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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLV n. 48 (46.886)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
sabato 28 febbraio 2015
.
Quindici assassinati dai miliziani dell’Is in Siria
Papa Francesco a conclusione degli esercizi spirituali
Il sangue dei cristiani
Con un pezzo
del mantello di Elia
Devastato il museo di Mosul
DAMASCO, 27. Sempre più drammatica la situazione in Siria. I miliziani
del cosiddetto Stato islamico (Is)
hanno ucciso quindici cristiani in Siria, nel governatorato di Hassake, al
confine nord-orientale con l’Iraq. Le
vittime provenivano dai villaggi dai
quali erano stati rapiti nei giorni
scorsi almeno 250 cristiani. A diffondere la notizia, ieri, è stato l’archimandrita Emanuel Youkhana, lo
stesso che lunedì scorso riferì del rapimento, confermato poi da fonti
dell’opposizione siriana. «Molte delle vittime — ha spiegato Youkhana —
stavano difendendo i loro villaggi e
le loro famiglie». Nel villaggio di
Tel Hormidz una donna è stata decapitata, mentre due uomini sono
stati uccisi con colpi di arma da fuoco. Per ora — riferiscono i media —
non ci sono informazioni circa le
modalità delle esecuzioni delle altre
dodici vittime.
Youkhana ha riferito anche che i
rapiti sarebbero 350, e non 250 come
si pensava inizialmente. Andrebbero
Discriminazioni e persecuzioni
Allarme
anche
in Sudan
KHARTOUM, 27. L’attacco sistematico nei confronti dei cristiani
si estende ben oltre i confini della
Siria e dell’Iraq. In Sudan «la
violazione dei diritti umani sta
peggiorando e le persecuzioni nei
confronti dei cristiani da parte
delle forze di polizia e di sicurezza stanno aumentando». A testimoniarlo è Mohamed Mustafa
Alnour, avvocato difensore di
Meriam Yahia Ibrahim Isha, la
giovane cristiana sudanese condannata a morte a Khartoum, per
apostasia e adulterio, e poi liberata grazie a una forte mobilitazione internazionale.
In occasione della presentazione del rapporto annuale di «Italians for Darfur», l’avvocato di
Meriam ha sottolineato che in
Sudan «sebbene la nostra costituzione dal 2005 sancisca la libertà
di religione, questa non viene rispettata perché sancisce allo stesso tempo la sharia come fonte di
tutte le leggi, e dunque il Governo islamista la predilige per governare». I cittadini sudanesi «sono divisi in tre classi: i musulmani, i cristiani e quelli appartenenti
ad altre fedi. I non musulmani
sono degradati a classe sociale inferiore, hanno meno diritti» ha
detto l’avvocato. Inoltre, «sin dalla secessione del Sud Sudan il
Governo sta cercando di eliminare le chiese cristiane, e non possono essere più costruite nuovi edifici di culto».
Preghiere a Beirut per i cristiani rapiti in Siria (Afp)
infatti aggiunti ottanta abitanti del
villaggio di Tel Jazira, 21 di Tel
Gouran, cinque di Tel Feytha e tre
di Qabir Shamiya. Quasi tutti sono
tenuti in ostaggio nel villaggio sunnita di Um Al-Masamier. Altre 51 famiglie, «con circa cinque componenti a testa», ha detto Youkhana, sono
state rapite a Tel Shamiram. Di queste tuttavia non si conosce la posizione precisa: «Non sappiamo — ha
aggiunto Youkhana — dove siano tenute in ostaggio. È probabile che
siano stati portati nella regione del
Monte Abdul Aziz, controllata
dall’Is». Nei 35 villaggi cristiani non
è rimasto più nessuno: coloro che
sono riusciti a scappare lo hanno fatto verso la regione di Hassake o verso Qamishli: «Le famiglie sfollate —
ha detto Youkhana — sono ottocento
ad Hassake e 175 a Qamishli».
Sugli attacchi ai villaggi cristiani
in Siria è intervenuto ieri anche il
ministro degli Affari esteri italiano,
Paolo Gentiloni, il quale ha espresso
«la più ferma condanna delle violenze a sfondo religioso ed etnico, perpetrate in modo sistematico e feroce
dall’Is nei confronti delle popolazioni locali in Siria».
La ferocia dell’Is, tuttavia, non attacca soltanto le persone. Un filmato
diffuso ieri mostra i miliziani intenti
a distruggere antiche opere d’arte
nel museo della civiltà di Mosul, nel
nord dell’Iraq, e nel sito archeologico dell’antica Ninive. E intanto,
sempre ieri, è stata svelata l’identità
di uno dei boia dell’Is, autore di almeno quattro decapitazioni di ostaggi occidentali: si chiama Mohamed
Emwazi, nato in Kuwait ma cresciuto a Londra, con una laurea in informatica. Era volato in Siria tra il 2012
e il 2013.
A nome di tutti, anche mio, voglio ringraziare il Padre, il suo lavoro fra
noi per i nostri Esercizi. Non è facile dare Esercizi ai sacerdoti! Siamo un
po’ complicati tutti, ma Lei è riuscito a seminare. Che il Signore faccia
crescere questi semi che Lei ci ha dato. E mi auguro anche, e auguro a
tutti, che possiamo uscire di qua con un pezzetto del mantello di Elia, in
mano e nel cuore. Grazie, Padre!
In attentati suicidi Boko Haram uccide oltre trenta persone in due città nigeriane
Cieca ferocia
ABUJA, 27. Giornata di ordinaria violenza quella vissuta ieri dalla Nigeria, ancora nella morsa del terrorismo di Boko Haram. A distanza di
poche ore due attentati hanno ucciso più di trenta persone.
Il primo attacco ha colpito il
nord-est del Paese, regione flagellata
da anni dai jihadisti. Secondo quanto scrive la Bbc on-line, che cita testimoni, due attentatori suicidi hanno azionato le loro cariche esplosive
in una stazione degli autobus nella
città di Biu, uccidendo almeno quin-
dici persone. Solo uno dei due attentatori è morto. Nessuno ha rivendicato l’attentato, ma sono pochi
quelli che dubitano dell’influenza di
Boko Haram.
Altre due esplosioni hanno colpito, a distanza di poche ore, anche la
città di Jos, uccidendo 17 persone.
Colpite l’università e una stazione
degli autobus.
L’allerta attentati resta alta anche
in Niger, più volte colpito da Boko
Haram nelle scorse settimane. Il Parlamento ha deciso ieri di prolungare
di tre mesi lo stato di emergenza
nella regione di Diffa, nel sud-est
del Paese. «La situazione sul terreno
chiedeva il prolungamento dello stato di emergenza» ha detto il ministro della Difesa nigerino, Mahamadou Karidjo. Ciò nonostante, per
legge lo stato di emergenza non potrà estendersi oltre i tre mesi. Attualmente sono dislocati nella regione di
Diffa oltre tremila militari.
Intanto, il generale nigeriano
Kenneth Minima ha annunciato ieri
che l’esercito ha ripreso il controllo
Iniziato il ritiro delle armi pesanti mentre lunedì si svolgerà a Bruxelles il vertice trilaterale sulle forniture di gas
Speranze di pace in Ucraina
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Si sono conclusi nella mattina di venerdì 27 febbraio, ad Ariccia, gli esercizi
spirituali ai quali hanno partecipato il Pontefice e membri della Curia
romana. Le meditazioni sono state proposte dal carmelitano Bruno Secondin
nella cappella della casa Divin Maestro dei religiosi paolini. Al termine
della riflessione di venerdì mattina, Papa Francesco ha voluto ringraziare
il predicatore rivolgendogli le seguenti parole.
MOSCA, 27. Cala la tensione militare
nell’est ucraino, dove ieri anche
Kiev ha annunciato l’inizio del ritiro delle armi pesanti, due giorni dopo i separatisti. E si attenua pure lo
scontro sul gas dopo che il colosso
russo Gazprom ha concesso un piccolo compromesso, dicendosi pronto a escludere dal contratto di Kiev
le forniture per il Donbass, che avevano creato il nuovo pomo della discordia.
Il ministro dell’Energia russo,
Alexandr Novak, ha fatto sapere
oggi di aver accettato l’invito
dell’Ue a un vertice trilaterale con
Kiev lunedì a Bruxelles per risolvere la disputa sul gas tra Russia e
Ucraina. «Prima di tutto — ha detto
— discuteremo della situazione delle
forniture all’Ucraina e del transito
del gas verso i consumatori europei». Il nuovo versamento da parte
di Kiev di quindici milioni di dollari per il gas russo basterà «ancora
per un giorno, cioè fino a martedì,
lunedì incluso», ha precisato Novak
che sembra così escludere un’interruzione delle forniture all’Ucraina
prima del vertice di Bruxelles.
La «minaccia militare da est» tuttavia permane nonostante la tregua
tra esercito ucraino e ribelli. Lo ha
detto questa mattina il presidente
ucraino, Petro Poroshenko, in un
discorso all’università nazionale della Difesa. Kiev, appoggiandosi a
una tregua senza morti né bombardamenti negli ultimi due giorni, ha
annunciato l’inizio del ritiro delle
sue armi pesanti, a partire da quelle
calibro 100 mm, «esclusivamente
con il monitoraggio dell’O rganizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa». Determinanti per
le speranze di pace saranno dunque
il monitoraggio e il giudizio della
missione Osce, che finora, pur registrando l’arretramento di armi pesanti dei ribelli, si è lamentata del
loro rifiuto di concedere un accesso
sul terreno sicuro e illimitato.
della città di Baga, vicino al Lago
Ciad, caduta nelle mani dei miliziani
di Boko Haram nel gennaio scorso
in un assalto che costò la vita ad un
centinaio di persone. Adesso i civili
potranno tornare nelle loro case, ha
detto il generale, precisando che altre città nel nord del Paese saranno
presto riprese ai jihadisti. Questi ultimi hanno smentito la perdita di
Baga.
L’azione dell’esercito nigeriano si
unisce a un più vasto piano di contrasto militare a Boko Haram organizzato da quattro Paesi dell’Africa
Occidentale (Benin, Niger, Ciad e
Camerun) con la collaborazione
dell’Unione africana.
L’idea di un’iniziativa regionale
contro i jihadisti è nata dopo che
gruppi di Boko Haram hanno cominciato a sconfinare dalla Nigeria
anche nei territori dei Paesi circostanti, il Benin a ovest, il Niger a
nord, il Ciad a est, il Camerun a
sud, ovunque portando orrore, crudeltà sadica, repressione. Emulando
il cosiddetto Stato islamico attivo in
Siria, Iraq e Libia, Boko Haram sta
cercando di estendere la propria influenza. Benin, Niger, Ciad e Camerun sono Paesi estremamente poveri
ma — dicono gli analisti — hanno dimostrato una comune determinazione a difendersi dall’avanzare degli
estremisti.
E dopo il via libera alla missione
da parte dell’Unione africana, lo
scorso 31 gennaio, sono anche arriva-
ti i primi aiuti dei Paesi occidentali.
Gli Stati Uniti hanno mandato materiale militare, nuove tecnologie,
consiglieri e addestratori. La Francia, che dai tempi dell’intervento militare nel Mali contro Al Qaeda nel
Maghreb ha conservato nella regione
una consistente presenza militare di
oltre tremila soldati, ha già messo a
disposizione elicotteri e aerei da ricognizione.
Le Nazioni Unite guardano con
viva preoccupazione l’escalation delle violenze. Il portavoce del segretario generale, Ban Ki-moon, ha di recente dichiarato che il Palazzo di vetro si aspetta «che presto gli scopi e
la durata della missione (dei quattro
Paesi africani, ndr) vengano discussi
al Consiglio di sicurezza». Nel frattempo «chiediamo alle parti in gioco
di rispettare al massimo i diritti civili
e umani delle popolazioni». La missione di Benin, Niger, Ciad e Camerun vorrebbe avere la copertura ufficiale dell’Onu perché questo significherebbe anche aiuti maggiori rispetto a quelli che la sola Unione
africana può garantire. Ma il tempo
stringe e le violenze di Boko Haram
debbono essere fermate.
NOSTRE
INFORMAZIONI
Provvista di Chiesa
Dalla lettura troppo rigida
dei testi patristici il rischio
di un fondamentalismo ortodosso
Estremismi
che feriscono la Chiesa
GIOVANNI ZAVATTA
A PAGINA
6
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo Metropolita di
Malta Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Charles
Jude Scicluna, finora Vescovo
titolare di San Leone e Amministratore Apostolico dell’Arcidiocesi di Malta.
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pagina 2
sabato 28 febbraio 2015
Il ministro
delle Finanze tedesco
Schäuble (Afp)
Il congresso generale di Tripoli si dice pronto a un cessate il fuoco
Spiragli di dialogo
tra le fazioni libiche
TRIPOLI, 27. Le forze armate e il
Congresso generale che fanno capo
al Governo di Tripoli hanno accettato oggi in via di principio un cessate il fuoco con le truppe del generale Khalifa Haftar e il ritorno al
dialogo con il Governo di Tobruk,
riconosciuto dalla comunità internazionale. Lo Stato maggiore di Tripoli ha annunciato in una nota di
aver preso questa decisione e di
averla comunicata a una delegazione dell’Onu giunta ieri nella zona
di Al Zawara, a ovest di Tripoli.
Dal canto suo, ieri sera il ministro
degli Esteri di Tobruk, Mohamed El
Dayri, ha affermato: «Speriamo che
l’inviato
dell’Onu,
Bernardino
León, ci porti nuove proposte e speriamo che l’avvio del dialogo tra
Misurata e Zintan porti a una soluzione politica della crisi libica.
Chiediamo alla comunità internazionale di permettere che il nostro
esercito sia dotato delle armi e
dell’equipaggiamento necessari per
combattere il terrorismo e proteggere i libici». Riaffermiamo — ha detto
ancora El Dayri — «l’impegno alla
riconciliazione per battere il terrorismo e formare un Governo di unità
nazionale».
Intanto, durante un colloquio telefonico, il ministro degli Esteri russo, Serghiei Lavrov, ha garantito
all’alto responsabile per la Politica
estera e di sicurezza comune
dell’Ue, Federica Mogherini, che
Mosca sostiene il nuovo tentativo di
portare a un tavolo di dialogo i diversi protagonisti del conflitto in Libia condotto da Bernardino León.
Non solo Lavrov si è detto «d’accordo con il sostegno a questo ultimo tentativo di dialogo», ma si è
impegnato a sostenerlo anche in occasione «del passaggio al Consiglio
di sicurezza delle Nazioni Unite». È
quanto ha riferito la stessa Mogherini al termine del colloquio.
Anche il segretario generale della
Nato, Jens Stoltenberg, dopo un incontro ieri a Roma con il ministro
degli Esteri italiano, Paolo Gentiloni, ha dichiarato di «non aver visto
nessuna richiesta per la presenza
della Nato in Libia. C’è invece una
forte richiesta per una soluzione negoziale». Stoltenberg ha detto di
«condividere le preoccupazioni»
dell’Italia sulla Libia e si è congratulato per l’accoglienza di un «altissimo numero di migranti. La cosa
più importante — ha aggiunto — è
sostenere gli sforzi dell’Onu per un
cessate il fuoco e un Governo di
unità nazionale».
La situazione in Libia sarà il primo punto all’ordine del giorno del
Consiglio informale dei ministri degli Esteri Ue in programma per la
prossima settimana a Riga, in Lettonia. Nel frattempo (la riunione è in
programma per i prossimi venerdì 6
e sabato 7 marzo) si sarà capito se
l’ultimo tentativo di portare a un tavolo i diversi attori della scena libi-
Sgominata
cellula
terrorista
tunisina
TUNISI, 27. Il ministero dell’Interno
tunisino ha annunciato oggi di aver
fermato un gruppo di terroristi in
collaborazione con le guardie di
frontiera, nella zona di Kasserine,
lungo la frontiera con l’Algeria.
Si tratta di una cellula che ha legami con il terrorista latitante Khaled Al Hamadi, noto con il nome di
battaglia di Loqman Abu Sakhar.
Alcuni dei componenti del gruppo
avevano aderito a una cellula jihadista presente sul monte Al Salum,
mentre altri davano solo supporto
logistico ai latitanti fondamentalisti
della zona.
Nel frattempo, le forze speciali
dell’antiterrorismo algerine hanno
arrestato ieri uno dei presunti responsabili dell’attacco terroristico
contro i giacimenti di In Amenas
del gennaio 2013. Lo hanno riferito
fonti della sicurezza locale. Il sospetto è noto con il soprannome di
Abu Obeida, 34 anni, ed è originario della provincia di Tamanrasset,
nel sud dell’Algeria.
L’uomo è affiliato al gruppo terrorista «Movimento dei bambini del
sud per la giustizia» attivo soprattutto in Libia. Il presunto terrorista
è stato arrestato nella regione di Bechar (ovest del Paese) ed è stato
successivamente trasferito nel carcere di Ghardaia (centro del Paese). I
tragici fatti di In Amenas del 17
gennaio 2013, quando un commando terrorista ha attaccato il sito gasifero algerino uccidendo 38 persone,
hanno causato un bilancio totale di
66 morti, 29 tra i miliziani e 37 tra
gli stranieri.
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ca da parte dell’inviato speciale
dell’Onu León sarà andato a buon
fine, e sulla base di questo — dicono
gli analisti — si decideranno le prossime mosse europee.
La costruzione di un dialogo fra i
protagonisti del conflitto libico, da
cui partire per avviare anche concrete misure di lotta ai terroristi del cosiddetto Stato islamico, è un obiettivo a cui la diplomazia europea, guidata da Federica Mogherini, sta lavorando
intensamente,
facendo
pressioni sulle quattro parti (i Governi di Tripoli e Tobruk ma anche
due milizie che hanno contribuito
alla caduta di Gheddafi, quelle con
sedi a Misurata e Zintan) perché si
parlino. Esiste, però, anche un “piano B” dell’Europa nel caso che questo tentativo non abbia successo. Il
“piano B” partirà dalla gestione della banca centrale libica, prima di
pensare a un eventuale programma
di sanzioni. A Riga i ministri degli
Esteri Ue imposteranno quindi la
politica europea sulla Libia basandosi sull’esito degli ultimi sforzi diplomatici.
Conclusa
la missione
statunitense
in Liberia
MONROVIA, 27. Gli Stati Uniti
hanno deciso di chiudere la
missione militare in Liberia contro il diffondersi del virus
dell’ebola. La missione era cominciata cinque mesi fa e si
conclude prima del previsto. Il
virus ebola ha causato in Liberia più di quattromila vittime.
La
presidente
del
Paese
dell’Africa occidentale, Ellen
Johnson-Sirleaf ha ringraziato
gli Stati Uniti per il loro aiuto.
Il ritiro dei militari avverrà nelle
prossime settimane, mentre rimarranno solo un centinaio di
soldati per monitorare la situazione.
Oltre alla Liberia, il tremendo
virus ha colpito anche la Guinea
e la Sierra Leone. In totale, i
casi dall’inizio dell’epidemia sono quasi ventiquattromila, con
circa novemilaseicento morti.
Intanto, i primi dati dei test
clinici sul farmaco sperimentale
contro l’ebola (Favipiravir) indicano che può ridurre la mortalità nei pazienti che hanno livelli
bassi del virus nel sangue, ma
non è invece efficace per quelli
con un’alta carica virale che presentano la malattia in forma piu
virulenta.
Approvato il piano di aiuti
Voto tedesco per Atene
ATENE, 27. Il Parlamento tedesco ha
approvato questa mattina l’estensione del piano di aiuti greco, come
stabilito dall’Eurogruppo.
Poco prima del voto, il ministro
delle Finanze, Wolfgang Schäuble,
ha detto che i tedeschi devono «fare
tutto il possibile per tenere unita
l’Europa». Schäuble ha sottolineato
che il Bundestag «si trova a dover
prendere una decisione non facile:
non stiamo parlando di nuovi miliardi per la Grecia, non stiamo parlando di alcun cambiamento del
programma attuale, ma di concedere
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Nel calcio europeo
L’Onu chiede
un rafforzamento di Triton
Una
partita
vinta
NEW YORK, 27. L’Unione europea
deve rafforzare l’operazione Triton
per l’assistenza ai migranti nel Mediterraneo e fornire canali di arrivo
ufficiali per i rifugiati siriani. Questo il concetto espresso ieri da António Guterres, Alto commissario Onu
per i rifugiati, in una riunione al
Consiglio di sicurezza. «Mare No-
strum dell’Italia è finita e Triton è
limitata per mandato e risorse».
L’Europa — ha spiegato Guterres —
«deve aumentare la sua capacità di
salvare vite umane con una robusta
operazione di salvataggio nel Mediterraneo, o migliaia di altre persone
moriranno». Nel corso del suo intervento davanti al Consiglio di sicu-
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Gaetano Vallini
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rezza, l’Alto commissario Onu ha
poi affermato che la metà dei rifugiati siriani vive in case non sicure.
Per quanto riguarda il rapporto tra
immigrazione e terrorismo, Guterres
ha riferito che dal 2011 circa ventimila combattenti terroristi stranieri
provenienti da cinquanta Paesi sono
arrivati in Siria ed Iraq: il loro numero è quasi duplicato nell’ultimo
anno. «Nel 2013 ho detto che la
guerra siriana aveva scatenato la
peggiore crisi umanitaria del nostro
tempo e una terribile minaccia per
la pace e la sicurezza regionale e
globale rischiando un’esplosione che
poteva inghiottire l’intero Medio
oriente. Oggi, dobbiamo affrontare
il fatto che questo è esattamente
quanto accaduto» ha detto l’Alto
commissario.
Intanto, sul fronte interno europeo si registra un aumento del numero di immigrati in Gran Bretagna, cresciuto di 298.000 persone
nel 2014. Si tratta di una cifra superiore agli obiettivi fissati dal Governo del premier David Cameron che
aveva promesso di non superare il
tetto di centomila persone. I tories
hanno definito i dati diffusi dall’Istituto nazionale di statistica «deludenti» e puntato il dito contro le
politiche migratorie della Ue.
Accordo fiscale
tra Italia e Liechtenstein
multe agli allevatori già anticiapte
dallo Stato.
Il ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Martina, ha lanciato un durissimo attacco alla Lega Nord e al
suo leader, Matteo Salvini. Questi
«dovrebbe mettersi una bella felpa
con scritto “scusate”. Scusate a
tutti gli italiani per le prese in giro
della Lega Nord». Per anni, infatti, questo partito — ha detto il ministro — «ha speculato» sulla questione delle “quote latte”, e «costruito anni di campagne elettorali
sulle bugie», ingannando le persone oneste.
caporedattore
segretario di redazione
Intanto, bombe incendiarie e pietre sono state lanciate la notte scorsa da un gruppo di manifestanti ad
Atene durante la prima manifestazione di protesta contro l’Esecutivo
di Alexis Tsipras, leader di Syriza.
Decine di attivisti — dicono i media greci — hanno affrontato la polizia e dato alle fiamme automobili al
termine del corteo che ha raccolto
centinaia di persone per protestare
contro l’accordo siglato da Tsipras
per garantire la proroga di quattro
mesi di aiuti.
Richiamo dell’Alto commissario Guterres
Le quote latte
e la felpa di Salvini
BRUXELLES, 27. La stagione delle
cosiddette “quote latte” si chiuderà
il 31 marzo, ma l’Italia rischia di
pagare un conto molto salato a
causa del nuovo deferimento da
parte della Commissione Ue alla
Corte di giustizia europea, con la
probabile sanzione per la mancata
riscossione di 1,7 miliardi di euro.
Una beffa che rischia di costare alle casse dello Stato centinaia di
milioni di euro oltre ai 4,5 miliardi
già pagati negli anni. La notizia
del deferimento arriva proprio
mentre il Governo ha iniziato a inviare le 1455 cartelle esattoriali per
recuperare i 422 milioni di euro di
più tempo perché Atene porti a termine con successo questo programma». Schäuble ha assicurato ai parlamentari tedeschi che «solidarietà
in Europa non significa che gli Stati
membri possono essere ricattati».
Il ministro ha infine evidenziato
di fronte al Parlamento che «la Grecia, senza l’Europa, non è in grado
di decidere da sola quale sia la strada giusta da seguire». Stando agli
analisti, il voto positivo del Bundestag non doveva comunque riservare
sorprese.
ROMA, 27. Dopo la Svizzera, finisce
il segreto bancario anche nel Liechtenstein. Il ministro dell’Economia e delle Finanze italiano, Pier
Carlo Padoan, e il premier e ministro delle Finanze del Liechtenstein,
Adrian Hasler, hanno firmato ieri
l’accordo in materia di scambio di
informazioni ai fini fiscali. Analogamente a quanto avvenuto giorni fa
con la Svizzera, l’accordo pone fine
al segreto bancario nel Principato.
I due ministri hanno firmato anche un protocollo aggiuntivo in materia di richieste di gruppo.
L’accordo tra Italia e Liechtenstein consentirà di sviluppare ulte-
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
riormente la cooperazione amministrativa tra i due Paesi e, quindi, di
rafforzare il contrasto all’evasione fiscale, spiega il ministero dell’Economia in una nota ufficiale.
L’accordo è basato sul modello
Ocse di Tax Information Exchange
Agreement (Tiea) e consente lo
scambio di informazioni su richiesta
relativamente a tutte le imposte. Lo
Stato a cui sono richieste le informazioni non può rifiutarsi di fornire
allo Stato richiedente la collaborazione amministrativa né per mancanza di interesse ai propri fini fiscali né per segreto bancario.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
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Le cronache di alcuni giornali italiani usano toni a dir poco drammatici, parlando di pacifici tifosi,
tra i quali donne, bambini e anziani, perquisiti e schedati dalla
polizia olandese. E perfino del
tentativo, non andato in porto, di
separare un figlio (del quale non
viene comunque specificata l’età)
dal padre in trasferta. Le stesse
cronache, tuttavia, mancano di
segnalare che nella città olandese
dove ieri si è svolta la partita di
calcio tra il Feyenoord e la Roma
non si è praticamente verificato
nessun incidente e non sono stati
registrati danni alle persone o alle
cose. Sotto questo aspetto Rotterdam ha battuto Roma, dove, la
settimana scorsa, la gestione
dell’ordine pubblico ha lasciato il
centro della città in balia degli
hooligan olandesi con gravi conseguenze per il patrimonio artistico e l’immagine della capitale italiana.
Sul campo, però, la Roma ha
battuto il Feyenoord con buona
pace dei tifosi concittadini di
Erasmo, che quando scrisse il suo
Elogio non pensava certo che la
propria città potesse un giorno
essere popolata da simili folli. I
quali anche ieri hanno dato prova
di ignoranza e inciviltà lanciando
l’immancabile banana gonfiabile
all’indirizzo di Gervinho, giocatore romanista della Costa d’Avorio, e causando con le loro intemperanze una lunga interruzione
della partita.
Per la cronaca va segnalato che
le cinque squadre italiane in lizza
nell’Europa League — oltre alla
Roma, l’Inter, la Fiorentina, il
Napoli e il Torino — hanno tutte
superato il turno approdando agli
ottavi di finale. Di rilievo soprattutto l’impresa del Torino che,
contro tutti i pronostici, è andato
a vincere sul difficile campo
dell’Atlético di Bilbao. Nessun altro Paese europeo può vantare la
presenza di cinque squadre in
questa fase della competizione
che, tuttavia, riveste un’importanza secondaria rispetto alla Champions League. Qui la presenza
italiana è appena accennata. E
non poteva essere altrimenti visto
lo stato in cui, a tutti i livelli, versa il calcio italiano.
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sabato 28 febbraio 2015
pagina 3
Agenti delle forze di sicurezza venezuelane
schierati a Caracas (Afp)
All’Avana presente l’ex segretario generale dell’Onu Kofi Annan
Colloqui
per la pace in Colombia
L’AVANA, 27. Il Governo di Bogotá
e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc)
hanno aperto oggi un nuovo ciclo
dei colloqui di pace all’Avana, a
Cuba, che culminerà nel fine-settimana con l’eccezionale partecipazione dell’ex segretario generale delle
Nazioni Unite, Kofi Annan. Un
supporto, quello della comunità in-
Incriminazione
respinta
per Fernández
BUENOS AIRES, 27. Il giudice Rafael Rafecas ha respinto ieri la richiesta di imputazione della presidente argentina Cristina Fernández. Contro quest’ultima erano state formulate accuse in relazione nell’inchiesta sull’attentato
antiebraico che nel 1994 causò a
Buenos Aires 85 morti. Le accuse
erano state avanzate dal magistrato Gerardo Pollicita in base
alle indicazioni contenute nel
rapporto del collega Alberto Nisman, trovato morto nel gennaio
scorso, poche ore prima di un’audizione in Parlamento, in circostanze ancora da chiarire. Le motivazioni di Rafecas — contenute
in un documento di oltre cinquanta pagine — non sono ancora state rese note.
L’azione delle Farc è iniziata cinquant’anni fa. Il conflitto con l’esercito colombiano ha causato, secondo le stime ufficiali, la morte di almeno 220.000 persone. Dal 2012 sono in corso negoziati tra le parti,
condotti dapprima a Oslo e, successivamente, all’Avana.
Per mezzo di un’agenda negoziale
basata su cinque punti — riforma
agraria e sviluppo rurale, partecipazione politica, fine del conflitto armato, blocco della produzione e
della vendita di stupefacenti, diritti
umani — il dialogo tra Governo e
guerriglieri prosegue tra alti e bassi.
L’Unione europea, nei giorni scorsi,
ha auspicato che i negoziati tra le
parti possano trovare rapidamente
un accordo globale che apra la strada verso una pace duratura per porre fine a mezzo secolo di sofferenze.
L’Ue intende inoltre sollecitare
l’Esercito di liberazione nazionale,
organizzazione meno nota delle
Farc e di diversa impostazione ideologica, a rinunciare a sua volta alla
violenza e a compiere passi concreti
verso un vero percorso di pace.
ternazionale allo storico negoziato,
sempre più esplicito e concreto.
Anche la presenza del diplomatico di lungo corso statunitense,
Bernard Aronson, come “inviato di
pace” della Casa Bianca nella capitale cubana, è stata apprezzata dalle
parti impegnate nelle lunghe e difficili trattative.
La trentatreesima tornata dei colloqui è cominciata con il dibattito
sul tema delle vittime del conflitto,
nell’attesa che domani i negoziatori
si riuniscano all’Avana con Annan,
proveniente dalla Colombia, dove
ha già testimoniato il suo appoggio
al processo di pace e ai risultati già
ottenuti. Come la precedente tornata, quella attuale si terrà in un contesto di cessate-il-fuoco unilaterale e
a tempo indeterminato da parte delle Farc, che è già in vigore da due
mesi. Secondo diversi organismi
umanitari, la tregua è stata sostanzialmente rispettata. Secondo il presidente della Colombia, Juan
Manuel Santos, il cessate il fuoco
intrapreso dalle Farc è «un passo
avanti nella giusta direzione».
Maduro invita i suoi sostenitori a manifestare a Caracas
Tensione in Venezuela
CARACAS, 27. Resta alta la tensione in Venezuela dove
continua la protesta antigovernativa dopo l’uccisione di
un ragazzo di 14 anni da parte di un poliziotto nella
città di San Cristóbal, nello Stato di Táchira. Il presidente, Nicolás Maduro, in un messaggio trasmesso dalla radio e dalla televisione, ha invitato i suoi seguaci a
partecipare a una manifestazione domani a Caracas in
occasione dei 26 anni della rivolta popolare cominciata
nei quartieri poveri della capitale e che provocò centinaia di vittime. L’opposizione, dal canto suo, ha criticato la risoluzione con cui il ministero della Difesa ha
Obama guarda al Pacifico
Il presidente statunitense Obama (La Presse/Ap)
WASHINGTON, 27. Negoziare nuovi
accordi commerciali con l’Asia significa aumentare l’export del “made in
Usa”. E questo significa rafforzare
enormemente l’economia statunitense e creare molti più posti di lavoro.
Così il presidente Barack Obama, in
una serie di interviste televisive, ha
rilanciato l’offensiva sulla nascita di
zone di libero scambio con il Pacifi-
Allarme sanitario
nel sud-est asiatico
NAYPYIDAW, 27. Allarme sanitario
nel sud-est asiatico, dove — soprattutto in Myanmar — si stanno moltiplicando i casi di malaria. Il rischio, avvertono gli esperti, è di
un’epidemia diffusa nel Paese, in
grado anche di raggiungere i confini dell’India e del Bangladesh.
Lo evidenzia uno studio pubblicato nel rapporto sulle malattie infettive della rivista medica britannica «The Lancet Infectious Diseases», segnalando come la resistenza
ai farmaci rischi di avviare un processo di contagio dal sud-est asiatico verso il sub-continente indiano,
come già avvenuto in passato.
Gli esperti hanno, dunque, lanciato un allarme sull’eventuale transito della malaria in India, che potrebbe provocare una minaccia al
controllo globale della malaria. Al
momento, casi sono stati registrati a
venticinque chilometri dal confine
L’India
punta
sui treni
Più esportazioni per rafforzare l’economia statunitense e creare lavoro
Protesta
dei camionisti
in Brasile
BRASILIA, 27. Continua, in Brasile, la protesta dei camionisti contro il rincaro dei carburanti, il costo del pedaggio e il prezzo del
trasporto. Dopo nove giorni
dall’inizio dello sciopero, ci sono
ancora file chilometriche di tir e
circolazione paralizzata in sette
degli undici Stati interessati, nonostante un’ordinanza abbia imposto il ripristino del flusso automobilistico. Un accordo raggiunto con il Governo a Brasília prevede il congelamento per sei mesi
delle tariffe del diesel. Ma alcuni
rappresentanti della categoria si
sono detti insoddisfatti e proseguono l’agitazione con circa un
centinaio di blocchi stradali. Gli
effetti della protesta — iniziata
nel sud del Paese — sono sempre
più pesanti: nei centri urbani già
scarseggiano benzina e generi alimentari.
permesso alle forze armate l’uso della forza per reprimere le proteste e ha presentato un ricorso al tribunale
supremo di giustizia.
Per quanto riguarda la detenzione dei politici, un
gruppo di 15 sindaci ha manifestato di fronte alla prigione militare Ramo Verde per chiedere la liberazione
di Antonio Ledezma, sindaco di Caracas — arrestato la
settimana scorsa e accusato di aver partecipato all’organizzazione di un golpe contro Maduro — Leopoldo López, leader del partito Voluntad Popular, e Daniel Ceballos, sindaco destituito di San Cristóbal.
indiano, presso la città di Sagaing e
la squadra di ricercatori che ha effettuato lo studio tra Myanmar,
Thailandia e Bangladesh ha riscontrato la resistenza ai farmaci nel 39
per cento dei campioni considerati.
Un altro allarme sanitario è stato
lanciato nello Sri Lanka, dove circa
duemila nuovi malati di lebbra vengono segnalati ogni anno. Lo ha affermato il Centro di coordinamento
della campagna contro la lebbra.
Il 41 per cento dei casi è stato segnalato nell’ovest. Rispetto ad altri
Paesi asiatici, lo Sri Lanka ha avuto
una percentuale superiore del 7,5
per cento di malati di lebbra con
deformità visibili al momento della
diagnosi. Secondo i dati raccolti, la
percentuale di bambini sotto i 15
anni affetti da lebbra è del 9,5 per
cento, a indicare che la trasmissione
della malattia è attiva tra i malati di
lebbra non diagnosticati.
co. Si tratta di una delle priorità del
suo secondo mandato, e forse — come sottolineano gli osservatori —
l’unico punto dove il capo della Casa Bianca è veramente in sintonia
con il partito repubblicano che, dopo le elezioni di mid term, ha la
maggioranza sia alla Camera dei
Rappresentanti sia al Senato. Mentre a contrastarlo sono alcuni settori
Stallo
politico-istituzionale
in Nepal
KATHMANDU, 27. Il Nepal è ancora senza Costituzione. L’Assemblea costituente non è infatti riuscita a concordare e approvare
una bozza della nuova Carta, che
ufficializzi e definisca giuridicamente la Repubblica del Nepal,
come previsto dall’accordo di pace
che ha messo fine a un decennio
di conflitto. Prima del 2006 il Nepal era ufficialmente “un regno indù”. Questo ennesimo passaggio a
vuoto, rilevano gli analisti, apre
un futuro di incertezza e di instabilità politico-istituzionale. A gennaio le Nazioni Unite hanno invitato i partiti politici nepalesi a
raddoppiare gli sforzi per garantire una Costituzione inclusiva,
nell’interesse del Paese, e a continuare i negoziati costituzionali in
uno spirito di flessibilità.
del partito democratico, preoccupati
per le conseguenze che questi accordi di libero scambio potrebbero avere sui lavoratori americani.
Non a caso l’offensiva mediatica
del presidente statunitense è avvenuta su una serie di emittenti negli
Stati da cui provengono alcuni
membri del Congresso appartenenti
al suo partito e da sempre contrari
alle aperture commerciali e a concessioni verso il Vecchio Continente e
l’Asia. Vedi la senatrice del Massachusetts, Elizabeth Warren, leader
dell’area più liberal del partito democratico, quella sinistra che la vorrebbe candidata alla Casa Bianca al
posto di Hillary Clinton.
In una lettera aperta sul quotidiano «Washington Post», Warren si è
detta fortemente contraria alle nuove
zone di libero scambio, che rischiano di tramutarsi in un boomerang
per aziende e lavoratori americani.
Ma per Obama sono i numeri a
parlare, quelli sul ruolo avuto dalle
esportazioni per la ripresa economica. L’export — secondo i dati della
Casa Bianca — ha sostenuto circa
11,3 milioni di posti di lavoro nel
2013, un aumento di 1,6 milioni rispetto al 2009. Cifre importanti che
per il presidente americano devono
far riflettere.
Per questo Obama chiederà l’autorità di poter negoziare i nuovi accordi commerciali con l’Europa, ma
soprattutto con l’Asia — dove i mercati sono diventati sempre più centrali negli scambi internazionali —
che il Congresso potrà solo approvare o respingere, ma non modificare.
Una scommessa — sottolineano
molti osservatori — non facile da
vincere. Non facile come lo fu per
l’ex presidente Bill Clinton, che ebbe la fortuna di agire in un periodo
di boom economico.
NUOVA DELHI, 27. Il Governo di
Nuova Delhi ha annunciato ingenti investimenti per rimodernare
la rete ferroviaria, tra le più estese,
affollate e insieme inadeguate al
mondo. In una conferenza stampa, il ministro delle Ferrovie,
Suresh Prabhum, ha fatto sapere
che l’India investirà nei prossimi
cinque anni 137 miliardi di dollari.
Come detto, la rete ferroviaria
indiana è una delle maggiori al
mondo, con dodicimila treni operativi giornalmente che trasportano circa ventidue milioni di passeggeri. La modernizzazione non
riguarderà soltanto treni, binari e
stazioni, ma anche la riqualificazione del personale. Al centro dei
provvedimenti ci saranno la sicurezza, gravemente compromessa
da decenni di investimenti inadeguati, manutenzione approssimativa e mancato rinnovo, l’aumento
delle linee e della velocità media
su nove direttrici cruciali, migliori
servizi nelle stazioni, inclusa la
diffusione del wi-fi. Per finanziare
i progetti non sarà aumentato il
costo dei biglietti. «Non ci sarà
alcun aumento delle tariffe», ha
infatti precisato il ministro. «Allo
stesso tempo miglioreremo l’offerta per i nostri passeggeri». Tra i
servizi proposti come parte del
piano di ammodernamento, anche
videocamere a circuito chiuso sulle carrozze per aumentare la sicurezza delle passeggere.
Uccisi quattro soldati in un assalto a Houta
Non si ferma la violenza nello Yemen
Soldati yemeniti nei pressi della città meridionale di Aden (Afp)
SAN’A, 27. Continua l’ondata di violenze nello Yemen: uomini armati
hanno attaccato un convoglio militare uccidendo quattro soldati che pattugliavano la zona. Lo riferiscono gli
uomini della sicurezza.
L’agguato è avvenuto a sorpresa
ieri notte lungo una strada a Houta,
una città nella provincia meridionale
di Lahj.
Intanto, il presidente yemenita,
Abd Rabbo Mansour Hadi, di recente fuggito ad Aden dopo essere stato
liberato dagli arresti domiciliari a
San’a, ha accusato i ribelli sciiti di
«pretendere da parte mia la nomina
di 130 loro esponenti ai vertici dello
Stato». A spingerlo a rassegnare le
dimissioni al Parlamento, ora ritirate,
era stato il fatto che «gli sciiti mi
avevano detto che erano richieste
non discutibili che dovevano per forza essere applicate».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
I longobardi
— racconta Paolo Diacono —
ritrovarono nell’arcangelo Michele
le qualità guerriere di Wodan
il loro dio supremo
sabato 28 febbraio 2015
Raffaello, «Madonna di Foligno»
(1511-1512, particolare)
Luoghi del culto micaelico e lauretano
Quando la casa
indica una via
narratio, riflette la propria vita sacerdotale come unitario punto di verifica. Di fatto la scintilla, mai spenta,
tra il prete e lo studioso scoccò proprio arrivando nel 1963, giovane parroco, a Colfiorito, pianoro di valico
nell’Appennino Umbro-Marchigiano. Qui don Mario dovette rendersi
conto che la località era una tappa
tradizionale della Santa Casa nel suo
misterioso viaggio da Oriente: in
prossimità del 10 dicembre, i ragazzi
marinavano per giorni il catechismo
per preparare il “focaraccio”, il falò
della vigilia per illuminare la strada
alla Vergine Lauretana (nella zona di
Norcia si parla dei “faoni”, variante
della stessa parola e della stessa
usanza). Né basta al giovane sacerdote l’annuale pellegrinaggio parrocchiale a Loreto, dove gli viene incontro, nell’annesso botteghino, il
saggio di Luca da Monterado Storia
della devozione e dei pellegrinaggi a
Loreto nei secoli XIV-XV (Bahía, 1954).
Subito si immerge in studi a partire
dagli archivi parrocchiali di Colfiorito e del folignate, con gli storici riferimenti alla Via Lauretana. Era
l’inizio del lungo itinerario di ricerca di Mario Sensi, la cui coerenza è
stata sottolineata da studiosi quali
Lucetta Scaraffia, Alessandra Bartolomei Romagnoli, Emore Paoli.
Nesso stretto vi è pure tra studi e
percorsi lauretani e, a monte,
micaelici, nel sedimentarsi
della pratica devozionale —
con gli aspetti etnografici
legati ai cicli agricoli e ai
tracciati di transumanza — e
del riconoscimento da parte
della Chiesa. Basato sulle
Scritture e affermatosi in
Oriente come specializzazione
del culto angelico con proprietà taumaturgiche — si pensi
alla piscina di Betzaeta
nel Vangelo di Giovanni — e poi con le caratteristiche di lotta contro
il male e accompagnamento delle anime, difRaffaello, «Madonna di Foligno» (1511-1512, particolare)
fusosi in Occidente a
partire dal V secolo in
ambienti di più diretta
Sigismondi, vescovo di Foligno, influenza greca, il culto micaelico
commenta il primo di due volumi di trova il più noto prototipo nel sanMario Sensi recentemente presentati tuario garganico tuttora esistente a
insieme, i quali raccolgono studi di Monte Sant’Angelo e nelle attestatutta una vita: Loreto, una chiesa zioni storiche del relativo pellegri«miraculose fundata» (Firenze, Edi- naggio (in tempi recenti fu decisivo
zioni del Galluzzo per la Fondazio- per san Pio da Pietrelcina, come
ne Ezio Franceschini, 2013, con post- scrive Gherardo Leone).
Sensi analizza da vari punti di vifazione e ricordo di Romana Guarnieri); Santuari e pellegrini lungo le sta i transfert di sacralità più o meno
«vie dell’angelo», storie sommerse del noti, da Mont-Saint-Michel in Norculto micaelico (Roma, Istituto Stori- mandia e San Michele della Chiusa
co Italiano per il Medio Evo, 2014). in Valle di Susa ai numerosissimi
«Due importanti opere che possono santuari ad instar Gargani da riscoessere collocate nello stesso scaffa- prire, anche perché oggi assumono
le»; il raccordo tracciato da Sigi- altre intitolazioni, spesso mariane o
smondi tra le due opere non è topo- a santi terapeuti; ad esempio, vicino
grafico o cronologico, né casuale, a Colfiorito, un “Romitorio dei Sanestendendosi idealmente a tutta la ti di Pieve Torina” di cui Sensi scovasta produzione di questo storico prì l’origine micaelica. Si tratta in
della Chiesa il quale, anche nella genere di chiese-grotte caratterizzate
di ISABELLA FARINELLI
ue volumi sul culto micaelico e lauretano mettono in luce i legami
tra Oriente e Occidente: «La casa e la strada
sembrano escludersi. In realtà, proprio in questo particolare aspetto, è
custodito un messaggio singolare di
questa Casa. Essa non è una casa
privata, non appartiene a una persona o a una famiglia, ma è un’abitazione aperta a tutti che sta, per così
dire, sulla strada di tutti noi. Quella
di Loreto è una casa che ci fa rimanere, abitare, e nello stesso tempo ci
fa camminare, ci ricorda che siamo
tutti pellegrini, che dobbiamo essere
sempre in cammino verso un’altra
abitazione, verso la casa definitiva,
verso la Città eterna».
Con le parole pronunciate da Benedetto XVI il 4 ottobre 2012, nel
cinquantesimo anniversario del pellegrinaggio di Giovanni XXIII ad Assisi e Loreto, monsignor Gualtiero
D
da una sorgente prodigiosa (stilla),
documentate sin dal secolo VIII,
molto in voga tra X e XII. Diffuse
nell’Italia centro-meridionale e non
rare nel resto d’Europa, sono oggi,
tra l’altro, meta di speleologi.
Lo studioso ha in animo di indagare ulteriormente sugli agiotoponimi portatori «di un messaggio che si
perde nella notte dei tempi e molte
volte rimanda a santuari micaelici, o
comunque a luoghi dove l’angelo
Il simbolismo del “volo angelico”
fece presa anche su scrittori
del Novecento
come lo scozzese Bruce Marshall
era stato venerato, mentre le tracce
del monumento sono state del tutto
cancellate... Appena una esemplificazione di ricerca che, pur partendo
dalla periferia, serve a chiarire un fe-
nomeno dello Spirito che ha contribuito a “fare l’Europa”».
Non è un caso che l’Unesco, accogliendo nel 2011 nel suo Patrimonio
mondiale il sito seriale «I Longobardi in Italia», vi abbia
incluso Monte Sant’Angelo. Se furono presenze ebraiche e giudaicocristiane
a
favorire
nell’Asia Minore la nascita dei primi santuari
dedicati a san Michele
con sorgenti curative,
da lì il culto passò a
Costantinopoli
dove,
nel 1453, si contavano fino a trentacinque santuari, di cui ben sedici anteriori alla crisi iconoclasta dell’VIIIIX secolo. Henri Leclerq ritiene che
nei santuari più antichi il culto mi-
La Madonna di Foligno e il suo committente
Capolavori formato francobollo
come e soprattutto della stessa esposizione allestita a Dresda. Diverso invece l’impatto alla
notizia che i Musei Vaticani avevano concesso
un nuovo prestito della Madonna di Foligno,
questa volta alla città di Milano: l’opera,
che ha visto un afflusso straordinario di
visitatori, è rimasta esposta nella Sala
di MARIO SENSI
Alessi del Comune dal 28 novembre
Uno dei meriti della filatelia è quello di 2013 al 12 gennaio 2014 e tutte le granfar cultura attraverso i francobolli com- di testate italiane hanno dato largo
memorativi. Può avvenire che, senza l’ap- spazio all’evento. È a questo punto
porto della stampa di larga diffusione, i che alcuni folignati si sono attirelativi messaggi non riescano a raggiun- vati perché, nel rientro a Roma,
il capolavoro di Raffaello pogere il vasto pubblico.
È così accaduto che, il primo marzo tesse fare una sosta nella loro
2012, le Poste Vaticane hanno emesso città. La richiesta, suggerita da
due francobolli, in occasione della mostra Lamberto Dolci, funzionario
Himmlischer Glanz. Splendore celeste, alle- dell’Eni, nostro concittadino, è
stita a Dresda, dal 6 settembre 2011 all’8 partita ufficialmente dal vescogennaio 2012, per celebrare Raffaello at- vo e ha avuto l’assenso dei
traverso l’esposizione di altrettanti suoi Musei Vaticani e dell’Eni, orRaffaello, «Madonna Sistina» (1513-1514, particolare)
capolavori, entrambi eseguiti tra il 1511 e ganizzatori
dell’Esposizione
il 1512, la Madonna di Foligno oggi nella straordinaria di Milano: il che
Pinacoteca Vaticana e la Madonna Sistina ha visto in loco una felice colconservata a Dresda, in Sassonia.
laborazione tra autorità religiose — nella vola, ma è stato trasportato su tela tra il
Un francobollo riproduce la Madonna persona dello stesso vescovo — e autorità 1800 e il 1816. Si tratta di un capolavoro
di Foligno, l’altro la Madonna Sistina: da civili.
dell’arte rinascimentale la cui lettura non
qui anche l’emissione congiunta con la
Così, nei giorni 18-26 gennaio 2014, può disgiungersi dall’autore, Raffaello
Germania dei due soggetti. In ambedue l’opera è tornata a Foligno, nel monaste- Sanzio di Urbino (1483-1520); dal comla Vergine con il Bambino è rappresentata a ro di Sant’Anna delle Terziarie francesca- mittente, Sigismondo de’ Comitibus
mezzo busto; nella versione “foglietto” i ne regolari della B. Angelina, esattamente (1432/1433-1512) — di Foligno, ma nato
due capolavori sono invece a figura inte- nel sito dove, nel 1797, i Francesi requisi- forse ad Urbino — all’epoca segretario
ra.
rono questo dipinto, per trasferirlo al domestico di Papa Giulio II (1503-1513);
Alla cronaca locale di Foligno i due Louvre. Da allora, per una serie di vicen- dalla temperie in cui fu commissionato,
eventi non hanno interessato più di tan- de, non vi aveva fatto più ritorno.
gli anni 1510-1512. Comincerò dalle “coorto, per cui pochi sono stati i folignati che
La Madonna di Foligno è un dipinto a dinate” del committente. Sigismondo de’
sono venuti a conoscenza dell’emissione, olio, eseguito da Raffaello Sanzio su ta- Comitibus è un umanista autore di poesie e di scritti storici, la cui opera più nota ha per titolo Historiae sui temporis, dal
1475 al 1510, in diciannove libri. È in queste Historiae che Sigismondo dice di aver
conosciuto tre giubilei: era ancora bambino quando si tenne il giubileo del 1450;
Antoine de Saint-Exupéry e la Bibbia
nel giubileo successivo del 1475 era già
stato nominato estensore delle lettere
pontificie; l’ultimo, del 1500, era quello
in cui stava scrivendo detta opera. In assenza di altri documenti coevi, Giacomo
tardi a Gerusalemme». Sono solo alcuni
Dakar chiede all’amica Yvonne de
Racioppi (1827-1908), partendo da questa
Lestrange di inviargli degli studi critici
dei passi citati da Enzo Romeo
nota autobiografica, pone la nascita di
sulla Bibbia, i Vangeli o, più in generale,
nell’introduzione al libro Il Piccolo
Sigismondo sotto l’anno 1440, in quanto
sul cattolicesimo. Dice che vorrebbe
Principe commentato con la Bibbia (Milano,
Sigismondo dichiara che, nel 1450, era
ricevere «qualcosa di intelligente» per
Àncora, 2015, pagine 192, euro 17) in cui
admodum
puer, il che poco si addice a un
approfondire la critica storica applicata al
accompagna il lettore alla scoperta dei
ragazzo di sedici anni. E tuttavia l’ipotesi
dogma, di cui confessa pressoché totale
tanti riferimenti al testo sacro che si
più probabile è che sia nato tra il 1432 e
ignoranza ma che ritiene molto
nascondono in ogni pagina. Particolare
il 1433. L’anno 1432 è quello attualmente
interessante. Divenuto scrittore di
attenzione è dedicata al tema del dialogo
seguito dalla letteratura. Personalmente
successo, continua a lasciarsi ispirare da
con Dio nella solitudine: «Il deserto mi
protendo per l’anno successivo in quanto
quella Scrittura che più di ogni altra ha
fa sempre l’effetto di un’immensa porta
fa problema, a meno che non ci sia una
modellato l’immaginario della civiltà
aperta,
una
sensazione
che
non
provo
in
ragione contingente, che Astorello abbia
occidentale. In Corriere del sud il
nessun altro luogo» scrive da Cisneros,
dato a suo figlio il nome di Sigismondo,
protagonista Jacques Bernis, che vola di
tra Marocco e Mauritania, in una lettera
un nome che non compare tra gli antenascalo in scalo, si paragona «a quel
Anna
Leotta,
«Il
piccolo
principe»
(2014)
pellegrino che arriva un minuto troppo
ti, i conti di Antignano.
del marzo 1927. (silvia guidi)
Pubblichiamo uno stralcio dell’articolo uscito
sul Bollettino storico della città di Foligno
del 2014 con il titolo «La Madonna di Foligno e il suo committente Sigismondo dei
conti di Antignano».
Il deserto è un’immensa porta aperta
«Ho appena letto un po’ di Bibbia: che
meraviglia, che semplicità potente di stile
e spesso che poesia. I comandamenti
sono dei capolavori di legislazione e buon
senso. Dovunque le leggi della morale
emergono nella loro utilità e bellezza: è
splendido. Avete letto i proverbi di
Salomone? E il Cantico dei Cantici, che
bella cosa! C’è di tutto in questo libro».
Antoine de Saint-Exupéry è un liceale di
diciassette anni quando invia queste righe
alla mamma. Ormai pilota,
annunciandole i suoi ritorni a casa, usa
dire «ucciderete il vitello grasso». E
riferendosi alla sua vita sentimentale
complicata cita Dalila e Sansone. Da
caelico si sia fuso a quello di divinità
pagane.
Paolo Diacono nella Historia Langobardorum narra come essi, venuti a
conoscenza del santuario garganico,
ritrovassero nell’arcangelo le qualità
guerriere di Wodan, loro dio supremo. Come narra il racconto di fondazione — i cui codici più antichi risalgono ai primi decenni del secolo
IX — i longobardi ristrutturarono il
santuario pugliese e, mentre si apprestavano a chiederne la consacrazione al vescovo di Siponto, assistettero all’apparizione dell’arcangelo,
scelto da allora come protettore dei
longobardi d’Italia. Anche i franchi
ripresero il tema, dotandosi di un
proprio santuario ad instar Gargani.
Meno conosciuti i santuari micaelici
presenti nella penisola iberica, invasa
dai goti; eppure, da questi santuari il
culto è passato nelle Americhe.
Attestazione di un nesso stretto di
civiltà e sacralità fra Oriente e Occidente agli albori dell’Europa è, comunque lo si intenda storicamente,
anche l’evento fondante, fortemente
simbolico, della Translatio miraculosa
ecclesie beate Marie virginis de Loreto
di cui dà conto, nella seconda metà
del Quattrocento, Pietro di Giorgio
Tolomei, in seguito ripreso e talora
confutato da una serie di autori.
Sensi, nel solco della microstoria cui
don Giuseppe De Luca raccomandava particolare attenzione, ne offre
una contestualizzazione scrupolosa
fra i santuari votivi costruiti in un
sol giorno — come baluardo contro
le pestilenze — nonché le immagini
acheropite e i santuari mariani ritenuti icone di Nazaret.
Del resto, una translatio dello spazio sacro come luogo di incontro e
dialogo fra cielo e terra è evidente
nel tardo Medioevo — sottolinea
Alessandra Bartolomei Romagnoli —
nell’iconografia mariana. Spiega
Sensi: «Che l’espressione “volo angelico” sia un’allegoria, il cui significato immediatamente leggibile ne
nasconde un altro più importante e
profondo che costituisce il valore vero del testo, lo si evince da altri santuari mariani» quale Santa Maria
delle Vertighe ad Arezzo, che da San
Savino sarebbe stato trasferito all’attuale sito di Santa Maria di Asciano;
simili le storie altomedievali di Walsingham in Norfolk e di Sossau in
Baviera, edifici privi di fondamenta
che per mano angelica avrebbero
mutato sede. Un simbolismo che fece presa anche su scrittori del Novecento come lo scozzese Bruce Marshall nel romanzo Father Malachy's
Miracle, del 1931.
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 28 febbraio 2015
pagina 5
Christopher Lambert
nei panni del cardinale Ennio Salvemini
Corsie preferenziali del web e principio di neutralità
Non connesso
perché povero
Anteprima a Roma del film «Shades of Truth»
E la ragazza
gli restituì l’anello
avid Milano è un giornalista italo-americano
di origine ebraica al
quale viene commissionata un’inchiesta su
Pio XII. Inizia il suo lavoro con un
pregiudizio negativo nei confronti
di Pacelli, ma le informazioni che
metterà assieme lo convinceranno
che quello che credeva fosse “il Papa di Hitler” è stato in realtà “lo
Schindler del Vaticano”. È questa,
in sintesi, l’idea sulla quale si basa
D
Un giornalista con forti pregiudizi
decide di fare un’inchiesta
su Papa Pacelli
Le risposte che trova
sono lontane dalle sue convinzioni iniziali
Shades of Truth (“Sfumature di verità”), film diretto da Liana Marabini
che sarà presentato in anteprima il 2
presso l’istituto romano di Maria
Bambina.
Il racconto inizia con David, interpretato da David Wall, che entra
in un rumoroso bar alla moda, dove
incontra la fidanzata Sarah e le
chiede di sposarlo. Lei accetta, ma
mentre festeggiano, il barman alza il
volume del televisore mentre va in
onda un’intervista a Gary Krupp,
sulla sua fondazione, Pave the Way,
e su Pio XII. Krupp insiste che come ebreo ha l’obbligo morale di
esprimere la sua gratitudine verso
un Papa che salvò decine di migliaia
di perseguitati durante la seconda
guerra mondiale.
Sarah concorda apertamente con
Krupp, mentre David la contraddice
sostenendo che Pacelli era una spia
dei nazisti. La discussione si accende e sfociare in una lite. Sarah allora si toglie l’anello di fidanzamento
e torna sulla sua decisione di sposare David: «Forse dovremmo riflettere di più prima di prendere questa
importante decisione. Dubito seriamente del tuo senso di giustizia.
Non credo tu sia pronto a essere un
marito, almeno a essere mio marito».
Emotivamente distrutto, David
dice alla direttrice della rivista per
la quale scrive che intende prendersi
un anno sabbatico, ma in realtà decide di indagare meglio sulla figura
di Pio XII e parte per Roma. Entra
in Vaticano grazie ad alcune amicizie e inizia a studiare i documenti,
prima nella Biblioteca vaticana, e
poi nell’Archivio Segreto. Incontra
così il cardinale Ennio Salvemini
(Christopher Lambert) che lavora
alla causa di beatificazione di Pacelli e che diventa fondamentale per le
ricerche di David. Le indagini continuano anche a Berlino, dove il giornalista incontra madre Maria Angelica (Marie-Christine Barrault) e a
Gerusalemme, dove visita lo Yad
Vashem. È a questo punto che la direttrice della rivista per cui lavora
apprende le vere ragioni del viaggio
di David e gli affida un’inchiesta su
Pio XII.
Mentre il giornalista raccoglie testimonianze tra Roma, Berlino e Lisbona, giunge la notizia della improvvisa morte della zia Ruth a
New York. A Roma arriva Sarah,
che porta a David una scatola piena
di vecchie cose lasciategli dalla zia.
Il giornalista la apre e trova alcune
foto che lo ritraggono da bambino
con i genitori, morti in un incidente
stradale quando aveva un anno.
Esamina vecchi documenti e trova
una piccola scatola bianca. La apre,
scoprendo che contiene un rosario e
un foglietto sul quale la madre ha
scritto: «Visita alla tomba di Pio XII
come gesto di gratitudine per aver
salvato la nostra vita. Che Dio, il
Dio di tutti gli uomini, che Dio lo
benedica per sempre. Hanna e Yossi
Milano». (marcello filotei)
Quando povertà e disuguaglianze
incidono anche sull’utenza di internet. Si stima che entro la prima metà del 2015 saranno on line tre miliardi di persone. Un traguardo segnalato da un recente studio di Internet.org, il progetto di Facebook
per portare internet nelle aree più
svantaggiate del mondo. E, nello
stesso tempo, il rapporto mette in
evidenza che nel pianeta è “connesso” solo il quaranta per cento della
popolazione. Dunque più della metà risulta tagliata fuori dalla rete.
Coloro che non sono “connessi” —
evidenzia lo studio — vivono per lo
più in Paesi in via di sviluppo. Se
nella parte di mondo economicamente avanzata è in rete il 78 per
cento della popolazione, questa
Secondo le stime degli esperti
entro la prima metà
di quest’anno
avranno accesso alla rete
tre miliardi di persone
percentuale scende al 32 per cento
nelle economie emergenti. Si riscontra poi che l’adozione di internet sta rallentando per il quarto anno consecutivo. Nel 2014 era cresciuta del 6,6 per cento, mentre nel
2010 era del 14,7 per cento. Di questo passo internet non raggiungerà
il prossimo miliardo di persone prima del 2019. Tra le principali barriere all’accesso di internet, lo studio ne sottolinea due: infrastruttura
e disponibilità economica. Oltre il
90 per cento del globo è raggiunto
da segnali mobili, ma a potersi per-
Il conte di Montecristo al cinema e in televisione
Troppa trama per un film
di EMILIO RANZATO
Alexandre Dumas padre
Le trasposizioni del romanzo di Alexandre Dumas padre, fra grande e
piccolo schermo, sono state quasi una
trentina. Quella americana del 1934
firmata da Rowland V. Lee rimane
una delle più note e forse la migliore.
Sfrondato il testo di molti episodi, il
film si concentra sui momenti più
emozionanti: la prigionia e il rapporto con l’abate Faria, l’incontro dopo
anni con Mercédès, il complotto iniziale e il relativo contrappasso
dell’epilogo.
Il Montecristo francese di Robert
Vernay, datato 1943, è molto considerato, anche perché è forse il più fedele
al romanzo. Ma proprio l’eccessiva fedeltà lo appesantisce di troppi episodi
descritti in fretta. Anche se Pierre Richard-Willm nei panni del protagonista probabilmente batte tutta l’ampia
concorrenza. Trascurabili sono invece
la versione del 1954, firmata di nuovo
da Vernay, stavolta a colori, ricca ma
insipida, e quella di Claude AutantLara del 1961. Meglio allora alcune
produzioni televisive. Come quella inglese del 1975 firmata da David Greene, che vede protagonisti Richard
Chamberlain nei panni di Dantès e
Tony Curtis nella parte di Mondego.
Pur nella rigidità tipica delle produzioni Nbc, il film ha momenti avvincenti soprattutto nella descrizione della prigionia. Altra produzione televisiva degna di nota è quella diretta dal
francese Josée Dayan nel 1998. Si tratta di una delle poche trasposizioni
che spezza opportunamente la linearità del romanzo con una serie di fla-
shback. È però un errore grossolano
quello di utilizzare due interpreti diversi per il Dantès precedente e posteriore agli anni di prigionia, cancellando così il tema fondamentale della trasfigurazione fisica, dovuta sì al passare
del tempo, ma anche al desiderio di
vendetta a lungo covato. E anche l’interpretazione poco ispirata di Gérard
Depardieu nei panni del protagonista
in età matura sembra risentirne. La
trasposizione più recente, semplice-
mettere un abbonamento mensile a
pacchetti dati di 250 MB è solo metà della popolazione. In zone come
l’Africa sub-sahariana solo il 53 per
cento può sottoscrivere un abbonamento a un pacchetto di non più di
20 MB, che consente di navigare on
line una o due ore al mese.
Intanto negli Stati Uniti qualcosa
di significativo si è mosso: è infatti
prevalso il principio di neutralità
della rete. Lo ha stabilito la Fcc,
mente Montecristo (Kevin Reynolds,
2002), ha invece i pregi e i limiti del
cinema contemporaneo, primo fra tutti una regia più attenta a intrattenere
che a creare significato. È bella invece
l’idea di sottolineare molto più che altrove l’amicizia fra Mondego e Dantès, rendendo così struggente la loro
rivalità. Ma se Guy Pearce è convincente nei panni del primo, Jim Caviezel come protagonista non è all’altezza
del proprio compito.
E due secoli fa iniziò l’avventura di Edmond Dantès
Il ritorno di don Faria
«Il 28 febbraio 1815 la vedetta di Notre-Dame-de-la-Garde segnalò il tre
alberi Pharaon, proveniente da Smirne, Trieste e Napoli. Come al solito,
subito un pilota si mosse dal porto, costeggiò il castello d’If, e andò ad
abbordarlo tra capo Morgiou e l’isola di Riou. E come al solito, subito lo
spiazzo del forte Saint-Jean si riempì di curiosi. Perché a Marsiglia l’arrivo
di una nave è sempre un grande avvenimento, soprattutto quando quella
nave è stata costruita, armata e stivata, come il Pharaon, nei cantieri
dell’antica Focea, e appartiene a un armatore della città». Sin dal
memorabile incipit, senza possibilità di confronti, è la più bella traduzione
italiana del romanzo per eccellenza (Alexandre Dumas, Il conte di
Montecristo, Torino, Einaudi, 2014, pagine 1260, euro 32) quella di
Margherita Botto, arrivata alla vigilia di un bicentenario singolare: l’inizio
della popolarissima vicenda di Edmond Dantès. Così finalmente «l’abate
Faria» diventa don (abbé) Faria, l’«erudito italiano» che condivide il carcere
con Dantès e lo salva dalla disperazione. Traduttrice rigorosa e raffinata,
Botto ha pubblicato nel 2013 per le «Grandi traduzioni» Einaudi Il rosso e il
nero di Stendhal e ora ha rimesso mano all’italiano dello straordinario
romanzo, dal 1952 oggetto di sei edizioni francesi. Fino a quella di Claude
Schopp (1993), messa a frutto nel 2010 da Gaia Panfili per Donzelli. (g.m.v.)
l’autorità federale per le comunicazioni, che ha detto no al web a due
velocità, paventato dai colossi americani delle telecomunicazioni, forti
dell’appoggio di molti repubblicani
anche a Capitol Hill.
Questa volta però a passare è stata la linea della Casa Bianca e del
presidente Barack Obama che in
più di un’occasione si è opposto a
questa ipotesi. Così il voto del 25
febbraio dell’authority statunitense
che vigila sul settore delle comunicazioni ha definitivamente escluso
la possibilità per gli operatori di offrire un servizio più veloce alle
aziende che pagano di più. D’ora in
poi il principio base sarà la neutralità, a garanzia che il traffico sulla
rete venga gestito senza discriminare nessuno. Si tratta di un passo
molto importante, ha detto il numero uno dell’authority, Tom
Wheeler, ricordando che dire no alle corsie preferenziali sul web significa imporre maggiori regole e disciplina a un mondo che fino a oggi ha operato sostanzialmente in un
regime di autoregolamentazione.
E sull’esigenza di accostarsi al
web alla luce delle virtù cardinali e
teologali pone l’accento il libro di
Pier Cesare Rivoltella Le virtù del
digitale. Per un’etica dei media (Brescia, Morcelliana, 2015, pagine 114,
euro 11). Sottolinea infatti l’autore,
direttore del centro di ricerca
sull’educazione ai media all’informazione e alla tecnologia (Cremit),
che è la ripresa delle virtù cardinali
e teologali a permettere di individuare strategie e indicazioni operative volte ad acuire la consapevolezza e la responsabilità di chi utilizza
i media digitali. In particolare si
raccomanda con cautela e spirito
critico nella ricerca e nel vaglio delle informazioni e si suggeriscono
varie strategie, tra cui quella della
formica, che si compendia nella domanda: «E poi cosa succederà?».
Nel mondo dei media digitali questa è la strategia, scrive l’autore, che
consente di viaggiare «sicuri e informati» e di gestire in modo responsabile e costruttivo le informazioni che si vengono acquisendo.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
sabato 28 febbraio 2015
«Gregorio Nazianzeno e i poveri»
(XI-XII secolo, miniatura, Monte Athos
monastero di San Panteleimon)
Paolo
di GIOVANNI ZAVATTA
«È ora che i gerarchi ortodossi e i
responsabili laici proclamino in
maniera generale che ricorrere ai
Padri della Chiesa non significa
aderire servilmente a un insieme di
proposizioni fossilizzate, usate per
autopromuoversi. L’importanza dei
Padri risiede nel loro sincero e profondo mettersi alla ricerca di Dio e
nella loro volontà di condividerlo
con il mondo. La lettura fondamentalista dei Padri e della Bibbia
non conduce a Dio ma all’idolatria». In un articolo pubblicato alcuni giorni fa su «Parlons d’orthodoxie» (blog collettivo e piattaforma libera di discussione della
Chiesa ortodossa russa in Francia),
George Demacopoulos, docente di
Teologia storica e direttore cofondatore del Centro studi cristiano
ortodosso alla Fordham University
di New York, lancia un grido d’allarme: «In questi ultimi anni sia
chierici sia monaci ortodossi stanno
facendo dichiarazioni che riflettono
un approccio “fondamentalista” ai
Padri della Chiesa. Se i dirigenti
della Chiesa ortodossa non si uniscono per denunciare tale tendenza, l’intera Chiesa ortodossa rischia
di essere trascinata da questi estremisti».
La tesi di Demacopoulos — che
dal patriarcato di Costantinopoli è
stato insignito dell’onorificenza più
alta, quella di arconte — è ampiamente condivisa da Vladimir Golovanow, noto analista del blog (legato alla diocesi di Chersoneso e
quindi al patriarcato di Mosca): se
non si impedisce la radicalizzazione della corrente fondamentalista,
l’ortodossia «rischia di andare verso un nuovo importante scisma come quello dei Vecchi credenti che
trecentocinquant’anni fa si separarono dalla Chiesa russa», in segno
di protesta contro le riforme ecclesiastiche introdotte dal patriarca
Nikon. Il timore, dunque, è «totalmente giustificato» e si riflette anche nei risultati di un sondaggio
lanciato su «Parlons d’orthodoxie»:
solo il sette per cento dei lettori ritiene che l’unità della Chiesa ortodossa sia sufficientemente visibile e
chiaramente affermata oggi; tutti
gli altri hanno risposto di no, spiegando che la Chiesa ortodossa ha
difficoltà a manifestarla e che l’uni-
†
La Pontificia Commissione per
l’America Latina con profondo dolore
partecipa al grave lutto di Sua Eminenza Reverendissima il Sig. Cardinale Marc Ouellet per la perdita della
cara mamma,
Signora
GRAZIELLA MICHAUD
vedova OUELLET
Il Segretario, Prof. Guzmán Carriquiry, e tutti i collaboratori nella
Commissione elevano la loro commossa preghiera al Signore, alla luce
della speranza cristiana nella risurrezione finale alla vita eterna.
†
La Segreteria di Stato esprime il suo
sentimento di cordoglio per la morte
della
Signora
MARIE EUGÉNIE
POULIDES
moglie di S.E. Georgios F. Poulides,
Ambasciatore di Cipro presso la Santa Sede.
VI
e la prima messa in italiano
Per portare
Cristo a tutti
di GIUSEPPE MIDILI*
Dalla lettura troppo rigida dei testi patristici il rischio di un fondamentalismo ortodosso
Estremismi
che feriscono la Chiesa
tà è nascosta da un autocefalismo
esacerbato.
Nessuno mette in discussione
che il rispetto per i Padri della
Chiesa (da san Basilio il Grande a
san Gregorio il Teologo, a san
Massimo il Confessore) sia una
delle pietre angolari dell’ortodossia
e che il loro pensiero resti guida
essenziale per la vita e la fede dei
cristiani ortodossi, ma ridurre — afferma Demacopoulos — «tutto l’insegnamento a un sotto-insieme di
assiomi teologici, e misurare l’accettazione degli altri secondo quei
criteri», è profondamente sbagliato.
L’igumeno Pierre Meschtcherinov,
del monastero di San Daniele a
Mosca, citato da Golovanow, è sulla stessa lunghezza d’onda quando
parla di “sottocultura normativa”,
di ecclesiologia superficiale, di pietà liturgica rigida, di pratiche di direzione spirituale autoritarie. Occorrerebbe invece «analizzare in
modo critico le formulazioni dei
Padri, separare l’essenza delle
Chiese dalle contingenze politicheeconomiche-ideologiche attuali, e
liberarsi dal peso della storia per
comprendere la Chiesa in maniera
più personale». In estrema sintesi,
si vuole una lettura dei Padri della
Chiesa aperta alla riflessione e in
cerca di risposte alle sfide del mondo attuale.
Secondo Demacopoulos, l’errore
intellettuale più grande del fondamentalismo ortodosso risiede nel
presupposto che i Padri della Chiesa fossero d’accordo su tutte le
questioni teologiche ed etiche. Errore legato all’ipotesi che, nel tempo, la teologia ortodossa non sia
mai cambiata. L’esperto segnala altre false argomentazioni: che la comunità monastica sia sempre stata
il guardiano dell’insegnamento ortodosso; che i Padri della Chiesa
fossero anti-intellettuali; che l’adesione ai loro insegnamenti implichi
necessariamente il rifiuto di tutto
ciò che proviene dall’O ccidente.
Ecco allora che la (giusta) pretesa
di proteggere la fede ortodossa dalla corruzione della modernità si
estende, fino a scagliarsi contro
chiunque (persone, istituzioni, interi rami della Chiesa ortodossa)
«non soddisfi le norme autoproclamate dell’insegnamento ortodosso». Fa parte di queste manifestazioni fondamentaliste l’«inquietudine» della comunità monastica del
Monte Athos provocata dalla visita
di Papa Francesco al Phanar il 2930 novembre 2014 e dal suo abbraccio con il patriarca di Costantinopoli, espressa recentemente in
una lettera indirizzata allo stesso
Bartolomeo. Posizioni che influiscono negativamente anche sul dialogo ecumenico, nutrite come sono
— osserva padre Vladimir Zelinskij,
dell’arcivescovado per le Chiese ortodosse russe in Europa occidentale (esarcato del patriarcato ecumenico) — dall’«ossessione della purezza confessionale, sempre unita
alla pesante ideologia delle vecchie
diffidenze, ferite, offese, rancori,
ostilità». Quando, scrive Papa
Francesco nell’Evangelii gaudium,
«siamo noi che pretendiamo la diversità e ci rinchiudiamo nei nostri
particolarismi, nei nostri esclusivismi, provochiamo la divisione e,
d’altra parte, quando siamo noi che
vogliamo costruire l’unità con i nostri piani umani, finiamo per imporre l’uniformità, l’omologazione.
Questo non aiuta la missione della
Chiesa» (n. 131).
In un’epoca in cui tanti giovani
si disinteressano totalmente della
propria appartenenza religiosa —
conclude Demacopoulos — «i progressi dell’ideologia fondamentalista nelle parrocchie conducono a
una situazione dove i nostri ragazzi
sono portati a scegliere fra estremismo religioso e assenza totale di religione».
Alexandre Schmemann, uno dei
più importanti teologi ortodossi
del ventesimo secolo, scriveva che
«la teologia ortodossa deve conservare i suoi fondamenti patristici ma
anche andare al di là dei Padri se
vuole rispondere a una nuova situazione creata da secoli di sviluppo filosofico. E in questa nuova
sintesi di ricostruzione, la tradizione filosofica occidentale (fonte e
madre della filosofia religiosa russa
del XIX e XX secolo), più di quella
ellenica, deve fornire alla teologia
un quadro concettuale». Si tratta
di «“trasporre” la teologia in un’altra “chiave” e tale trasposizione è
considerata il compito specifico e
la vocazione della teologia russa».
«Che cosa stiamo facendo? (…) Noi
stiamo attuando una realtà (…) Si
inaugura oggi la nuova forma della
liturgia in tutte le parrocchie e chiese del mondo». Queste parole cariche di emozione pronunciate da Papa Paolo VI durante la prima messa
in italiano celebrata il 7 marzo 1965
nella parrocchia romana di Ognissanti — alla quale il Vicariato di Roma dedica oggi, venerdì 27 febbraio,
il convegno «Uniti nel rendimento
di grazie» — rivelano un’attenzione
verso il popolo di Dio, che esigeva
una particolare cura pastorale per far
rinascere la vita spirituale. Il passaggio dal latino alla lingua viva fu uno
dei segni più evidenti del cambiamento introdotto dal Vaticano II e
testimonia che il criterio pastorale
animò tutti i lavori del concilio e caratterizzò la riforma liturgica. «È un
grande avvenimento, che si dovrà ricordare come principio di rigogliosa
vita spirituale, come un impegno
nuovo nel corrispondere al grande
dialogo tra Dio e l’uomo». Paolo VI
il 7 marzo 1965 anche durante l’Angelus volle ribadire il senso di questo cambiamento: la Chiesa riteneva
necessario introdurre la lingua dei
fedeli nella preghiera, per renderla
comprensibile. Si sacrificava così il
latino e «l’unità di linguaggio nei
vari popoli in omaggio a questa
maggiore universalità, per arrivare a
tutti». Si segnava così «una data
memorabile nella storia spirituale
della Chiesa».
Quando i padri conciliari si trovarono a riflettere sulla riforma e promozione della liturgia, intesero
«adattare alle esigenze del nostro
tempo quelle istituzioni che sono
soggette a mutamenti» (Sacrosanctum concilium, 1). La partecipazione
piena, attiva e consapevole dei fedeli
alla liturgia ha il suo fondamento
nel dono del battesimo e costituisce
uno dei pilastri della riforma e un
criterio di revisione dei riti e dei testi. Quando nell’assemblea conciliare
si arrivò a trattare l’uso del latino
nella liturgia, si stabilì che la lingua
viva — poiché può rivelarsi di grande utilità per il popolo — trovasse
uno spazio più ampio nelle celebrazioni liturgiche. Negli anni immedia-
tamente successivi, speciali commissioni studiarono la possibilità di introdurre nella prassi celebrativa i
principi teologici emersi durante il
concilio. Paolo VI decise di approvare una prima attuazione della riforma, che già era possibile tradurre in
pratica senza dover attendere i nuovi
libri liturgici, come per esempio
l’uso della lingua viva.
In questi cinquant’anni i principi
teologici e i criteri pastorali racchiusi
nella Sacrosanctum concilium sono
stati l’anima che ha guidato la riforma, ma tutto ciò che fu predisposto
non si è sempre attuato. Tradurre in
lingua parlata le formule o i testi
della sacra Scrittura è stato l’inizio
di un percorso. Rimane ancora un
grande lavoro da compiere: aiutare i
fedeli a entrare più profondamente
nell’esperienza dell’incontro con Cristo, che si realizza nella liturgia. Partendo da un’autentica proposta di
fede e di conversione, è necessario
sviluppare un progetto di pastorale
liturgica che incarni nella vita celebrativa quotidiana la teologia e la
pastorale emersi dal Vaticano II, rivolgendosi principalmente alle comunità parrocchiali.
La celebrazione perde forza comunicativa se usa un linguaggio e alcuni segni che non sono chiari per gli
uomini di oggi o non vengono spiegati. Per questo Papa Francesco nella Evangelii gaudium scrive che «la
Chiesa evangelizza e si evangelizza
con la bellezza della liturgia» (n.
24). Pastori e battezzati entreranno
nell’esperienza liturgica della Chiesa
per riscoprire la vera fonte della vita
cristiana e individuare nelle proposte
dei nuovi libri liturgici una via idonea per una partecipazione piena al
mistero pasquale di Cristo. Un percorso di pastorale liturgica ribadirà il
senso della riforma, in continuità
con quanto profeticamente dichiarato da Paolo VI all’Angelus del 7 marzo 1965: «Questo per voi, fedeli,
perché sappiate meglio unirvi alla
preghiera della Chiesa, perché sappiate passare da uno stato di semplici spettatori a quello di fedeli partecipanti e attivi».
*Direttore dell’Ufficio liturgico
del Vicariato di Roma
A una pastora protestante il premio Niwano
Riconoscimento di Pax Christi International a un collettivo femminile colombiano
Donne
operatrici di pace
Quando gli uomini fanno la guerra
TOKYO, 27. Nel marzo del 2010 ha
fondato la Women Without Walls
Initiative (Wowwi) per contribuire
a porre fine alla violenza e alle
ingiustificate uccisioni di donne e
bambini nello Stato nigeriano di
Plateau. È dunque per il suo
«servizio all’umanità nella ricerca
di una pacifica coesistenza» che
Esther Abimiku Ibanga, pastora
protestante, ha vinto la trentaduesima edizione del premio Niwano per la pace (Niwano Peace Prize), la cui fondazione ha sede a
Tokyo.
Il comitato di selezione internazionale sottolinea che la sua azione
«ha non solo avuto effetto sulla vita di migliaia di persone ma ha
creato e diretto una organizzazione
che ne tocca migliaia di altre».
La Wowwi ha anche rappresentato le donne in conferenze internazionali e forum in diversi Paesi
come Ruanda, Sud Africa, Austria
e Stati Uniti, e la pastora ha presentato alle Nazioni Unite un documento intitolato «Prevenire e affrontare la violenza e le atrocità criminali contro le minoranze».
Fin dalla sua origine — riferisce
AsiaNews — l’organizzazione è divenuta una forte coalizione di
gruppi di donne al di là delle divisioni etniche e religiose ed è la prima ad avere tra i suoi membri le
donne leader di tutti i gruppi tribali, incluse cristiane e musulmane.
La visione della Women Without Walls Initiative vuole sviluppare un approccio inclusivo creativo e non violento alla risoluzione
dei conflitti per la trasformazione
della Nigeria attraverso le donne.
Nella maggior parte dei conflitti in
Africa, le donne e i bambini subiscono le conseguenze peggiori. Allo stesso tempo, come madri, le
donne sono le prime educatrici.
In tale ottica, il lavoro di Esther
Abimiku Ibanga mira a promuovere e sfruttare il potenziale delle
donne come operatori di pace, riconoscendo che esse possono avere
una forte influenza nella vita degli
uomini (padri, fratelli, mariti, figli).
Da qui sono state intraprese iniziative per incrementare il ruolo delle
donne attraverso l’acquisizione di
varie competenze (anche di microfinanza).
La vincitrice del premio Niwano
è stata inoltre uno dei capi religiosi
più attivi nella condanna dei sequestri compiuti da Boko Haram
in Nigeria. Ha organizzato marce
di protesta e invitato i responsabili
politici ad affrontare la questione
del maltrattamento delle donne.
La Women Without Walls Initiative ha anche introdotto, per la
prima volta, i «dialoghi comunitari
con la polizia» per promuovere la
fiducia tra le comunità e le forze
dell’ordine, nel tentativo di contrastare il terrorismo. E insieme ad altre organizzazioni ha promosso iniziative nelle scuole primarie e secondarie del Plateau per offrire ai
bambini la possibilità di giocare un
ruolo attivo nella costruzione della
pace e per dare loro un’immagine
della vita diversa dalla situazione
di guerra che li circonda.
BRUXELLES, 27. Sono le donne, un
gruppo di donne colombiane, le
vincitrici del premio per la pace di
Pax Christi International. Ne dà
notizia un comunicato dello stesso
movimento cattolico internazionale,
nel quale si rende noto che il riconoscimento per il 2015 è stato assegnato al Colectivo de Pensamiento
y Acción Mujeres, Paz y Seguridad
(Collettivo di riflessione e azione
su donne, pace e sicurezza).
Istituito nel 1988 e patrocinato
dal fondo per la pace intitolato alla
memoria del cardinale Bernard Jan
Alfrink — dal 1955 al 1975 arcivescovo di Utrecht nonché antico presidente di Pax Christi International
— il premio ha come scopo principale quello di richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sull’attività svolta da persone e organizzazioni impegnate nel promuovere la
pace, la giustizia e la non-violenza
nel mondo.
Il Colectivo de Pensamiento y
Acción è sorto nell’ottobre 2011 e
riunisce donne con esperienze sociali e professionali molto diverse
(religiose, ex combattenti, indigene, afrocolombiane, giornaliste, accademiche, attiviste per i diritti
umani, sindacaliste) insieme a organizzazioni impegnate per la costruzione di una pace sostenibile e
duratura in Colombia. Il Paese latinoamericano, come è noto, è attualmente impegnato nel processo
di pace con i guerriglieri delle
Farc, per uscire da un conflitto
che, secondo le stime ufficiali, in
circa cinquant’anni ha lasciato sul
terreno più di 220.000 morti e 5,3
milioni di sfollati.
In particolare, da parte di Pax
Christi International viene sottoli-
neato il ruolo svolto dal Collettivo
nella redazione del Pacto ético por
un país en paz, documento che
punta sul concetto di «cittadinanza
attiva per la pace» e che invita a
una riflessione etica le parti coinvolte nel conflitto, in modo da trasformare in positivo tutti quegli atteggiamenti e situazioni che negli
anni hanno alimentato la guerra in
Colombia.
Con il premio, Pax Christi International ha voluto anche valorizzare «il ruolo centrale che le donne
occupano nei processi di trasformazione dei conflitti e costruzione
della pace al livello locale, nazionale e internazionale». Il premio sarà
consegnato il 16 maggio prossimo a
Betlemme, in occasione delle celebrazioni per il settantesimo anniversario della fondazione di Pax
Christi International.
L’OSSERVATORE ROMANO
sabato 28 febbraio 2015
pagina 7
«Elia rapito in cielo
ed Eliseo che raccoglie il suo mantello»
Conclusi ad Ariccia gli esercizi spirituali della Curia romana
Il fuoco
e il mantello
«Tradizione è conservare il fuoco,
non adorare le ceneri»: non attinge
alla Bibbia, ma a una frase del compositore Gustav Mahler la conclusione degli esercizi spirituali per il Papa e la Curia romana guidati ad
Ariccia da padre Bruno Secondin. Il
predicatore carmelitano ha voluto
così — richiamando l’immagine del
fuoco tanto vicina alla figura del
profeta Elia — invitare tutti, tornando ai normali impegni quotidiani, a
essere «esploratori di sentieri di novità per sé e per gli altri», a raccogliere il mantello di Elia, la sua eredità, e a «uscire verso le frontiere»
diventando «profeti di fraternità».
La meditazione di padre Secondin
si è tenuta nella mattina di venerdì
27 febbraio. Al termine, dopo i saluti
e i ringraziamenti di Papa Francesco,
i partecipanti hanno fatto rientro in
Vaticano.
L’ultima tappa dell’itinerario di riflessione e preghiera proposto dal
predicatore ha centrato il suo obbiettivo sull’episodio biblico narrato nel
secondo libro dei Re (2, 1-14), dove
vengono descritti il saluto finale di
Elia ai suoi discepoli e a Eliseo, il
suo rapimento nel carro di fuoco e
l’inizio della missione di Eliseo che
si spoglia delle vesti, raccoglie il
mantello del maestro e, sulle rive del
Giordano, viene riconosciuto come il
vero erede del profeta. È un racconto intenso, pieno di tenerezza, nel
quale un po’ si scioglie la durezza
caratteriale che contraddistingueva
Elia. Il profeta in qualche modo impara — e anche noi, ha suggerito padre Secondin, dovremo imparare «a
offrire abbracci di speranza e di tenerezza» — dal suo discepolo che è
affettuoso e paziente.
Il viaggio che porta i due protagonisti ad attraversare il Giordano
esprime anche simbolicamente quel
legame, che caratterizza tutta la vicenda di Elia, con la storia antica
della salvezza ma anche con la storia
futura, quella che vedrà Cristo immergersi in quelle stesse acque e
portare la pienezza dell’alleanza. Già
questo itinerario, nel quale il discepolo accompagna premurosamente il
maestro e cerca di attingere da lui
tutti gli ultimi preziosi insegnamenti,
suscita delle riflessioni. «Tutti abbiamo bisogno di maestri» ha ricordato
il predicatore, invitando sia ad avere
sempre un padre spirituale, sia a saper accompagnare gli altri: «Altrimenti — ha ammonito — siamo solo
burocrati».
Poi arriva la scena topica: la «vita
di fuoco» di Elia, segnata da «parole di fuoco», alla fine si consuma nel
fuoco «come un olocausto». Il profeta viene rapito in cielo nel carro di
fuoco. E solo se Eliseo contempla
questo fuoco può ricevere l’eredità
di Elia, simboleggiata dal suo mantello. «Il carisma del governo, del
culto, della profezia, della sapienza
si trasmette nel fuoco, in una verità
vissuta che brucia ostacoli ed è capace di aprire strade nuove» ha spiegato padre Secondin. Eliseo si spoglia
di se stesso e si riveste del mantello:
«Deve vivere quello che il mantello
richiama: fuoco, servizio, lotta».
Il giovane, tornando verso la comunità, sente la pesantezza della sfida, la grandezza che lo sovrasta. Ha
paura. Nella Scrittura si legge che
egli sulla riva del Giordano grida:
«D ov’è il Signore, Dio di Elia?». Ed
è proprio allora, in un gesto, che ha
inizio la sua missione. Eliseo percuote le acque con il mantello e le acque si aprono. Tutto parte da lì. E si
ritrova lì, ha sottolineato il carmelitano, un impegno per ognuno: oc-
corre «saper aprire un passaggio nel
vortice caotico della vita, aprire sentieri di vita e di fedeltà». È, ha detto, «una sfida per tutti noi».
Rivolgendosi direttamente ai presenti, padre Secondin ha continuato:
«Scendendo ora verso la città, lasciando questa solitudine in cui ci
siamo un po’ nascosti, noi dobbiamo
ugualmente accettare che gli altri
possano vedere in noi che qualcosa
dello spirito di Elia è sceso su di
noi: dal nostro sguardo, dal nostro
stile, dalla nostra capacità di aprire
strade di autenticità e sentieri di libertà, dalla nostra capacità di abbracciare ogni morto perché torni in
vita, di gridare i nostri dubbi... perché anche noi ne abbiamo tanti», la
gente «deve poter verificare se davvero portiamo non solo il mantello,
la faccia da oremus», ma anche la capacità «di aprire cammini in mezzo
ai “Giordani” caotici della vita della
storia, di questa società».
In questo senso il predicatore ha
ricordato che il carisma del governo
nella Chiesa e quello del celebrare
Prima predica di Quaresima nella cappella Redemptoris Mater
Convertirsi credendo
Per vivere «la gioia del Vangelo»
occorre «convertirsi credendo» e respirare lo Spirito Santo a pieni polmoni. Sono le immagini scelte dal
cappuccino Raniero Cantalamessa,
predicatore della Casa Pontificia,
nella prima predica di quaresima,
tenuta nella cappella Redemptoris
Mater del Palazzo apostolico la
mattina di venerdì 27 febbraio.
A fare da filo conduttore alla riflessione è stata l’esortazione Evangelii gaudium di Papa Francesco,
con i suoi «tre poli di interesse» in-
trecciati tra loro: «il soggetto, l’oggetto e il metodo della evangelizzazione». Insomma, «chi deve evangelizzare, cosa si deve evangelizzare, come si deve evangelizzare». E
la «novità» portata da Francesco,
ha fatto notare padre Cantalamessa,
«va cercata nell’appello che rivolge
all’inizio della lettera e che costituisce il cuore di tutto il documento»:
l’invito «a rinnovare oggi stesso
l’incontro personale con Gesù Cristo o, almeno, a prendere la decisione di lasciarsi incontrare da lui, di
A colloquio con il cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon in Myanmar
Nel Paese arcobaleno
di NICOLA GORI
Che cosa possono fare i cattolici per contribuire alla
costruzione della nazione?
Una Chiesa dei poveri e per i poveri, che fa sentire la sua voce per difendere la dignità delle persone di fronte alle ingiustizie. È la realtà della comunità cattolica del Myanmar descritta al nostro
giornale dal cardinale Charles Maung Bo, arcivescovo di Yangon in Myanmar, che ha ricevuto la
porpora nel concistoro dello scorso 14 febbraio.
Abbiamo contribuito molto a costruire la nazione. La Chiesa è andata negli angoli più remoti, fornendo educazione e formazione alle comunità etniche. Ora sono diventate comunità ben
preparate e sicure, tanto che offrono insegnanti,
sacerdoti, religiose e operatori nel campo dello
sviluppo. Il nostro contributo è stato limitato da
una politica che ha negato un’educazione di qualità alla gente del Myanmar. La Chiesa è attiva
ed efficiente negli ambiti dell’educazione, della
sanità e dello sviluppo umano. E il Governo deve
trattare la Chiesa come partner nella costruzione
della nazione. Abbiamo offerto il nostro servizio.
Il Governo del Myanmar ha bisogno della Chiesa. Operiamo in aree in cui nemmeno le istituzioni pubbliche sono mai arrivate. Per una pace e
uno sviluppo autentici, il ruolo della Chiesa è
fondamentale.
Lei è il primo vescovo del Myanmar che diventa cardinale. Qual è il significato della scelta del Papa?
Personalmente sento che questo gesto nasce
dalla vita e dalla missione di Francesco. Egli
guarda alla realtà della Chiesa dalla prospettiva
delle “periferie”: questa visione radicale anima
tutte le sue decisioni. È certamente un onore per
il popolo del Myanmar. Per cinque decenni abbiamo vissuto sotto una dittatura soffocante, con
una pesante discriminazione nei confronti dei cristiani. Molti considerano la sopravvivenza e la
crescita della Chiesa un miracolo. Di fatto, l’onore che ricevo è una chiamata a servire gli uomini
e le donne del nostro Paese. È anche un omaggio
ai miei fratelli vescovi, la cui pazienza e avvedutezza ha aiutato la Chiesa a sopravvivere. Penso
che tributando questo onore, il Papa ci ha chiamati a un servizio più grande alla Chiesa e alla
nazione in questo tempo critico della storia.
I cristiani sono una minoranza nel Paese. Che cosa
fate per promuovere il dialogo con le altre religioni?
Il nostro impegno è triplice: dialogo con i poveri, dialogo con le culture e dialogo con le religioni. Il dialogo con i poveri è stato intenso: siamo una Chiesa povera, viviamo in mezzo a loro,
li educhiamo, li prepariamo attraverso diversi
programmi sociali. In molti campi, tra i poveri
nelle aree più remote l’unica a essere presente è la
Chiesa. Il dialogo con le culture è molto importante. Siamo un Paese “arcobaleno”: sette tribù
principali con 135 clan tribali. Siamo una Chiesa
variopinta. Questo è una benedizione e una sfida. La Chiesa deve essere inculturata e anche forgiare un’identità comune. Sono sforzi che si stanno compiendo in molti modi. Abbiamo Chiese
locali forti. Gli incontri comuni, come la celebrazione del quinto centenario dell’evangelizzazione
del Myanmar, sono fonte di interazione. Vengono
organizzate conferenze annuali per i giovani e incontri religiosi. Con la religione buddista, che è
quella maggioritaria, manteniamo un contatto costante attraverso monaci che hanno la nostra stessa visione. Grazie al gruppo chiamato Religions
for peace (“religioni per la pace”) si svolgono incontri regolari. Continuiamo a far sentire la no-
devono sempre essere arricchiti dal
«munus profetico» e da esso devono
ricevere dinamicità.
Dopo aver sottolineato che, come
è stato per Eliseo, tutti devono essere disponibili «a lasciarsi giudicare
dai fratelli», padre Secondin ha pro-
vato a raccogliere le provocazioni e
gli inviti scaturiti da questi giorni di
meditazione. Innanzitutto l’attenzione al popolo e in particolare agli ultimi. Lo aveva già indicato nella meditazione della sera di giovedì, quando aveva molto insistito sull’importanza di farsi intercessori, di farsi carico delle fatiche del popolo: «Uscire verso gli altri, verso le fatiche dei
poveri», come ha ribadito anche in
un’intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano in occasione di questi
esercizi spirituali. Alla parola profetica, infatti, ha detto durante la meditazione, «è intrinseca la fecondità
della fraternità».
Bisogna quindi «farsi tessitori di
incontri e compagni di ogni tribolato». Soprattutto, occorre «lasciarsi
continuamente sorprendere da Dio,
imparare ad accogliere la novità di
Dio». La Chiesa, ha ricordato il predicatore, «non può essere una bottega di restauro, un museo delle cere o
un laboratorio di utopie strampalate». Perciò, come Elia, dobbiamo essere sempre pronti «a metterci in
cammino se la Parola ci chiede di
andare».
Il logo utilizzato per le celebrazioni del quinto centenario
della presenza della Chiesa cattolica in Myanmar
A partire dalla sua esperienza salesiana, che ruolo
vede per i religiosi e le religiose nella promozione dello sviluppo umano?
stra voce contro la violenza, in particolare contro
gli attacchi ai musulmani da parte di gruppi di
fondamentalisti.
Nel Paese ci sono oltre 2500 religiosi. Le religiose hanno svolto un grande lavoro tra le comunità più lontane. La loro vicinanza ai poveri è lodevole ed è una delle ragioni della solidità di tali
comunità. Ma con l’aprirsi del Paese, le religiose
hanno bisogno di più capacità, educazione e
competenza. Prevediamo anche un ruolo maggiore nei settori dell’educazione e della sanità.
In che modo la Chiesa è vicina alla maggioranza
della popolazione che soffre a causa della povertà?
Il 60 per cento della nostra gente è molto povera. La povertà assoluta tocca circa il 40 per
cento. Moltissimi sono sfollati internamente o in
altri Paesi, alcuni subiscono le moderne forme di
schiavitù. Ma il nostro Paese non è sempre stato
così. Negli anni Cinquanta e all’inizio degli anni
Sessanta la Birmania era tra le nazioni più ricche
del sud-est asiatico. Ci sono ancora immense risorse naturali e umane. I leader che hanno preso
il potere negli anni Sessanta hanno trasformato
un Paese ricco in uno tra i più poveri al mondo.
La povertà del Myanmar è un disastro prodotto
dall’uomo. A scarseggiare non è la carità, ma la
giustizia. Quindi la Chiesa deve alzare la propria
voce, insieme ad altri gruppi che la pensano allo
stesso modo, per difendere la giustizia economica
e sociale. La Chiesa deve svolgere un ruolo importante, e ci stiamo dedicando a due questioni
rilevanti: i diritti terrieri e il diritto all’educazione. Riguardo all’aiuto ai poveri, la nostra rete di
Caritas, presente in 16 diocesi, sta lavorando duramente. Siamo anche impegnati a sostenere le
persone sfollate. Ma la povertà del Myanmar è
l’ingiustizia commessa contro il nostro popolo e
non potremo avere pace fino a quando non sarà
resa giustizia ai poveri.
Come si può essere missionari seguendo lo stile di
Papa Francesco?
Francesco insiste su una Chiesa che guarda
avanti. Nella Evangelii gaudium dice che la Chiesa non è un museo di «mummie» e parla della
necessità di uscire da una «psicologia della tomba». Nei cinque secoli di vita la Chiesa in Myanmar non è mai venuta meno al suo compito missionario. Da duecentomila cattolici siamo diventati ottocentomila. Ma seguiamo anche il consiglio del Papa di accompagnare i poveri. La nostra è una Chiesa dei poveri e per i poveri. È
questa una missione viva nelle nostre diocesi. Dal
punto di vista pastorale, la maggior parte delle
diocesi ha un proprio piano, che si concretizza
anche in programmi sociali. Stiamo preparando i
catechisti, un esercito di quasi 3000 uomini e
donne, e il nostro lavoro tra i migranti e gli sfollati ha già portato loro Cristo. Attualmente siamo
impegnati nella missione sintetizzata dall’espressione «evangelizzati che diventano evangelizzatori» con lo scopo di preparare i laici a raggiungere
le aree più remote del Paese.
cercarlo ogni giorno senza sosta».
Del resto, «lo scopo ultimo
dell’evangelizzazione non è la trasmissione di una dottrina, ma l’incontro con una persona: Gesù Cristo». Un incontro «libero, voluto,
spontaneo, non puramente nominale, giuridico o abitudinario». In
particolare, ha affermato il predicatore, «l’urgenza di una nuova evangelizzazione, e cioè di una evangelizzazione che muova da basi diverse da quelle tradizionali e che tenga
conto della situazione nuova», è
dovuta alla profonda mutazione
della «situazione della fede nella società». Così, ha rilevato, «si tratta
in pratica di creare per gli uomini
d’oggi delle occasioni che permettano loro di prendere, nel nuovo contesto, quella decisione personale libera e matura che i cristiani prendevano all’inizio nel ricevere il battesimo e che faceva di essi dei cristiani
reali e non solo nominali».
La questione riguarda soprattutto
«la massa dei cristiani già battezzati
che vivono come cristiani puramente di nome e non di fatto, completamente estranei alla Chiesa e alla
vita sacramentale». E «la risposta a
questo problema è venuta più da
Dio stesso che dall’iniziativa umana: sono gli innumerevoli movimenti ecclesiali, aggregazioni laicali e
comunità parrocchiali rinnovate, apparse dopo il concilio». Proprio
«queste realtà sono il contesto e lo
strumento che permette a tante persone adulte di fare una scelta personale per Cristo, di prendere sul serio il loro battesimo, di diventare
soggetti attivi della Chiesa».
Riprendendo in mano la Evangelii gaudium, padre Cantalamessa ha
ribadito che «la gioia del Vangelo
riempie il cuore e la vita intera di
coloro che si incontrano con Gesù».
Ma, ha avvertito, «se non vogliamo
che le parole restino solo parole,
dobbiamo porci una domanda: perché il Vangelo sarebbe fonte di
gioia? L’espressione è solo un comodo slogan o corrisponde a verità?». Anzi, prima ancora: «Perché il
Vangelo si chiama così, cioè notizia
lieta, bella, gioiosa?». Per il predicatore «la via migliore per scoprirlo» è partire proprio dal Vangelo,
dalle parole stesse di Gesù e dal
senso autentico del suo invito alla
conversione. E cioè «un completo
cambiamento di mente, un entrare
in un ordine di idee totalmente
nuovo».
Dunque «convertirsi non significa più tornare indietro; significa
piuttosto fare un salto in avanti ed
entrare, mediante la fede, nel regno
di Dio che è venuto in mezzo agli
uomini». Perciò «convertitevi e credete» non sono «due cose diverse e
successive, ma la stessa azione: convertitevi, cioè credete; convertitevi
credendo».
Spazzati via i luoghi comuni per
cui il Vangelo sarebbe sinonimo di
sofferenza e non di gioia, Francesco
nell’esortazione non manca di ricordare «tutti i grandi “no” contro
l’egoismo, l’ingiustizia, l’idolatria
del denaro; e tutti i grandi “sì” che
esso ci sprona a dire al servizio de-
gli altri, all’impegno sociale, ai poveri». È «la dimostrazione che l’incontro personale con Gesù è tutt’altro che una esperienza intimistica e
individualistica; diventa, al contrario, la molla principale per l’evangelizzazione e la santificazione personale».
Riferendosi, infine, allo Spirito
Santo, padre Cantalamessa ha ricordato che «la quaresima è il tempo
di inspirazione per eccellenza». E
ha invitato «a fare profondi respiri
per riempire di Spirito Santo i polmoni della nostra anima e così, senza che ce ne rendiamo conto, il nostro alito profumerà di Cristo».
Nomina episcopale
a Malta
La nomina di oggi riguarda la
Chiesa a Malta.
Charles Jude Scicluna
arcivescovo di Malta
Nato a Toronto, in Canada, il
15 maggio 1959, ha studiato nel
seminario maggiore di Malta e
all’università locale, ottenendo la
laurea in diritto civile e la licenza
in sacra teologia. Poi si è laureato in diritto canonico alla Pontificia università Gregoriana a Roma. Ordinato sacerdote l’11 luglio 1986 per l’arcidiocesi di
Malta, tra il 1990 e il 1995 è stato
difensore del vincolo e promotore di giustizia al tribunale metropolitano di Malta, professore di
teologia pastorale e diritto canonico presso la locale facoltà di
teologia e vice rettore del seminario maggiore dell’arcidiocesi.
Ha lavorato anche nelle parrocchie di San Gregorio Magno,
Sliema, e della Trasfigurazione,
Iklin, presso Malta, ed è stato
cappellano al convento locale di
Santa Caterina. Nel 1995 è divenuto promotore di giustizia sostituto presso il Supremo tribunale
della Segnatura apostolica e poi
promotore di giustizia presso la
Congregazione per la dottrina
della fede, insegnando anche, come professore invitato, presso la
facoltà di diritto canonico della
Gregoriana. Eletto vescovo titolare di San Leone e ausiliare di
Malta il 6 ottobre 2012, ha ricevuto l’ordinazione episcopale il
24 novembre successivo e il 1° dicembre è divenuto membro della
Congregazione per la dottrina
della fede. Il 18 ottobre 2014, alla
rinuncia dell’arcivescovo Cremona, è stato nominato amministratore apostolico dell’arcidiocesi
maltese. Il 21 gennaio 2015 è divenuto presidente del collegio
per l’esame dei ricorsi alla sessione ordinaria della Congregazione
per la dottrina della fede.