Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO POLITICO RELIGIOSO GIORNALE QUOTIDIANO Non praevalebunt Unicuique suum Anno CLVI n. 32 (47.167) Città del Vaticano mercoledì 10 febbraio 2016 . Nella messa con i cappuccini il Papa parla del confessore La quaresima nel messaggio papale Il gran perdonatore Un tempo privilegiato per fare verità di ENZO BIANCHI a quaresima è un tempo privilegiato, per il singolo cristiano come per la Chiesa tutta, per fare verità: fare verità trovando e ritrovando l’essenziale della vita cristiana e liberandosi dal «di più» che «viene dal Maligno» (Matteo, 5, 37); fare verità purificando il proprio parlare dalla menzogna; fare verità scoprendo l’unità tra il dire e il fare, tra parola e azione, entrambe chiamate a obbedire al grande comando dell’amore del prossimo. Papa Francesco nel messaggio per la quaresima indica gli elementi fondamentali per quel fare la verità che è vitale per giungere alla conversione: l’ascolto della parola profetica, la conoscenza della misericordia di Dio, e quindi il «fare misericordia». Sempre per il cristiano in principio è l’ascolto, così come per Dio «in principio è la Parola» (cfr. Giovanni, 1, 1). Perciò tutta la vita cristiana sta sotto il primato dell’ascolto e richiede un ascolto orante, obbediente, fattivo. I profeti dell’antica alleanza avevano affermato che «l’ascolto obbediente vale più del sacrificio» (1 Samuele, 15, 22), perché apre alla conoscenza del Dio vivente, fa nascere la fiducia in un Dio affidabile, genera l’amore per lui e per la sua volontà. Quando il credente nell’ascolto inizia il proprio cammino di conoscenza del Signore, conosce innanzitutto la sua misericordia, sentimento di un padre (chesed) con viscere di misericordia (rechem-rachamim), amore viscerale sempre fedele che non viene mai meno, anche quando il credente o la comunità cristiana nel suo insieme giungono a contraddire l’amore di Dio fino a rompere l’alleanza. Sì, il comportamento misericordioso di Dio verso il peccatore non è giustizia né retributiva né meritocratica, ma è volontà che il peccatore non muoia ma viva, si converta e viva la comunione con il suo Signore (cfr. Ezechiele, 18, 23; 33, 11). Questa conoscenza dell’amore misericordioso di Dio ci è stata data pienamente da Gesù, il Figlio che ci ha raccontato Dio (exeghésato, in Giovanni, 1, 18): lui che, crocifisso, ha voluto essere «annoverato tra i peccatori» (Isaia, 53, 12; Luca, 22, 37), come era sempre vissuto, raggiungendoli nella loro lontananza. Per questo Paolo con meraviglia e per esperienza personale potrà annunciare: «Mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi» e «quando eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio» (Romani, 5, 8.10). Questa è la misericordia di Dio per noi che L «Siate grandi perdonatori»: è l’invito rivolto da Papa Francesco alle centinaia di frati cappuccini che hanno partecipato alla messa celebrata martedì mattina, 9 febbraio, in occasione della traslazione nella basilica vaticana delle spoglie di san Pio da Pietrelcina e san Leopoldo Mandić. All’omelia il Pontefice ha commentato le letture del giorno, sottolineando come «la tradizione dei cappuccini» sia «una tradizione di perdono. Tra voi — ha constatato — ci sono tanti bravi confessori: è perché si sentono peccatori, davanti alla grandezza di Dio». Ma soprattutto «perché sanno pregare, sanno perdonare», mentre «quando qualcuno si dimentica la necessità che ha di perdono, lentamente si dimentica di Dio, si dimentica di chiedere perdono e non sa perdonare». In particolare, ha proseguito Francesco, «l’umile, colui che si sente peccatore, è un gran perdonatore nel confessionale», a differenza di quanti si sentono “i puri”, “i maestri” e «sanno soltanto condannare». Per questo il Pontefice ha voluto sottolineare, «specialmente in quest’anno della misericordia», che «il confessionale è per perdonare». Per cui anche quando non si può dare l’assoluzione, il Papa ha raccomandato di “non bastonare”. Poiché «la persona che viene» a confessarsi cerca «conforto, perdono, pace». Ecco allora la necessità di avere quello che il Pontefice con un’immagine efficace ha definito «un cuore largo», perché «il perdono è un seme, è una carezza di Dio» e bisogna avere fiducia nel suo perdono. Insomma, ha esortato Francesco, occorre essere «grandi perdonatori, perché chi non sa perdonare finisce come un grande condannatore. E chi è il grande accusatore, nella Bibbia? Il diavolo». Di conseguenza: «O fai l’ufficio di Gesù, che perdona dando la vita, la preghiera, tante ore lì, seduto, come quei due — ha concluso indicando le teche contenenti i resti di san Leopoldo e di san Pio — o fai l’ufficio del diavolo che condanna, accusa». PAGINA 8 Non si allenta la morsa della violenza mentre Merkel stringe accordi con la Turchia La tragedia di Aleppo DAMASCO, 9. Continua la tragedia di Aleppo, la città siriana dove è in corso una massiccia offensiva governativa contro le postazioni dei ribelli. Testimoni dal fronte parlano di una popolazione intrappolata sotto una pioggia di bombe e senza la possibilità di ricevere aiuti umanitari. In 35.000 sono riusciti a fuggire dalle aree dove infuriano i combatti- rischio, permettendo anche un maggiore coinvolgimento della Nato nel controllo del flusso migratorio. Merkel, da parte sua, ha detto di essere «inorridita dall’emergere della sofferenza umana per decine di migliaia di persone causata dai bombardamenti». Il capo del Governo di Berlino ha in particolare criticato la posizione di Mosca, che attualmente accesso limitato al cibo, al carburante e all’assistenza medica» si legge nel rapporto. Le morti sono causate in queste zone da malnutrizione, dissenteria, ipotermia e avvelenamento. Nel frattempo, notizie di nuove terribili stragi vengono dall’Iraq. A Mosul i jihadisti dell’Is hanno massacrato, giustiziandole a sangue freddo, almeno trecento persone. Secondo fonti di stampa, le persone uccise sono soprattutto poliziotti, militari e esponenti della società civile. Ma anche semplici cittadini che avrebbero il “torto” di avere parenti tra i militari o i membri della Commissione. Mosul è situata nella provincia nordoccidentale di Ninive e dallo scorso luglio è sotto il controllo dei jihadisti. Negli ultimi tempi però i fondamentalisti dell’organizzazione di Al Baghdadi hanno cominciato a perdere terreno e sono fortemente osteggiati dalla popolazione. L’atroce opposto all’umano Novecento di terrore ANNA FOA A PAGINA 5 Allarme delle agenzie dell’Onu per la carestia Alla fame un quarto dei sudsudanesi y(7HA3J1*QSSKKM( +]!"!$!#!z! Il fumo dei combattimenti sui palazzi di Aleppo (Ansa) menti, ma sono fermi davanti al confine con la Turchia che resta ancora chiuso. Il vice premier turco, Numan Kurtulmus, ha riferito che a breve termine «lo scenario peggiore» che si potrebbe prospettare sarebbe quello di «un nuovo afflusso di 600.000 rifugiati alla frontiera turca in fuga da Aleppo». «Come conseguenza — ha detto — stiamo vedendo 200.000 persone costrette a fuggire, 65.000 verso la Turchia e 135.000 dentro la Siria». Sulla questione dei profughi è intervenuta ieri anche il cancelliere tedesco, Angela Merkel, nel corso di una visita in Turchia. Berlino e Ankara hanno siglato una serie di accordi per rafforzare i controlli e l’assistenza umanitaria nelle aree più a supporta le forze di Assad con raid aerei. In queste condizioni «è difficile negoziare la pace», ha sottolineato il cancelliere facendo riferimento all’attuale stallo dei negoziati a Ginevra. Il Cremlino, tuttavia, ha respinto ogni accusa a riguardo. Sul campo la situazione resta drammatica in tutto il Paese. Secondo un rapporto del Syria Institute di Washington, sono più di un milione le persone che vivono sotto assedio in Siria. La maggioranza si trovano alla periferia di Damasco e a Homs. Inoltre nella città orientale di Deir Ezzor circa 200.000 persone vivono assediate sia dalle forze del cosiddetto Stato islamico (Is), sia da quelle del Governo di Damasco. La fornitura di «elettricità e acqua corrente viene tagliata di continuo e c’è un JUBA, 9. Sono alla fame un quarto degli abitanti del Sud Sudan che ancora non riesce a uscire davvero, nonostante la firma di diversi accordi di pace, dalla guerra civile scoppiata a fine 2013 tra le forze fedeli al presidente Salva Kiir Mayardit e i ribelli guidati dal suo ex vice Rijek Machar. Un allarme lanciato ieri da tre agenzie delle Nazioni Unite denuncia livelli d’insicurezza alimentare senza precedenti nel Paese, con quasi tre milioni di persone nel bisogno urgente di assistenza e almeno quarantamila a rischio imminente di morte per fame. In una nota congiunta, l’organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), il fondo per l’infanzia (Unicef), e il Programma alimentare mondiale (Pam) dell’Onu sottolineano che «questi dati sono particolarmente preoccupanti perché mostrano un aumento della denutrizione pro- dobbiamo conoscere e sperimentare, per diventare noi stessi uomini e donne di misericordia verso gli altri. Così Papa Francesco ci ricorda che dobbiamo «fare misericordia» al nostro prossimo con atti concreti e quotidiani. Come il samaritano «fece misericordia» (Luca, 10, 37), così siamo chiamati a fare nel quotidiano, nella storia, perché accanto a noi c’è sempre il povero concreto: affamato, denutrito, in fuga, straniero, scartato, dimenticato, ultimo… La nostra coscienza umana, ammaestrata dalla parola di Dio, deve imparare a vedere, a «discernere il povero» (cfr. Salmi, 41, 2), per sentirsi responsabile e incaricarsi di azioni che siano di liberazione, alleviamento, consolazione dai mali che affliggono i poveri. Azioni od opere di misericordia verso i corpi e verso le vite psichiche e spirituali degli altri, che sono sempre corpo e spirito intimamente uniti. Per il Papa però — non dimentichiamolo — i poveri non sono solo i primi destinatari della nostra carità, ma sono una cattedra magisteriale, perché possono insegnare a noi ciò che non sappiamo, ovvero quella «sapienza della croce» (cfr. 1 Corinzi, 1, 17-18) che chi non è povero ignora. D’altronde al centro della storia, secondo la visione di Giovanni, c’è l’agnello innocente, sgozzato ma vincitore sulla morte (cfr. Apocalisse, 5, 7-14; 7, 17), emblema di ogni vittima, di ogni perseguitato, di ogni giusto non riconosciuto. I poveri sono — non cessa di dire Papa Francesco — la carne di Cristo, sono il roveto ardente in cui Dio è presente e di fronte ai quali occorre inchinarsi (cfr. Esodo, 3, 1-6). Ma è significativo che tra i poveri il Papa ci inviti a mettere anche i ricchi: perché? Innanzitutto perché prima o poi nella vita si entra a far parte della categoria dei poveri, per malattia, vecchiaia, isolamento, disgrazie della vita. Poi perché il ricco, non sapendo riconoscersi povero, di fatto è più misero degli stessi poveri. Il ricco che non vede il fratello nel bisogno, è un cieco; se non ascolta il grido dei poveri, è un sordo; se non sa condividere ciò che ha, è destinato a una solitudine disperante. I ricchi lo sappiano: il povero che incontrano è uno che li chiama a conversione, è uno che passa a mendicare la conversione, è un vero maestro che ci «fa segno», ci indica una via di salvezza. Mosè, i profeti e soprattutto il Vangelo sempre continuano ad ammonire: «Lasciatevi convertire, e pregate: “Convertici, Signore, e noi ci convertiremo” (Lamentazioni, 5, 21)». NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha nominato Nunzio Apostolico in Sud Africa e in Botswana il Reverendo Monsignore Peter Bryan Wells, finora Assessore per gli Affari Generali della Segreteria di Stato, elevandolo in pari tempo alla Sede titolare di Marcianopoli, con dignità di Arcivescovo. Ragazzi sudsudanesi profughi in una base dell’Onu dopo la morte dei genitori (Ap) prio nel periodo post-raccolto, un momento in cui il Paese dovrebbe avere più cibo a disposizione». Secondo Fao, Unicef e Pam, «il numero delle persone che soffrono la fame raggiungerà il picco durante la prossima stagione magra — tra aprile e luglio — quando la disponibilità di cibo è al minimo». Particolarmente grave è la situazione nello Stato sudsudanese di Unity, dove «gli sfollati a causa del conflitto che sinora si sono cibati di pesce e di ninfee per sopravvivere, stanno esaurendo le loro poche fonti di cibo, via via che le inondazioni recedono», specifica la nota. Il Santo Padre ha accettato la rinuncia al governo pastorale della Diocesi di Santa Ana (El Salvador), presentata da Sua Eccellenza Monsignor Romeo Tovar Astorga, O.F.M., in conformità al canone 401 § 1 del Codice di Diritto Canonico. Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Santa Ana (El Salvador) Sua Eccellenza Monsignor Miguel Ángel Morán Aquino, trasferendolo dalla Sede di San Miguel. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 2 mercoledì 10 febbraio 2016 Operatore finanziario durante le contrattazioni a Wall Street (Afp) Obama propone a Mattarella aiuti per gestire l’emergenza NEW YORK, 9. Borse mondiali ancora nella tempesta. Tokyo ha chiuso oggi segnando pesanti perdite. L’indice Nikkei ha registrato un meno 5,40 per cento. Uno dei peggiori cali degli ultimi mesi. Ma è tutta l’Asia a soffrire: risultati negativi si segnalano anche per i listini di Filippine, Indonesia, Thailandia e Nuova Zelanda. In Europa a metà mattinata, dopo un avvio debole, i listini stanno cercando di riprendere quota: Londra segna un più 0,68, Parigi un più 0,33, Madrid un più 0,24 e Francoforte un più 0,39 per cento. La giornata di ieri è stata caratterizzata da pesanti crolli: in poche ore sono stati bruciati oltre 310 miliardi di euro di capitalizzazione. Wall Street ha chiuso in negativo con ribassi di oltre il due per cento. A pesare sono soprattutto i rinnovati timori degli investitori sulla crescita economica mondiale con il crollo del prezzo del petrolio e il rallentamento di Cina e Stati Uniti. In particolare — spiegano gli analisti — sta crescendo il rischio di una recessione accompagnata dalla deflazione (una diminuzione del livello generale dei prezzi derivata dalla debolezza della domanda di beni e servizi, cioè un freno nella spesa di consumatori e aziende). Immigrazione una sfida globale Dopo i pesanti crolli registrati a Tokyo e a Wall Street Segno negativo sui listini mondiali Si sta scatenando dunque, in queste ore, una corsa alla ricerca di beni rifugio come titoli di Stato e oro (salito ai massimi da giugno a 1.198 dollari l’oncia) a discapito di titoli azionari come gli industriali e soprattutto quelli bancari, che al momento vengono venduti in massa sulle due sponde dell’Atlantico. C’è poi la questione della caduta del prezzo del greggio. A New York il prezzo del petrolio ha chiuso ieri in ribasso sotto i trenta dollari, dopo l’incontro tra il ministro del Petrolio saudita, Ali Al Naimi, e il suo omologo venezuelano. Il vertice, durante il quale il Venezuela ha chiesto un taglio della produzione per alza- Grave incidente ferroviario in Baviera A Roma il vertice dei sei Paesi fondatori dell’Unione Verso un nuovo Trattato europeo ROMA, 9. Un nuovo trattato europeo che tenga presente le sfide attuali: dal terrorismo globale all’emergenza immigrazione alla crisi dell’economia. Questo l’obiettivo del vertice che si apre oggi a Roma, ai Musei capitolini, tra i ministri degli Esteri dei sei Paesi che nel 1957 fondarono l’Unione europea. L’intento dei sei (Belgio, Olanda, Germania, Francia, Italia e Lussemburgo) è quello di «disegnare le future direzioni» per far fronte a «gravi instabilità» che «mettono in pericolo quanto realizzato finora» si legge nell’invito ufficiale. Tutto lascia presagire che non si tratti di un’iniziativa soltanto commemorativa e priva di contenuti. L’incontro sarà invece un banco di prova per i prossimi Consigli Ue, dove iniziare a discutere nei dettagli sulla spinosa questione della “Brexit” (le condizioni poste da Londra per restare nell’Ue), sulla tenuta del sistema Schengen (diversi Paesi a causa dei flussi di migranti e rifugiati hanno ripristinato i controlli alle frontiere) e della crisi economica (ormai si fa sempre più largo l’ipotesi di costituire un ministero dell’Economia comunitario). L’obiettivo concreto è stilare una lista di proposte da presentare agli altri Paesi nel marzo 2017, quando si festeggeranno i sessant’anni della firma che ha istituito la Comunità economica europea, che fu il primo nucleo dell’Unione. BERLINO, 9. Scontro tra due treni, oggi, in Baviera. Le vittime sono nove, tra le quali il macchinista di uno dei due treni, mentre l’altro risulta disperso, stando all’ultimo bilancio fornito dalla polizia regionale. I feriti sono almeno 150, tra cui quindici gravissimi e una quarantina in gravi condizioni. Per il ministro dell’Interno del Land, Joachim Herrmann, però, potrebbero esserci «altri morti tra i rottami dei due treni; sono sconvolto, è un incidente terribile, uno dei più gravi disastri ferroviari accaduti in Germania». Al momento non è ancora del tutto chiara la dinamica dell’accaduto. I convogli appartenevano a una compagnia privata, la Meridian, gestita dalle Ferrovie dell’Alta Baviera. «Per noi è un enorme shock» ha detto Bernd Rosenbusch, direttore delle Ferrovie. La società ha spiegato che il disastro è avvenuto in un tratto con un solo binario, alle 6.40 del mattino, per cause non ancora chiare. L’impatto è avvenuto all’altezza di Bad Aibling, sulla linea tra Rosenheim e Holzkirchen, circa sessanta chilometri a sud-est di Monaco. La polizia ha riferito che si sarebbe trattato di uno scontro frontale, a seguito del quale uno dei due treni è poi uscito dai binari. I soccorsi sono intervenuti immediatamente. Dettaglio di una moneta da un euro con raffigurati i Paesi dell’Unione (Reuters) Cameron annuncia la riforma delle carceri britanniche LONDRA, 9. Le carceri britanniche, sovraffollate e con elevati tassi di violenza e suicidi al loro interno, sono al collasso. Lo ha ammesso ieri il primo ministro, David Cameron, che ha parlato di uno «scandaloso fallimento del sistema». Nel tentativo di migliorare la situazione di oltre 85.000 detenuti, Cameron ha promesso una serie di riforme strutturali, che prevedono una maggiore autonomia ai direttori degli istituti e nuovi programmi di istruzione. L’obiettivo principale è permettere a chi è stato dietro le GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Città del Vaticano [email protected] www.osservatoreromano.va Allarme terrorismo per cinque città europee sbarre il reinserimento nel tessuto sociale e lavorativo in modo da evitare, come accade troppo spesso, che l’ex detenuto torni a delinquere dopo la detenzione. Fra i progetti sul tavolo, quello di creare nuove prigioni che possano diventare un modello in tutto il mondo con migliori condizioni di detenzione e una serie di attività speciali per il recupero dei condannati. Fra i problemi da affrontare c’è anche quello dei molti bambini, un centinaio nell’ultimo anno, che hanno vissuto in carcere con le madri detenute. L’OSSERVATORE ROMANO GIOVANNI MARIA VIAN direttore responsabile Giuseppe Fiorentino vicedirettore Piero Di Domenicantonio BRUXELLES, 9. Si estende l’allarme terrorismo in Europa. Fonti di intelligence occidentali informano che, prima degli attacchi di novembre a Parigi, il cosiddetto Stato Islamico (Is) avrebbe inviato in Europa una sessantina di foreign fighters con l’obiettivo di colpire almeno cinque città europee. Oltre alla capitale francese, nel mirino ci sarebbero anche Londra, Berlino e una città del Belgio. Della quinta non si hanno informazioni certe. La principale preoccupazione, ora, è che di tutti questi foreign fighters Servizio vaticano: [email protected] Servizio internazionale: [email protected] Servizio culturale: [email protected] Servizio religioso: [email protected] caporedattore Gaetano Vallini segretario di redazione re i prezzi, non ha prodotto risultati concreti. E secondo l’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), pubblicato oggi, è molto difficile un rimbalzo delle quotazioni del petrolio nel breve termine; anzi, a causa di un eccesso dell’offerta, è probabile un ulteriore abbassamento del prezzo. Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998 [email protected] www.photo.va non si conosce il nome e non si sa dove si trovino. Non si conosce nemmeno chi agisca in gruppo, in seno a delle cellule organizzate, e chi, invece, possa agire come “lupo solitario”. Tutto ciò, a conferma che l’allarme per imminenti nuovi attentati rimane elevatissimo in tutta Europa. In Francia, intanto, il primo articolo della riforma costituzionale voluta dal Governo, che introduce lo stato di emergenza e ne detta le regole, è stato approvato oggi dai deputati dell’Assemblea nazionale. Segreteria di redazione telefono 06 698 83461, 06 698 84442 fax 06 698 83675 [email protected] Tipografia Vaticana Editrice L’Osservatore Romano don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale WASHINGTON, 9. Intesa a tutto tondo sui massimi temi della politica internazionale, soprattutto sul nodo immigrazione. Questo il principale risultato del colloquio, ieri alla Casa Bianca, tra il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e il capo di Stato italiano, Sergio Mattarella. Al centro la proposta — ma per il momento, come ha detto Obama, si tratta soltanto di «un’idea embrionale» — di mettere a disposizione i mezzi militari statunitensi di stanza nel Mediterraneo e nell’ambito Nato per soccorrere i migranti e contrastare le organizzazioni di trafficanti di esseri umani. Nel concreto, dalle centinaia di basi militari americane dislocate in Grecia, Italia e Spagna potrebbero arrivare decine di elicotteri, aerei di ricognizione e navi da utilizzare per gestire l’emergenza. «L’immigrazione è un problema globale che dobbiamo affrontare insieme» ha detto il presidente Obama. L’alleanza tra Italia e Stati Uniti «non potrebbe essere più stretta». Secondo la stampa, il leader della Casa Bianca ha già sottoposto il progetto al cancelliere tedesco, Angela Merkel, e nei prossimi giorni ne parlerà con il presidente francese, François Hollande, e con il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Matteo Renzi. La proposta — dicono gli esperti — dovrebbe infine essere valutata durante il vertice della Nato in calendario l’8 e il 9 luglio a Varsavia. Dal canto suo, il presidente Mattarella ha sottolineato «la stretta collaborazione ci consente oggi e ci consentirà in futuro di fronteggiare sfide nuove e di sconfiggere i nemici della pace, della libertà e dei diritti umani». L’emergenza immigrazione «va affrontata con equilibrio, sicurezza e approccio umanitario» ha detto Mattarella. Oggi il presidente italiano incontrerà il numero due della Casa Bianca, Joe Biden, e i vertici del Congresso. Domani, invece, l’atteso faccia a faccia con il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Kimoon, al palazzo di Vetro di New York. Giovedì il titolare del Quirinale terrà un discorso alla Columbia University. Ripartono i caucus per le primarie WASHINGTON, 9. New Hampshire oggi al voto per le primarie. Il risultato appare meno incerto rispetto ai recenti caucus dell’Iowa. Tutti i sondaggi, infatti, danno la vittoria tra i democratici a Bernard Sanders e tra i repubblicani a Donald Trump. In base alle ultime rilevazioni, Trump è primo con il 31 per cento dei voti, davanti al senatore della Florida, Marco Rubio (15 per cento), e al senatore del Texas, Ted Cruz (13 per cento). Seguono poi il governatore dell’Ohio, John Kasich, all’11 per cento, e l’ex governatore della Florida, Jeb Bush, al 10 per cento. In campo democratico il senatore del Vermont Sanders è al 54 per cento, mentre Hillary Clinton è data attorno al 40 per cento. La Casa Bianca chiede al Congresso di sbloccare fondi Massima allerta per Zika WASHINGTON, 9. Il virus Zika, trasmesso dalle zanzare del genere Aedes Aegypti, che secondo gli esperti potrebbe provocare microcefalia nei feti, dilaga anche negli Stati Uniti. Le autorità sanitarie di statunitensi hanno deciso oggi di innalzare a livello 1 l’emergenza per Zika. È la prima volta dalla crisi del virus Ebola nel 2014. L’emergenza di livello mondiale, dichiarata nelle scorse settimane dall’Organizzazione mondiale della sanità, non accenna, dunque, a risolversi. Il quadro, anzi, si complica perché, avverte il Centro europeo per il controllo delle malattie, «l’epidemia continua a evolversi rapidamente nelle Americhe» e, dall’ultimo recente monitoraggio, altri otto Paesi (Samoa, Costa Rica, Curaçao, Repubblica Dominicana, Giamaica, Nicaragua, Tonga e le Virgin Islands) hanno segnalato casi di trasmissione autoctona. Proprio per questo, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha presentato una proposta al Congresso per finanziare con 1,8 miliardi di dollari la ricerca su vaccini e diagnostica, ma anche per aiutare in termini di sistemi sanitari pubblici. Un’accelerazione alla ricerca, quella annunciata da Obama, che tiene conto anche dell’aumento di casi “importati” di infezione negli Stati Uniti: sono cinquanta quelli confermati in viaggiatori statunitensi dallo scorso dicembre. L’incubo del contagio — riferiscono i commentatori — sta mettendo in serio pericolo lo svolgimento delle Olimpiadi di Rio dell’estate prossima, con la possibilità di massicce diserzioni da parte degli atleti a stelle e strisce. Tariffe di abbonamento Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198 Europa: € 410; $ 605 Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665 America Nord, Oceania: € 500; $ 740 Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30): telefono 06 698 99480, 06 698 99483 fax 06 69885164, 06 698 82818, [email protected] [email protected] Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675 «New York Times» in spagnolo WASHINGTON, 9. Il «New York Times» lancia un nuovo servizio in spagnolo. Il più importante quotidiano degli Stati Uniti ha inaugurato oggi una sezione on line nella quale saranno messi a disposizione non solo i migliori articoli dell’edizione internazionale tradotti in spagnolo, ma anche contenuti originali. Al centro temi riguardanti l’America latina e i rapporti con gli Stati Uniti. Concessionaria di pubblicità Aziende promotrici della diffusione Il Sole 24 Ore S.p.A. System Comunicazione Pubblicitaria Ivan Ranza, direttore generale Sede legale Via Monte Rosa 91, 20149 Milano telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214 [email protected] Intesa San Paolo Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Banca Carige Società Cattolica di Assicurazione Credito Valtellinese L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 10 febbraio 2016 pagina 3 Il premier designato Fayez Al Sarraj chiede un’altra settimana per definire la lista dei ministri Slitta ancora il varo del Governo libico Burundi segnato da sanguinose violenze BUJUMBURA, 9. Una nuova fase delle violenze che da quasi un anno insanguinano il Burundi si è registrata nel fine settimana scorso. Almeno undici persone sono state uccise nella capitale Bujumbura, teatro di fortissime tensioni a seguito della ricandidatura, in aprile, e della successiva rielezione, in luglio, del presidente Pierre Nkurunziza a un terzo mandato giudicato incostituzionale dall’opposizione e da diversi soggetti internazionali. L’ultimo corpo senza vita a essere stato ritrovato ieri è quello di una guardia giurata di un negozio di alimentari. Tra le altre vittime, figurano quattro civili uccisi dall’esplosione di alcune granate e cinque membri delle milizie Imbonerakure, l’ala giovanile del partito di governo che aiuta la polizia a individuare e arrestare i sospetti oppositori armati. La decima vittima era il capo di una postazione militare il cui corpo con una ferita da proiettile è stato ritrovato da un corrispondente dell’agenzia di stampa Dpa. Dopo la sua uccisione, la polizia ha effettuato una quindicina di arresti nel quartiere di Cibitoke, considerato una roccaforte dei gruppi armati dell’opposizione. Finora non hanno avuto esito gli sforzi internazionali per interrompere la spirale di sanguinose violenze che minacciano di far di nuovo precipitare il Paese nella guerra civile. Nkurunziza ha respinto la richiesta del Consiglio di sicurezza dell’Onu, che ha condotto anche una visita a Bujumbura, di dispiegare una missione dell’Unione africana, sostenendo che sarebbe un’invasione ostile. Secondo i dati delle Nazioni Unite, dallo scorso aprile sono quasi cinquecento le persone morte a causa delle violenze politiche in Burundi. A fine gennaio Amnesty International ha diffuso le prove dell’esistenza di fosse comuni con decine di corpi alla periferia di Bujumbura. Secondo l’organizzazione umanitaria, quasi un centinaio di persone sarebbero state uccise dalle forze della sicurezza in una repressione seguita ad alcuni attacchi armati a basi militari del 10 dicembre scorso. TRIPOLI, 9. Slitta ancora la presentazione del nuovo Governo libico di unità nazionale. Il premier designato Fayez Al Sarraj, che ne avrebbe dovuto annunciare tra ieri e oggi la composizione, ha chiesto un ulteriore rinvio. Almeno una settimana prima di fornire i nomi dei ministri del nuovo Esecutivo, dopo che la precedente lista, composta da 32 nomi, era stata bocciata il 19 gennaio scorso dal Parlamento di Tobruk, finora l’unico riconosciuto dalla comunità internazionale. La richiesta di Al Sarraj è arrivata al termine di una nuova riunione del Consiglio presidenziale. Il nodo da sciogliere, secondo quanto riferisce la stampa, resterebbe la nomina ai vertici del ministero della Difesa, collegata alla questione del ruolo del generale Khalifa Haftar in una futura Libia che veda un’autentica riconciliazione tra la fazione di Tobruk e quella islamista che controlla la capitale Tripoli. Per il resto, come si è riferito nei giorni scorsi, il nuovo Esecutivo dovrebbe essere formato da soli 12 ministri. Sembrerebbe comunque essere rispettato il criterio che aveva portato a quello di 32 ministri bocciato a gennaio, ossia la divisione del Paese fra tribù, etnie e aree geografiche. I ministri dovrebbero cioè essere rappresentanti delle tre regioni storiche: cinque dalla Tripolitania, quattro dalla Cirenaica (le due regioni che si sono aspramente combattute in questi anni seguiti alla ca- Per riconquistare la capitale Sana’a Truppe governative yemenite preparano l’attacco finale Al Sarraj presiede la riunione del consiglio presidenziale (Afp) Inaccettabile per il Cremlino il lancio del satellite Anche Mosca contro Pyongyang SANA’A, 9. Non accenna a stemperarsi il conflitto armato nello Yemen. Le forze armate governative yemenite, supportate dalla coalizione internazionale a guida saudita, stanno preparando un attacco finale contro i ribelli sciiti che controllano la capitale Sana’a. Secondo quanto riferisce l’emittente «Al Jazeera», le forze governative stanno ammassando truppe e mezzi nella provincia di Mareb in vista dell’assalto finale alla capitale. Le truppe leali al presidente Hadi, infatti, stanno proseguendo la loro avanzata nella provincia di Al Hodeida, lungo la costa occidentale del Pae- se, in modo da accerchiare Sana’a e stringerla da due lati. Le forze di Hadi — dicono gli analisti — hanno anche conquistato un nuovo distretto nella zona, quello di Maidid, della provincia di al Hujja, costringendo i ribelli sciiti ad arretrare. Combattimenti sono segnalati questa mattina anche nella città di Aden, principale centro della costa meridionale. La città è stata sottratta al controllo dei ribelli nel luglio 2015. Tuttavia gruppi legati ad Al Qaeda hanno lanciato un’offensiva: gli attacchi contro sedi istituzionali e forze di sicurezza si sono intensificati negli ultimi mesi. Le prospettive negoziali non fermano ancora le violenze Attentati in diverse provincie afghane KABUL, 9. Non diminuiscono le violenze in Afghanistan nonostante le prospettive di positivi sviluppi negoziali legate all’annuncio di imminenti trattative dirette con i talebani da parte dei rappresentanti di Pakistan, Cina, Stati Uniti e, naturalmente, Afghanistan. Nuove stragi si sono infatti registrate nelle ultime ore. Sei civili sono stati uccisi da un attentatore suicida che si è fatto esplodere a Yahyakhil, capoluogo dell’omonimo distretto della provincia orientale afghana di Paktika. Obiettivo dell’attentato era il governatore locale, Musa Khan Kharotai, che ne è però uscito incolume, secondo quanto riferito dal portale di notizie Khaama Press. Lo stesso governatore ha raccontato che l’attentatore suicida si è fatto esplodere vicino a una panetteria al passaggio del suo veicolo. duta e alla morte di Gheddafi) e altri tre dal Fezzan. Proprio alla regione meridionale del Fezzan dovrebbe appartenere il nuovo ministro della Difesa, chiamato a un ruolo cruciale nell’azione per scacciare da Sirte le milizie jihadiste che dichiarano appartenenza al cosiddetto Stato islamico (Is) Sotto questo aspetto ancora nelle ultime ore sono stati segnalati raid aerei dell’aviazione di Tobruk su Derna, la città con forte presenza di jihadisti situata appunto all’estremità orientale del golfo di Sirte. Il capo di stato maggiore dell’aeronautica, il generale Saqr Al Jaroushi, ha ammesso l’abbattimento di un Mig-32 rivendicato da un portavoce della coalizione delle milizie islamiche a Derna, precisando che il pilota è riuscito a lanciarsi. Domenica, invece, la stampa libica aveva riferito di un raid aereo su un ospedale di Derna, alcune case e una moschea, con almeno quattro morti. Al Jaroushi lo ha attribuito a un «Paese confinante», con chiaro riferimento all’Egitto, che però ha negato. Nelle stesse ore un altro attentatore suicida si è fatto esplodere vicino a un minibus che trasportava personale militare a Mazar-e-Sharif, il capoluogo della provincia settentrionale di Balkh. Nell’esplosione oltre all’attentatore sono morti tre soldati e una ventina sono rimasti feriti. In questo caso la responsabilità dell’attacco è stata rivendicata dai talebani, mentre non ci sono state rivendicazioni di quanto accaduto a Yahyakhil, Nessun gruppo si è dichiarato responsabile neppure dell’uccisione, avvenuta sempre ieri, di un membro della Guardia presidenziale afghana nella provincia orientale di Nangarhar. Un portavoce del Governo provinciale, Ataullah Khogyani, citato dall’agenzia di stampa Pajhwok, ha precisato che sconosciuti hanno attaccato l’uomo, di nome Islahuddin, con colpi d’arma da fuoco a casa sua uccidendolo e ferendo anche sua madre. Sempre dall’Afghanistan è giunta oggi la notizia della morte del mullah Mohammad Hassan Rahmani, uno dei più autorevoli leader talebani, deceduto questa notte in un imprecisato ospedale dove era ricoverato perché affetto da cancroLo hanno reso noto gli stessi insorti. Stretto consigliere del mullah Omar, il defunto fondatore del cosiddetto emirato islamico dell’Afghanistan, il mullah Rahmani era membro del Consiglio direttivo del gruppo ed era stato governatore della provincia meridionale di Kandahar fra il 1996 e il 2001. La sua ultima attività conosciuta è stata la partecipazione a un incontro sulla possibilità di un negoziato di pace afghano tenutosi nella città cinese di Urumqi. MOSCA, 9. Il satellite lanciato nello spazio dalla Corea del Nord due giorni fa è in orbita attorno alla Terra, anche se — riferisce l’agenzia di stampa sudcoreana Yonhap, che cita un funzionario del ministero della Difesa di Seoul — non è ancora chiaro se stia funzionando correttamente. Alla ferma condanna della comunità internazionale per l’iniziativa compiuta in violazione delle risoluzioni delle Nazioni Unite si è unita anche la Russia. In una nota il Cremlino ha definito infatti «inaccettabile» il lancio del razzo/satellite, un atto — ha indicato il portavoce di Vladimir Putin, Dmitri Peskov — «che viola il diritto internazionale». Il lancio di un razzo a lunga gittata per mettere in orbita il satellite “Kwangmyongsong-4”, formalmente destinato a osservazioni terrestri, viene considerato dagli analisti internazionali come un tentativo mascherato di sviluppare un missile balistico con raggio d’azione di circa 9.000 chilometri, capace quindi di colpire gli Stati Uniti. E oggi, nel corso di una conversazione telefonica, il premier giapponese, Shinzo Abe, e i presidenti degli Stati Uniti, Barack Obama, e della Corea del Sud, Park Geun-hye, hanno concordato la rapida attuazione di una dura risoluzione al Consiglio di sicurezza dell’Onu contro la Corea del Nord, e la necessità di un programma di cooperazione con gli alleati. «Le azioni della A Hong Kong scontri tra polizia e manifestanti HONG KONG, 9. Notte di guerriglia a Hong Kong, dove violenti scontri tra manifestanti e polizia sono scoppiati nel quartiere di Mong Kok, in seguito a un’operazione delle forze dell’ordine contro i venditori ambulanti. Bancarelle e stand gastronomici erano stati allestiti per le celebrazioni del capodanno lunare, ma, secondo le autorità, erano privi di permesso e sono stati, quindi, fatti sgomberare. La decisione ha provocato la violenta reazione degli abitanti, che hanno iniziato a lanciare sassi e bottiglie contro gli agenti, dando fuoco ad alcune auto. Nei disordini, almeno quarantaquattro persone, tra poliziotti e giornalisti, sono rimasti feriti, mentre sono stati eseguiti ventitré arresti. Il capo dell’Esecutivo, Leung Chun-ying, ha condannato le violenze. Corea del Nord pongono una serie di minacce alla sicurezza del Giappone e degli Stati Uniti», ha dichiarato Abe, aggiungendo che «è necessario adottare con risolutezza nuovi provvedimenti per evitare il proliferarsi di altri incidenti». Nella discussione con Park, il premier nipponico ha appoggiato l’iniziativa della Corea del Sud di adottare il sistema di intercettazione antimissile ad alta quota Thaad fornito dall’Amministrazione di Washington, e concordato per la collaborazione trilaterale dei Paesi alleati. Una sua eventuale adozione, precisano gli analisti, potrebbe però causare nuove frizioni con la Cina, preoccupata di possibili interferenze dei radar statunitensi con le proprie basi missilistiche nella regione. Nel frattempo, il Parlamento giapponese ha approvato all’unanimità una risoluzione di condanna per la sfida lanciata dalla Corea del Nord contro le direttive internazionali, e l’invio di una nota di protesta ufficiale al regime di Pyongyang, raccomandando l’adozione di nuove sanzioni. Spiragli positivi per l’elezione di Suu Kyi NAYPYIDAW, 9. Bisognerà attendere almeno fino alla metà di marzo per conoscere il nuovo presidente del Myanmar. Al momento non è trapelato nessun nome. L’unico dato certo è che sarà un esponente della Lega nazionale per la democrazia (Lnd), il partito del premio Nobel per la pace, Aung San Suu Kyi, che ha nettamente vinto le legislative di novembre, le prime democratiche dopo oltre vent’anni. Tra conferme e smentite, si sta però facendo strada una prospettiva fino a poco tempo fa impensabile nel Paese del sudest asiatico. Da tempo, infatti, si rincorrono sempre di più le voci di una trattativa in corso per permettere a Suu Kyi di prendere la guida del Paese, nonostante il divieto imposto dalla Costituzione. Il premio Nobel è bandita per legge dalla corsa presidenziale perché moglie e madre di stranieri (il marito, deceduto, e il figlio hanno passaporti britannici). Si tratta di una norma ad hoc vo- luta dai militari proprio per impedire a Suu Kyi di concorrere per la più alta carica dello Stato. Ma ieri, due televisioni filo-governative hanno parlato di «possibili spiragli positivi nel negoziato» tra il leader dell’Lnd e l’esercito per la sospensione dell’articolo 59 della Costituzione, ovvero la clausola che preclude l’incarico di presidente a chi abbia sposato o abbia figli stranieri. L’abolizione di questa clausola è stata oggetto di negoziazione tra Suu Kyi e i generali. Per cambiare la Carta serve il 75 per cento dei voti in Parlamento, ma i militari hanno un sostanziale diritto di veto, dato che per legge detengono il 25 per cento dei seggi. Per bloccare la clausola basta la maggioranza della metà più uno, eventualità possibile grazie agli attuali numeri in Parlamento. L’eventuale modifica potrebbe essere comunque bollata come illegale e anticostituzionale. Da qui, la trattativa che sarebbe in corso tra Lnd e i generali. Bambina estratta viva dalle macerie a Taiwan TAIPEI, 9. Una bambina di otto anni è stata estratta viva ieri sera dalle macerie del complesso residenziale a Tainan, Taiwan meridionale, crollato per il forte sisma che sabato ha colpito l’isola. La piccola era disidratata ma cosciente, hanno riferito i soccorritori. Stamane, intanto, la polizia ha arrestato il costruttore dell’edificio. Nel riportare la notizia, fonti di stampa locale citate dalla Bbc ricordano che nel crollo dell’edificio sono morte 39 persone. I soccorritori sono riusciti a estrarre vivi 320 superstiti, ma si teme che altre cento persone possano essere ancora intrappolate. A Taiwan, dove i terremoti sono frequenti, vi sono rigide regole per la costruzione dei palazzi. Il fatto che quell’edificio sia stato in pratica l’unico a crollare a Tainan fa ritenere che le regole di sicurezza siano state ampiamente violate. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 4 mercoledì 10 febbraio 2016 L’arrivo dei profughi alla Villa pontificia di Castel Gandolfo (1944) Le novità introdotte dal primo francescanesimo Beata semplicità di GIOVANNI CERRO Nella vasta letteratura critica su Francesco d’Assisi, l’ultimo libro di Maria Pia Alberzoni, docente di Storia medievale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Santa povertà e beata semplicità. Francesco d’Assisi e la Chiesa romana (Milano, Vita e Pensiero, 2015, pagine 308, euro 25), rappresenta senza dubbio un contributo importante dal punto di vista storiografico. L’obiettivo del volume, che raccoglie otto saggi pubblicati dalla studiosa negli ultimi anni e per l’occasione ampliati e rielaborati, è sottolineare l’originalità dell’esperienza minoritica nel contesto della vita regolare tra la fine del Duecento e i primi decenni del secolo successivo, rileggendo la santità e la persona di Francesco alla luce del binomio paupertas/simplicitas e delle recenti acquisizioni della storia istituzionale. Il primo ambito in cui emerge il carattere originale del francescanesimo è legato alla regolamentazione della vita religiosa. Se originariamente la regola designava l’insieme di precetti ed esortazioni volti alla realizzazione di un ideale di spiritualità all’interno di una comunità monastica, a partire dal secolo XI il termine assunse una connotazione decisamente più giuridica. Tale trasformazione fu favorita sia dalle spinte riformiste interne alla Chiesa, sia dalle elaborazioni ecclesiologiche delle scuole di teologia di Parigi, che recuperarono il tema della ecclesiae primitivae forma. Nel 1215 si ebbe un momento di svolta fondamentale con la costituzione 13 del IV Concilio lateranense, in cui si stabiliva che chi avesse voluto fondare una nuova casa religiosa avrebbe dovuto attenersi alla regola di Benedetto, a quella di Agostino o a quella di Basilio, nel caso del monachesimo orientale. Pur appartenendo a un simile retroterra teologico e culturale, Fran- mente; in secondo luogo, il controllo non si limitava a un singolo insediamento, ma, data la forte mobilità dei frati, insisteva su una base più ampia. Nel caso specifico dei frati minori, la visita era saldamente ancorata all’idea di obbedienza e di correctio. Già la Regula non bullata, risalente al 1221, distingueva al capitolo V due forme di correzione — quella dei frati nei confronti dei ministri e quella dei frati nei confronti dei confratelli — stabilendo che la denuncia al ministro generale o a quello provinciale doveva essere preceduta da tre ammonizioni fraterne. Si poneva l’accento non tan- Invece di attenersi alle regole di Benedetto o di Agostino il Poverello d’Assisi si riferì direttamente alla «sequela Christi» Situandosi al di fuori delle forme religiose allora esistenti to sulla punizione, quanto sull’esortazione a ravvedersi e sull’importanza del richiamo misericordioso. A questo proposito, nella già citata Regula bullata si assiste a una sorta di rovesciamento del concetto di visita tradizionale. Se i frati si fossero resi conto di «non poter osservare la Regola secondo lo Spirito», avrebbero dovuto ricorrere spontaneamente all’aiuto dei ministri. A loro volta, i ministri avrebbero dovuto accoglierli «con carità e benevolenza», usando nei loro riguardi «tanta familiarità, che quelli possano parlare con loro e fare come i padroni con i loro servi; infatti così deve essere, che i ministri siano i servi di tutti i frati». Il comportamento codificato nelle due regole, incentrato non sul controllo ma sulla misericordia e sulla fraternità, sembra rimandare all’esperienza personale di Francesco, come testiIl caso della «Regula» bullata, moniano il biglietto a frate Leone e l’Epistola approvata nel novembre del 1223 ad quendam ministrum. da Papa Onorio III Dal volume di Alberzoni emerge, quindi, che può essere considerato un unicum le novità introdotte dalnella Chiesa di quel periodo la comunità di Francesco a livello organizzativo e istituzionale dipencesco preferì far riferimento diretta- devano soprattutto dal particolare mente alla sequela Christi, situando- carisma incarnato dall’assisiate, una si così al di fuori delle forme reli- forma di investitura ricevuta direttagiose allora esistenti. Cristo stesso, mente dall’Altissimo. In quanto fiinfatti, aveva indicato secondo gura carismatica, Francesco era perFrancesco la nuova via da percorre- ciò in grado di tenere insieme e di re, ovvero «vivere secondo la forma del santo Vangelo». Il caso della Regula bullata, approvata nel novembre del 1223 da Papa Onorio III, può quindi essere considerato un unicum nella Chiesa di quel periodo: i frati minori poterono dirsi regolari pur senza aver accolto una delle regole della tradizione. La verifica dell’osservanza della regola in una comunità monastica era in genere affidata a un sistema di controllo fondato sul capitolo generale annuale e sulla visita canonica. Tra il XII secolo e l’inizio del XIII tale sistema, messo a punto dai circestensi per permettere all’abbazia madre di comunicare con le sue varie filiazioni, fu progressivamente esteso a tutte le reti monastiche. Domenico Ghirlandaio, «Conferma della regola» (1482-85, Tuttavia la nascita delle fraCappella Sassetti, Santa Trinita, Firenze, particolare) modificando la ternitates, struttura gerarchica degli ordini, ebbe evidenti ripercussioni su questo modello e in parti- far interagire aspetti differenti del colare sulla pratica della visita. In messaggio cristiano, dalla spiritualiprimo luogo, i visitatori erano ora tà penitenziale al tentativo di aderilegati a un insieme di frati o a un re il più possibile in modo letterale territorio specifico, cioè la provin- alla vita del Vangelo, dall’impegno cia, ed erano nominati per svolgere missionario alla sincera obbedienza il loro compito solo provvisoria- alla Chiesa. Il soccorso ai profughi offerto dalla Guardia Palatina Nessuna distinzione Pubblichiamo uno stralcio dal volume «La Guardia Palatina d’Onore di Sua Santità. 18501970 Fedeltà, Onore, Servizio» (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2015, pagine 437, euro 55). di ANTONIO MARTINI A Castelgandolfo, già nella metà di settembre, era iniziata l’opera di aiuto a ricercati e profughi. Con l’aumento di questi “ospiti” si presentava la necessità di un servizio di sicurezza. Già dal 3 ottobre era atteso l’arrivo della Palatina e fervevano i preparativi per l’accoglienza anche di Gendarmi e Guardie Svizzere e le suore addette avevano già allestito la loro cucina. Come abbiamo accennato, il primo distaccamento della Guardia Palatina era partito per la Villa Pontificia di Castel- Nelle Ville Pontificie furono accolte persone senza casa né viveri Si doveva affrontare l’eccezionale freddo del 1944 che che sono però risolte con l’intervento di un Ufficiale Superiore della Guardia che ottiene la solerte collaborazione della Direzione degli Uffici Tecnici del Governatorato. Il 22 gennaio 1944 le truppe alleate sbarcano ad Anzio e in tutti si accende la speranza di una loro rapida avanzata verso Roma con la fine dei disagi fino ad allora sofferti. Come sappiamo quelle speranze furono frustrate dalla mancata avanzata degli alleati. Come prima conseguenza, giunsero alla Villa altri profughi provenienti dalle zone dei combattimenti, tutti accolti, senza alcuna distinzione, dalla infinita carità del Santo Padre, anche se con serie preoccupazioni per il loro alloggiamento e mantenimento. Quando si tratta di lontani eventi di cui molto e molti hanno detto, è meglio attingere a fonti ufficiali redatte nel momento su fatti accertati e testimonianze. Una di queste è la pubblicazione annuale Attività della Santa Sede che parlando dei danni e delle violenze subite nelle zone extraterritoriali, così riferisce gli avvenimenti di quei giorni: «Altra zona duramente provata dalla violenza della guerra sono state le Ville Pontificie di Castelgandolfo. A più riprese dal febbraio alla metà di maggio del corrente anno, aerei hanno sganciato bombe su quella località, protetta dalla immunità diplomatica e ove si addensavano i profughi delle vicine zone devastate dalla bufera della guerra, in grande numero: in taluni periodi fino a 15.000 rifugiati erano accolti negli immobili della Santa Sede. Purtroppo numerose sono state le vittime: in una sola incursione se ne ebbero oltre quattrocento; considerevoli i danni ai fabbricati e alle istallazioni della Villa». Il Santo Padre, con amorosa premura, secondato dalla Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e gandolfo il 5 ottobre, gli uomini ebbero una discreta sistemazione e il loro servizio, anche se pesante a causa della vastità della zona da tenere sotto controllo era regolarmente prestato senza difficoltà. Tra gli immobili extraterritoriali, il più difficile da controllare era la Villa, per la vastità del territorio, la distanza dal Vaticano e gli ingressi molto esposti perché dislocati in pieno centro dei paesi di Castelgandolfo e di Albano, per cui il distaccamento era più numeroso. Quindici uomini con il loro ufficiale iniziarono subito il servizio di vigilanza specialmente all’ingresso principale della Villa e alla “macelleria”, vicina all’ingresso di Albano. Il tempo passava piuttosto tranquillo in una struttura bene organizzata, con cambio settimanale del distaccamento. Presto crebbero le esigenze di sorveglianza interna per l’aumento dei rifugiati nel territorio della Villa e di coloro che volevano entrare ritenendo che quel luogo fosse più sicuAl termine della guerra ro, perché sotto la protezione del Papa. fu ritrovata la normalità Costantemente arriRiprese così il servizio vavano nuovi rifugiati bisognosi di di anticamera, di parata aiuto, benevolmente e di ordine nelle cerimonie accolti anche se tra gravi difficoltà di organizzazione, sicurezza e specialmente per il loro dal Direttore della Villa Pontimantenimento, tanto che ai pri- ficia di Castelgandolfo, Emilio mi di novembre l’economato Bonomelli, ha provveduto, con entrò in crisi per il timore di ogni genere di soccorsi, a lenire non poter provvedere al vitto le gravissime difficoltà di una popolazione rimasta priva, d’un per tutti. Per far fronte alle nuove esi- tratto, della casa e di ogni più genze si accresce il numero del- urgente sussidio per la vita. La carità del Santo Padre acle Guardie dislocate a Castelgandolfo, con il loro aumento colse nella Villa i suoi figli colnascono nuove necessità logisti- piti nelle più elementari neces- sità: senza casa, senza viveri e mancanti perfino di che combattere l’eccezionale freddo di quell’inverno 1944. Profughi, sfollati e rifugiati arrivarono a 15.000 fino a occupare l’intera Villa, “intera” nel più stretto significato del termine; lo sappiamo dal racconto dei nostri commilitoni che vissero quei tragici momenti e dalle cronache contemporaneamente pubblicate come quella de «L’O sservatore Romano» del 22 febbraio 1944: «Non soltanto i giardini con tutti i loro locali, gli angoli pittoreschi, i viali, le siepi, il cripto-portico, le serre, ma anche il palazzo, la grande scalinata, le stanze riservate ai di salvare quante più persone possibile. La maggioranza degli ausiliari erano apolitici che si contentavano di essersi messi al sicuro, di avere una buona refezione in cambio di un servizio, spesso non gravoso, prestato con riconoscente onestà. Il primo periodo dell’arruolamento, fino al marzo 1944, trascorse per gli ausiliari in relativa tranquillità con un servizio ogni 15 giorni per 24 ore durante le quali erano loro somministrati «veri pasti», evento eccezionale nella carestia della città. In primavera furono stabiliti, anche per gli ausiliari, turni più lunghi con periodi di «accasermamento» in Vaticano o negli edifici extraterritoriali, compreso quello di Castelgandolfo a causa di quei tragici avvenimenti che incombevano su tutti. Dopo la liberazione di Roma del giugno 1944 il personale entrato nella Guardia con gli arruolamenti straordinari fu congedato e a tutti guardie, allievi e ausiliari fu rilasciato un diploma e una medaglia, con nastro cremisi listato di bianco e giallo, che reca al dritto il ritratto del Papa con la scritta Pius XII Pontifex M. e al rovescio Al merito per servizi straordinari 1943-1944 circondata da Guardia Palatina d’Onore di Sua Santità. A proposito del diploma e della medaglia l’Allievo congedato Carlo Laurenzi realisticamente commenta: «Onesta- Baracche e tende ospitano i profughi nella Villa pontificia (1944) dignitari, l’ampio salone dello Svizzero, la scala detta di Napoleone, le varie aule dell’Anticamera segreta e fin le sale del Trono e del Concistoro ed altre ancora dell’appartamento papale, lasciano solo, nel mezzo, un ristretto passaggio, giacché intere famiglie si sono alloggiate lungo le pareti utilizzando le scarse masserizie sottratte alla tormenta e tutte le suppellettili che la Direzione della villa, insieme a risorse di natura alimentare, ha potuto mettere a loro disposizione. La massima parte dei disgraziati appartiene a zone delle immediate vicinanze: ma non pochi provengono da altre plaghe flagellate dalla bufera; ve n’è di quelli che per ben quattro volte, risalendo un doloroso cammino sono stati costretti a sfollare dopo il primo distacco dal paese natio!». Nella maggioranza degli arruolati vi era indubbiamente un senso di fedeltà al Papa, ma alcuni ebbero come stimolo la ricerca di sicurezza profittando proprio della sconfinata carità del Papa che, indipendentemente da tutto, aveva lo scopo mente i meriti straordinari non furono nostri verso la Santa Sede, ma della Santa Sede per noi. Eravamo sbandati nella fame della città, cominciavamo a nasconderci, le case delle madri non erano più sicure». In rapporto al grande numero di ausiliari immessi nella Guardia in quel periodo, furono relativamente pochi quelli che restarono nella Guardia dopo la liberazione di Roma nel giugno del 1944, poiché il numero degli effettivi previsto dal regolamento era ormai quasi completamente coperto dalle vecchie Guardie rimaste sempre in servizio, da quelle nel frattempo congedate dall’Esercito italiano e dagli allievi che avevano già prestato giuramento e quasi tutti passati effettivi. Con quelle tragiche vicende la Guardia Palatina chiuse un intervallo di vita che, per la sua particolarità, resterà a suo merito consacrato al ricordo. Nella ritrovata normalità riprese, come per il passato, il suo servizio di Anticamera e di parata e d’ordine nelle cerimonie religiose e civili. L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 10 febbraio 2016 pagina 5 Le violenze religiose e politiche che si susseguono anche oggi tendono a trasformarsi in nuovi genocidi A cominciare dal massacro dei cristiani Un gulag sovietico Quando l’atroce si oppone all’umano Novecento di terrore troppo condizionato dalle conse- conquista nazista, la produzione deguenze politiche del riconoscimento stinata a sostenere l’industria bellica di questa etichetta, creata come sap- e civile. Un nesso, questo, che il lipiamo da Raphael Lemkin nel 1944 bro di Vercelli non sottolinea, mi sull’onda della memoria del genoci- sembra, a sufficienza, attento com’è dio armeno sommata a quella della ad altri aspetti, quelli di arbitrarietà consapevolezza della Shoah che an- del diritto e quelli punitivi, del sistecora si stava consumando. Ma co- ma concentrazionario sia nazista che munque indispensabile anche per comunista. Il salto qualitativo è introdotto evitare confronti tra fenomeni incomparabili, di mescolare conflitti dal campo di sterminio, cioè nella politici con genocidi, stato di ecce- trasformazione del campo da campo zione con stermini e via discorrendo. di lavoro forzato sia pure ad altissiAnche se, in sé, le limitazioni delle mo degrado e mortalità, a campo di libertà legate allo stato d’eccezione sterminio pianificato attraverso l’inpossono contenere i germi di svilup- troduzione delle camere a gas. Un pi molto più devastanti, il percorso salto che viene compiuto dai soli nanon è né automatico né ineluttabile zisti, come Vercelli sottolinea, e che o predeterminato. Insomma, Guan- rappresenta realmente l’aspetto di tánamo, per quanto fenomeno inde- unicità della Shoah, separandola gno, non è certo una qualitativamente dal resto del sistema concentrazionario. Una separastrada per Auschwitz. Uno dei fili attra- zione, dobbiamo aggiungere, che verso cui si dipana nella realtà non fu così netta dato il l’analisi di Vercelli è sovrapporsi delle due diverse funzioquello dell’istituzione ni in molti campi di concentramento “campo di concentra- nazisti, dalla Risiera di San Sabba a mento”, un’invenzione Ravensbrück. Il sistema concentraNella serata di martedì 9 viene della fine dell’O tto- zionario nei suoi due modelli nazista presentato a Roma, presso il cento perfezionatasi e comunista appare qui come un siCentro Ebraico Italiano «G. e V. nel Novecento, dalle stema vasto e molto simile, sia pur Pitigliani», il libro di Claudio prime forme embrio- nelle differenze d’intenti e di modaVercelli Il dominio del terrore. nali con la guerra di lità, mentre se ne stacca nettamente Deportazioni, migrazioni forzate e secessione americana, il solo sistema dello sterminio nastermini nel Novecento (Roma, alla guerra di Cuba zista. Salerno Editrice, 2016, pagine L’analisi che Vercelli compie dei del 1896-98 fino alla 166, euro 12). All’incontro, guerra anglo-boera, due sistemi, quello del gulag e quelmoderato da Franca Giansoldati, dove viene introdotto lo dei lager, è al centro del breve vointervengono Lucetta Scaraffia e il filo spinato, divenu- lume. Del gulag vengono spiegati l’autrice dell’articolo che to oggi simbolo del sia la molteplicità delle funzioni (recampo. Di lì allo ster- pressione, rieducazione, manodopera pubblichiamo in questa pagina. minio degli Herero, forzata, sovietizzazione forzata) sia i primo genocidio del nessi con le eredità del passato e i Novecento, opera del- provvedimenti amministrativi di redel terrore nel secolo XX . Non si la Germania guglielmina, dove si pressione sotto lo zarismo. Del lager, tratta di fare una contabilità del ter- formalizza tanto il nome, campo di il rapporto della formazione di un rore, di valutare il numero più o me- concentramento, quanto il nesso tra sistema concentrazionario pervasivo no grande delle vittime, gli strumen- genocidio e campo. Poco usati, se e onnipresente con la guerra, il proti più o meno gravi di violenza e non come campi di transito, nel getto di schiavizzazione delle razze morte, insomma, per dirla con Jean- grande genocidio armeno, i campi di inferiori e dell’eliminazione di ebrei Michel Chaumont, di fare una gra- concentramento, già preduatoria delle vittime, intento ab- senti nell’Urss degli anni bandonato da molti anni dalla sto- Venti, vedono il loro culAl centro del libro riografia anche se ancora prediletto mine negli anni Trenta del dal senso comune storiografico, che secolo, nel nascere dopo il sono i due sistemi vasti e molto simili ama dibattere a forza di cifre sul fat- 1933 del sistema concentraquello del gulag e quello dei lager to se abbiano fatto più vittime Hi- zionario nazista, e nel fortler o Stalin, Pol Pot o Mao. Il pro- marsi di quello sovietico Nati dall’invenzione blema è un altro: quello di decifrare con il gulag (il gulag, non del campo di concentramento le modalità delle violenze di massa e i gulag, dal momento che degli stermini, di coglierne la genesi si tratta di un acronimo e le conseguenze, i rapporti con le per il burocratese Direzioideologie, con le legittimazioni stata- ne principale dei campi di lavoro e oppositori. Comune ad ambedue i li, con le rinunce al diritto. In que- collettivo). Sia nei lager nazisti che sistemi, scrive, era «l’uso del terrore sto senso aiuterebbe, anche se non nel gulag il campo è strettamente le- di massa fino alla soglia dello sterpuò essere risolutivo, un maggiore gato con l’idea di lavoro forzato. È minio ed oltre». ricorso da parte di Vercelli al termi- sul lavoro schiavistico di milioni di Il volume va oltre la fine del nazine, giuridicamente definito a livello prigionieri che si realizza in Urss smo e del comunismo e del loro sidi diritto internazionale, di “genoci- l’accesso all’industrializzazione, è nel stema concentrazionario. Esso arriva dio”. Non risolutivo, evidentemente, lavoro schiavistico del campo di all’oggi, attraverso un’analisi a volo perché troppo connotato anch’esso concentramento che si realizza sem- d’uccello sia sul dopoguerra e sulla dai rapporti di forze internazionali, pre più, nel corso della guerra di risistemazione dei rapporti politici di ANNA FOA Il problema che la storia del Novecento, con il suo susseguirsi di genocidi, sistemi concentrazionari, stermini e migrazioni forzate ci pone, è anche il problema di trovare un filo rosso che li colleghi, che leghi fra loro le più o meno diverse violenze di Stati a percorsi ideologici differenti, quali la Turchia dei Giovani Turchi, la Germania nazista, il sistema del terrore nell’Impero sovietico. Che trovi costanti e uniformità in episodi di violenza di massa ognuno diverso e specifico, ma tutti caratterizzati dal fatto di contrapporre “l’atroce all’umano”, per usare la terminologia adoperata da Claudio Vercelli in questo libretto dedicato al dominio ed etnici (riutilizzazione, sia pur in altro modo, dei campi ex nazisti da parte delle potenze vincitrici, pulizia etnica e grandi migrazioni forzate, repressioni oltre la cortina di ferro) sia sui genocidi più recenti: dall’autogenocidio di Pol Pot ai genocidi in Ruanda e in Bosnia. Tra ottocentomila e un milione i dati dei tutsi massacrati in Ruanda (che Vercelli tende, sulla base di fonti riduzioniste, a sottostimare a cinquecentomila) al genocidio di Srebrenica, a po- chi chilometri dai confini dell’Unione europea. Genocidi non ancora del tutto relegati al passato, che possono lasciare spazio a nuovi massacri. Fino ai nessi tra i massacri del Medio oriente (in particolare, in Siria) e i grandi fenomeni migratori che si riacutizzano oggi. Il tutto in un mondo in cui il problema dei diritti umani continua a essere agitato più come una bandiera che come un programma effettivo di azione politica. Dove le violenze religiose e poli- La presentazione Viaggio in Italia La telecamera di George Simonetta Agnello Hornby, il figlio George e Andrea Camilleri in «Io & George» di GIULIA GALEOTTI L’avevamo conosciuta come scrittrice di una avvincente Sicilia, grazie a romanzi quali La Mennulara (2002) o Boccamurata (2007). E poi come avvocatessa impegnata, sia in qualità di fondatrice dello studio legale Hornby and Levy specializzato in diritto di famiglia, minori e violenza domestica, sia come presidente (per otto anni) del tribunale inglese per i bisogni educativi speciali e la disabilità. Ora infine, grazie al film documentario in sei puntate Io & George, anche come madre. Nata e cresciuta a Palermo, dopo la laurea in legge nel 1967, Simonetta Agnello Hornby si è trasferita a Londra, dove si è sposata con un inglese da cui ha avuto Nicolas e George. Quest’ultimo, ora quarantacinquenne e padre a sua volta di due figli, da oltre un decennio è affetto da sclerosi multipla primaria progressiva, una grave Disegni riprodotti in modelli al Science Museum di Londra Leonardo va alla guerra Leonardo da Vinci non solo in versione pars costruens ma anche in quella pars destruens: i progetti scaturiti dalla sua mente vulcanica sono stati riprodotti in modelli dal Science Museum di Londra che ha allestito la mostra, dal 10 febbraio al 4 settembre, Leonardo da Vinci: The Mechanics of Genius. Nei suoi disegni — affermano i curatori citati dal «The Guardian — è riconoscibile un doppio binario: l’amore per l’umanità e per il suo progresso unito a un desiderio di distruzione del nemico, visto come tale se ostacolo a quel progresso. Ecco allora che Leonardo disegna La ricostruzione di macchine lanciapietre progettate dal genio leonardesco tiche si susseguono e tendono a trasformarsi in nuovi genocidi (a cominciare dal sistematico massacro dei cristiani, che pure forse avrebbe meritato una menzione nel libro), mentre le istituzioni internazionali rivelano ogni giorno di più la loro impotenza e la loro incapacità di intervenire. Se quella delineata da Vercelli è la storia del Novecento, il secolo che abbiamo iniziato non lascia presagire molto di meglio. anche macchine da guerra, in particolare crossbows, ovvero balestre di grandi dimensioni, la cui vista sarebbe stata capace già da sola di spaventare il nemico, sottolinea Sue Mossman, direttore dei progetti al Science Museum. Ma alcuni studiosi, convinti del suo assoluto pacifismo, ritengono che Leonardo avrebbe in realtà introdotto intenzionalmente difetti nei suoi progetti di armi di guerra così da renderle innocue. Ma al di là del bene e del male, o presunto tale, resta il suo genio. (gabriele nicolò) malattia che lentamente porta alla paralisi. Ebbene, madre e figlio hanno compiuto insieme un viaggio di tre settimane lungo la penisola italiana, da Milano ad Agrigento: il risultato è la serie Io & George, diretta da Riccardo Mastropietro, andata in onda su Rai Tre qualche mese fa e ora fruibile in streaming. Le puntate si snodano da Londra — in cui entrambi vivono — fino alla Sicilia, passando per Milano, la Toscana, Roma, Napoli, Palermo e Agrigento, dove, nella contrada Mosè, si trova la casa di campagna della famiglia Agnello. Il risultato è un viaggio tra passato e presente della storia italiana, tra monumenti, strade, incontri e flashback (attraverso documentari dell’epoca), ma è anche un viaggio tra il cibo (dal maritozzo con la panna al babà), condito di incontri, di nuovi e vecchi amici ritrovati lungo la via — compresi Andrea Camilleri e il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Il tutto adorno da un filo rosso: lo stile narrativo della scrittrice che lo spettatore ritrova nelle parole con cui Simonetta Agnello Hornby si relaziona con la realtà, la natura, le radici familiari, gli odori e i volti che incontra nel viaggio con suo figlio. Un viaggio non sempre facile a causa delle difficoltà logistiche per la sedia a ruote di George, difficoltà in cui — sia grazie a una delle telecamere montata sullo speciale velivolo proveniente dalla Malesia e acquistato sul web, sia grazie allo sguardo della madre — lo spettatore riesce facilmente a immedesimarsi. Tra barriere architettoniche e sampietrini, meravigliosi monumenti che diventano trappole senza uscita, treni e autobus a volte sorprendentemente attrezzati, il messaggio non è sempre confortante: se George riesce a compiere felicemente il suo giro per l’Italia, è solo grazie alla disponibilità casuale di chi incontra, e alla sua posizione privilegiata di turista seguito da una troupe televisiva. Il messaggio di denuncia arriva, ma con toni delicati e rilassati: Simonetta e George sono infatti non solo una coppia madre-figlio curiosa e coraggiosa, ma anche incredibilmente serena. Un modo intelligente ed efficace di mettere l’accento su quello che non va. Senza astio, ma in modo fermo. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 6 mercoledì 10 febbraio 2016 Lettera pastorale in vista delle elezioni del 28 febbraio Ognuno si impegni per il futuro del Benin ABUJA, 9. «Occorre fare una revisione del sistema educativo e sanitario della Nigeria, per restaurare l’integrità sociale e politica di tutto il Paese»: a sottolinearlo, nei giorni scorsi, è stato monsignor Jude Ayodeji Arogundade, vescovo di Ondo, presiedendo la messa per l’avvio delle celebrazioni del centenario dell’arrivo dei primi missionari. Il presule, in particolare, ha puntato il dito contro le carenze del sistema educativo, evidenziando, al contrario, come le scuole cattoliche rappresentino ancora «i canali più vitali per la formazione della popolazione». Di qui — riferisce Radio Vaticana — il richiamo di monsignor Arogundade “all’immenso contributo” che la Chiesa cattolica ha dato e continua a dare «allo sviluppo religioso, pastorale e sociale della Nigeria». In merito alla ricorrenza centenaria, il presule ha lodato l’impegno dei primi missionari che hanno portato la fede nella regione e ha ringraziato i fedeli per aver contribuito, con generosità, al radicamento del cattolicesimo. «Tuttavia — ha aggiunto il vescovo di Ondo — non bisogna riposarsi sugli allori, perché il messaggio evangelico di Cristo deve raggiungere ancora molti luoghi della diocesi e di tutta la Nigeria». Per questo monsignor Arogundade ha esortato i fedeli a «portare la buona novella di Cristo a tutti i fratelli, sia con le parole sia con le I vescovi a sostegno delle scuole cattoliche Valori per la Nigeria azioni, al fine di migliorare la società, in favore dei più poveri e bisognosi. Grandi cose — ha spiegato il presule — possono essere fatte con la preghiera e la fedeltà a Dio». Di recente, i vescovi nigeriani hanno sottolineato quanto sia in sofferenza l’economia del Paese, ricordando che «sempre più nigeriani lottano o sono incapaci di soddisfare le necessità di base delle loro famiglie. La forte disoccupazione giovanile — hanno lamentato i vescovi — costringe i nostri cittadini, spe- La denuncia del mercato nero di cibo e farmaci Contro chi affama il popolo del Malawi LILONGWE, 9. La commissione Giustizia e pace (Ccjp) della Conferenza episcopale del Malawi ha espresso profonda preoccupazione per la costante mancanza di cibo, generi di prima necessità e medicine negli ospedali pubblici e nei depositi pubblici dell’Agricultural Development and Marketing Corporation (Admarc). Una situazione che mette a rischio la vita di vasti strati della popolazione, in particolare di bambini e anziani. Il vice segretario nazionale della Ccjp, Martin Chiphwanya, ha sollecitato le autorità competenti ad assicurare a tutti i cittadini il diritto al cibo e ai servizi sanitari essenziali. Chiphwanya ha denunciato anche il fatto che in alcuni casi le medicine sono disponibili nelle strutture sanitarie ma vengono rubate. Molti — ha avvertito Chiphwanya — stanno morendo a causa di malattie che potrebbero essere facilmente curabili: la situazione «è preoccupante specialmente nei villaggi, dove la gente compra le medicine nei negozi e nelle farmacie non autorizzate, e ciò rappresenta una grande minaccia per la † Mario Agnes partecipa con affetto al dolore per la morte di GIUSEPPE CANESSO che ha servito la Chiesa con amore e con totale dedizione. Città del Vaticano, 9 febbraio 2016. loro salute. Esortiamo la polizia e le autorità a fare il loro dovere per garantire la sicurezza di chi va in questi magazzini e punire coloro che vendono sottobanco mais e altri beni di prima necessità». Chiphwanya ha ricordato che finora non sono state adottate misure punitive nei confronti di chi ruba i farmaci. «Nessuna punizione esemplare è stata comminata a chi ruba, come, invece, ci si aspetterebbe in una società civile. La commissione episcopale Giustizia e pace — ha spiegato il segretario nazionale della Ccjp — crede nella sacralità della vita e sostiene che occorra compiere ogni sforzo possibile per assicurare che la vita delle persone non venga messa a rischio». Il segretario generale della Ccjp ha anche sfidato quanti stanno lucrando sulla scarsità di mais nel Paese a porre fine a ogni connivenza: «Non si possono realizzare le proprie ambizioni politiche — ha detto per ottenere più voti donando scorte di mais agli ospedali solo durante la campagna elettorale». I vescovi ricordano infine le migliaia di poveri che fanno lunghissime file per molte ore, anche la notte, davanti ai depositi, per assicurarsi una scorta di mais. «Attualmente — ha ricordato Chiphwanya — ogni persona ha diritto all’acquisto di venti chilogrammi di mais, ma il costo è così alto da non poterselo permettere». Il capo dello Stato, Peter Mutharika, nel suo discorso alla nazione, mercoledì scorso, aveva ordinato alla polizia di rintracciare e arrestare tutti i venditori di mais di contrabbando che sono conniventi con i funzionari dell’Admarc. Fame e povertà sono talmente diffusi in Malawi da vedere ricomparire la lebbra, una malattia che sembrava ormai debellata. Intanto, la commissione cattolica per lo sviluppo in Malawi (Cadecom), in collaborazione con la commissione Giustizia e pace, sta distribuendo aiuti alimentari alla popolazione nella zona, fra le più colpite dalla carestia, di Thyolo (a sud del Paese), nell’ambito del World Food Program. cialmente i giovani, a emigrare, sia all’interno sia in altri Paesi, esponendosi a condizioni inumane, incluse diverse forme di depravazione e di criminalità. In tanti casi giovani vite sono andate perdute nelle nostre strade, nei deserti di qualche Paese africano e sulle rive dell’Europa». In un messaggio si nota con soddisfazione la volontà espressa dal nuovo Governo «di investire nel settore agricolo e di cercare nuove alternative al gas e al petrolio». L’economia nigeriana infatti dipende da decenni dalle esportazioni di petrolio, mentre gli altri settori economici nazionali, a iniziare dall’agricoltura, l’istruzione e la sanità, sono stati a lungo trascurati, con conseguenze negative sull’occupazione in un Paese di oltre 100 milioni di abitanti. I ricavi del settore petrolifero sono stati inoltre depredati dalla corruzione. Su questo tema i vescovi sono più volte intervenuti. «Fin dalla sua fondazione, questa Conferenza episcopale ha costantemente condannato la corruzione, la violenza e l’ingiustizia, ed ha invitato i nigeriani a vivere nella trasparenza e con spirito di servizio tutti i nigeriani devono aderire alla lotta alla corruzione in modo da recuperare le opportunità sprecate». PORTO-NOVO, 9. Conversione: è questa la chiave di volta per il futuro del Benin indicata dai vescovi in una lunga lettera pastorale, diffusa in vista delle elezioni presidenziali che si terranno il 28 febbraio prossimo. Intitolata «Sotto lo sguardo di Dio», la nota episcopale esorta i fedeli a vincere, con il bene, i numerosi mali che attanagliano il Paese: «il male culturale dell’egocentrismo; il male del denaro, primo flagello sociale e politico; il male del potere, percepito come il potere del male e perpetrato attraverso violazioni delle legge, avidità e autoritarismo; il male della menzogna pubblica e privata; il male di un’amministrazione statale carente; il male sociale della corruzione». Di qui, il richiamo a un esame di coscienza personale, vescovi inclusi. A questi in particolare si chiede «prudenza e imparzialità, soprattutto durante il periodo elettorale». Centrale anche l’invito dei presuli alla “pace sociale” che non potrà mai essere raggiunta se continuerà a essere «minacciata dai sentimenti di ostilità e rivalità dannosa che predominano» tra la popolazione. In particolare a tutti gli attori coinvolti nel processo elettorale la Chiesa in Benin chiede «un sussulto morale», affinché il voto possa svolgersi «in libertà, con uno spirito patriottico di etica e di equità, senza mai infrangere il codice elettorale». Quanto a coloro che «deliberatamente e senza scrupoli si preparano a effettuare brogli, manipolando il meccanismo di voto o falsificando gli scrutini», i vescovi affermano: «Dio vi guarda». E li esortano «a una conversione dei cuori e delle coscienze». Ai fedeli i vescovi rivolgono l’incoraggiamento a guardare alle prossime elezioni «con fede e speranza, senza lasciarsi prendere dall’angoscia e dalla paura». In quest’ottica, l’attuale giubileo straordinario si presenta come «un tempo di grazia particolare che dispone l’uomo a sperimentare la misericordia divina». Di qui, il forte appello all’onestà «perché — scrivono i vescovi — la politica è un ambiente che porta spesso a posizioni nette, critiche radicali, parole estreme che suscitano rancore e violenza. Per questo, sono necessari conversione e perdono. Il periodo della campagna elettorale — si legge ancora nella lettera pasto- rale — è spesso marcato da scontri e da violenze tra i sostenitori dei diversi candidati». I fedeli, allora, in quanto “discepoli di Cristo” sono invitati ad «agire e reagire come artigiani della pace». Per questo, i presuli del Benin raccomandano ai sacerdoti di incentrare le loro omelie sulla tolleranza e la riconciliazione «evitando assolutamente di schierarsi per un candidato o per l’altro, ma anzi offrendo le messe del periodo elettorale per l’unità del Paese». Infine, affidando il Paese alla Vergine Maria, i presuli suggeriscono ai fedeli di valutare i candidati alla corsa presidenziale in base ad alcune e importanti qualità: rispetto del sacro; senso di responsabilità; capacità di ascolto; buona gestione sociale; preparazione politica solida; competenza professionale; amor di patria; spirito di giustizia e pace. Nei giorni scorsi, si ricorda, i vescovi hanno indetto una giornata di preghiera per sostenere il Paese in un momento così importante e affinchè tutti collaborino per un sereno svolgimento della campagna elettorale. Messaggi per la quaresima I presuli colombiani Conversione e misericordia in Argentina Il virus Zika non si combatte con l’aborto BUENOS AIRES, 9. «Vivere la quaresima nell’ambito dell’Anno santo della misericordia è una grazia che deve illuminare il nostro cammino di conversione e orientare il nostro impegno ecclesiale»: lo scrive l’arcivescovo di Santa Fe de la Vera Cruz, José María Arancedo, presidente della Conferenza episcopale argentina. La conversione, sottolinea il presule, «è un aspetto centrale nella vita cristiana. La domanda che dovremmo porci è “Ci convertiamo a che cosa o per che cosa?”. La conversione necessita di un progetto di vita da ve- dere come un ideale. Nel nostro caso si identifica con una persona. È per questo che la conversione non comincia guardando noi stessi ma Gesù Cristo, nel quale scopriamo questo progetto di vita come cammino della nostra piena realizzazione e motivo che ci spinge a partecipare alla vita della Chiesa». La dimensione escatologica è essenziale nella fede cristiana, ricorda monsignor Arancedo. Esiste «un orizzonte trascendente nelle nostre vite che si è compiuto in Cristo e che viviamo nella speranza». Per questo, la conoscenza della fede «non è qualcosa di chiuso che dominiamo e maneggiamo, ma di aperto, paragonabile alla certezza del pellegrino che cammina verso una meta, sa dove va, sebbene non la conosca pienamente». Il presidente dell’episcopato, ricordando il legame con la celebrazione del giubileo, afferma che la misericordia «è espressione di un amore che si fa vicinanza davanti al dolore e alla necessità dell’altro. È un amore paziente che attende il momento dell’incontro, che non si ferma di fronte a una risposta negativa o inaspettata; così ci ama Dio, anche nella nostra lontananza». Temi ripresi dal vescovo di Gualeguaychú, Jorge Eduardo Lozano, presidente della Commissione episcopale di pastorale sociale, che nella sua riflessione settimanale parla della quaresima come di «un tempo favorevole per uscire dalla nostra alienazione esistenziale, grazie all’ascolto della Parola e alla pratica delle opere di misericordia, corporali e spirituali». È un invito «a mettere da parte la monotonia e a correggere la rotta per orientarci con chiarezza verso il destino anelato». BO GOTÁ, 9. Anche i vescovi colombiani, come già nei giorni scorsi hanno fatto l’episcopato brasiliano e quello paraguayano, mettono in guardia dal diffuso tentativo di strumentalizzare l’allarme per la diffusione del virus Zika e dei suoi possibili effetti negativi sulla salute del feto, a favore della campagna per la legalizzazione e una più ampia diffusione dell’aborto. Per il segretario aggiunto dell’episcopato, padre Pedro Mercado, si tratta di una campagna «scorretta». Il sacerdote, replicando all’appello lanciato nei giorni scorsi dalle agenzie delle Nazioni Unite ai Governi dell’America latina per facilitare il ricorso all’aborto alle donne contagiate dal virus Zika, ha sottolineato al contrario la necessità di dare un forte impulso alle misure di prevenzione. «La priorità — ha detto — deve essere sterminare la zanzara vettore della malattia e non i bambini innocenti». Da parte sua anche il ministro della Sanità, Alejandro Gaviria, ha affermato che la pratica dell’aborto non può essere considerata come «misura preventiva» e non è «una raccomandazione plausibile di salute pubblica». E ha precisato che «l’opzione di usare l’aborto come una misura terapeutica preventiva non è stata considerata dal Governo colombiano». L’OSSERVATORE ROMANO mercoledì 10 febbraio 2016 Quando è a rischio la libertà religiosa Lo Stato è laico la società no di LLUÍS MARTINEZ SISTACH Lo Stato è laico, ma la società non è e non può essere laica. In essa vi sono uomini e donne che sono credenti e non credenti, e coloro che hanno una religione e la vivono, la celebrano nel seno della convivenza sociale. Perché la per- Ma non deve essere confuso con la possibilità di proporre la propria fede agli altri rispettando la loro libertà, giacché questo fa parte della libertà di espressione. Un’altra tendenza attuale si manifesta nella opposizione a prendere posizioni pubbliche nei confronti delle religioni. Ciò si riflette Il nodo Stato laico e società multi-religiosa è il titolo di un volumetto (Città del Vaticano, Libreria Editrice Vaticana, 2015, pagine 85, euro 10) del cardinale arcivescovo emerito di Barcellona. La pubblicazione, che affronta uno dei nodi più dibattuti nelle società occidentali, raccoglie il discorso che il porporato ha pronunciato il 10 novembre 2015 in occasione della nomina a membro dell’Accademia di giurisprudenza e legislazione di Catalogna. Pubblichiamo per intero il capitolo intitolato «Verso una società laica?». sona è sociale per natura e vive anche la fede in mezzo alla società. Nelle nostre società dell’Europa occidentale, possiamo domandarci se camminiamo verso una laicità della società. Il cardinale Ricard di Bordeaux, parlando di laicità afferma che da dieci anni almeno, in alcuni settori, vi è un trasferimento da una laicità dello Stato a una laicità della società. La sana laicità oggi riceve forti pressioni che hanno la loro origine in correnti molto diverse, ma che si possono combinare e rafforzare reciprocamente per andare a creare un clima culturale e sociale laicista, giacché la laicità della società è il laicismo. Queste correnti pretendono di eliminare la presenza della religione nella società. Vorrei sottolineare alcune di queste correnti che sostengono i gruppi sociali. Oggi si sostiene una laicità che è figlia della laicizzazione. Questa non è militante — a differenza di altre correnti — ma per il percorso degli eventi causati da una certa politica contribuisce a eliminare la sfera religiosa della società. Qui non si tratta di combattere o di lotta, ma semplicemente di ignoranza e di indifferenza verso la dimensione religiosa. Ciò significa un indebolimento della presenza sociale e pubblica delle religioni e della Chiesa. Questa laicizzazione della società si manifesta in molti modi da parte delle amministrazioni comunali, come il fatto di disporre di case parrocchiali quando i sacerdoti non le occupano, l’uso culturale delle chiese e dei luoghi di culto per concerti, mostre, spettacoli senza ben percepire la dimensione religiosa di questi luoghi, la soppressione delle cappelle degli ospedali e degli ospizi, il lavoro domenicale a beneficio degli interessi economici, ecc. In alcune società occidentali si verifica la laicizzazione dello spazio pubblico. Si tratta di una forma di laicismo che vuole confinare la dimensione religiosa nel dominio delle cose private, proibendo qualsiasi forma di espressione religiosa nello spazio pubblico. Molti dei nostri contemporanei non vogliono che la religione esprima con forza e convinzione militante le proprie convinzioni. Di qui il significato del termine “proselitismo”, che deve essere respinto per mancanza di rispetto per la libertà. negli interventi pubblici dei responsabili della Chiesa che si pronunciano su contenuti e fatti della vita sociale e politica che hanno un ambito etico. Queste dichiarazioni sono considerate come un intervento indebito e che va contro la laicità. Ma la vera laicità ci garantisce piena libertà di offrire riflessione su questioni che toccano la dignità della persona umana e dei suoi diritti fondamentali. Come ogni associazione, la Chiesa ha il diritto di esprimere liberamente la sua riflessione; le corrisponde direttamente e fa parte della sua missione. C’è anche la tendenza a cambiare i giorni delle festività religiose. Può essere a causa di ostilità o l’indifferenza per la storia del Paese, che nel nostro occidente europeo è fortemente segnato dal cristianesimo. Può essere il risultato di voler dare a ogni religione la possibilità di celebrare le proprie festività religiose. Obbedisce anche a criteri economici della società. Ma senza dubbio, sullo sfondo c’è la convinzione da parte di alcuni gruppi di nascondere sistematicamente tutta una parte della storia e della cultura del Paese segnato dalla religione che vale per il presente e il futuro. Si dimentica l’importanza delle radici cristiane della nostra Europa occidentale che segnano positivamente la nostra identità, senza la quale non sapremmo chi siamo, con tutte le sue conseguenze negative. C’è anche la volontà di trasformare le feste religiose patronali in feste unicamente civili o eliminare gli atti religiosi dei programmi ufficiali delle feste che hanno le loro origini nella celebrazione religiosa. Nel farlo si sostiene che la religione è qualcosa di personale e privato, e se ne manifesta la aconfessionalità, negando alla religione la sua presenza pubblica nella società. Puro laicismo. A causa dell’immigrazione, ci sono state nei Paesi ospitanti reazioni sollevate dall’islam. In particolare la Francia, con la legge del 15 marzo 2004, vieta l’uso di segni che esprimono l’appartenenza a una religione nelle scuole pubbliche e nei licei pubblici. Tale disposizione può essere compresa se si viola l’ordine pubblico da parte di giovani innalzando segni religiosi visibili e provocatori. Se questo non è il caso, tale disposizione è vista come una violazione del diritto alla libertà religiosa. Come abbiamo detto, in questo modo la scuola pubblica si converte in un santuario dello Stato in cui le religioni non hanno posto. Sono interessanti le manifestazioni del presidente del Concistoro centrale degli ebrei in Francia, Joël Mergui: «Accordi di buon senso hanno sempre permesso agli ebrei di Francia di rispettare le tradizioni religiose. Ma si è perso quello spirito in nome di una radicalizzazione della laicità. Ora, se la laicità indurisce, gli ebrei saranno i grandi perdenti». Voglio soffermarmi anche sul concetto che cerca di giustificare la non presenza delle autorità pubbliche alle celebrazioni religiose in nome e come requisito della aconfessionalità e laicità dello Stato. Quella presenza sembra per alcuni in contraddizione con la laicità dello Stato, o una situazione propria dello Stato confessionale. A questo proposito, ritengo che uno Stato laico con una laicità democratica, positiva e aperta, non vieta né contraddice che le autorità pubbliche credenti o non credenti possano partecipare alle celebrazioni religiose. La laicità dello Stato è in sintonia con lo stile di vita della società, che è multi religiosa. Le autorità sono al servizio dei cittadini e dei gruppi, delle associazioni e delle istituzioni della società. La loro presenza in un atto religioso che è apprezzato e partecipato da cittadini di una religione è un’altra manifestazione del rispetto e della stima che l’autorità pubblica deve ai suoi cittadini e del suo desiderio di partecipare a ciò che i cittadini di una religione amano celebrare. È davvero bello vedere i rappresentanti del popolo alle manifestazioni culturali, religiose e sociali che i cittadini considerano, organizzano e celebrano. Il caso più evidente si ha nelle celebrazioni religiose dei festeggiamenti patronali delle città e dei paesi. La presenza delle autorità in tali atti è una presenza solidale, in particolare con i cattolici locali, ed è espressione del rispetto che hanno per i cittadini che celebrano la pagina 7 loro festa patronale e anche il riconoscimento delle autorità per la partecipazione di questi cittadini e della loro religione nei lavori della società, nella collaborazione alla realizzazione del bene comune. Gli atti e le celebrazioni religiose sono azioni esercitate dai cittadini in virtù del loro diritto fondamentale alla libertà religiosa e di aiuto nella realizzazione della loro persona e della sua partecipazione al bene comune della società. Si pensi, per esempio, al servizio fornito dalla Caritas e dalle parrocchie, senza dimenticare le congregazioni religiose, a tante persone in difficoltà, soprattutto in considerazione delle gravi conseguenze della crisi economica. L'espressione pubblica e sociale della fede forma parte del diritto del credente. Ciò deve essere possibile, in ogni società, perché una società democratica è una società pluralista in cui, nel rispetto dell’ordine stabilito, si possono manifestare tutte le espressioni pubbliche della religione. Qui conviene ripetere che lo Stato è laico ma la società non lo è. La società ha una missione: permettere alle religioni di apportare tutta la loro ricchezza spirituale e umana e arricchire in questo modo la vita sociale. In una società democratica, la laicità ben compresa permette la comunicazione tra le diverse tradizioni spirituali e religiose della società, e questo deve interessare molto le autorità che cercano il bene comune. Giovanni Paolo II, nel suo discorso al corpo diplomatico, del 12 gennaio 2004, ha detto che «le comunità di credenti sono presenti in tutte le società, espressione della L’incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Cirillo Musulmani ed ebrei russi guardano con speranza all’Avana MOSCA, 9. Anche le comunità non cristiane di Russia, musulmana ed ebraica, salutano positivamente la notizia dell’imminente storico incontro, in programma venerdì 12 a Cuba, tra Papa Francesco e il patriarca Cirillo. Un avvenimento importante — sottolineano — non solo per il Proposta del direttore della Fondazione Migrantes Mare nostrum per salvare i bambini ROMA, 9. Di fronte all’ennesima tragedia di bambini migranti morti nel Mediterraneo l’indignazione non basta: «Occorre far seguire realmente una nuova operazione “Mare nostrum”, che non solo arrivi a salvare in mare le persone che sono messe da trafficanti senza scrupoli sui barconi improvvisati e sui gommoni, ma giunga con le navi della flotta della marina dei diversi Paesi europei sulle coste da dove partono i migranti forzati (oggi in particolare in Libia e in Turchia), per proteggere e accompagnare almeno le persone più fragili e deboli: le donne, le famiglie con bambini, i minori non accompagnati». È quanto chiede monsignor Gian Carlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes, commentando la drammatica notizia dei naufragi nel Mare Egeo che lunedì sono costati la vita, fra gli altri, anche a 11 bambini. Si tratterebbe, ha aggiunto Perego di «uno scatto di umanità e di civiltà europea. Sarebbe il primo segno di una lotta efficace contro la tratta». Proprio lunedì è stata celebrata la Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone, iniziativa voluta da Papa Francesco. «Un giorno — ha ricordato monsignor Perego — nato per denunciare i ventuno milioni di persone vittime di tratta nel mon- do negli ultimi anni, di cui due milioni e mezzo solo nell’ultimo anno». Per il direttore di Migrantes, negli ultimi mesi c’è stata una crescita esponenziale del flusso migratorio, ma al contrario sia in Italia sia in altri Paesi europei si è abbassata la guardia. La Giornata di preghiera e riflessione contro la tratta di persone ha avuto l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul dramma che milioni di persone sono costrette a vivere. «Ci sono sempre più arrivi nel nostro Paese — ha aggiunto monsignor Perego — ma poca protezione sociale per i migranti». Dietro le migrazioni c’è il rischio sempre maggiore che si nascondano traffici criminali: «Si pensi, ad esempio — suggerisce monsignor Perego — alle donne nigeriane pronte a essere portate in strada come prostitute. A fronte di questa crescita del fenomeno vediamo una grande diminuzione d’attenzione al problema». Dai dati forniti dalla Fondazione Migrantes, si evince che nel Mediterraneo i migranti morti nel 2015 sono più che raddoppiati dimensione religiosa della persona umana. I credenti si aspettano dunque legittimamente di poter partecipare al dibattito pubblico. Purtroppo bisogna osservare che non è sempre così. In alcuni Paesi europei siamo testimoni, in questi ultimi tempi, di un atteggiamento che potrebbe mettere in pericolo il rispetto effettivo della libertà di religione». La Chiesa non è e non pretende essere un agente politico, ma ha un interesse profondo per il bene della comunità politica, la cui anima è la giustizia, e offre due livelli nel suo contributo specifico. Infatti, la fede cristiana purifica la ragione e l’aiuta a essere quello che deve essere. La Chiesa deve assumersi positivamente tutta la sua missione evangelizzatrice di fronte a qualsiasi posizione puramente “difensiva” interna alla Chiesa o extra-ecclesiale “proibitiva”, sia nelle cose riguardanti l’annuncio della fede del Vangelo, che nella capacità di trasmettere alla società civile uno “spirito” che possa renderla più umana. Certamente il pieno riconoscimento della vera sfera religiosa è assolutamente vitale per una corretta e fruttuosa presenza della Chiesa nella società. Come abbiamo detto, la dimensione religiosa va oltre gli atti tipici della predicazione e del culto; si ripercuote e si esprime per sua natura nel vissuto morale e umano, che è efficace nei campi dell’istruzione, della vita sociale, del matrimonio, della famiglia e della cultura. Tutto questo, insistiamo, presuppone una accettazione, riconosciuta giuridicamente del suo significato pubblico. rispetto all’anno precedente: da 1600 si è passati a oltre 3200. E sono oltre settecento i bambini che sono morti annegati nel 2015. Elementi di speranza vengono invece dall’assistenza che viene fornita ai richiedenti asilo nelle strutture ecclesiali, nelle parrocchie e nelle famiglie soprattutto dopo l’appello di Papa Francesco del 6 settembre scorso: «Un’accoglienza diffusa — ha ricordato recentemente monsignor Perego — costruita insieme, senza conflittualità e che supera pregiudizi e contrapposizioni ideologiche». futuro dei rapporti tra i cristiani ma anche per la stabilità e la pace nel mondo. «Ogni incontro è un passo verso la comprensione reciproca», ha dichiarato all’agenzia Interfax-Religion il gran mufti di Russia, Talgat Tadzhuddin. Riferendosi al patriarca di Mosca, il gran muftì ricorda come Cirillo, durante il suo precedente incarico come metropolita e cofondatore del Consiglio interreligioso di Russia, abbia accumulato una «ricca esperienza nel dialogo» tra le fedi e le diverse tradizioni religiose. Questa esperienza, ha aggiunto, «gli permetterà di rendere questo incontro con il Papa veramente storico e avrà un effetto benefico sulla situazione dei cristiani e le loro relazioni reciproche». Tutto ciò, ha precisato, non solo per sanare le ferite e le divisioni del passato ma anche in considerazione del fatto che in vaste regioni del pianeta, dal Medio oriente all’Africa, i cristiani subiscono attacchi e persecuzioni. L’attuale escalation di violenza tra cristiani e musulmani «è una cosa recente ed è stata indotta artificialmente da politici ed estremisti», ha spiegato Tadzhuddin, sottolineando l’importanza di proseguire sulla strada del dialogo. Anche la comunità ebraica in Russia ha sottolineato l’«importanza» dell’evento che si terrà all’aeroporto dell’Avana. «Benediciamo questo incontro», ha dichiarato il rabbino Zinovy Kogan, vice presidente del Congresso delle comunità e organizzazioni ebraiche in Russia. «L’attuale Papa incoraggia in ogni modo possibile il dialogo tra ebrei e cattolici», ha sottolineato Kogan, ricordando positivamente l’incontro del 20 aprile dello scorso anno in Vaticano tra il Pontefice e il presidente della Conferenza dei rabbini europei, il rabbino capo di Mosca, Pinchas Goldsmith. L’OSSERVATORE ROMANO pagina 8 mercoledì 10 febbraio 2016 «Il re Salomone» (2004, particolare del mosaico realizzato dal Centro Aletti per la cappella del collegio universitario San Stanislao a Ljubljana-Šentvid, in Slovenia) Nella messa con i frati cappuccini il Papa parla del confessore Il gran perdonatore Centinaia di frati minori cappuccini, confratelli dei due santi Pio da Pietrelcina e Leopoldo Mandić — le cui spoglie in questi giorni sono esposte alla venerazione dei fedeli in Vaticano — si sono riuniti intorno all’altare della Cattedra della basilica di San Pietro per partecipare alla concelebrazione eucaristica presieduta da Papa Francesco martedì mattina, 9 febbraio. Sacerdoti e fratelli laici, guidati dal ministro generale Mauro Jöhri, hanno animato la liturgia. Insieme con il Pontefice hanno concelebrato gli otto porporati partecipanti ai lavori del Consiglio di cardinali, tra i quali Pietro Parolin, segretario di Stato, e quattordici tra arcivescovi e vescovi. Sono saliti all’altare al momento della consacrazione il cardinale cappuccino Sean Patrick O’Malley, arcivescovo di Boston, il ministro generale, i padri provinciali cappuccini del Veneto e della Puglia, rispettivamente Roberto Genuin e Francesco Colacelli, e i due rettori dei santuari di San Giovanni Rotondo e di Padova. Alla preghiera dei fedeli si è pregato per il Papa e la Chiesa, per i confessori, per i poveri e i sofferenti, e per le monache clarisse. Al termine, padre Jöhri ha rivolto un breve saluto al Papa, nel quale ha sottolineato l’importanza dell’esempio dei due santi cappuccini, Pio e Leopoldo, che sono stati servitori e modelli della misericordia. Il ministro generale ha poi sottolineato il gran numero di fedeli accorsi in questi giorni per venerare le spoglie dei due confessori. In particolare, padre Jöhri ha ricordato che il «piccolo Leopoldo di animo sensibile» è stato un’offerta viva per l’unità dei cristiani: sicuramente, ha aggiunto, anche il suo sacrificio ha contribuito allo storico incontro del Papa con il Patriarca Cirillo in programma il 12 febbraio a Cuba. Infine, a nome di tutti i cappuccini, ha confermato l’affetto filiale e la preghiera secondo le intenzioni del Pontefice. Di seguito l’omelia di Francesco. Nella liturgia della Parola di oggi si riscontrano due atteggiamenti. Un atteggiamento di grandezza davanti a Dio, che si esprime nell’umiltà di re Salomone, e un altro atteggiamento di meschinità che viene descritto da Gesù stesso: come facevano i dottori della legge, che tutto era preciso, lasciavano da parte la legge, per osservare le loro piccole tradizioni. La tradizione vostra, dei Cappuccini, è una tradizione di perdono, di dare il perdono. Tra di voi ci sono tanti bravi confessori: è perché si sentono peccatori, come il nostro fra Cristoforo. Sanno che sono grandi peccatori, e davanti alla grandezza di Dio continuamente pregano: “Ascolta, Signore, e perdona” (cfr. 1 Re 8, 30). E perché sanno pregare così, sanno perdonare. Invece, quando qualcuno si dimentica la necessità che ha di perdono, lentamente si dimentica di Dio, si dimentica di chiedere perdono e non sa perdonare. L’umile, colui che si sente peccatore, è un gran perdonatore nel confessionale. L’altro, come questi dottori della legge che si sentono “i puri”, “i maestri”, sanno soltanto condannare. Vi parlo come fratello, e in voi vorrei parlare a tutti i confessori, specialmen- te in quest’Anno della Misericordia: il confessionale è per perdonare. E se tu non puoi dare l’assoluzione — faccio questa ipotesi — per favore, non “bastonare”. La persona che viene, viene a cercare conforto, perdono, pace nella sua anima; che trovi un padre che lo abbracci e gli dica: “Dio ti vuole bene”; e che lo faccia sentire! E mi spiace dirlo, ma quanta gente — credo che la maggioranza di noi l’abbia sentito — dice: “Io non vado mai a confessarmi, perché una volta mi hanno fatto queste domande, mi hanno fatto questo...”. Per favore... Ma voi Cappuccini avete questo speciale dono del Signore: perdonare. Io vi chiedo: non stancatevi di perdonare! Penso a uno che ho conosciuto nell’altra diocesi, un uomo di governo, che poi, finito il suo tempo di governo come guardiano e provinciale, a 70 anni è stato inviato in un santuario a confessare. E quest’uomo aveva una coda di gente, tutti, tutti: preti, fedeli, ricchi, poveri, tutti! Un gran perdonatore. Sempre trovava il modo di perdonare, o almeno di lasciare in pace quell’anima con un abbraccio. E una volta andai a trovarlo e mi disse: “Senti, tu sei vescovo e puoi dirmelo: io credo che Conclusa la tredicesima riunione del consiglio di cardinali Sinodalità, decentralizzazione, riorganizzazione dei dicasteri, tutela dei minori, riforme nel campo dell’economia e del processo canonico sulla validità del matrimonio: sono i temi sui quali ha discusso il Consiglio di cardinali, nel corso della tredicesima riunione con il Papa, svoltasi per l’intera giornata di lunedì 8 e nella mattina di martedì 9 febbraio, dopo che i porporati hanno concelebrato la messa presieduta da Francesco per i frati cappuccini nella basilica vaticana. Come ha informato il direttore della Sala stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ai lavori non ha partecipato il cardinale Gracias, sottopostosi a un’operazione chirurgica già preventivata da tempo. Come già previsto al termine del precedente incontro, nella prima sessione sono stati approfonditi i temi del discorso pronunciato dal Pontefice il 17 ottobre scorso, durante la commemorazione del cinquantesimo anniversario del Sinodo dei vescovi. Un discorso nel quale Francesco ha sviluppato ampiamente il tema della sinodalità, ricordando allo stesso tempo «la necessità di procedere in una salutare decentralizzazione». Si tratta di indicazioni che costituiscono un riferimento importante per la riforma della Curia. Si è poi svolta la lettura “finale” delle proposte del Consiglio a proposito dei due nuovi dicasteri di cui già si è parlato in precedenza: quello riguardante “laici, famiglia e vita” e quello su “giustizia, pace, migrazioni”. Tali proposte sono state affidate al Papa per le sue decisioni. C’è stato anche un ulteriore scambio di considerazioni sulla Segreteria di Stato e sulla Congregazione per il Culto divino e la Disciplina dei sacramenti. Il cardinale statunitense Sean Patrick O’Malley ha poi riferito sulle attività della Commissione per la tutela dei minori, da lui presieduta. Riguardo invece alle questioni giuridico-disciplinari che coinvolgono la competenza di dicasteri della Curia, queste dovranno essere ulteriormente approfondite. Infine il cardinale Georg Pell ha informato sullo stato e sull’attuazione delle riforme nel campo economico. I cardinali hanno ricevuto documentazione sul cosiddetto “vademecum” preparato dal Tribunale della Rota romana per l’attuazione della riforma del processo canonico sulla validità del matrimonio. pecco perché perdono troppo, e mi viene questo scrupolo...” — “E perché?” — “Non so, ma sempre trovo come perdonare...” – “E cosa fai, quando ti senti cosi?” – “Vado in cappella, davanti al tabernacolo, e dico al Signore: Scusami, Signore, perdonami, credo che oggi ho perdonato troppo. Ma, Signore, sei stato Tu a darmi il cattivo esempio!’”. Ecco. Siate uomini di perdono, di riconciliazione, di pace. Ci sono tanti linguaggi nella vita: il linguaggio della parola, anche ci sono i linguaggi dei gesti. Se una persona si avvicina a me, al confessionale, è perché sente qualcosa che gli pesa, che vuole togliersi. Forse non sa come dirlo, ma il gesto è questo. Se questa persona si avvicina è perché vorrebbe cambiare, non fare più, cambiare, essere un’altra persona, e lo dice con il gesto di avvicinarsi. Non è necessario fare delle domande: “Ma tu, tu...?”. Se una persona viene, è perché nella sua anima vorrebbe non farlo più. Ma tante volte non possono, perché sono condizionati dalla loro psicologia, dalla loro vita, dalla loro situazione... “Ad impossibilia nemo tenetur”. Un cuore largo... Il perdono... Il perdono è un seme, è una carezza di Dio. Abbiate fiducia nel perdono di Dio. Non cadere nel pelagianesimo! “Tu devi fare questo, questo, questo, questo...”. Ma voi avete questo carisma dei confessori. Riprenderlo, rinnovarlo sempre. E siate grandi perdonatori, perché chi non sa perdonare finisce come questi dottori del Vangelo: è un grande condannatore, sempre ad accusare... E chi è il grande accusatore, nella Bibbia? Il diavolo! O fai l’ufficio di Gesù, che perdona dando la vita, la preghiera, tante ore lì, seduto, come quei due [san Leopoldo e san Pio]; o fai l’ufficio del diavolo che condanna, accusa... Non so, non riesco a dirvi un’altra cosa. In voi lo dico a tutti, a tutti i sacerdoti che vanno a confessare. E se non se la sentono, che siano umili e dicano: “No, no, io celebro la Messa, pulisco il pavimento, faccio tutto, ma non confessare, perché non so farlo bene”. E chiedere al Signore la grazia, grazia che chiedo per ognuno di voi, per tutti voi, per tutti i confessori, anche per me. I cardinali Parolin e Rivera Carrera sul viaggio del Papa in Messico Bisogna alzare la voce Il problema migratorio e la piaga del narcotraffico; l’impegno della Chiesa, che conta un elevato numero di martiri per la giustizia; la devozione mariana del popolo: sono i temi portanti del viaggio di Papa Francesco in Messico, di cui il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha parlato in un’intervista pubblicata sul settimanale «Famiglia cristiana» del 6 febbraio. Rispondendo alle domande di Anna Chiara Valle, il porporato — che accompagnerà il Pontefice nella visita — ha presentato una realtà che conosce bene, avendovi svolto servizio diplomatico dal 1989 al 1992, e dove è tornato anche nel luglio 2014, per partecipare al colloquio Messico - Santa Sede su mobilità umana e sviluppo, organizzato dal ministero degli esteri del Paese latinoamericano. In proposito il segretario di Stato ha ricordato «che gli atteggiamenti di chiusura e di indifferenza devono lasciar spazio a una cultura dell’accoglienza e dell’incontro, a partire dalla disponibilità ad aiutare le persone concrete nelle loro necessità. La Chiesa in Messico è particolarmente impegnata su questo fronte — ha aggiunto — e sta dando una bella testimonianza». Per il porporato «bisogna poi porre attenzione al binomio povertà-emigrazione, che comporta nuove sfide, soprat- tutto quella della disgregazione delle famiglie. È importante cercare soluzioni attraverso la collaborazione di tutti i Paesi interessati. Ho constatato l’efficacia di tale approccio al seminario sull’emergenza umanitaria costituita dai bambini che emigrano soli verso gli Stati Uniti, provenendo soprattutto dall’America centrale, per sfuggire la miseria e la violenza, che si è tenuto a Città del Messico». Sul problema droga, che riguarda l’intero continente, il cardinale Parolin ha sottolineato che «bisogna alzare la voce per condannare la corruzione e i legami tra certe strutture di potere e i cartelli della droga e i narcotrafficanti. Inoltre, si deve operare in tutti gli ambiti, a livello soprattutto di educazione e di prevenzione: promuovere una formazione ai valori che danno senso alla vita, insistere sulla legalità e sulla sobrietà, incidere sulle cause sociali, quali la povertà e la disoccupazione, offrire concrete prospettive di uscita dalla dipendenza, sostenere le famiglie e le comunità che lottano e si prendono a carico quanti ne sono vittime, sanare i territori e i quartieri periferici degradati». E in tale contesto «la Chiesa non mancherà di continuare a svolgere il suo ruolo». Del resto, la Chiesa messicana continua a pagare un notevole tributo anche in termini di vite umane per la liberazione e la promozione degli ultimi. «Se non perderemo la memoria di coloro che hanno accettato di svolgere questo servizio ai poveri fino al dono della vita, se sapremo apprezzarne e valorizzarne la testimonianza, che talvolta può diventare particolarmente scomoda, se ci impegneremo a seguirne l’esempio, allora potremo — confida il cardinale — aiutare efficacemente la Chiesa latinoamericana». Infine una riflessione sul legame dei messicani con la Vergine. «La Madonna, nelle sue apparizioni a Juan Diego a Guadalupe, si è mostrata madre piena di amore — ha detto Parolin — nei confronti di un popolo che stava vivendo una fase particolarmente travagliata della sua vicenda storica e, soprattutto, nei confronti degli umili. Negli anni seguenti alle apparizioni, pur in mezzo alle tensioni e ai conflitti, si assiste a una ondata di conversioni. Questo è il messaggio perenne di Guadalupe: l’invito ad accogliere Gesù nella propria vita e nella propria storia, personale, nazionale, continentale». Ed è per rinnovare questo messaggio che Francesco si reca in Messico nell’anno santo della misericordia, cercando di incoraggiare «ad affrontare le non poche difficoltà del presente e avanzare nella costruzione di un futuro migliore». Intanto il cardinale Norberto Rivera Carrera, arcivescovo di México, ha voluto anticipare il suo benvenuto a Papa Francesc0, indirizzandogli un messaggio che ha letto personalmente al termine della messa celebrata domenica 7 febbraio. Il porporato si è rivolto al Pontefice come «al pastore supremo della Chiesa che vuole avere l’odore delle pecore» e che in quella terra «si impregnerà dell’odore del Messico», di cui parla un poeta locale: «Tu odori di tragedia terra mia, e tuttavia, ridi troppo, forse perché sai che il riso è l’involucro di un dolore silenzioso». Il cardinale ha poi sottolineato come il Papa verrà ricevuto come «il figlio di migranti» che giunge in un «Paese di migranti, una madre patria che piange l’assenza dei suoi figli che se ne sono andati da casa a cercare il pane che in essa non ha potuto trovare». Il porporato ha salutato il Papa come «uno di noi», innamorato della «nostra Morenita, la nostra madre che ci rende fratelli e ha forgiato la nostra patria». I messicani, ha sottolineato, amano il Pontefice «nostro pastore» e cercheranno di manifestare questo amore in mille modi, perché il Messico è anche la casa del Papa. SANTA SEDE Il Santo Padre ha nominato Direttore del Dipartimento Teologico-Pastorale della Segreteria per la Comunicazione la Professoressa Nataša Govekar, docente presso l’«Atelier di Teologia Card. T. Špidlík» del Centro Aletti in Roma, e Direttore della Direzione Tecnologica della medesima Segreteria per la Comunicazione l’Ingegnere Francesco Masci, finora Responsabile dell’Area Tecnica del Servizio Internet Vaticano. Nomine episcopali Le nomine di oggi riguardano le rappresentanze pontificie in Sud Africa e Botswana e la Chiesa in Salvador. Peter Bryan Wells nunzio apostolico in Sud Africa e in Botswana Nato a Tulsa, in Oklahoma, Stati Uniti d’America, il 12 maggio 1963, è stato ordinato sacerdote il 12 luglio 1991, ed è incardinato a Tulsa. Ha compiuto gli studi di filosofia a Saint Meinrad Seminary College in Indiana, dove si è laureato in lettere. Ha compiuto gli studi di teologia a Roma come alunno del Collegio Americano del Nord (North American College). Nel 1990 ha ottenuto il baccalaureato in teologia della Pontificia università Gregoriana, conseguendo successivamente la licenza in teologia presso il Pontificio istituto Giovani Paolo II per studi su matrimonio e famiglia di Roma, nel 1992. Ha ottenuto la licenza e il dottorato in diritto canonico dalla Pontificia università Gregoriana, rispettivamente nel 1998 e 1999. Ha ricoperto i seguenti incarichi: vicario parrocchiale nella cattedrale della Santa Famiglia di Tulsa, segretario particolare del vescovo e vicario per l’educazione religiosa della sua diocesi. Entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 1999, ha prestato la propria opera nella nunziatura apostolica in Nigeria e, dal 2002, presso la sezione per gli Affari generali della Segreteria di Stato. Dal 16 luglio 2009 era assessore della Segreteria di Stato. Miguel Ángel Morán Aquino vescovo di Santa Ana Nato il 25 maggio 1955 a Esquipulas, in diocesi di Santa Ana, nel 1967 è entrato nel seminario minore diocesano. Ha ricevuto la formazione filosofica a Santa Ana e quella teologica nel seminario maggiore San José de la Montaña. Ordinato sacerdote il 5 dicembre 1981, ha ottenuto la licenza in teologia presso la Pontificia università Antoniana. È stato parroco di Santa Bárbara a Santa Ana (1986-1988), di San Andrés in Apaneca e prefetto degli studi nel seminario maggiore (1988-1990), parroco per sei mesi della cattedrale metropolitana, parroco di San Miguelito a Santa Ana (1990-1996). Era vicerettore del seminario maggiore quando il 19 luglio 2000 è stato nominato vescovo di San Miguel. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 2 settembre. In seno alla Conferenza episcopale è delegato presso il Celam e incaricato dell’istituto di previdenza sociale del clero.
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