestà. Sono i testi figurativi base dai quali ha avuto inizio la storia dell’arte italiana. Nessun manuale, neanche il più sommario, può esimersi dal riprodurli e commentarli. A sinistra c’è la Madonna Rucellai proveniente da Santa Maria Novella, capolavoro di Duccio da Buoninsegna. È un’opera che, databile ai tardi anni Ottanta del Duecento, diresti in bilico fra nostalgie bizantine e i teneri sensi del gotico francese. A destra, proveniente da Santa Trinita, c’è la Pala di Cimabue. È un dipinto più plastico, più rustico, più prospettico — indimenticabili i profeti che, come gufi, collocati ai piedi del trono dentro nicchie spaziose, sperimentano la pro- Montano d’Arezzo e la sua rivoluzione fondità — in una parola, più “ro- secolo XIII partecipa, con quelle, della grande mutazione linguistimanzo”. Al centro, e non poteva essere ca di cui parla Cennino Cennini; che al centro, c’è la Maestà di l’arte che trascolora dal “greco al Ognissanti di Giotto; Giotto che, latino” e diventa idioma modernella scoperta del vero e nella no, italiano, occidentale. La pittura bizantina nei suoi certezza dello spazio misurabile, dà inizio alla grande arte d’Italia. modelli tipici voleva essere ieroPerché dopo la Maestà di Ognis- scrittura, riflesso sulla terra delle santi ci sarà il Masaccio della idee iperuranie, lucente cifra del Brancacci (“Giotto rinato” come Divino. Sotto il cielo d’Italia, diceva il Berenson), poi Piero con Duccio, con Cimabue, con della Francesca della Leggenda della Vera Croce ad Arezzo, La Napoli di Carlo II d’Angiò infine il Raffaello delle Stanze in Vatifu uno straordinario laboratorio cano. di arte e cultura Ebbene, la VergiChe preparò l’arrivo di Giotto ne in maestà che è custodita nella cappella imperiale della chiesa del monastero benedettino di Montevergine, l’autore della Maestà di Monteoggetto di un importante restau- vergine, il vero visibile entra nelro e di una pubblicazione curata la rappresentazione figurativa ed da Francesco Gandolfo e Giu- entrano insieme le emozioni e i seppe Muollo (La Maestà di sentimenti. È il mondo nuovo — Montevergine. Storia e Restauro, dirà Giorgio Vasari — delle «attiRoma, Artemide, 2014, pagine tudini e degli affetti» che diventa 232, euro 50), è sorella delle ta- arte figurativa. vole fiorentine che ho prima inGuardiamo, nella Maestà di dicato. Databile allo spirare del Duccio come in quella di Monte- vergine, come sia vividamente vero il rapporto fra il figlio e la Madre con il gesto del Bambino che si aggrappa a un lembo del mantello della Madonna. È una oltranza espressiva, una forma di emotivo patetico naturalismo che sarebbe del tutto impensabile in una contemporanea icona bizantina. E ancora si veda come, nelle due Vergini in Maestà, la “crisografia” bizantina — caratteristica iconografica tipica dell’O riente cristiano — diventi un sistema di pieghe dorate che si adattano alle cedevoli forme del corpo accarezzandolo e disegnandolo. L’autore della Maestà di Montevergine ha un nome certo, si chiamava Montano di Arezzo. Possiamo considerarlo il primo alfiere della rivoluzione artistica toscana in terra di Napoli. Montano seppe guadagnarsi la fiducia degli Angiò, la famiglia regnante. Addirittura, da un documento del 28 Giugno 1310, risulta che Filippo d’Angiò, figlio del re Carlo II e principe di Taranto, esprime stima e gratitudine per l’artista perché ha dipinto la cappella di famiglia in duomo e an- proficuo rapporto con l’Editrice Città Nuova, chiamando a collaborare diversi confratelli e discepoli e ricercando validi aiuti nei migliori ambienti della cultura italiana e estera. Quest’opera, portata a termine dai continuatori dell’impresa, costituisce un monumento per l’intera cultura italiana. La sua testimonianza collega situazioni, persone, strutture, istituzioni e ideali che oggi sono apprezzate da ogni devoto di Agostino e da ogni amante della cultura. La persona della quale celebriamo il centenario della nascita fu anzitutto un uomo convinto e convincente dei valori fondamentali, un lavoratore instancabile, un contagioso entusiasta della vita, un sincero estimatore dei giovani e dei discepoli, capace di trascinare tutti con i suoi spontanei e cordiali evviva rimasti impressi nella mente di tutti quanti oggi, sinceramente, si augurano di continuarne gli ideali e il messaggio. che la Maestà di Montevergine. Una Madonna per la quale, dice il principe Filippo in un latino un po’ incerto, noi Angiò specialem devotionem habemus. Nel volume dedicato al restauro della Maestà di Montevergine e alla sua storia — volume, non sarà inutile ricordarlo, che la Comunità benedettina ha voluto interamente finanziare — Montano di Arezzo emerge come pittore colto, al corrente delle ultime novità toscane (fra Duccio, Cimabue e il presagio di Giotto) oltre che detentore di una tecnica impeccabile, esemplare. Se è vero che la Napoli di Carlo II è uno straordinario laboratorio di arte e di cultura — come ci spiega Pier Luigi Leone De Castris in un importante saggio presente nel volume — è altrettanto vero che Montano anticipa di almeno vent’anni e prepara l’emigrazione nel regno del fior fiore dell’intelligenza letteraria e artistica italiana. Quando a Napoli, regnando il gran re Roberto d’Angiò, arriveranno Boccaccio e Petrarca, Giotto e Simone Martini. letteratura cristiana antica che, altrimenti, sarebbe rimasta conoscenza di un gruppo ristretto di colti». Quanto invece all’Augustinianum? «Trapè fu decisivo: non solo per le questioni operative — fu lui infatti a trovare i soldi per costruire una sede adeguata — ma per l’idea che vi è dietro questa università pontificia che funge sì da facoltà distaccata dalla Lateranense, ma che è stata sempre caratterizzata anche da una grande autonomia. Sin dall’inizio, infatti, l’istituto ha assunto caratteri che lo distinguono dalle altre università pontificie: il suo oggetto è lo studio della letteratura patristica e della vita cristiana dal primo all’ottavo secolo. E da subito l’accento è stato posto su un’indispensabile dimensione filologica. Affrontare testi antichi in latino, greco e lingue orientali, infatti, non richiede solo la conoscenza materiale delle lingue, ma anche una strumentazione adeguata in grado di produrre nuove edizioni critiche. Gli studenti che escono dall’Augustinianum sono così studiosi completi dell’antichità. Questo si deve al fatto che sin dal primo momento l’istituto non si è limitato a mettere in opera docenti agostiniani o appartenenti al clero, ma ha richiesto subito la collaborazione di docenti laici delle università statali, con un atteggiamento di grande apertura». (giulia galeotti) L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 9 gennaio 2015 pagina 5 Carl Fredrik Reuterswärd, «Non-violence» (1988, New York, Nazioni Unite) Il luogo del processo Bastava leggere il vangelo di Giovanni «Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litostroto (lithòstroton), in ebraico Gabbatà». È Giovanni (19, 13) a dare un’indicazione cruciale a sostegno della tesi — rilanciata qualche giorno fa da «The Washington Post» — sul luogo effettivo in cui si sarebbe svolto il processo a Gesù. Non, dunque, la Fortezza Antonia, dimora di Pilato, indicato come il luogo del processo dal XIII secolo in poi, ma un punto della città già conosciuto in età bizantina, presso la Torre di David, il palazzo di Erode il Grande. Un edificio dai pavimenti tappezzati di pietre irregolari che potrebbe coincidere con il Litostroto citato appunto nel vangelo di Giovanni. La nuova ipotesi di localizzazione del luogo del processo di Gesù, e, di conseguenza, dell’inizio della Via Crucis, in realtà era già stata avanzata nel 2000 da Shimon Gibson e illustrata ampiamente nel libro The Final Days of Jesus, traendo nuove conclusioni da un indizio archeologico importante. Quindici anni fa durante i lavori di ampliamento del museo della Torre di David, non lontana dalla Porta di Giaffa, era stato trovato un edificio molto antico con un pavimento in pietre. Secondo Shimon Gibson e Amit Re’ em si tratterebbe proprio del palazzo di Erode, il praetorium da cui Gesù è uscito per incamminarsi sul Golgota. Una chiave interpretativa della violenza terroristica Umano troppo umano di DARIO FERTILIO olo esteriormente la violenza terroristica può essere definita disumana. Nel senso che, a bene vedere, ogni ideologia totalitaria — ieri il comunismo bolscevico e il nazional-socialismo, oggi fenomeni quali il jihadismo — nasconde in effetti un’inclinazione umana, fin troppo umana, al dominio sull’altro e all’uso strumentale della violenza e del terrore per fini suoi propri. Qui, S Gli antenati di don Chisciotte «Mito e leggenda sono più reali della realtà, quando si tratta del Don Quijote» scrive Winston Manrique Sabogal su «El País» del 5 gennaio scorso, illustrando le nuove scoperte documentarie dell’archeologa Isabel Sánchez Duque e dell’archivista Francisco Javier Escudero sulla Mancha nei secoli XVI e XVII, fonte di ispirazione per Miguel de Cervantes Saavedra. Dagli archivi emerge un certo Rodrigo Quijada, probabile spunto per il personaggio del Cavaliere dalla triste figura, e tracce di dispute e duelli tra hidalgos a El Toboso, patria di Aldonza Lorenzo, alias Dulcinea. Sempre su «El País» Darío Villanueva raccoglie invece molti aneddoti che documentano quanto fosse diffusa la lettura febbrile e ossessiva dei libri di cavalleria tra i contemporanei dello scrittore di Alcalá de Henares. Alonso de Fuentes racconta di un appassionato che conosceva a memoria tutto il Palmerín de Oliva, mentre Francisco de Portugal scrive di quella volta che le donne nella casa di un cavaliere suo amico lo accolsero sconsolate perché era morto Amadigi. Il conte di Guimerán giurava di aver visto uscire di casa uno studente armato di tutto punto per difendere il paladino accerchiato dai nemici nel poema che stava leggendo. (silvia guidi) forse, bisogna cercare, quando si tenta di spiegare, di dare un senso alle autobombe dell’Iraq, alle decapitazioni dell’Is, alle imprese suicide di Al Qaeda, alle stragi di innocenti di Boko Haram. Le interpretazioni correnti di questi fenomeni tendono a cogliere alcuni aspetti del terrorismo jihadista: anzitutto l’intenzione di far provare dolore al nemico per “educarlo”. Poi — come nel caso dell’uccisione di 141 allievi della scuola di Peshawar in Pakistan, il 16 dicembre scorso — l’accanimento contro la cultura, soprattutto quando è destinata a donne e bambini, un accanimento per lo più considerato espressione di oscurantismo, figlio di una non meglio specificata arretratezza culturale. Qualche volta si mette in rilievo come le tecniche terroristiche siano usate secondo lo stesso principio utilizzato in natura dalla biscia nei confronti della rana: la paura paralizzante che facilita l’aggressione e la liquidazione della preda. In mancanza di meglio, ci si rifugia nella generica demonizzazione degli atti malvagi: essi sarebbero per definizione “assurdi”, “deliranti”, “folli”. Ma se si analizza l’operato di ogni sistema totalitario si deve riconoscere come esso persegua, invece, una sua logica inflessibile e persino prevedibile, assimilabile all’azione del virus, naturalmente ideologico. Ogni totalitarismo storico, infatti, è portatore di una carica aggressiva ed espansiva, è figlio di pòlemos, della guerra, e non può essere altrimenti. Riesce ad adattarsi tatticamente alle varie situazioni geopolitiche e sa utilizzare consumate strategie diplomatiche e comunicative, eppure nel fondo deve continuare a espandersi e conquistare sempre nuovi spazi, persone e territori. Se smette di farlo, per contingenze politico-militari o per l’attenuarsi della sua stessa potenza espansiva, ciò significa che in realtà è entra- to in una fase di regressione, e il declino tingono forse, come alla loro autentica fonpotrebbe preludere alla sua fine. te, a un nichilismo non dichiarato, ma di Per citare una famosa definizione di cui intravvediamo le diaboliche fattezze Enrico Berlinguer, applicata all’Unione So- nell’esaltazione del suicidio e in una evivietica nella sua fase senile, potrebbe signi- dente pulsione di morte. Il collettivismo toficare che abbia esaurito la sua “spinta pro- talitario mira, senza confessarlo, alla distrupulsiva”. Certo, il jihadismo, purtroppo, zione dell’umanità e al suo stesso annullapare ancora lontano dalla sua fine. mento. Tuttavia, per mantenere la metafora del Un’anima nera batte al fondo di questo virus, non bisogna dimenticare che l’ideolo- inferno ideologico, ed è qui, allora, che si gia totalitaria non potendo diffondersi tende a rivolgersi di solito anSe non riesce a diffondersi che contro se stessa, prendendo di mira colodi solito l’ideologia tende a rivolgersi ro che in teoria dovrebcontro se stessa be rappresentare e proteggere. Ecco allora il Prendendo di mira coloro ricorso all’intimidazione che in teoria dovrebbe rappresentare dei dissidenti, alla liquidazione di ogni opposizione, all’epurazione dei non ortodossi, al terrore interno generaliz- ritrova un senso in ciò che a noi può appazato contro i “diversi” e gli “infedeli”, alla rire privo di scopo. Siamo, ancora una voldenuncia di sempre nuovi complotti e tra- ta, al nichilismo dostoevskijano, che certi fidimenti, alle purghe e così via. losofi hanno dichiarato superato, obsoleto. Allora il terrorismo e gli atti di violenza Tutti, presi dal denunciare il conformismo spietata, che popolano oggi le pagine dei di massa e le forme “moderne” di autoritagiornali, gli schermi delle televisioni e i video dei computer, potrebbero essere soltan- rismo, hanno dimenticato il cuore di teneto maschere della loro vera natura totalita- bra. E cioè il male totalitario come diaboliria. Forse, simile a un parassita, essa utiliz- ca malattia del potere capace solo di diza qualsiasi materiale a disposizione — un struggere. Un potere che, proprio perché oltrepassa libro sacro, l’orgoglio nazionale, il culto del suolo, del sangue, dell’appartenenza di clas- ogni limite, non può che essere pura enerse — solo strumentalmente, allo scopo di gia di sopraffazione, inesauribile fonte di perseguire il vero obiettivo nascosto del sofferenza e di morte. Distruggendo e dicontrollo e del potere. E tale controllo, a struggendosi, sostituendosi a Dio, forse il sua volta, potrebbe avere la sola funzione nichilismo denunciato da Dostoevskij, e poi teorizzato da Nietzsche come forza vitale, è di perpetuare il suo sistema di dominio. Scendendo ancora più a fondo nella que- quello con cui noi tutti oggi siano chiamati stione, gli atti “inumani” cui assistiamo at- a fare i conti. Il grande racconto del viaggio in Italia da Guy de Maupassant a Edith Wharton Turisti non per caso di GABRIELE NICOLÒ «Per l’ozioso che si rifiuta di misurare l’arte con l’orologio, l’Italia costituisce un orizzonte sconfinato»: l’elogio viene dalla scrittrice statunitense Edith Wharton e su questa dimensione si muove il libro di Attilio Brilli Il grande racconto del viaggio in Italia. Itinerari di ieri per i viaggiatori di oggi (Bologna, il Mulino, 2014, pagine 451, euro 48). Del resto, anche se il Bel Paese ha conosciuto illustri detrattori — come è noto Metternich lo considerava una semplice «espressione geografica» — la penisola italiana ha sempre rappresentato una tappa obbliga- Ecco allora che l’opera di Brilli, nel riannodare le fila di un augusto passato, permette di rivivere le esperienze maturate da alcune grandi figure dei secoli scorsi. Ma lo sguardo è anche proiettato nel futuro, ovvero a beneficio di quanti intendessero mettersi in viaggio per scoprire, o riscoprire, le bellezze d’Italia, così trascurate e maltrattate. Il libro attinge con profusione a diari e ad annotazioni, ora sapide ora struggenti, vergati da uomini e donne, da artisti e da poeti in giro per l’Italia. E in questo contesto fa sorridere constatare le grandi difficoltà logistiche che erano legate ai mezzi di trasporto: ma nello stes- so tempo ciò permette di apprezzare la determinazione dei «turisti» a non perdersi d'animo e a continuare così «il viaggio di formazione» per godere, come avrebbe detto Gadda, «le meraviglie d’Italia». Nelle Letters from Italy, per esempio, il pittore inglese Cato Lowes Dickinson narra di aver rischiato l’asfissia nel passaggio degli Appennini in una diligenza in cui la poca aria che si respirava era quella di una «stalla». Si passa poi all’ammirazione di Guy de Maupassant per le città termali al piacere del buon cibo, subito dopo aver lodato la varietà di monumenti, espresso da lord Byron e Henry James. E in un Secondo Goethe il Grand Tour tanto caro alle classi colte europee avrebbe perso la sua ragion d’essere se non avesse fatto tappa tra le meraviglie del Bel Paese toria del Grand Tour, ovvero quella consuetudine praticata dagli esponenti delle classi colte europee che si traduceva in lunghi itinerari attraverso le più importanti città del vecchio continente. E se non si veniva in Italia, come sottolineò lo stesso Goethe dopo aver contemplato la campagna romana, il Grand Tour avrebbe perso la propria ragion d’essere. J. H. W. Tischbein, «Goethe contempla la campagna romana» (1797) libro così concepito non poteva mancare il riferimento a Leopardi. Nel sottolineare che il piacere più autentico del viaggio nasce dal ricordo, il poeta di Recanati scriveva: «Chi viaggia molto, ha questo vantaggio dagli altri, che i soggetti delle sue rimembranze presto divengono remoti; di maniera che essi acquistano in breve quel vago e quel poetico che negli altri non è dato se non dal tempo». E sulla dimensione del ricordo e dello sguardo retrospettivo si configura l’auspicio dell’autore, il quale sottolinea che anche attraverso l’occhio degli stranieri la letteratura di viaggio può insegnare un modo diverso di guardare all’Italia. Così, afferma Brilli, è possibile fare l’unica, autentica esperienza di viaggio ancora possibile oggi: ovvero tornando sui passi degli antichi visitatori, in loro ideale compagnia, per dirigersi verso mete antiche e sempre nuove. Sul valore pedagogico del viaggio, al di là della destinazione contingente, resta sempre attuale il giudizio del filosofo Francis Bacon che nel saggio intitolato Of Travel e presente nella prima edizione degli Essays (1597), scriveva: «Il viaggiare per i giovani fa parte dell’educazione, per gli adulti dell’esperienza». E aggiungeva: «Chi va in un Paese straniero senza una qualche conoscenza della lingua, vada prima a scuola e non in viaggio». In questo senso sarebbe auspicabile che i giovani avessero al loro seguito un tutore esperto della lingua del posto: altrimenti coloro che sono sotto la sua egida si troverebbero a contemplare quanto c’è di bello «con gli occhi bendati». L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 venerdì 9 gennaio 2015 Dai leader religiosi una condanna unanime e senza sconti dell’attentato di Parigi Atrocità ingiustificabile PARIGI, 8. Una condanna comune, unanime e senza sconti. Insieme i rappresentanti delle comunità religiose di Francia hanno espresso tempestivamente l’orrore e lo sdegno per il sanguinoso l’attentato alla redazione del settimanale «Charlie Hebdo». Ricevuti all’Eliseo dal presidente, François Hollande, i responsabili delle diverse tradizioni religiose — cattolici, protestanti, ortodossi, musulmani, ebrei, buddisti — hanno espresso solidarietà al mondo dell’informazione e alle forze di polizia, così duramente colpiti nell’attentato, ed hanno annunciato per le prossime ore una dichiarazione comune. La tradizionale cerimonia per lo scambio di auguri di inizio anno è stata così l’occasione per una prima e immediata condanna per i fatti che hanno sconvolto la Francia e non solo. È stato il pastore François Clavairoly, presidente della Federazione protestante di Francia, a leggere a nome di tutti un comunicato nel quale i rappresentanti religiosi si fanno interpreti del sentimento di «rivolta» morale di fronte a «questo atroce atto» che «non può avere nessuna giustificazione in nessuna religione». Ferma e senza equivoci la condanna espressa a caldo dal Consiglio francese del culto musulmano. «Questo atto barbaro di una estrema gravità — ha detto il suo presidente, La Caritas centroafricana per le popolazioni sfollate BANGUI, 8. Cibo, medicine e abiti: è quanto ha portato nei giorni scorsi l’arcivescovo di Bangui, Dieudonné Nzapalainga, in qualità di presidente della Caritas centroafricana, agli abitanti del villaggio di Gbangou, le cui case sono state incendiate il 21 settembre da un gruppo di anti-Balaka, le milizie cosiddette “cristiane” che si sono contrapposte agli ex ribelli “musulmani” Seleka durante la guerra civile che ha sconvolto la Repubblica Centroafricana negli ultimi anni. Monsignor Nzapalainga, che era alla guida di una missione di sostegno, si è detto indignato — riferisce l’agenzia Fides — di «vedere esseri umani ridotti allo stato di animali perché da due mesi vagano nella foresta privi di assistenza. Nessuno interviene in loro aiuto, lasciando morire queste popolazioni». Dopo la visita, «ho visto le persone riacquistare la loro dignità. Le ragazze avevano ritrovato i loro sorrisi dopo aver indossato i nuovi abiti». L’arcivescovo, che è anche presidente della Conferenza episcopale, ha chiesto alle autorità di interessarsi alla sorte di questo come di altri villaggi situati sull’asse stradale Damara-Bouca. Lungo il percorso, Nzapalainga ha ricevuto minacce di morte da parte di un capo degli anti-Balaka quando si è cercato di recuperare una moto sottratta alla Caritas. «Attraverso quest’uomo — ha detto il presule commentando l’episodio — vedo tutta la gioventù centroafricana alla deriva, che ha bisogno di educazione e istruzione. Chiedo solo al suo entourage di aiutarlo a uscire da questa situazione. Non ho niente contro di lui. Faccio il mio lavoro di pastore che può morire per il suo gregge e basta». Ha poi lanciato un appello agli anti-Balaka affinché depongano le armi e contribuiscano alla ricostruzione del Paese. Alla vigilia di Natale — riferisce Fides — monsignor Nzapalainga si era recato nei campi di accoglienza degli ex guerriglieri Seleka nei pressi della capitale Bangui. Anche in quel caso la delegazione aveva portato aiuti alimentari, sapone e vestiti per i bambini alle centinaia di ex combattenti radunati con le loro famiglie in tre campi nei pressi della città. «Sono esseri umani che vanno aiutati», disse l’arcivescovo. il rettore della Grande moschea di Parigi, Dalil Boubakeur — è anche un attacco contro la democrazia e la libertà di stampa. I nostri primi pensieri vanno alle vittime e alle loro famiglie alle quali esprimiamo la nostra totale solidarietà nella terribile prova che stanno vivendo. In un contesto internazionale politico in cui le tensioni sono alimentate dai deliri di gruppi terroristici che sfruttano ingiustamente l’islam, chiediamo a tutti coloro che sono impegna- ti per i valori della Repubblica e della democrazia, di evitare provocazioni che servono solo a gettare olio sul fuoco. Di fronte a questo dramma di scala nazionale, richiamiamo la comunità musulmana a dare prova della massima vigilanza contro eventuali manipolazioni da parte di gruppi dalle visioni estremiste, qualsiasi esse siano». Alle parole di Boubakeur si sono aggiunte quelle dell’imam Tareq Oubrou, rettore della Grande moschea Allarme dell’arcivescovo di Niamey Sempre più giovani nigerini nelle fila di Boko Haram NIAMEY, 8. Sarebbe in preoccupante aumento il numero dei giovani nigerini che si arruolano tra le fila di Boko Haram, l’organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nord della Nigeria. L’allarme — informa l’agenzia Fides — è stato lanciato nel suo messaggio di inizio anno dall’arcivescovo di Niamey, Michel Christian Cartatéguy, riportando le dichiarazioni dei deputati di Diffa, regione situata all’estremo est del Niger, al confine con la Nigeria. «I deputati si sono dichiarati preoccupati per il numero crescente di giovani nigerini, ragazzi e ragazze, che ingrossano di continuo le file della setta Boko Haram. Secondo alcuni — sottolinea monsignor Cartatéguy — i nostri giovani di Diffa vengono reclutati ogni giorno. Essi conoscono la regione meglio dei membri di Boko Haram e possono indicare loro dove bisogna colpire». Il timore è quello di un’estensione delle azioni terroristiche al Niger. Un fatto che — osserva Fides — non si può escludere, visto che Boko Haram ha conquistato la base multinazionale di Baga, sulla riva nigeriana del la- go Ciad. La base, che in teoria ospitava militari di Nigeria, Ciad, Niger e Camerun, potrebbe ora essere usata dalla setta islamista per colpire non solo nel nord-est della Nigeria ma anche nei Paesi confinanti, provocando un’estensione del conflitto su scala regionale. Secondo l’arcivescovo di Niamey, è opinione diffusa in Niger che la maggior parte dei giovani si arruola tra le fila di Boko Haram per motivi economici e non religiosi. Ci sarebbe quindi spazio per intervenire e fermare il reclutamento. Il presule stima che nella regione di Diffa siano ormai centocinquantamila i rifugiati provenienti dalla Nigeria (i cui arrivi sono giornalieri) e gli sfollati interni, causati dalle violenze di Boko Haram. La situazione è aggravata dalla recente epidemia di colera che ha colpito i rifugiati. «Malgrado la povertà della regione, la popolazione locale continua ad accogliere i rifugiati con fraternità e ospitalità», sottolinea Cartatéguy, rammaricandosi che «la stampa internazionale parli molto poco della situazione di Diffa». di Bordeaux, che ha lanciato un appello ai musulmani francesi «perché scendano in piazza in massa per esprimere la loro rabbia e il loro disgusto per questa successione di violenze attribuite all’islam». Per Mohammed Moussaoui, presidente dell’Unione delle moschee di Francia, «ciò che è successo ci rafforza nella necessità di intensificare il dialogo più di prima. È l’unico modo per preparare i nostri cittadini all’impatto con questo tipo di violenza che viene dall’estero, da estremisti che usano tutti i mezzi che hanno per esasperare le paure e portare avanti odio e ideologia». Condanna anche da parte del segretario generale dell’Unione internazionale degli imam, Ali Mohiuddin al-Qaradaghi, il quale ha chiesto alle autorità di Parigi e al popolo francese di restare «uniti nel combattere la militanza, qualunque religione o idea o direzione abbia. Non ci possono essere giustificazioni per la sedizione o fenomeni eversivi tra i cittadini francesi, musulmani e non musulmani». Di un «attacco» che «uccide la democrazia» parla in un comunicato il Consiglio dei rappresentanti delle istituzioni ebraiche di Francia, che sottolinea la «profonda viltà» di un atto che colpisce «uno dei simboli della libertà di espressione» e si inserisce in una più ampia strategia ideologica presente oggi anche in Medio oriente e in Africa. Per il presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane, Renzo Gattegna, «chi propugna violenza e distruzione e attacca la libertà di stampa e di espressione deve trovare una risposta ferma e inflessibile in difesa dei valori fondamentali che popoli e culture diverse condividono in una comune visione di pace, democrazia e prosperità». Anche i vescovi cattolici in queste ore terribili per la Francia hanno espresso «profonda emozione e orrore», invitando i fedeli a partecipare alla giornata di lutto di tutta la nazione. «La Chiesa di Francia — ha scritto in una nota monsignor Olivier Ribadeau Dumas, segretario generale e portavoce dell’episcopato — si rivolge innanzitutto alle famiglie e agli amici delle vittime che si trovano di fronte all’orrore e all’incom- prensibile ed esprime anche alla redazione e all’équipe di “Charlie Hebdo” la sua profonda tristezza. Un tale orrore è evidentemente inqualificabile. Nulla può giustificare una tale violenza. Essa tocca inoltre la libertà di espressione, elemento fondamentale della nostra società». La società francese, ha aggiunto, è «costituita da diversità di ogni sorta» e «deve lavorare continuamente alla costruzione della pace e della fraternità. La barbarie così espressa Più di 1400 minori sono fuggiti da Mosul e da Ninive In Giordania scuole cristiane aperte anche ai ragazzi iracheni AMMAN, 8. Integrare i ragazzi iracheni cristiani nel sistema educativo e formativo della Giordania, chiedendo in particolare la collaborazione fattiva delle scuole cristiane, comprese quelle che fanno capo al Patriarcato latino di Gerusalemme. È ciò che un comitato governativo, insieme a Caritas Jordan, sta cercando di attuare per migliaia di studenti iracheni. Sono, infatti, 7.000 i profughi cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive che hanno trovato rifugio in Giordania, Celebrazione ecumenica in Nepal Una nazione tollerante ha una migliore democrazia KATHMANDU, 8. Un Paese che accoglie e rispetta Gesù «ottiene dignità e rispetto sul palcoscenico internazionale, perché dimostra di rispettare i valori della democrazia. Spiritualità e religione sono aspetti che migliorano lo status nazionale». Con queste parole il vicario apostolico del Nepal, monsignor Paul Simick, ha concluso il suo intervento durante una celebrazione ecumenica tenutasi a Kathmandu durante le festività natalizie. Insieme al presule vi erano rappresentanti della politica e della società civile, oltre ai leader delle altre confessioni cristiane. All’incontro — riferisce AsiaNews — erano presenti migliaia di cittadini, cristiani e indù. Nel suo discorso, monsignor Simick ha ricordato l’aumento della disparità fra ricchi e poveri in Nepal e nel mondo. «Cristo — ha detto il presule — è nato per ognuno di noi, e la sua missione è anche quella di diminuire le differenze fra gli esseri umani, che sono fratelli. Anche per questo dobbiamo rigettare violenza, discriminazione e terrorismo in tutto il mondo». Un pensiero è stato rivolto anche al massacro del mese scorso degli studenti di Peshawar per mano dei talebani pakistani: «Cose come questa semplicemente non devono succedere». Il vescovo della congregazione delle Chiese dei credenti, Narayan Sharma, ha invece rivolto un appello ai cristiani del Nepal: «Non abbiate paura di predicare il lieto annuncio, non temete di raggiungere ogni persona con gli insegnamenti della Bibbia. Dio è qui con noi. Chi si sente vicino al messaggio cristiano, non si tiri indietro per paura: chi ha il coraggio di cambiare se stesso può cambiare il mondo». Il riferimento è alla situazione religio- sa del Paese, dove i cristiani sono ancora una piccola minoranza dopo anni di monarchia indù: le conversioni al cristianesimo non sono proibite, ma guardate ancora con molto sospetto dalla maggioranza da questo assassinio ci ferisce tutti. In questa situazione in cui ci può invadere la collera, dobbiamo invece più che mai raddoppiare la misura della nostra fraternità sebbene sia fragile e consolidare sempre di più la pace». Parole di severa condanna sono state espresse anche dal World Council of Churches che in un comunicato respinge qualsiasi «giustificazione religiosa» possa essere avanzata per un simile attentato. della popolazione e da alcuni leader politici. Sull’argomento è intervenuto anche il primo ministro, Sushil Koirala, che nel suo messaggio di auguri per la comunità scrive: «Vi assicuriamo che, nella nuova Costituzione, i diritti dei cristiani e delle altre minoranze saranno tutelati». Ancora più risoluto il presidente del Parlamento, Subas Nemwang, presente all’incontro. «Sono sempre con i cristiani e farò tutto il possibile per promuovere e proteggere i seguaci di Cristo nel nostro Paese». Il suo predecessore, Damannath Dhungana, ha concluso: «Possa Gesù nascere nell’animo di ciascuno. Possa nascere anche nell’animo dei nostri leader, dandogli la capacità di dare presto al Nepal una nuova Costituzione». In Nepal vivono circa centocinquantamila cristiani, di cui ottomila sono cattolici. Prima della caduta della monarchia (2006) l’induismo era religione di Stato e influenzava la vita di ogni cittadino. La proclamazione di uno Stato laico garantisce libertà religiosa, ma le minoranze — in particolare quella cristiana — subiscono ancora soprusi e minacce dalla comunità di maggioranza. La popolazione indù è spesso al centro di episodi di discriminazione, violenza contro le donne ed emarginazione dei più poveri. Non mancano inoltre le accuse — da parte di induisti e a volte anche buddisti — a cattolici e cristiani di convertire le persone con la forza o offrendo denaro. più di 1.400 sono minori in età scolare, ma finora solo poche decine tra loro avevano ripreso a frequentare corsi d’istruzione. L’integrazione su larga scala degli studenti cristiani iracheni nelle scuole — riferisce Fides — dovrebbe iniziare già nel semestre scolastico appena iniziato. Caritas Jordan sta verificando la disponibilità all’accoglienza da parte delle scuole del Patriarcato latino e di altre scuole cristiane, comprese quelle legate al Patriarcato ortodosso di Gerusalemme. Il 2015 anno della pace in Pakistan LAHORE, 8. In Pakistan il 2015 sarà l’Anno della pace. È quanto hanno deciso il Consiglio per il Dialogo interreligioso, il forum “United Religious Initiative”, “Peace Foundation” e il movimento islamico “Minjah-ul-Quran”. La notizia è stata riferita a Fides da padre Francis Nadeem, provinciale dei cappuccini in Pakistan, promotore del Consiglio per il Dialogo interreligioso, nato a Lahore, capitale della provincia del Punjab pakistano. La dichiarazione è stata letta e diffusa nel corso di un incontro di preghiera interreligioso dal titolo “Preghiamo per il Pakistan”, guidato da padre Nadeem e dal leader islamico sufi, Pir Shafaat Rasool. L’obiettivo dell’incontro e dell’Anno della pace sarà quello di pregare e operare per la pace, la solidarietà, la riconciliazione, l’armonia interreligiosa e l’eliminazione del terrorismo dal Paese. I partecipanti, accendendo insieme un cero, si sono impegnati a rinnovare gli sforzi nel perseguire la pace a tutti i livelli, sensibilizzando le coscienze di tutti i membri delle proprie organizzazioni e di tutti i cittadini. Nel 2015 saranno organizzati seminari, conferenze, marce, iniziative culturali, incontri interreligiosi «in modo che il nostro amato Paese diventi una culla di pace e tutti i cittadini vivano senza paura, contribuendo al progresso e alla prosperità». L’OSSERVATORE ROMANO venerdì 9 gennaio 2015 pagina 7 La messa a Santa Marta dedicata alle vittime dell’attentato di Parigi Il Signore cambi il cuore dei crudeli È in suffragio delle vittime del crudele attentato terroristico avvenuto a Parigi che Papa Francesco ha celebrato, giovedì mattina 8 gennaio, la messa nella cappella della Casa Santa Marta. Lo ha detto egli stesso all’inizio del rito, manifestando tutto il suo dolore per questo feroce e vile atto, esprimendo una particolare vicinanza ai familiari delle persone rimaste uccise o ferite e pregando perché possa cambiare il cuore degli attentatori. «L’attentato di ieri a Parigi — ha affermato il Pontefice — ci fa pensare a tanta crudeltà, crudeltà umana; a tanto terrorismo, sia al terrorismo isolato, sia al terrorismo di Stato. Ma la crudeltà della quale è capace l’uomo! Preghiamo, in questa messa, per le vittime di questa crudeltà. Tante! E chiediamo anche per i crudeli, perché il Signore cambi il loro cuore». In questi giorni, ha fatto poi notare il Papa nell’omelia, «la parola chiave nella liturgia e nella Chiesa è “manifestazione”: il Figlio di Dio si è manifestato nella festa dell’Epifania ai gentili; nel Battesimo, quando scende su di Lui lo Spirito Santo; nelle nozze di Cana, quando fa il miracolo dell’acqua in vino». Proprio «questi sono i tre segni — ha spiegato — che la liturgia porta in questi giorni per parlarci della manifestazione di Dio: Dio si fa conoscere». Ma «la domanda è questa: come possiamo conoscere Dio?». E così ci troviamo subito davanti — ha affermato Francesco riferendosi alla prima lettura odierna (1 Giovanni 4, 7-10) — «l’argomento che prende l’apostolo Giovanni nella prima Lettera: la conoscenza di Dio». Dunque, «che cosa è conoscere Dio? Come si può conoscere Dio?». A queste domande, ha detto Francesco, «una prima risposta sarebbe: si può conoscere Dio con la ragione». Ma davvero «io posso conoscere Dio con la ragione? In parte sì». Infatti «con il mio intelletto, ragionando, guardando le cose del mondo, si può prima capire che c’è un Dio e l’esistenza di Dio si può capire in alcune tracce della personalità di Dio». Però, ha precisato il Papa, «questo è insufficiente per conoscere Dio», in quanto «Dio si conosce totalmente nell’incontro con Lui e per l’incontro la ragione sola non basta, Nomina episcopale La nomina di oggi riguarda la Congregazione per il clero. Joël Mercier arcivescovo segretario della Congregazione per il clero È nato il 5 gennaio 1945 a Chaudefonds-sur-Layon, nella diocesi francese di Angers. Dopo gli studi secondari ha cominciato quelli superiori in lettere classiche a Parigi all’università La Sorbonne e nel 1964 è entrato nel seminario universitario di Angers, ottenendo il baccalaureato in filosofia e la licenza in teologia presso la facoltà di teologia dell’Université catholique de l’Ouest ad Angers. Ordinato sacerdote il 27 giugno 1970, dal 1971 al 1974 ha completato la formazione presso l’Università Gregoriana a Roma, dove ha conseguito la licenza e il dottorato in diritto canonico. Nella diocesi di Angers è stato vicario della parrocchia di Saint-Joseph (1974-1979); cappellano di collegi e di licei cattolici (1979-1987); segretario del vescovo (1987-2001). Nel conttempo, dal 1975, è stato membro del tribunale ecclesiastico dei Pays de Loire e, dal 1980, insegnante alla facoltà di teologia di Angers. Da gennaio 2002 è officiale della Congregazione per i vescovi e da settembre 2007 direttore spirituale al seminario francese a Roma. ci vuole un’altra cosa in più: la ragione ti aiuta ad andare fino a un certo punto, poi ti accompagna più avanti». Nella sua lettera «Giovanni dice chiaramente cosa è Dio: Dio è amore». Perciò «soltanto per la strada dell’amore tu puoi conoscere Dio». Certo, ha aggiunto Francesco, «amore ragionevole, accompagnato dalla ragione, ma amore». Forse, a questo punto, ci si potrebbe domandare «ma come posso amare quello che non conosco?». La risposta è chiara: «Ama quelli che tu hai vicino». Proprio «questa è la dottrina di due comandamenti: il più importante è amare Dio, perché Lui è amore». Il secondo, invece, «è amare il prossimo ma, per arrivare al primo, dobbiamo salire per gli scalini del secondo». In una parola, ha spiegato il Papa, «attraverso l’amore al prossimo arriviamo a conoscere Dio, che è amore» e «soltanto amando ragionevolmente, ma amando, possiamo arrivare a questo amore». Francesco ha voluto quindi ripetere le parole scritte da san Giovanni: «Carissimi, amiamoci gli uni agli altri, perché l’amore è da Dio. Chiunque ama è stato generato da Dio». Ma, ha ricordato, «tu non puoi amare se Dio non ti mette l’amore dentro, non ti genera quest’amore», perché «chi ama conosce Dio». Invece, scrive san Giovanni, «chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore». Però, ha messo in guardia il Papa, qui non si parla di «amore da telenovela». È piuttosto un «amore solido, forte», un «amore eterno che si manifesta — la parola di questi giorni è “manifestazione” — nel suo Figlio venuto per salvarci». Dunque è un «amore concreto, un amore di opere e non di parole». Ecco, allora, che «per conoscere Dio ci vuole tutta una vita: un cammino, un cammino di amore, di conoscenza, di amore per il prossimo, di amore per quelli che ci odiano, di amore per tutti». È Gesù stesso, ha fatto presente il Papa, che «ci ha dato l’esempio dell’amore». E appunto «in questo sta l’amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è stato Lui che ha amato noi e ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati». Per questo «nella persona di Gesù possiamo contemplare l’amore di Dio». E «facendo quello che Gesù ci ha insegnato sull’amore per il prossimo, arriviamo — scalino per scalino — all’amore di Dio, alla conoscenza di Dio che è amore». Il Papa ha evidenziato che l’apostolo Giovanni, nella sua lettera, «va un po’ avanti» quando afferma «in questo sta l’amore» e cioè che «non siamo stati noi ad amare Dio, ma Lui ci ha amato per primo: Dio ci precede nell’amore». Infatti, ha fatto notare Francesco, «quando io incontro Dio nella preghiera, sento che Dio mi amava prima che io cominciassi a cercarlo». Sì, «Lui sempre prima, Lui ci aspetta, Lui ci chiama». E «quando noi arriviamo, Lui è lì!». A questo proposito il Papa ha fatto riferimento a un altro passo della Scrittura (Geremia 1, 11-12), citandolo letteralmente: «Che bello quello che dice Dio a Geremia: cosa vedi Geremia? — Un ramo di mandorlo, Signore — Hai visto bene! Sono io che vigilo sulla mia Parola perché si realizzi». E «il fiore del mandorlo — ha spiegato Francesco — è il primo a fiorire nella primavera, il primo». Ciò sta a significare che «il Signore è lì, vigilante», è sempre «il primo come il mandorlo, ci ama per primo». E anche noi, ha assicurato il Papa, «avremo sempre questa sorpresa: quando ci avviciniamo a Dio attraverso le opere di carità, attraverso la preghiera, nella Comunione, nella Parola di Dio, troviamo che Lui è lì, per primo, aspettandoci, così ci ama». E proprio «come il fiore del mandorlo, è il primo». Davvero, ha rimarcato Francesco, «quel versetto di Geremia ci dice tanto». Sulla stessa scia si pone anche l’episodio presentato dal brano del Vangelo di Marco (6, 34-44 ) proposto dalla liturgia. «Prima si dice che Gesù ebbe compassione di tanta He Qi, «Adorazione dei magi» gente, è l’amore di Gesù: ha visto tanta gente, come pecore che non avevano pastore, disorientate». Ma anche oggi, ha ricordato Francesco, c’è «tanta gente disorientata nelle nostre città, nei nostri Paesi: tanta gente». Quando «Gesù ha visto questa gente disorientata si è commosso: incomincia a insegnare loro la dottrina, le cose di Dio e la gente lo sentiva, lo ascoltava tanto bene perché il Signore parlava bene, parlava al cuore». Poi, racconta Marco nel suo Vangelo, Gesù, accortosi che quelle cinquemila persone non avevano neppure mangiato, chiese ai discepoli di provvedere. È dunque Cristo che «per primo va all’incontro con la gente». Da parte loro, forse «i discepoli si sono un po’ innervositi, hanno sentito fastidio e la loro risposta è forte: dobbiamo andare a compra- re 200 denari di pane e dare loro da mangiare?». Così se «l’amore di Dio era primo, i discepoli non avevano capito niente». Ma è proprio «così l’amore di Dio: sempre ci aspetta, sempre ci sorprende». È «il Padre, nostro Padre che ci ama tanto, che sempre è disposto a perdonarci, sempre». E non una volta» ma «settanta volte sette: sempre». Appunto «come un Padre pieno di amore». Così «per conoscere questo Dio che è amore dobbiamo salire per lo scalino dell’amore per il prossimo, per le opere di carità, per le opere di misericordia che il Signore ci ha insegnato». Francesco ha concluso proprio con la preghiera «che il Signore, in questi giorni che la Chiesa ci fa pensare alla manifestazione di Dio, ci dia la grazia di conoscerLo per la strada dell’amore». Intervista al cardinale Pietro Parolin sul viaggio del Papa in Sri Lanka e Filippine Sono «due i punti di forza» della missione della Chiesa nel continente asiatico: «le attività caritative nel campo della salute e dell’educazione»; e il dialogo tra le religioni che «è fondamentale per la pace oggi nel mondo e che quindi diventa un dovere di tutte le religioni». Lo afferma il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, nell’intervista realizzata dal Centro televisivo vaticano in collaborazione con il nostro giornale alla vigilia del viaggio del Pontefice in Sri Lanka e Filippine. Papa Francesco ritorna in Asia a cinque mesi dalla visita in Corea, dove ha indicato nel dialogo interreligioso la prima missione della Chiesa nel Continente. Ritiene che anche in questi due Paesi così diversi insisterà su questo punto? Misericordia e dialogo fatto che raccoglie membri, raccoglie fedeli da entrambe le etnie principali, sia dai tamil sia dai cingalesi, e quindi la Chiesa conosce un po’ quello che c’è nel cuore di ognuno e conosce anche le aspettative; e quindi può svolgere questo compito, questa funzione di riconciliazione, di dialogo e di collaborazione. Però vorrei sottolineare anche il fatto che lo Sri Lanka tradizionalmente ha conosciuto un grande sviluppo di questa armonia religiosa fra le varie religioni, si è sempre caratterizzato fra i due gruppi che si combattevano, ed era diventato un centro di presenza di molti sfollati da entrambe le parti. Credo che Papa Francesco, come ha fatto l’8 febbraio, quando ha incontrato la comunità srilankese in San Pietro, ricorderà tutti questi episodi dolorosi, le tante lacrime, lui diceva, che sono state versate a causa della violenza e della crudeltà del conflitto. Non tanto per riaprire ferite, quanto piuttosto per lanciare uno sguardo al futuro. Questo impegno di riconciliazione deve caratterizzare tutte le componenti della società dello Sri Lanka. Un impegno di riconciliazione che passa attraverso il riconoscimento della verità. Credo siano queste le tappe: un’attenzione alla giustizia e una collaborazione di tutti per il bene comune. La missione della Chiesa nelle Filippine e nello Sri Lanka è quella della Chiesa in tutto il mondo: annunciare il Vangelo, proclamare la Le Filippine sono l’unico Paese buona notizia di Gesù che è a maggioranza cattolica fonte di vita e di speranza dell’Asia. Come si può valorizper tutti gli uomini. Tenendo zare la presenza di questa conto naturalmente del conChiesa giovane e dinamica testo nel quale essa si trova a all’interno del continente? vivere e a operare. Un contesto caratterizzato da una Mi hanno detto proprio molteplicità, quasi da un moieri sera dei filippini che sosaico di società, di culture e no tornati in questi giorni di religioni. Il continente dal loro Paese, che in queste asiatico è la culla delle gransettimane c’è veramente una di religioni del mondo. E poi preghiera corale intensissima tenendo conto del fatto che in preparazione alla visita del La cattedrale di Palo distrutta dal tifone Yolanda che ha devastato le Filippine la Chiesa è una piccola miPapa. Queste sono premesse noranza, un piccolo gregge molto positive. Credo che la in mezzo a questa realtà così vasta. E allora per questo incontro, per questo dialogo. Pur- valorizzazione passi attraverso il riconoscianche questa missione dovrà modularsi in ba- troppo, ultimamente sono sorti dei gruppi mento del ruolo che la Chiesa nelle Filippine se a queste caratteristiche. Mi sembrano due i estremisti che manipolano un po’ l’opinione ha sia nel contesto asiatico e del Sudest asiatipunti di forza di questa missione: da una par- pubblica e creano tensione utilizzando la reli- co sia nel contesto mondiale. Il Papa vuole te l’aspetto delle attività caritative e umanita- gione per scopi che non sono chiari. Noi au- con questo viaggio, in continuazione appunto rie nel campo della salute e dell’educazione spichiamo appunto che questa tradizione che con quello in Corea, concentrare l’attenzione che già riscuotono grande apprezzamento c’è di dialogo interreligioso e di collaboraziodella Chiesa su questa realtà; e nello stesso presso l’intera popolazione e i Governi dei ne possa prevalere su questi nuovi tentativi di vari Paesi; e sull’altro versante l’aspetto del destabilizzare la situazione e nello stesso tem- tempo anche inserirsi in quel cammino di nodialogo interreligioso: promuovere e consoli- po auspichiamo anche che le autorità possano ve anni che ci sta portando alla celebrazione dare sempre più l’incontro, il rispetto e l’ac- intervenire proprio per preservare questi che del quinto centenario dell’arrivo del Vangelo nelle Filippine, nel 1521. E quest’anno è l’ancettazione reciproca, tenendo conto anche di sono valori fondamentali della popolazione. no dedicato ai poveri. Allora la centralità dequello che il Papa dice nell’Evangelii gaudium che il dialogo interreligioso è fondamentale Il Papa visiterà anche il santuario di Madhu riva dal numero: cioè le Filippine sono uno per la pace oggi nel mondo e che quindi di- nella regione a prevalenza Tamil. Qual è l’itineventa un dovere di tutte le religioni. Questo rario che deve seguire il cammino di riconciliaziosarà un punto nodale, focale dell’attenzione ne dopo tanti anni di guerra che hanno seminato numerosissime vittime? del Papa durante il viaggio. Nello Sri Lanka purtroppo le differenze etniche e religiose continuano a essere motivo di tensione tanto che nel Paese si è sviluppato persino un fondamentalismo buddista. Qual è in questo scenario complesso la missione, il compito dei cristiani? A me sembra che se c’è un luogo nel quale si deve parlare di una funzione di ponte è proprio nello Sri Lanka. Ed è proprio nella Chiesa nello Sri Lanka. Anche perché la Chiesa è facilitata in questo suo compito dal Direi che Madhu è un po’ il simbolo di questa “Chiesa ponte” di cui parlavo, proprio perché è un centro di preghiera ed è anche un centro di incontro. Il santuario di Madhu è conosciuto e apprezzato e frequentato anche da membri di altre religioni, non solo dai cattolici. Ricordiamo poi anche gli episodi legati alla guerra civile, quando Papa Benedetto chiese all’allora presidente della Repubblica di fare di tutto per preservare l’incolumità di quel santuario proprio per questa sua caratteristica: si trovava allora sulla linea del fronte dei Paesi del Sudest asiatico dove la maggioranza della popolazione è cattolica. Dico uno, perché c’è anche Timor Est, dove il novanta per cento della popolazione è cattolica: non dobbiamo dimenticare anche questo. Le Filippine sono stato anche geograficamente un po’ il centro: basti pensare a quanti incontri importanti vi si sono svolti, a partire dalla visita del beato Paolo VI nel 1970, che poi diede anche origine alla costituzione della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche. Credo che l’altro punto importante sia la centralità delle Filippine per esempio per gli studi di tantissimi giovani che da vari Paesi asiatici limitrofi vengono per approfondire la loro formazione che si dà nelle differenti università cattoliche del Paese. E infine c’è anche l’irradiazione dei filippini nel mondo: sappiamo come i filippini siano presenti in tantissimi Paesi dell’Asia, ma anche dell’America e dell’Europa. Quindi le potenzialità di evangelizzazione delle Filippine sono molteplici, l’importante è che la Chiesa nelle Filippine accolga questo messaggio e questo impulso dato da Papa Francesco a essere una Chiesa in uscita: una Chiesa che sente il compito di evangelizzazione e di annuncio del Vangelo. Il tema sarà misericordia e compassione e Papa Francesco le mostrerà e le chiederà per le vittime dei tifoni e dei terremoti, ma anche per le vittime di povertà, ingiustizie e corruzione… Questo è un po’ il tema del viaggio: mostrare compassione, mostrare misericordia nei confronti delle tante persone che soffrono, che soffrono per le calamità naturali, soprattutto nelle Filippine; che soffrono per ingiustizie strutturali, come sono la povertà e la corruzione; che soffrono anche per le conseguenze ancora vive del conflitto civile. È una misericordia, una compassione che guarisce, in primo tempo. Quindi è questo un po’ il senso della presenza del Papa: portare un elemento, una dimensione di guarigione e di conforto in questa situazione. E nello stesso tempo — proprio perché in questo senso la misericordia e la compassione sono elementi attivi — richiamare tutti a dare il proprio contributo affinché queste ferite possano essere rimarginate e questi dolori possano essere confortati e soprattutto si possano superare le cause che li hanno provocati. E Papa Francesco riceve Angelina Jolie Proiettato in Vaticano il film «Unbroken» Nella mattinata di oggi, giovedì 8 gennaio, è stato proiettato in Vaticano, nella Casina Pio il film Unbroken, diretto da Angelina Jolie e dedicato a Louis Zamperini, atleta olimpico durante la Seconda guerra mondiale. Nella sede delle Pontificie Accademie delle ScienIV, ze e delle Scienze Sociali era presente l’attrice statunitense, che al termine della visione si è recata nel Palazzo apostolico per incontrare Papa Francesco. Alla breve udienza, svoltasi nella Sala del Tronetto, erano presenti tra gli altri due figli di Angelina Jolie.
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