Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum Anno CLVII n. 41 (47.475) POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano domenica 19 febbraio 2017 . Angela Merkel ribadisce l’apertura ai profughi Il Papa ai chierici mariani dell’Immacolata L’obbligo dell’accoglienza Con semplicità accanto ai poveri Nessuna identificazione tra islam e terrorismo MONACO, 18. «L’islam non è fonte del terrorismo». Il messaggio arriva direttamente dal cancelliere tedesco, Angela Merkel, intervenuta oggi alla conferenza sulla sicurezza in corso a Monaco. Bisogna tenere presente questa differenza fondamentale – ha ricordato il cancelliere – per portare avanti con maggior determinatezza la lotta contro le organizzazioni jihadiste nel mondo. «È necessario coinvolgere tutti gli stati musulmani nella lotta contro i terroristi». C’è poi l’immigrazione, altro tema caldo a livello internazionale. «L’Unione europea ha l’obbligo di accettare i rifugiati» ha spiegato ha detto Pence. «Il presidente mi ha chiesto di essere qui per trasmettere il messaggio che gli Stati Uniti appoggiano con forza la Nato e noi saremo fermi nel nostro impegno per l’Alleanza atlantica». E ha proseguito: «Abbiamo valori comuni e abbiamo vittime comuni. Insieme a voi la- voriamo da generazioni per difendere la democrazia» ha aggiunto. Pence ha poi ricordato che gli americani sono stati «fedeli per generazioni e sempre terremo fede a questo impegno», aggiungendo che «la pace viene solo attraverso la forza. Dobbiamo essere forti, in grado Quante volte nella Bibbia il Signore ci chiede di accogliere i migranti e i forestieri ricordandoci che anche noi siamo forestieri! (@Pontifex_it) Merkel. Ma è questo solo un tassello in un quadro globale sempre più complesso e in continua evoluzione. «In un anno in cui siamo pressati da sfide enormi, continueremo ad agire insieme o cadremo nell’individualismo?» si è chiesto il cancelliere. «Faccio appello affinché possiamo continuare a lavorare insieme per rendere migliore il mondo». Questo mondo «è cambiato in modo drammatico, non abbiamo più un ordine internazionale stabile, e anche il rapporto con la Russia non è particolarmente buono — ha aggiunto Merkel — possiamo controllare tutti questi pericoli solo insieme. Dobbiamo rafforzare le strutture internazionali, come l’Unione europea, la Nato e l’Onu». Sono convinta — ha detto il cancelliere — «che i conflitti non possano essere risolti da nessuno stato da solo e da soli i paesi europei non potrebbero venire a capo della lotta contro il terrorismo islamico, abbiamo bisogno degli Stati Uniti per questo». Sul tema dei rapporti tra Nato e Stati Uniti è intervenuto, subito dopo Merkel, il vice presidente statunitense Mike Pence. «Il sostegno degli Stati Uniti alla Nato è incrollabile» Il cancelliere Merkel alla conferenza sulla sicurezza a Monaco (Afp) Migliaia in marcia contro il muro in Messico WASHINGTON, 18. Non si fermano le proteste contro i recenti provvedimenti statunitensi in materia di immigrazione. Ieri migliaia di persone hanno manifestato in Messico per protestare contro l’annuncio, da parte del presidente Donald Trump, della costruzione di un muro al confine per prevenire il passaggio di immigrati illegali. I manifestanti si sono riuniti non solo a Ciudad Juárez — al confine con la texana El Paso — ma anche a Tijuana. Una catena umana di un chilometro circa di lunghezza, lungo il Rio Grande, formata da bam- Infanzia negata y(7HA3J1*QSSKKM( +_!"!$!#!}! L’invito ad accostarsi con semplicità a quelli che soffrono — «i malati, i bambini, gli anziani abbandonati, i poveri» — è stato rivolto da Papa Francesco ai partecipanti al capitolo generale dei Chierici mariani dell’Immacolata concezione della beata Vergine Maria, ricevuti in udienza nella mattina di sabato 18 febbraio, nella Sala del Concistoro. Ai religiosi il Pontefice ha raccomandato di mantenere la fedeltà al carisma originario, facendosi prossimi alla gente con gesti umili e La Casa Bianca smentisce la notizia del possibile intervento della guardia nazionale Un milione di bambini ucraini allo stremo KIEV, 18. A quasi quattro anni dall’inizio del conflitto, sono ancora migliaia i bambini che devono fare i conti con il dramma della guerra, costretti a vivere in condizioni disumane. A lanciare l’allarme, ancora una volta, ci pensa l’Unicef, il fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, che in un recente rapporto. Stando ai dati, almeno 19.000 bambini affrontano costantemente i pericoli di mine e altri ordigni inesplosi e 12.000 vivono in comunità bombardate almeno una volta al mese. Nel complesso, un milione di bambini ucraini hanno urgente bisogno di assistenza umanitaria, circa il doppio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Questo aumento è dovuto ai continui combattimenti e al conseguente deterioramento delle condizioni di vita soprattutto in Ucraina orientale, dove circa 1,7 milioni di persone sono sfollate all’interno del paese, e molte famiglie hanno perso reddito, sussidi sociali e accesso al sistema sanitario, afferma ancora l’Unicef in una nota. «Questa è un’emergenza invisibile, una crisi che la maggior parte dei paesi del mondo hanno dimenticato» afferma di confrontarci con tutti coloro che metterebbero in pericolo la nostra libertà e il nostro stile di vita». In particolare, ha aggiunto, «gli Stati Uniti sono impegnati a garantire che l’Iran non ottenga mai un’arma nucleare in grado di minacciare i nostri paesi o gli alleati». Ma, soprattutto, è il terrorismo di matrice jihadista il vero male da sconfiggere: il presidente — ha assicurato Pence — «ha ampi piani per distruggere» il cosiddetto stato islamico (Is). Il numero due della Casa Bianca ha tuttavia confermato le richieste di Trump di maggior impegno economico da parte degli alleati. «La difesa europea reclama il nostro impegno quanto il vostro» ha affermato. Per quanto riguarda la Russia, sia Merkel che Pence hanno insistito sulla necessità che venga rispettato l’accordo di pace di Minsk. Il vicepresidente ha sottolineato che gli Stati Uniti continueranno a «incalzare il Cremlino affinché rispetti gli accordi di Minsk sull’Ucraina, anche se il presidente Trump cerca un nuovo terreno comune con Mosca». Parole molto dure sono state invece utilizzate dal ministero degli esteri russo, Serghiei Lavrov, secondo il quale «non abbiamo interrotto noi la collaborazione pratica sul campo militare con la Nato». La Nato «è ancora un’istituzione della guerra fredda», e «la guerra fredda non è mai stata davvero superata». Giovanna Barberis, rappresentante dell’Unicef in Ucraina. In effetti, la situazione ucraina resta estremamente complessa, e al momento non sembrano esserci soluzioni diplomatiche. L’applicazione degli accordi di Minsk — raggiunti il 5 settembre 2014 e formulati dal gruppo di contatto Trilaterale composto da rappresentanti di Ucraina, Russia e l’Osce — stenta ancora a essere realizzata. I miliziani separatisti del sud-est ucraino si sono detti oggi «pronti a usare la forza» per conquistare le zone del Donbass controllate dal governo di Kiev se non dovessero riuscire a ottenere questo risultato con i metodi politici. «Abbiamo sempre detto — ha dichiarato il leader dei ribelli filorussi di Donetsk, Aleksandr Zakharcenko — che la liberazione dei territori occupati delle regioni di Donetsk e Lugansk è il nostro compito collettivo. E abbiamo sempre detto che preferiamo farlo con i metodi politici. Se non capiranno — ha concluso Zakharcenko — ricorderò loro che possiamo farlo anche con i metodi militari». bini e adolescenti con in mano fiori e nastri bianchi, attivisti, autorità locali, parlamentari, con rose bianche in segno di pace, tutti in fila davanti al confine. «Tenendoci per mano daremo prova di quella unità nazionale che non distingue tra le persone» ha affermato in un discorso il senatore messicano Armando Ríos Piter, uno degli organizzatori della manifestazione. «Vogliamo urlare ai quattro venti che il Messico è più di un muro». Alla protesta ha preso parte anche il sindaco di El Paso, Oscar Leeser, che ha parlato delle due città descrivendole come «una sola» perché «siamo la stessa cosa e siamo una sola cosa». Il sindaco di Ciudad Juárez, Héctor Armando Cabada Alvídrez, ha rilevato come il messaggio inviato dalla catena umana sia chiaro: «La regione di frontiera è più unita che mai» ha detto. Intanto, ieri la Casa Bianca ha smentito la notizia inizialmente diffusa dalla Associated Press (Ap) in base alla quale l’attuale amministrazione avrebbe l’intenzione di invia- re centomila soldati della guardia nazionale al confine con il Messico. Si tratterebbe — dice il report citato dalla Ap — di una stretta senza precedenti nella storia recente degli Stati Uniti nella lotta all’immigrazione irregolare. L’agenzia cita un memo di undici pagine scritto dal segretario alla sicurezza interna John Kelly e destinato alle autorità per l’immigrazione. Ma subito dopo il lancio della notizia, la Casa Bianca si è affrettata a smentire: il report della Associated Press è «al cento per cento falso», ha fatto sapere il portavoce Sean Spicer. In una mail, la Casa Bianca ha chiarito che «non c’è assolutamente alcuno sforzo per radunare e usare la National Guard per prendere gli immigrati illegali». Spicer, comunque, non ha smentito il fatto che questa possibilità non sia stata mai discussa all’interno dell’amministrazione. Il portavoce inoltre ha detto che il memo ottenuto dalla Ap «non è un documento della Casa Bianca; mi aspetto che voi chiediate prima di fare un tweet» ha detto al pool di giornali- Le origini cristiane dell’idea di persona Se finisce il paradosso dell’interiorità Carolynne Coulson, «Il corpo e l’anima» (particolare) LUCETTA SCARAFFIA A PAGINA 5 sti con cui ha parlato. Secondo la Reuters, la bozza di memo ottenuta dalla Ap, era una versione iniziale di un documento che stava preparando lo staff del segretario per la sicurezza interna John Kelly. È quanto riferisce all’agenzia un funzionario del dipartimento per la sicurezza interna, precisando che la discussione sull’ipotesi della guardia nazionale è stata bloccata prima ancora che il memo arrivasse sul tavolo di Kelly. Sempre secondo la fonte, il memo per Kelly è ancora in corso di preparazione e verrà ultimato presto. Una versione che non sembra coerente con l’intestazione del documento stesso. linguaggio comprensibile. «Noi — ha ricordato — non siamo principi, figli di principi o di conti o di baroni, siamo gente semplice, di popolo. E per questo ci avviciniamo con questa semplicità ai semplici». Ricordando poi un’espressione del fondatore san Stanislao di Gesù e Maria, canonizzato lo scorso anno — il quale amava ripetere: «Per l’Onnipotente nulla è impossibile» — Francesco ha parlato della «piccolezza»: un atteggiamento, ha spiegato, che nasce dalla consapevolezza dell’eseguità dei propri mezzi ma anche «della nostra indegnità, perché peccatori». Proprio qui subentra «l’atto di fede nella potenza del Signore: il Signore può, il Signore è capace». Così, ha proseguito il Papa, «la nostra piccolezza è proprio il seme, il seme piccolino, che poi germoglia, cresce, il Signore lo annaffia. Il senso di piccolezza è proprio il primo slancio verso la fiducia della potenza di Dio». Da qui il suo invito conclusivo: «Andate avanti su questa strada». PAGINA 8 È morto Michael Novak Tra la libertà e l’America RO CCO BUTTIGLIONE A PAGINA 4 NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza gli Eminentissimi Cardinali: — Marc Ouellet, Prefetto della Congregazione per i Vescovi, — Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli. Il Santo Padre ha nominato l’Eminentissimo Cardinale Giuseppe Bertello, Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, Suo Inviato Speciale alle celebrazioni del 40° anniversario dello stabilimento delle relazioni diplomatiche tra la Repubblica del Ghana e la Santa Sede nonché del 60° anniversario dell’Indipendenza della medesima Repubblica, in programma ad Accra nei giorni 3-6 marzo 2017. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale dell’Arcidiocesi di Strasburgo (Francia), presentata da Sua Ec- cellenza Monsignor Jean-Pierre Grallet, O.F.M.. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Mweka (Repubblica Democratica del Congo), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Gérard Mulumba Kalemba. Provviste di Chiese Il Santo Padre ha nominato Arcivescovo di Strasburgo (Francia) Sua Eccellenza Monsignor Luc Ravel, C.R.S.V., finora Ordinario Militare per la Francia. Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Mweka (Repubblica Democratica del Congo) il Reverendo Padre Oscar Nkolo Kanowa, C.I.C.M., Economo nel Noviziato dei Missionari di Scheut di Mbudi, Kinshasa. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 domenica 19 febbraio 2017 Il candidato alle presidenziali di Alianza país, Lenín Moreno (Reuters) Scoperta rete di tangenti legata al colosso Pemex Si allarga al Messico il caso Odebrecht CITTÀ DEL MESSICO, 18. È il turno del Messico: lo scandalo Odebrecht, partito dal Brasile tempo fa e allargatosi a macchia d’olio in queste settimane in tutto il continente latinoamericano, è “sbarcato” anche nella seconda economia più importante della regione. Nel Messico finora si era parlato poco del caso Odebrecht. Tuttavia, negli ultimi giorni nel mirino sono finiti alcuni ex funzionari di Pemex, il colosso petrolifero nazionale. I media locali danno spazio alle accuse rivolte dalla magistratura statunitense contro un dirigente non identificato del gruppo che avrebbe ricevuto tangenti pari a 10,5 milioni di dollari tra il 2010 e il 2014. Anche se il nome non è noto, la stampa locale punta il dito contro diversi ex direttori della compagnia, ricordando come Pemex abbia assegnato senza gare pubbliche i lavori per l’ammodernamento di tre raffinerie per 2,5 miliardi di dollari. I costi finali dei progetti sono poi risultati superiori per un 66 per cento alle stime iniziali dei lavori. Secondo l’accusa di alcune ong, Pemex avrebbe utilizzato una intricata rete di imprese sussidiarie con base in alcuni paradisi fiscali, in modo da evitare le gare pubbliche e nascondere allo stesso tempo contratti miliardari assegnati direttamente proprio al colosso brasiliano delle costruzioni. Odebrecht, con la sua controllata petrolchimica Braskem, è la prima multinazionale edilizia e ingegneristica dell’intero subcontinente. Queste due aziende «usavano un’occulta ma altamente funzionale unità di business che sistematicamente pagava centinaia di milioni di dollari a corrotti funzionari governativi» si legge in un comunicato del diparti- Investitori privati al fianco dei sioux WASHINGTON, 18. Gli investitori scendono in campo per i Sioux. E fanno pressing sulle banche che finanziano l’oleodotto Dakota Access, in totale diciassette, affinché spingano per cambiare la rotta dell’infrastruttura in modo che non passi più sulle terre dei nativi americani. Lo riporta il «Financial Times». In una lettera 120 investitori, fra i quali il fondo pensione della California Calpers che vale 300 miliardi di dollari, si rivolgono alle banche finanziatrici citando «i rischi per la reputazione degli istituti finanziari se non saranno affrontati e risolti i timori sull’oleodotto, che continua a spaccare l’America». Il presidente Donald Trump ha dato il via libera alla maxi infrastruttura. Una mossa che non è piaciuta ai nativi americani che contestano il passaggio dell’oleodotto sulle loro terre e quindi lo considerano gravemente lesivo per le loro tradizioni. Sostenuti dagli ambientalisti, i sioux hanno presentato appello contro la decisione di Trump. Ma la loro richiesta alla giustizia di bloccare il progetto è stata respinta. Al loro fianco, quindi, scendono ora in campo gli investitori, 120 asset complessivi pari a 653 miliardi di dollari. «Le banche con legami finanziari con l’oleodotto Dakota potrebbero essere coinvolte in controversie e trovarsi ad affrontare danni al loro marchio e alla loro reputazione se i consumatori» decidessero di boicottarle per via del loro appoggio all’iniziativa, si legge nella lettera. L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va mento di giustizia statunitense, che lavora al caso insieme alla magistratura brasiliana. Il caso ha avuto ripercussioni anche nel Venezuela. Il parlamento di Caracas, controllato dall’opposizione anti-chávista, ha reso noto che intende organizzare un’audizione con i rappresentanti nel paese del colosso brasiliano delle costruzioni per avere delucidazioni sui casi di presunte tangenti pagate a funzionari pubblici venezuelani. Il Perú è sicuramente il paese in cui lo scandalo ha avuto le ripercussioni più gravi con tre ex presidenti coinvolti, oltre agli annessi collaboratori. Odebrecht avrebbe in un’occasione pagato 20 milioni per ottenere appalti di progetti infrastrutturali. Basti pensare che il costo dell’autostrada tra Perú e Brasile è aumentato in poco tempo da 800 milioni a 2,3 miliardi di dollari. Finora Odebrecht ha accettato di pagare una multa di 3500 milioni di dollari. Il logo dell’azienda brasiliana a Rio de Janeiro (Afp) Il socialista Rafael Correa non si è ricandidato Ecuador al voto per le presidenziali QUITO, 18. L’Ecuador si reca domani alle urne per eleggere il nuovo presidente. Un voto che per gli analisti politici potrebbe segnare il primo passo della fine dei dieci anni della cosiddetta “rivoluzione cittadina” portata avanti dal socialista Rafael Correa, presidente uscente. Correa ha deciso di non ripresentarsi e, anzi, non esclude di lasciare la capitale, Quito, per trasferirsi in Europa. Il candidato del Centinaia di migranti superano la barriera che circonda l’enclave spagnola in territorio marocchino Il muro di Ceuta non ferma la disperazione MADRID, 18. Le barriere non fermano i migranti. Ieri, centinaia di persone hanno preso d’assalto in quattro punti diversi il “muro” che separa l’enclave spagnola di Ceuta dal territorio del Marocco: dopo una enorme rissa con gli agenti della guardia civil spagnola, in circa 400 circa sono riusciti a sfondare e a entrare in territorio europeo. È il primo grande blitz del 2017 — ricordano gli analisti — dei numerosi migranti subsahariani che cercano di arrivare nell’Unione europa da una delle due frontiere terrestri (l’altra è Melilla, l’enclave spagnola sempre in territorio marocchino) fra l’Africa e un paese comunitario. Il 9 dicembre scorso, in una operazione analoga, altri 800 migranti, uomini, donne e bambini provenienti dai più svariati paesi africani danneggiati da guerre, povertà e persecuzioni d’ogni tipo, avevano tentato di forzare il passaggio. In 438 ce l’avevano fatta. Anche a gennaio circa 1100 migranti avevano provato a entrare a Ceuta, ma la maggior parte di loro era stata respinta dalle forze di sicurezza. Una doppia recinzione metallica alta sei metri, con filo spinato in cima, costruita dalla Spagna per impedire l’ingresso dei disperati provenienti dal resto del territorio africano, circonda la città di Ceuta. Lunga poche decine di chilometri ed estesa dalla terraferma fino alle acque marine, la barriera è dotata di camminamenti interni per i soldati e i loro mezzi, continuamente sorvegliata su entrambi i fronti da milizie spagnole e marocchine, corredata da torri d’avvistamento, lame di metallo, telecamere a circuito chiuso e rilevatori di vario tipo per un monitoraggio diurno e notturno della frontiera. Regolamente viene presa d’assalto dai molti migranti subsahariani, giunti in Marocco per tentare il passaggio in Europa attraverso le due enclave o via mare, diretti verso le coste spagnole della Andalusia. Negli ultimi tempi sono emersi numerosi casi di tentativi disperati di superare la barriera metallica: migranti, anche bambini, che si nascondono nelle valigie o nei cruscotti delle automobili. Nell’assalto di ieri cinque agenti spagnoli sono rimasti feriti, come pure circa 35 migranti che hanno riportato fratture, contusioni e tagli GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio Gaetano Vallini 2016 circa mille migranti sono entrati in territorio Ue “sfondando” le barriere di Ceuta e di Melilla. I circa 400 che ieri hanno passato la recinzione sono stati ospitati con l’aiuto della Croce rossa nel centro di accoglienza temporanea dei migranti di Ceuta. Una struttura prevista per circa 500 persone, ma regolarmente in condizioni di sovraffollamento. Manifestazione contro il razzismo a Parigi Agenti spagnoli a guardia di un gruppo di migranti (Ap) La sentenza di primo grado per lo scandalo della Fondazione Nóos Assolta l’infanta di Spagna MADRID, 18. Iñaki Urdangarin, marito dell’infanta Cristina di Spagna, è stato condannato in primo grado a sei anni e tre mesi per malversazione di fondi pubblici e frode nella sentenza del caso Nóos. L’infanta Cristina è stata assolta. Una decisione, presa all’unanimità dai tre giudici della corte di Palma di Maiorca, molto al di sotto delle attese e delle richieste del pubblico ministero che aveva chiesto 19 anni e sei mesi per Urdangarin e la condanna di Cristina di Borbone almeno per frode fiscale. Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore segretario di redazione stato condotto in maniera «violenta e organizzata». «I migranti che hanno preso d’assalto la recinzione — hanno aggiunto le stesse fonti riprese dalle agenzie di stampa internazionali — avevano in mano spranghe, cesoie e pietre di grandi dimensioni». Stando agli ultimi dati forniti dall’Agenzia europea delle frontiere (Frontex), riferisce l’agenzia di stampa spagnola Efe, nel nella scalata del “muro”, o nella colluttazione con la polizia durante il tentativo di sfondare la rete. Almeno 55 profughi sono stati invece intercettati prima che riuscissero a toccare il suolo spagnolo ed europeo nella cosiddetta “terra di nessuno”, fra le recinzioni della enclave e sono stati respinti verso il Marocco. Secondo la delegazione del governo spagnolo a Ceuta, l’assalto è partito di Correa, Alianza país, è Lenín Moreno, stretto collaboratore del capo dello stato uscente, che probabilmente non riuscirà ad avere il 40 per cento dei consensi (e un distacco del 10 per cento dal secondo candidato più votato, come prevede la legge) per essere eletto al primo turno. I sondaggi danno Moreno, che è stato vice presidente per un lungo periodo, al 32 per cento. Sembra dunque certo che dovrà affrontare al ballottaggio — in programma il 2 aprile prossimo — uno dei due candidati conservatori degli otto in lizza: l’ex banchiere Guillermo Lasso, del Movimiento creo, dato al 21,5 per cento dai sondaggi, e Cynthia Viteri, leader del partito Social cristiano (intorno al 14 per cento). Chiunque vinca, rilevano gli osservatori, dovrà affrontare una situazione economica difficile, soprattutto per le conseguenze del devastante terremoto dello scorso aprile: i costi per la ricostruzione delle zone colpite sono infatti pari a 3,4 miliardi di dollari, in un contesto economico già complicato per il paese sudamericano. In gioco, alle elezioni, ci sono soprattutto le politiche promosse in questi anni da Correa, che è riuscito a mantenere l’economia più in ordine e con migliori risultati degli altri paesi dell’America del sud. Alle urne sono chiamati circa tredici milioni di aventi diritto, molti dei quali — precisano i sondaggi — sono ancora indecisi. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va Secondo il magistrato che aveva istruito il processo, José Castro, la sorella del re non poteva non essere a conoscenza dei reati del marito e risultava dunque corresponsabile. A Urdangarin è anche stata imposta una multa di 512.000 euro. La pena più dura è per l’ex socio di Urdangarin, Diego Torres, condannato a otto anni e sei mesi. Gli imputati erano 17 in tutto, ma nove sono stati assolti. La vicenda Nóos, una associazione senza fini di lucro, inizia nel 2005 quando un deputato socialista denuncia un ac- Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale cordo tra l’istituto benefico, fondato dal marito dell’infanta Cristina, e il governo regionale delle Isole Baleari. Si scopre così una trama grazie alla quale Urdangarin, ex nazionale di pallamano, e il suo socio Torres ottenevano finanziamenti pubblici in cambio di attività che avrebbero dovuto promuovere il turismo attraverso lo sport ma che in realtà non si erano mai svolte. In tutto Urdangarin e Torres avevano ottenuto oltre sei milioni di euro di finanziamenti pubblici da diversi governi regionali. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 PARIGI, 18. Diverse associazioni contro il razzismo, tra cui Sos Racisme e la Lega dei diritti dell’uomo, hanno organizzato per oggi pomeriggio una manifestazione in Place de la République a Parigi. L’evento si collega alle proteste, in corso da vari giorni, esplose per il caso di Théo, 22 anni, che nel gennaio scorso è stato aggredito dalla polizia durante un’operazione antidroga. La procura di Bobigny ha aperto un’indagine preliminare per nuove accuse di violenza contro uno dei poliziotti già incriminati. Il caso ha scatenato in tutto il paese un’ondata di polemiche e proteste. Ora la polizia teme che anche nella manifestazione di oggi possano esserci nuovi disordini con una minoranza di facinorosi, tra i quali militanti anarchici, di estrema sinistra, e potenzialmente anche giovani delle banlieue. Secondo quanto riportato dal sito di Europe 1, durante la manifestazione di mercoledì scorso, in cui ci sono stati nuovi scontri tra polizia e manifestanti, alcuni poliziotti avrebbero riconosciuto, uniti ai giovani delle banlieue, militanti anti fascisti e altri personaggi già noti durante le proteste contro la legge del lavoro nel movimento Nuit Débout. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO domenica 19 febbraio 2017 pagina 3 Soldato afghano di stanza a Jalalabad (Epa) Uccisi cento terroristi dopo l’attentato alla moschea sufi Stretta sulla sicurezza in Pakistan ISLAMABAD, 18. È di oltre cento terroristi uccisi il bilancio non ancora definitivo della stretta contro i gruppi radicali scatenata in Pakistan dalle autorità dopo la strage di ieri nel tempio sufi di Lal Shahbaz Qalandar a Sehwan. Contro un gruppo di giudici Autobomba nell’est della Turchia ANKARA, 18. Ancora violenze in Turchia. Un bambino di tre anni è morto, e altre quindici persone sono rimaste ferite, nell’esplosione di un ordigno che ha devastato un alloggio di giudici e pubblici ministeri nella città turca di Viranşehir, nella provincia di Şanlıurfa (Anatolia sudorientale), al confine con la Siria. Secondo il quotidiano «Hürriyet», che cita il governatore locale, Güngör Azim Tuna, a causare la deflagrazione sarebbe stata un’autobomba. L’attentato non è stato ancora rivendicato, anche se di solito sono i guerriglieri del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) o la fazione scissionista del Tak, i Falchi del Kurdistan, a colpire poliziotti o agenti. Il fatto che l’ordigno fosse stato piazzato vicino a una residenza di magistrati lascia, al momento, propendere per la pista del Pkk, fuorilegge in Turchia, anche se per ora gli inquirenti non si sbilanciano. A Istanbul, intanto, sono iniziati i lavori per la costruzione di una grande moschea a piazza Taksim, luogo simbolo al centro della metropoli sul Bosforo. Un’opera in discussione da decenni e che ha già scatenato forti polemiche, a due mesi dal cruciale referendum costituzionale sul presidenzialismo, voluto dal capo dello stato, Recep Tayyip Erdoğan. «È la soddisfazione di un bisogno», ha detto il sindaco della metropoli sul Bosforo, Kadir Topbaş, alla cerimonia di posa della prima pietra. Secondo il progetto, la moschea avrà 960 posti e un’altezza di circa 30 metri, escluso il minareto. Il nuovo complesso, che si prevede di completare entro due anni, ospiterà inoltre una sala conferenze, una biblioteca e un parcheggio sotterraneo. Gli analisti ricordano che la costruzione di una moschea a Taksim, pur con una diversa collocazione, era anche stata al centro delle proteste di Gezi Park, nel 2013. Come ha riferito il portavoce dell’esercito, Asif Ghafoor, le operazioni anti-terrorismo su vasta scala sono state lanciate dalla notte scorsa nell’intero paese per ordine del capo di stato maggiore, generale Qamar Javed Bajwa, e proseguono tuttora. Obiettivi prioritari sono stati «i covi insurrezionali» sparsi lungo la frontiera con il Pakistan, ha spiegato Ghafoor. Confiscati ingenti quantitativi di armi di ogni genere. Lo stesso confine afghano-pakistano è stato chiuso, e nella fascia di territorio adiacente sono in vigore «misure speciali» riguardanti la vigilanza. L’attentato suicida, portato a termine da un unico attentatore e successivamente rivendicato su internet dai jihadisti dell’Is, ha provocato la morte di 88 persone, tra cui venti minori, e il ferimento di altre 343. Proclamati tre giorni di lutto nazionale a partire da oggi. Vanno avanti, intanto, le indagini sul terreno per capire meglio le dinamiche della strage. L’attacco è avvenuto all’interno del santuario mentre era in corso la preghiera. In Afghanistan Violento attacco dell’Is KABUL, 18. Un violento attacco di miliziani del cosiddetto stato islamico (Is) contro presidi militari nell’est dell’Afghanistan ha provocato ieri la morte di almeno diciassette soldati. Lo ha riferito alla stampa locale Ahmad Ali Hazrat, responsabile del consiglio distrettuale della provincia di Nangarhar, precisando che l’attacco ha avuto luogo a Dih Bala. Hazrat ha aggiunto che i jihadisti hanno attaccato i militari da tre punti diversi. Il generale Doulat Waziri, uno dei portavoce governativi, ha poi reso noto che anche 21 combattenti dell’Is sono rimasti uccisi. Intanto, è stata confermata la morte dell’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Afghanistan, Juma Mohammed Abdullah al-Kaabi, che era stato gravemente ferito in un attentato il mese scorso a Kandahar. Lo hanno reso noto fonti del ministero degli esteri di Kabul. L’attacco del 10 gennaio scorso a Kandahar ha provocato tredici vittime, tra le quali anche Hashim Karzai, cugino dell’ex presidente afghano, Hamid Karzai. L’attentato non è stato rivendicato, ma le autorità hanno puntato il dito contro i miliziani della rete Haqqani. Secondo il Pentagono i vertici dell’Is hanno già iniziato ad abbandonare la città siriana Continuano gli scontri a Raqqa DAMASCO, 18. Dopo Mosul, in Iraq, i vertici del cosiddetto stato islamico (Is) hanno iniziato ad abbandonare anche la città siriana di Raqqa. Segno che i combattimenti vanno avanti e che ormai la caduta dei jihadisti appare inevitabile. È quanto riferiscono fonti del Pentagono sulla base delle ultime notizie ricevute della coalizione di forze curde e ara- be loro alleate impegnate sul fronte siriano. «Abbiamo cominciato a vedere che molti dei vertici e dei quadri dell’Is hanno cominciato a lasciare Raqqa» ha dichiarato il capitano Jeff Davis, uno dei portavoce del Pentagono, secondo il quale quanti fuggono «hanno preso atto che la loro fine è immminente». Davis ha però sottolineato che si tratta di «una ritirata molto ordinata e organizzata» per l’unica via di fuga rimasta, in direzione sud-est verso Deir Ezzor. L’offensiva su Raqqa era iniziata il 6 novembre scorso. Intanto, secondo diverse fonti, le truppe governative siriane sarebbero a circa 20 chilometri da Palmira, dopo aver recuperato terreno nei con- Bombardamenti nei pressi di Daraa al confine con il Libano (Afp) Nigeria sotto scacco delle violenze ABUJA, 18. Violenze senza fine in Nigeria. Almeno undici persone — nove tra attentatori suicidi e combattenti del gruppo terroristico di Boko Haram e due civili — sono state uccise dalle truppe nigeriane nel corso di uno scontro per respingere un attacco alla periferia nordest della città di Maiduguri Secondo testimoni oculari e fonti dell’esercito governativo di Abuja, si è trattato dello scontro più violento degli ultimi mesi nella città, roccaforte dei miliziani islamici. La polizia riferisce che tre donne attentatrici suicide hanno fatto esplodere veicoli parcheggiati in una stazione di camion, causando la morte di due civili. I soldati sono poi intervenuti, sparando contro uomini armati in motocicletta, che scortavano le attentatrici suicide, uccidendone almeno sei. L’attentatore è entrato nel tempio e ha lanciato una granata per diffondere il panico. Poco dopo si è fatto saltare in aria. Sembra che abbia agito in maniera isolata; non sono stati intercettati complici. Al momento dell’esplosione all’interno del tempio c’erano migliaia di fedeli, prevalentemente famiglie impegnate a celebrare il Dhamal, un antico rituale del sufismo. Come detto, a rivendicare l’attentato è stato prontamente l’Is, che in un comunicato pubblicato su internet ha lodato il gesto dell'attentatore. «Questo crimine barbarico non può essere giustificato. Speriamo che coloro che ci sono dietro non sfuggano alla punizione che meritano» ha scritto il leader del Cremlino Vladimir Putin in un telegramma di condoglianze inviato al presidente pachistano Mamnoon Hussain e al premier Nawaz Sharif per l’attentato suicida al tempio sufi. Putin ha ribadito che la Russia è pronta a sviluppare la cooperazione nella lotta al terrorismo «con i partner pakistani su base bilaterale». Boko Haram è un gruppo oltranzista islamico, fondato nel 2002 dallo sceicco Mohammed Yusuf, con l’obiettivo di combattere tutto ciò che è occidentale — dalle elezioni ai pantaloni e alle camicie — e di ripristinare una sharia senza compromessi con la modernità. Il terrore per impedire la normalizzazione è la strategia di Boko Haram nel nordest del paese africano. Anche se recentemente i jihadisti hanno perso terreno sul piano militare, di pari passo è cresciuta la loro ferocia. In particolare, è in continuo aumento l’utilizzo di ragazze — addirittura di bambine — per seminare morte e distruzione in mercati e luoghi di incontro. Nonostante le vittorie sbandierate dall’esercito che ha l’appoggio dei governi di Ciad, Camerun e Niger, Boko Haram non smette di colpire. A sei anni dalle rivolte Libia sempre più divisa TRIPOLI, 18. Sei anni fa, in Libia, iniziava la rivolta contro il colonnello Muammar Gheddafi. Oggi il paese nordafricano è sempre più nel caos e diviso da infinite tensioni. A Tripoli, secondo il portale di notizie Libya Observer, migliaia di persone hanno raggiunto ieri la simbolica piazza dei Martiri per le celebrazioni organizzate dal consiglio presidenziale. La capitale è divisa a tal punto che Khalifa Ghwell, a capo del governo di salvezza nazionale che non riconosce l’autorità del premier, Fayez Al Serraj, ha celebrato ieri l’anniversario della rivoluzione con i suoi sostenitori nell’aeroporto internazionale di Tripoli, danneggiato dai combattimenti del 2014. Le autorità della città di Al Bayda, che fu scelta come sede del governo di Abdullah Al Thani legato al parlamento di Tobruk, hanno invece an- nullato tutti gli eventi per motivi di sicurezza nel timore di proteste contro le forze del generale Haftar. Niente celebrazioni per i sei anni dalla rivoluzione neanche a Tobruk. L’inviato speciale Onu per la Libia, Martin Kobler, ha ricordato in un messaggio «gli uomini e le donne che sei anni fa hanno iniziato il cammino per il cambiamento». «È essenziale che i sacrifici di tanti libici non siano stati invano — si legge nel messaggio — Faccio appello ai gruppi rivali affinché pongano l’interesse della Libia al di sopra di tutte le considerazioni ed esortino coloro che non sono coinvolti nel processo a unirsi agli sforzi congiunti per trovare una soluzione politica». Il caos e le strategie per porre fine alla crisi saranno al centro dei colloqui di domenica e lunedì a Tunisi tra i ministri degli esteri di Tunisia, Algeria ed Egitto. fronti dei jihadisti dell’Is che avevano ripreso il controllo della città lo scorso dicembre. Gli scontri sono ripresi nella zona di Al Bayarat, nella parte orientale della provincia centrale di Homs, dove si trova appunto Palmira. Intanto, a meno di una settimana dalla quinta tornata di negoziati a Ginevra sotto l’egida delle Nazioni Unite, in programma a partire dal 23 febbraio, ancora non si sa con precisione chi in concreto vi prenderà parte, soprattutto in rappresentanza delle forze di opposizione, molto frammentate e divise tra loro: lo ha ammesso in conferenza stampa Yara Sharif, portavoce di Staffan de Mistura, inviato speciale dell’O nu. Sharif ha categoricamente smentito le indiscrezioni secondo cui le incertezze potrebbero condurre a un nuovo rinvio della conferenza, che in origine si sarebbe dovuta tenere l’8 febbraio e poi il giorno 20. La portavoce ha quindi ribadito che i lavori si baseranno sulla risoluzione numero 2254 del Consiglio di sicurezza dell’Onu, risalente al 18 dicembre 2015, nella quale si prevedono espressamente la stabilizzazione del paese, l’adozione di una nuova costituzione e la convocazione di elezioni. L’agenda sarà dunque assai più ampia rispetto a quella dei colloqui mediati da Russia, Turchia e Iran ad Astana, in Kazakhstan, la seconda fase dei quali si è conclusa ieri senza risultati. Referendum costituzionale nel Nagorno Karabakh VIENNA, 18. Un referendum costituzionale è stato organizzato lunedì dalle autorità filo armene del Nagorno Karabakh, ma la comunità internazionale «non ne accetterà» l’esito. I co-presidenti del gruppo di Minsk dell’O rganizzazione per la sicurezza e cooperazione in Europa (Osce) che operano come mediatori per una soluzione del conflitto sottolineano che il voto «non pregiudicherà in alcun modo lo status finale o l’esito dei negoziati in corso per arrivare a una soluzione pacifica e duratura del conflitto» nella regione contesa fra le Repubbliche dell’Azerbaigian e dell’Armenia. «Nessun paese, incluse Armenia e Azerbaigian, riconosce il Nagorno Karabakh come un paese indipendente e sovrano», si legge in una dichiarazione dell’Osce. I tre co-presidenti (gli inviati speciali di Russia, Stati Uniti e Francia) si sono incontrati ieri con i ministri degli esteri di Armenia e Azerbaigian a margine della conferenza di sicurezza a Monaco di Baviera. Gli emendamenti alla costituzione della regione proposti dal parlamento del Nagorno Karabakh — e sul quale sono chiamati alle urne i cittadini — includono la trasformazione del sistema di governo della regione da semi presidenziale a presidenziale. Prorogato in Tunisia lo stato di emergenza TUNISI, 18. Il presidente della Repubblica tunisina, Béji Caïd Essebsi, ha prorogato di tre mesi lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale. Lo ha reso noto ieri la presidenza in un comunicato. La decisione è stata presa dal capo dello stato dopo essersi consultato con il premier, Youssef Chahed, e il presidente del parlamento, Mohamed Ennaceur sulle questioni relative alla sicurezza nazionale, alla situazione generale e lungo le frontiere. Lo stato di emergenza era stato proclamato in tutto il paese dal presidente, Béji Caïd Essebsi, in seguito all’attentato terroristico al bus delle guardie presidenziali nel centro della capitale nordafricana il 24 novembre 2015 e successivamente prorogato più volte. Ieri l’annuncio del premier Chahed della definitiva revoca dello stato di emergenza entro tre me- si, il che fa presupporre che questa proroga sia l’ultima. E, intanto, il presidente Essebsi si è intrattenuto telefonicamente ieri con il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. I due presidenti hanno evocato le differenti tappe importanti che hanno caratterizzato le relazioni storiche tra i due paesi esprimendo la loro soddisfazione e la volontà di svilupparle in tutti i settori. Trump, inoltre, ha ribadito l’impegno degli Stati Uniti nel continuare a fornire alla Tunisia il sostegno necessario per rispondere alle diverse sfide alle quali si trova a dover far fronte, in particolare la lotta all’estremismo e al terrorismo, nemico comune di entrambi i paesi. Donald Trump ha sottolineato l’importanza di un prossimo incontro con il presidente tunisino a Washington per proseguire il dialogo relativo a questo tema. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 domenica 19 febbraio 2017 Il teologo e filosofo americano Notkero e il medioevo al plurale Gadda carolingio È morto Michael Novak Tra la libertà e l’America di RO CCO BUTTIGLIONE a amato la Chiesa e ha amato l’America. Era convinto che questi due amori fossero perfettamente compatibili l’uno con l’altro e anzi che la Chiesa avesse bisogno dell’America e che l’America avesse bisogno della Chiesa. L’America di Michael Novak era il paese del libero mercato, in cui ognuno con i suoi sforzi era in grado di guadagnarsi da vivere e, ma- H di SILVIA GUIDI dell’economia e della società, diffidava dello Stato e, naturalmente, era contrario al socialismo. Credeva nella solidarietà ma era contrario ad affidarne la realizzazione allo Stato. È stato uno dei protagonisti intellettuali della rivoluzione reaganiana che ha ridato forza all’economia americana e al primato degli Stati Uniti nel mondo. Era orgoglioso di essere amico di Ronald Reagan e di Margaret Thatcher. È stato forse (insieme con Ri- Dal concilio alla filosofia Era considerato uno dei maggiori pensatori cattolici statunitensi Michael Novak, morto a Washington il 17 febbraio. Nato a Johnstown, in Pennsylvania, il 9 settembre 1933, Novak aveva seguito da Roma per il «National Catholic Reporter» il concilio e da questa esperienza era nato il libro The Open Church (1964). Diplomatico, filosofo e teologo, è stato autore di decine di scritti, tra cui The Spirit of Democratic Capitalismo (1982), che ebbe un notevole impatto sui dibattiti politici degli anni ottanta, e The Catholic Ethic and the Spirit of Capitalism (1993), nel quale riafferma la centralità dell’uomo e il potenziale dell’economia di mercato. Dall’opera di Jacques Maritain, di cui era grande ammiratore, trasse la propria concezione della persona umana. In un lungo articolo pubblicato nel 1990 su «First Things» lo definisce «il vero architetto della tradizione cattolica moderna sia in Europa che in America latina». Al grande pensatore francese Novak riconosceva il grande merito di aver elaborato le fondamenta della democrazia liberale con un linguaggio aristotelico, ancorandolo alla concezione tomista della legge naturale. (solène tadié) gari, anche di fondare un impero industriale. Era un paese in cui lo Stato faceva poche cose, ma bene, e una grande massa di bisogni sociali trovavano risposta attraverso la libera iniziativa delle associazioni e delle comunità, e in modo particolare delle Chiese. Era convinto che la libera iniziativa fosse il motore chard John Neuhaus) il primo cattolico vissuto e sentito come una guida intellettuale non solo dei cattolici ma di tutto il popolo americano. Poi è venuta l’enciclica Centesimus annus di Giovanni Paolo II. Il Pontefice riconosce senza riserve il valore della libertà, e anche della libertà I economica. La libertà però esiste per rendere possibile il dono di sé nell’amore, per costruire comunità. E nessun uomo può essere abbandonato al suo destino anche se non riesce a farcela con le sue sole forze. La libertà è legata intrinsecamente con la solidarietà. La libera iniziativa e anche il capitale esistono per rendere possibile il lavoro, il lavoro per tutti. L’economia di mercato ha bisogno di essere sostenuta e limitata da sistemi etici, giuridici e religiosi per impedire che la persona umana sia fatta a pezzi dai meccanismi del mercato. Michael Novak fu subito entusiasta di questa enciclica, si diede da fare per diffonderla negli Stati Uniti e anche nei paesi dell’Est ai quali era legato a causa della sua origine slovacca. Diceva che il Papa aveva capito sino in fondo il cuore dell’America, ma che proprio per questo le poneva anche una sfida etica a cui essa non si poteva sottrarre: quella di costruire una società più giusta. Giovanni Paolo II lo volle conoscere e da allora il suo orgoglio più grande fu quello di essere un amico del Papa. Questo incontro lo indusse a sviluppare alcuni temi che non erano del tutto assenti nel suo pensiero precedente ma non avevano certo il rilievo che poi hanno preso. La parola “capitalismo” non ha lo stesso significato negli Stati Uniti e in America latina. Negli Stati Uniti significa libertà di impresa. In America latina significa il monopolio di élite ristrette che si impadroniscono di tutte le risorse e mantengono grandi masse umane in condizioni di indigenza e di semischiavitù. Anche nei paesi più avanzati si va affermando in questi ultimi decenni un altro tipo di capitalismo che vuole fare denaro con il denaro, senza investire e senza creare occupazione, lavoro e benessere per tutti. Ha vinto l’occidente la sfida etica lanciata da Giovanni Paolo II? Sembra proprio di no. Michael Novak è stato un testimone cristiano nel suo tempo, attento a tutti questi sviluppi. Proprio questo lo ha indotto a entrare in un dialogo simpatetico con il magistero di Papa Francesco che proprio questa crisi dell’occidente denuncia con inesausta energia. L’ultima volta che l’ho visto eravamo a Steubenville, alla Franciscan University dove insegnavamo insieme un corso breve. Abbiamo parlato per una settimana del Papa venuto dall’America latina, delle molte incomprensioni ma anche delle grandi potenzialità di questo pontificato per gli Stati Uniti. Ancora la Chiesa e l’America, i suoi grandi amori, e la fede come anima dell’America. È impossibile ricordare Michael Novak senza dire una parola su Karen, la moglie che tanto lo ha amato e che lui ha tanto amato. Adesso è tornato insieme con lei nel regno dei cieli dove sboccano alla fine tutti gli amori veri. Nella serie televisiva «Atlanta» Notkero Balbulo in un bassorilievo moderno del convento di San Gallo Rabbia e speranza a ritmo di rap di ED OARD O ZACCAGNINI ome non parlare di una serie tv che ha appena conquistato un Golden Globe per la miglior commedia e uno per il miglior attore protagonista? Come non soffermarsi su quel Donald Glover che è corpo e voce del personaggio principale di Atlanta, ma che è anche l’anima motrice dell’intera operazione? Lui l’ha ideata, lui l’ha scritta, lui l’ha prodotta e sempre lui, attore e famoso rapper americano — col nome di Childish Gambino — ha girato alcuni dei dieci episodi andati in onda prima negli Stati Uniti e poi in Italia, su Fox, dal 19 gennaio scorso. Ha scelto l’accumulo, il talentuoso Glover, l’avanzamento narrativo per frammenti indipendenti, senza colpi di scena drammatici. Ha usato palate di ironia, ma ha pure riempito i suoi quadri di dialoghi serrati che fanno impennare la tensione, che impongono riflessioni su questioni gigantesche che riguardano l’essere umano. Ha come smontato pochi segmenti da una linea retta più grande; ha messo insieme due pugni di episodi come le isole di un arcipelago, come i rami di uno stesso albero, liberi e slegati ma in fondo complementari. Serietà e leggerezza si alternano nella sorprendente libertà espressiva delle brevi frazioni di circa 25 minuti l’una, strappate dalle esistenze vagabonde di due cugini che vogliono aprirsi un varco nel mondo dell’hiphop: Earn (Glover, appunto) è deluso da un’esperienza all’università di Princeton, e chiede ad Alfred, rapper strampalato e rissoso che si fa chiamare Piper Boi, di potergli fare da manager; questi, dopo qualche tentennamento C iniziale, finisce per accettare la proposta del cugino. Con loro c’è Van, donna bella e pragmatica, sapiente e al tempo stesso fragile, precaria compagna di Earn e madre della loro incantevole figlioletta. Sono tutti e tre giovani, tutti e tre di Atlanta — la città di Martin Luther King e di Spike Lee — e tutti e tre di colore. Tutti e tre, inevitabilmente, alle prese col colore della loro pelle. La loro Atlanta è sfocata e sfuggente: se stessa e insieme punto di partenza per un racconto più ampio. Il rap riempie il loro spazio ai margini, il loro presente viziato e alterato dai social, è la colonna sonora del loro continuo sbattere sul vetro di un piccolo mondo inesorabilmente chiuso, è il lamento sublime che accompagna il loro vivere sospesi tra gli schemi del ghetto e un’affannosa, rabbiosa e forse rassegnata speranza. «Il rap è questo — sentenzia Piper Boi — trarre il meglio da una brutta situazione». Non sanno scendere, i ragazzi di Atlanta, da una giostra che gira su se stessa senza andare da nessuna parte. «Continuo a perdere — risponde Earn a un estraneo sul bus — come per una sorta di bilanciamento. Per facilitare le cose ai vincenti». Donald Glover non grida il disagio dei suoi personaggi, al contrario, quasi lo nasconde in un linguaggio spiazzante, disorientante per i continui paradossi mostrati, per gli assurdi da cui scoppia un fragoroso e irresistibile umorismo. Capitano cose buffissime in Atlanta, strane fino all’incredibilità: ecco un Justine Bieber di colore, ecco automobili invisibili, ecco rifiuti umani dai grotteschi comportamenti, ecco una press agent che scambia Earn per uno che gli ha rubato un sacco di clienti. Ecco un talk show zeppo di folli spot pubblicitari. Il surreale l nome della collana, mediEVI, è già un chiaro suggerimento di metodo. «Il nostro secolo — si legge nel volume Il secolo di Carlo Magno. Istituzioni, letterature e cultura del tempo carolingio a cura di Ileana Pagani e Francesco Santi (Firenze, Sismel Edizioni del Galluzzo, 2016, pagine X + 378, euro 46) — ha raggiunto una consapevolezza del significato del medioevo che la coscienza intellettuale europea aveva smarrito; fuori dalle maglie dell’ideologia, si scopre popolato di differenze, tempo di paradossi, grande fucina di idee, di stili di vita e di forme letterarie». Se il medioevo è plurale, scrivono i curatori, plurali dovranno essere gli strumenti critici da mettere in opera per comprenderne la tradizione letteraria. Nel libro sono raccolte le relazioni presentate in due convegni che si sono svolti nel 2014, a milleduecento anni dalla morte di Carlo Magno, uno spaccato della vita culturale del mondo carolingio, significativo di molti suoi aspetti anche se non esauriente, «cosa questa del resto quasi impossibile, vista la ricchezza e la complessità che questo mondo ha rivelato e continua a confermare». Non si tratta solo del classico tòpos della modestia abituale nelle pubblicazioni accademiche. Più si studia e si esamina con attenzione, più il mondo letterario carolingio si rivela complesso e sfuggente, difficile da comprendere davvero, anche nel caso degli scrittori dallo stile più vivace e brillante, più vicino al nostro gusto e per questo più conosciuti, come l’autore dei Gesta Karoli, il monaco Notkero Balbulo. irrompe nella scena per sedersi accanto a situazioni dense di un realismo misurato, che allora, di colpo, diventa assurdamente magico, ma che in ogni caso lascia ribollire, senza farla mai esplodere del tutto, la problematica condizione dei protagonisti. Il sociale è sussurrato, il politico è soffiato in questa serie che cuoce a fuoco lentissimo un ritratto dell’integrazione razziale, oggi, mentre descrive con divertenti provocazioni una società smarrita e stravolta, che punta il telefonino su qualsiasi cosa, che concepisce tutto come merce, che punisce il dolore e la fragilità, vedi la scena, quella sì, solo drammatica, del pazzo preso a manganellate dai poliziotti nel commissariato. Una società in cui i sogni di un povero, frastornato e disarmato Earn di- ventano inarrestabili fallimenti. «Come esseri umani — prosegue il personaggio interpretato da Glover — dovremmo avere la possibilità di sbagliare, per capire come riuscire nella vita. Dovrebbe essere un percorso per essere felici». La verità di Atlanta, seppure avvolta nel sarcasmo, è che i fragili pagano un conto salatissimo, anche se sanno rimanere onesti e coerenti con se stessi, come in fondo fanno Earn e Van, che potrebbero adottare scorciatoie, vendersi e sporcarsi, ma che invece, come nel party a casa dei benestanti insopportabilmente gentili, sbottano per l’odore di ipocrisia che sentono dovunque, e appena fuori, in una delle centellinate sequenze sentimentali di Atlanta, si amano nell’automobile, come mai, prima di allora avevano fatto. «Nel 2000 — nota acutamente Ileana Pagani — la “fantastica collezione di aneddoti” di Notkero può ancora tornare utile ad Alessandro Barbero come giacimento a cui ricorrere, senza apparente mediazione, quando si vuole applicare ad un Carlo Magno presunto reale qualche pennellata pittoresca che alleggerisca il narrare dello storico». Per il lettore del ventunesimo secolo è ancora affascinante l’enfasi barocca e grottesca tipica della scrittura di Notkero, una sorta di Gadda carolingio con uno spiccato gusto per l’iperbole, la fantasia immaginifica e il surreale. Ma riflettendo sul testo emerge quel disagio che segnalava, alla fine degli anni Settanta, lo studioso Gustavo Vinay in Altomedioevo latino. Conversazioni e no (Napoli, 1978): «Quando un prosatore altomedievale non si pone chiaramente sul piano della dimostrazione e si abbandona all’estro, è sempre assai difficile afferrare la sua logica, detto più elementarmente, quando faccia sul serio o per scherzo, per satira o per gioco, per interesse o gratuito immaginare. Siamo troppo avvezzi a una distinzione di generi per non rischiare di smarrirci quando ci troviamo a fare i conti con testi in cui si mischiano storia, novella, epica agiografica e tante altre cose in un continuo rincorrersi di verità invenzioni menzogne così mischiate da non riuscire a isolarle con nessuno dei nostri reagenti». Tra l’ultimo ventennio dell’VIII secolo a tutto il IX secolo scoppia una febbre espressiva che dà origine alle opere più disparate, tra cui un corpus poetico molto vasto — le oltre 3200 pagine di poesia raccolte nei Monumenta Germaniae Historica ne sono una prova, Corinna Bottiglieri nel suo percorso di lettura parla di una vera e propria “ossessione versificatoria” — e un’inesausta opera di lettura, taglio e ricucitura degli expositores nel caso dei commenti alla Bibbia. Si vuole ascoltare — scrive Rossana Guglielmetti — la polifonia della tradizione per confrontare, scegliere e intessere così la propria linea di lettura, componendo «un’esegesi incontentabile, con il suo brulicare di esiti raffinati o rudi, fortunati o sepolti in copie isolate». Per questo, chiosa Francesco Santi nella premessa al libro, paradossalmente «il fatto di non aver generato un’immagine conclusiva di quest’epoca ce la restituisce a un livello maggiore di comprensione, ovvero come una figura in movimento». L’OSSERVATORE ROMANO domenica 19 febbraio 2017 pagina 5 Pablo Picasso «Ragazza davanti allo specchio» (1932) di LUCETTA SCARAFFIA on succede spesso che uno storico medievista ponga al suo ambito di studi domande che nascono dall’attualità, e cerchi di rispondere attraverso una ponderosa e approfondita ricerca. Questo approccio inedito fa dell’ultima opera di Jérôme Baschet (Corps et âmes. Une histoire de la personne au Moyen Âge, Paris, Flammarion, 2016, pagine 408, euro 26), importante studioso francese che è stato allievo di Le Goff, un libro particolarmente interessante. L’interesse si fa ancora più forte vedendo che la domanda riguarda un tema essenziale, la concezione di persona, e le sue origini cristiane. Quanto di questa radice religiosa ha influito nel creare la specificità della cultura occidentale? Quanto ha determinato quella separazione fra spirito e materia che rende diversa questa cultura da tutte le altre che si basano invece su concezioni moniste dell’essere umano? Separazione decisiva perché poi corrisponde a una netta divisione fra l’essere umano e il mondo animale e, più in generale, fra l’essere umano e il mondo naturale, che diventa così campo libero da conquistare con la tecnica. In un’Europa che nega le sue radici cristiane fa un certo effetto scoprire che il termine stesso di persona, inteso nel significato attuale, ha radici teologiche: nasce dal concetto di Trinità, definita come una sola essenza in tre persone. Nel concilio di Calcedonia del 451, poi, si era stabilito che in Cristo le due nature, umana e divina, si uniscono in una sola persona. Sarà nel XII secolo che il termine persona scivola dall’ambito trinitario e cristologico a quello antropologico, e da allora viene usato per designare l’essere umano. La persona umana viene infatti definita come articolazione complessa di due entità fortemente differenziate, l’anima e il corpo. N Nell’ultimo libro di Jérôme Baschet le origini cristiane dell’idea di persona Se finisce il paradosso dell’interiorità opposti, mobilitato con successo anche per pensare la Chiesa e la società. Al cuore del funzionamento ecclesiale troviamo quindi la logica della spiritualizzazione del corporale, che non viene cancellato né disprezzato, bensì guidato da un principio spirituale. Nella stessa epoca, l’uso crescente delle immagini prova che è possibile dare una forma materiale allo spirituale. Le eresie del tempo, invece, sposano un’idea dualista: i catari ad esempio affermano che lo spirito si salva solo se separato dal corpo, mentre l’unione significa corruzione. In questo modo distruggono dalle fondamenta la legittimità dell’istituzione ecclesiale. Al cuore del funzionamento ecclesiale Ma, dall’altra parte, una confusione troppo troviamo la logica forte fra spirituale e della spiritualizzazione del corporale temporale — testimoniata dalla vita dissoluta Che non viene cancellato né disprezzato del clero — rischia di dibensì guidato struggere la Chiesa dando ragione alle denunce da un principio spirituale anticlericali. Quello che per l’istituzione può essere considerato un La formazione del corpo deriva dai ge- equilibrio positivo ad altri occhi può semnitori, in particolare dal padre — secondo brare un compromesso degradante con il la teoria scientifica aristotelica, in genere mondo. preferita a quella di Galeno, che dava un Le eresie — a cominciare da Wyclif, che posto anche alla madre — mentre l’anima avrà influenza su Hus e poi su Lutero — è creata direttamente da Dio. L’origine di ogni vita umana s’iscrive quindi in un intervento personalizzato di Dio, una sorta di supplemento della creazione iniziale. Ed è proprio grazie alla creazione singolare di ogni anima che nasce il concetto di essere individuale. Concetto che trova poi conferma e rafforzamento nell’idea della sopravvivenza dell’anima singola dopo la morte. L’individuazione si compie dunque attraverso un legame singolare ed esclusivo con la divinità. Anche se la morte significa, infatti, la separazione fra le due entità costitutive, la sopravvivenza dell’anima assicura una forte continuità della persona. Baschet documenta la tendenza antidualista caratteristica della cultura medievale, che costruisce un legame dialettico e continuo fra le due nature che compongono l’essere umano, e che si allarga a una visione del rapporto con il regno animale e quello naturale molto meno separati dall’essere umano rispetto a come li intendiamo oggi, perché entrambi comunque parti del creato, e quindi frutto della volontà divina. Questo modello antropologico, fondato sull’articolazione positiva dello spirituale e del corporale, serve anche a pensare un modello di funzionamento del corpo sociale, e in particolare della Chiesa. Nel medioevo si sviluppa infatti una perfetta omologia fra la concezione di persona umana e quella di organizzazione sociale, attraverso una dinamica antidualista che accompagna e garantisce l’affermazione dell’istituzione ecclesiale. Il clero, che rappresenta la parte spirituale, assume quindi una posizione dominante sui laici, che rappresentano la parte corporale, trovando nella costituzione stessa dell’umano una legittimazione alla sua pretesa di guidare la società, assumendo così una sorta di paternità spirituale nei confronti dei laici. Secondo Ugo di San Vittore chierici e laici si uniscono nel formare la totalità del corpo di Cristo, che è la Chiesa. Vediamo quindi come la concezione della persona umana, insieme alla matrice Simon Marmion, «L’anima di san Bertino teologica dell’Incarnazione, costituisca un trasportata a Dio» (1459) potente modello di congiunzione degli negano la possibilità stessa della Chiesa come istituzione del paradosso, fondata sull’incarnazione dello spirituale e sulla spiritualizzazione del corporale. Baschet osserva che la capacità di articolazione dei contrari, pur implicando una differenza gerarchica fra le parti, conduce a una valorizzazione dell’elemento dominato. Il rispetto della gerarchia, infatti, porta all’egualizzazione, cioè all’identificazione con l’elemento dominante. E comunque il cristianesimo medievale insiste sull’unità del genere umano, garantita dalla natura divina dell’anima. La stessa tensione all’egualizzazione si riscontra in un’altra dinamica che riprende questa articolazione duale fra corporale e spirituale, quella fra maschile e femminile. Non solo la nascita di Eva dalla costola, cioè dal fianco, sta a simbolizzare una dimensione orizzontale del rapporto tra lei e Adamo, ma in ogni caso la formula mulier ex viro si applica solo al corpo, cioè alla parte inferiore della persona. Secondo Tommaso, poi, Eva è stata creata a partire dal corpo di Adamo perché egli le si attacchi di più, la ami di più. È infatti dal mito narrato dalla Genesi che nasce il matrimonio cristiano monogamico e indissolubile. In sostanza, la dimensione egualitaria fra i sessi si fonda sul loro comune rapporto con Dio. L’identificazione del femminile con il corpo fa sì che la riabilitazione dell’uno comporti anche quella dell’altro: processo rimasto così impresso nella tradizione occidentale che ne abbiamo visto ancora una realizzazione negli ultimi decenni del Novecento, quando la liberazione femminile si è accompagnata a una valorizzazione quasi esasperata del corpo. Lo statuto della Chiesa, al tempo stesso simbolicamente femminile e incarnata dagli uomini, è propizio a un intenso lavoro di articolazione dei valori associati al maschile e femminile. Anche in questo caso troviamo la compresenza di un elemento gerarchico e di una tensione egualitaria, confermata dalla certezza che non esiste nell’anima distinzione di sesso. Da questo deriva infatti una conseguenza fondamentale: l’uomo e la donna sono entrambi a immagine di Dio, perché è con l’anima che siamo a immagine di Dio. Baschet conclude scrivendo che esiste un’invariante condivisa da tutte le culture: la dualità fra il somatico e l’animico. Cambia il modo in cui queste due componenti si articolano. E affinché due esseri umani riescano a farne un terzo è necessario un elemento esterno, animatore. Una seconda invariante è costituita dal fatto che al momento della morte le entità dell’anima si separano dal corpo. Proprio su questo punto, però, le concezioni cristiane si distinguono profondamente dagli esempi presi da altre culture. La differenza consiste proprio nell’unità-continuità della persona — rinforzata dall’idea della creazione divina individualizzata di ogni anima — mentre le altre culture prevedono o una concezione di cicli animici (metempsicosi) oppure una dispersione della persona dopo la morte. A queste differenze si aggiunge quella fra rapporto adattativo e rapporto trasformativo del mondo. Da una parte, l’umano è costituito della stessa energia dell’universo, dall’altra, mentre il corpo mantiene un’analogia con gli elementi che compongono il mondo materiale, l’animico rompe ogni legame con il contesto per far prevalere, nella modalità della sua costituzione, una relazione esclusiva con la divinità. Con Descartes il difficile equilibrio che la cultura medievale continuava a cercare concezione moderna, scartando queste relazioni a profitto di un legame esclusivo con la trascendenza divina. In questo cristallizzarsi della specificità occidentale viene a scomparire la più profonda ricchezza del pensiero medievale, quel paradosso dell’interiorità che poneva nel punto più interno della persona il rapporto con l’Altro, cioè con il massimo di esteriorità. Un paradosso in cui la relazionalità è proiettata il più lontano possibile, cioè verso l’assoluta trascendenza divina. Il medioevo, conclude quindi Baschet, è stata l’epoca meno dualista della storia occidentale, quando la necessaria articolazione fra l’anima e il corpo — legata strettamente all’Incarnazione — sosteneva l’istituzionalizzazione dello spirituale, quindi la necessità della Chiesa. Oggi questa concezione occidentale della persona è in crisi. La perdita di una dimensione di appartenenza comunitaria e di un legame analogico con il mondo naturale hanno creato gravi problemi che è sempre più difficile affrontare. Uno dei quali, e certo non secondario, è la crisi delle istituzioni. Guardare al nostro passa- fra anima e corpo si rompe: l’io viene identificato con l’anima, cioè con la parte che pensa. Questa affermazione implica una riconfigurazione del rapporto fra umano e non umano che, eliminando la possibilità di una entità intermedia, l’anima sensitiva, accentua fortemente lo scarto fra uomo e animale. Il pensiero è l’inizio assoluto, il fondamento che non richiede altro che se stesso: emerge così con chiarezza il carattere autofondatore della sostanza pensante. Con Locke la coscienza di sé supplisce interamente l’anima: è concepita come interiorità pura che dipende unicamente da se stessa. Si affaccia così nel panorama intellettuale europeo la novità radicale di una concezione della persona che può essere definita come a-relazionale, perché non iscrive nella persona stessa nessuna relazione necessaria alla sua costituzione. Nasce così l’individualismo moderno, che si basa sulla concezione autofondata della persona, rivendicata solo come coscienza. Per questo l’individuo è considerato il valore supremo, anche superiore alla società, dal momento che non deve nulla a nessuno, e s’inaugura la teoria del contratto sociale, che postula l’anteriorità dell’individuo rispetto alla società. La rottura decisiva avviene con l’affermazione indiscutibile dell’eccezione umana, che comporta il passaggio dal«L’uomo universale» l’analogismo — e cioè da (XIII secolo, illustrazione del «Liber divinorum operum» di Ildegarda di Bingen) un mondo in cui la natura presentava aspetti di analogia rilevanti con l’essere umano – to, sembra suggerire Baschet, può essere al naturalismo. Così l’individuo autofon- molto utile per suggerire dei correttivi a dato e a-relazionale, che dipende solo dal- un sistema filosofico caduto in crisi prola coscienza di sé, liberato da ogni legame fonda. In questa lunga riflessione — e nel suo costitutivo con il mondo e con la trascendenza, autorizzato a considerare se stesso legame con l’attualità — stanno l’interesse come proprio fondamento e a riferirsi a sé del libro e la sua novità. Per quanto risolo, si sente padrone del mondo naturale. guarda la società moderna, però, l’autore sembra dimenticare il forte turbamento all’assetto filosofico duaOggi è in crisi le, da lui giustamente identificato come mola concezione occidentale della persona derno, impresso dal La perdita di appartenenza comunitaria darwinismo, che ha posto bruscamente fine e di un legame analogico con il mondo naturale all’eccezione umana, hanno creato problemi difficili da affrontare riportando la persona nell’ambito della natura animale. Senza però La separazione fra spirituale e materiale è indebolire la concezione di individuo aula condizione per la nascita della scienza tofondato, né la sua identificazione con la moderna: prima c’è il concetto di creazio- coscienza di sé. Il modello interpretativo ne, sulla quale veglia l’ombra di Dio, poi da lui proposto suggerisce invece, proprio su questo punto, nuove e interessanti piste ci sarà la natura senza Dio. Mentre questo accade nella cultura oc- di riflessione. In sostanza, alla luce del lungo excurcidentale, la maggioranza delle altre culture iscrivono la persona entro legami costi- sus storico di Baschet, si potrebbe ripentutivi con la parentela o con il gruppo so- sare alla concezione attuale della persona ciale di appartenenza, così come con l’am- in occidente con occhi resi più acuti dal biente non umano. Già la cultura medie- distacco storico, e quindi più capaci di vale però aveva aperto la strada verso la comprendere il presente. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 domenica 19 febbraio 2017 I vescovi statunitensi sulla riforma sanitaria Liberi di servire Anche gli anglicani chiedono al governo canadese di consentire l’ingresso ad altri 7000 rifugiati Necessità di accoglienza OTTAWA, 18. Continuano le prese di posizione delle Chiese in Canada contro le decisioni del presidente Trump di limitare negli Stati Uniti d’America gli ingressi dei migranti provenienti da alcuni paesi musulmani e la costruzione di un muro lungo la frontiera con il Messico. Preoccupati da queste misure restrittive i cristiani canadesi invitano il premier ad attuare politiche di accoglienza più inclusive. E dopo le richieste della Chiesa cattolica, giovedì, si sono aggiunte quelle della Comunione anglicana. Infatti, la diocesi della regione British Columbia ha chiesto ufficialmente al governo di aumentare i livelli di accoglienza dei rifugiati al fine di consentire l’ingresso quest’anno di almeno altre settemila persone rispetto a quanto prospettato. In un comunicato, la diocesi ha osservato che il Canada ha fissato per il 2017 un obiettivo di inserimento pari a Le parrocchie brasiliane e il fenomeno del pentecostalismo BRASÍLIA, 18. Una riflessione approfondita sul fenomeno del pentecostalismo e del neopentecostalismo. È quella condotta dal Consiglio episcopale pastorale della Conferenza episcopale brasiliana riunito nei giorni scorsi a Brasília, con l’obiettivo innanzitutto di conoscere meglio queste realtà che stanno registrando una forte e continua espansione nel Paese e conseguentemente adottare anche alcune nuove scelte pastorali. Punto di partenza per la discussione, riferisce l’agenzia Sir, è stata la relazione di Francesco Biasin, vescovo di Barra do Piraí - Volta Redonda e presidente della Commissione per l’ecumenismo e il dialogo interreligioso. È necessario «rendere più agile la nostra attenzione sociale», ha avvertito il presule, il quale ha spiegato che spesso le motivazioni che spingono ad abbandonare la comunità cattolica sono materiali e relative a bisogni molto concreti. Spesso il fedele è conquistato da una promessa di aiuto materiale e i pentecostali, è stato sottolineato, si rendono particolarmente vicini nei momenti di sofferenza. In questo senso, il vescovo ha osservato che la domanda che a volte si pone la gente è: «Perché in queste circostanze in cui si rendono conto della gravità della situazione, loro si fanno presenti e noi invece no?». Un secondo aspetto della relazione ha toccato la necessità di promuovere piccole comunità che abbiano dei laici come riferimento. Il vescovo ha affermato: «Abbiamo parrocchie così grandi che, in generale, i nostri fedeli non si sentono a casa, ma come lasciati soli e abbandonati; mentre si sentono a casa, accettati, apprezzati e accolti in piccole comunità di gruppi pentecostali». Una possibile risposta è allora quella, per la Chiesa cattolica, di «rafforzare il clima di famiglia nelle parrocchie» attraverso piccole comunità, gruppi di preghiera, gruppi giovanili e altre simili iniziative, investendo decisamente nella formazione dei laici. Una terza proposta, da parte di monsignor Biasin, è stata quella di «investire sulla catechesi e sulla formazione biblica», dato che nella maggioran- za dei casi «le persone che aderiscono al pentecostalismo sono ingenue e prive di un sufficiente approfondimento sulla loro fede». Un’altra raccomandazione riguarda la necessità di «coltivare la spiritualità». Infatti, «i pentecostali cercano un’esperienza spirituale; desiderano sperimentare la presenza dello Spirito santo». 25.000 donne e uomini, rispetto alle 44.800 unità dell’anno prima. La dichiarazione ricorda come ci sia ora una «necessità senza precedenti di accoglienza di rifugiati», ancor più dopo le prese di posizione del vicino di casa statunitense. Da qui, l’appello rivolto all’esecutivo canadese «per continuare a mostrare un ruolo di leadership. Ci rendiamo conto che non spetta solo a noi riempire il vuoto che il governo degli Stati Uniti ha lasciato in materia al momento, ma dobbiamo comunque impegnarci per fare del nostro meglio». Nei giorni scorsi, la conferenza dei gesuiti del Canada e degli Stati Uniti ha denunciato con fermezza l’ordine esecutivo dell’amministrazione Trump «che sospende ed esclude i rifugiati e mette al bando i cittadini di sette Paesi» definendolo un «affronto alla nostra missione e un attacco ai valori americani e cristiani». «Noi gesuiti, tramite il nostro lavoro nelle scuole superiori, nelle università, nelle parrocchie e in ministeri caratteristici come il Servizio dei gesuiti per i rifugiati (Jrs) — si legge nella dichiarazione — abbiamo una lunga tradizione, di cui andiamo fieri, di accoglienza e di accompagnamento dei rifugiati, a prescindere dal culto che professano. Continueremo il nostro lavoro, in difesa e in solidarietà verso tutti i figli di Dio, musulmani o cristiani. Il mondo è profondamente afflitto e molti dei nostri fratelli e sorelle so- no legittimamente terrorizzati. La nostra identità cattolica e gesuita — conclude la dichiarazione — ci chiama ad accogliere lo straniero e ad avvicinarci a diverse culture e tradizioni religiose con apertura e comprensione. Non dobbiamo farci prendere dalla paura. Dobbiamo continuare a difendere i diritti umani e la libertà religiosa». Attualmente, il Canada gestisce un modello di accoglienza in collaborazione con molte realtà private presenti sul territorio, organizzazioni di varie dimensioni che in base alle possibilità si fanno carico dei progetti di inserimento nel paese, anche da un punto di vista economico. Dei 25.000 ingressi previsti quest’anno — riferisce il sito riforma.it — il governo canadese prevede di finanziarne 7500, mentre l’ampia quota restante sarà frutto di sponsorizzazioni private che provvederanno ai bisogni primari nei primi mesi di residenza nella loro nuova patria. Da qui la richiesta di pareggiare almeno l’investimento previsto dai privati. Da sola la diocesi anglicana della British Columbia sta sostenendo al momento 268 persone, grazie allo sforzo di oltre 500 volontari disseminati sul territorio. Fra loro si segnalano il centro islamico di Nanaimo e la moschea Al-Iman di Victoria con cui esiste una proficua collaborazione basata sull’aiuto all’integrazione dei nuovi arrivati di fede islamica. I mennoniti lanciano Renewal 2027 AUGUSTA, 18. Un centinaio di esponenti mennoniti provenienti dai cinque continenti si sono dati appuntamento nei giorni scorsi ad Augusta, in Germania, per lanciare la decade «Renewal 2027» (Rinnovamento 2027). Il progetto, che nei prossimi dieci anni prevede una serie di iniziative in tutto il mondo, vuole preparare alla commemorazione dei cinquecento anni dall’inizio del movimento anabattista. Storicamente i mennoniti possono essere fatti risalire al movimento anabattista nato a Zurigo in concomitanza con la Riforma di Ulrico Zwingli, ma facente parte di quel ramo di pensiero denominato «Riforma radicale». Questa corrente fu aspramente contrastata dalla Riforma protestante detta «magistrale» e, in seguito alle persecuzioni subite, si diffuse nel sud della Germania, in Austria e in Olanda e da lì nelle sue varie forme (mennoniti, amish, quaccheri) nel mondo intero, e in particolare negli Stati Uniti e in Canada. Il 24 febbraio 1527, al fine di ribadire gli originali principi dell’anabattismo, i seguaci si radunariono a Schleitheim, località nel cantone svizzero di Sciaffusa, per compilare il «Fraterno accordo di alcuni figli di Dio concernente sette articoli». Lo stesso anno si tenne nella città di Augusta anche il cosiddetto «Sinodo anabattista»: i leader presenti furono successivamente quasi tutti uccisi, così da tributare all’evento il nome di «Sinodo dei Martiri». Per lanciare le celebrazioni in occasione del quinto centenario del movimento che si terranno nel 2027, il comitato esecutivo della conferenza mennonita mondiale ha convocato proprio ad Augusta un incontro tra gli esponenti della storica denominazione. Si tratterà, hanno spiegato i promotori dell’iniziativa, di un’occasione per «rinnovare e approfondire la fede cristiana in prospettiva anabattista». Una casa delle religioni a Torino TORINO, 18. Proseguono a Torino gli incontri preparatori per l’istituzione di una casa delle religioni, uno spazio urbano “multifede” dove gli appartenenti alle diverse minoranze religiose possano sperimentare il dialogo e costruire valori condivisi. Partendo dall’esempio di altre virtuose esperienze europee, l’idea che sinora è emersa ruota attorno a due poli: offrire a chi è privo di luoghi di culto un’alternativa per poter praticare la propria fede — esigenza avvertita soprattutto da musulmani e ortodossi romeni — e al contempo dare vita a uno spazio di scambio anche a livello di tematiche culturali e sociali. WASHINGTON, 18. La «prima» e la «più preziosa» delle libertà. I vescovi statunitensi tornano a battere il tasto sulla necessità di arrivare a un pieno riconoscimento della libertà religiosa, una delle questioni che forse più di altre negli ultimi anni hanno occupato la scena del dibattito interno. La vicenda riguarda alcuni aspetti della riforma dell’Health and Human Services, il servizio sanitario nazionale, impostata dalla passata amministrazione della Casa Bianca, che tra altre cose impone, come è noto, la copertura assicurativa anche per farmaci e dispositivi che possono causare aborti, o per altre pratiche contrarie alla morale cattolica. Mettendo così di fatto con le spalle al muro congregazioni religiose — in particolare le Little Sisters of the Poor hanno avviato un complesso contenzioso giuridico — ed enti catto- scopali (Laici e famiglia, Libertà religiosa, Giustizia e sviluppo umano). I presuli ricordano come «il diritto di tutti gli esseri umani alla libertà religiosa, sulla base della dignità intrinseca a ogni persona», sia stato a lungo sostenuto dall’episcopato cattolico e come «nel corso degli ultimi anni, con nostra grande costernazione, il governo federale ha eroso questo diritto fondamentale, la nostra prima e più preziosa libertà». In questo senso, i presuli citano il caso delle Little Sisters of the Poor sulle cui attività gravano ancora pesanti sanzioni di decine di milioni di dollari. Di qui anche la necessità di dare attuazione a un cambio di marcia, ampiamente annunciato, tanto che ai primi di febbraio diversi organi di informazione avevano dato come per imminente la firma in tal senso lici gestori di cliniche e strutture di assistenza sanitaria. I vescovi adesso ribadiscono la loro posizione e chiedono nella sostanza al nuovo presidente di consentire «a tutti gli americani di poter praticare la loro fede senza dover subire gravi sanzioni da parte del governo federale». Lo stesso Trump aveva infatti assicurato che la sua «amministrazione farà tutto quanto in suo potere per difendere e proteggere la libertà religiosa nel nostro paese». Parole ricordate adesso in una dichiarazione, diffusa dal sito in rete dell’episcopato statunitense, firmata dal cardinale arcivescovo di New York, Timothy Michael Dolan, presidente della commissione per le attività pro-life e da altri tre presuli — Charles Joseph Chaput, William Edward Lori, Frank J. Dewane — responsabili di altrettante commissioni epi- di un ordine esecutivo da parte della Casa Bianca. «Sollecitiamo l’adempimento di questa promessa», scrivono i vescovi, i quali auspicano che «la fondamentale tutela della libertà religiosa possa essere ripristinata e anche rafforzata». È insomma «necessario un rimedio immediato» perché senza di esso «la nostra libertà di servire, come dimostrato dalle Little Sisters of the Poor e da quanti servono i poveri, rimarrà in pericolo, e l’inutile conflitto tra la comunità di fede e il governo federale continuerà». In quanto cristiani, si ribadisce, «il nostro obiettivo è quello di vivere e servire gli altri come chiede il Vangelo. Ripristinare il corretto rapporto del governo federale con il primo emendamento e altre leggi che proteggono la coscienza e la libertà religiosa ci permetterà di continuare il nostro servizio agli americani più vulnerabili». Quarantacinque anni di cooperazione ecumenica in Europa PARIGI, 18. Si svolgerà nella capitale francese dal 20 al 21 febbraio l’incontro del Comitato congiunto del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) e della Conferenza delle Chiese europee (Kek). Istituito nel 1972, all’indomani della nascita del Ccee (1971), il Comitato si riunisce annualmente e ha come compito principale quello di definire e supervisionare le varie iniziative congiunte dei due organismi. Tra le attività finora realizzate figurano le tre grandi assemblee ecumeniche europee (Basilea, 1989; Graz, 1997; Sibiu, 2007) e la redazione della Charta oecumenica (2001) che contiene le linee guida per accrescere la cooperazione tra le Chiese cristiane in Europa. Il Comitato riunisce, oltre alle presidenze e ai segretari generali dei due organismi, alcuni altri membri nominati rispettivamente dalla Kek e dal Ccee, per un totale di sette membri per delegazione. Nell’incontro di Parigi, viene spiegato in un comunicato, le due delegazioni ripercorreranno le tappe che hanno segnato questi 45 anni di cooperazione e si confronteranno sulle possibili prospettive di collaborazione future. Le giornate saranno scandite da momenti di preghiera secondo le varie tradizioni delle confessioni cristiane presenti all’incontro. La delegazione della Kek sarà guidata dal vescovo anglicano Christopher Hill, quella del Ccee dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco. L’OSSERVATORE ROMANO domenica 19 febbraio 2017 pagina 7 Nella relazione del promotore di giustizia del tribunale dello Stato della Città del Vaticano Nuovi impegni È il risultato di uno «sforzo di grande complessità e imponenza», giunto ormai a compimento con le riforme volute da Papa Francesco, che consente allo Stato della Città del Vaticano di porsi a pieno titolo sullo stesso livello giurisdizionale degli altri paesi della comunità internazionale, pur mantenendo ben solide identità, sovranità e impermeabilità del suo ordinamento giuridico. Gian Piero Milano, promotore di Giustizia, definisce così il rinnovato sistema giuridico dello Stato della Città del Vaticano scaturito dalle riforme iniziate da Benedetto XVI e poi portate a compimento e ampliate da Papa Francesco. Ne ha parlato sabato mattina, 18 febbraio, in occasione della cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, svoltasi nell’Aula vecchia del Sinodo. Nella sua relazione — 46 pagine, suddivise in 9 capitoli, corredate da 10 pagine di tabelle rias- organi per il controllo finanziario; e orientata, la terza, all’ampliamento della giurisdizione degli organi giudiziari vaticani sempre nell’intento di contrasto ai crimini in questo settore. Per quanto riguarda l’ambito legislativo, le riforme introdotte o portate a compimento nel pontificato di Francesco hanno interessato soprattutto l’ambito penale, più specificatamente le varie forme di criminalità finanziaria, di riciclaggio del denaro frutto di attività illegali e di contrasto al terrorismo internazionale. Si è trattato di un adeguamento normativo dovuto alla sottoscrizione di convenzioni internazionali cui ha aderito la Santa Sede, anche a nome e per conto dello Stato Vaticano. Un cambiamento piuttosto radicale, al quale non sono state risparmiate critiche sul piano dottrinale. La contestazione più ricorrente ha fatto riferimento a un presunto “affievolimento”, suntive dei dati — Milano si è soffermato in particolare sul lavoro svolto in questi ultimi anni seguendo le indicazioni di Papa Francesco. Indicazioni, ha precisato, chiaramente ispirate dal suo stile pastorale, orientate verso tre direttive principali. Di carattere prettamente legislativo la prima, incentrata su significative rimodulazioni ed innovazioni nell’architettura dell’ordinamento soprattutto penale; più strutturale la seconda, con la creazione di se non a una limitazione, dell’indipendenza della Santa Sede. In realtà, ha spiegato Milano, «non diversamente è avvenuto per i singoli paesi membri dell’Unione europea, che hanno sostanzialmente delegato al legislatore comunitario il potere di normazione in materia finanziaria». In ogni caso, «non se ne può inferire una svolta in senso statualistico dell’ordinamento ecclesiale», ma piuttosto «l’emergere, anche a livello giuridico e istituzionale, Nell’omelia del segretario di Stato Legge divina e fallibilità umana Non solo la pena di morte ma anche l’ergastolo, «una pena senza speranza», dovrebbe scomparire dagli ordinamenti giuridici, condividendo e appoggiando il «coraggioso impegno» di Papa Francesco. È la richiesta del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, durante la messa per l’apertura dell’anno giudiziario del tribunale dello Stato della Città del Vaticano, celebrata, sabato mattina, 18 febbraio, nella cappella del Governatorato prima della cerimonia inaugurale. All’omelia, commentando il brano evangelico della Trasfigurazione, il porporato ha aggiunto che la vita cristiana non «è solo attesa della gloria futura, ma è accoglienza di tutti quegli sprazzi di luce che il Signore ci dona nel nostro cammino quotidiano, e, nello stesso tempo, impegno perseverante per rischiarare le tenebre che ci avvolgono e cambiarle in luce». In pratica, è impegno per «trasfigurare anche il male, non ignorarlo, bensì positivamente combatterlo e sradicarlo», sostituendovi «il bene e la sua inesausta ricerca»; combattere l’odio e sostituirvi «l’amore; combattere l’indifferenza, il cinismo, la ferocia, la vendetta», e sostituirvi «la tenerezza, la misericordia, la pietas, il perdono; combattere l’ingiustizia, nelle varietà delle sue forme e manifestazioni, e sostituirvi la giustizia, la ricerca del giusto». Anche la giustizia terrena, ha continuato, può e deve diventare, «grazie allo sforzo onesto e competente dei suoi operatori, come un Tabor», dove sono ancora presenti «Elia, cioè la profezia, con la sua carica di novità, di libertà, di apertura», e Mosè, «cioè la Legge, la legge naturale, innanzitutto, scolpita da Dio nella mente e nel cuore degli uomini», che «a essa naturalmente inclinano, e quella positiva, umana, che alla prima deve ispirarsi e a essa mai opporsi o contrastare». Per questo, ha detto il cardinale, «sappiamo bene che quella umana è una giustizia parziale e fallibile». Da ciò la «doverosa cautela da parte degli operatori della giustizia e, in primo luogo, dei giudici». Tra i presenti alla celebrazione, il cardinale Sardi, il vescovo Corbellini; Giuseppe Dalla Torre, presidente del tribunale dello Stato della Città del Vaticano; i giudici Piero Antonio Bonnet, Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano; il promotore di Giustizia, Gian Piero Milano, e il promotore aggiunto Roberto Zannotti; il direttore dei servizi di sicurezza e protezione civile del Governatorato, Domenico Giani. Al termine della messa è seguita la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, con la relazione del promotore di Giustizia. Vi hanno partecipato anche i cardinali Bertello, Calcagno, Sandri, Mamberti e Nicora, l’arcivescovo Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati, e monsignor Borgia, assessore della Segreteria di Stato. Tra i presenti, inoltre, il cancelliere e il cancelliere supplente, rispettivamente Raffaele Ottaviano ed Elisa Pacella. Hanno partecipato alla cerimonia anche i rappresentanti dei diversi uffici del Governatorato e numerose autorità civili italiane, tra le quali il vicepresidente della Corte costituzionale, Giorgio Lattanzi, in rappresentanza del Consiglio superiore della magistratura, Paola Balducci, i presidenti di sezione della Corte di cassazione, Sergio Di Amato e Pierfelice Pratis. della sollecitudine della Santa Sede a partecipare in coerenza con la propria specifica missione, a tutte quelle iniziative che coinvolgono la comunità internazionale, dirette a rimuovere le ingiustizie e gli squilibri che si danno negli assetti sociali». Il promotore di Giustizia ha ribadito che il sistema delle fonti del diritto vaticano resta il «baluardo della sovranità dello Stato», ricordando che l’ordinamento canonico è la «prima fonte normativa» e il «primo criterio di riferimento interpretativo» . Dunque nessun pericolo in questo senso anche dopo le riforme realizzate da Papa Francesco. Riforme che, va ricordato, traggono origine dalla adesione, nel dicembre 2009, alla convenzione monetaria europea e dal conseguente impegno a uniformare la propria legislazione agli standard comunitari. Impegno che è stato puntualmente portato a termine. Già pochi mesi dopo l’inizio del pontificato, Papa Francesco, con la legge n. VIII dell’11 luglio 2013 recante «norme complementari in materia penale», ha dato una decisa accelerazione alle riforme penali, in attuazione di obblighi derivanti proprio da trattati internazionali ratificati dalla Santa Sede. Sono state introdotte nuove figure di reato o ampliati specifici settori dell’ordinamento: tra questi vanno anzitutto segnalati i delitti contro la persona, nelle figure della discriminazione razziale, della tratta di persone e della tortura. Particolare attenzione è stata dedicata anche ai delitti contro i minori, con un’ampia e rigorosa considerazione di varie fattispecie criminose. Nel catalogo dei delitti contro l’umanità si ritrovano poi il «genocidio» (che ricomprende anche le pratiche volte ad impedire le nascite in seno ai gruppi nazionali, etnici, razziali o religiosi), ma anche la sterilizzazione forzata, lo stupro e altre forme di violenza sessuale, l’apartheid, la sparizione forzata delle persone e altri atti inumani diretti a provocare gravi sofferenze. Sotto il titolo crimini di guerra sono poi catalogati i delitti in materia di terrorismo o eversione. Un cenno particolare merita la parte sulla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche derivante da reato. Tra i «delitti contro la sicurezza dello Stato» è stata inserita la «divulgazione di notizie e documenti», con la quale si sanziona la condotta di chi si procura illegittimamente o rivela notizie o documenti di cui è vietata la divulgazione; al riguardo è prevista un’aggravante nel caso in cui le notizie o i documenti divulgati concernano gli interessi fondamentali o i rapporti diplomatici della Santa Sede o dello Stato. Va sottolineata anche l’abolizione della pena dell’ergastolo, sostituita con la reclusione da 30 a 35 anni. «È la traduzione sul piano giuridico — ha commentato Milano — di un punto centrale del magistero di Papa Francesco». Per quanto riguarda le riforme strutturali, il promotore ha riproposto innanzitutto l’istituzione dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), titolare di ampi poteri ispettivi «interni» indirizzati alla vigilanza, prevenzione e contrasto del riciclaggio e del finanziamento del terrorismo, e di correlati poteri regolamentari e sanzionatori. Sono state poi avviate significative rimodulazioni nel settore finanziario, con la rivisitazione di competenze di organi esistenti e con l’istituzione di nuovi organismi: il Consiglio per l’economia, la Segreteria per l’economia e l’ufficio del Revisore generale. Tali provvedimenti non si esauriscono «nell’ambito delle dinamiche istituzionali di interesse dello Stato e della Santa Sede», ma mostrano come la Chiesa avverta la responsabilità che l’amministrazione delle risorse economiche sia inserita «in una più ampia dinamica di solidale cooperazione internazionale». A proposito di impegni internazionali, Milano ha ricordato che «possono dirsi adempiute per la più gran parte — e con piena soddisfazione — le raccomandazioni di Moneyval collegate alle verifiche antiriciclaggio, tanto da potersi ritenere ormai colmato il gap iniziale rispetto agli standard internazionali per ciò che riguarda le azioni di prevenzione e monitoraggio»; anche se, ha precisato, restano «sollecitazioni» per l’avvio di iniziative ulteriori sul piano giudiziale. Da rimarcare comunque che, sul piano dell’attività condotta in sede cautelare, si sono registrati sequestri di ingenti somme: in particolare, dal 2013 al 2016, sono stati confiscati beni per 11.297.510,03 euro (1.132.300 nel solo 2016), 1.012.156,77 dollari (960.938 nel 2016) e 320.034,77 sterline. Da segnalare ancora i nuovi rapporti con l’autorità finanziaria in Italia, allo scopo di garantire uno scambio di informazioni in ambito fiscale il più ampio possibile. Sempre in attuazione di questo accordo, una serie di soggetti, detentori di attività finanziarie presso enti vaticani, sono stati posti in condizione di «adempiere gli obblighi di determinazione e versamento delle imposte sui redditi di capitale e sui redditi diversi di natura finanziaria», nonché «dell’imposta sulle attività finanziarie detenute all’estero». In ogni caso, ha ricordato Milano, resta prioritario l’impegno di contrasto alla corruzione, che «vede la Santa Sede impegnata a fianco della comunità internazionale». Da segnalare infine la parte della relazione riguardante la nuova dislocazione delle competenze giurisdizionali assegnate ai tribunali dello Stato. Al riguardo il promotore ha ribadito come ormai la materia della prevenzione e contrasto delle attività illegali nel settore finanziario sia assoggettata a una comune disciplina penale, con un’unica autorità di controllo e verifica (l’Aif) e con una comune autorità giurisdizionale chiamate a esercitare la giurisdizione penale nei confronti di soggetti appartenenti alla Santa Sede e allo Stato vaticano. La parte finale della relazione è stata dedicata all’attività svolta dagli organi giudiziari vaticani e dalla Gendarmeria Pontificia. Nell’ambito della prima, è stato fatto notare tra l’altro come nel 2016 sia stata portata alla cognizione del tribunale una materia nuova, consistente in una fattispecie di trasporto transfrontaliero di denaro contante. Quanto invece alle attività specifiche di polizia giudiziaria, nel corso dell’anno sono stati eseguiti due ordini di cattura e 33 fermi. Accertamenti sono stati disposti su 78 denunce di furto e 126 infortuni, mentre 47 sono state le denunce di danneggiamento e 28 le segnalazioni di tentativi di truffa. Registrati anche 135 contravvenzioni e 59 sinistri stradali. Quattro, poi, gli arresti effettuati nell’ambito della prevenzione e della repressione del fenomeno dei borseggi, frequente soprattutto nei Musei vaticani e in San Pietro. Da ricordare infine le azioni di contrasto ai crimini informatici e al furto o alla manomissione di dati riservati. Domenica il Papa a Ponte di Nona La sfida della luce di MAURIZIO FONTANA Quindici anni dopo, una nuova sfida. Era il 16 dicembre 2001 quando Giovanni Paolo II per la trecentesima visita a una parrocchia romana scelse quella di Santa Maria Josefa del Cuore di Gesù a Ponte di Nona, nella periferia est della capitale: inaugurò, di fatto, la chiesa appena costruita per una comunità che fino ad allora era stata costretta a celebrare la messa in un garage. Con la visita del vescovo di Roma si alimentavano speranze di un futuro migliore, di una vita più dignitosa, di costruire insieme nel quartiere un tessuto sociale e cristiano. Speranze che, inevitabilmente, lottavano con la realtà degradata di uno spicchio di periferia, ritagliato fra via Prenestina e l’autostrada A24, figlio di una urbanizzazione selvaggia e ben poco progettata. Oggi, da pochi mesi, la comunità è guidata dal parroco don Francesco Rondinelli, che ha raccolto l’eredità di don Angelo De Caro: «un vero eroe — ci racconta don Francesco — che per sedici anni è stato qui, da solo, spendendosi completamente per la gente». Don Francesco ha, invece, l’aiuto di un viceparroco, don Luca Bazzani, «ma anche quello di tanti laici che si mettono a disposizione per qualunque cosa. È gente molto generosa». Anche questo nuovo capitolo della vita della comunità di Santa Maria Josefa avrà la grazia di alimentarsi dell’incontro con un Pontefice. Papa Francesco, infatti, giunge qui domenica 19 febbraio per la sua tredicesima visita a una parrocchia della diocesi di Roma. Le difficoltà, rispetto a quindici anni fa, sono ancora molte. I disagi di un tempo sono rimasti tali, alcuni acuiti dalla pesante crisi economica degli ultimi anni. La popolazione si è praticamente quadruplicata, oggi conta circa ventimila persone. C’è qualche servizio in più, nel frattempo è stata costruita una scuola e, non lontano, qualche anno fa è stato aperto un grande centro commerciale: non solo meta dello shopping di clienti provenienti da tutta la città, ma anche punto di ritrovo un po’ per tutta le gente del quartiere. Null’altro o poco più. Il degrado è rimasto: molta povertà, tanta disoccupazione. La vera emergenza è il lavoro. «Ci vorrebbe davvero — suggerisce il parroco con una sorta di appello — qualche grande azienda che si radicasse nel territorio e offrisse op- portunità di lavoro soprattutto a chi abita in zona. Qui invece non viene offerto nulla. Tanta gente è disponibile a darsi da fare, anche le cose più umili. Le assicuro che è tanto alto il desiderio di avere una dignità». Il quartiere è molto giovane. Ci sono numerosi stranieri, ma l’integrazione è difficile. «Per quanto ho potuto capire in questi mesi — aggiunge don Francesco — mi sembra che ci sia ancora una barriera». Insomma: una “normale” e complicata vita di periferia. Manca un mercato, manca un parco giochi. I punti di riferimento sono scarsi. Se non quello, che punta a essere sempre più significativo, della parrocchia. «Quando sono arrivato, l’obiettivo fondamentale che mi sono posto è stato quello di far diventare la parrocchia una luce. Dare luce, la luce di Cristo, e fare in modo che ogni parrocchiano diventi a sua volta luce per gli altri. È stata la prima cosa che ho detto loro. Ed è, in qualche modo, il nostro programma pastorale». Romano, trentanove anni, originario di un altro quartiere popolare come il Laurentino 38, don Francesco ha uno sguardo sereno ed entusiasta allo stesso tempo. Ci riassume in poche parole la sua storia: «Sono un ex cuoco che intorno ai vent’anni ha sentito la chiamata del Signore attraverso il cammino neocatecumenale ed è entrato in seminario, al Redemptoris Mater. Si è così aperto un nuovo capitolo nella mia vita. Bello, molto bello». Vuole restituire quello che ha ricevuto e provare a insegnare questa stessa logica del dono ai suoi parrocchiani. Le idee sono tante e puntano a «instaurare un percorso di crescita globale». «Io — racconta — sono entrato in parrocchia attraverso l’oratorio. Mi piacerebbe ripartire proprio da lì». E poi attivare il teatro: «Abbiamo un bel teatro, che è l’unico in tutta la zona. Può essere una risorsa importante per l’aggregazione e per la crescita umana e culturale». Il centro, comunque, è «l’evangelizzazione»: la comunità, afferma, deve «crescere spiritualmente». Un trampolino di lancio può essere proprio l’incontro con il vescovo: «Solo la notizia dell’arrivo del Papa — ci dice don Francesco — ha portato un rifiorire di tanti cuori. È stato come il recupero di un’identità. Da qui possiamo gettare le basi per fare insieme un lavoro meraviglioso». Insieme, perché, conclude, «la parrocchia deve diventare la casa della gente». Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano la Chiesa in Francia e nella Repubblica democratica del Congo. Luc Ravel, arcivescovo di Strasburgo (Francia) È nato il 21 maggio 1957 a Parigi. Membro dei Canonici regolari della congregazione di San Vittore, ha emesso la professione solenne il 7 dicembre 1985. È stato ordinato sacerdote il 25 giugno 1988. Ha svolto i seguenti incarichi e ministeri: dal 1988 al 1991, priore nel collegio di SaintCharles de Porrentruy (Svizzera); dal 1991 al 1996, priore e parroco a Montbron (diocesi di Angoulême); dal 1996 al 2003, sotto-priore, e, dal 1996 al 2009, responsabile della formazione dell’abbazia di Saint-Pierre de Champa- gne. È stato nominato ordinario militare per la Francia il 7 ottobre 2009, ricevendo l’ordinazione episcopale il 29 novembre successivo. All’interno della Conferenza episcopale francese è membro della commissione dottrinale. Oscar Nkolo Kanowa vescovo di Mweka (Repubblica democratica del Congo) Nato l’8 settembre 1957 a Mbuji-Mayi, nel 1981 è entrato nel noviziato dei Padri Scheut a Mbudi, Kinshasa. Ha emesso i primi voti nel settembre 1982 e quelli perpetui nel settembre 1986. È stato ordinato sacerdote il 19 luglio 1987. Dopo l’ordinazione ha trascorso dieci anni in missione nella Repubblica Dominicana, dove ha ricoperto vari incarichi: vicario parrocchiale e parroco di Sant’Antonio da Padova, assumendo nel contempo il servizio dell’economato della provincia dominicana (19881995); vice provinciale della Repubblica Dominicana (19951997); rettore del pre-noviziato (1996-1998). Dopo un periodo di studi per formatore alla St. Louis University, negli Stati Uniti, (1998-1999), è stato rettore dello scolasticato in Kinshasa (19992000), membro del governo provinciale e procuratore aggiunto della provincia (2001-2003), superiore provinciale del Kasayi per due mandati successivi e dell’Africa Australe per un mandato (2004-2012). Dal 2014 è economo del noviziato internazionale di Mbudi, a Kinshasa. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 domenica 19 febbraio 2017 Ai chierici mariani dell’Immacolata il Pontefice chiede cuori e menti aperti alle necessità della gente Con semplicità accanto ai poveri L’invito ad accostarsi con semplicità ai poveri è stato rivolto dal Papa al capitolo generale dei Chierici mariani dell’Immacolata concezione della beata Vergine Maria, ricevuti sabato mattina, 18 febbraio, nella Sala del Concistoro. Cari Fratelli, sono lieto di incontrarvi in occasione del vostro Capitolo Generale e vi saluto cordialmente, ad iniziare dal Superiore Generale, che ringrazio per le sue parole. In voi, saluto l’intera Congregazione, impegnata a servire Cristo e la Chiesa in venti Paesi del mondo. Ho appreso che uno degli scopi principali del vostro Capitolo Generale è la riflessione circa le leggi e gli ordinamenti propri della vostra Congregazione. Si tratta di un’opera importante. Infatti, «torna oggi impellente per ogni Istituto la necessità di un rinnovato riferimento alla Regola, perché in essa e nelle Costituzioni è racchiuso un itinerario di sequela, qualificato da uno specifico carisma autenticato dalla Chiesa» (Esort. ap. postsin. Vita consecrata, 37). Vi esorto pertanto a compiere tale riflessione con fedeltà al carisma del Fondatore e al patrimonio spirituale della vostra Congregazione e, in pari tempo, con cuore e mente aperti alle nuove necessità della gente. È vero, dobbiamo andare avanti con le nuove necessità, le nuove sfide, ma ricordatevi: non si può andare avanti senza memoria. È una tensione, continuamente. Se io voglio andare avanti senza la memoria del passato, della storia dei fondatori, dei grandi, anche dei peccati della congregazione, non potrò andare avanti. Questa è una regola: la memoria, questa dimensione “deuteronomica” propria della vita e che va usata quando si deve aggiornare una congregazione religiosa, le costituzioni, sempre. L’esempio del vostro Fondatore, san Stanislao di Gesù e Maria, canonizzato lo scorso anno, sia luce e guida del vostro cammino. Egli aveva pienamente compreso il senso dell’essere discepolo di Cristo quando pregava con queste parole: «Signore Gesù, se per amore mi legherai a Te, chi mi strapperà da Te? Se mi unirai a Te nella misericordia, chi mi separerà da Te? La mia anima aderisca a Te, la Tua clementissima destra mi accolga. Aderisca al suo Capo anche il più indegno membro, e questa piccola particella soffra con tutto il Santo Corpo sofferente» (Christus Patiens, III, 1). In tale prospettiva, il vostro servizio della Parola è testimonianza di Cristo Risorto, che avete incontrato nel vostro cammino e che con il vostro stile di vita siete chiamati a portare ovunque vi La legge dei piccoli numeri Una comunità che, pur non numerosa, è oggi presente in venti paesi nel mondo e che si riunisce in questi giorni per il cinquantasettesimo capitolo generale dedicato alla revisione della costituzione. L’ha presentata al Pontefice il superiore generale dei chierici mariani dell’Immacolata Concezione della beata Vergine Maria, padre Andrzej Pakula, il quale ha espresso gratitudine per la canonizzazione, lo scorso 5 giugno, del fondato- re della congregazione, Stanislao di Gesù e Maria Papczyński. Il religioso ha richiamato brevemente la tormentata storia di una congregazione che, in oltre tre secoli di vita, è giunta anche a contare, a causa delle persecuzioni, un solo membro. Ma, ha detto padre Pakula, non pretende «di raggiungere grandi numeri» chi, «come Maria», ha come vocazione l’essere «piccoli servi del Signore». mandi la Chiesa. La testimonianza cristiana richiede anche l’impegno con e per i poveri, un impegno che caratterizza il vostro Istituto fin dalle origini. Vi incoraggio a mantenere viva questa tradizione del servizio alle persone povere e umili, attraverso l’annuncio del Vangelo con linguaggio a loro comprensibile, con le opere di misericordia e il suffragio dei defunti. Quella vicinanza alla gente come noi, semplice. A me piace quel passo di Paolo a Timoteo (cfr. 2 Tm 1, 5): custodisci la tua fede, quella che hai ricevuto da tua mamma, dalla tua nonna...; dalla semplicità della mamma, della nonna. Questo è il fondamento. Noi non siamo principi, figli di principi o di conti o di baroni, siamo gente semplice, di popolo. E per questo ci avviciniamo con questa semplicità ai semplici e a quelli che soffrono di più: i malati, i bambini, gli anziani abbandonati, i poveri,... tutti. E questa povertà è al centro del Vangelo: è la povertà di Gesù, non la povertà sociologica, quella di Gesù. Un’altra significativa eredità spirituale della vostra famiglia religiosa è quella che vi ha lasciato il vostro confratello beato Giorgio Matulaitis: la totale dedizione alla Chiesa e all’uomo per «andare coraggiosamente a lavorare e a lottare per la Chiesa, specialmente dove ce ne sia più bisogno» (Journal, p. 45). La sua intercessione vi aiuti a coltivare in voi questo atteggiamento, che negli ultimi decenni ha ispirato le vostre iniziative volte a diffondere il carisma dell’Istituto nei Paesi poveri, specialmente in Africa e in Asia. La grande sfida dell’inculturazione vi chiede oggi di annunciare la Buona Novella con linguaggi e modi comprensibili agli uomini del nostro tempo, coinvolti in processi di rapida trasformazione sociale e culturale. La vostra Congregazione vanta una lunga storia, scritta da coraggiosi testimoni di Cristo e del Vangelo. In questa scia siete chiamati oggi a camminare con rinnovato zelo per spingervi, con libertà profetica e saggio discernimento — tutti e due insieme! — su strade apostoliche e frontiere missionarie, coltivando una stretta collaborazione con i Vescovi e le altre componenti della Comunità ecclesiale. Gli orizzonti dell’evangelizzazione e l’urgente necessità di testimoniare il messaggio evangelico a tutti, senza distinzioni, costituiscono il vasto campo del vostro apostolato. Tanti attendono ancora di conoscere Gesù, unico Redentore dell’uomo, e non poche situazioni di ingiustizia e di disagio morale e materiale interpellano i credenti. Una così urgente missione richiede conversione personale e comunitaria. Solo cuori pienamente aperti all’azione della Grazia sono in grado di interpretare i segni dei tempi e di cogliere gli appelli dell’umanità bisognosa di speranza e di pace. Cari fratelli, sull’esempio del vostro Fondatore siate coraggiosi nel servizio di Cristo e della Chiesa, rispondendo alle nuove sfide e alle nuove missioni, anche se umanamente possono sembrare rischiose. Infatti nel “codice genetico” della vostra comunità si trova ciò che lo stesso san Stanislao affermava a partire dalla sua esperienza: «Nonostante le innumerevoli difficoltà, la bontà e la sapienza divine iniziano e compiono ciò che vogliono, perfino quando i mezzi, secondo il giudizio umano, sono inadatti. Per l’Onnipotente infatti, nulla è impossibile. In modo chiarissimo ciò si è dimostrato in me» (Fundatio Domus Recollectionis, 1). E questo atteggiamento — che viene dalla piccolezza dei mezzi, anche dalla nostra piccolezza, anche della nostra indegnità, perché peccatori, viene da lì, ma abbiamo un orizzonte grande — [questo atteggiamento] è proprio l’atto di fede nella potenza del Signore: il Signore può, il Signore è capa- ce. E la nostra piccolezza è proprio il seme, il seme piccolino, che poi germoglia, cresce, il Signore lo annaffia, e così va avanti. Ma il senso di piccolezza è proprio il primo slancio verso la fiducia della potenza di Dio. Andate, andate avanti su questa strada. Alla vostra Madre e Patrona, Maria Immacolata, affido il vostro cammino di fede e di crescita, nella costante unione con Cristo e con il suo Santo Spirito, che vi rende testimoni della potenza della Risurrezione. A voi qui presenti, a tutta la Congregazione e ai vostri collaboratori laici imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Il Papa visiterà la All Saints Church a Roma Papa Francesco si recherà presso la All Saints Church di Roma. Il Pontefice giungerà nella chiesa anglicana, che si trova in via del Babuino 153, alle 16 di domenica 26 febbraio. La funzione, che si aprirà con la benedizione di un’icona di Cristo Salvatore e includerà elementi tipici dei vespri anglicani cantati, prevede tra l’altro il rinnovo delle promesse battesimali, lo scambio della pace, la recita del Padre nostro. Durante la visita sarà anche formalizzato un gemellaggio tra All Saints e la parrocchia romana di Ognissanti. A conclusione, un momento di dialogo con il Papa e lo scambio di doni. Nel documento del dicastero per la vita consacrata di JOSÉ RODRIGUEZ CARBALLO Lo scorso 6 gennaio è stato pubblicato il nuovo documento della Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica che ha come titolo Per vino nuovo otri nuovi. Dal concilio Vaticano II: La vita consacrata e le sfide ancora aperte. Orientamenti. Il documento è frutto di quanto è emerso nella plenaria del dicastero del 2014, che voleva fare una salutare verifica del percorso della vita consacrata in questi cinquant’anni che ci separano dal Vaticano II, una sosta per «discernere la qualità e il grado di maturazione del vino nuovo che si è prodotto nella lunga stagione del rinnovamento post-conciliare» (n. 9). Come si può evidenziare dal titolo, il testo parte dal lògion di Gesù arrivato a noi attraverso i tre sinottici e che nella versione di Marco suona così: «Nessuno versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti il vino spaccherà gli otri, e si perdono vino e otri. Ma vino nuovo in otri nuovi!» (Marco 2, 22) (cfr. nn. 1-3). In questo lògion Gesù mette in guardia i suoi discepoli e la primitiva comunità dei cristiani contro la tentazione di voler armonizzare nella propria vita la freschezza e la forza profetica del messaggio di Gesù, particolarmente in relazione con la misericordia (cfr. Matteo 9, 16-17), con la vecchia mentalità dominata da una giustizia che non è certamente quella di Gesù (cfr. Giovanni 8, 1-11). Questa piccola parabola mette in guardia contro le tendenze farisaiche sorte all’interno della primitiva comunità che rischiavano di snaturare il significato profondo del Vangelo, basato sulla legge della libertà (cfr. Giacomo 2, 12), sulla verità che ci fa autenticamente liberi (cfr. Giovanni 8, 32), la nuova giustizia superiore all’antica (cfr. Matteo 5, 20ss). Tali tentativi non fanno altro che rovinare vino e otri. Gli otri secchi e rigidi, le strutture antiche, non possono contenere la forza del buon vino (Giovanni 2, 12) che non è altro che l’annuncio gioioso e frizzante Vino nuovo in otri nuovi del Vangelo. Il Signore si pone in aperta e critica distanza con le istituzioni dell’antica alleanza e chiede, ai suoi discepoli per primi, di aprirsi alla novità del Vangelo, alla novità che è Gesù stesso. Questa è la tentazione sempre attuale per la Chiesa e certamente per la vita consacrata. Questa è posta oggi di fronte alle grandi sfide che comporta la fedeltà creativa alla quale ci chiama la Chiesa (cfr. Vita consecrata [Vc] 37), di fronte alla vocazione profetica che la caratterizza e la rende significativa nella Chiesa e nel mondo (cfr. Papa Francesco, Lettera a tutti i consacrati, II, 2), di fronte alla ricerca appassionata della conformità con il Signore (cfr. Vc 37), di fronte alle difficoltà che comporta questo «periodo delicato e duro» che stiamo vivendo (cfr. Vc 13) e alla grande sfida di «riprodurre con coraggio la audacia, la santità e la creatività» dei nostri fondatori (cfr. Vc 37). In questo contesto, è chiamata a vigilare attentamente per non cedere alla tentazione di strappare «da un vestito nuovo una pezza per rappezzare un vestito vecchio» o di gettare «vino nuovo in otri vecchi» (cfr. Luca 5, 36-37). Nel contesto della vita consacrata e di questo documento, ben possiamo dire che non è possibile conciliare il vino nuovo dei nostri carismi con strutture obsolete che non soltanto non manifestano la loro freschezza e bellezza, ma che tante volte li fanno “invisibili” o quando meno molto Hayley, «Otri nuovi» confusi. I nostri carismi richiedono apertura mentale per immaginare modalità di vera sequela Christi, profetica e carismatica. Se vogliamo che i nostri carismi rimangano attuali e la nostra vita di consacrati parli ai nostri contemporanei, detti carismi e detta vita devono trovare strutture istituzionali nuove. A cinquant’anni dal Vaticano II, come riconosce giustamente il documento, i frutti della accomodata reno- vatio «secondo le esigenze odierne» richiesta dal concilio (cfr. Perfectae caritatis 1) sono stati numerosi; il cammino fatto, sempre per mano della Chiesa, è stato generoso e laborioso; e l’effetto della mens conciliare è stato ricco e ha portato a un sano e necessario rinnovamento della vita consacrata al suo interno e a una sua migliore comprensione nella Chiesa e nel mondo, alla luce della Lumen gentium VI. Lo sforzo dei consacrati per rispondere al mandato del concilio riguardante il necessario rinnovamento è stato generoso e in molti casi coraggioso, «ricco di speranze, progetti e proposte innovatrici» (Vc 13). Come si afferma nel documento, in questi cinquant’anni che ci separano del concilio «la vita consacrata si è esercitata ad abitare gli orizzonti conciliari con passione e audacia esplorativa» (n. 6). In concreto il documento si sofferma essenzialmente su due strutture fondamentali nella vita consacrata e più particolarmente nella vita religiosa: le strutture di governo e le strutture di formazione. In tutte queste strutture si è lavorato con serietà e responsabilità e si sono raggiunte mete importanti. Ma il cammino continua e la realtà, sempre mutevole in questo cambiamento di epoca, continua a interpellarci. Ecco perché la vita consacrata deve domandarsi se le strutture attuali stanno al servizio della vita e della missione di ogni istituto o se invece è la vita che sta al servizio delle strutture. La vita consacrata deve domandarsi se non sta cadendo nella tentazione di rattoppare un vestito vecchio con una pezza strappata da un vestito nuovo, o di versare vino nuovo in otri vecchi. Devo domandarsi se non starà consumando le energie più valide nella continua gestione delle emergenze sempre più costringenti (cfr. n. 7). Circa il servizio dell’autorità, si constata che dopo cinquant’anni dal Vaticano II non vengono dimenticate le “conquiste” fatte per renderlo più evangelico, ma allo stesso tempo si rileva «la tendenza a un accentramento verticistico nell’esercizio dell’autorità scavalcando così la necessaria sussidiarietà» (n. 19); tra l’altro ciò può influire decisivamente negli abbandoni (cfr. n. 21). In questo contesto diventa urgente praticare la spiritualità di comunione e la logica del Vangelo che ci chiede di lavare i piedi gli uni agli altri (cfr. Giovanni 13, 1ss). È urgente, pure, cambiare i modelli relazionali tra chi esercita il servizio dell’autorità e chi è chiamato a obbedire, e tra quanti formano parte della stessa famiglia. È chiaro che il cambiamento di modelli relazionali influirà decisamente su un altro elemento fondamentale della vita consacrata, particolarmente della vita religiosa: la vita fraterna in comunità (nn. 22- 28). Nel campo della formazione, il documento costata che si sono compiuti «sforzi notevoli» (n. 14) nella ricerca «di nuovi itinerari formativi, appropriati all’indole e al carisma di ciascuna famiglia religiosa» (n. 5). Il cammino, però, deve continuare per assicurare una migliore «integrazione tra visione teologica e antropologica nella concezione della formazione, del modello formativo e della pedagogia educativa»; una più grande cura «per una crescita armonica tra la dimensione spirituale e quella umana» (n. 14). Nel campo della formazione si deve poi evitare qualunque improvvisazione, una formazione intellettuale separata dalla formazione alla sequela Christi (cfr. n. 15). Un’attenzione particolare va prestata alla preparazione dei formatori (cfr. Vc 66; n. 16). In questo campo e tenendo conto della cultura attuale, il documento si fa eco della necessità di ripensare il rapporto tra uomo e donna (cfr. n. 17-18). Sappiamo che non mancano le tentazioni di devitalizzare e debilitare la nostra testimonianza profetica; di restare nella stagnazione della nostra vita senza via di uscita; di preferire le cipolle della schiavitù d’Egitto anziché la libertà dell’esodo; di impedire che i vecchi schemi istituzionali cedano il passo in modo deciso a modelli nuovi. Proprio qui la vita consacrata è chiamata alla parresìa, alla creatività, alla conversione delle strutture, a ricuperare la bellezza dell’essenziale nella vita, ad assumere la novità del Vangelo, a cambiare le cose secondo la legge del Vangelo, a lasciare strutture caduche ormai inutili, a prendere gli otri del Vangelo (cfr. n. 10; Papa Francesco, omelia, 5 settembre 2014) per rendere tutte le strutture più evangeliche e più in consonanza con i nostri carismi. È il momento di fare il punto sul vino nuovo e buono e sugli otri che lo devono contenere. Per vino nuovo otri nuovi. Il documento ci offre degli orientamenti importanti e precisi per rispondere a questa sfida urgente oggi forse più che mai. In questo momento della vita consacrata, momento bello ma complesso, i consacrati non possono che seguire con convinzione e speranza la direzione che ci segnala la bussola del Vaticano II (cfr. Giovanni Paolo II, Novo millennio ineunte, 43), e ascoltare l’invito di Papa Francesco a essere audaci e creativi, a ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi o, se preferiamo, quanto ci chiede lo stesso Gesù: «Vino nuovo in otri nuovi».
© Copyright 2024