L'OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLV n. 5 (46.843)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
venerdì 9 gennaio 2015
.
Francesco prega per le vittime del feroce attentato a Parigi
Violenza abominevole
La condanna degli imam di Francia in visita a Roma
«L’attentato di ieri a Parigi ci fa
pensare a tanta crudeltà, crudeltà
umana». Nella messa celebrata a
Santa Marta giovedì mattina 8 gennaio Papa Francesco ha espresso tutto il suo dolore per l’orribile atto di
violenza che si è consumato mercoledì nella sede del settimanale satirico «Charlie Hebdo». Ha pregato
per i dodici morti, per i feriti, per le
loro famiglie e anche per la conversione degli attentatori. Di fronte a
«tanto terrorismo, sia al terrorismo
isolato, sia al terrorismo di Stato» ha
detto il Pontefice, fa riflettere «la
crudeltà della quale è capace l’uomo». Perciò, oltre ad affidare a Dio
«le vittime di questa crudeltà» ha
invitato a intercedere «anche per i
crudeli, perché il Signore cambi il
loro cuore».
Poche ore più tardi Francesco ha
incontrato l’arcivescovo di Parigi, il
cardinale André Ving-Trois, al quale
aveva già indirizzato, tramite il cardinale Pietro Parolin, segretario di
Stato, un telegramma di cordoglio:
«Apprendendo del terribile attentato
— vi è scritto in francese — avvenuto
a Parigi nella sede di “Charlie Hebdo”, che ha causato numerose vittime, Sua Santità Papa Francesco si
associa con la preghiera al dolore
delle famiglie in lutto e alla tristezza
di tutti i francesi. Affida le vittime a
Dio, pieno di misericordia, pregandolo di accoglierle nella sua luce.
Esprime la sua profonda vicinanza
alle persone ferite e alle loro famiglie, chiedendo al Signore di dare
loro conforto e consolazione nella
prova. Il Santo Padre condanna an-
cora una volta la violenza che genera
tante sofferenze e, chiedendo a Dio
di fare il dono della pace, invoca
sulle famiglie colpite e sui francesi il
beneficio delle Benedizioni divine».
Già nel pomeriggio di mercoledì
il Pontefice, attraverso un comunicato del direttore della Sala stampa
della Santa Sede, padre Federico
Lombardi, aveva espresso ferma condanna per «l’orribile attentato» che
ha funestato la città di Parigi «con
un alto numero di vittime, seminando la morte, gettando nella costernazione l’intera società francese, turbando profondamente tutte le persone amanti della pace, ben oltre i
confini della Francia». Il Papa, si
legge nel testo, «partecipa nella preghiera alla sofferenza dei feriti e delle famiglie dei defunti ed esorta tutti
Si cercano ancora gli autori dell’eccidio nella sede di «Charlie Hebdo»
Francia ferita
PARIGI, 8. Nuove violenze e un’altra vittima tra le forze di polizia
francesi hanno segnato le ore seguenti al sanguinoso attentato compiuto ieri nella sede del giornale satirico «Charlie Hebdo» da due terroristi di matrice fondamentalista
islamica tuttora ricercati e fuggiti
con un loro complice. I due sono i
fratelli Cherif e Said Kouachi, che
ieri sembravano essere stati individuati a Reims, dove la polizia ha
effettuato cinque fermi. Stamani sarebbero stati localizzati nelle vicinanze di Villers-Corretet, in Piccardia. I due, in fuga su un’automobile bianca, hanno costretto il gestore
di una pompa di benzina a rifornirli di carburante e poi si sono diretti
verso Seine-et-Marne e quindi di
nuovo verso Parigi. il quotidiano
«Le Figaro» scrive però che i due
hanno abbandonato la vettura e ora
sarebbero asserragliati in un’abitazione a Crepy-en-Valois, a nord di
Parigi. Una conferma indiretta viene dal fatto che tutti i bambini della località sono chiusi nelle scuole
per disposizione della polizia accorsa in forze. È stato intanto confermato che tra i cinque fermati a
Reims ci sono una sorella e la moglie di Said Kouachi.
Stamani, intanto, un uomo ha
aperto il fuoco contro agenti inter-
Una chiave interpretativa
del terrorismo
Umano troppo umano
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DARIO FERTILIO
A PAGINA
5
Dai leader religiosi una condanna
unanime e senza sconti
Atrocità
ingiustificabile
PAGINA 6
venuti sul luogo di un incidente
stradale a Montrouge, alla periferia
meridionale di Parigi, colpendone
due, una dei quali è morta dopo il
ricovero in ospedale. L’omicida è
riuscito a darsi alla fuga alla guida
di un’automobile che ha poi abbandonato e che è stata localizzata dalle forze di polizia ad Arcueil,
nell’Île-de-France, la regione di Parigi. Il ministro dell’Interno francese, Bernard Cazeneuve, ha detto
che l’identità dell’assalitore è ancora
ignota, smentendo quanto affermato in precedenza da alcuni siti francesi che avevano messo in relazione
alla sparatoria a Montrouge il fermo di un uomo di 52 anni, di origine africana, con precedenti penali.
Il ministro, comunque, ha specificato che al momento non c’è alcun
legame accertato tra questo episodio e la strage compiuta ieri.
Al lutto e all’orrore per la strage
di ieri si stanno sommando i timori
per possibili violenze contro la comunità musulmana, a torto accomunata da alcuni ai terroristi. Episodi di questo tipo, per fortuna
senza vittime, ci sono stati nella
notte in tutto il territorio francese,
dove sono stati attaccati vari luoghi
di culto musulmani. Una granata è
stata lanciata contro una moschea
di Mans, nella valle della Loira. C’è
stata poi un’esplosione di fronte a
un ristorante arabo vicino a una
moschea di Villefranche-sur-Saone,
nella regione di Lione. Colpi di arma da fuoco sono stati sparati anche contro una moschea nel dipartimento dell’Aude.
Il presidente francese, François
Hollande ha tenuto questa mattina
all’Eliseo una riunione straordinaria
del Governo e ha poi ricevuto il
suo predecessore Nicolas Sarkozy.
Nelle prossime ore, Hollande ha in
programma di confrontarsi anche
con gli ex presidenti Jacques Chirac
e Valéry Giscard d’Estaing. La manifestazione di tutte le forze politiche unite, inizialmente prevista per
sabato, si terrà domenica.
Nel frattempo si moltiplicano in
tutto il mondo le espressione di vicinanza al settimanale colpito dai
terroristi. Tra l’altro, vignette di indubbia condanna — con lo stile
proprio della satira — appaiono oggi su molti giornali di Paesi arabi.
«Condanna araba, islamica e internazionale dell’attacco», titola inoltre uno dei principali giornali panarabi «Asharq Al Awsat», che ricorda in particolare le dure prese di
posizione espresse ieri dalla Lega
araba e dall’universitaà islamica di
Al Azhar al Cairo. Anche l’altro più
importante quotidiano panarabo,
«Al Hayat», titola «Terroristi colpiscono a sangue freddo nel cuore di
Parigi».
ad opporsi con ogni mezzo al diffondersi dell’odio e di ogni forma di
violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana, viola la dignità
delle persone, mina radicalmente il
bene fondamentale della convivenza
pacifica fra le persone e i popoli,
nonostante le differenze di nazionalità, di religione e di cultura».
Parole nette e decise: «Qualunque
possa esserne la motivazione — afferma il comunicato — la violenza omicida è abominevole, non è mai giustificabile, la vita e la dignità di tutti
vanno garantite e tutelate con decisione, ogni istigazione all’odio va rifiutata, il rispetto dell’altro va coltivato». Il Papa ha quindi concluso
esprimendo «vicinanza, solidarietà
spirituale e sostegno per tutti coloro
che, secondo le loro diverse responsabilità, continuano ad impegnarsi
con costanza per la pace, la giustizia
e il diritto, per guarire in profondità
le sorgenti e le cause dell’odio, in
questo momento doloroso e drammatico, in Francia e in ogni parte
del mondo segnata da tensioni e violenze».
E in mattinata Francesco ha diffuso anche un tweet con l’hashtag:
«#PrayersForParis».
Una dichiarazione comune è stata
diffusa dal cardinale Jean-Louis
Tauran e da quattro imam francesi
che hanno partecipato insieme con
una delegazione della Conferenza
episcopale francese all’udienza generale di mercoledì. I cinque fanno appello a promuovere con ogni mezzo
«una cultura di pace e di speranza»,
capace di vincere la paura e di costruire ponti tra gli uomini. Al tempo stesso, considerato l’impatto dei
mezzi di comunicazione, invitano i
loro responsabili a offrire un’informazione rispettosa delle religioni,
dei loro fedeli e delle loro pratiche
di culto. Infine ribadiscono che il
dialogo interreligioso rimane la sola
via da percorrere insieme per dissipare i pregiudizi.
Cordoglio e vicinanza al popolo
in lutto per la strage di ieri nella sede di «Charlie Hebdo» sono stati
espressi in tutto il mondo. Migliaia
di persone in diverse capitali europee si sono riversate nelle piazze in
una significativa vicinanza a quelle
che lo hanno fatto a Parigi e in altre
città francesi.
Oggi la Francia si è fermata a
mezzogiorno per osservare un minuto di silenzio. Il presidente, François
Hollande, il ministro dell’Interno,
Bernard Cazeneuve, e il sindaco di
Parigi, Anne Hidalgo, hanno scelto
la prefettura di polizia parigina per
rendere omaggio alle dodici vittime
di ieri, tra le quali il direttore e quattro autori del settimanale satirico.
Tre giorni di lutto nazionale erano
Il tweet lanciato dall’account del Papa
stati annunciati ieri da Hollande, in
un discorso alla Nazione tenuto poche ore dopo la strage. Il presidente
ha detto che tutta la Repubblica è
stata colpita, come colpite dagli assassini sono anche la libertà, la cultura, il pluralismo e la democrazia.
Come in Francia, anche in tutte le
sedi istituzionali dell’Unione europea sono esposte le bandiere a
mezz’asta e un minuto di silenzio,
sempre a mezzogiorno, è stato osservato dal Parlamento e dalla Commissione. Stamane circa trecento
persone si sono riunite davanti alla
sede a Bruxelles del Parlamento di
Strasburgo, su invito del presidente
Martin Schulz. Durante la manifestazione l’ambasciatore francese ha
ha espresso l’augurio che i cittadini
francesi ed europei possano reagire
«senza lasciarsi trasportare dalle
emozioni» in difesa dei valori fondamentali della tolleranza e della libertà d’espressione.
Il segretario generale dell’O nu,
Ban Ki-moon, ha parlato di attacco
«orrendo, ingiustificato e a sangue
freddo» contro una delle «pietre angolari della democrazia». Secondo il
segretario generale, «questo attacco
mira a dividere. Non dobbiamo cadere in questa trappola» ed è quindi
necessario «difendere la libertà di
espressione e la tolleranza contro
tutte le forme di odio».
All’immediata condanna espressa
dalla Casa Bianca appena diffusa la
notizia dell’attentato ha fatto seguito
una telefonata del presidente statunitense Barack Obama a Hollande.
Dandone notizia, la stessa Casa
Bianca ha riferito che secondo Obama credere nella libertà è uno dei
valori che gli americani condividono
con il popolo francese. «La libertà
di espressione è qualcosa che non
può essere messo a tacere dalla violenza insensata di pochi», ha aggiunto il presidente, secondo il quale
Il Pontefice ha ricevuto una delegazione degli yazidi
Vicini nella prova
Nella mattina di giovedì 8 gennaio, Papa
Francesco ha ricevuto una delegazione della comunità mondiale degli yazidi.
La delegazione — informa il direttore
della Sala stampa della Santa Sede, padre
Federico Lombardi — era guidata dal Capo di tutti gli yazidi, Mir Takhsin-beg
(Tahseen Saeed Ali), e dal loro Capo spirituale supremo, il “Baba Sheikh”, Sheikh
Kato, residenti ambedue nel Kurdistan iracheno. Facevano parte della delegazione
anche tre altri rappresentanti degli yazidi
del Nord Iraq, della Georgia e della diaspora in Germania.
La delegazione ha ringraziato il Papa —
indicato da uno dei delegati come “padre
dei poveri” — per il suo sostegno per gli
yazidi in questo tempo di persecuzione e
sofferenza, ha informato sulla situazione delle circa cinquemila donne yazide ridotte in schiavitù dall’Isis, ha
messo in risalto le buone relazioni fra gli yazidi e i cristiani e sulla loro reciproca solidarietà. Francesco ha assicurato ai delegati la sua vicinanza spirituale e il suo
sostegno in questo tempo di prova, augurando che presto si possano ristabilire la giustizia e le condizioni per
questo attacco sottolinea appunto
come il terrorismo tema la libertà.
Il presidente cinese Xi Jinping ha
inviato una lettera di condoglianze a
Hollande. «Il terrorismo è il nemico
comune di tutta l’umanità, una minaccia per l’intera comunità internazionale», si legge nella lettera, riportata dall’agenzia di stampa Xinhua.
Anche il presidente russo, Vladimir Putin, ha condannato fermamente l’attacco di Parigi e il terrorismo in tutte le sue forme, secondo
quanto riferito dal portavoce del
Cremlino, Dmitri Peskov, citato
dall’agenzia di stampa Itar-Tass.
Analoghe espressioni sono giunte
da capitali di ogni parte del mondo.
Intervista al cardinale Parolin
sul viaggio del Papa
in Sri Lanka e Filippine
Misericordia
e dialogo
PAGINA 7
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza:
le Loro Eminenze Reverendissime i Signori Cardinali:
— Zenon Grocholewski, Prefetto della Congregazione per
l’Educazione Cattolica (degli
Istituti di Studi);
— Raymond Leo Burke, Patrono del Sovrano Militare
Ordine di Malta;
— André Vingt-Trois, Arcivescovo di Paris (Francia);
Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Santiago Olivera, Vescovo di Cruz del Eje
(Argentina).
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza
l’Onorevole Nicola Zingaretti,
Presidente della Regione Lazio.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza Sua
Eccellenza Mir Takhsin-beg
(Tahseen Saeed Ali), Capo degli Yazidi di Tutto il Mondo
(Georgia), e Seguito.
una vita libera e pacifica per gli yazidi, come per tutte
le minoranze oggetto di discriminazione e violenza.
Gli yazidi nel mondo sono un milione e mezzo, di
cui circa mezzo milione in Iraq. Altri vivono in Turchia,
in Georgia, in Armenia, e in diaspora in molti altri Paesi. L’incontro, durato oltre mezz’ora, si è svolto nella
Biblioteca privata nel Palazzo Apostolico.
Il Santo Padre ha nominato
Segretario della Congregazione per il Clero il Reverendo
Monsignore Joël Mercier, finora Officiale della Congregazione per i Vescovi, elevandolo in pari tempo alla Sede titolare di Rota, con dignità di
Arcivescovo.
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venerdì 9 gennaio 2015
Cameron e Merkel nel corso
della conferenza stampa a Londra (Ansa)
Stabile il tasso di disoccupati mentre in Italia è allarme per i giovani
Stallo profondo
nel mercato del lavoro europeo
BRUXELLES, 8. Stallo profondo nel
mercato del lavoro dell’Ue: la strada
per uscire dalla crisi appare dunque
ancora molto lunga. Secondo i dati
diffusi da Eurostat, il tasso di disoccupazione nella zona della moneta
unica è pari all’11,5 per cento e al
dieci nell’Ue a ventotto. Il dato è
stabile rispetto al mese precedente,
ma in leggero calo rispetto a un anno fa, quando era rispettivamente
dell’11,9 e del 10,7 per cento.
Tra i Paesi dell'Ue, i tassi di disoccupazione più bassi sono stati registrati in Austria (4,9 per cento) e
Germania (cinque), mentre i più alti
in Grecia (25,7 per cento a settembre
2014) e Spagna (23,9). Rispetto all'anno precedente, la disoccupazione
è diminuita in 22 Paesi membri,
mentre è aumentata in quattro e rimasta invariata in due (Belgio e Slovenia). Sempre a novembre, la disoccupazione giovanile era al 21,9
per cento nell’Ue a ventotto e al 23,7
nell'eurozona, rispetto al 23,2 e 23,9
per cento a novembre dell'anno precedente.
«C'è stato un lieve generale miglioramento sulla disoccupazione,
inclusa quella giovanile. Questo è
incoraggiante, ma le sfide sono forti
e dobbiamo lavorare duro per stimolare la creazione di nuova occupazione. E questo sta al cuore del programma della Commissione per il
2015» ha dichiarato Natasha Bertaud, portavoce della Commissione
Ue commentando i dati di Eurostat.
Lo scorso dicembre i ministri del Lavoro e dell’Istruzione europei si sono riuniti per discutere le misure a
sostegno degli rilancio dell’occupazione giovanile. Il punto cruciale sul
quale i ministri hanno insistito è stata la necessità di legare, attraverso
appositi strumenti, la formazione e il
La soluzione
della crisi ucraina
tra le priorità
della diplomazia Ue
RIGA, 8. La politica delle sanzioni
europee contro la Russia è stata «efficace», colpendo duramente l’economia di Mosca insieme al calo del
prezzo del petrolio. Lo ha detto il
ministro degli Esteri lettone, Edgars
Rinkēvičs, incontrando ieri i giornalisti europei a Riga per l’inizio del
semestre di presidenza dell’Unione
europea della Lettonia.
Durante la conferenza stampa,
Rinkēvičs ha sottolineato che da
parte russa ci sono segnali concreti
di una volontà di affrontare la grave
situazione nell’Ucraina orientale. Per
questo, il ministro ha in programma
nel fine settimana un viaggio in
Ucraina e lunedì a Mosca, dove è
previsto un incontro con il ministro
degli Esteri russo, Serghiei Lavrov.
«La nostra politica non sarà antirussa — ha dichiarato Rinkēvičs — e
vogliamo dare un contributo a una
soluzione politica attraverso il dialogo». Naturalmente, ha aggiunto, la
possibilità di ridurre le sanzioni economiche è strettamente legata «ai
progressi che ci saranno nell’Ucraina
orientale», e in particolare la condizione essenziale è «il pieno rispetto
del protocollo di Minsk».
Dal fronte ucraino, intanto, arrivano notizie poco rassicuranti, confermate anche dalle indiscrezioni provenienti dal Cremlino che parlano di
un costante rifornimento di armi per
i separatisti filo-russi delle zone di
Donetsk e di Lugantsk. La situazione è quindi in una fase di assoluta
incertezza. Il tutto a una settimana
dal vertice tra Putin e Poroshenko
previsto per il 15 gennaio ad Astana,
che vedrà anche la presenza di Angela Merkel e di François Hollande,
nella veste di mediatori.
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lavoro in modo da creare un mercato sempre più competitivo e che
possa premiare il merito.
Ma a preoccupare, in particolare,
è la situazione in Italia, dove la disoccupazione giovanile ha raggiunto
livelli record. Secondo l’Istat, il tasso
di persone senza lavoro è salito al
13,4 per cento a novembre, con un
aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 0,9
punti nel raggio di dodici mesi. Il
numero di disoccupati ha dunque
toccato nel complesso quota tre milioni e 457.000 unità. Gli occupati
sono diminuiti di 48.000 unità rispetto al mese precedente e di
42.000 su base annua. Nuovo record
anche per il tasso di disoccupazione
giovanile (le persone con età compresa tra i 15 e i 24 anni): il dato si
attesta al 43,9 per cento, con un aumento di 0,6 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 2,4
punti nel confronto tendenziale.
Il numero di persone inattive perché scoraggiate è invece in leggero
calo: 12.000 unità in meno rispetto a
ottobre.
Sul tema della gestione dei flussi migratori
Piena sintonia
tra Londra e Berlino
LONDRA, 8. Piena sintonia tra Berlino e Londra: questo il dato centrale che emerge dal confronto, ieri
a Londra, tra il premier britannico,
David Cameron, e il cancelliere tedesco, Angela Merkel. E questo in
particolare sul tema più complesso:
le relazioni tra la Gran Bretagna e
l’Unione europea.
Il premier britannico ha cercato
di ridurre tutte le distanze con Berlino e Bruxelles. «Sono convinto di
poter risolvere i problemi nelle re-
Positivi i risultati dei piani governativi a sostegno del settore
Passa per l’auto
la rinascita dell’economia statunitense
WASHINGTON, 8. «La rinascita
americana è una realtà». Così il
presidente degli Stati Uniti, Barack
Obama, in visita ieri all’impianto
Ford di Wayne, ha rivendicato i
successi della sua Amministrazione
nel settore lavorativo, a partire dal
salvataggio dell’auto.
Senza il piano di intervento governativo «avremmo perso questa
iconica industria» ha rimarcato
Obama, inaugurando in Michigan
una tre giorni che lo porterà anche
in Arizona e Tennessee in vista del
discorso sullo Stato dell’Unione in
calendario il 20 gennaio prossimo.
Scongiurare il collasso delle big di
Detroit «è stata una decisione impopolare; perfino in Michigan solo
il dieci per cento della popolazione
la condivideva. È un intervento che
non avevo previsto quando ho deciso di correre per diventare presidente ma non ho corso per fare cose popolari bensì per fare la cosa
giusta» ha rimarcato Obama dal
palco. Sullo sfondo, quattro Ford
Focus e scaffali pieni di componenti. «Questa mia scommessa ha ripagato l’America perché l’industria
dell’auto è tornata. E ho voluto cominciare questo viaggio da qui perché il mese scorso l’industria
dell’auto ha ripagato tutto quello
che l’Amministrazione ha investito
e anche di più. Detroit — ha detto
ancora Obama — dimostra che ogni
rinascita è possibile».
Se dunque, da un lato, Obama
celebra i successi della sua Amministrazione, dall’altro, tuttavia, deve
fare i conti con una situazione politica e sociale non facile. In primo
luogo, c’è lo scontro con un Con-
gresso completamente controllato
dai repubblicani. Ieri il presidente
ha minacciato di porre veto a un’altra legge proposta dai repubblicani
che ridurrebbe il numero delle persone con copertura sanitaria e che
dunque indebolirebbe l’impatto
della riforma sanitaria. In secondo
Resta aperta
la partita
del voto greco
Obama tiene il suo discorso nello stabilimento automobilistico a Wayne (La Presse/Ap)
Drone sottomarino per studiare l’ecosistema
sotto i ghiacci dell’Antartide
COPENAGHEN, 8. Studiare l’ecosistema e le biodiversità che si trovano sul fondale marino dell’Antartide sarà da oggi più semplice grazie
a un nuovo drone sottomarino in
grado di esplorare il mondo sotto
il mare ghiacciato. Il robot subacqueo, progettato da ricercatori
dell’università danese di Aarhus e
da colleghi australiani e neozelandesi, è stato sviluppato per studiare
la distribuzione delle alghe anche
per aree estese, cosa che finora non
era stata possibile. Il drone — ha
spiegato il coordinatore della ricer-
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
ca, Lars Chresten Lund Hansen
durante una conferenza stampa — è
stato ideato per fare una mappa
dei sedimenti e per misurare con
un radiometro la luce che passa attraverso lo strato ghiacciato.
Avere informazioni sulla quantità di luce che le alghe sono in grado di assorbire a una certa lunghezza d’onda permetterà ai ricercatori di calcolare la quantità di
biomassa delle alghe sotto il ghiaccio, ottenendo così una stima di
dove e in che quantità si trovino.
Lo scopo di queste ricerche è capi-
Servizio vaticano: [email protected]
Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
luogo, ci sono le tensioni che sono
tornate a farsi sentire dopo Ferguson.
E proprio ieri la polizia ha arrestato due uomini in relazione a una
sparatoria contro due poliziotti di
New York avvenuta nel Bronx dopo una rapina.
lazioni del Regno Unito con l’Europa che molti britannici trovano
frustranti» ha detto il leader dei
Tories nella conferenza stampa
congiunta con il cancelliere tedesco
al termine del loro incontro. La posizione di Cameron sull’Europa è
apparsa agli osservatori netta e determinata: l’uscita dalla compagine
europea è dunque al momento
esclusa, mentre occorre aprire un
tavolo di confronto sulle riforme,
in particolare sul tema dell’immigrazione e della sicurezza. Cameron — ha commentato la stampa internazionale — sembra aver rinunciato, anche se in modo non esplicito, alla controversa proposta su
possibili restrizioni sull’immigrazione dall’Ue alla Gran Bretagna. Nei
mesi scorsi il premier aveva infatti
proposto limitazioni sui benefici
agli stranieri, compreso l’obbligo
del rimpatrio per chi arriva nel Regno Unito e non trova lavoro dopo
sei mesi. E proprio su questo tema,
molte forze politiche britanniche
chiedevano al premier maggiore incisività nel far rispettare a Bruxelles gli interessi di Londra.
Dal canto suo, Merkel ha mostrato una grande apertura alle richieste di Londra, sottolineando
che si può trovare una soluzione
che permetta al Regno Unito di restare nell’Unione. Ed è in questo
spirito che si lavorerà in futuro.
Quello che di sicuro ha fatto più
piacere a Londra è la dichiarazione
della leader tedesca che si è detta
pronta a risolvere gli «abusi» nel
principio di libera circolazione delle persone in Europa, tema su cui
si rischiava appunto uno scontro.
«Si devono analizzare con attenzione i sistemi di sicurezza sociale
dei singoli Stati membri» ha sottolineato il cancelliere Merkel.
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re quali fattori regolino la distribuzione delle alghe, che costituiscono
una componente importante dell’ecosistema dell’Antartide, dato il
loro ruolo nella catena alimentare:
sono infatti fonte di cibo per alcuni zooplancton.
Le alghe che si trovano sotto il
ghiaccio, ha spiegato uno degli autori dello studio, sono di notevole
importanza perché utilizzano la debole luce della primavera, quando
non ci sono altri produttori primari
per dare cibo ed energia al resto
della catena alimentare.
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
Investimenti
cinesi
in Venezuela
PECHINO, 8. A margine della visita a Pechino del presidente venezuelano, Nicolás Maduro, le banche cinesi si sono impegnate a
rafforzare i piani di sviluppo del
Governo di Caracas. Il capo dello Stato ha inoltre annunciato
che una missione di uomini d’affari cinesi sarà questo mese in
Venezuela per valutare opportunità d’investimento. La Cina è
già il creditore più importante
del Paese latinoamericano.
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Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
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ATENE, 8. Resta aperto il confronto
in Grecia sulle elezioni politiche
convocate per il 25 gennaio dopo
che è fallita anche la terza votazione in Parlamento per la scelta del
presidente della Repubblica. Negli
ultimi sondaggi Syriza, il partito di
sinistra radicale e maggiore formazione politica all’opposizione, guidato da Alexis Tsipras, si conferma
al primo posto nelle preferenze, incrementando lievemente il suo vantaggio (3,2 per cento) su Nea Dimokratia, il partito di centro-destra
al Governo guidato dal premier
Antonis Samaras. Sale ancora fino
al 75,7 la percentuale dei greci che
vogliono la permanenza della Grecia nella zona dell’euro a ogni costo. Resta da capire quanti voti potrà prendere il nuovo partito fondato dall’ex primo ministro, George Papandreou, che nei giorni scorsi ha lasciato il Pasok per fondare
una nuova formazione politica, il
Movimento per il cambiamento. Al
momento, questa formazione si assesta a circa il tre per cento delle
preferenze.
Concessionaria di pubblicità
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Il Sole 24 Ore S.p.A.
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Ivan Ranza, direttore generale
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Srilankesi presentano
i propri documenti per votare (Afp)
Il maltempo aggrava la condizione dei siriani sfollati in patria e rifugiati all’estero
Profughi al gelo
S’intensificano i combattimenti e i raid aerei internazionali contro l’Is
BEIRUT, 8. Il maltempo che ha investito negli ultimi giorni il Vicino
oriente sta aggravando le già precarie condizioni di milioni di sfollati
interni e di rifugiati all’estero provocati dal conflitto siriano: oltre tre
milioni solo in Libano, Iraq e Giordania. L’alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr) è alle
prese con un’eccezionale sfida logistica soprattutto in Libano, dove
non sono stati allestiti campi
In Pakistan
approvata
l’istituzione
di tribunali speciali
ISLAMABAD, 8. Il Parlamento pakistano ha approvato ieri l’istituzione di tribunali militari per
giudicare i casi legati a episodi di
terrorismo. Oltre i due terzi dei
342 membri dell’Assemblea nazionale hanno votato a favore del
provvedimento, dopo che a metà
dicembre quasi 150 persone, in
gran parte minori, sono state uccise in un attacco terroristico
contro una scuola di Peshawar.
La misura legislativa, già promulgata dal presidente, Mamnoon Hussain, permetterà processi rapidi per reati di terrorismo, insurrezione e ribellione
contro lo Stato.
Il provvedimento è stato deciso dopo anni di denunce da parte delle agenzie di sicurezza
sull’inadeguatezza delle leggi finora in vigore in materia di terrorismo. Con gli emendamenti approvati ieri, i sospettati di terrorismo saranno processati da tribunali militari e non avranno diritto
all’appello in caso di condanna.
Nel testo approvato si sottolinea
poi l’esistenza di una minaccia
«grave e senza precedenti» per
l’integrità del Pakistan: fa uso di
armi e di guerriglia, ed è finanziata da gruppi estremisti locali e
stranieri. Questa minaccia — ha
assicurato il Governo — dev’essere combattuta con ogni mezzo.
I rappresentanti di Jamaat-eIslami e Jamiat Ulema-i-Islam si
sono astenuti dal voto, mentre gli
esponenti del Pakistan Tehreek-eInsaf non erano presenti in aula.
Il premier Sharif ha difeso la
nuova norma, affermando che il
ricorso ai tribunali militari è una
misura straordinaria dettata dal
crescente clima di tensione. Le
nuove norme legislative resteranno in vigore per un periodo di
due anni: cesseranno di essere
parte della Costituzione alla scadenza di questo periodo.
attrezzati e oltre un milione di
persone si trovano in alloggi di fortuna o accampamenti sorti spontaneamente.
Ninette Kelley, la rappresentante
dell’Unhcr in Libano, ha detto che
si sta facendo uno sforzo eccezionale per assicurare l’assistenza necessaria, fornendo stufe, coperte, denaro
e buoni per l’acquisto di carburante
per il riscaldamento. Le nevicate,
anche a quote relativamente basse,
hanno pesanti ripercussioni sui trasporti. Per il mare in tempesta sono
stati chiusi i porti libanesi rendendo
ancora più difficili gli approvvigionamenti e soprattutto la loro distribuzione. A questo si aggiungono le
continue interruzioni dell’erogazione
di energia elettrica.
Altrettanto drammatica è la situazione degli almeno sei milioni di
sfollati siriani, spesso bloccati in
aree di conflitto. Le previsioni meteorologiche sono di maltempo ancora per alcuni giorni e c’è allarme
anche per possibili inondazioni provocate dai torrenti nelle valli. In
molte località coperte da un manto
Al voto per le presidenziali anticipate
Urne aperte nello Sri Lanka
COLOMBO, 8. Il presidente dello Sri Lanka, Mahinda
Rajapaksa, è dato in netto vantaggio nelle elezioni presidenziali anticipate di oggi nel Paese del sud-est asiatico. Rajapaksa, a capo di una coalizione denominata Alleanza per la libertà del popolo unito (Upfa), è alla ricerca di un terzo mandato consecutivo. Rajapaksa è salito al potere nel 2005 e cinque anni dopo è stato rieletto sull’onda della popolarità guadagnata con la vittoria
militare sui guerriglieri secessionisti delle Tigri tamil,
dopo oltre un quarto di secolo di sanguinosa guerra civile. Lo scorso ottobre, il presidente aveva poi annun-
ciato le elezioni anticipate di due anni rispetto alla scadenza naturale del mandato, con la speranza di una facile vittoria. Ma in seguito a una rivolta interna capeggiata dall’ex ministro della Sanità, Maithripala Sirisena,
circa venti parlamentari hanno abbandonato l’Upfa. È
dunque nato un vasto fronte rivale — guidato dal Partito nazionale unito — cui si sono aggiunti tutti i partiti
dell’opposizione, compresi quelli che rappresentano le
minoranze tamil e musulmana. Dei diciannove candidati in lizza solo Sirisena sembra comunque essere in grado di impensierire Rajapaksa.
Dopo la strage di giovani reclute nella capitale
Lo Yemen sprofonda nel caos
SAN’A, 8. Lo Yemen sta sprofondando sempre più nel caos dopo il tremendo attentato di ieri a San’a che
ha provocato la morte di almeno
cinquanta giovani reclute dell’esercito. Ultimo episodio di una scia di
violenze che da quattro anni insanguina il Paese.
Sebbene nessuno abbia finora rivendicato l’attacco, i sospetti si diri-
gono quasi tutti su Al Qaeda nella
penisola arabica (Aqpa), la branca
della rete terroristica un tempo guidata da Osama Bin Laden, che gli
Stati Uniti considerano ancora molto pericolosa.
Le raccapriccianti immagini diffuse dopo l’attentato suicida hanno
mostrato i corpi carbonizzati di molte delle reclute stesi sul marciapiede
nei pressi del cancello dell’Accademia della polizia della capitale, dove
a centinaia si erano radunati per fare
domanda di accesso all’istituto. Secondo fonti della polizia, sono oltre
novanta i feriti — molti dei quali ricoverati in ospedale in gravi condizioni — causati dalla potente esplosione. «Il ripristino della sicurezza e
il completamento del processo di
Un uomo mostra la foto lacerata di una delle vittime dell’attacco a San’a (Ansa)
Il nord-est nigeriano chiede
più soldati contro Boko Haram
ABUJA, 8. Le autorità locali degli
Stati nordorientali nigeriani principali teatri della sanguinosa sfida di
Boko Haram chiedono al Governo
federale di Abuja più truppe. In
questo senso si sono espressi i Governatori del Borno, dello Yobe e
dell’Adamawa in un incontro con il
presidente Goodluck Jonathan.
Questi già dal maggio 2013 ha
dichiarato lo stato d’emergenza nei
tre Stati e vi ha inviato l’esercito
contro il gruppo di matrice fondamentalista islamica responsabile da
cinque anni a questa parte dell’uccisione di migliaia di persone in attacchi armati e attentati terroristici.
L’operazione militare non ha però dato finora gli esiti che Jonathan
si era prefissato e, anzi, in questo
periodo Boko Haram ha consolidato il suo controllo su ampie parti
del territorio non solo del Borno,
che del gruppo è considerato la
di neve, compresa la capitale Damasco, risultano precarie le forniture di
elettricità.
Il maltempo non ha invece fermato i combattimenti né sui fronti
siriani né su quelli iracheni contro il
cosiddetto Stato islamico (Is). Nelle
ultime ore si sono visti in azione i
cacciabombardieri della coalizione
internazionale guidata dagli Stati
Uniti d’America. Nuovi raid aerei
hanno colpito in particolare le postazioni dell’Is nell’area di Kobane,
la città siriana al confine con la Turchia dove da tre mesi i peshmerga
curdi resistono all’offensiva dei miliziani jihadisti.
In Iraq le forze di sicurezza hanno rivendicato l’uccisione di oltre
cinquanta combattenti dell’Is in uno
scontro armato nella città di Dujail,
a sud di Tikrit, mentre in precedenza era stata data notizia di altri quaranta miliziani uccisi in raid aerei
della coalizione a Baiji, nella provincia di Salahuddin, a nord della
capitale Baghdad, nei quali sono
stati anche distrutti numerosi veicoli
militari.
principale roccaforte, ma anche dello Yobe e dell’Adamawa. Nell’area
le violenze hanno provocato anche
una delle maggiori emergenze umanitarie oggi in atto nel mondo, con
oltre un milione di persone costrette ad abbandonare le loro case.
Nel frattempo, il leader di Boko
Haram, Aboubakar Shekau, più
volte dato per ucciso dalle fonti ufficiali nigeriane, è ricomparso in un
nuovo video. In un lungo messaggio, pronunciato in arabo, Shekau
rivolge minacce a Paul Biya, il presidente del Camerun, Paese entrato
anch’esso nel mirino del gruppo
islamista. Miliziani di Boko Haram
sconfinati dalla Nigeria hanno più
volte attaccato obiettivi civili e militari in Camerun. Di recente, Biya
ha ordinato l’intervento dell’aeronautica militare contro diverse colonne di miliziani provenienti dalla
Nigeria.
transizione sono di primaria importanza per il conseguimento degli
obiettivi di stabilità e prosperità dello Yemen», ha affermato subito dopo l’attentato il portavoce dell’Alto
rappresentante per gli Affari esteri e
la Politica di sicurezza dell’Ue, Federica Mogherini. «L’Unione europea — ha aggiunto il portavoce in
una nota da Bruxelles — aumenterà
la sua assistenza per la riforma della
polizia e del ministero dell’Interno
così come il suo sostegno per il processo costituzionale. L’Europa è al
fianco del popolo dello Yemen in
questi difficili momenti». Il 31 dicembre scorso un altro attentato suicida durante una cerimonia religiosa
sciita aveva causato decine di morti
nella località di Ibb.
Nonostante sia stata presa di mira
dai bombardamenti dei droni americani, con l’autorizzazione del Governo yemenita, Aqpa sembra essersi
rafforzata negli ultimi tempi nello
Yemen, anche in reazione alla discesa dal nord delle milizie dei ribelli
sciiti huthi, che lo scorso settembre
si sono impadroniti di vasti settori
della capitale, chiedendo un ruolo di
primo piano nella gestione politica
del Paese, segnato da una forte instabilità dal 2012. Il presidente,
Abed Rabbo Mansur Hadi, sta conducendo trattative con gli sciiti sulla
futura Costituzione, ma il risentimento e la diffidenza nei loro confronti è forte anche nei tradizionali
ambienti tribali sunniti, oltre che tra
i miliziani di Al Qaeda.
Contestato il progetto governativo di smembramento della regione mineraria del Katanga
Crescente tensione politica congolese
KINSHASA, 8. Una crescente tensione politica sembra segnare la Repubblica Democratica del Congo,
già alle prese con le irrisolte e pluridecennali violenze nelle provincie
orientali ai confini con i Grandi Laghi. Epicentro dei contrasti politici
è però in questa fase soprattutto la
regione mineraria del Katanga.
A Lubumbashi, il capoluogo del
Katanga, tre giorni fa si è recato il
presidente Joseph Kabila per sostenere il progetto governativo di dividere la regione in quattro distretti
più piccoli, nell’ambito di una decentralizzazione che dovrebbe far
passare il numero delle unità amministrative congolesi da 11 a 26.
Chi si oppone al progetto di Kabila evoca il rischio di esacerbare le
tensioni sociali in un’area dove fin
dall’indipendenza, nel 1960, sono
diffuse idee secessioniste. Altri, co-
me il presidente dell’Assemblea provinciale Gabriel Kyungu wa Kumwanza, sottolineano il pericolo che
famiglie e comunità affini siano separate dai nuovi confini interni, rendendo meno salda la coesione sociale. La visita fatta da Kabila lunedì
era ufficialmente diretta proprio a
rassicurare in merito a queste preoccupazioni.
Nel Katanga, secondo analisi riportate dall’agenzia Misna, sembra
però giocarsi anche una partita politica più ampia, che ha come posta
in palio la successione allo stesso
Kabila. In base alla costituzione
questi non potrebbe partecipare alle
elezioni presidenziali del 2016 essendo già nel suo secondo mandato. In
pubblico il capo dello Stato ha ripetutamente smentito di volersi ricandidare comunque, ma da mesi si
susseguono le voci di un’imminente
riforma costituzionale per permetterglielo.
Altrettanto insistenti sono le indiscrezioni che vedono in Moïse Katumbi, governatore proprio del Katanga, un altro aspirante alla massima carica dello Stato. Secondo la
stampa locale, Katumbi, pur trovandosi a Lubumbashi al momento della riunione convocata lunedì da Kabila, non vi avrebbe partecipato, ufficialmente per ragioni di salute.
Nelle scorse ore è arrivata la notizia
della sua rimozione da leader regionale del partito di Kabila, quello al
governo. A giudizio concorde degli
osservatori, si tratta di un colpo significativo alla posizione di Katumbi, che potrebbe essere ulteriormente compromessa se veramente il progetto di spezzettamento amministrativo del Katanga fosse portato a termine.
Monito sudcoreano
sullo sviluppo
atomico del Nord
SEOUL, 8. Aumenta la capacità
della Corea del Nord di progettare, realizzare e utilizzare testate
nucleari associate a nuovi e più
evoluti sistemi missilistici: questa
la diagnosi tracciata dal Libro
bianco militare, il documento
pubblicato ogni due anni dal ministero della Difesa sudcoreano, e
presentato ieri. In particolare, a
preoccupare il Governo di Seoul è
la capacità, definita «significativa», di miniaturizzare testate atomiche da lanciare con missili balistici, capaci di raggiungere anche
gli Stati Uniti.
Secondo Seoul, il regime comunista di Pyongyang ha condotto
di recente tre esperimenti nucleari
e diversi test di missili balistici,
ma i suoi ordigni nucleari finora
erano troppo grandi per essere
trasportati da un razzo intercontinentale. I programmi nordcoreani
di arricchimento dell’uranio (almeno quaranta chili di plutonio
per uso militare in grado di fornire un numero limitato di testate
sarebbero già disponibili), associati a una più evoluta tecnologia nel
campo atomico e missilistico, sono
al centro della vasta azione diplomatica internazionale per riportare
il regime di Pyongyang al tavolo
delle trattative a sei (le due Coree,
Stati Uniti, Cina, Giappone, Russia), ferme ormai dall’aprile del
2009.
Contro il terrorismo
vertice militare
dei Paesi del Sahel
ALGERI, 8. Un incontro tra i capi
di stato maggiore delle forze armate di quattro Paesi del Sahel —
Algeria, Mali, Mauritania e Niger
— si è tenuto ieri nella città meridionale algerina di Tamanrasset.
Nel darne notizia, un comunicato
del ministero della Difesa di Algeri ha specificato che lo scopo del
vertice militare era un’analisi e
uno scambio di informazione tra i
quattro Paesi sulle rispettive strategie nella lotta al terrorismo e al
crimine organizzato, nella prospettiva di meglio coordinare le risposte a tali fenomeni.
Il Sahel è da tempo una delle
aree del mondo che vedono più
attivi non solo gruppi terroristici
di matrice fondamentalista islamica, ma anche trafficanti di armi e
di esseri umani.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
Ha avviato
promosso e impostato
il progetto che ha portato
alla Nuova Biblioteca
Agostiniana
Per l’edizione critica bilingue
dell’opera omnia
di Agostino
venerdì 9 gennaio 2015
Ricordo di padre Trapè nel centenario della nascita
Agostiniano
convinto e convincente
di MARZIANO RONDINA
estimone e interprete della cultura e della spiritualità agostiniana,
per lunghi anni Agostino Trapè
ha studiato l’eredità patristica, e
in particolare l’opera immensa di
sant’Agostino. Nato il 9 gennaio 1915 a
Montegiorgio, nelle Marche legate a una
tradizione agostiniana espressa in
secoli di presenza, morì a Roma il 14 giugno 1987. Proveniente da una famiglia legata alla terra e radicata
nella fede, Trapè ha
sempre riconosciuto ai
genitori di avergli dato
un’educazione umana
e cristiana profonda.
Quando decise di abbracciare la vita religiosa, trovò nutrimento nelle case di formazione della provincia
T
agostiniana picena di San Nicola da Tolentino. L’iniziazione agostiniana fu segnata da
tre momenti ben noti nella tradizione agostiniana marchigiana e italiana: nel 1926 entra nel seminario agostiniano di Cartoceto
(Pesaro), nel 1929 prosegue in quello
dell’Abbadia di Fiastra (Macerata), poi, nel
1930, a Tolentino, nel celebre santuario di
San Nicola, dove compie il noviziato ed
emette la prima professione religiosa. L’uomo, il religioso e lo studioso che, in seguito,
legherà la sua vita, in maniera indissolubile,
a sant’Agostino, incominciò proprio dal noviziato a conoscere il grande dottore della
Chiesa.
I formatori, notate le sue doti, lo inviarono a Roma per gli studi filosofici e teologici
che lo avrebbero portato prima al sacerdozio
e poi ai gradi accademici che gli aprirono
l’accesso ai livelli più alti dello studio. Que-
sti primi anni di formazione coincisero con
l’appassionata lettura integrale delle opere
di Agostino, un’attività che si protrarrà per
tutta la vita.
Ma il giovane Trapè ricevette un decisivo
stimolo per la sua passione agostiniana anche dall’ambiente dei religiosi che lo andavano educando. Anzitutto dall’estroso padre
Nicola Concetti che incontrò a Tolentino. A
Roma poi subì il fascino dell’agostinologo e
patrologo Antonio Casamassa, molto stimato negli ambienti culturali romani. E quelli
erano anche i tempi segnati da una significativa presenza di un religioso maltese operante in Francia, Spagna e Italia: Antonino
Tonna-Barthet esperto e divulgatore di diversi settori della cultura agostiniana. Infine
Roma, con la permanenza nel Collegio internazionale di Santa Monica e la frequentazione dell’Università Gregoriana, sarà il miglior luogo della sua formazione, della sua
maturità e poi della sua fecondità.
Trapè studente faceva parte di un consistente gruppo di promettenti giovani agostiniani delle sette province italiane diversi dei
quali furono poi personaggi decisivi negli
studi, nell’insegnamento e nelle varie mansioni amministrative. Colse con profitto la
fortunata combinazione nella quale venne a
trovarsi: il contatto diretto e assiduo con gli
scritti di Agostino, la faticosa ma determinata ripresa dell’Ordine in Italia dopo i traumi
della prima guerra mondiale e, soprattutto,
il recupero della tradizione agostiniana
espressa dai grandi maestri medievali e rinascimentali della scuola filosofica e teologica
dell’O rdine.
A quei tempi i superiori spingevano gli
studenti a laurearsi con approfondimenti sui
grandi maestri agostiniani dei primi secoli
dell’Ordine e lo stesso Trapè si laureò con
una brillante tesi, poi pubblicata, dedicata al
fondatore della scuola agostiniana: Il concorso divino nel pensiero di Egidio Romano. Ormai affermato come docente e culturalmente
maturo, Trapè venne scelto come direttore
dello Studio Agostiniano di Roma, poi assistente generale e, infine, priore generale.
Mentre si imponeva la sua presenza di
studioso e di cattedratico, potè dedicarsi
all’obiettivo che più stava a cuore a lui e
all’Ordine. Avvalendosi di una nutrita e
qualificata squadra internazionale di confratelli studiosi e docenti, promosse nel 1957 la
Cattedra Agostiniana di Roma, si adoperò
perché il Collegio internazionale agostiniano
Santa Monica di Roma fosse affiliato alla
Pontificia Università Lateranense e seguì
tutti gli altri passi decisivi che portarono alla costruzione dell’edificio e all’impostazione
della Facoltà dell’Istituto Patristico Augustinianum. Le conquiste aumentarono gli impegni. Sempre attivo nelle scuole superiori
dell’Ordine a Roma, fu chiamato a insegnare anche al Laterano e alla Gregoriana.
Partecipò alla stagione del concilio Vaticano II, prima come perito, poi — nella veste
di priore generale — come padre conciliare.
Come generale dell’Ordine promosse la diffusione dei figli di Agostino nel mondo,
l’opera missionaria, gli studi e la pubblicazione di collane di storia e di spiritualità
agostiniana. Seguì, con convinzione il ramo
contemplativo dell’Ordine, incoraggiando la
Federazione dei monasteri agostiniani d’Italia e collaborando con la madre preside,
suor Maria Alessandra Macajone, per l’istituzione e la funzionalità della Casa di formazione nel monastero dei Santi Quattro
Coronati a Roma, punto di riferimento per
le nuove generazioni dei monasteri italiani.
Padre Trapè sarà inoltre ricordato per
aver avviato, promosso e impostato la difficile opera della Nuova Biblioteca Agostiniana per l’edizione critica bilingue dell’opera
omnia di Agostino. Nel titolo riprese l’iniziativa di padre Stanislao Bellandi, un simbolo
della tradizione agostiniana fiorentina e toscana, mentre nell’organizzazione costruì un
I suoi due meriti più grandi
«Era un uomo che risolveva questioni
spinose padre Trapè» esclama il
professor Manlio Simonetti, a cui
chiediamo di illustrarci quelli che a suo
avviso sono i due capisaldi dell’eredità
di padre Trapè. E cioè l’edizione
bilingue dell’intera opera di Agostino e
la fondazione dell’Institutum
Patristicum Augustinianum di Roma.
«Data l’enormità della produzione di
Agostino, procedere all’edizione
bilingue è impresa enorme: il risultato
del lavoro di padre Trapè è un’opera
unica — oltre che imponente,
trattandosi di innumerevoli volumi che
hanno richiesto quasi mezzo secolo di
lavoro — e che ha l’enorme merito di
permettere al lettore che non conosce il
latino di poter leggere l’intera
produzione del santo di Ippona.
Culturalmente è un fatto
importantissimo. Una bilingue di
Agostino non mi risulta in nessuna altra
lingua: i francesi, ad esempio, l’hanno
imbastita da decenni, ma non l’hanno
ancora completata. Man mano che
Trapè procedeva, l’opera è diventata
sempre più attenta alle esigenze di
carattere filologico-culturale: per quanto
riguarda i Sermones, cioè la predicazione
di Agostino, è addirittura divenuta
l’opera di riferimento, quella più
aggiornata e criticamente soddisfacente.
Pubblicata dall’editrice Città Nuova, la
bilingue insomma ha fatto scuola,
aprendo la strada alla diffusione della
L’autore della «Maestà» di Montevergine
di ANTONIO PAOLUCCI
All’inizio del percorso degli Uffizi c’è la Sala detta «delle Maestà». La realizzarono, intorno alla metà dello scorso secolo, grandi architetti del Novecento fra i
quali un ruolo eminente va riconosciuto a Carlo Scarpa e Giovanni Michelucci. La sala è la riproposizione analogica, allusiva
di uno spazio sacro, quasi fosse
un nitido luminoso interno di
chiesa romanica presentato in
termini di poetico razionalismo.
All’interno sono collocate tre
grandiose Madonne in Maestà.
Sono i testi figurativi base dai
quali ha avuto inizio la storia
dell’arte italiana. Nessun manuale, neanche il più sommario, può
esimersi dal riprodurli e commentarli.
A sinistra c’è la Madonna Rucellai proveniente da Santa Maria
Novella, capolavoro di Duccio
da Buoninsegna. È un’opera che,
databile ai tardi anni Ottanta del
Duecento, diresti in bilico fra nostalgie bizantine e i teneri sensi
del gotico francese. A destra,
proveniente da Santa Trinita, c’è
la Pala di Cimabue. È un dipinto
più plastico, più rustico, più prospettico — indimenticabili i profeti che, come gufi, collocati ai
piedi del trono dentro nicchie
spaziose, sperimentano la pro-
Montano d’Arezzo e la sua rivoluzione
fondità — in una parola, più “ro- secolo XIII partecipa, con quelle,
della grande mutazione linguistimanzo”.
Al centro, e non poteva essere ca di cui parla Cennino Cennini;
che al centro, c’è la Maestà di l’arte che trascolora dal “greco al
Ognissanti di Giotto; Giotto che, latino” e diventa idioma modernella scoperta del vero e nella no, italiano, occidentale.
La pittura bizantina nei suoi
certezza dello spazio misurabile,
dà inizio alla grande arte d’Italia. modelli tipici voleva essere ieroPerché dopo la Maestà di Ognis- scrittura, riflesso sulla terra delle
santi ci sarà il Masaccio della idee iperuranie, lucente cifra del
Brancacci (“Giotto rinato” come Divino. Sotto il cielo d’Italia,
diceva il Berenson), poi Piero con Duccio, con Cimabue, con
della Francesca della Leggenda della Vera Croce ad Arezzo,
La Napoli di Carlo II d’Angiò
infine il Raffaello
delle Stanze in Vatifu uno straordinario laboratorio
cano.
di arte e cultura
Ebbene, la VergiChe preparò l’arrivo di Giotto
ne in maestà che è
custodita nella cappella imperiale della
chiesa del monastero benedettino di Montevergine, l’autore della Maestà di Monteoggetto di un importante restau- vergine, il vero visibile entra nelro e di una pubblicazione curata la rappresentazione figurativa ed
da Francesco Gandolfo e Giu- entrano insieme le emozioni e i
seppe Muollo (La Maestà di sentimenti. È il mondo nuovo —
Montevergine. Storia e Restauro, dirà Giorgio Vasari — delle «attiRoma, Artemide, 2014, pagine tudini e degli affetti» che diventa
232, euro 50), è sorella delle ta- arte figurativa.
vole fiorentine che ho prima inGuardiamo, nella Maestà di
dicato. Databile allo spirare del Duccio come in quella di Monte-
vergine, come sia vividamente vero il rapporto fra il figlio e la
Madre con il gesto del Bambino
che si aggrappa a un lembo del
mantello della Madonna. È una
oltranza espressiva, una forma di
emotivo patetico naturalismo che
sarebbe del tutto impensabile in
una contemporanea icona bizantina.
E ancora si veda come, nelle
due Vergini in Maestà, la “crisografia” bizantina — caratteristica
iconografica tipica dell’O riente
cristiano — diventi un sistema di
pieghe dorate che si adattano alle cedevoli forme del corpo accarezzandolo e disegnandolo.
L’autore della Maestà di Montevergine ha un nome certo, si
chiamava Montano di Arezzo.
Possiamo considerarlo il primo
alfiere della rivoluzione artistica
toscana in terra di Napoli. Montano seppe guadagnarsi la fiducia degli Angiò, la famiglia regnante. Addirittura, da un documento del 28 Giugno 1310, risulta che Filippo d’Angiò, figlio del
re Carlo II e principe di Taranto,
esprime stima e gratitudine per
l’artista perché ha dipinto la cappella di famiglia in duomo e an-
proficuo rapporto con l’Editrice Città Nuova, chiamando a collaborare diversi confratelli e discepoli e ricercando validi aiuti nei
migliori ambienti della cultura italiana e
estera. Quest’opera, portata a termine dai
continuatori dell’impresa, costituisce un monumento per l’intera cultura italiana.
La sua testimonianza collega situazioni,
persone, strutture, istituzioni e ideali che oggi sono apprezzate da ogni devoto di Agostino e da ogni amante della cultura. La
persona della quale celebriamo il centenario
della nascita fu anzitutto un uomo convinto
e convincente dei valori fondamentali, un lavoratore instancabile, un contagioso entusiasta della vita, un sincero estimatore dei giovani e dei discepoli, capace di trascinare tutti con i suoi spontanei e cordiali evviva rimasti impressi nella mente di tutti quanti
oggi, sinceramente, si augurano di continuarne gli ideali e il messaggio.
che la Maestà di Montevergine.
Una Madonna per la quale, dice
il principe Filippo in un latino
un po’ incerto, noi Angiò specialem devotionem habemus.
Nel volume dedicato al restauro della Maestà di Montevergine
e alla sua storia — volume, non
sarà inutile ricordarlo, che la Comunità benedettina ha voluto interamente finanziare — Montano
di Arezzo emerge come pittore
colto, al corrente delle ultime novità toscane (fra Duccio, Cimabue e il presagio di Giotto) oltre
che detentore di una tecnica impeccabile, esemplare.
Se è vero che la Napoli di
Carlo II è uno straordinario laboratorio di arte e di cultura — come ci spiega Pier Luigi Leone
De Castris in un importante saggio presente nel volume — è altrettanto vero che Montano anticipa di almeno vent’anni e prepara l’emigrazione nel regno del
fior fiore dell’intelligenza letteraria e artistica italiana. Quando a
Napoli, regnando il gran re Roberto d’Angiò, arriveranno Boccaccio e Petrarca, Giotto e Simone Martini.
letteratura cristiana antica che,
altrimenti, sarebbe rimasta conoscenza
di un gruppo ristretto di colti». Quanto
invece all’Augustinianum? «Trapè fu
decisivo: non solo per le questioni
operative — fu lui infatti a trovare i
soldi per costruire una sede adeguata —
ma per l’idea che vi è dietro questa
università pontificia che funge sì da
facoltà distaccata dalla Lateranense, ma
che è stata sempre caratterizzata anche
da una grande autonomia. Sin
dall’inizio, infatti, l’istituto ha assunto
caratteri che lo distinguono dalle altre
università pontificie: il suo oggetto è lo
studio della letteratura patristica e della
vita cristiana dal primo all’ottavo
secolo. E da subito l’accento è stato
posto su un’indispensabile dimensione
filologica. Affrontare testi antichi in
latino, greco e lingue orientali, infatti,
non richiede solo la conoscenza
materiale delle lingue, ma anche una
strumentazione adeguata in grado di
produrre nuove edizioni critiche. Gli
studenti che escono dall’Augustinianum
sono così studiosi completi
dell’antichità. Questo si deve al fatto
che sin dal primo momento l’istituto
non si è limitato a mettere in opera
docenti agostiniani o appartenenti al
clero, ma ha richiesto subito la
collaborazione di docenti laici delle
università statali, con un atteggiamento
di grande apertura». (giulia galeotti)
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 9 gennaio 2015
pagina 5
Carl Fredrik Reuterswärd, «Non-violence»
(1988, New York, Nazioni Unite)
Il luogo del processo
Bastava leggere
il vangelo
di Giovanni
«Udite queste parole, Pilato fece
condurre fuori Gesù e sedette nel
tribunale, nel luogo chiamato
Litostroto (lithòstroton), in ebraico
Gabbatà». È Giovanni (19, 13) a
dare un’indicazione cruciale a
sostegno della tesi — rilanciata
qualche giorno fa da «The
Washington Post» — sul luogo
effettivo in cui si sarebbe svolto il
processo a Gesù. Non, dunque, la
Fortezza Antonia, dimora di
Pilato, indicato come il luogo del
processo dal XIII secolo in poi, ma
un punto della città già
conosciuto in età bizantina, presso
la Torre di David, il palazzo di
Erode il Grande. Un edificio dai
pavimenti tappezzati di pietre
irregolari che potrebbe coincidere
con il Litostroto citato appunto
nel vangelo di Giovanni. La
nuova ipotesi di localizzazione del
luogo del processo di Gesù, e, di
conseguenza, dell’inizio della Via
Crucis, in realtà era già stata
avanzata nel 2000 da Shimon
Gibson e illustrata ampiamente
nel libro The Final Days of Jesus,
traendo nuove conclusioni da un
indizio archeologico importante.
Quindici anni fa durante i lavori
di ampliamento del museo della
Torre di David, non lontana dalla
Porta di Giaffa, era stato trovato
un edificio molto antico con un
pavimento in pietre. Secondo
Shimon Gibson e Amit Re’ em si
tratterebbe proprio del palazzo di
Erode, il praetorium da cui Gesù è
uscito per incamminarsi sul
Golgota.
Una chiave interpretativa della violenza terroristica
Umano troppo umano
di DARIO FERTILIO
olo esteriormente la violenza terroristica può essere definita disumana. Nel senso che, a bene vedere, ogni ideologia totalitaria —
ieri il comunismo bolscevico e il
nazional-socialismo, oggi fenomeni quali il
jihadismo — nasconde in effetti un’inclinazione umana, fin troppo umana, al dominio
sull’altro e all’uso strumentale della violenza e del terrore per fini suoi propri. Qui,
S
Gli antenati
di don Chisciotte
«Mito e leggenda sono più reali
della realtà, quando si tratta del
Don Quijote» scrive Winston
Manrique Sabogal su «El País»
del 5 gennaio scorso, illustrando
le nuove scoperte documentarie
dell’archeologa Isabel Sánchez
Duque e dell’archivista Francisco
Javier Escudero sulla Mancha nei
secoli XVI e XVII, fonte di
ispirazione per Miguel de
Cervantes Saavedra. Dagli archivi
emerge un certo Rodrigo Quijada,
probabile spunto per il
personaggio del Cavaliere dalla
triste figura, e tracce di dispute e
duelli tra hidalgos a El Toboso,
patria di Aldonza Lorenzo, alias
Dulcinea. Sempre su «El País»
Darío Villanueva raccoglie invece
molti aneddoti che documentano
quanto fosse diffusa la lettura
febbrile e ossessiva dei libri di
cavalleria tra i contemporanei
dello scrittore di Alcalá de
Henares. Alonso de Fuentes
racconta di un appassionato che
conosceva a memoria tutto il
Palmerín de Oliva, mentre
Francisco de Portugal scrive di
quella volta che le donne nella
casa di un cavaliere suo amico lo
accolsero sconsolate perché era
morto Amadigi. Il conte di
Guimerán giurava di aver visto
uscire di casa uno studente
armato di tutto punto per
difendere il paladino accerchiato
dai nemici nel poema che stava
leggendo. (silvia guidi)
forse, bisogna cercare, quando si tenta di
spiegare, di dare un senso alle autobombe
dell’Iraq, alle decapitazioni dell’Is, alle imprese suicide di Al Qaeda, alle stragi di innocenti di Boko Haram.
Le interpretazioni correnti di questi fenomeni tendono a cogliere alcuni aspetti del
terrorismo jihadista: anzitutto l’intenzione
di far provare dolore al nemico per “educarlo”. Poi — come nel caso dell’uccisione
di 141 allievi della scuola di Peshawar in Pakistan, il 16 dicembre scorso — l’accanimento contro la cultura, soprattutto quando è
destinata a donne e bambini, un accanimento per lo più considerato espressione di
oscurantismo, figlio di una non meglio specificata arretratezza culturale. Qualche volta
si mette in rilievo come le tecniche terroristiche siano usate secondo lo stesso principio utilizzato in natura dalla biscia nei confronti della rana: la paura paralizzante che
facilita l’aggressione e la liquidazione della
preda. In mancanza di meglio, ci si rifugia
nella generica demonizzazione degli atti
malvagi: essi sarebbero per definizione “assurdi”, “deliranti”, “folli”.
Ma se si analizza l’operato di ogni sistema totalitario si deve riconoscere come esso
persegua, invece, una sua logica inflessibile
e persino prevedibile, assimilabile all’azione
del virus, naturalmente ideologico.
Ogni totalitarismo storico, infatti, è portatore di una carica aggressiva ed espansiva,
è figlio di pòlemos, della guerra, e non può
essere altrimenti. Riesce ad adattarsi tatticamente alle varie situazioni geopolitiche e sa
utilizzare consumate strategie diplomatiche
e comunicative, eppure nel fondo deve continuare a espandersi e conquistare sempre
nuovi spazi, persone e territori. Se smette
di farlo, per contingenze politico-militari o
per l’attenuarsi della sua stessa potenza
espansiva, ciò significa che in realtà è entra-
to in una fase di regressione, e il declino tingono forse, come alla loro autentica fonpotrebbe preludere alla sua fine.
te, a un nichilismo non dichiarato, ma di
Per citare una famosa definizione di cui intravvediamo le diaboliche fattezze
Enrico Berlinguer, applicata all’Unione So- nell’esaltazione del suicidio e in una evivietica nella sua fase senile, potrebbe signi- dente pulsione di morte. Il collettivismo toficare che abbia esaurito la sua “spinta pro- talitario mira, senza confessarlo, alla distrupulsiva”. Certo, il jihadismo, purtroppo, zione dell’umanità e al suo stesso annullapare ancora lontano dalla sua fine.
mento.
Tuttavia, per mantenere la metafora del
Un’anima nera batte al fondo di questo
virus, non bisogna dimenticare che l’ideolo- inferno ideologico, ed è qui, allora, che si
gia totalitaria non potendo diffondersi tende
a rivolgersi di solito anSe non riesce a diffondersi
che contro se stessa,
prendendo di mira colodi solito l’ideologia tende a rivolgersi
ro che in teoria dovrebcontro se stessa
be rappresentare e proteggere. Ecco allora il
Prendendo di mira coloro
ricorso all’intimidazione
che in teoria dovrebbe rappresentare
dei dissidenti, alla liquidazione di ogni opposizione, all’epurazione dei
non ortodossi, al terrore interno generaliz- ritrova un senso in ciò che a noi può appazato contro i “diversi” e gli “infedeli”, alla rire privo di scopo. Siamo, ancora una voldenuncia di sempre nuovi complotti e tra- ta, al nichilismo dostoevskijano, che certi fidimenti, alle purghe e così via.
losofi hanno dichiarato superato, obsoleto.
Allora il terrorismo e gli atti di violenza
Tutti, presi dal denunciare il conformismo
spietata, che popolano oggi le pagine dei
di massa e le forme “moderne” di autoritagiornali, gli schermi delle televisioni e i video dei computer, potrebbero essere soltan- rismo, hanno dimenticato il cuore di teneto maschere della loro vera natura totalita- bra. E cioè il male totalitario come diaboliria. Forse, simile a un parassita, essa utiliz- ca malattia del potere capace solo di diza qualsiasi materiale a disposizione — un struggere.
Un potere che, proprio perché oltrepassa
libro sacro, l’orgoglio nazionale, il culto del
suolo, del sangue, dell’appartenenza di clas- ogni limite, non può che essere pura enerse — solo strumentalmente, allo scopo di gia di sopraffazione, inesauribile fonte di
perseguire il vero obiettivo nascosto del sofferenza e di morte. Distruggendo e dicontrollo e del potere. E tale controllo, a struggendosi, sostituendosi a Dio, forse il
sua volta, potrebbe avere la sola funzione nichilismo denunciato da Dostoevskij, e poi
teorizzato da Nietzsche come forza vitale, è
di perpetuare il suo sistema di dominio.
Scendendo ancora più a fondo nella que- quello con cui noi tutti oggi siano chiamati
stione, gli atti “inumani” cui assistiamo at- a fare i conti.
Il grande racconto del viaggio in Italia da Guy de Maupassant a Edith Wharton
Turisti non per caso
di GABRIELE NICOLÒ
«Per l’ozioso che si rifiuta di misurare
l’arte con l’orologio, l’Italia costituisce
un orizzonte sconfinato»: l’elogio viene
dalla scrittrice statunitense Edith Wharton e su questa dimensione si muove il
libro di Attilio Brilli Il grande racconto
del viaggio in Italia. Itinerari di ieri per i
viaggiatori di oggi (Bologna, il Mulino,
2014, pagine 451, euro 48). Del resto, anche se il Bel Paese ha conosciuto illustri
detrattori — come è noto Metternich lo
considerava una semplice «espressione
geografica» — la penisola italiana ha
sempre rappresentato una tappa obbliga-
Ecco allora che l’opera di Brilli, nel
riannodare le fila di un augusto passato,
permette di rivivere le esperienze maturate da alcune grandi figure dei secoli
scorsi. Ma lo sguardo è anche proiettato
nel futuro, ovvero a beneficio di quanti
intendessero mettersi in viaggio per scoprire, o riscoprire, le bellezze d’Italia,
così trascurate e maltrattate.
Il libro attinge con profusione a diari
e ad annotazioni, ora sapide ora struggenti, vergati da uomini e donne, da artisti e da poeti in giro per l’Italia. E in
questo contesto fa sorridere constatare le
grandi difficoltà logistiche che erano legate ai mezzi di trasporto: ma nello stes-
so tempo ciò permette di apprezzare la
determinazione dei «turisti» a non perdersi d'animo e a continuare così «il
viaggio di formazione» per godere, come
avrebbe detto Gadda, «le meraviglie
d’Italia». Nelle Letters from Italy, per
esempio, il pittore inglese Cato Lowes
Dickinson narra di aver rischiato l’asfissia nel passaggio degli Appennini in una
diligenza in cui la poca aria che si respirava era quella di una «stalla».
Si passa poi all’ammirazione di Guy
de Maupassant per le città termali al
piacere del buon cibo, subito dopo aver
lodato la varietà di monumenti, espresso
da lord Byron e Henry James. E in un
Secondo Goethe il Grand Tour
tanto caro alle classi colte europee
avrebbe perso la sua ragion d’essere
se non avesse fatto tappa
tra le meraviglie del Bel Paese
toria del Grand Tour, ovvero quella consuetudine praticata dagli esponenti delle
classi colte europee che si traduceva in
lunghi itinerari attraverso le più importanti città del vecchio continente. E
se non si veniva in Italia, come sottolineò lo stesso Goethe dopo aver contemplato la campagna romana, il Grand
Tour avrebbe perso la propria ragion
d’essere.
J. H. W. Tischbein, «Goethe contempla la campagna romana» (1797)
libro così concepito non poteva mancare
il riferimento a Leopardi. Nel sottolineare che il piacere più autentico del viaggio nasce dal ricordo, il poeta di Recanati scriveva: «Chi viaggia molto, ha
questo vantaggio dagli altri, che i soggetti delle sue rimembranze presto divengono remoti; di maniera che essi acquistano in breve quel vago e quel poetico che negli altri non è dato se non dal
tempo». E sulla dimensione del ricordo
e dello sguardo retrospettivo si configura
l’auspicio dell’autore, il quale sottolinea
che anche attraverso l’occhio degli stranieri la letteratura di viaggio può insegnare un modo diverso di guardare
all’Italia. Così, afferma Brilli, è possibile
fare l’unica, autentica esperienza di viaggio ancora possibile oggi: ovvero tornando sui passi degli antichi visitatori, in loro ideale compagnia, per dirigersi verso
mete antiche e sempre nuove.
Sul valore pedagogico del viaggio, al
di là della destinazione contingente, resta sempre attuale il giudizio del filosofo
Francis Bacon che nel saggio intitolato
Of Travel e presente nella prima edizione
degli Essays (1597), scriveva: «Il viaggiare per i giovani fa parte dell’educazione,
per gli adulti dell’esperienza». E aggiungeva: «Chi va in un Paese straniero senza una qualche conoscenza della lingua,
vada prima a scuola e non in viaggio».
In questo senso sarebbe auspicabile che i
giovani avessero al loro seguito un tutore
esperto della lingua del posto: altrimenti
coloro che sono sotto la sua egida si troverebbero a contemplare quanto c’è di
bello «con gli occhi bendati».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 9 gennaio 2015
Dai leader religiosi una condanna unanime e senza sconti dell’attentato di Parigi
Atrocità
ingiustificabile
PARIGI, 8. Una condanna comune,
unanime e senza sconti. Insieme i
rappresentanti delle comunità religiose di Francia hanno espresso tempestivamente l’orrore e lo sdegno
per il sanguinoso l’attentato alla redazione del settimanale «Charlie
Hebdo». Ricevuti all’Eliseo dal presidente, François Hollande, i responsabili delle diverse tradizioni religiose — cattolici, protestanti, ortodossi,
musulmani, ebrei, buddisti — hanno
espresso solidarietà al mondo dell’informazione e alle forze di polizia,
così duramente colpiti nell’attentato,
ed hanno annunciato per le prossime ore una dichiarazione comune.
La tradizionale cerimonia per lo
scambio di auguri di inizio anno è
stata così l’occasione per una prima
e immediata condanna per i fatti che
hanno sconvolto la Francia e non
solo. È stato il pastore François Clavairoly, presidente della Federazione
protestante di Francia, a leggere a
nome di tutti un comunicato nel
quale i rappresentanti religiosi si
fanno interpreti del sentimento di
«rivolta» morale di fronte a «questo
atroce atto» che «non può avere
nessuna giustificazione in nessuna
religione».
Ferma e senza equivoci la condanna espressa a caldo dal Consiglio
francese del culto musulmano.
«Questo atto barbaro di una estrema
gravità — ha detto il suo presidente,
La Caritas
centroafricana
per le popolazioni
sfollate
BANGUI, 8. Cibo, medicine e abiti: è
quanto ha portato nei giorni scorsi
l’arcivescovo di Bangui, Dieudonné
Nzapalainga, in qualità di presidente
della Caritas centroafricana, agli abitanti del villaggio di Gbangou, le
cui case sono state incendiate il 21
settembre da un gruppo di anti-Balaka, le milizie cosiddette “cristiane”
che si sono contrapposte agli ex ribelli “musulmani” Seleka durante la
guerra civile che ha sconvolto la Repubblica Centroafricana negli ultimi
anni. Monsignor Nzapalainga, che
era alla guida di una missione di sostegno, si è detto indignato — riferisce l’agenzia Fides — di «vedere esseri umani ridotti allo stato di animali perché da due mesi vagano nella foresta privi di assistenza. Nessuno interviene in loro aiuto, lasciando
morire queste popolazioni». Dopo
la visita, «ho visto le persone riacquistare la loro dignità. Le ragazze
avevano ritrovato i loro sorrisi dopo
aver indossato i nuovi abiti».
L’arcivescovo, che è anche presidente della Conferenza episcopale,
ha chiesto alle autorità di interessarsi
alla sorte di questo come di altri villaggi situati sull’asse stradale Damara-Bouca. Lungo il percorso, Nzapalainga ha ricevuto minacce di morte
da parte di un capo degli anti-Balaka quando si è cercato di recuperare
una moto sottratta alla Caritas. «Attraverso quest’uomo — ha detto il
presule commentando l’episodio —
vedo tutta la gioventù centroafricana
alla deriva, che ha bisogno di educazione e istruzione. Chiedo solo al
suo entourage di aiutarlo a uscire da
questa situazione. Non ho niente
contro di lui. Faccio il mio lavoro di
pastore che può morire per il suo
gregge e basta». Ha poi lanciato un
appello agli anti-Balaka affinché depongano le armi e contribuiscano alla ricostruzione del Paese.
Alla vigilia di Natale — riferisce
Fides — monsignor Nzapalainga si
era recato nei campi di accoglienza
degli ex guerriglieri Seleka nei pressi
della capitale Bangui. Anche in quel
caso la delegazione aveva portato
aiuti alimentari, sapone e vestiti per
i bambini alle centinaia di ex combattenti radunati con le loro famiglie
in tre campi nei pressi della città.
«Sono esseri umani che vanno aiutati», disse l’arcivescovo.
il rettore della Grande moschea di
Parigi, Dalil Boubakeur — è anche
un attacco contro la democrazia e la
libertà di stampa. I nostri primi pensieri vanno alle vittime e alle loro famiglie alle quali esprimiamo la nostra totale solidarietà nella terribile
prova che stanno vivendo. In un
contesto internazionale politico in
cui le tensioni sono alimentate dai
deliri di gruppi terroristici che sfruttano ingiustamente l’islam, chiediamo a tutti coloro che sono impegna-
ti per i valori della Repubblica e
della democrazia, di evitare provocazioni che servono solo a gettare olio
sul fuoco. Di fronte a questo dramma di scala nazionale, richiamiamo
la comunità musulmana a dare prova della massima vigilanza contro
eventuali manipolazioni da parte di
gruppi dalle visioni estremiste, qualsiasi esse siano».
Alle parole di Boubakeur si sono
aggiunte quelle dell’imam Tareq Oubrou, rettore della Grande moschea
Allarme dell’arcivescovo di Niamey
Sempre più giovani nigerini
nelle fila di Boko Haram
NIAMEY, 8. Sarebbe in preoccupante aumento il numero dei
giovani nigerini che si arruolano
tra le fila di Boko Haram, l’organizzazione terroristica jihadista diffusa nel nord della Nigeria. L’allarme — informa l’agenzia Fides — è stato lanciato nel
suo messaggio di inizio anno
dall’arcivescovo di Niamey, Michel Christian Cartatéguy, riportando le dichiarazioni dei deputati di Diffa, regione situata
all’estremo est del Niger, al confine con la Nigeria. «I deputati
si sono dichiarati preoccupati
per il numero crescente di giovani nigerini, ragazzi e ragazze,
che ingrossano di continuo le file della setta Boko Haram. Secondo alcuni — sottolinea monsignor Cartatéguy — i nostri giovani di Diffa vengono reclutati
ogni giorno. Essi conoscono la
regione meglio dei membri di
Boko Haram e possono indicare
loro dove bisogna colpire».
Il timore è quello di un’estensione delle azioni terroristiche al
Niger. Un fatto che — osserva
Fides — non si può escludere, visto che Boko Haram ha conquistato la base multinazionale di
Baga, sulla riva nigeriana del la-
go Ciad. La base, che in teoria
ospitava militari di Nigeria,
Ciad, Niger e Camerun, potrebbe ora essere usata dalla setta
islamista per colpire non solo
nel nord-est della Nigeria ma
anche nei Paesi confinanti, provocando un’estensione del conflitto su scala regionale.
Secondo l’arcivescovo di Niamey, è opinione diffusa in Niger
che la maggior parte dei giovani
si arruola tra le fila di Boko Haram per motivi economici e non
religiosi. Ci sarebbe quindi spazio per intervenire e fermare il
reclutamento. Il presule stima
che nella regione di Diffa siano
ormai centocinquantamila i rifugiati provenienti dalla Nigeria (i
cui arrivi sono giornalieri) e gli
sfollati interni, causati dalle violenze di Boko Haram. La situazione è aggravata dalla recente
epidemia di colera che ha colpito i rifugiati. «Malgrado la povertà della regione, la popolazione locale continua ad accogliere
i rifugiati con fraternità e ospitalità», sottolinea Cartatéguy, rammaricandosi che «la stampa internazionale parli molto poco
della situazione di Diffa».
di Bordeaux, che ha lanciato un appello ai musulmani francesi «perché
scendano in piazza in massa per
esprimere la loro rabbia e il loro disgusto per questa successione di violenze attribuite all’islam». Per
Mohammed Moussaoui, presidente
dell’Unione delle moschee di Francia, «ciò che è successo ci rafforza
nella necessità di intensificare il dialogo più di prima. È l’unico modo
per preparare i nostri cittadini
all’impatto con questo tipo di violenza che viene dall’estero, da estremisti che usano tutti i mezzi che
hanno per esasperare le paure e portare avanti odio e ideologia».
Condanna anche da parte del segretario generale dell’Unione internazionale degli imam, Ali Mohiuddin al-Qaradaghi, il quale ha chiesto
alle autorità di Parigi e al popolo
francese di restare «uniti nel combattere la militanza, qualunque religione o idea o direzione abbia. Non
ci possono essere giustificazioni per
la sedizione o fenomeni eversivi tra i
cittadini francesi, musulmani e non
musulmani».
Di un «attacco» che «uccide la
democrazia» parla in un comunicato
il Consiglio dei rappresentanti delle
istituzioni ebraiche di Francia, che
sottolinea la «profonda viltà» di un
atto che colpisce «uno dei simboli
della libertà di espressione» e si inserisce in una più ampia strategia
ideologica presente oggi anche in
Medio oriente e in Africa. Per il presidente dell’Unione delle comunità
ebraiche italiane, Renzo Gattegna,
«chi propugna violenza e distruzione e attacca la libertà di stampa e di
espressione deve trovare una risposta
ferma e inflessibile in difesa dei valori fondamentali che popoli e culture diverse condividono in una comune visione di pace, democrazia e
prosperità».
Anche i vescovi cattolici in queste
ore terribili per la Francia hanno
espresso «profonda emozione e orrore», invitando i fedeli a partecipare
alla giornata di lutto di tutta la nazione. «La Chiesa di Francia — ha
scritto in una nota monsignor Olivier Ribadeau Dumas, segretario generale e portavoce dell’episcopato —
si rivolge innanzitutto alle famiglie e
agli amici delle vittime che si trovano di fronte all’orrore e all’incom-
prensibile ed esprime anche alla redazione e all’équipe di “Charlie
Hebdo” la sua profonda tristezza.
Un tale orrore è evidentemente inqualificabile. Nulla può giustificare
una tale violenza. Essa tocca inoltre
la libertà di espressione, elemento
fondamentale della nostra società».
La società francese, ha aggiunto, è
«costituita da diversità di ogni sorta» e «deve lavorare continuamente
alla costruzione della pace e della
fraternità. La barbarie così espressa
Più di 1400 minori sono fuggiti da Mosul e da Ninive
In Giordania scuole cristiane
aperte anche ai ragazzi iracheni
AMMAN, 8. Integrare i ragazzi iracheni cristiani nel sistema educativo e formativo della Giordania,
chiedendo in particolare la collaborazione fattiva delle scuole cristiane, comprese quelle che fanno capo al Patriarcato latino di Gerusalemme.
È ciò che un comitato governativo, insieme a Caritas Jordan, sta
cercando di attuare per migliaia di
studenti iracheni. Sono, infatti,
7.000 i profughi cristiani fuggiti da
Mosul e dalla Piana di Ninive che
hanno trovato rifugio in Giordania,
Celebrazione ecumenica in Nepal
Una nazione tollerante ha una migliore democrazia
KATHMANDU, 8. Un Paese che accoglie e rispetta Gesù «ottiene dignità e rispetto sul palcoscenico internazionale, perché dimostra di rispettare i valori della democrazia.
Spiritualità e religione sono aspetti
che migliorano lo status nazionale». Con queste parole il vicario
apostolico del Nepal, monsignor
Paul Simick, ha concluso il suo intervento durante una celebrazione
ecumenica tenutasi a Kathmandu
durante le festività natalizie. Insieme al presule vi erano rappresentanti della politica e della società
civile, oltre ai leader delle altre confessioni cristiane.
All’incontro — riferisce AsiaNews
— erano presenti migliaia di cittadini, cristiani e indù. Nel suo discorso, monsignor Simick ha ricordato
l’aumento della disparità fra ricchi
e poveri in Nepal e nel mondo.
«Cristo — ha detto il presule — è
nato per ognuno di noi, e la sua
missione è anche quella di diminuire le differenze fra gli esseri umani,
che sono fratelli. Anche per questo
dobbiamo rigettare violenza, discriminazione e terrorismo in tutto il
mondo». Un pensiero è stato rivolto anche al massacro del mese scorso degli studenti di Peshawar per
mano dei talebani pakistani: «Cose
come questa semplicemente non
devono succedere».
Il vescovo della congregazione
delle Chiese dei credenti, Narayan
Sharma, ha invece rivolto un appello ai cristiani del Nepal: «Non abbiate paura di predicare il lieto annuncio, non temete di raggiungere
ogni persona con gli insegnamenti
della Bibbia. Dio è qui con noi.
Chi si sente vicino al messaggio cristiano, non si tiri indietro per paura: chi ha il coraggio di cambiare se
stesso può cambiare il mondo». Il
riferimento è alla situazione religio-
sa del Paese, dove i cristiani sono
ancora una piccola minoranza dopo anni di monarchia indù: le conversioni al cristianesimo non sono
proibite, ma guardate ancora con
molto sospetto dalla maggioranza
da questo assassinio ci ferisce tutti.
In questa situazione in cui ci può invadere la collera, dobbiamo invece
più che mai raddoppiare la misura
della nostra fraternità sebbene sia
fragile e consolidare sempre di più la
pace».
Parole di severa condanna sono
state espresse anche dal World
Council of Churches che in un comunicato respinge qualsiasi «giustificazione religiosa» possa essere
avanzata per un simile attentato.
della popolazione e da alcuni leader politici. Sull’argomento è intervenuto anche il primo ministro, Sushil Koirala, che nel suo messaggio
di auguri per la comunità scrive:
«Vi assicuriamo che, nella nuova
Costituzione, i diritti dei cristiani e
delle altre minoranze saranno tutelati».
Ancora più risoluto il presidente
del Parlamento, Subas Nemwang,
presente all’incontro. «Sono sempre
con i cristiani e farò tutto il possibile per promuovere e proteggere i
seguaci di Cristo nel nostro Paese».
Il suo predecessore, Damannath
Dhungana, ha concluso: «Possa
Gesù nascere nell’animo di ciascuno. Possa nascere anche nell’animo
dei nostri leader, dandogli la capacità di dare presto al Nepal una
nuova Costituzione».
In Nepal vivono circa centocinquantamila cristiani, di cui ottomila
sono cattolici. Prima della caduta
della monarchia (2006) l’induismo
era religione di Stato e influenzava
la vita di ogni cittadino. La proclamazione di uno Stato laico garantisce libertà religiosa, ma le minoranze — in particolare quella cristiana
— subiscono ancora soprusi e minacce dalla comunità di maggioranza. La popolazione indù è spesso al
centro di episodi di discriminazione, violenza contro le donne ed
emarginazione dei più poveri. Non
mancano inoltre le accuse — da
parte di induisti e a volte anche
buddisti — a cattolici e cristiani di
convertire le persone con la forza o
offrendo denaro.
più di 1.400 sono minori in età scolare, ma finora solo poche decine
tra loro avevano ripreso a frequentare corsi d’istruzione.
L’integrazione su larga scala degli studenti cristiani iracheni nelle
scuole — riferisce Fides — dovrebbe
iniziare già nel semestre scolastico
appena iniziato.
Caritas Jordan sta verificando la
disponibilità all’accoglienza da parte delle scuole del Patriarcato latino e di altre scuole cristiane, comprese quelle legate al Patriarcato
ortodosso di Gerusalemme.
Il 2015
anno della pace
in Pakistan
LAHORE, 8. In Pakistan il 2015 sarà l’Anno della pace. È quanto
hanno deciso il Consiglio per il
Dialogo interreligioso, il forum
“United
Religious
Initiative”,
“Peace Foundation” e il movimento islamico “Minjah-ul-Quran”.
La notizia è stata riferita a Fides
da padre Francis Nadeem, provinciale dei cappuccini in Pakistan,
promotore del Consiglio per il
Dialogo interreligioso, nato a
Lahore, capitale della provincia
del Punjab pakistano.
La dichiarazione è stata letta e
diffusa nel corso di un incontro di
preghiera interreligioso dal titolo
“Preghiamo per il Pakistan”, guidato da padre Nadeem e dal leader islamico sufi, Pir Shafaat
Rasool.
L’obiettivo dell’incontro e dell’Anno della pace sarà quello di
pregare e operare per la pace, la
solidarietà, la riconciliazione, l’armonia interreligiosa e l’eliminazione del terrorismo dal Paese.
I partecipanti, accendendo insieme un cero, si sono impegnati a
rinnovare gli sforzi nel perseguire
la pace a tutti i livelli, sensibilizzando le coscienze di tutti i membri delle proprie organizzazioni e
di tutti i cittadini. Nel 2015 saranno organizzati seminari, conferenze, marce, iniziative culturali, incontri interreligiosi «in modo che
il nostro amato Paese diventi una
culla di pace e tutti i cittadini vivano senza paura, contribuendo al
progresso e alla prosperità».
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 9 gennaio 2015
pagina 7
La messa a Santa Marta dedicata alle vittime dell’attentato di Parigi
Il Signore cambi
il cuore dei crudeli
È in suffragio delle vittime del crudele attentato terroristico avvenuto a
Parigi che Papa Francesco ha celebrato, giovedì mattina 8 gennaio, la
messa nella cappella della Casa Santa Marta. Lo ha detto egli stesso
all’inizio del rito, manifestando tutto
il suo dolore per questo feroce e vile
atto, esprimendo una particolare vicinanza ai familiari delle persone rimaste uccise o ferite e pregando perché possa cambiare il cuore degli attentatori. «L’attentato di ieri a Parigi
— ha affermato il Pontefice — ci fa
pensare a tanta crudeltà, crudeltà
umana; a tanto terrorismo, sia al terrorismo isolato, sia al terrorismo di
Stato. Ma la crudeltà della quale è
capace l’uomo! Preghiamo, in questa
messa, per le vittime di questa crudeltà. Tante! E chiediamo anche per
i crudeli, perché il Signore cambi il
loro cuore».
In questi giorni, ha fatto poi notare il Papa nell’omelia, «la parola
chiave nella liturgia e nella Chiesa è
“manifestazione”: il Figlio di Dio si
è manifestato nella festa dell’Epifania ai gentili; nel Battesimo, quando
scende su di Lui lo Spirito Santo;
nelle nozze di Cana, quando fa il
miracolo dell’acqua in vino».
Proprio «questi sono i tre segni —
ha spiegato — che la liturgia porta in
questi giorni per parlarci della manifestazione di Dio: Dio si fa conoscere». Ma «la domanda è questa: come possiamo conoscere Dio?». E così ci troviamo subito davanti — ha
affermato Francesco riferendosi alla
prima lettura odierna (1 Giovanni 4,
7-10) — «l’argomento che prende
l’apostolo Giovanni nella prima Lettera: la conoscenza di Dio». Dunque, «che cosa è conoscere Dio? Come si può conoscere Dio?».
A queste domande, ha detto Francesco, «una prima risposta sarebbe:
si può conoscere Dio con la ragione». Ma davvero «io posso conoscere Dio con la ragione? In parte sì».
Infatti «con il mio intelletto, ragionando, guardando le cose del mondo, si può prima capire che c’è un
Dio e l’esistenza di Dio si può capire in alcune tracce della personalità
di Dio». Però, ha precisato il Papa,
«questo è insufficiente per conoscere
Dio», in quanto «Dio si conosce totalmente nell’incontro con Lui e per
l’incontro la ragione sola non basta,
Nomina episcopale
La nomina di oggi riguarda la Congregazione per il clero.
Joël Mercier
arcivescovo segretario
della Congregazione
per il clero
È nato il 5 gennaio 1945 a Chaudefonds-sur-Layon, nella diocesi
francese di Angers. Dopo gli studi
secondari ha cominciato quelli superiori in lettere classiche a Parigi
all’università La Sorbonne e nel 1964
è entrato nel seminario universitario
di Angers, ottenendo il baccalaureato in filosofia e la licenza in teologia
presso la facoltà di teologia dell’Université catholique de l’Ouest ad Angers. Ordinato sacerdote il 27 giugno 1970, dal 1971 al 1974 ha completato la formazione presso l’Università Gregoriana a Roma, dove ha conseguito la licenza e il dottorato in
diritto canonico. Nella diocesi di
Angers è stato vicario della parrocchia di Saint-Joseph (1974-1979);
cappellano di collegi e di licei cattolici (1979-1987); segretario del vescovo (1987-2001). Nel conttempo, dal
1975, è stato membro del tribunale
ecclesiastico dei Pays de Loire e, dal
1980, insegnante alla facoltà di teologia di Angers. Da gennaio 2002 è
officiale della Congregazione per i
vescovi e da settembre 2007 direttore
spirituale al seminario francese a
Roma.
ci vuole un’altra cosa in più: la ragione ti aiuta ad andare fino a un
certo punto, poi ti accompagna più
avanti».
Nella sua lettera «Giovanni dice
chiaramente cosa è Dio: Dio è amore». Perciò «soltanto per la strada
dell’amore tu puoi conoscere Dio».
Certo, ha aggiunto Francesco,
«amore ragionevole, accompagnato
dalla ragione, ma amore». Forse, a
questo punto, ci si potrebbe domandare «ma come posso amare quello
che non conosco?». La risposta è
chiara: «Ama quelli che tu hai vicino». Proprio «questa è la dottrina di
due comandamenti: il più importante è amare Dio, perché Lui è amore». Il secondo, invece, «è amare il
prossimo ma, per arrivare al primo,
dobbiamo salire per gli scalini del
secondo». In una parola, ha spiegato il Papa, «attraverso l’amore al
prossimo arriviamo a conoscere Dio,
che è amore» e «soltanto amando
ragionevolmente, ma amando, possiamo arrivare a questo amore».
Francesco ha voluto quindi ripetere le parole scritte da san Giovanni:
«Carissimi, amiamoci gli uni agli altri, perché l’amore è da Dio. Chiunque ama è stato generato da Dio».
Ma, ha ricordato, «tu non puoi amare se Dio non ti mette l’amore dentro, non ti genera quest’amore», perché «chi ama conosce Dio». Invece,
scrive san Giovanni, «chi non ama
non ha conosciuto Dio, perché Dio
è amore». Però, ha messo in guardia
il Papa, qui non si parla di «amore
da telenovela». È piuttosto un
«amore solido, forte», un «amore
eterno che si manifesta — la parola
di questi giorni è “manifestazione” —
nel suo Figlio venuto per salvarci».
Dunque è un «amore concreto, un
amore di opere e non di parole».
Ecco, allora, che «per conoscere Dio
ci vuole tutta una vita: un cammino,
un cammino di amore, di conoscenza, di amore per il prossimo, di
amore per quelli che ci odiano, di
amore per tutti».
È Gesù stesso, ha fatto presente il
Papa, che «ci ha dato l’esempio
dell’amore». E appunto «in questo
sta l’amore: non siamo stati noi ad
amare Dio, ma è stato Lui che ha
amato noi e ha mandato suo Figlio
come vittima di espiazione per i nostri peccati». Per questo «nella persona di Gesù possiamo contemplare
l’amore di Dio». E «facendo quello
che Gesù ci ha insegnato sull’amore
per il prossimo, arriviamo — scalino
per scalino — all’amore di Dio, alla
conoscenza di Dio che è amore».
Il Papa ha evidenziato che l’apostolo Giovanni, nella sua lettera, «va
un po’ avanti» quando afferma «in
questo sta l’amore» e cioè che «non
siamo stati noi ad amare Dio, ma
Lui ci ha amato per primo: Dio ci
precede nell’amore». Infatti, ha fatto
notare Francesco, «quando io incontro Dio nella preghiera, sento che
Dio mi amava prima che io cominciassi a cercarlo». Sì, «Lui sempre
prima, Lui ci aspetta, Lui ci chiama». E «quando noi arriviamo, Lui
è lì!».
A questo proposito il Papa ha fatto riferimento a un altro passo della
Scrittura (Geremia 1, 11-12), citandolo
letteralmente: «Che bello quello che
dice Dio a Geremia: cosa vedi Geremia? — Un ramo di mandorlo, Signore — Hai visto bene! Sono io che
vigilo sulla mia Parola perché si realizzi». E «il fiore del mandorlo — ha
spiegato Francesco — è il primo a
fiorire nella primavera, il primo».
Ciò sta a significare che «il Signore
è lì, vigilante», è sempre «il primo
come il mandorlo, ci ama per primo». E anche noi, ha assicurato il
Papa, «avremo sempre questa sorpresa: quando ci avviciniamo a Dio
attraverso le opere di carità, attraverso la preghiera, nella Comunione,
nella Parola di Dio, troviamo che
Lui è lì, per primo, aspettandoci, così ci ama». E proprio «come il fiore
del mandorlo, è il primo». Davvero,
ha rimarcato Francesco, «quel versetto di Geremia ci dice tanto».
Sulla stessa scia si pone anche
l’episodio presentato dal brano del
Vangelo di Marco (6, 34-44 ) proposto dalla liturgia. «Prima si dice che
Gesù ebbe compassione di tanta
He Qi, «Adorazione dei magi»
gente, è l’amore di Gesù: ha visto
tanta gente, come pecore che non
avevano pastore, disorientate». Ma
anche oggi, ha ricordato Francesco,
c’è «tanta gente disorientata nelle
nostre città, nei nostri Paesi: tanta
gente». Quando «Gesù ha visto
questa gente disorientata si è commosso: incomincia a insegnare loro
la dottrina, le cose di Dio e la gente
lo sentiva, lo ascoltava tanto bene
perché il Signore parlava bene, parlava al cuore».
Poi, racconta Marco nel suo Vangelo, Gesù, accortosi che quelle cinquemila persone non avevano neppure mangiato, chiese ai discepoli di
provvedere. È dunque Cristo che
«per primo va all’incontro con la
gente». Da parte loro, forse «i discepoli si sono un po’ innervositi, hanno sentito fastidio e la loro risposta
è forte: dobbiamo andare a compra-
re 200 denari di pane e dare loro da
mangiare?». Così se «l’amore di Dio
era primo, i discepoli non avevano
capito niente». Ma è proprio «così
l’amore di Dio: sempre ci aspetta,
sempre ci sorprende». È «il Padre,
nostro Padre che ci ama tanto, che
sempre è disposto a perdonarci,
sempre». E non una volta» ma «settanta volte sette: sempre». Appunto
«come un Padre pieno di amore».
Così «per conoscere questo Dio che
è amore dobbiamo salire per lo scalino dell’amore per il prossimo, per le
opere di carità, per le opere di misericordia che il Signore ci ha insegnato».
Francesco ha concluso proprio
con la preghiera «che il Signore, in
questi giorni che la Chiesa ci fa pensare alla manifestazione di Dio, ci
dia la grazia di conoscerLo per la
strada dell’amore».
Intervista al cardinale Pietro Parolin sul viaggio del Papa in Sri Lanka e Filippine
Sono «due i punti di forza» della missione
della Chiesa nel continente asiatico: «le attività caritative nel campo della salute e dell’educazione»; e il dialogo tra le religioni che «è
fondamentale per la pace oggi nel mondo e
che quindi diventa un dovere di tutte le religioni». Lo afferma il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, nell’intervista realizzata
dal Centro televisivo vaticano in collaborazione con il nostro giornale alla vigilia del viaggio del Pontefice in Sri Lanka e Filippine.
Papa Francesco ritorna in Asia a cinque mesi
dalla visita in Corea, dove ha indicato nel dialogo interreligioso la prima missione della Chiesa nel Continente. Ritiene che anche in
questi due Paesi così diversi insisterà su questo punto?
Misericordia e dialogo
fatto che raccoglie membri, raccoglie fedeli da
entrambe le etnie principali, sia dai tamil sia
dai cingalesi, e quindi la Chiesa conosce un
po’ quello che c’è nel cuore di ognuno e conosce anche le aspettative; e quindi può svolgere questo compito, questa funzione di riconciliazione, di dialogo e di collaborazione.
Però vorrei sottolineare anche il fatto che lo
Sri Lanka tradizionalmente ha conosciuto un
grande sviluppo di questa armonia religiosa
fra le varie religioni, si è sempre caratterizzato
fra i due gruppi che si combattevano, ed era
diventato un centro di presenza di molti sfollati da entrambe le parti. Credo che Papa
Francesco, come ha fatto l’8 febbraio, quando
ha incontrato la comunità srilankese in San
Pietro, ricorderà tutti questi episodi dolorosi,
le tante lacrime, lui diceva, che sono state versate a causa della violenza e della crudeltà del
conflitto. Non tanto per riaprire ferite, quanto
piuttosto per lanciare uno sguardo al futuro.
Questo impegno di riconciliazione deve caratterizzare tutte le componenti
della società dello Sri Lanka.
Un impegno di riconciliazione che passa attraverso il riconoscimento della verità.
Credo siano queste le tappe:
un’attenzione alla giustizia e
una collaborazione di tutti
per il bene comune.
La missione della Chiesa
nelle Filippine e nello Sri
Lanka è quella della Chiesa
in tutto il mondo: annunciare il Vangelo, proclamare la
Le Filippine sono l’unico Paese
buona notizia di Gesù che è
a
maggioranza
cattolica
fonte di vita e di speranza
dell’Asia. Come si può valorizper tutti gli uomini. Tenendo
zare la presenza di questa
conto naturalmente del conChiesa giovane e dinamica
testo nel quale essa si trova a
all’interno del continente?
vivere e a operare. Un contesto caratterizzato da una
Mi hanno detto proprio
molteplicità, quasi da un moieri sera dei filippini che sosaico di società, di culture e
no tornati in questi giorni
di religioni. Il continente
dal loro Paese, che in queste
asiatico è la culla delle gransettimane c’è veramente una
di religioni del mondo. E poi
preghiera corale intensissima
tenendo conto del fatto che
in preparazione alla visita del
La cattedrale di Palo distrutta dal tifone Yolanda che ha devastato le Filippine
la Chiesa è una piccola miPapa. Queste sono premesse
noranza, un piccolo gregge
molto positive. Credo che la
in mezzo a questa realtà così vasta. E allora per questo incontro, per questo dialogo. Pur- valorizzazione passi attraverso il riconoscianche questa missione dovrà modularsi in ba- troppo, ultimamente sono sorti dei gruppi mento del ruolo che la Chiesa nelle Filippine
se a queste caratteristiche. Mi sembrano due i estremisti che manipolano un po’ l’opinione ha sia nel contesto asiatico e del Sudest asiatipunti di forza di questa missione: da una par- pubblica e creano tensione utilizzando la reli- co sia nel contesto mondiale. Il Papa vuole
te l’aspetto delle attività caritative e umanita- gione per scopi che non sono chiari. Noi au- con questo viaggio, in continuazione appunto
rie nel campo della salute e dell’educazione spichiamo appunto che questa tradizione che con quello in Corea, concentrare l’attenzione
che già riscuotono grande apprezzamento c’è di dialogo interreligioso e di collaboraziodella Chiesa su questa realtà; e nello stesso
presso l’intera popolazione e i Governi dei ne possa prevalere su questi nuovi tentativi di
vari Paesi; e sull’altro versante l’aspetto del destabilizzare la situazione e nello stesso tem- tempo anche inserirsi in quel cammino di nodialogo interreligioso: promuovere e consoli- po auspichiamo anche che le autorità possano ve anni che ci sta portando alla celebrazione
dare sempre più l’incontro, il rispetto e l’ac- intervenire proprio per preservare questi che del quinto centenario dell’arrivo del Vangelo
nelle Filippine, nel 1521. E quest’anno è l’ancettazione reciproca, tenendo conto anche di sono valori fondamentali della popolazione.
no dedicato ai poveri. Allora la centralità dequello che il Papa dice nell’Evangelii gaudium
che il dialogo interreligioso è fondamentale Il Papa visiterà anche il santuario di Madhu riva dal numero: cioè le Filippine sono uno
per la pace oggi nel mondo e che quindi di- nella regione a prevalenza Tamil. Qual è l’itineventa un dovere di tutte le religioni. Questo rario che deve seguire il cammino di riconciliaziosarà un punto nodale, focale dell’attenzione ne dopo tanti anni di guerra che hanno seminato
numerosissime vittime?
del Papa durante il viaggio.
Nello Sri Lanka purtroppo le differenze etniche e
religiose continuano a essere motivo di tensione
tanto che nel Paese si è sviluppato persino un
fondamentalismo buddista. Qual è in questo scenario complesso la missione, il compito dei cristiani?
A me sembra che se c’è un luogo nel quale
si deve parlare di una funzione di ponte è
proprio nello Sri Lanka. Ed è proprio nella
Chiesa nello Sri Lanka. Anche perché la
Chiesa è facilitata in questo suo compito dal
Direi che Madhu è un po’ il simbolo di
questa “Chiesa ponte” di cui parlavo, proprio
perché è un centro di preghiera ed è anche un
centro di incontro. Il santuario di Madhu è
conosciuto e apprezzato e frequentato anche
da membri di altre religioni, non solo dai cattolici. Ricordiamo poi anche gli episodi legati
alla guerra civile, quando Papa Benedetto
chiese all’allora presidente della Repubblica
di fare di tutto per preservare l’incolumità di
quel santuario proprio per questa sua caratteristica: si trovava allora sulla linea del fronte
dei Paesi del Sudest asiatico dove la maggioranza della popolazione è cattolica. Dico uno,
perché c’è anche Timor Est, dove il novanta
per cento della popolazione è cattolica: non
dobbiamo dimenticare anche questo. Le Filippine sono stato anche geograficamente un po’
il centro: basti pensare a quanti incontri importanti vi si sono svolti, a partire dalla visita
del beato Paolo VI nel 1970, che poi diede anche origine alla costituzione della Federazione
delle Conferenze episcopali asiatiche. Credo
che l’altro punto importante sia la centralità
delle Filippine per esempio per gli studi di
tantissimi giovani che da vari Paesi asiatici limitrofi vengono per approfondire la loro formazione che si dà nelle differenti università
cattoliche del Paese. E infine c’è anche l’irradiazione dei filippini nel mondo: sappiamo
come i filippini siano presenti in tantissimi
Paesi dell’Asia, ma anche dell’America e
dell’Europa. Quindi le potenzialità di evangelizzazione delle Filippine sono molteplici,
l’importante è che la Chiesa nelle Filippine
accolga questo messaggio e questo impulso
dato da Papa Francesco a essere una Chiesa
in uscita: una Chiesa che sente il compito di
evangelizzazione e di annuncio del Vangelo.
Il tema sarà misericordia e compassione e Papa
Francesco le mostrerà e le chiederà per le vittime
dei tifoni e dei terremoti, ma anche per le vittime
di povertà, ingiustizie e corruzione…
Questo è un po’ il tema del viaggio: mostrare compassione, mostrare misericordia nei
confronti delle tante persone che soffrono,
che soffrono per le calamità naturali, soprattutto nelle Filippine; che soffrono per ingiustizie strutturali, come sono la povertà e la
corruzione; che soffrono anche per le conseguenze ancora vive del conflitto civile. È una
misericordia, una compassione che guarisce,
in primo tempo. Quindi è questo un po’ il
senso della presenza del Papa: portare un elemento, una dimensione di guarigione e di
conforto in questa situazione. E nello stesso
tempo — proprio perché in questo senso la
misericordia e la compassione sono elementi
attivi — richiamare tutti a dare il proprio contributo affinché queste ferite possano essere
rimarginate e questi dolori possano essere
confortati e soprattutto si possano superare le
cause che li hanno provocati.
E Papa Francesco riceve Angelina Jolie
Proiettato in Vaticano il film «Unbroken»
Nella mattinata di oggi, giovedì 8 gennaio, è
stato proiettato in Vaticano, nella Casina Pio
il film Unbroken, diretto da Angelina Jolie
e dedicato a Louis Zamperini, atleta olimpico
durante la Seconda guerra mondiale. Nella
sede delle Pontificie Accademie delle ScienIV,
ze e delle Scienze Sociali era presente l’attrice statunitense, che al termine della visione
si è recata nel Palazzo apostolico per incontrare Papa Francesco. Alla breve udienza,
svoltasi nella Sala del Tronetto, erano presenti tra gli altri due figli di Angelina Jolie.