L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 63 (46.901)
Città del Vaticano
mercoledì 18 marzo 2015
.
Papa Francesco esprime vicinanza alle popolazioni della Nigeria colpite dalla violenza
Nuove offensive in Iraq e in Siria
Il coraggio della riconciliazione
Is
sotto attacco
Cristiani e musulmani nel mirino di chi usa la religione per dominare e uccidere
La pace «non è solo assenza di conflitti o risultato di qualche compromesso politico, o fatalismo
rassegnato». Essa comporta un «impegno quotidiano, coraggioso e autentico per favorire la riconciliazione, promuovere esperienze di condivisione, gettare ponti di dialogo, servire i più deboli e gli esclusi»; in una parola, «consiste nel costruire una cultura dell’incontro». È quanto scrive
Papa Francesco in una lettera inviata ai vescovi
della Nigeria, il popoloso Paese africano oggi
nella morsa di un terrorismo sempre più spietato
e feroce, alimentato da «nuove e violente forme
di estremismo e di fondamentalismo, su base etnica, sociale e religiosa».
«Molti nigeriani — denuncia il Pontefice — sono stati uccisi, feriti e mutilati, sequestrati e privati di ogni cosa: dei propri cari, della propria
terra, dei mezzi di sussistenza, della loro dignità,
dei loro diritti. Tanti non hanno più potuto fare
ritorno alle loro case». Nel mirino degli estremisti
finiscono «sia cristiani che musulmani», accomunati «da una tragica fine per mano di persone
che si proclamano religiose, ma che abusano della
religione per farne una ideologia da piegare ai
propri interessi di sopraffazione e di morte».
Francesco assicura la sua vicinanza ai vescovi e
ai fedeli che soffrono, ringraziandoli «perché in
mezzo a tante prove e sofferenze, la Chiesa in Nigeria non cessa di testimoniare l’accoglienza, la
misericordia e il perdono». Il Papa ricorda in
particolare «i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i
missionari e i catechisti che, pur tra indicibili sacrifici, non hanno abbandonato il proprio gregge,
ma sono rimasti al suo servizio, buoni e fedeli annunciatori del Vangelo». A loro, aggiunge, «vor-
Profughi in fuga dalle violenze di Boko Haram (Afp)
rei esprimere la mia prossimità e dire: non stancatevi di fare il bene!».
La riconoscenza del Pontefice si estende poi alle tante persone «di ogni estrazione sociale, culturale e religiosa che, con grande determinazione,
si impegnano concretamente contro ogni forma di
violenza e in favore di un avvenire più sicuro e
più giusto per tutti». Un esempio — lo definisce
con le parole di Benedetto XVI — della «potenza
dello Spirito che trasforma i cuori delle vittime e
dei loro carnefici per ristabilire la fraternità». In
conclusione l’appello rivolto ai presuli nigeriani:
«Con perseveranza e senza scoraggiamenti andate
avanti sulla via della pace! Accompagnate le vittime! Soccorrete i poveri! Educate i giovani! Fatevi
promotori di una società più giusta e solidale!».
PAGINA 7
BAGHDAD, 17. Si combatte ancora a
Tikrit, il capoluogo della provincia
irachena di Salahuddin teatro da
giorni dei principali scontri con il
sedicente Stato islamico (Is). Contro il gruppo jihadista sono già state lanciate altre offensive sia su altri
fronti iracheni sia su quelli siriani.
Il generale Abdul Wahhab Al
Saedy, comandante delle operazioni
a Tikrit, ha confermato ieri che saranno necessari ancora alcuni giorni
per avere il pieno controllo della
città.
A nord, intanto, le forze peshmerga curde hanno riconquistato
tre villaggi nell’area di Mosul, seconda città dell’Iraq, da tempo indicata dalla coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti come
principale obiettivo da strappare
all’Is.
Muhi Aldin Mazuri, del Partito
democratico del Kurdistan, ha riferito che i peshmerga sono avanzati
di dieci chilometri a sud della diga
di Mosul, liberando i villaggi di
Wana, Dir Mathutha e Mishref.
L’Is aveva occupato la strategica diga di Mosul, sul Tigri, durante la
fulminea
avanzata
nel
nord
dell’Iraq nell’agosto scorso, ma dopo qualche giorno la diga era stata
riconquistata dai peshmerga, appoggiati dai raid aerei della coalizione internazionale.
L’Is continua a rispondere, oltre
che con le armi, con la propaganda.
Centinaia di persone ai funerali delle vittime degli attentati terroristici contro le due chiese in Pakistan
Senza protezione
ISLAMABAD, 17. Centinaia di persone hanno
partecipato oggi a Lahore ai funerali delle vittime degli attentati suicidi di domenica contro
due chiese — rivendicati da Jamaat ul Ahrar,
un gruppo islamista vicino ai talebani — che
hanno fatto 16 morti e 82 feriti, secondo l’ultimo bilancio. L’agenzia di stampa Xinhua riferisce della presenza anche di leader politici e
vertici della polizia locale, che pure ieri erano
stati pesantemente contestati nelle manifestazioni di protesta tenute in diverse città pakistane come Faisalabad, Sargodha e Gujranwala, oltre che nella stessa Lahore, dove scuole e
istituti cattolici sono rimasti chiusi per commemorare le vittime.
Netanyahu ed Herzog i rivali
Israele al voto
Dopo le stragi a Lahore, diversi responsabili delle comunità cristiane hanno accusato
il Governo del primo ministro pakistano, Nawaz Sharif, di non fornire adeguata sicurezza
alle minoranze religiose e ai loro luoghi di
culto.
Proprio su questo aspetto si è concentrata
la protesta dei manifestanti, purtroppo sfociata in qualche caso in nuove violenze. La stampa locale riferisce che un manifestante è morto, in circostanze non ancora accertate, nel
quartiere Youhanabad (città di Giovanni) di
Lahore, dove si trova la chiesa cattolica di St.
John, una delle due, con l’anglicana Christ
Church, attaccata domenica. A Youhanabad si
sta svolgendo una manifestazione in modo
pacifico, ma il ferimento di quattro manifestanti investiti da un’automobile ha agitato gli
animi. È dunque incominciato un lancio di
sassi e altri oggetti verso le autovetture di passaggio e poi contro gli agenti di polizia. Questi hanno usato lacrimogeni, idranti e sfollagente.
In India, intanto, otto persone sono state
fermate nelle indagini sul violento attacco a
un convento di Ranaghat, nello Stato orientale indiano di West Bengala, dove otto uomini
nello scorso fine settimana hanno duramente
picchiato quattro religiose e violentato la loro
superiora.
In questo senso vanno interpretati i
messaggi e le immagini diffuse dai
miliziani — riportati con evidenza
dall’emittente
statunitense
Fox
News — di devastazioni di luoghi
sacri cristiani.
I raid si stanno intensificando
anche in Siria, in particolare
nell’area di Kobane, al confine della Turchia, dove nelle scorse settimane uno sfondamento jihadista
era stato impedito dai peshmerga.
Proprio per quanto riguarda lo
scacchiere siriano, l’attenzione internazionale è concentrata sull’apparente cambio di strategia statunitense emersa dall’intervista rilasciata
domenica alla Cbs dal segretario di
Stato, John Kerry. Questi aveva sottolineato come fosse ormai necessario negoziare con il presidente Bashar Al Assad. Washington aveva in
precedenza sempre dichiarato che il
percorso di pace in Siria è legato
all’abbandono del potere da parte
di Al Assad. Dal dipartimento di
Stato sono giunte ieri precisazioni
— o meglio parziali smentite — riguardo all’intervista e diversi soggetti internazionali, per esempio il
ministro degli Esteri francese, Laurent Fabius, hanno detto che le parole di Kerry sono state travisate.
Da parte sua, Al Assad, in un’intervista televisiva ripresa dall’agenzia di stampa ufficiale siriana Sana,
ha affermato: «Stiamo sentendo
delle dichiarazioni, ma dobbiamo
aspettare le azioni, e poi decideremo».
Alcuni osservatori hanno valutato
queste parole come un’apertura alle
trattative. Al Assad ha comunque
sottolineato che «ogni discussione
sul futuro del presidente siriano
spetta al popolo siriano e tutto
quanto viene dichiarato all’esterno
non ci riguarda».
Così il 9 maggio 1973 Paolo
annunciò il giubileo
VI
Per rifare
l’uomo da dentro
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NOSTRE
INFORMAZIONI
Un momento della veglia in ricordo dei cristiani uccisi in Pakistan
Il Santo Padre ha nominato
Nunzio Apostolico in Cuba Sua
Eccellenza Reverendissima Monsignor Giorgio Lingua, Arcivescovo titolare di Tuscania, finora
Nunzio Apostolico in Iraq e in
Giordania.
Violenza e identità femminile
Come i peggiori bulli
di LUCETTA SCARAFFIA
on è la prima volta che, nel mondo
occidentale dove le donne sono rispettate ed emancipate, dove hanno
le stesse possibilità degli uomini di decidere
della loro vita, emergono violenti episodi di
bullismo femminile. Quanto è successo in
Italia pochi giorni fa, protagoniste due ragazzine di dodici e tredici anni, oltre all’aggravante della giovanissima età, ha anche
quella — purtroppo ormai diventata triste
abitudine — di amiche che non solo assistono come se fosse un bello spettacolo, ma filmano il pestaggio per poi diffonderlo via
internet. Quasi fosse un atto di cui vantarsi,
un’azione meritevole da far sapere in giro
per migliorare la reputazione.
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PAGINA 3
È evidente che si tratta di un grave problema della scuola di oggi, nella quale, del
resto, le sanzioni previste per fatti simili sono veramente ridicole: si parla solo di qualche giorno di sospensione e di una ramanzina. La gravità dei fatti esige maggiore severità, e soprattutto un forte coinvolgimento
(magari attraverso pene pecuniarie) dei genitori, che sono senza dubbio i primi responsabili dell’educazione dei figli.
Ma i problemi che questi fatti pongono
sono anche altri, e riguardano le donne:
sempre più spesso non solo le ragazze partecipano ai pestaggi, stanno a guardare con
ammirazione gli episodi di violenza, ma si
verificano anche casi di bullismo tutti al
femminile. Come mai le femministe e le
donne che si preoccupano della condizione
femminile, non ne fanno oggetto di rifles-
sione? Come mai si condannano, giustamente, i femminicidi, si lamentano i cosiddetti soffitti di cristallo che impediscono alle
donne di accedere numerose a posti di potere, e non si guarda invece agli effetti negativi di una massiccia operazione culturale tesa
a stabilire un’uguaglianza fra i sessi modellata sull’identità maschile?
A forza di dire alle donne che devono diventare come gli uomini per imporsi nel
mondo pubblico, che devono cancellare la
loro fertilità per accedere a un comportamento sessuale libero come quello maschile,
che devono considerare la gravidanza una
malattia da evitare, e gli impegni domestici
come un castigo da fuggire appena possibile, le ritroviamo poi anche a usare la violenza come i peggiori bulli. Una caratteristica
considerata tipicamente femminile è sempre
stata la capacità di coinvolgersi nella debolezza dell’altro, di difendere e proteggere i
più fragili, di prendersi cura di loro: in una
parola, di esercitare, nella vita quotidiana, in
mille piccole occasioni, la misericordia.
Non sarà il caso di domandarsi se la perdita di questa virtù, di questa caratteristica
positiva, non sia più grave di tutte le forme
di oppressione alle quali le donne sono ancora sottoposte? Perché in questo caso sono
le giovanissime a praticare l’oppressione,
mostrando in questo modo quello che può
diventare la società del futuro.
Nel prossimo anno giubilare dedicato alla
misericordia dovrebbe essere compito delle
donne segnalare il problema, per proporre
soluzioni che non mortifichino l’identità
femminile.
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L’ottimismo di Draghi
Il premier greco invitato a Berlino dal cancelliere tedesco
Ripresa
solida
per l’Europa
Tsipras, Merkel
e lo spettro del debito
FRANCOFORTE, 17. La situazione
economica nell’area dell’euro si
sta «stabilmente riprendendo». Il
presidente della Bce, Mario Draghi, parlando ieri a Francoforte,
ha annunciato la stabilità della ripresa nel vecchio continente.
«Possiamo essere ottimisti sulle
prospettive» anche se «dobbiamo
continuare a spingere sulle riforme, non possiamo cullarci sugli
allori». Poi una frase che gli analisti politici hanno interpretato
come una riposta alle critiche della Bundesbank. «Una politica
monetaria ultra-espansiva non è
un disincentivo per i Paesi
dell’eurozona a portare avanti le
riforme». Al contrario, «la politica monetaria crea un incentivo a
farle e la recente ripresa ci fornisce una finestra di opportunità,
con le condizioni per spingere in
avanti le riforme che rendano
l’area euro meno fragile e più resistente agli shock». Le regole
possono davvero essere credibili
solo se vengono applicate con
molta poca discrezione. Altrimenti — ha chiarito Draghi — «non
appena si allentano troppo, i Paesi trovano ragioni per non seguirle». Secondo il numero uno
dell’Eurotower bisogna trovare un
equilibrio «tra credibilità e flessibilità».
Intanto, buone notizie arrivano
dall’Italia, dove l’Inps (Istituto
nazionale della previdenza sociale) ha reso noto ieri che gli ultimi
dati sul lavoro sono positivi. «I
primi dati che abbiamo sulle assunzioni a tempo indeterminato
con la decontribuzione, previste
dalla legge di Stabilità, sono incoraggianti: nei primi 20 giorni,
ossia dall’1 al 20 febbraio, 76.000
imprese hanno fatto richiesta» ha
detto il presidente dell’Inps, Tito
Boeri, spiegando che l’istituto
fornirà «sistematicamente» i dati
e «a fine mese forniremo i numeri
con la comparazione sulle imprese e le assunzioni fatte negli anni
precedenti». Il riferimento è alla
possibilità di non versare i contributi (fino a un tetto di 8.060 euro) previdenziali per tre anni, per
le assunzioni a tempo indeterminato avvenute nel corso del 2015,
introdotta con la legge di Stabilità per il 2015.
BRUXELLES, 17. Prove di dialogo tra
Atene e Berlino. Il cancelliere Angela Merkel ha invitato il premier greco, Alexis Tsipras, nella capitale tedesca il prossimo lunedì 23 marzo.
Lo ha comunicato ieri il portavoce
Steffen Seibert in una nota, riferendo di una telefonata fra i due leader
e precisando che il premier ellenico
ha accettato. La Grecia ha rimborsato ieri la tranche del prestito ricevuto dal Fondo monetario internazionale (Fmi). Lo riferiscono fonti vicine al dossier, secondo cui il Governo avrebbe depositato presso l’Fmi
la somma di 584 milioni di euro. La
prossima scadenza per Atene è una
tranche dovuta, entro venerdì,
all’Fmi da 346 milioni.
Fonti dell’Esecutivo greco hanno
dichiarato stamane che l’incontro di
lunedì prossimo è «un passo positivo» e che si tratta di «un incontro
importante e non di un incontro per
fare qualche foto». Nel vertice «si
parlerà anche del problema di liquidità per l’economia greca».
Nel frattempo, il ministro delle
Finanze greco, Yanis Varoufakis,
parlando ieri alla televisione tedesca,
ha ridimensionato la situazione di
Atene, definendo il problema di liquidità della Grecia «marginale». E
il Governo tedesco, rispondendo oggi a una domanda in proposito, si è
astenuto dal commentare. «Prendiamo atto che il ministro Varoufakis
dà una valutazione positiva della situazione del Paese», ha replicato il
portavoce di Wolfgang Schäuble,
Martin Jaeger, rispondendo a una
domanda su questa affermazione a
Berlino, in conferenza stampa. Sempre ieri Schäuble ha lanciato un duro attacco ad Atene, accusando il
Governo greco di «mentire ai suoi
cittadini». Parlando a una tavola rotonda a Berlino, il ministro ha poi
affermato di non aspettarsi che Atene mantenga la promessa elettorale
di elevare il prelievo fiscale sugli armatori: «Neanche un Governo di sinistra radicale manterrà quest’impegno». Schäuble ha infine ribadito
l’opinione che il problema dell’indebitamento greco nasce perché il Paese ha vissuto ben oltre i propri mezzi in passato.
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Il premier Tsipras si aspetta un
accordo con i creditori entro questa
settimana in vista del vertice Ue del
19 e 20 marzo, nel segno di un compromesso che eviterà il ritorno alle
politiche di austerity. «Non credo
che dovremo applicare piani alternativi perché il problema sarà risolto a
livello politico entro la fine della
settimana con l’avvicinarsi del vertice Ue o, se necessario, al vertice
stesso» ha detto Tsipras in un’intervista. «Qualunque ostacolo incontreremo nel nostro sforzo per il negoziato, non torneremo alle politiche di austerity». Venerdì scorso, a
Cernobbio, il ministro delle Finanze
Yanis Varoufakis aveva detto che
Atene sarebbe pronta a ritardare alcune delle misure anti-austerity promesse all’elettorato per arrivare a un
accordo con i partner europei.
Da Bruxelles, intanto, arriva un
avvertimento. Sulla Grecia «la situazione è seria» ha avvertito la Commissione europea, e prima che la
questione possa tornare al tavolo dei
leader europei bisognerà completare
i negoziati a livello tecnico.
Alexis Tsipras durante una visita a Bruxelles (Ap)
Se Mosca non rispetterà agli accordi nell’est ucraino
Strappate al gruppo jihadista Bama nel Borno e Goniri nello Yobe
Washington pronta
a potenziare le sanzioni
Offensive
contro Boko Haram
KIEV, 17. Gli Stati Uniti sono pronti a potenziare le sanzioni contro la
Russia «se non rispetterà i termini
dell’accordo sul cessate il fuoco
con l’Ucraina».
È quanto si legge in una dichiarazione del segretario al Tesoro statunitense, Jacob Lew, che ha incontrato ieri a Washington il ministro
delle Finanze ucraino, Natalia
Yaresko. Sulla questione è intervenuto anche il cancelliere tedesco,
Angela Merkel. Al termine dei suoi
colloqui di ieri a Berlino con il
presidente ucraino Poroshenko, il
cancelliere ha infatti detto che le
sanzioni occidentali contro Mosca
sono strettamente legate all’attuazione dell’accordo di pace firmato
il mese scorso a Minsk. «Ci sono
considerevoli mancanze nell’attuazione da parte dei separatisti del ritiro delle armi pesanti», ha affermato Merkel.
Il cancelliere tedesco ha però
chiarito che nuove sanzioni verranno approvate solo se inevitabili. «Siamo disposti a imporre nuove sanzioni se sarà necessario, ma
non fini a se stesse», ha precisato.
A Poroshenko, Merkel ha poi detto che la Germania non riconoscerà la scissione della Crimea
dall’Ucraina.
La cupola
dei grandi
appalti
ROMA, 17. La Procura di Firenze
l’ha definita “la cupola” dei grandi appalti. Nuovi particolari
nell’inchiesta anticorruzione che
ha portato finora a quattro arresti
— tra i quali anche l’ex dirigente
del ministero dei Lavori pubblici,
Ercole Incalza — e 51 persone indagate. Al centro dell’indagine c’è
la gestione illecita degli appalti
per le cosiddette Grandi opere:
dai cantieri dell’Expo all’autostrada Salerno-Reggio Calabria, dalla
Fiera di Roma all’alta velocità
Milano-Verona. Si tratta insomma
di «un articolato sistema corruttivo» che gestiva affari per un valore complessivo di 25 miliardi di
euro. Nell’indagine spiccano anche nomi di politici, in particolare
quelli del ministro delle Infrastrutture, Maurizio Lupi, del ministro della Giustizia, Angelino
Alfano, e del viceministro alle Infrastrutture, Riccardo Nencini,
che però non sono indagati.
Intanto, ieri il Governo italiano
ha presentato il testo dell’emendamento sul falso in bilancio,
punto cruciale del disegno di legge anticorruzione.
mercoledì 18 marzo 2015
ABUJA, 17. Successi nelle operazioni
militari contro Boko Haram sono
stati rivendicati oggi dalle forze armate nigeriane, che hanno ripreso il
controllo della città di Bama, nello
Stato nordorientale del Borno, caduta lo scorso settembre nelle mani del
gruppo jihadista che vi aveva compiuto una delle sue stragi più efferate, uccidendo secondo fonti concordi
duemila civili.
Bama è la seconda principale città
del Borno, dove Boko Haram ha le
sue principali roccaforti, e si trova a
circa sessanta chilometri dalla capitale statale Maiduguri, a sua volta ancora minacciata dal gruppo jihadista.
Poche ore prima, l’esercito aveva annunciato anche la riconquista di Goniri, ultima roccaforte di Boko Haram nel confinante Stato del Borno.
Nei giorni scorsi altri successi erano stati rivendicati sia dalle truppe
nigeriane sia dalla missione militare
africana inviata in Nigeria e alla
quale forniscono contingenti Benin,
Camerun, Ciad e Niger. Ancora ieri,
il contingente camerunense ha comunicato di aver intercettato miliziani di Boko Haram che si accingevano ad attaccare il villaggio di Ndaba, sempre nel Borno, e di aver inflitto loro perdite pesantissime.
Tutti gli osservatori, peraltro, concordano nel ritenere il gruppo jihadista tutt’altro che sconfitto. Ciò nonostante, Attahiru Jega, presidente
della commissione elettorale della
Nigeria, ha detto oggi che le elezioni presidenziali e parlamentari fissate
tra meno di due settimane, il 28
marzo, potranno svolgersi in modo
libero e pacifico.
Non nella sfida jihadista, ma nel
più tradizionale contrasto che da de-
cenni vede opposti in Nigeria, come
in altri Paesi africani, agricoltori e
allevatori, si iscrive invece il nuovo
cruento episodio che ha provocato
ieri quarantacinque morti, in massima parte donne e bambini, nel villaggio di Egba, nello Stato centrale
di Benue.
I ribelli del nord del Mali
respingono gli accordi di Algeri
BAMAKO, 17. I gruppi ribelli tuareg
e arabi del nord del Mali coalizzati
nel Coordinamento dei movimenti
dell’Azawad (Cma) hanno respinto
l’accordo firmato all’inizio del mese
ad Algeri tra il Governo di Bamako e da una parte dei gruppi armati attivi nel Paese, che nelle intenzioni dei mediatori dell’Onu avrebbe dovuto promuovere la pace e il
riassetto delle regioni del nord.
Dopo aver consultato leader tradizionali e rappresentanti della società civile, il Cma — che comprende il principale gruppo tuareg, il
Movimento di liberazione nazionale dell’Azawad — ha concluso che
«il documento non può portare la
pace». Resta tuttavia aperta, ha
specificato il rappresentante del
Cma in Europa, Moussa ag Assarid, la possibilità di «proseguire le
discussioni con Bamako per trovare
un documento accettabile e realistico». Una risposta più dettagliata
con le motivazioni del dissenso sarà consegnata ai diplomatici il cui
arrivo è previsto oggi a Kidal, dove
il Cma ha tenuto le consultazioni.
L’accordo di Algeri non prevede
né l’indipendenza né l’autonomia
della regione, ma solo assemblee
regionali elette direttamente e l’impegno a dare maggiore rappresentanza al nord del Mali nelle istituzioni nazionali.
Dieci persone ricche come metà della popolazione
Africa dell’ingiustizia sociale
Tank filorussi sulla strada per Debaltseve (Reuters)
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
WASHINGTON, 17. L’ingiustizia che
schiaccia l’Africa non si esprime solo
attraverso lo sfruttamento di potenze
esterne al continente, ma ha componenti interne che lo pongono al primo posto nell’aspetto della discriminazione sociale. Ne offre la dimostrazione il fatto che il reddito dei
dieci africani più ricchi è equivalente
a quello della metà più povera della
popolazione messa insieme.
Il dato, del quale da notizia
l’agenzia Misna, emerge da una rielaborazione di statistiche di recente
o imminente pubblicazione, presen-
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
fax 06 698 83675
[email protected]
Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
tate e incrociate sul blog della Banca
mondiale da un consulente dell’organismo, Christoph Lakner. Il primo
riferimento è a un nuovo rapporto
della Banca stessa, intitolato The
State of Poverty and Inequality in
Africa. I dati sono stati combinati
con la lista dei miliardari d’Africa
pubblicata dalla rivista Forbes e con
le stime della ricchezza a livello globale e regionale diffuse dall’istituto
elvetico Credit Suisse nel 2014.
Risulta che i dieci africani più ricchi hanno a disposizione più di 62
miliardi di dollari, mentre il reddito
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
complessivo della metà più povera
della popolazione del continente
non supera i 59 miliardi.
In Africa lo squilibrio è più marcato rispetto a Paesi come India o
Cina. Nel primo caso, sono 22 i miliardari che insieme hanno un reddito equivalente a quello della metà
più povera della popolazione. Nel
secondo, la ricchezza dei cinque uomini più ricchi equivale ai risparmi
del 10 per cento della popolazione,
mentre in Africa tale quota è del 40
per cento.
Concessionaria di pubblicità
Aziende promotrici della diffusione
Il Sole 24 Ore S.p.A.
System Comunicazione Pubblicitaria
Ivan Ranza, direttore generale
Sede legale
Via Monte Rosa 91, 20149 Milano
telefono 02 30221/3003, fax 02 30223214
[email protected]
Intesa San Paolo
Ospedale Pediatrico Bambino Gesù
Banca Carige
Società Cattolica di Assicurazione
Credito Valtellinese
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pagina 3
Il momento del voto
in un seggio di Tel Aviv (Ap)
Dopo due mesi ai domiciliari
I ribelli
yemeniti
rilasciano
il premier
SAN’A, 17. I ribelli sciiti huthi, che
controllano la capitale dello Yemen San’a, hanno rilasciato ieri il
premier e i ministri del suo Gabinetto dagli arresti domiciliari in
cui si trovavano da due mesi. Lo
riferisce l’emittente televisiva panaraba Al Jazeera. È stato lo stesso primo ministro, Khaled Bahah,
a dare la notizia su Facebook, dicendo che si tratta di un gesto di
buona volontà per «spingere il
processo politico in una direzione
positiva» e facendo appello a tutte le forze politiche perché «preservino la sicurezza, la stabilità e
l’unità dello Yemen».
Nella nota, Bahah ha aggiunto
di non avere intenzione di riprendere il suo incarico. I ribelli huthi,
accusati di essere appoggiati
dall’Iran, sono scesi armi in pugno dalle loro regioni d’origine
nel nord del Paese e si sono impadroniti nel settembre dell’anno
scorso della capitale. In gennaio
hanno dato l’assalto al palazzo
presidenziale e hanno posto agli
arresti domiciliari il presidente,
Abed Rabbo Mansur Hadi, e tutti
i ministri del Governo, che per
protesta si sono dimessi.
Hadi, tuttavia, recentemente è
riuscito a raggiungere Aden — l’ex
capitale dello Yemen del Sud fino
all’unificazione, nel 1990 — dove
ha un forte seguito. E qui ha annunciato di avere revocato le dimissioni, lanciando una sfida ai ribelli huthi. Fonti vicine al capo
dello Stato rivelano che Hadi starebbe trasferendo nel sud oltre
ventimila dei suoi fedelissimi, in
vista di un sempre più possibile
confronto armato con i ribelli sciiti, guidato da Abdel Malik al
Huthi, alleato dell’ex presidente
Ali Saleh.
E per far fronte all’avanzata del
gruppo sciita, è nato nei giorni
scorsi un nuovo soggetto politico:
l’Alleanza di salvezza nazionale.
L’obiettivo è quell0 di partecipare
ai colloqui mediati dalle Nazioni
Unite per la formazione di un
Governo di unità nazionale. Tra
gli esponenti che compongono la
coalizione ci sono attivisti, islamisti e membri dell’ex partito di Governo del Paese che sostengono il
presidente Hadi.
In Brasile
si allarga
l’inchiesta
sulla Petrobras
Netanyahu ed Herzog i principali rivali alle elezioni legislative
Israele al voto
TEL AVIV, 17. Urne aperte in Israele per le elezioni legislative. Secondo gli ultimi sondaggi,
l’Unione Sionista dovrebbe ottenere tra i 24 e i
26 seggi, sui 120 di cui è composta la Knesset, rispetto ai 20-23 seggi del Likud. Ago della bilancia negli scenari post voto potrebbe essere l’ex
ministro del Likud, Moshe Kahlon, a capo di una
formazione di centro-destra concentrata soprattutto sui temi economici e sociali. Finora Kahlon
non ha voluto scoprire le sue carte e non ha rivelato con chi intende allearsi. Ma un ruolo importante lo giocheranno anche i quattro partiti arabo-israeliani riuniti in un’unica lista per superare
lo sbarramento del 3,25 per cento (la più alta mai
registrata) e accreditati di 12-13 deputati.
Ieri ci sono stati gli ultimi appelli di una campagna elettorale giocata sui temi della sicurezza e
della politica estera da parte del premier in carica
Benjamin Netanyahu che ha già annunciato, in
caso di vittoria, nuovi insediamenti israeliani a
Gerusalemme est. «Non permetterò che sia creato
uno Stato palestinese» ha detto il leader del Likud. Dichiarazioni che — affermano gli analisti —
rappresentano l’estremo tentativo di recuperare
quei voti che lo separano dal laburista Herzog,
soprattutto tra i sostenitori del movimento dei coloni. «Chiunque acconsentirà alla creazione di
uno Stato palestinese — ha detto il premier — non
farà altro che offrire dentro lo stato di Israele una
base di lancio per gli attacchi dell’islam radicale».
Netanyahu ha fatto i suoi ultimi appelli al voto
durante una visita ad Har Homa, uno degli insediamenti più contestati tra quelli che circondano
Gerusalemme est. «Io e i miei amici del Likud
preserveremo l’unità di Gerusalemme nella sua
integrità» ha detto Netanyahu.
Il principale rivale di Netanyahu, Isaac Herzog, leader dell’Unione sionista, ha esortato gli
elettori a non disperdere il voto in altre liste e ha
criticato i sei anni di Governo del Likud. «Votare
per le altre formazioni centriste o di sinistra — ha
detto — impedirebbe il cambiamento e terrebbe
Israele bloccato». A sostegno di Herzog è sceso
in campo anche l’ex premier laburista (l’ultimo di
quel partito ad aver guidato il Governo) Ehud
Barak. «Conosco da decenni Herzog — ha detto
Barak, ormai ritiratosi dalla vita politica — è stato
segretario nel mio Gabinetto e ministro all’epoca
della mia guida dei laburisti. È saggio, esperto e
responsabile». Pochi giorni fa anche l’ex presidente Shimon Peres, anch’egli esponente storico
dei laburisti, ha espresso il suo sostegno a Herzog. Inoltre, l’Unione sionista può contare
sull’esperienza di Tzipi Livni, già vice premier e
più volte ministro. «Questa è una lotta tra il sionismo e l’estremismo» ha dichiarato l’ex leader di
Kadima che ieri, con una mossa a sorpresa, ha
annunciato di essere disposta in linea di principio
a rinunciare all’alternanza con Herzog alla carica
di premier. Ciò, ha precisato, se risultasse essenziale per consentire a Herzog di formare un Governo di coalizione.
Il sistema di voto è semplice: dopo l’identificazione, l’elettore riceve una busta. Si reca nell’urna
dove trova i biglietti di ciascuna lista: sarà uno di
questi, e solo uno, a poter essere infilato nella busta che sarà messa nell’urna. Ad affidare l’incarico
di formare il nuovo Governo, in base ai risultati
elettorali, sarà il presidente Reuven Rivlin. Il
giorno delle elezioni in Israele è festivo ma sono
assicurati trasporti pubblici e i servizi di emergenza. I primi exit poll saranno diffusi in serata.
Ancora lontani gli obiettivi ambientali in Cina
Pochi progressi sul clima
PORT VILA, 17. Sempre più gravi
le notizie che provengono dall’arcipelago di Vanuatu, nel Pacifico,
devastato nella notte tra venerdì e
sabato scorsi dal passaggio del ciclone Pam. Sparsi su un arcipelago di ottantadue isole (estese per
dodicimila chilometri quadrati), i
270.000 abitanti sono ancora isolati e si teme per la sorte di molte
comunità sulle isole più remote.
Le organizzazioni di soccorso
hanno avvertito che le condizioni
in cui si trovano a operare sono
tra le peggiori possibili. Un flusso
consistente di velivoli militari australiani, neozelandesi e francesi
sta cercando di portare generi di
emergenza e tende, oltre a medicine, generatori e squadre di soccorso, ma le difficoltà di distribuzione degli aiuti in molti casi appaiono insormontabili.
L’organizzazione
umanitaria
britannica Oxfam ha stimato in
oltre 100.000 i senzatetto, ma la
distruzione degli edifici in grado
di accoglierli, come pure di ospedali, cliniche e obitori, rende la loro condizione ancora più difficile.
In particolare per 60.000 bambini,
maggiormente a rischio di denutrizione e malattie. Il presidente,
Baldwin Lonsdale, ha lanciato un
nuovo appello alla comunità internazionale.
Intanto, la presidenza della
Conferenza episcopale italiana ha
stanziato un milione di euro a beneficio delle popolazioni colpite.
Narcotrafficante
arrestato
in Messico
CITTÀ DEL MESSICO, 17. La polizia
federale messicana ha arrestato ieri
nello Stato di Sonora (nord del
Paese) il boss del narcotraffico
Eduardo Vargas. L’uomo è accusato di avere ucciso oltre duecento
persone. Vargas era già stato arrestato nello Stato di Chihuahua (a
est di Sonora) a metà febbraio,
ma pochi giorni dopo era riuscito
a fuggire dall’ospedale dove era
stato ricoverato. Vargas è il capo
di una banda associata al cartello
di Sinaloa, una delle organizzazioni di narcotrafficanti più pericolose del Messico.
Isolato
l’arcipelago
di Vanuatu
Negli Stati Uniti
ribellione
all’ora legale
Ginnastica mattutina tra lo smog nella provincia di Henan (Reuters)
PECHINO, 17. Dei molti temi centrali
della politica cinese affrontati ieri
dal primo ministro, Li Keqiang, nella tradizionale conferenza stampa
successiva alla chiusura della sessione del Parlamento, la situazione ambientale ha fatto registrare una distanza ancora netta tra necessità,
obiettivi ufficiali e risultati concreti.
Significativamente, però, l’allarme
governativo è arrivato a una settimana dal blocco della diffusione di
un atteso documentario sull’inquinamento dell’aria nel grande Paese
asiatico, che mostrava la persistente
gravità del fenomeno. «Il progresso
ottenuto finora per combattere lo
smog è al di sotto delle aspettative
del nostro popolo», ha indicato ai
giornalisti Li, che un anno fa — nella stessa circostanza — aveva esplici-
tamente dichiarato guerra all’inquinamento. «Continueremo a individuare le aziende inquinatrici e a
perseguirle», ha anche detto il primo ministro, che ha poi aggiunto:
«Le autorità per l’ambiente non devono risentire di interferenze dall’industria e devono essere sufficientemente coraggiose da prendere la
piena responsabilità».
Tutte questioni denunciate nel
documentario sull’aria irrespirabile
— soprattutto nella capitale, Pechino
— prodotto da un ex giornalista della televisione pubblica e quasi subito ritirato dalla circolazione.
Il filmato in questione, intitolato
“Sotto la cupola”, era stato visto per
ben 155 milioni di volte in streaming
in tutto il Paese nel primo giorno
dalla sua messa online. Lo stesso
ministro per la Protezione ambientale, Chen Jining, aveva dichiarato
il suo apprezzamento per l’iniziativa, ritirata però nei giorni successivi
senza una spiegazione ufficiale.
Secondo l’ultimo rapporto presentato alla conferenza di Lima nel
dicembre 2014, la Cina copre il
23,43 per cento dei trentadue miliardi di tonnellate di gas che affliggono l’atmosfera. Seguono gli Stati
Uniti con il 14,69 per cento, poi,
staccata, la Russia con il 4,8 per
cento.
Eppure, lo scorso anno, il consumo di carbon fossile in Cina è diminuito del 2,9 per cento, secondo i
dati ufficiali. Così, lo “scarico” di
anidride carbonica nell’aria è sceso
dello 0,8 per cento. Numeri, comunque, da non sottovalutare.
BRASILIA, 17. Continua a far discutere lo scandalo legato al colosso
petrolifero pubblico brasiliano Petrobras. Al centro dell’inchiesta ci
sono fondi neri e tangenti a uomini d’affari, banchieri, imprenditori
e politici. L’ultimo a essere coinvolto nella vicenda è João Vaccari,
il tesoriere del partito dei Lavoratori, di cui è leader la presidente,
Dilma Rousseff.
Secondo la procura, ci sono
«ampie prove» che Vaccari ha sollecitato donazioni all’ex direttore
generale di Petrobras, Renato Duque. Il partito dei Lavoratori, di
cui era esponente di spicco anche
l’ex presidente Luiz Inácio Lula
da Silva, ha smentito ogni accusa
sostenendo che tutte le donazioni
ricevute erano legali. Domenica
oltre un milione di persone è sceso in strada in Brasile per protestare contro la corruzione e chiedere misure efficaci.
La presidente Rousseff si è sempre detta estranea ai fatti, e finora
WASHINGTON,
17.
Ribellione
all’ora legale negli Stati Uniti. Sono in molti i Governi dell’Unione
che stanno considerando di non
rispettare più l’Uniform Act, la
legge del 1966 secondo cui lo
standard time, l’ora solare, deve
restare in vigore da novembre a
metà marzo, quando le lancette
dovrebbero andare avanti di
un’ora in tutti gli Stati per gli altri
otto mesi. In effetti, nel rispetto
delle autonomie statali, la legge
federale garantisce agli Stati la
possibilità di scegliere di mantenere sempre o l’ora legale o quella
solare. Due Stati l’hanno già fatto:
l’Arizona, dove viene mantenuta
sempre l’ora solare, con l’eccezione della riserva indiana dei Navajo, e le Hawaii. E ora molti altri
Stati sono tentati di seguire il loro
esempio.
Manifestante
a Rio de Janeiro (Afp)
non è stata coinvolta personalmente nella vicenda. E comunque,
per dare un segnale forte alla
piazza, Rousseff ha deciso di varare ieri una serie di importanti misure per contrastare il fenomeno
della corruzione.
Stando agli ultimi sviluppi
dell’inchiesta, tra il 2004 e il 2012
Petrobras ha deviato fondi per circa tre miliardi di euro, che hanno
alimentato e rafforzato un sistema
di corruzione. José Carlos Cosenza, direttore degli approvvigionamenti di Petrobras, e Maria das
Graças Foster, amministratore delegato, sono accusati di aver «girato» fondi neri. E la Foster ha
ammesso l’esistenza di «uno schema di tangenti» anche in Olanda.
In base alle rivelazioni, un’azienda
fiamminga ha confessato di aver
pagato complessivamente tangenti
per 139,2 milioni di dollari a dirigenti di Petrobras. Foster ieri ha
confermato.
Implicato nell’inchiesta anche
l’ex direttore di Petrobras, Paulo
Roberto Costa, e il faccendiere
Alberto Youssef, arrestati per riciclaggio e poi divenuti collaboratori di giustizia. Entrambi hanno
ammesso di aver ricevuto «commissioni» da grandi imprese nazionali. Insomma, l’inchiesta ha finora portato alla luce una fitta rete di tangenti in entrata e in uscita
da Petrobras.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
mercoledì 18 marzo 2015
Maso del Bosco e Michelangelo,
«Giulio II della Rovere» (XVI secolo)
Premio Benedetto
Un nuovo
Pater Noster
ricordando
Mascagni
di ANTONIO PAOLUCCI
a tomba di Giulio II della Rovere in San Pietro in Vincoli rappresenta una singolare anomalia
storiografica. Si tratta infatti di
un’opera certa di Michelangelo
Buonarroti, certificata da tutte le fonti, testimoniata da una massa sterminata di documenti, un’opera che attraversa in modo
drammatico la sua vita al punto di diventarne quasi una connotazione esistenziale
(«la tragedia della sepoltura»), eppure quest’opera non solo non ha mai goduto di
una attenzione critica paragonabile a quella
riservata ad altri grandi capolavori del maestro (gli affreschi sistini e le tombe medicee
in San Lorenzo) ma è stata valutata più per
quello che avrebbe potuto essere piuttosto
che per quello che è.
La critica si è interessata molto al fallimento del progetto giuliesco e assai poco al
risultato storicamente conseguito se non
per darne giudizi generalmente negativi. Al
punto che si è potuto scrivere: «Mai un
progetto così grandioso ha prodotto un risultato così modesto» (Perkins).
Solo pochi, primo fra tutti il grande michelangiolista De Tolnay, hanno saputo capire che la storia della tomba di Giulio II è
«una sinossi dello sviluppo artistico e spirituale di Michelangelo dall’ideale eroico della sua giovinezza alla conversione religiosa
dell’età avanzata».
L
Marmo e mente
Michelangelo. Il marmo e la mente.
La tomba di Giulio II e le sue
statue sarà presentato mercoledì 18
marzo alle 18 presso Palazzo
Barberini a Roma. Insieme agli
autori interverranno Daniela
Porro, Paolo Portoghesi, Claudio
Strinati e il direttore dei Musei
Vaticani.
Su questa linea si colloca Christoph
Luitpold Frommel licenziando per la Jaca
Book il monumentale Michelangelo. Il marmo e la mente. La tomba di Giulio II e le sue
statue (Milano, Jaca Book, 2014, pagine
367, euro 100). Per la prima volta in modo
altrettanto approfondito, esauriente e minuzioso, il monumento funebre che sta in San
Pietro in Vincoli viene studiato nella sua
genesi, in tutte le rettifiche e varianti, disarticolato e analizzato in ogni sua parte. Aiutano Frommel nella bella e degna impresa e
Quando Fanfani
divenne Enea
«Venuto a Roma, con La Pira
parlavamo spesso al telefono»,
racconta Ettore Bernabei a Salvatore
Merlo, nell’intervista pubblicata su
«Il Foglio» del 17 marzo, «e siccome
sapevamo di essere intercettati dai
servizi segreti, non solo da quelli
italiani, quando ci riferivamo a
Fanfani, usavamo una parola in
codice: lo chiamavamo Enea, da
Enea Silvio Piccolomini». Fanfani
era alto un metro e cinquanta,
continua Bernabei, «per non
ricorrere all’allora abusato termine di
piccoletto pensammo di far
riferimento a Piccolomini. Noi a
Fanfani volevamo bene, ma senza la
devozione carismatica che oggi certi
collaboratori provano per i leader del
loro partito». Bernabei — spiega
Merlo — fu uno degli uomini più
vicini a Fanfani, toscano come lui,
che lo volle alla guida della Radio e
televisione italiana. «Quella degli
anni Sessanta era una Rai che
cercava di rispettare tutti. Noi
pensavamo il prodotto; un buon
prodotto era la nostra principale
preoccupazione. Ci ponevamo
continuamente il problema: ma la
gente come interpreterà questa cosa?
Vede, anche un sorriso, una battuta,
in una fiction o in un varietà, sono
un messaggio, un commento, un
comizio. Era una tv che aveva per
obiettivo quello di aiutare gli
italiani».
XVI
Un libro dedicato al monumento funebre di Papa della Rovere
La mano di Michelangelo
nel volto di Giulio
firmano ciascuno singoli capitoli del libro fre a Michelangelo un ingaggio sontuoso:
Maria Forcellino, Claudia Echinger-Maura- 7200 ducati per sei anni, pagabili in bonifich e Antonio Forcellino, curatore dell’ulti- ci mensili di 100 ducati. Michelangelo incomo intervento di restauro e pulitura delle mincia a selezionare i marmi nelle cave di
Carrara e a elaborare l’architettura della
statue.
Per capire l’importanza di questo studio tomba. Questo fino alla crisi dell’aprile
monografico e perché il volume di cui si 1506, quando il Papa cambia idea: mancano
parla debba essere d’ora in poi presenza ir- i denari, la nuova basilica del Bramante asrinunciabile in qualsiasi biblioteca di storia sorbe tutte le risorse della Santa Sede. Fra
dell’arte degna di questo nome sarà suffi- Michelangelo e l’autoritario e collerico Giuciente ricordare il magnifico regesto docu- lio II si verifica una dura rottura, ricordata
mentario curato da Claudia Echinger-Mau- dal Condivi e dal Vasari, poi in seguito farach. Quanto alla campagna fotografica di ticosamente ricomposta.
corredo realizzata da Andrea Jemolo, essa
Si arriva così al contratto del maggio
ci permette di vedere le sculture della tom- 1513. Giulio II è morto, sul trono di Pietro
ba come nessuno le aveva mai
viste prima e quasi di toccarle
e di accarezzarle.
Quest’opera non ha mai goduto
Ed ecco, in sintesi, la storia
della sepoltura, una storia che
di un’attenzione critica paragonabile
Frommel analizza anno per
a quella riservata
anno e, in certi periodi, quasi
mese per mese. All’inizio c’è
agli altri grandi capolavori
l’ambizione di un Papa, Giulio
dell’autore della Cappella Sistina
II della Rovere, che vuole rifondare ex imis la basilica costantiniana di San Pietro affidando a Donato Bramante il progetto e siede Leone X Medici, ma la tomba s’ha da
vuole, ancora in vita, commissionare a Mi- fare. Così vogliono gli esecutori testamentachelangelo l’esecuzione della sua memoria ri. Si susseguono nuovi contratti (8 luglio
funebre.
1516) con previsioni di spesa sempre più
La prima idea, consegnata a un disegno contenute e budget sempre più limitati fino
del Metropolitan Museum di New York, è alla fase conclusiva: il contratto solennedi una tomba parietale sul tipo di quella mente stipulato con il duca di Urbino il 29
che Antonio Rossellino, molti anni prima, aprile 1532 e successive rettifiche e varianti,
aveva realizzato per il cardinale del Porto- fino al 1541. Ormai è deciso: la tomba di
gallo nel San Miniato fiorentino. Al Papa il Giulio II non sarà più nella basilica ma in
progetto non piace, troppo piccolo, troppo San Pietro in Vincoli, chiesa di titolo cardimodesto. Giulio II vuole una “tomba libe- nalizio dei Papi della Rovere. Nell’ottobre
ra”, una vera e propria camera mortuaria, del 1545 il duca di Urbino in visita a Roma
gremita di figure, da collocare nel coro del- poteva vedere finalmente completata la
la nuova San Pietro. L’incarico è del 28 tomba del grande Papa che aveva portato il
aprile 1505. Il Papa non bada a spese e of- suo nome.
Nei quarant’anni che stanno fra il 1505,
data del primo progetto, e il 1545, scorre la
grande arte di Michelangelo, il fiume insieme benefico e rovinoso di cui parla Wölfflin: gli affreschi sistini, le tombe medicee
nel San Lorenzo di Firenze, il Cristo della
Minerva, i Prigioni del Louvre e dell’Accademia di Firenze, la Vittoria di Palazzo Vecchio, statue, queste ultime, scolpite per le
prime redazioni della tomba giuliesca.
Frommel analizza queste opere a una a una
mettendole in relazione con l’evoluzione
stilistica e spirituale di Michelangelo e guidandole tutte alla nuova interpretazione
critica della tomba di San Pietro in Vincoli;
un’opera che non è «la sistemazione di un
insieme di pezzi finanziati in modo casuale
nell’arco di un quarto di secolo e perciò ovviamente disparati» (Laux) ma è, al contrario, il capolavoro della tarda creatività del
maestro ispirata alla teologia del “Beneficio
di Cristo”.
Precisazioni critiche e filologiche importanti ha prodotto questo libro. È sgombrato
definitivamente ogni dubbio sull’autografia
michelangiolesca delle due statue della Vita
attiva e della Vita contemplativa, statue che
fiancheggiano il celebre David; quel David
che, elogiato da Winckelmann, da Lanzi e
da Freud, al classicista Milizia sembrava
«un mastino orribile, vestito come un fornaro, mal situato, ozioso». Una novità di
rilievo riguarda la statua giacente di Giulio
II collocata nell’ordine superiore della tomba. Attribuita tradizionalmente a Maso del
Bosco, uno dei molti aiuti di Michelangelo
in questa impresa, la scultura ha svelato, almeno nelle sue parti principali e soprattutto nel volto del Papa di straordinaria potenza espressiva, l’intervento diretto del
maestro.
Tournée dell’Escolania
di SERGI D’ASSÍS GELPÍ*
Dal 23 febbraio all’8 marzo il coro di
voci bianche di Montserrat è stato in Cina per la sua prima tournée di concerti
nel Paese del dragone. Sono dovuti passare molti secoli perché il canto di questi ragazzi, che si sono già esibiti in tante parti del mondo e che abitualmente
cantano nel santuario della Madonna
Nera, arrivasse in questo Paese.
L’occasione di questa tappa deve essere cercata nell’eco del tour che il coro ha
fatto l’anno scorso negli Stati Uniti. Un
organizzatore culturale cinese venne a
conoscenza della nostra esistenza e pensò che il pubblico cinese potesse essere
interessato ai canti di questo coro religioso di voci bianche appartenente al
monastero benedettino e santuario mariano di Montserrat. E così ci invitò a
cantare nei due principali auditorium
Da Montserrat a Pechino
del Paese, offrendoci l’opportunità di
comunicare quella che è la nostra esperienza attraverso la musica. Si trattava di
un concerto al Beijing National Center
for the Performing Arts e due concerti
allo Shanghai Oriental Art Center. La
proposta era entusiasmante e l’abbiamo
accettata.
Il repertorio voleva mettere insieme la
musica sacra propria di Montserrat e
quella di altri musicisti internazionali,
insieme alla musica popolare catalana e
ad alcuni brani in cinese. Il coro dei ragazzi ha eseguito i due concerti, assecondando la richiesta arrivata dalla Ci-
na, come avrebbe fatto nella basilica di
Montserrat: con la tonaca e la cotta.
Il pubblico cinese, che riempiva ambedue le sale di concerti, ha ascoltato il
canto dei nostri ragazzi con molta attenzione, e si potrebbe dire anche con sorpresa. Per loro si trattava di un timbro
molto diverso da quello al quale erano
abituati. C’erano spettatori di tutte le
generazioni, ma ci ha colpito soprattutto
la presenza — e l’attenzione piena di rispetto — di tante famiglie con i loro
bambini. In tutte e tre le serate il pubblico ha battuto le mani fin dall’inizio.
Ma l’entusiasmo era sempre crescente,
arrivando al culmine alla fine del concerto.
È stato al termine di ogni esibizione
che è esplosa l’euforia, accompagnata da
grida di gioia per il fatto che si acconsentiva alle richieste dei bis — i ragazzi
non erano abituati a queste grida di apprezzamento — mentre il pubblico in
piedi batteva le mani con grande entusiasmo. Appena finito il primo concerto,
il responsabile dell’uditorio di Beijing ci
ha subito invitato a partecipare a un festival nel mese di agosto (invito che purtroppo, visto il calendario del nostro coro, sarà impossibile accettare).
Cos’è successo? Perché questo interesse per un coro come il nostro? Lo abbiamo chiesto agli organizzatori, sorpresi
dalla risposta del pubblico. Ci hanno
spiegato che in Cina si vive attualmente
un grande interesse per la musica, in
I vincitori del terzo Concorso
internazionale di composizione di
musica sacra Papa Benedetto XVI
sono Pietro Magnani, primo
premio; Luca Iacono e Claudio
Bonometti, secondo premio exaequo per entrambi; Piermichele
Bertaina, terzo classificato. La
partitura richiesta era un Pater
Noster per soprano e quintetto
d’archi; lo stesso organico
utilizzato da Pietro Mascagni — di
cui quest’anno ricorre il
settantesimo anniversario della
morte — per il suo Pater Noster
composto nel 1880. I brani inviati
— oltre quaranta provenienti da
tutto il mondo — sono stati
valutati da una giuria presieduta
da Kai Nieminem e composta da
Angelo Inglese, Flavio Colusso,
monsignor Vincenzo De Gregorio,
Marco Di Battista e Ciro Visco.
La partitura vincitrice sarà
pubblicata dall’Editore Sillabe e
sugli Annali della Pontificia
Accademia di Belle Arti e Lettere
dei Virtuosi del Pantheon.
Concluderà il concorso il concerto
che si svolgerà il 16 aprile nella
chiesa di Santa Maria della
Vittoria a Roma, in cui saranno
eseguiti, tra gli altri brani in
programma, le partiture vincitrici e
il Pater Noster di Pietro Mascagni.
Pietro Mascagni nell’aprile del 1895
modo speciale se gli interpreti sono dei
ragazzi.
Abbiamo intitolato i concerti, appositamente, «Pace e Bellezza». Invitati a
cantare in un Paese così lontano dal nostro, ci siamo chiesti in che modo saremmo potuti arrivare al cuore del pubblico
senza rinunciare a quello che siamo. Come fare a salvare le distanze linguistiche,
culturali e anche religiose? Siamo convinti che si può trovare una risposta tramite un linguaggio universale, la musica, intesa come un canale di trasmissione di pace e di bellezza, appunto.
Tramite i loro canti, i ragazzi facevano
appello all’umanità più profonda di
quelle persone che erano venute a sentirli. I ragazzi parlavano un linguaggio di
Bellezza, e così entravano in contatto
con la Bellezza che ogni persona porta
dentro di sé, anche se non lo sa.
Tutto questo ci porta a fare una riflessione che osiamo esprimere con umiltà
— senza dimenticare un profondo ringraziamento al Signore, dal quale tutto proviene — e che si potrebbe sintetizzare in
questa domanda: come stabilire ponti di
dialogo e di comunione con un Paese
apparentemente così diverso? Lo si può
fare tramite le parole, i discorsi. Ma non
si potrebbe tentare di farlo anche tramite l’arte come linguaggio di pace e di
bellezza?
Lungo i secoli, numerosi artisti ci
hanno regalato moltissime creazioni meravigliose, capaci di comunicare la parte
più profonda del loro vissuto. Perché allora non approfittare di questa eredità,
così preziosa, per diffondere quello che
tutti portiamo nel cuore?
*Prefetto del coro di voci bianche
di Montserrat
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 18 marzo 2015
Paolo VI con Madre Teresa
tre giorni dopo
l’annuncio dell’Anno santo
(12 maggio 1973)
Ci siamo domandati
se una simile tradizione
meriti d’essere mantenuta nel tempo nostro
Tanto diverso dai tempi passati
Così il 9 maggio 1973 Paolo
pagina 5
VI
e accordate alle Chiese locali, affinché
tutta la Chiesa sparsa sulla terra possa
incominciare subito a godere di questa
grande occasione di rinnovamento e di
riconciliazione, e meglio prepararne così
il momento culminante e conclusivo che
si celebrerà a Roma nell’anno 1975, il
quale conferirà al classico pellegrinaggio
alle tombe degli Apostoli, per coloro
che lo possono e lo vogliono compiere,
il suo consueto significato. E questo importante e salutare movimento spirituale
e penitenziale, che interessa tutta la
Chiesa e che sarà accompagnato dalla
elargizione di speciali indulgenze, avrà
inizio nella prossima festa di Pentecoste,
annunciò il giubileo
Per rifare
l’uomo da dentro
ogliamo oggi dare a voi una
notizia, che crediamo importante per la vita spirituale
della Chiesa; ed è questa.
Dopo aver pregato e pensato, noi abbiamo deliberato di celebrare
nel prossimo 1975 l’Anno Santo, secondo la scadenza venticinquennale fissata
dal nostro predecessore Paolo II, con la
Bolla pontificia Ineffabilis Providentia del
17 aprile 1470. L’Anno Santo, che si
chiama, nel linguaggio canonico, Giubileo, consisteva nella tradizione biblica
dell’Antico Testamento in un anno di
vita pubblica speciale, con l’astensione
dal lavoro normale, col ripristino della
distribuzione originaria della proprietà
V
La parola programmatica di riconciliazione
ci fa capire che la nostra vita è turbata
da troppe rotture, disarmonie, disordini
E ciò impedisce di godere dei doni
della vita personale e collettiva
terriera e con la remissione dei debiti in
corso e la liberazione degli schiavi ebrei
(cfr. Levitico 25, 8 ss.).
Nella storia della Chiesa, come si sa,
il Giubileo fu istituito da Bonifacio VIII,
ma con scopi puramente spirituali, nel
1300; e consisteva in un pellegrinaggio
penitenziale alle tombe degli Apostoli
Pietro e Paolo; vi partecipò anche Dante, che ne descrive la moltitudine circolante in Roma (cfr. Inferno XVIII, 2833); poi, al Giubileo del 1500, si aggiunse l’apertura delle Porte Sante delle basiliche da visitare, non solo per facilitarvi l’afflusso dei penitenti, ma anche per
simboleggiare il più facile accesso alla
misericordia divina con l’acquisto
dell’indulgenza giubilare.
Ci siamo domandati se una simile
tradizione meriti d’essere mantenuta nel
tempo nostro, tanto diverso dai tempi
passati, e tanto condizionato, da un lato, dallo stile religioso impresso dal recente Concilio alla vita ecclesiale, e,
dall’altro, dal disinteresse pratico di tanta parte del mondo moderno verso
espressioni rituali d’altri secoli; e ci siamo subito convinti che la celebrazione
dell’Anno Santo, non solo può innestarsi nella coerente linea spirituale del
Concilio stesso, alla quale preme a noi
di dare fedele svolgimento, ma può benissimo corrispondere e contribuire altresì allo sforzo indefesso e amoroso che
la Chiesa rivolge ai bisogni morali della
nostra età, all’interpretazione delle sue
profonde aspirazioni, ed anche alla onesta condiscendenza verso certe forme
delle sue espressioni esteriori preferite.
È necessario a questo molteplice scopo mettere in evidenza la concezione essenziale dell’Anno Santo, ch’è il rinnovamento interiore dell’uomo: dell’uomo
che pensa, e pensando ha smarrito la
certezza nella Verità; dell’uomo che lavora, e lavorando ha avvertito d’essersi
tanto estroflesso da non possedere più
abbastanza il proprio personale colloquio; dell’uomo che gode e si diverte e
tanto fruisce dei mezzi eccitanti una sua
gaudente esperienza da sentirsene presto annoiato e deluso. Bisogna rifare
l’uomo dal di dentro. È ciò che il Vangelo chiama conversione, chiama penitenza, chiama metànoia. È il processo di
autorinascita, semplice come un atto di
lucida e coraggiosa coscienza, e complesso come un lungo tirocinio pedagogico riformatore. È un momento di grazia, che di solito non si ottiene se non a
capo chino. E noi pensiamo di non errare scoprendo nell’uomo d’oggi una
profonda insoddisfazione, una sazietà
unita ad un’insufficienza, una infelicità
esasperata dalle false ricette di felicità
dalle quali è intossicato, uno stupore di
non saper godere dei mille godimenti
che la civiltà gli offre in abbondanza.
Cioè egli ha bisogno di un rinnovamento interiore, quale il Concilio ha auspicato.
Urge un processo di autorinascita
Semplice come un atto
di lucida coscienza
Complesso come un lungo
tirocinio pedagogico riformatore
Ora, a questo rinnovamento personale, interiore, e quindi, sotto certi aspetti,
anche esteriore, tende precisamente
l’Anno Santo, questa terapia, facile e
straordinaria insieme, che dovrebbe portare il benessere spirituale ad ogni coscienza, e di riflesso, in qualche misura
almeno, alla mentalità sociale. Questa
l’idea generale del prossimo Anno Santo, polarizzata in un’altra idea centrale
particolare e rivolta alla pratica: la riconciliazione.
Il termine «riconciliazione» richiama
il concetto opposto di rottura. Quale
rottura dovremmo aggiustare per raggiungere quella riconciliazione, ch’è
condizione dell’auspicato rinnovamento
giubilare? Quale rottura? Ma non basta
forse porre questa parola programmatica
di riconciliazione per accorgerci che la
nostra vita è turbata da troppe rotture,
da troppe disarmonie, da troppi disordini per poter godere dei doni della vita
personale e collettiva secondo la loro
ideale finalità?
Abbiamo innanzi tutto bisogno di ristabilire rapporti autentici, vitali e felici
con Dio, d’essere riconciliati, nell’umiltà
e nell’amore, con Lui, affinché da questa prima, costituzionale armonia tutto
il mondo della nostra esperienza esprima una esigenza ed acquisti una virtù
di riconciliazione, nella carità e nella
giustizia con gli uomini, ai quali subito
riconosciamo il titolo innovatore di fratelli. Eccetera: la riconciliazione si svolge su altri piani vastissimi e realissimi:
la stessa comunità ecclesiale, la società,
la politica, l’ecumenismo, la pace. L’An-
La scrittura profetica secondo Anna Maria Canopi
Nativa sorgente
La scrittura profetica non nasce a tavolino
da una ricerca dettagliata, affonda le sue radici altrove. Il profeta, in questo caso la
profetessa, la benedettina madre Anna Maria Canopi svela nel libro Mia nativa Sorgente (Brescia, Morcelliana, 2015, pagine 82,
euro 10) il suo cuore ascoltante e lo riversa
sul foglio bianco. Lo sguardo di chi legge si
sposta dalla grafia al carattere della pagina
stampata, e può optare: la sorgente però
rampolla dalla grafia. Ma ancora lo sguardo
interiore si sposta e deve collocarsi: non si
tratta infatti di un testo argomentativo, costruito su ipotesi, tesi e dimostrazioni. Chi
legge deve lasciarsi bagnare e intridere, solo
allora potrà percorrere il cammino. Dove
viene condotto?
Non in una radura amena che poi si deve
abbandonare, perché un luogo idillico non
è luogo di esistenza. Non in un congresso a
più voci che disputi sulla salvezza dell’umanità, sull’ecologia oppure su chi mai sa che
cosa. Il cammino, nel segno dell’acqua, è
l’incontro con l’Altro, con Dio, come in
apertura colpisce il disegno delle lettere:
«O Dio che mi hai creato, / dammi una
terra buona / e un sole caldo, / dammi una
brezza pura / e acqua di sorgente».
L’implorazione è salmica, e risuona quale
eco della Parola dell’Altissimo. Se però qui
si fermasse, rischierebbe di annegare in un
acquitrino perché si rinchiuderebbe in appagamento di se stessa. La dinamica di
apertura invece riporta alla vita donata:
«Voglio sbocciare / dentro la tua mano / e
spandere / profumo di gioia / di Te / per
tutto il mondo». Il mistero dell’uomo, della
scoperta della relazione con Dio e con i
viandanti nel tempo e nello spazio, è im-
no Santo, se Dio ci concederà di celebrarlo, avrà molte cose da spiegarci al
riguardo.
Limitiamoci ora ad anticipare un rilievo importante circa la struttura del
prossimo Anno Santo, il quale, secondo
la secolare consuetudine, ha in Roma il
suo punto focale e l’avrà ancora, ma
con questa novità. Le condizioni prescritte per acquistare particolari frutti
spirituali saranno questa volta anticipate
10 giugno. Nei precedenti Anni Santi
l’estensione di essi avveniva dopo le celebrazioni romane; ora invece le precederà. Ognuno può comprendere come
in questa innovazione vi sia anche
un’intenzione di onorare con più evidente ed efficace comunione le Chiese
locali, membra vive dell’unica ed universale Chiesa di Cristo.
Basti così, per ora. Ma, a Dio piacendo, avremo in proposito molte altre cose da dire. Sia con voi tutti la nostra
Apostolica Benedizione.
Giovanni Battista Montini e la passione per Dante
Poeta dei teologi
e teologo dei poeti
Spesso Paolo VI si faceva leggere dal segretario particolare, monsignor Pasquale
Macchi, un canto della Divina Commedia
o un capitolo dei Promessi sposi.
A ricordare l’episodio è il cardinale
Paul Poupard, presidente emerito del
Pontificio consiglio della cultura e del
Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, durante l’incontro tenutosi a Firenze in occasione del 750° anniversario
della nascita di Dante Alighieri e del cinquantesimo della lettera apostolica motuproprio di Paolo VI, Altissimi cantus. Non
a caso il documento pontificio era stato
preceduto da due missive — una all’arcivescovo di Ravenna e l’altra all’arcivescovo di Firenze — ed era stato seguito dal
suo indirizzo di saluto rivolto, nell’udienza del 21 gennaio 1966, ai dirigenti e ai
soci della «Società Dante Alighieri» convenuti a Roma.
Come il suo predecessore Benedetto
XV, Paolo VI — ha ricordato il porporato
— riteneva che l’opera di Dante deve la
sua bellezza sia ai molteplici splendori
della verità rivelata, sia a tutte le risorse
dell’arte. Paolo VI, che aveva istituito una
cattedra di studi danteschi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Mi-
parono al concilio Vaticano II un’edizione speciale della Divina Commedia.
Ma già Benedetto XV, nel rendere
omaggio alla figura di Dante, aveva scritto nell’enciclica In praeclara summorum
copia hominum (1921): «Chi potrà negare
che, a quell’epoca, non vi siano state, tra
il clero, cose da riprovare, capaci di disgustare profondamente un’anima devota
alla Chiesa come quella di Dante?».
Nell’enciclica il Papa sottolineava come
l’esempio di Dante testimoniasse quanto i
valori religiosi contribuiscano a promuovere il genio umano e come, di conseguenza, la loro assenza nel processo for-
Il fine della Divina Commedia
è “pratico e trasformante”
Mira cioè a portare l’uomo
dal disordine alla saggezza
Dal peccato alla santità
Pablo Picasso, «Madre e figlio» (1905)
merso nel fulgore della natura, teso nel «Silenzio / spazio di una Presenza / intimo, /
immenso: / Tu».
La prima parte del dittico si chiude con
l’inno a Maria. Lo scandire della liturgia,
dal primo risveglio al riposo notturno, ne
scolpisce la seconda parte, «L’uomo vivo»,
dal suo “Adsum” il cui giorno «comincia a
notte fonda / per affrettare la luce all’orizzonte» e lo conduce nel grembo orante della Chiesa che fa risplendere di lode e di
gloria risuonante attraverso le voci degli
oranti.
Mai isolata ma sempre sola nel silenzio la
voce della profetessa, mai rivolta a sé ma
sempre perduta nell’abbraccio di tutti e per
tutti: «Eccoti l’uomo, te lo rendo intero, /
l’uomo che vive, che soffre, che muore: /
tua gloria che hai tratto dal niente / per
farti mendicante del suo amore».
A noi sostare e ascoltare il gorgoglio della forza dell’acqua che smuove il terreno e
si lascia ora colare, ora prorompere ma sempre inondare: «Madre di Dio, limpida sorgente!». (cristiana dobner)
lano, sottolineava che Dante era «ecumenico», un poeta appartenente a tutte le
genti, universale. Infatti nella sua grandezza «abbraccia cielo e terra, eternità e
tempo, i misteri di Dio e le vicende degli
uomini, la dottrina sacra e le discipline
profane, la scienza attinta dalla Rivelazione divina e quella attinta dal lume
della ragione». Nello stesso tempo Paolo
VI metteva in evidenza come il fine della
Divina Commedia fosse «primariamente
pratico e trasformante», essendo l’obiettivo quello di portare l’uomo dal disordine
alla saggezza, dal peccato alla santità,
dalla miseria alla felicità.
Paolo VI celebra quindi Dante come
poeta dei teologi e teologo dei poeti, «signore dell’altissimo canto», poiché teologo dalla mente sublime, vero mistagogo
nel santuario dell’arte. E a testimonianza
della sua passione per il poeta, Paolo VI
volle donare a tutti i vescovi che parteci-
Paul Gustave Dorè, «Dante e Virgilio»
mativo dei giovani danneggiasse il progresso degli studi e della civiltà. Benedetto XV auspicava dunque che Dante fosse
assunto a maestro di dottrina cristiana
per gli studenti sia nell’arte che nella virtù. E in un altro passo dell’enciclica rimarcava il fatto che la più bella lode che
si possa tributare a Dante è di essere stato «un poeta cristiano», cioè di «aver
trovato accenti quasi divini per cantare le
istituzioni cristiane di cui egli contemplava con tutta l’anima la bellezza e lo
splendore».
Nel definire la Commedia «il quinto
Vangelo», Benedetto XV dichiarava quindi che Dante è «il più eloquente tra
quanti hanno cantato e proclamato la sapienza cristiana». (gabriele nicolò)
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
mercoledì 18 marzo 2015
Intervista a Maria Voce presidente del movimento dei Focolari
A piccoli passi
di NICOLA GORI
Quale ruolo hanno oggi nella Chiesa i
movimenti?
Quando Papa Francesco li ha incontrati, nel settembre scorso, ha ricordato Chiara Lubich come
«straordinaria testimone» dell’unità
che «ha portato il profumo di Gesù
in tante realtà umane e in tante
parti del mondo». E oggi, a sette
anni dalla morte della fondatrice, il
movimento dei Focolari riconferma
la sua vocazione a essere scuola di
comunione e fucina di unità per
tutta la Chiesa, come ribadisce la
presidente Maria Voce in questa intervista al nostro giornale.
Il ruolo è duplice: da un lato i
movimenti sono portatori di carismi, doni dello Spirito Santo per la
Chiesa e l’umanità. Hanno quindi
un’influenza su tutta la Chiesa, perché vengono messi a disposizione
di tutti per la costruzione del corpo
ecclesiale. Oltre a questa grazia,
proprio perché depositari di un carisma, i membri di un movimento
sono capaci di comprendere i carismi degli altri. Quindi capaci di
rendersi conto che la Chiesa è ricca
di carismi che possono essere messi
in comune. Nell’ambito dei singoli
movimenti poi c’è questa spinta a
una vita evangelica più radicale.
C’è il desiderio di un maggior impegno, di un’apertura al mondo
Crede che il carisma dell’unità di
Chiara sia destinato a realizzarsi?
Lei pensa che se non lo credessi
avrei dato la vita al movimento?
Crediamo si realizzerà perché coincide con la preghiera che Gesù ha rivolto
al Padre: che tutti siano
una cosa sola. E non possiamo pensare che una preghiera del Figlio di Dio
non si debba realizzare.
Certo, non sappiamo come, non sappiamo quando,
ma diamo la vita perché si
realizzi. Vogliamo che si
realizzi e facciamo quei
piccoli passi che oggi possiamo compiere per affrettare il momento del suo
compimento totale.
Cosa significa «essere famiglia» secondo il testamento
lasciato da Chiara?
In occasione della mia
prima elezione ho detto
che il mio desiderio era che
il Focolare privilegiasse i
rapporti umani. Credo che
questo è in fondo quello
che abbiamo cercato di fare, anche se si è sempre
tentati dall’individualismo.
Costruire rapporti con le persone
all’interno del movimento significa
veramente interessarsi degli altri e
avere quell’amore capace di comprendere, di perdonare, di accogliere, di aiutare quando c’è bisogno:
tutto quello che si fa all’interno della famiglia. Una vita di famiglia,
quindi, ma integra, perché fatta di
rapporti veri, autentici.
Qual è il rapporto tra laici e consacrati all’interno del movimento?
La consacrazione è una donazione totale a Dio e ai suoi piani, a
qualunque stato di vita si appartenga. Non possiamo trascurare la donazione attraverso i voti. Del resto
il movimento è nato con il voto di
verginità perpetua e perfetta di
Chiara Lubich. C’è quindi questa
dimensione fin dalle sue origini.
Ma Chiara sottolineava come nel
giorno della sua consacrazione aveva sentito non tanto di aver consacrato qualcosa, ma di aver sposato
Dio. Per un certo tempo, le prime
focolarine facevano solo questo voto. E non lo concepivano nemmeno
come tale: dicevano di fare un volo
in Dio. Poi hanno accolto le forme
di consacrazione classiche nella
Chiesa attraverso i voti. Proprio
questa dimensione di donazione totale a Dio permette che nel movimento ci siano persone consacrate,
anche sposate, che donano completamente la loro vita a Cristo pur
mantenendo i doveri coniugali. Ci
sono addirittura persone che appartengono ad altre Chiese e ad altre
religioni che si donano totalmente a
Dio nell’ambito del movimento, anche per alimentare un rapporto di
carità con tutti gli altri e costruire
insieme passi che portino alla realizzazione dell’unità.
TRIGESIMO
Martedì 24 marzo, in occasione del trigesimo del pio transito del Signor
ALBERT GÄNSWEIN
S.E. Monsignor Georg Gänswein, Prefetto della Casa Pontificia, celebrerà una
Santa Messa di suffragio, alle ore 18 nella
chiesa del Pontificio Collegio Teutonico
in Vaticano.
Quanti desiderano concelebrare sono
pregati di portare con sé il camice e la
stola viola.
to stabilito nello statuto. La presidenza femminile del movimento dei
Focolari permette di fare distinzione tra quello che è il potere e quello che è il servizio, tra il governo e
l’amore. Di recente mi è stato chiesto: come si fa a conciliare il governo con l’amore? Ho risposto: ma
come si fa a governare senza amore? Senza amore si esercita un potere, ma non si governa, non si aiuta
la comunità ad andare avanti. In
questo senso, può essere un segno
profetico per mettere in rilievo
l’amore. Questo segno non è solo
vissuto dalla presidente o dalle
donne, ma dal movimento tutto intero. Anche gli uomini, appartenendo a un’associazione in cui si riconosce l’autorità — sia pure di
servizio — a una donna, mettono in
evidenza il primato dell’amore sul
potere. Mi sembra che tutto insieme il movimento testimoni questa realtà, che è
quella di guardare a Maria,
la quale è donna e madre
del Figlio di Dio. Il Focolare ha come vocazione di
rivivere questa maternità di
Maria, di essere testimone
della possibilità anche oggi
di far rinascere la presenza
di Gesù sulla terra attraverso l’amore reciproco tra
due o più fratelli. Questa
scelta aiuta a far emergere
il profilo mariano della
Chiesa che, accanto al profilo petrino, è essenziale.
Nell’ultima assemblea Papa
Francesco vi ha affidato tre
verbi: contemplare, uscire, fare scuola. Come li state realizzando?
El Greco, «Pentecoste» (1600, particolare)
che ci circonda. Sono caratteristiche
che i movimenti cercano di vivere,
ma che dovrebbero vivere tutti i cristiani. I membri dei movimenti sentono di avere una grazia, che è anche una responsabilità, e sentono di
poter vivere queste cose in comunione tra di loro, per aiutarsi reciprocamente. Nelle associazioni, nei
movimenti ci si può aiutare: si può
scoprire il valore di essere l’uno accanto all’altra, per darsi una mano,
incoraggiarsi, sostenersi e anche
rialzarsi qualora si cada.
Per volere di Chiara il vostro statuto
prevede che la presidente del movimento sia sempre una donna. Perché?
È sempre stato un desiderio di
Chiara Lubich che si affermasse
questa volontà di avere una donna
alla guida del movimento. Lo ha
chiesto a Giovanni Paolo II e lui ha
acconsentito con gioia. E così è sta-
Papa Francesco ha citato
una frase di Chiara Lubich: questa è la grande attrattiva del tempo moderno, cioè penetrare nella più
alta contemplazione e rimanere in mezzo agli uomini, uomo accanto all’uomo. Chiara ci ha
sempre insegnato che bisogna diventare Gesù. E quindi contemplare
significa essere Gesù, diventare Gesù, vivendo il Vangelo integralmente, riuscendo a scoprire quello che
Gesù sta operando nella storia,
quello che vuole dirci attraverso
ogni uomo che incontriamo. Vuol
dire, quindi, essere in continuo contatto con Gesù. Ricordo una volta
che a Chiara venne chiesto come si
fa a vivere l’invito del Vangelo a
pregare sempre. Lei rispose che occorre essere sempre Gesù, occorre
amare sempre. È perfino semplice
questa contemplazione che si svolge
nelle attività quotidiane, anche presi da mille cose. In quella quotidianità possiamo vedere Dio che ci
viene incontro con la sua volontà e
con la richiesta di amore del fratello che ci passa accanto. Questa è la
contemplazione che vogliamo vive-
re e che cerchiamo insieme di realizzare. Riguardo all’uscire, è una
delle nostre priorità. L’abbiamo
sentita particolarmente nostra quando Papa Francesco l’ha sottolineata
e abbiamo sentito la gioia di essere
in sintonia con quello che il Papa ci
chiede oggi. Il fare scuola ci sembra sia soprattutto essere attenti a
rivisitare continuamente il nostro
carisma: non per trasformarlo, ma
per vedere come risponde oggi ai
segni dei tempi, cogliendo i linguaggi, gli stili, le domande nuove
che l’umanità impone. Facciamo
nostro tutto questo per esprimere il
carisma di sempre adeguandolo
all’oggi.
Ricordo di Chiara Lubich nell’anniversario della morte
L’amore
spiegato
Come presidente quali priorità indica
per il futuro del movimento?
Non scelgo io le priorità. Devo
cogliere quelle che vengono espresse dal movimento in tutto il mondo. L’esigenza emersa nell’ultima
assemblea è quella di essere molto
aperti e in uscita verso le periferie,
che non sono solo quelle geografiche, ma dovunque manchi l’amore
e le divisioni impediscano di realizzare lo spirito di unità del carisma
che Chiara ci ha lasciato. Significa
per noi avere una grande apertura a
tutti i dialoghi, che è uno stile di
vita del movimento: essere aperti
verso tutti, accogliere chiunque,
senza distinzione etnica, religiosa,
culturale, sociale, anagrafica. Questo porta come conseguenza un’attenzione particolare verso i luoghi
dove più si manifestano queste divisioni. Pensiamo a quei Paesi dove
c’è un’enorme differenza tra le classi sociali, oppure dove le differenze
religiose diventano motivo di lotte,
di guerra, di terrorismo. Guardando
a questi Paesi, in particolare, vogliamo spendere risorse, talenti, e fare
tutto il possibile per aiutarli. Senza
però dimenticare l’Europa, che ha
perso l’anima religiosa perché ha
tagliato le sue radici. Portiamo
avanti anche il dialogo con la cultura post moderna, con questa notte
che sembra avvolgere la vita degli
uomini di oggi.
ROMA, 17. «Vivendo radicalmente il
Vangelo, con le sue compagne, come risposta all’amore di Dio, Chiara ha colto che la misericordia è
l’espressione piena dell’amore di
Dio, è l’amore totalmente spiegato
e attuato anche nei confronti della
realtà del male che è nel mondo,
che tocca e assedia l’uomo. È, infatti, alla luce dell’amore misericordioso di Dio che si spiega l’intero suo
disegno di salvezza: un disegno che
intesse, fin dalle origini, la storia
dell’umanità e la vita dei singoli. È
la Parola vissuta che conduce Chiara a scoprire tutte le tonalità
dell’amore-misericordia del Padre: il
suo sguardo verso coloro che, nel
mondo, sono i piccoli, gli indigenti,
la sollecitudine verso gli oppressi,
l’abbraccio con i peccatori e il fare
festa quando essi ritornano». È uno
dei
passaggi
più
significativi
dell’omelia pronunciata dall’arcivescovo Angelo Vincenzo Zani, segretario della Congregazione per
l’educazione cattolica, al santuario
romano del Divino Amore, in occasione del settimo anniversario della
morte di Chiara Lubich. Una ricorrenza commemorata in molti luoghi
del mondo dalle comunità dei Focolari e da quanti hanno potuto co-
Dialoghi a Sant’Eustachio
Nell’ambito dell’anniversario della morte della fondatrice dei Focolari, giovedì 19, alle ore 19.30, nella chiesa di Sant’Eustachio a Roma,
si terrà un incontro dal titolo «Chiara Lubich. Una donna innamorata dell’Infinito». Partendo dal libro Lettere dei primi tempi. Alle origini
di una nuova spiritualità, Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea e nostra editorialista, e don Jesús Morán, co-presidente del
movimento dei Focolari, dialogheranno moderati da Claudio Cianfaglioni, del Centro studi Scuola Abbà. Verranno letti brani del volume che raccoglie sessanta lettere scritte da Lubich nel periodo vissuto a Trento fra il 1943 e il 1949, gli anni in cui iniziò la sua avventura
umana e spirituale.
Nell’Ecumenical Forum of European Christian Women
Donne per una cultura dell’accoglienza
Il convegno intitolato «Come la vita nelle nostre Chiese si inscrive nell’evoluzione attuale
delle nostre società?» — svoltosi nei giorni
scorsi ad Angers, in Francia, promosso
dall’Ecumenical Forum of European Christian
Women (Efecw) — è servito come occasione
per una riflessione ecumenica sulla centralità
dell’impegno delle comunità locali nella costruzione di una cultura dell’accoglienza in
Europa, soprattutto alla luce delle parole e dei
gesti di Papa Francesco. L’incontro ha visto la
partecipazione di donne impegnate in campo
teologico e pastorale in numerosi Paesi europei (una trentina in tutto), dalla Francia alla
Grecia, dalla Spagna ai Paesi Bassi. Donne
che, assieme a una significativa presenza maschile, si sono ritrovate per affrontare il tema
della costruzione di una “via” nella società e
nella Chiesa tesa a valorizzare in maniera
sempre più dinamica la dimensione ecumenica
dell’annuncio evangelico, proseguendo così
l’approfondimento che da sempre ha caratterizzato l’attività del Forum.
Ha ricordato Michelle Leuvre, coordinatrice
cattolica dell’Efecw per la Francia, che il Forum ecumenico è nato nel 1982 a Gwatt, in
Svizzera, dal desiderio di tante donne di condividere un comune impegno per riflettere
sulla testimonianza della fede cristiana in Europa, per favorire il cammino ecumenico dei
cristiani e per contribuire alla pace fondata
sulla giustizia. Si tratta di un compito che in
questi ultimi anni ha visto un sempre maggiore coinvolgimento delle comunità locali.
Nei tre giorni del convegno è emerso quanto già le donne siano attive in progetti e iniziative, spesso a carattere ecumenico, in grado
di creare opportunità di dialogo all’interno
della Chiesa e tra le comunità cristiane, le istituzioni politiche e il mondo della cultura. Talvolta, è stato notato, queste iniziative sono
pensate in una prospettiva interreligiosa, dal
momento che proprio l’accoglienza di coloro
che arrivano e che vivono in Europa con una
fede al di fuori dell’universo cristiano rappresenta una delle sfide più coinvolgenti per il
movimento ecumenico.
In un contesto europeo, in piena trasformazione da un punto di vista interconfessionale
e interreligioso, le donne possono contribuire
alla definizione di una nuova stagione nell’annuncio della buona novella, che appare quanto mai necessaria, proprio per favorire un ripensamento della società europea nella quale
la cultura dell’accoglienza non sia solo enunciata o difesa ma diventi una colonna portante di un mondo in grado di denunciare la violenza e di superare la crisi economica. In tale
prospettiva la figura di Papa Francesco rappresenta una fonte preziosa: ad Angers sono
stati ricordati i discorsi pronunciati in occasione del suo viaggio in Albania, dove la lotta alla povertà e la riconciliazione delle memorie
costituiscono delle priorità, e della visita a
Strasburgo, dove il Santo Padre ha rivolto un
appello alle istituzioni europee per la costruzione di una società solidale a partire dalla
condivisione del bene comune.
Il convegno si è concluso con un intervento
del padre domenicano Hervé Legrand che ha
affrontato il tema delle strade indicate da
Francesco per l’evangelizzazione in Europa.
Legrand, facendo costante riferimento alla
Evangelii gaudium, ha messo in evidenza come
con essa il Papa abbia rivolto un invito a tutti
i cristiani a vivere la dimensione missionaria
della Chiesa con gioia, senza preclusioni di alcun tipo nei confronti degli uomini e delle
donne con i quali i cristiani si trovano a condividere la loro esperienza quotidiana di testimonianza di Cristo Risorto per la salvezza del
mondo.
Una particolare attenzione è stata rivolta alle speranze suscitate dal Pontefice riguardo a
una nuova pastorale familiare, oggetto di dibattito che va ben oltre i confini della Chiesa
cattolica, come mostra l’interesse e la partecipazione ecumenica alla preparazione del prossimo Sinodo dei vescovi. (riccardo burigana)
noscere la luminosa figura della
fondatrice del movimento.
Per monsignor Zani, «la novità
carismatica, che ha permeato l’intera esistenza di Chiara e che costituisce il patrimonio spirituale e teologico più prezioso dell’Opera di
Maria, è fonte inesauribile di luce,
di sapienza per tutti noi. Essa ci
guida anche nel rispondere in particolare a due urgenze fondamentali
che oggi avvertiamo». Anzitutto
l’emergenza della formazione. Chiara infatti «ci ha sempre orientati alla figura di Gesù Maestro e modello, come colui che ha formato incarnando in se stesso la sua dottrina, aiutando concretamente i suoi,
lasciando libertà e suscitando responsabilità, correggendo quando
necessario, dialogando e capovolgendo la scala dei valori consueti».
La seconda urgenza — ha proseguito l’arcivescovo — è quella che Papa
Francesco non si stanca di ripetere
con l’invito a “uscire”. È un termine
che richiama le parole di Gesù:
«Andate e annunciate a tutti la
buona notizia». È l’invito «a superare la tentazione dell’autoreferenzialità e a mettersi in cammino per
raggiungere tutti, in tutti i luoghi,
in tutte le occasioni, senza repulsioni e senza paura». C’è da raccogliere l’invito del Papa a “uscire” in
ogni direzione, «come anche quello
per la quaresima a rinfrancare i nostri cuori per operare un rinnovamento e non diventare indifferenti
chiudendoci in noi stessi». C’è l’invito, ora, a celebrare anche il Giubileo della misericordia: «Facciamo
nostra — ha concluso Zani — la preghiera approvata dalla Chiesa in
occasione dell’avvio del processo di
beatificazione di Chiara: «Donaci,
o Padre, per l’azione dello Spirito
Santo e mediante la Parola vissuta
nell’attimo presente, di contribuire,
sull’esempio di Chiara, con tutte le
persone di buona volontà a realizzare il volere del Tuo Figlio: che
tutti siano uno!».
L’OSSERVATORE ROMANO
mercoledì 18 marzo 2015
pagina 7
Messa a Santa Marta
Non chiudete
quella porta
Bruce Onobrakpeya
«La Veronica asciuga il volto
a Gesù» (1969, Nigeria)
Lettera di Papa Francesco ai vescovi della Nigeria
Il coraggio
della riconciliazione
«La pace è impegno quotidiano,
coraggioso ed autentico per favorire la
riconciliazione, promuovere esperienze di
condivisione, gettare ponti di dialogo,
servire i più deboli e gli esclusi»: lo
scrive Papa Francesco in una lettera
indirizzata ai vescovi della Nigeria.
Cari Fratelli nell’Episcopato,
Mentre con tutta la Chiesa compiamo il cammino quaresimale verso la
Resurrezione del Signore, desidero
far giungere a Voi, cari Arcivescovi e
Vescovi, un fraterno saluto, che
estendo alle amate comunità cristiane affidate alle vostre cure pastorali.
Desidero anche farvi partecipi di alcune riflessioni in merito alla situazione vissuta attualmente nel vostro
Paese.
La Nigeria, conosciuta come il
“gigante dell’Africa”, con oltre 160
milioni di abitanti, è destinata a giocare un ruolo di primo piano non
solo in quel Continente, ma nel
mondo intero. In questi ultimi anni
ha sperimentato una forte crescita
sul piano economico e si è proposta
sulla scena internazionale come un
mercato di grande interesse sia per
le sue risorse naturali sia per le sue
potenzialità commerciali. È ormai
considerata ufficialmente la più
grande economia africana. Si è inoltre distinta come interlocutore politico per l’impegno profuso nella risoluzione di situazioni di crisi nel
Continente.
In pari tempo, la vostra Nazione
si è dovuta confrontare con gravi
difficoltà, tra le quali, nuove e violente forme di estremismo e di fondamentalismo, su base etnica, sociale e religiosa. Molti nigeriani sono
stati uccisi, feriti e mutilati, sequestrati e privati di ogni cosa: dei propri cari, della propria terra, dei mez-
zi di sussistenza, della loro dignità,
dei loro diritti. Tanti non hanno più
potuto fare ritorno alle loro case.
Credenti, sia cristiani che musulmani, sono stati accomunati da una tragica fine, per mano di persone che
si proclamano religiose, ma che abusano della religione per farne una
ideologia da piegare ai propri interessi di sopraffazione e di morte.
Io vorrei assicurarvi che sono vicino a voi e a quanti soffrono. Ogni
giorno vi porto nella preghiera e qui
ripeto, a vostro conforto e incoraggiamento, le consolanti parole del
Signore Gesù che devono sempre risuonare nei nostri cuori: «Vi lascio
la pace, vi do la mia pace» (Gv 14,
27).
La pace — come voi sapete bene
— non è solo l’assenza di conflitti o
risultato di qualche compromesso
politico, o fatalismo rassegnato. La
pace, per noi, è un dono che viene
dall’Alto, è Gesù Cristo stesso, Principe della Pace, Colui che ha fatto
dei due un popolo solo (cfr. Ef 2,
14). E solo chi ha la pace di Cristo
nel cuore, come orizzonte e stile di
vita, può diventare un artigiano della pace (cfr. Mt 5, 9).
Nello stesso tempo, la pace è impegno quotidiano, coraggioso ed autentico per favorire la riconciliazione, promuovere esperienze di condivisione, gettare ponti di dialogo, servire i più deboli e gli esclusi. In una
parola, la pace consiste nel costruire
una “cultura dell’incontro”.
Per questo voglio qui esprimerVi
un sincero ringraziamento, perché in
mezzo a tante prove e sofferenze, la
Chiesa in Nigeria non cessa di testimoniare l’accoglienza, la misericordia e il perdono. Come non ricordare i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i missionari e i catechisti che, pur
tra indicibili sacrifici, non hanno abbandonato il proprio gregge, ma sono rimasti al suo servizio, buoni e
fedeli annunciatori del Vangelo? Ad
essi, in particolare, vorrei esprimere
la mia prossimità e dire: non stancatevi di fare il bene!
Per loro ringraziamo il Signore,
come per molte persone di ogni
estrazione sociale, culturale e religiosa che, con grande determinazione,
si impegnano concretamente contro
ogni forma di violenza e in favore di
un avvenire più sicuro e più giusto
per tutti. Essi ci offrono testimonianze commoventi che, come ci ha
ricordato Papa Benedetto XVI al termine del Sinodo per l’Africa, mostrano «la potenza dello Spirito che
trasforma i cuori delle vittime e dei
loro carnefici per ristabilire la fraternità» (Africae Munus, 20).
Cari Fratelli nell’Episcopato: con
perseveranza e senza scoraggiamenti
andate avanti sulla via della pace
(cfr. Lc 1, 79)! Accompagnate le vittime! Soccorrete i poveri! Educate i
giovani! Fatevi promotori di una società più giusta e solidale!
Di cuore Vi imparto la Benedizione Apostolica e Vi chiedo di farne
partecipi sacerdoti, religiosi e religiose, missionari, catechisti, fedeli
laici e soprattutto le membra sofferenti del Corpo di Cristo.
La Resurrezione del Signore possa essere apportatrice di conversione, di riconciliazione e di pace per
l’intero popolo della Nigeria! Vi affido a Maria, Regina dell’Africa.
Pregate anche per me.
Dal Vaticano, 2 marzo 2015
FRANCESCO
Conclusa la visita del cardinale Tauran in Costa d’Avorio
Piccoli semi crescono
«Non si può uccidere in nome di
Dio» e «non si possono discriminare le persone in base alla loro appartenenza etnica o religiosa». È il
duplice appello lanciato dal cardinale Jean-Louis Tauran durante la
messa celebrata nella cattedrale di
Yamoussoukro lunedì 16 marzo, alla vigilia della conclusione della visita in Costa d’Avorio. Un appello
che il presidente del Pontificio
Consiglio per il dialogo interreligioso ha voluto condividere con
«tutti i credenti», rivolgendo il suo
pensiero in particolare «ai nostri
amici musulmani che in questo momento vedono la loro religione traviata da persone senza religione e
senza legge».
Cosa occorre all’Africa secondo il prefetto di Propaganda Fide
Sogno nuovo
L’idea comboniana di «rigenerare l’Africa con l’Africa» in centocinquant’anni di missionarietà «ha preso consistenza e realtà», tant’è vero che
il continente oggi conta «duecento milioni di cattolici, oltre quarantamila
sacerdoti, più di seicento vescovi autoctoni, circa trentamila seminaristi
maggiori, oltre sessantamila istituzioni educative dipendenti da autorità religiose» e «settemila tra ospedali, dispensari, lebbrosari, case per malati
cronici». Lo ha evidenziato il cardinale Fernando Filoni, prefetto della
Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, nella messa conclusiva
del convegno «Un continente in cammino» organizzato a Roma dalla famiglia comboniana.
Oggi, ha detto il porporato, il nuovo sogno è caratterizzato dalla solidarietà. L’Africa è afflitta da «numerose guerre, violenze» e da altre “guerre”
come «l’ebola, la malaria, la dengue, l’Aids», e ancora: «le divisioni tribali,
i saccheggi delle ricchezze naturali e minerali, la povertà di molti che contrasta con le ricchezze di pochi e la corruzione a vari livelli», perciò «ha
bisogno di solidarietà».
L’«Africa — ha sottolineato il cardinale — non deve essere un problema,
come a volte pensano le società opulente occidentali, ma una terra capace
di crescere e svilupparsi, e di partecipare al bene e alla vita internazionale».
Perciò ha bisogno di un «buon pastore» che è Gesù; ma anche di leader
«coraggiosi e profetici» che sappiano «ispirarsi al Vangelo», di «vescovi e
sacerdoti secondo il cuore di Cristo», di «laici generosi e responsabili», di
«figli devoti che guardano alla propria terra non come luogo problematico
e avaro, ma ricco del bene e della speranza che si semina e si costruisce».
Nell’omelia
della
celebrazione il porporato ha insistito «sulla
necessità di un dialogo sincero, anzitutto
tra i cristiani, e poi tra
cristiani e musulmani»: dialogo «della vita e della spiritualità
— ha specificato — che
ci permette di proclamare la nostra fede e
di vedere tutto il positivo che ci unisce e
che possiamo mettere
al servizio della società come un piccolo seme che cresce». Per il
cardinale è necessario
lavorare
soprattutto
tra i giovani, inse«Parabola del seminatore» (arte africana)
gnando loro a riconoscere «ciò che di buono c’è nelle altre religioni e nella
La visita del cardinale, iniziata lo
società».
scorso 13 marzo, si conclude marte«È nel cuore dell’uomo che na- dì 17 con l’incontro con il presidensce la guerra», ma è lì «che nasce te della Repubblica, Alassane
anche la pace», ha ricordato il por- Ouattara. Nel pomeriggio è in proporato. Non è dunque «l’ora dello gramma una riunione con le guide
scoraggiamento ma piuttosto quella religiose della regione di Abidjan
della perseveranza». L’invito è a la- alla quale partecipa padre Miguel
sciare che Cristo «ci liberi dai no- Ángel Ayuso Guixot, segretario del
stri timori, dalle nostre paure, dalle dicastero. Nel suo saluto il combonostre amarezze». Per il cardinale niano ricorda ancora una volta che
«non potremo mai essere felici gli «la Chiesa rispetta i credenti di tutuni senza gli altri». E la Chiesa te le religioni» e invita cristiani e
«non potrà essere credibile senza
non cristiani a «imparare e trasmetessere una comunione dove la ditere i valori capaci di plasmare l’uoversità è in grado di affermarsi conmo interiore». Questo, afferma, «è
servando l’unità».
possibile solo in un clima di libertà
Ai fedeli cattolici in particolare il
porporato ha chiesto di non lascia- che favorisce le scelte personali, in
re che la fede resti «fragile» e che particolare la libertà di cercare la
le appartenenze etniche abbiano il verità». Al centro di ogni religione,
sopravvento. «Il futuro — ha assi- ribadisce, «c’è un messaggio di fracurato — è nelle mani dei cristiani ternità e di pace. I credenti possodi oggi. È necessario che essi ap- no diventare artigiani di pace sociaprofondiscano il dialogo con la cul- le» se sono capaci di «non considetura, con le religioni tradizionali. rare le differenze come minacce ma
Ricordiamoci che non siamo una come ricchezze». È necessario perreligione del libro, ma la religione ciò andare al di là della semplice
di un avvenimento, di un incontro: «tolleranza», per arrivare a una
Gesù risorto dona alla nostra vita scelta radicale basata sul rispetto,
un orizzonte nuovo».
l’amore, la comprensione.
La quaresima è tempo propizio per Avrebbero detto: “Ma, vai avanti,
chiedere al Signore, «per ognuno sì, sì, per questa volta vai avanti!”».
Continuando nella lettura del
di noi e per tutta la Chiesa», la
«conversione alla misericordia di Vangelo, si incontra Gesù che «troGesù». Troppe volte, infatti, i cri- va quest’uomo un’altra volta e gli
stiani «sono specialisti nel chiudere dice: “Ecco, sei guarito, ma non
le porte alle persone» che, fiaccate tornare indietro — cioè non peccare
dalla vita e dai loro errori, sarebbe- più — perché non ti accada qualcoro invece disposte a ricominciare, sa di peggio. Vai avanti, continua
«persone alle quali lo Spirito Santo ad andare avanti”». E quell’uomo
va dai dottori della legge, per dire:
muove il cuore per andare avanti».
La legge dell’amore è al centro «La persona, l’uomo che mi ha
della riflessione che Papa Francesco guarito si chiama Gesù. È quello».
ha svolto, nella messa di martedì 17 E si legge: «Per questo i giudei permarzo a Santa Marta, a partire dal- seguitavano Gesù, perché faceva tala liturgia del giorno. Un parola di li cose di sabato». Di nuovo ha
Dio che parte da un’immagine: commentato Francesco: «Perché fa«l’acqua che risana». Nella prima ceva il bene anche il sabato, e non
lettura il profeta Ezechiele (47, 1- si poteva fare».
Questa storia, ha detto il Papa
9.12) parla infatti dell’acqua che
scaturisce dal tempio, «un’acqua attualizzando la sua riflessione,
benedetta, l’acqua di Dio, abbon- «avviene tante volte nella vita: un
dante come la grazia di Dio: ab- uomo — una donna — che si sente
bondante sempre». Il Signore, in- malato nell’anima, triste, che ha fatfatti, ha spiegato il Papa, è genero- to tanti sbagli nella vita, a un certo
so «nel dare il suo amore, nel risa- momento sente che le acque si
muovono, c’è lo Spirito Santo che
nare le nostre piaghe».
L’acqua torna nel vangelo di muove qualcosa; o sente una paroGiovanni (5, 1-16) dove si narra di la». E reagisce: «Io vorrei andare!».
una piscina — «in ebraico si chia- Così «prende coraggio e va». Ma
mava betzaetà» — caratterizzata da «cinque portici, sotto i quali giaceva un gran
numero di infermi: ciechi,
zoppi e paralitici». In quel
luogo, infatti, «c’era una tradizione» secondo la quale
«di volta in volta, scendeva
dal cielo un angelo» a muovere le acque, e gli infermi
«che si buttavano lì» in quel
momento «venivano risanati».
Perciò, ha spiegato il Pontefice, «c’era tanta gente». E
perciò si trovava lì anche
«un uomo che da trentotto
anni era malato». Era lì che
aspettava, e a lui Gesù domandò: «Vuoi guarire?». Il
malato rispose: «Ma, SignoBartolomé Esteban Murillo
re, non ho nessuno che mi
«Gesù guarisce il paralitico di Bethesda» (1667)
immerga nella piscina quando l’acqua si agita, quando
viene l’angelo. Mentre, infatti, sto quell’uomo «quante volte oggi nelle
per andarvi, un altro scende prima comunità cristiane trova le porte
di me». A Gesù, cioè, si presenta chiuse». Forse si sente dire: «Tu
«un uomo sconfitto» che «aveva non puoi, no, tu non puoi; tu hai
perso la speranza». Ammalato, ma sbagliato qui e non puoi. Se vuoi
— ha sottolineato Francesco — «non venire, vieni alla messa domenica,
solo paralitico»: era infatti ammala- ma rimani lì, ma non fare di più».
to di un’«altra malattia tanto catti- Succede così che «quello che fa lo
Spirito Santo nel cuore delle persova», l’accidia.
«È l’accidia che lo rendeva triste, ne, i cristiani con psicologia di dotpigro» ha notato. Un’altra persona tori della legge distruggono».
Il Pontefice si è detto dispiaciuto
avrebbe infatti «cercato la strada
per arrivare in tempo, come quel per questo, perché, ha sottolineato,
cieco a Gerico che gridava, gridava, la Chiesa «è la casa di Gesù e Gesù
e volevano farlo tacere e gridava di accoglie, ma non solo accoglie: va a
più: ha trovato la strada». Ma lui, trovare la gente», così come «è anprostrato dalla malattia da trentotto dato a trovare» quell’uomo. «E se
anni, «non aveva voglia di guarir- la gente è ferita — si è chiesto — cosi», non aveva «forza». Allo stesso sa fa Gesù? La rimprovera, perché
tempo, aveva «amarezza nell’anima: è ferita? No, viene e la porta sulle
“Ma l’altro arriva prima di me e io spalle». Questa, ha affermato il Pasono lasciato da parte”». E aveva pa, «si chiama misericordia». Pro«anche un po’ di risentimento». prio di questo parla Dio quando
Era «davvero un’anima triste, scon- «rimprovera il suo popolo: “Misericordia voglio, non sacrificio!”».
fitta, sconfitta dalla vita».
Come di consueto il Pontefice ha
«Gesù ha misericordia» di quest’uomo e lo invita: «Alzati! Alzati, concluso la riflessione suggerendo
finiamo questa storia; prendi la tua un impegno per la vita quotidiana:
barella e cammina». Francesco ha «Siamo in quaresima, dobbiamo
quindi descritto la scena seguente: convertirci». Qualcuno, ha detto,
«All’istante quell’uomo guarì e pre- potrebbe ammettere: «Padre, ci sose la sua barella e incominciò a no tanti peccatori sulla strada: quelli che rubano, quelli che sono nei
camminare, ma era tanto ammalato
campi rom... — per dire una cosa —
che non riusciva a credere e forse
e noi disprezziamo questa gente».
camminava un po’ dubitante con la
Ma a costui va detto: «E tu? Chi
sua barella sulle spalle». A questo
sei? E tu chi sei, che chiudi la porta
punto entrano in gioco altri persodel tuo cuore ad un uomo, a una
naggi: «Era sabato e cosa trova
donna, che ha voglia di migliorare,
quell’uomo? I dottori della legge», di rientrare nel popolo di Dio, peri quali gli chiedono: «Ma perché ché lo Spirito Santo ha agitato il
porti questo? Non si può, oggi è suo cuore?». Anche oggi ci sono
sabato». È l’uomo a rispondere: cristiani che si comportano come i
«Ma tu sai, sono stato guarito!». E dottori della legge e «fanno lo stesaggiunge: «E quello che mi ha gua- so che facevano con Gesù», obietrito, mi ha detto: “porta la tua ba- tando: «Ma questo, questo dice
rella”».
un’eresia, questo non si può fare,
Accade quindi un fatto strano: questo va contro la disciplina della
«questa gente invece di rallegrarsi, Chiesa, questo va contro la legge».
di dire: “Ma che bello! Compli- E così chiudono le porte a tante
menti!”», si chiede: «Ma chi è que- persone. Perciò, ha concluso il Past’uomo?». I dottori, cioè, comin- pa, «chiediamo oggi al Signore» la
ciano «un’indagine» e discutono: «conversione alla misericordia di
«Vediamo cosa è successo qui, ma Gesù»: solo così «la legge sarà piela legge... Dobbiamo custodire la namente compiuta, perché la legge
legge». L’uomo, da parte sua, con- è amare Dio e il prossimo, come
tinua a camminare con la sua barel- noi stessi».
la, «ma un po’ triste». Ha commentato il Papa: «Io sono cattivo,
ma alcune volte penso a cosa sarebbe successo se quest’uomo avesse
dato un bell’assegno a quei dottori.