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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 131 (46.969)
Città del Vaticano
venerdì 12 giugno 2015
.
All’assemblea della Fao il Papa chiede di mettere la solidarietà al centro delle relazioni internazionali
Tempi lunghi per le scelte europee sull’immigrazione
Cibo, acqua e terra per tutti
Emergenza
ma senza fretta
E ricorda che la sobrietà non si oppone allo sviluppo
Bisogna ricollocare «nel cuore delle
relazioni internazionali la solidarietà,
trasportandola dal vocabolario alle
scelte della politica: la politica
dell’altro». È la raccomandazione rivolta da Papa Francesco ai partecipanti alla trentanovesima sessione
della conferenza dalla Fao, ricevuti
in udienza nella mattina di giovedì
11 giugno, nella Sala Clementina.
Nel discorso pronunciato in spagnolo il Pontefice ha offerto un’ampia e documentata analisi del rapporto tra sviluppo, agricoltura e alimentazione, ricordando in particolare che «l’accesso al cibo necessario è
un diritto di tutti» e ribadendo che
«i diritti non consentono esclusioni». Per Francesco non basta «fare il
punto» sulla fame nel mondo o
«prendere atto» dei dati e delle cifre. Piuttosto, ha incalzato, «chiediamoci che cosa possiamo fare; anzi,
che cosa io sto già facendo».
A preoccupare il Papa è innanzitutto la dimensione dello spreco, che
coinvolge oggi un terzo degli alimenti prodotti. «Ridurre gli sprechi
è essenziale» ha affermato il Pontefice, ma lo è altrettanto «riflettere
sull’uso non alimentare di prodotti
agricoli» impiegati per l’alimentazione degli animali o la produzione dei
biocarburanti. La strada, secondo
Francesco, è quella di «modificare
gli stili di vita» contenendo il consumo di risorse. Del resto, ha assicura-
to, «la sobrietà non si oppone allo
sviluppo, anzi, è ormai evidente che
è diventata una sua condizione».
Il Papa ha anche invitato a considerare l’incidenza del mercato sulla
fame nel mondo: nello specifico,
l’andamento dei prezzi dei prodotti
alimentari, che tende verso l’alto im-
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Udienza al presidente
della Federazione russa
Papa Francesco ha ricevuto in
udienza nel pomeriggio di mercoledì 10 giugno il presidente della Federazione russa, Vladimir Putin. Il
colloquio privato nella Biblioteca
del Palazzo apostolico — iniziato
intorno alle 18.15 e protrattosi per
una cinquantina di minuti — è stato dedicato principalmente al conflitto in Ucraina e alla situazione in
Medio oriente.
Riguardo all’Ucraina — come ha
riferito in una nota informativa il
direttore della Sala stampa della
Santa Sede — il Pontefice ha affermato che occorre impegnarsi in un
sincero e grande sforzo per realizzare la pace. Si è convenuto sulla
importanza di ricostituire un clima
di dialogo e sulla necessità che tutte le parti si impegnino per attuare
gli accordi di Minsk. Essenziale
anche l’impegno per affrontare la
grave situazione umanitaria, assicurando fra l’altro l’accesso agli agenti umanitari e con il contributo di
tutte le parti per una progressiva
distensione nella regione.
Per quanto concerne, invece, i
conflitti in corso nel Medio oriente, sui territori della Siria e
dell’Iraq, è stato sostanzialmente
confermato quanto già condiviso
circa l’urgenza di perseguire la pace con l’interessamento concreto
della comunità internazionale, assicurando nel frattempo le condizioni necessarie per la vita di tutte le
componenti della società, comprese
le minoranze religiose e in particolare i cristiani.
Contemporaneamente all’udienza, si è svolto un incontro tra l’arcivescovo Paul Richard Gallagher,
segretario per i Rapporti con gli
Stati, e il ministro degli Affari esteri della Federazione russa, Sergey
Lavrov. Anche in questo colloquio
sono stati trattati principalmente i
temi del conflitto in Ucraina e della preoccupante situazione in Medio oriente.
Al termine dell’udienza privata,
ha avuto luogo la presentazione
del seguito e lo scambio dei doni.
Il presidente Putin ha donato al
Pontefice una raffigurazione in ricamo della chiesa di Gesù Salvatore, mentre il Papa gli ha regalato il
medaglione dell’artista Guido Veroi
che rappresenta l’Angelo della pace
— un invito alla costruzione di un
mondo di solidarietà e di pace fondato sulla giustizia — e una copia
della Evangelii gaudium.
pedendo «ai più poveri di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima», e la speculazione
finanziaria. «Anche qui — ha suggerito — proviamo a percorrere un’altra
strada, convincendoci che i prodotti
della terra hanno un valore che possiamo dire “sacro”, perché sono frut-
to del lavoro quotidiano di persone,
famiglie, comunità di contadini».
Deplorando la rassegnazione e il
disinteresse che caratterizzano l’atteggiamento di Stati e organismi internazionali di fronte alla fame, il
Pontefice ha ricordato che spesso la
povertà non è solo un disagio sociale ma «una questione strutturale»,
per la cui soluzione non bastano
semplici strategie politiche. Oltretutto, ha denunciato, nel sud del mondo afflitto da fame cronica gli aiuti
di emergenza che arrivano dall’estero
«non bastano e non sempre finiscono nelle mani giuste». Col risultato
che si penalizzano le coltivazioni locali e «si crea dipendenza verso i
grandi produttori».
Proprio sulla questione dell’«accaparramento delle terre coltivabili da
parte di imprese transnazionali e di
Stati» Francesco ha espresso serie
preoccupazioni, sottolineando che
questo processo «non solo priva gli
agricoltori di un bene essenziale, ma
intacca direttamente la sovranità dei
Paesi». Severo anche il giudizio sulla
mancanza di impegni concreti per
garantire il diritto all’acqua e «per
rendere sostenibile il consumo di
questo bene-risorsa»: tutti, si è augurato il Papa, «possano accedere
all’acqua indispensabile alle loro necessità e alle attività agricole».
PAGINA 8
BRUXELLES, 11. L’arrivo di
migranti e profughi sulle
coste mediterranee europee
è un’emergenza destinata ad
accrescersi e protrarsi, ma i
Governi dell’Unione europea sembrano non avere
fretta nell’affrontarla. Il problema «è ora e non si può
rinviare», ha detto ieri Natasha Bertaud, la portavoce
del commissario Dimitris
Avramopoulos, sottolineando appunto che «gli Stati
devono prendere le loro responsabilità».
Le prospettive, peraltro,
vanno tutt’altro che in questa direzione. Sembra infatti
confermato che né la riunione dei ministri dell’Interno
della settimana entrante, né
Soccorsi nel Mediterraneo (Marina militare)
il Consiglio europeo conclusivo della presidenza di turno lettone prenderanno alcuna de- nell’arrivo di migranti e profughi,
cisione operativa riguarda all’agen- ma molti osservatori ammoniscono
da sull’immigrazione varata dalla che se venisse meno per interessi
particolari la solidarietà europea su
Commisione.
In gioco non è soltanto la sorte questo versante, si aprirebbe una
delle migliaia e migliaia di infelici strada pericolosa destinata a metteche cercano scampo in Europa dal- re in discussione la stessa integrala guerra, dalle persecuzioni e dalla zione europea.
fame — e basterebbe a chiamare in
causa la coerenza di un’Unione europea che cita la tutela dei diritti
umani e la solidarietà in tutti i suoi
Ai vescovi di Lettonia ed Estonia
documenti — ma lo stesso processo
di fusione continentale che ha consentito ai popoli europei oltre mezzo secolo di sviluppo e, soprattutto, di pace. Non solo i Governi dei
Paesi più immediatamente coinvolti
In dialogo per
superare le differenze
PAGINA 7
Per gli scontri tra peshmerga e miliziani dell’Is
Altre migliaia di siriani
fuggono in Turchia
DAMASCO, 11. La battaglia riaccesasi
in Siria tra le forze peshmerga curde
e le milizie del cosiddetto Stato islamico (Is) intorno alla città di Tel
Abyad ha spinto migliaia di persone
a varcare il vicino confine con la
Turchia. Dalla scorsa settimana, secondo dati ufficiali riferiti dalla
stampa turca, sono state fatte entrare
nel Paese 6.837 persone e su altre
duemila sono in corso controlli alla
frontiera.
Le forze peshmerga sono impegnate contro l’Is anche in Iraq, dove
proprio in queste ore hanno affermato di avere tagliato le linee di approvvigionamento del gruppo jihadista da nord verso Mosul. Secondo
quanto dichiarato al sito internet
Iraqi News da Hakhuan Abdullah,
esponente della commissione parlamentare irachena per la sicurezza e
la difesa, «le forze peshmerga sono
attualmente schierate nell’area strategica di Keskin, zona cuscinetto tra
Tal Afar e Mosul, e sono in grado di
bloccare le forniture ai terroristi».
Abdullah ha aggiunto che la presenza dei peshmerga «avrà un ruolo importante nel coordinamento con le
forze federali per lanciare operazioni
militari per riprendere Mosul».
Sempre sui fronti iracheni, nove
miliziani dell’Is sono stati uccisi in
uno scontro nei pressi di Ramadi, la
città capoluogo della provincia di al
Anbar caduta lo scorso mese nelle
mani del gruppo jihadista e dove le
forze irachene, appoggiate dalle milizie sciite della Mobilitazione popolare, si apprestano a tentare la controffensiva. Le milizie sciite stanno
avanzando verso Falluja, sempre nella provincia di Al Anbar, dove i miliziani dell’Is sono riusciti a prendere il controllo del centro della città.
Nel frattempo, il presidente degli
Stati Uniti, Barack Obama, ha con-
La Santa Sede all’Expo di Milano
L’etica
della produzione
ANGELO BECCIU
A PAGINA
4
fermato l’invio di altri quattrocentocinquanta istruttori militari in Iraq,
il che ne porta il numero totale a oltre tremilacinquecento.
Gli scontri si estendono anche su
altri fronti. Otto combattenti del
gruppo sciita libanese Hezbollah,
schierato nel conflitto siriano a fianco delle forze del Governo del presidente Bashar Al Assad, sono stati
uccisi nella valle della Bekaa, nell’est
del Libano vicino al confine con la
Siria, da miliziani dell’Is che hanno
attaccato le loro postazioni.
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa mattina in udienza:
Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Antonio
María Rouco Varela, Arcivescovo emerito di Madrid (Spagna);
le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori:
— Zbigņevs Stankevičs, Arcivescovo di Riga (Lettonia), in
visita «ad limina Apostolorum»;
Udienza al primo ministro
del Canada
— Edvards Pavlovskis, Vescovo di Jelgava (Lettonia), in visita «ad limina Apostolorum»;
— Viktors Stulpins, Vescovo
di Liepāja (Lettonia), in visita
«ad limina Apostolorum»;
— Jānis Bulis, Vescovo di
Rēzekne-Aglona (Lettonia), in
visita «ad limina Apostolorum»;
— Philippe Jourdan, Vescovo
titolare di Pertusa, Amministratore Apostolico di Estonia
(Estonia), in visita «ad limina
Apostolorum».
Il Santo Padre ha ricevuto in
udienza nel pomeriggio di mercoledì 10 Sua Eccellenza il Signor Vladimir Putin, Presidente
della Federazione Russa, e Seguito.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza Sua
Eccellenza il Signor Stephen
Harper, Primo Ministro del Canada, e Seguito.
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza una
Delegazione della «Escuela de
Evangelización San Andrés».
Nella mattina di giovedì 11 giugno, Papa Francesco ha ricevuto
in udienza il primo ministro del
Canada, Stephen Harper, il quale
si è successivamente incontrato
con l’arcivescovo Paul Richard
Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati.
Nel corso dei cordiali colloqui
sono state rilevate le buone relazioni esistenti fra la Santa Sede e
il Canada, come pure il positivo
spirito di collaborazione e di dialogo fra il Governo federale e la
Chiesa. In particolare, è stato affrontato l’impegno del Canada a
difendere e promuovere la libertà
religiosa nell’ambito dei diritti
umani fondamentali.
Nel prosieguo della conversazione sono state trattate alcune questioni di politica internazionale,
con riferimento all’Europa e al
Medio oriente e alle prospettive di
pace in quella regione, nonché alla
lotta al terrorismo e a questioni relative all’ambiente.
Il Santo Padre ha accettato la
rinuncia al governo pastorale
dell’Arcidiocesi di Kaunas (Lituania), presentata da Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Sigitas Tamkevičius, S.J.,
in conformità al canone 401 § 1
del Codice di Diritto Canonico.
Provvista di Chiesa
Il Santo Padre ha nominato
Arcivescovo
Metropolita
di
Kaunas (Lituania) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Lionginas Virbalas, S.J., finora Vescovo di Panevėžys (Lituania).
L’OSSERVATORE ROMANO
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venerdì 12 giugno 2015
La presidente del Brasile
Dilma Rousseff e il presidente del Consiglio
europeo Donald Tusk (Reuters)
Intervento della Santa Sede
Un terzo dell’umanità
senza medicine
BRUXELLES, 11. Si è aperto ieri a
Bruxelles il vertice tra l’Unione europea e la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac).
Sessantuno Paesi di entrambi i
continenti, più di quaranta dei quali
rappresentati da capi di Stato e di
Governo, si sono riuniti allo scopo
di rinforzare la cooperazione bilaterale e combattere le disuguaglianze.
Ricerca scientifica, scienza, istruzione a livelli universitari e innovazione
tecnologica, ma anche e soprattutto
l’uguaglianza socio-economica nel
rispetto dei diritti umani, sono alcune delle tematiche sulle quali si
orienterà la volontà di approfondire
e ampliare il livello degli scambi tra
le due entità, che raggruppano complessivamente sessantuno Paesi e più
di un miliardo di abitanti. I due
blocchi assieme rappresentano un
quarto del prodotto interno lordo
mondiale.
Nata nel 2011 su iniziativa dell’allora presidente venezuelano, Hugo
Chávez, la Celac nel giro di pochi
anni ha assunto un ruolo politico di
primaria importanza.
Per il capo dello Stato dell’Ecuador, Rafael Correa, presidente di
turno della Celac, la riduzione della
povertà estrema, lo lotta alle disuguaglianze, il cambio climatico, il finanziamento delle infrastrutture,
l’educazione e l’innovazione devono
essere gli assi principali del lavoro
dell’organizzazione latinoamericana.
La regione della Celac, secondo
Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea è tra le più
interconnesse con l’Ue al mondo.
L’Ue ne è il principale investitore
straniero e ha accordi commerciali
con ventisei dei trentatré Paesi
dell’organizzazione. L’Unione europea è anche il primo donatore di
aiuti, se si sommano i finanziamenti
della Commissione europea a quelli
dei 28 Paesi membri. L’Europa è il
secondo partner commerciale della
Celac, subito alle spalle degli Stati
Uniti, mentre il blocco latinoamericano e caraibico è il quinto partner
commerciale dell’Ue. Nel 2014 il
vecchio continente ha esportato ver-
Vertice a Bruxelles tra l’Ue e la Comunità di Stati latinoamericani e dei Caraibi
Cooperazione
contro le disuguaglianze
so i Paesi della Celac 110,6 miliardi
di euro, mentre le importazioni di
beni ammontavano a 98,6 miliardi
di euro.
Prima dell’apertura del summit, la
Commissione europea ha annunciato nuovi programmi di aiuti, tra cui
lo stanziamento di 118 milioni di euro destinati ad aumentare la coope-
Verso l’impeachment
il presidente
del Guatemala
CITTÀ DEL GUATEMALA, 11. La Corte
suprema del Guatemala ha dato ieri
il nullaosta al Parlamento per decidere se togliere o meno l’immunità
al presidente, Otto Pérez Molina,
nell’ambito di una vicenda di corruzione che ha suscitato forti proteste
di piazza. La decisione, in caso di
voto a favore, potrebbe risultare una
sorta di impeachment per Pérez
Molina, al potere dal 2012. Secondo
la denuncia di un parlamentare
dell’opposizione, Pérez Molina sarebbe coinvolto assieme alla vice
presidente, Roxana Baldetti, in
scandali legati al pagamento di tangenti. I due sono accusati di avere
sottratto 130 milioni di dollari dalle
casse dello Stato. Di recente, diversi
esponenti dello staff del capo delpresidente sono stati tratti in arresto
per la stessa vicenda, mentre il Governo nei giorni scorsi ha estromesso
tre dei suoi tredici ministri.
Preoccupazione e indignazione
per i gravi episodi di corruzione nel
Paese avevano espresso i vescovi con
una dichiarazione diffusa nei giorni
scorsi. Nella dichiarazione, tra l’altro, i presuli sottolineano che «le
massicce manifestazioni popolari
possono essere una finestra di speranza, ma anche un rischio di entrare in processi caotici e turbolenti, se
non si risponde con immediatezza
alle legittime richieste fatte nelle
strade e nelle piazze».
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razione imprenditoriale e gli investimenti europei nella regione.
Sempre ieri, sono stati firmati gli
accordi tra l’Ue, la Colombia e il
Perú per l’eliminazione dei visti
Schengen per i cittadini di entrambi
i Paesi che desiderano viaggiare in
Europa. Presenti il presidenti colombiano, Juan Manuel Santos, e peru-
viano, Ollanta Humala, assieme
all’Alto rappresentante dell'Ue per
gli Affari esteri e la Politica di sicurezza, Federica Mogherini. Il primo
summit tra la Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi e l’Unione europea c’era stato nel gennaio
2013 a Santiago del Cile, due anni
dopo la nascita della Celac.
Un terzo dell’umanità non ha accesso a farmaci essenziali e vaccini,
secondo le Stime dell’O rganizzazione mondiale della sanità. Dieci milioni di vite umane potrebbero essere salvate ogni anno, se tali risorse
fossero più facilmente disponibili.
Lo ha ricordato l’arcivescovo Silvano M. Tomasi, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio delle Nazioni Unite e istituzioni
specializzate a Ginevra, nell’intervento (pubblicato per intero su
www.osservatoreromano.va) pronunciato mercoledì 10 giugno al congresso sui diritti commerciali legati
alla proprietà intellettuale (Trips)
dell’Organizzazione mondiale del
commercio (Wto).
L’arcivescovo Tomasi ha ricordato come anche sotto questo aspetto
i Paesi meno sviluppati abbiano pagato il costo maggiore della crisi
economica e finanziaria globale
esplosa nel 2008 e che le loro prospettive nel breve e medio termine
restano incerte. Le ricadute su queste popolazioni sono terribili anche
sul piano della salute. Nei 49 Paesi
definiti come meno sviluppati dalle
Nazioni Unite, ha ricordato ancora
l’arcivescovo, le malattie sono in
aumento molto più velocemente
che nei Paesi a reddito più elevato.
In tutto questo giocano un ruolo
cruciale l’industria farmaceutica e la
questione dei brevetti sui farmaci.
Il previsto periodo di transizione
per l’attuazione degli accordi mondiali in merito, nonostante la disponibilità mostrata da molti Paesi meno sviluppati, non è valso a risolvere il nodo della questione: adottare
misure in grado di facilitare la crescita della capacità industriale farmaceutica senza essere ostacolati
dall’esistenza dei brevetti.
Per quanto riguarda il solo Aids,
nonostante successi parziali raggiunti, l’obiettivo dell’accesso universale alle cure antiretrovirali è
ben lungi dall’essere conseguito.
Le carenze dei sistemi sanitari,
evidenziate per esempio nell’ultimo
periodo dall’emergenza per l’epidemia di Ebola in Africa occidentale,
possono mettere a repentaglio, o
addirittura invertire, i risultati di alcuni Paesi meno sviluppati in termini di sviluppo umano ed economico.
L’Onu denuncia
gli abusi
dei caschi blu
ad Haiti
Grazie all’aumento degli investimenti agricoli, all’inclusione sociale e alla crescita economica
Dimezzata la fame in America latina
ROMA, 11. Bolivia, Costa Rica, Repubblica Dominicana e Suriname
fanno parte del gruppo dei settantadue Paesi che hanno raggiunto
l’Obiettivo di sviluppo del Millennio di dimezzare la quota delle persone che soffrono la fame. Honduras, Colombia, Ecuador, Giamaica e
Paraguay non sono ancora riuscite a
raggiungere il traguardo, ma sono
molto vicine. Lo si evince dal rapporto annuale «Lo stato della insicurezza alimentare nel mondo
2015», presentato dall’O rganizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (Fao),
nel corso della 39a Conferenza annuale, durante la quale il brasiliano
José Graziano da Silva, direttore generale rieletto nel corso dell’incontro, ha dichiarato che «dal 1990 nel
mondo 216 milioni di persone si sono liberate dal giogo della fame».
Da Silva ha però immediatamente
ammonito che quasi 800 milioni di
persone soffrono ancora a causa di
denutrizione cronica. Il direttore generale della Fao ha sottolineato come sia inaccettabile che una persona
su nove non possa avere gli alimenti
necessari per vivere un’esistenza attiva, sana e produttiva, e per questo
ha chiesto alla comunità internazionale di intensificare gli sforzi. Nel
suo intervento, Da Silva ha anche
evidenziato che tra gli Obiettivi dello sviluppo sostenibile, prossima
meta che la Fao sottoporrà all’ap-
provazione degli Stati membri, dovrà essere inclusa l’eliminazione
completa della fame nel mondo.
«Se tutti facciamo la nostra parte,
possiamo arrivare all’obiettivo “fame
zero” nel corso delle nostre vite», ha
detto il direttore.
Secondo il rapporto della Fao, il
brillante risultato latinoamericano si
spiega grazie all’aumento della pro-
duttività e degli investimenti agricoli, ai miglioramenti della previsione
e protezione sociale, a una crescita
economica inclusiva e anche alla volontà politica.
Il direttore generale della Fao ha
messo il rilievo, in particolare, il miglioramento della produttività dei
piccoli coltivatori diretti, a scala familiare, come fattore determinante
PORT-AU-PRINCE, 11. Caschi blu
dell’Onu hanno indotto alla prostituzione 225 donne di Haiti,
vittime della mancanza di cibo e
di medicinali, e hanno commesso
abusi sessuali su minori. È quanto emerge da un rapporto interno delle Nazioni Unite ottenuto
dall’agenzia Ap, secondo cui lo
sfruttamento sessuale nell’ambito
di queste missioni è ancora notevolmente sottovalutato. Il documento anticipato dall’agenzia è
stato realizzato dall’Office of Internal Oversight Services, l’organismo che ha il compito di indagare
sulle
attività
interne
dell’Onu. Il testo indaga su come le missioni di peacekeeping,
che contano 125.000 persone in
alcune delle aree più problematiche del mondo, gestiscono il
persistente problema dell’abuso e
dello sfruttamento sessuale. Il testo indica, tra l’altro, che circa
un terzo dei presunti casi di abusi sessuali coinvolgono minori di
18 anni e che l’assistenza a queste persone mostra gravi lacune.
Spesso in cambio di prestazioni
sessuali vengono offerti, oltre al
denaro, telefoni cellulari, computer portatili e profumi.
non solo del risultato attuale in termini di alimentazione, ma anche
della possibilità di uscire dalla povertà.
Da Silva è entrato alla Fao nel
2006 come capo dell’Ufficio regionale per l’America Latina e i Caraibi, dopo aver diretto la squadra che
ha disegnato il programma “fame
zero” in Brasile.
Più della metà dell’aumento della temperatura media globale causato dall’uso dei combustibili fossili e dalla deforestazione
Clima difficile
L’ultima centrale a carbone ancora attiva in Germania (Ap)
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
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vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
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Gaetano Vallini
segretario di redazione
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GINEVRA, 11. Il riscaldamento globale è colpa dell’uomo, che usa petrolio e altri combustibili fossili e
dovrebbe invece cambiare modello
economico. Assumono un’altra sfumatura le valutazioni degli scienziati che studiano il clima su mandato
delle Nazioni Unite (l’Ipcc, l’Intergovernmental Panel on Climate
Change) alla luce dell’intesa raggiunta sul clima al recente vertice
del G7 in Germania, che puntano
su un’azione «urgente e concreta».
L’Ipcc, nell’ultimo report di valutazione sul pianeta, non lascia
spazio ai dubbi: basta combustibili
fossili, e via libera alle energie rin-
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
novabili. Secondo gli esperti, è infatti «probabile al 95-100 per cento
che l’uso dei combustibili fossili e
la deforestazione abbiano causato
più della metà dell’aumento di temperatura osservato». Nell’intesa del
G7, i sette leader dei Paesi più industrializzati si sono accordati per
mantenere l’aumento della temperatura media globale entro due gradi
rispetto ai livelli preindustriali, cosa
che alla Conferenza di Parigi sul
clima — a fine anno — dovrebbe
aprire la strada a un accordo globale vincolante per fermare le emissioni dei gas nocivi. Questo significa
che non bisogna varcare la soglia di
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
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non ritorno, così come prospettato
dagli esperti delle Nazioni Unite,
che nel peggiore degli scenari hanno fatto presente, per esempio, come con un aumento di 4,8 gradi il
livello del mare potrebbe salire di
quasi un metro.
Per salvare il Pianeta, viene spiegato dall’Ipcc, è urgente puntare
verso un sistema economico in grado di abbattere l’anidride carbonica. Per riuscire a stare entro i due
gradi di aumento medio, hanno
detto gli scienziati, bisogna ridurre
le emissioni di gas serra del 40-70
per cento entro il 2050.
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pagina 3
Soldati delle truppe maliane si dirigono verso
il confine ivoriano (Afp)
Merkel e Hollande invitano il premier ellenico a intensificare i negoziati
Per la Grecia
il tempo stringe
ATENE, 11. Intensificare ulteriormente gli sforzi per arrivare a un accordo fra la Grecia e le istituzioni creditrici. È quanto hanno concordato
ieri sera il cancelliere tedesco, Angela Merkel, il presidente francese,
François Hollande, e il premier gre-
Dieci arresti
per bancarotta
in Puglia
ROMA, 11. Dieci ordinanze di custodia cautelare, di cui tre in carcere e sette ai domiciliari, sono
state richieste dalla procura di
Trani a seguito di un’inchiesta
sulla bancarotta dell’ospedale psichiatrico «Casa Divina Provvidenza» di Bisceglie. Tra le persone destinatarie dell’ordinanza figura anche il senatore del Nuovo
centro destra, Antonio Azzollini,
presidente della Commissione bilancio di Palazzo Madama ed ex
sindaco di Molfetta, sul cui fermo dovrà ora pronunciarsi il Parlamento. Sono già finiti agli arresti ex responsabili e consulenti
esterni della struttura. Fra questi
anche due religiose appartenenti
alla congregazione delle Ancelle
della Divina Provvidenza. Entrambe sono ai domiciliari. Le
ipotesi di reato per tutti sono di
associazione a delinquere finalizzata alla bancarotta fraudolenta.
Le accuse per il senatore Azzollini sono di aver agevolato la congregazione, che era in forte debito con l’erario e con gli enti previdenziali, in cambio di vantaggi
personali. Il procuratore di Trani,
Carlo Maria Capristo, ha ringraziato la Santa Sede per la collaborazione fornita nelle indagini.
co, Alexis Tsipras, nel vertice ristretto a Berlino a margine del summit
Ue-America latina, mentre fra venti
giorni, a fine giugno, scade la proroga di quattro mesi del secondo
piano di salvataggio di Atene.
L’incontro, ha detto Tsipras
uscendo dalla riunione, è stato
«molto costruttivo. Abbiamo deciso
di intensificare il lavoro per colmare
le differenze» fra le proposte di riforme del Governo di Atene e dei
creditori internazionali. «La leadership politica europea — ha aggiunto
il premier — comprende che serve
una soluzione adeguata per permettere alla Grecia di ottenere crescita e
coesione sociale».
Il cancelliere tedesco ha ribadito
oggi che Atene «deve lavorare nei
prossimi giorni con le tre istituzioni
creditrici per chiarire i punti ancora
in discussione. Spero che questo
faccia compiere i progressi necessari,
ma in questa fase ogni giorno è importante». Nel vertice di ieri sera,
ha sottolineato Merkel, «abbiamo
avuto un intenso scambio di vedute
e alla fine dei colloqui è emersa una
assoluta unità sul fatto che la Grecia
debba lavorare con le istituzioni».
Ma intanto Standard&Poors mette pressione sulla Grecia, declassandola a CCC da CCC+, con outlook
negativo, e avvertendola che senza
un accordo farà default nel giro di
dodici mesi.
Secondo l’agenzia di rating, anche in caso di accordo, Atene sarà
salva solo per qualche mese, perché
l’intesa «non coprirà gli obblighi sul
debito al di là di settembre». «Il rischio di un fallimento della Grecia
cresce di giorno in giorno», ha detto oggi il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, parlando a
Londra. I rischi di uno scenario del
genere non sono contenibili meglio
di quanto lo fossero in passato, «e
dunque non andrebbero sottovalutati».
Dal canto suo, la Banca centrale
europea (Bce) segnala di non voler
lasciare la Grecia al suo destino e
procede a un maxi-rialzo di 2,3 miliardi di euro della liquidità d’emergenza (Ela) alle banche elleniche.
Per la prima volta al confine con Costa d’Avorio e Burkina Faso
Attacco jihadista in Mali
BAMAKO, 11. Un gendarme maliano è rimasto ucciso ieri
in un attacco di jihadisti nella località di Misseni, non
lontano dalle frontiere con Costa d’Avorio e Burkina
Faso. È la prima volta che i gruppi armati, attivi nel
nord, colpiscono la regione meridionale del Paese.
Non è chiara la provenienza degli assalitori — definiti
di matrice jihadista dalla stampa — che potrebbero
essere partiti sia dal territorio ivoriano che da quello
burkinabè. Secondo testimonianze citate dal portale
web Malijet, dopo aver lasciato Misseni, gli uomini —
Ottimismo all’incontro di Berlino
Verso un Governo libico di unità nazionale
BERLINO, 11. C’è ottimismo a Berlino
sulla possibilità che il piano
dell’Onu circa la formazione di un
Governo di unità nazionale possa ricevere il via libera «già nei prossimi
giorni» dai Governi di Tripoli e Tobruk. I rappresentanti dei Paesi
membri permanenti del Consiglio di
sicurezza dell’Onu (Stati Uniti,
Gran Bretagna, Francia, Russia e Ci-
na) e di tre Paesi europei (Germania, Spagna e Italia) hanno «ribadito il loro fermo impegno a lavorare
con una Libia unita e pacificata, in
uno spirito di partenariato», e hanno chiesto la fine dei combattimenti.
I Paesi rappresentati alla riunione
tedesca hanno inoltre «riaffermato
che un Governo libico inclusivo e di
accordo nazionale creerebbe le con-
dizioni per partenariati in diverse
aree con la comunità internazionale
che è pronta a offrire il proprio supporto in modo significativo», in
settori che vanno dalla lotta al
terrorismo e al crimine organizzato
alla gestione dei flussi migratori illegali, dal rafforzamento delle istituzioni al sostegno della ripresa economica e sociale.
Dimissioni
dopo la wikileaks
polacca
VARSAVIA, 11. Tensione in Polonia
dopo le dimissioni ieri del presidente della Camera dei deputati,
Radosław Sikorski, e di tre ministri del Governo di Ewa Kopacz
— quello del Tesoro, Włodzimierz
Karpiński, dello Sport, Andrzej
Biernat, e della Salute, Bartosz
Arłukowicz — a causa della diffusione su internet di atti segreti
della procura. La pubblicazione,
avvenuta su iniziativa di un controverso uomo d’affari Zbigniew
Stonoga, è destinata, secondo alcuni osservatori, ad anticipare i
tempi della campagna elettorale
per le politiche in programma il
prossimo autunno.
Lo scandalo della wikileaks
polacca era già esploso un anno
fa. Gli organi inquirenti non avevano però avviato procedimenti
contro alcuno. Tuttavia la vicenda è pesata sul Governo, contribuendo ad alimentare crescenti
critiche e la perdita di popolarità
da parte dell’Esecutivo.
E le dimissioni presentate ieri
confermerebbero, come indicato
da alcuni analisti, il duro contraccolpo che la vicenda ha provocato all’interno dell’attuale forza politica al Governo. Già due
settimane fa il partito conservatore ma europeista di Piattaforma
civica aveva dovuto registrare la
sconfitta del proprio candidato
nelle presidenziali, il capo di Stato uscente Bronisław Komorowski. A vincere le presidenziali è
stato Andrzej Duda, il candidato
di destra sostenuto dalla maggiore forza di opposizione Diritto e
giustizia (Pis) del leader Jaroslaw
Kaczyński. Con le prossime elezioni politiche il Pis spera di riprendere il potere dopo la sconfitta del 2007.
una quarantina — sarebbero stati avvistati nel villaggio
di Palet, vicino al confine della Costa d’Avorio.
Le autorità di Bamako hanno già inviato sul posto
truppe di rinforzo, che sono partite da Sikasso.
Questo attacco armato giunge a dieci giorni dalla
prevista ratifica da parte dei ribelli tuareg dell’accordo
di pace — firmato il 15 maggio scorso a Bamako tra il
Governo e i mediatori internazionali — che ha l’intento
di isolare definitivamente i jihadisti che nel 2012 avevano trasformato il nord in base di operazioni nel Sahel.
L’inviato dell’Onu per la Libia, Bernardino León, a sinistra, e il ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier, alla riunione di Berlino (Afp)
Frane
su villaggi
nepalesi
Attentato
dei talebani
in Pakistan
KATHMANDU, 11. Sono quarantasette i morti finora accertati nelle frane che si sono abbattute ieri sera,
per le forti piogge, su vari villaggi
del distretto di Taplejung (Nepal
nordorientale). Lo riferiscono oggi
i media a Kathmandu. Il Governo
ha annunciato l’invio di soccorsi ed
elicotteri per evacuare eventuali feriti gravi. Il vice sovrintendente
della polizia locale, Shanti Raj
Koirala, ha detto che «un mare di
fango, terra e sassi ha sommerso
moltissime case di almeno sei villaggi». Il Nepal è stato colpito, lo
scorso 25 aprile, da un fortissimo
terremoto che ha causato 8.786
morti accertati, 22.303 feriti e gravissimi danni materiali. Nelle ultime ore il Centro sismologico europeo mediterraneo ha registrato altre due scosse di assestamento.
ISLAMABAD, 11. Un attentatore suicida a bordo di una moto si è fatto esplodere contro l’auto che trasportava il vice comandante della
polizia di frontiera pakistano, Malik Tariq, nella città nordoccidentale di Peshawar, uccidendo due
poliziotti e ferendo sei persone: lo
stesso Tariq, il suo autista, due
agenti e due passanti. Il veicolo
preso di mira dall’attentatore è
stato completamente distrutto
dall’esplosione. Secondo la polizia, infatti, l’ordigno sulla motocicletta era composto da almeno sei
chilogrammi di materiale esplosivo. Il gruppo terroristico Tehreeki-taliban Pakistan (Ttp), tramite il
portavoce Muhammad Khurasssani, ha immediatamente rivendicato
la paternità dell’attentato di
Peshawar.
All’incontro, ospitato dal ministro
degli Esteri tedesco, Frank-Walter
Steinmeier, erano presenti anche l’inviato speciale dell’Onu per la Libia,
Bernardino León e alcuni esponenti
delle fazioni libiche.
In un comunicato è stato «reso
omaggio alla dedizione e all’impegno di tutti i partecipanti al dialogo
politico», ed è stata espressa soddisfazione «per l’ampio sostegno di
cui il processo di pace gode tra la
popolazione libica, e per il diversificato contributo al processo da parte
della società civile libica». Sono state inoltre elogiate le iniziative avviate da alcune municipalità per raggiungere cessate-il-fuoco locali, per
definire scambi di prigionieri e il rilascio di detenuti, e per consentire il
rientro degli sfollati.
Da Berlino è infine scaturito un
appello ai leader libici, chiamati a
«cogliere l’opportunità di riunirsi
sotto l’egida dell’Onu, con urgenza
e in buona fede per suggellare un
accordo politico che definisca un
cessate il fuoco generale, porti alla
costituzione di istituzioni politiche
inclusive e definisca gli accordi di sicurezza transitori». Ma allo stesso
tempo è stata sottolineata la determinazione a mettere in atto «misure
appropriate nei confronti di chi minaccia la pace, la stabilità e la sicurezza della Libia, o intralci il completamento della transizione politica».
Kabul non ha ancora indicato
la data delle elezioni legislative
KABUL, 11. Aspre polemiche si registrano in Afghanistan per l’imminente scadenza del mandato della
Camera dei deputati (Wolesi Jirga)
senza che il Governo di Kabul abbia reso nota la data delle elezioni
per il suo rinnovo. Il limite di funzionamento della Camera bassa, riferisce oggi l’agenzia di stampa
Pajhwok, è il prossimo 22 giugno e
in base all’articolo 83 della Costituzione avrebbe già dovuto essere stata fissata la data per il suo rinnovo
«entro un massimo di 60 giorni».
Alcune settimane fa la Commissione parlamentare elettorale ha annunciato che, per mancanza di fondi, le elezioni legislative sarebbero
state rinviate a data da destinarsi,
verosimilmente il prossimo anno.
Ajmal Hodman, presidente dell’Associazione degli avvocati afghani,
ha sottolineato che «non aver fissato la data della nuova consultazio-
ne elettorale è già una violazione
della legge. Se la Camera continuasse a lavorare dopo il 22 giugno
sarebbe una violazione della Costituzione».
Da parte sua Fazl Hadi Muslimyar, presidente della Meshrano
Jirga (Senato), ha detto che «dopo
il 22 giugno ci vedremo costretti a
respingere tutti i testi di legge eventualmente trasmessi a noi dalla Camera bassa». «Se invece una data
per il voto fosse fissata — ha concluso — la Wolesi Jirga potrebbe
continuare il suo lavoro, altrimenti
sarebbe totalmente illegale».
Nel frattempo, un civile statunitense è morto in conseguenza del
lancio da parte di militanti talebani
di un razzo contro Bagram, la più
grande base militare e il maggior
aeroporto a disposizione delle truppe della comunità internazionale
operanti nel Paese.
In Madagascar
cresce
la tensione
ANTANANARIVO, 11. Cresce la tensione in Madagascar. Sul presidente Rajaionarimampianina pesa
la minaccia di una destituzione
votata dal Parlamento, ma non
ancora confermata dalla Corte costituzionale. Ieri, ad Antananarivo, la polizia ha fermato Lanto
Rakotomanga, deputata del partito Mapar, che aveva appena incontrato l’ex capo dello Stato,
Andry Rajoelina. Dopo aver disperso con i lacrimogeni il gruppo
di persone — in particolare una
ventina di parlamentari — che aveva dato vita a una protesta sul posto, la polizia ha sequestrato alla
deputata una forte somma di denaro. Questa sarebbe la prova, secondo gli agenti, di un probabile
«tentativo di corruzione». Per il
Mapar si tratterebbe invece di
«fondi di partito» necessari alla
campagna elettorale per le prossime elezioni municipali.
L’ex presidente Rajoelina, che
aveva sostenuto la candidatura di
Rajaonarimampianina alla presidenza della Repubblica, è uno dei
leader che hanno contribuito a far
votare dal Parlamento la richiesta
di destituzione. La richiesta dovrà
ora essere approvata o respinta
dalla Corte costituzionale, ma non
si conoscono ancora i tempi della
decisione. Improbabile, tuttavia,
che l’attesa porti a un riavvicinamento tra i due schieramenti.
Aiuti finanziari
cinesi
all’Angola
PECHINO, 11. La Cina ha garantito
aiuti finanziari all’Angola per superare l’attuale crisi dovuta al calo
dei prezzi del petrolio. Lo ha reso
noto ieri il direttore generale cinese per gli Affari africani, Lin
Songtian. Il presidente angolano,
José Eduardo Dos Santos, ha
compiuto una visita ufficiale di tre
giorni a Pechino, la prima dal
2008. La Cina non ha specificato
l’entità degli aiuti. Secondo la
stampa angolana il presidente Dos
Santos avrebbe chiesto un prestito
di 20 miliardi di dollari. Dal 2004
a oggi la Cina ha già prestato
all’Angola 18 miliardi di dollari. Il
Paese africano — che produce circa 1,7 milioni di barili al giorno —
ha visto il suo bilancio diminuire
di circa un quarto a causa della
caduta dei prezzi del greggio.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
venerdì 12 giugno 2015
La Santa Sede all’Expo di Milano
Un’orchestra formata
da bambini e ragazzi
con problemi psichici e mentali
inaugura la giornata
Cibo
per la mente
di PIERANGELO SEQUERI
a vigilia di Natale del 1949,
una composizione del celebre musicista francese Charles Gounod (1818-1893), indicata come Inno e marcia
Pontificale e offerta l’11 aprile 1869 a
Pio IX per il suo giubileo sacerdotale,
fu eseguita al cospetto di Pio XII. La
musica, alla quale era già adattato un
testo latino, era stata munita, con l’occasione, di un testo italiano: sia per la
parte dell’inno, sia per la parte della
marcia. Pio XII dev’essere stato molto
soddisfatto per l’esecuzione, tanto che
il primo gennaio 1950 un decreto papale rendeva l’inno ufficiale.
Confido che anche il Papa Francesco potrà essere soddisfatto dell’esecuzione dell’inno pontificio che ha inaugurato il National Day della Santa Sede all’Expo di Milano. Mi azzardo a
pensare, anzi, che potrà essere motivo
di speciale compiacimento, per lui, il
fatto che l’esecuzione sia stata presentata dall’Orchestra sinfonica Esagramma, in una versione sinfonico-orchestrale (senza il coro) concepita proprio
L
È morto
Khaled
Fouad Allam
È morto il 10 giugno a Roma
Khaled Fouad Allam, studioso
del mondo islamico ed ex
parlamentare, il primo
editorialista musulmano a
scrivere sul nostro giornale.
Allam era nato a Tlemcen, in
Algeria, nel 1955 ma viveva da
tempo in Italia, dove ha
insegnato Sociologia del
mondo musulmano e Storia e
istituzioni dei Paesi islamici
all’università di Trieste e
Islamistica nell’ateneo di
Urbino. «Khaled è un nome
che mi ha sempre colpito, in
quanto significa “eterno”» ha
scritto Paolo Branca ricordando
Allam sul quotidiano
«Avvenire» dell’11 giugno.
Allam aveva recentemente
pubblicato Il jihadista della
porta accanto (Casale
Monferrato, Piemme, 2015,
pagine 154, euro 15,90) dedicato
all’Is, rimarcando che
«l’Occidente è troppo abituato
al terrorismo e basta»; Is non è
un fatto episodico ma è
un’istituzione che ha riempito
il vuoto lasciato dalla «caduta
del Muro a cui è corrisposta
l’assenza della religione, delle
ideologie, e perfino delle
società di consumo».
per questo evento. Il valore aggiunto
che Esagramma porta all’evento di
presentazione del padiglione della
Santa Sede, in effetti, consiste proprio
nella particolare configurazione di
questa orchestra, formata dall’integrazione di bambini e ragazzi musicisti,
con diverse problematiche sul fronte
psichico e mentale, con altrettanti orchestrali professionisti, molti dei quali
sono anche educatori specializzati.
Dirò subito che l’integrazione, qui,
non è un semplice gesto di accoglienza, e tanto meno un espediente comunicativo. I ragazzi si guadagnano il loro posto in orchestra, dopo aver svolto
un graduale lavoro di confidenza con
lo strumento, che li impegna, con metodiche idonee e precisi schemi di lavoro, per circa nove anni. La bellezza
e la soddisfazione di questo lavoro
stanno proprio in questa specie di
“miracolo”: la partecipazione alla concertazione di una partitura sinfonica è
in grado di attrarre potenziali di coinvolgimento, di impegno, di autocontrollo, di autostima, che portano beneficio alla strutturazione della persona e
alla qualità delle relazioni, mentre nutrono di meritata soddisfazione il lavoro musicale e la felicità dei suoi
risultati.
L’Orchestra sinfonica Esagramma
ha una certa confidenza con la Santa
Sede, e si è già meritata la simpatia di
due Papi. Ha suonato, infatti, alla
Messa con i disabili del Giubileo 2000
(Giovanni Paolo II) e a Loreto, alla
Messa dell’agora dei giovani 2007 (Benedetto XVI). L’invito per la partecipazione alla manifestazione dell’Expo
2015 è venuto dall’affettuosa amicizia e
dalla speciale sensibilità del cardinale
Gianfranco Ravasi, che conosce e apprezza la lunga storia del Centro Esagramma fin dai suoi inizi. Riveste certamente un particolare significato il
fatto che, per questo National Day, fra
le molte e blasonate orchestre che
avrebbero potuto portare arte e prestigio alla manifestazione, sia stata individuata un’orchestra, per tanti aspetti,
così “diversa”. E al medesimo tempo,
così “speciale”. Lo stesso cardinale Ravasi ha evocato la particolare congruenza di questa partecipazione con
lo spirito che anima il pontificato di
Francesco e con la singolarità della
presenza di Chiesa che si colloca nello
spazio laico e civile dell’Expo.
La musica non è soltanto profondità
dell’arte ed elevazione dell’anima. La
musica è cibo per la mente. La sfida
di Esagramma punta proprio qui. Il
pianeta dell’uomo si nutre anche così.
E coloro che hanno minori possibilità
di partecipare ai beni comuni sono
certamente la pupilla dell’occhio per
la Chiesa. Essi d’altra parte, messi in
grado di ricevere il nutrimento dell’arte umana migliore, sanno restituire impareggiabile qualità umana all’arte medesima. Un tratto che persino l’estetica più alta, se non nutre di bellezza
anche i più piccoli, corre il rischio di
dimenticare. Il pianeta deve ricordarselo.
di ANGELO BECCIU
a presenza della Sede
Apostolica all’Expo attraverso un suo luogo
simbolico — e meglio
si direbbe attraverso
un suo “messaggio” — vuole testimoniare l’impegno a cooperare e
la volontà di contribuire, con
idee e fatti, agli sforzi volti a garantire l’esistenza umana e a individuare nuove possibilità del sapere e della ricerca. La speranza
è che tutto possa favorire una più
ampia coesione sociale nel futuro
della famiglia umana.
Per queste ragioni, senza in alcun modo negare quell’autonomia che resta un valore intrinseco
a ogni attività umana (cfr. Gaudium et spes, 34), la Santa Sede
crede che si possano aprire orizzonti più ampi con il riferimento,
irrinunciabile, alla persona umana
e al suo desiderio di migliori condizioni di vita.
Nell’espressione «non di solo
pane» trovano sintesi quelle condizioni che fanno di ogni essere
umano una persona che unisce
nella propria esistenza una dimensione spirituale e materiale.
Una persona chiamata, come ci
ricorda Papa Francesco, non solo
a «coltivare e a custodire la terra» (Udienza generale, 5 giugno
2013), ma a preservare e a dare
continuità all’ordine della creazione nel quale si inserisce a pieno titolo il tema della nutrizione
(cfr. Discorso alla II Conferenza internazionale sulla nutrizione, 20
novembre 2014, 3).
La disponibilità di cibo, il lavoro dei campi, la produzione alimentare, l’uso di tecniche innovative come pure la preservazione
di conoscenze sedimentate nel
corso della storia, sono aspetti
non riservati esclusivamente alle
soluzioni tecniche o alla competenza politica e alla valutazione
economica, ma necessitano di
principi etici e orientamenti morali su cui fondare conseguenti
scelte e decisioni condivise.
L
Nel 1140 Graziano scriveva
«Nutri colui che è moribondo
per fame
perché se non l’hai nutrito
l’hai ucciso»
Infatti, se ancora oggi oltre
due miliardi di persone soffrono
di malnutrizione, e molti di loro
anche di fame cronica, nonostante decisioni e programmi che la
Comunità internazionale ritiene
tecnicamente precisi e in grado di
poter dare le risposte a persone,
famiglie e bambini, la causa va ricercata anzitutto nell’assenza di
volontà nel condividere. Una carenza di cui sono espressione
egoismi, interessi particolari, conflitti, speculazione finanziaria,
violazione di diritti fondamentali,
ineguale partecipazione ed esclusione dai processi decisionali. E
questo elenco potrebbe facilmente continuare.
Van Der Ast Balthasar, «Cesto di frutta»
(XVI secolo)
L’etica
della produzione
È necessario, allora, un autentico sussulto delle coscienze che
determini scelte razionali e tecniche «perché tutti possano beneficiare dei frutti della terra (...) anche e soprattutto per un’esigenza
di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano» (Discorso ai partecipanti alla 38ª sessione della Conferenza della Fao, 20
giugno 2013, 1).
Dalla sua particolare prospettiva la Santa Sede vede il vasto
obiettivo di garantire un livello di
nutrizione adeguato come una
reale esigenza delle persone e
quindi quale risultato di una vera
condivisione, quella stessa resa
oggi evidente dalla partecipazione di tanti Paesi all’Expo Milano
2015. Però un’azione condivisa
che abbia come priorità la riduzione del numero degli affamati
deve prevedere non solo interventi nelle situazioni di emergenza,
ma attività in favore dello sviluppo agricolo e un loro finanziamento proporzionato alle diverse
capacità dei donatori e alle esigenze dei beneficiari.
Dare e ricevere secondo
giustizia, richiede una formazione delle coscienze
alle esigenze dell’altro, di
ogni
prossimo,
anche
quando il problema riguarda l’uso delle tecnologie, il loro trasferimento
verso le aree più vulnerabili e la capacità di rispondere alle esigenze dei beneficiari, senza limitarne
prerogative, diritti e — non
da ultimo — abitudini e
culture alimentari.
Un tale impegno domanda a governi, istituzioni internazionali e Organizzazioni della società civile impegnate per la sicurezza alimentare di operare insieme, preservando le
diversità, ma non contrapponendole e utilizzando
come unico strumento
concreto il dialogo. Non si
tratta solo di riaffermare l’importanza delle differenti culture alimentari presenti nei vari angoli
del mondo o di preservare il valore delle molteplici pratiche legate
alla coltivazione, ma anche di ridiscutere le modalità di consumo
del cibo.
La lettura di dati e di fatti fanno già scorgere segnali positivi
come, ad esempio, il perfezionarsi
della sicurezza degli alimenti mediante un’attività di prevenzione
in fase di produzione, conservazione e distribuzione, ma anche
un più diretto ripensamento dei
nostri stili di vita che sembrano
ormai unicamente orientati alla
«globalizzazione dell’indifferenza» (Evangelii gaudium, 55). Adeguare i consumi alle reali necessità evitando sprechi e sperperi di
alimenti è già una garanzia di
riuscita delle strategie per la sicurezza alimentare, e soprattutto è
una delle vie maestre per «globalizzare la solidarietà» (ibidem). È
questo l’impegno a cui tutti siamo chiamati.
Del resto, nelle riflessioni
dell’Expo, quando si fa riferimento alla protezione dei differenti
regimi nutrizionali o alla continuità delle tradizioni agricole,
emerge chiaramente l’obiettivo di
individuare “ciò che unisce” i popoli. Si tratta di una strategia importante, capace di rendere funzionale alla dimensione umana
ogni azione che nel garantire a
ogni persona “il pane quotidiano” abbia a cuore la pacifica convivenza tra i popoli e il loro sviluppo integrale.
Mi sia consentita in proposito
un’annotazione che scaturisce da
un ricordo personale risalente
agli anni di studio quando rimasi
colpito da un passaggio della tradizione giuridica della Chiesa,
quel Decreto di Graziano che nel
1140 giungeva a dire: «Nutri colui
che è moribondo per fame, perché se non l’hai nutrito, l’hai ucciso» (distinctio LXXXVI). Un imperativo a cui quel grande giurista affiancava una modalità evangelica, e perciò pratica, di realizzazione: «Fai agli altri ciò che
vuoi sia fatto a te; non fare agli
altri ciò che non vuoi sia fatto a
gioni manifestano la capacità di
travasare il loro insegnamento
dalla dimensione spirituale in una
concreta dimensione etica in grado di determinare la ricerca delle
condizioni sociali, politiche ed
La causa principale
della malnutrizione
va ricercata nell’assenza
di volontà nel condividere
economiche per liberare dalla fame i milioni di esseri umani che,
tuttora, ne sono vittime.
Questo presuppone in primo
luogo l’impegno a estirpare alla
radice le cause dell’insicurezza
alimentare e della denutrizione
che diventano spesso veicolo di
contrapposizioni e di conflitti dolorosi. Le religioni e la loro tradizione ben conoscono che la liber-
Non di solo pane
Si è aperto l’11 giugno presso l’Expo di Milano la giornata
della Santa Sede sul tema «Non di solo pane». In programma,
tra gli altri, gli interventi del cardinale Gianfranco Ravasi,
commissario generale della Santa Sede, del cardinale Angelo
Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, e
del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano. I lavori
della giornata sono stati introdotti dall’orchestra Sinfonica
Esagramma, diretta da Licia Sbattella, che, tra l’altro, ha
eseguito per la prima volta un nuovo arrangiamento dell’Inno
Pontificio. Pubblichiamo un articolo dell’autore della
trascrizione, e fondatore dell’orchestra, e l’intervento del
sostituto della Segreteria di Stato.
te» (Decretum Gratiani, I, distinctio I). Si tratta di quella regola
aurea presente nelle differenti
culture, credi e visioni religiose
che è fondamento non solo di situazioni giuridiche e di diritti individuali, ma della naturale fraternità tra gli esseri umani, della
loro libertà.
Vorrei concludere questa riflessione ricordando come anche in
un contesto quale l’Expo le religioni operino “in prima linea”,
fornendo indicazioni di principio
e di guida — e forse anche di monito — quando propongono l’immagine del cibo come offerta, che
la tradizione cristiana simboleggia nel pane e nel vino. Un’offerta in grado di costruire una visione armoniosa della comunità e
della coesione sociale che si esprime nel senso della condivisione,
dell’accoglienza e del dono reciproco verso l’altro che è poi ogni
nostro prossimo. Un programma
che anche in un ambiente come
quello che oggi ci ospita può essere promotore di nuove relazioni
e di rapporti solidali.
Siamo di fronte a un esempio
concreto dei modi con cui le reli-
tà dalla fame vuole dire anche libertà dai conflitti e prevenzione
della guerra, come ben ricorda,
nelle Litanie dei Santi, la Chiesa
cattolica associando, nell’invocazione di liberazione, la malattia e
la fame alla guerra: «A peste, fame et bello libera nos, Domine».
A questo desiderio profondo si
unisce ancora una volta l’apprezzamento della Santa Sede per
l’importante iniziativa dell’Expo
Milano
2015,
accompagnata
dall’auspicio che i suoi risultati
possano essere altrettanti strumenti concreti per favorire un sano e pacifico dialogo tra i popoli
e tra i Paesi. Concludendo il suo
Messaggio per l’inaugurazione
dell’Expo lo scorso 1° maggio,
Papa Francesco ci chiamava a
un’assunzione di responsabilità,
invocando l’aiuto del Signore:
«Ci doni Lui, che è Amore, la vera “energia per la vita”: l’amore
per condividere il pane, il “nostro
pane quotidiano”, in pace e fraternità. E che non manchi il pane
e la dignità del lavoro ad ogni
uomo e donna». Facciamo nostre
queste parole.
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 12 giugno 2015
pagina 5
Santino proveniente da Springfield
(Stati Uniti d’America)
Teologia ed ecologia ad Halki
Per salvaguardare
il creato
di RICCARD O BURIGANA
reghiamo il Signore affinché si
possa continuare
a ispirare e a informare, a educare e a formare, a ri-immaginare e a
ri-esprimere “un nuovo cielo e una
nuova terra”»: con queste parole il
patriarca ecumenico Bartolomeo, arcivescovo di Costantinopoli, si è rivolto ai partecipanti al II Summit di
Halki, svoltosi dall’8 al 10 maggio
nell’isola turca di Heybeliada. L’incontro, promosso dal patriarcato
ecumenico con la partecipazione della Southern New Hampshire University, è stato dedicato al tema
«Teologia, ecologia e la Parola. Una
conversazione sull’ambiente, sulla
letteratura e sulle arti», con il dichiarato intento di approfondire le
radici letterarie e filosofiche della riflessione. Tema che da anni vede
«P
coinvolto Bartolomeo in prima persona, con l’obiettivo di definire uno
sviluppo economico equilibrato e sostenibile, fondato su uno stile di vita
in grado di promuovere la salvaguardia del creato.
Il summit, fin dalla presentazione,
è stato messo in stretta relazione con
il primo incontro di Halki, tenutosi
nel 2009 sul rapporto tra ambiente,
etica e innovazione, tappa fondamentale di un cammino che ha visto
lo svolgimento di cinque seminari
estivi (dal 1994 al 1998) e di otto
convegni internazionali (dal 1995 al
2009). Cammino voluto dal patriarcato di Costantinopoli per offrire un
contributo ecumenico al ripensamento del rapporto tra l’uomo e la creazione. Nel secondo Summit di Halki, al quale hanno preso parte teologi, scienziati, artisti, giornalisti, poeti
ed economisti di molti Paesi, si è discusso soprattutto del rapporto tra
natura e arti, in senso lato, e del
ruolo delle arti nel processo di condivisione dei valori cristiani. C’è la
necessità di costruire una società in
grado di vivere la salvaguardia del
creato come dimensione centrale per
la lotta alla violenza e alla povertà;
si tratta — è stato sottolineato in numerosi interventi — di proseguire
quella riflessione che deve guidare
uomini e donne a vivere, nella quotidianità, i valori cristiani legati alla
dimensione etica e spirituale della
sostenibilità ambientale.
Nell’aprire i lavori, nel giorno dedicato alla salvaguardia degli oceani,
Bartolomeo ha citato un passo dalla
Lettera agli Ebrei per ricordare a tutti
la radice biblica di un impegno teso
«a proteggere e a conservare i fondamentali e preziosi doni del nostro
Creatore». Nel rivendicare le scelte
compiute dal patriarcato, da oltre
trent’anni, a favore della protezione
dell’ambiente naturale e delle risorse
della terra, Bartolomeo ha ricordato
l’importanza di aver condiviso queste scelte con numerose istituzioni
politiche e accademiche da una parte e in ambito ecumenico dall’altra.
Ciò ha prodotto una serie di “dialoghi” che hanno portato a un approfondimento della questione nell’universo cristiano, in particolare con la
Chiesa cattolica, e alla redazione di
documenti che rappresentano un patrimonio comune nell’azione per la
salvaguardia del creato. Di fronte a
questi risultati, il primate ortodosso
ha ricordato che «ancora troppo poco è stato fatto per una revisione
dello stile di vita delle persone, attraverso cui manifestare un profondo
pentimento per l’impatto distruttivo
sul pianeta che ha guidato e che ancora guida il rapporto con la creazione nella società contemporanea».
Proprio per cercare di incidere
nella vita quotidiana dei singoli e
delle comunità, cercando di coinvolgere nuovi soggetti in modo da aprire nuove prospettive, è stato pensato
questo II Summit di Halki che ha, in
gran parte, risposto a tale ulteriore
salto qualitativo nell’impegno ecumenico per la salvaguardia del creato. Articolato in cinque sessioni,
ognuna delle quali introdotta da un
relatore, e seguito da due interventi
per favorire l’approfondimento di alcune questioni specifiche, l’incontro
ha rappresentato un momento privilegiato in cui toccare con mano
quanto i cristiani possono fare insieme per ribadire principi fondamentali con i quali costruire un’alternativa per il mondo. Una via obbligata,
di fronte al sistematico sfruttamento
del pianeta da parte dell’uomo, che
non pensa al domani e genera degrado ambientale e sperequazioni
economiche e sociali.
Nella due giorni di Halki la condivisione di progetti e di esperienze
molto diverse tra di loro (alcune delle quali esterne a un orizzonte ecumenico o interreligioso ma tutte riconducibili a una comune prospettiva culturale) ha condotto alla consapevolezza che i cristiani devono invitare tutti a riflettere sul fatto che la
battaglia contro i cambiamenti climatici e il depauperamento sistematico delle risorse naturali deve essere
condotta a partire da un mutamento
dello stile di vita. In questa battaglia
il movimento ecumenico, alla luce di
quanto fatto da decenni, può indicare delle strade con cui costruire una
società nella quale vivere «un matrimonio di fede, scienza e arti» per la
salvaguardia del creato.
Sintonizzare
l’anima
«La Civiltà Cattolica», in
attesa dell’uscita dell’enciclica
di Papa Francesco
sull’ecologia, dedica il suo
prossimo numero all’ambiente:
religioni e crisi ecologica, una
testimonianza dal fiume
Mekong («madre in
pericolo»), la natura vista dai
grandi registi — da Malick a
Rossellini — e la poesia di
Mary Oliver, in cui il contatto
con il creato aiuta a
«sintonizzare l’anima» sulla
frequenza d’onda della
trascendenza. Un articolo,
quest’ultimo, firmato insieme
con il direttore, padre Antonio
Spadaro, per la prima volta
nella rivista dei gesuiti, da una
donna, la poetessa Elena Buia.
Da sempre il tema della
bellezza e dell’armonia del
creato è presente negli scritti
dei mistici cristiani; per
ricordarlo al mondo
contemporaneo e approfondire
spunti di riflessione a volte
trascurati, il quotidiano
francese «la Croix» dal I° al 14
giugno pubblica ogni giorno
due pagine dedicate al
rapporto tra i cristiani e
l’ecologia.
Storia e attualità del culto del Sacro Cuore di Gesù
Un luogo
dove riposare
di MARIA BARBAGALLO
on mi meraviglierei se un
giorno o l’altro, il nostro
Papa Francesco ci regalasse
un’enciclica sul Sacro Cuore di Gesù. Non vedo riferimento più adeguato del Cuore di Cristo
per indicarci come vivere l’Anno santo
della misericordia. Il Papa nella Bolla ci
dice: «L’architrave che sorregge la vita
della Chiesa è la misericordia. Tutto della
sua azione pastorale dovrebbe essere avvolto dalla tenerezza con cui si indirizza
ai credenti; nulla del suo annuncio e della sua testimonianza verso il mondo può
essere privo di misericordia. La credibilità
della Chiesa passa attraverso la strada
dell’amore misericordioso e compassionevole. La Chiesa «vive un desiderio inesauribile di offrire misericordia» (n. 10).
Facendoci riflettere sulle opere di misericordia spirituali e corporali poi, il Papa
ci sta dicendo che la misericordia non solo bisogna riceverla da Dio ma viverla e
praticarla con gli altri. E i suoi continui
riferimenti alla rivoluzione della tenerezza sono una rinnovata pedagogia per vivere questo tempo difficile per le persone, per le famiglie, per la società e per le
nazioni. La spiritualità del Sacro Cuore
di Gesù, lungi dallo scadere in forme di
N
Un uomo che aveva perduto
la figlia in un incidente stradale
non si è dato pace finché non ha capito
che c’erano tante altre “figlie” abbandonate
di cui poteva prendersi cura
sentimentalismo e di devozionismo, ci offre molti significativi motivi per imparare
ad accogliere la grazia della misericordia
di Dio e avere basi solide per questo anelito di santità che la chiesa vuole alimentare nei fedeli.
Penso che sia importante riconoscere
che soprattutto le donne devono saper
essere icone di misericordia nell’ambito
in cui sono chiamate a vivere. Sappiamo
per esperienza che sono le donne le prime a dover assumere i ruoli della misericordia con la famiglia, con i figli, con le
persone difficili e in particolare con gli
ammalati, i disabili, i sofferenti.
Ed è alle donne soprattutto che il Sacro Cuore di Gesù ha rivelato i misteri
del suo amore e le ha fatte partecipi di
quella tenerezza che il suo Cuore di Padre, di Fratello, di Amico, di Sposo e di
Salvatore ha voluto manifestare per favorire il nostro avvicinamento a Lui.
Rileggendo le Rivelazioni dell’Amore
Divino di Giuliana di Norwich, mistica
inglese del 1300, mi hanno impressionato
queste parole: «È così vero che Dio è nostro Padre come è nostra Madre (...). La
tenerezza di una madre è la maggiore intimità, la maggiore vicinanza ed è la più
sicura e vera. Questa tenerezza non si
potrebbe né si dovrebbe realizzare pienamente se non in Gesù». L’incontro personale con il Signore della vita ci predispone a capire che abbiamo bisogno di
misericordia per poterla donare a chi ne
ha così tanto bisogno.
Giuliana di Norwich parla anche della
gioia che si prova nell’esperienza di questa tenerezza del Cuore di Cristo e il
conforto che ne deriva. Evidentemente le
grandi mistiche del Sacro Cuore ci parlano in modo così affettivo di Dio da impressionarci e anche da impaurirci, perché quel livello di intimità con Gesù —
tanto da far propri i sentimenti che furono di Cristo — comporta anche la condivisione della Passione del Cuore di Gesù.
Di fatto però nessuno può essere esente dalla “passione” che questa vita riserva
a tutti, specialmente quando si condividono e si praticano i criteri del Vangelo.
Queste mistiche ci dicono che la Passione
di Gesù è fonte di consolazione e di forza nel momento del dolore, della desola-
zione, della solitudine. Così anche una
delle ultime mistiche, santa Faustina Kowalska. Quante volte leggiamo di queste
mistiche che hanno avuto il dono di riposare sul Cuore di Gesù, come santa
Margherita Maria Alacoque.
Quante situazioni viviamo giorno dopo giorno soprattutto nelle famiglie, che
chiedono preghiere, conforto, sostegno.
Chi non desidererebbe riposare sul Cuore
di Gesù in tanti momenti difficili della
propria vita?
Ritengo che a torto la devozione al Sacro Cuore sia ritenuta superata perché intimista e poco adatta alla mentalità del
nostro tempo, poiché essa è un’espressione alta della spiritualità cristiana; è il
fondamento per praticare le opere di misericordia spirituali e corporali in senso
cristiano e non puramente umanitario, e
può essere davvero una base pastorale
per la nuova evangelizzazione. Infatti
l’incontro con la misericordia di Dio nei
nostri confronti ci dà la possibilità di
praticare la misericordia verso gli altri.
Sono tre gli aspetti della spiritualità
del Sacro Cuore che ritengo ottimi per la
nostra vita ancora oggi. Uno è la preghiera che ci porta a fare nostri i sentimenti del Cuore di Gesù. Lui stesso ci ha
detto: «Imparate da me che sono mite ed
umile di cuore» (Matteo, 11, 29) e per imparare occorre “stare” con Lui, con la sua
Parola, con il suo Vangelo.
Questa scuola è l’unica vera scuola di
formazione cristiana, è una scuola alla
quale si apprende come e perché amare
gli altri. È l’adorazione eucaristica praticata in questa devozione che insegna la
pazienza di un amore che non si stanca
mai di perdonare, di ricominciare, di capire e che non cerca ricompense.
Vediamo
nella
nostra
Cappella
dell’Adorazione quotidiana entrare e uscire persone giovani e anziane, mamme,
papà, che si fermano a pregare silenziosamente cercando risposte. A volte entrano
tristi e accigliate, ed escono sereni o lasciano a noi l’incombenza di continuare a
pregare.
Un altro aspetto che il Sacro Cuore ci
invita a praticare è la riparazione, che ci
rende solidali con il peccato dell’umanità
e ci fa partecipi della Passione di Gesù e
del mondo, e ci impegna a fare il bene
laddove c’è il male, a contrastare il regno
del male.
Le opere di misericordia spirituali e corporali sono un’ottima forma di riparazione
perché ci educano a uscire da noi stessi,
dalle nostre cose, aprono gli orizzonti delle nostre responsabilità e ci fanno guardare a un destino più alto. Una signora mi
confidava che l’unico modo per lottare
contro la sua depressione causata dai diversi drammi familiari era stato quello di
occuparsi con tutta l’anima di una missione africana, dove aveva capito che migliaia di bambini sarebbero morti senza
l’aiuto concreto e duraturo suo e di altre
persone che era riuscita a coinvolgere.
Il Signore della vita le dava vita per poterla condividere con altri. Un uomo che
aveva perduto la giovanissima figlia in un
incidente stradale non si è dato pace finché ha capito che la figlia poteva vivere in
altre “figlie” e ha fatto di queste ragazze
abbandonate il senso della sua vita.
Un terzo aspetto che si pratica nella
spiritualità del Sacro Cuore di Gesù è il
dono della consolazione che Dio ci dona
quando ci affidiamo alla tenerezza del
Suo Cuore. Del resto Gesù l’ha detto nel
Vangelo: «venite a me voi tutti che siete
affaticati e oppressi ed io vi consolerò»
(Matteo, 11, 28).
Questa consolazione è il dono della redenzione che porta a noi la tenerezza di
Dio, come si ricava dalla seconda lettera
ai Corinzi al primo capitolo: «Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù
Cristo, Padre misericordioso e Dio di
ogni consolazione, il quale ci consola in
ogni nostra tribolazione perché possiamo
anche noi consolare quelli che si trovano
in qualsiasi genere di afflizione con la
consolazione con cui siamo consolati noi
stessi da Dio. Infatti, come abbondano le
sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra
consolazione. Quando siamo tribolati, è
per la vostra consolazione e salvezza;
Non vedo riferimento più adeguato
per indicarci come vivere
l’Anno santo della misericordia
Non mi meraviglierei se un giorno o l’altro
il Papa ci regalasse un’enciclica sul tema
quando siamo confortati, è per la vostra
consolazione, la quale si dimostra nel
sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo».
Una cosa che si va comprendendo
sempre meglio nella pratica del cristianesimo è che non possiamo consolare nessuno se Dio prima non consola noi. E
questa consolazione arriva nei modi più
diversi, spesso senza che noi ce ne rendiamo conto.
In
un
convegno
internazionale
sull’emigrazione un sacerdote ci raccontò
la sua esperienza mentre si trovava vicino
al confine della Cambogia in un campo
con centinaia e centinaia di profughi. Era
l’unico sacerdote cattolico, non c’erano
altri cattolici con cui condividere almeno
la fede e la speranza oltre che la carità.
Passavano i giorni e non riusciva a fare
niente, la gente che lo circondava non capiva il suo linguaggio, disperata in cerca
di qualcosa che non arrivava mai.
Così il sacerdote una notte pensò di
andarsene; conosceva qualche strada di
fuga e qualche nascondiglio. Passò facilmente i controlli e si trovò solo tra una
foresta e l’altra camminando senza sapere
dove andare. Camminò tutta la notte e
quando giunse in un posto che sembrava
sicuro, stanco e sfinito si lasciò andare
per terra presso un albero e si addormentò. Non seppe mai quante ore fossero
passate. Quando si risvegliò ancora in
dormiveglia, sentì attorno a lui un brusio
strano di gente e ridestatosi completamente vide tutta, o quasi tutta, la gente
che aveva lasciato nel campo profughi,
che stava lì, intorno a lui. Non capiva,
pensava che stesse sognando, ma qualcuno gli chiarì la situazione: lui se era andato e loro non avevano più nessuna speranza a cui appigliarsi, lui era l’unica
consolazione. Non lui, l’amore del cuore
di Dio che lo abitava. E lo avevano seguito.
Il convento della Visitazione a Paray-le-Monial, dove Margherita Maria Alacoque visse dal 1671 alla morte
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
Per leggere e applicare la costituzione del Vaticano
II
venerdì 12 giugno 2015
sulla liturgia
Silenziosa
azione del cuore
rende il culto all’eterno Padre» (n. Merton, Le signe de Jonas, Ed. Albin
7). Il sacerdote deve dunque diven- Michel, Paris, 1955, p. 322).
tare questo strumento che lascia traSi corre il rischio reale di non lasparire Cristo. Come ha da poco ri- sciare alcun posto a Dio nelle nostre
cordato il nostro Papa Francesco, il celebrazioni. Incorriamo nella tenta- Presentazione generale del messale ro- 34) e al tempo stesso prescrive «che
celebrante non è il presentatore di zione degli ebrei nel deserto. Essi mano, n. 50). Quanto all’omelia, è i fedeli sappiano recitare e cantare
uno spettacolo, non deve ricercare la cercarono di crearsi un culto alla lo- essa stessa un atto liturgico che ha le insieme, anche in lingua latina, le
simpatia dell’assemblea ponendosi di ro misura e alla loro altezza, e non sue proprie regole. La participatio ac- parti dell’ordinario della messa che
fronte a essa come il suo interlocuto- dimentichiamo che finirono prostrati tuosa all’opera di Cristo presuppone spettano ad essi» (n. 54). In effetti,
re principale. Entrare nello spirito davanti all’idolo del vitello d’oro.
che si lasci il mondo profano per en- la comprensione dei riti non è opera
del concilio significa al contrario
È tempo di metterci all’ascolto del trare nell’«azione sacra per eccellen- della ragione umana lasciata a se
cancellarsi, rinunciare a essere il concilio. La liturgia è «principal- za» (Sacrosanctum concilium, n. 7). Di stessa, che dovrebbe cogliere tutto,
punto focale. Contrariamente a mente culto della maestà divina» (n. fatto, «noi pretendiamo, con una capire tutto, padroneggiare tutto. La
quanto è stato a volte sostenuto, è 33). Ha valore pedagogico nella mi- certa arroganza, di restare nell’uma- comprensione dei riti sacri è quella
del tutto conforme alla costituzione sura in cui è completamente ordina- no per entrare nel divino» (Robert del sensus fidei, che esercita la fede
conciliare, è addirittura opportuno ta alla glorificazione di Dio e al cul- Sarah, Dieu ou rien, p. 178). In tal vivente attraverso il simbolo e che
che, durante il rito della penitenza, to divino. La liturgia ci pone real- senso, è deplorevole che il sacrario conosce per sintonia più che per
il canto del Gloria, le orazioni e la mente alla presenza della trascen- delle nostre chiese non sia un luogo concetto. Questa comprensione prepreghiera eucaristica, tutti, sacerdote denza divina. Partecipazione vera si- strettamente riservato al culto divi- suppone che ci si avvicini al mistero
e fedeli, si voltino insieme verso gnifica rinnovare in noi quello “stu- no, che vi si penetri in abiti profani, con umiltà. Ma si avrà il coraggio di
Oriente, per esprimere la loro volon- pore” che san Giovanni Paolo II te- che lo spazio sacro non sia chiara- seguire il concilio fino a questo puntà di partecipare all’opera di culto e neva in grande considerazione (cfr. mente delimitato dall’architettura. to? Una simile lettura, illuminata
di redenzione compiuta da Cristo. Ecclesia de Eucharistia, n. 6). Questo Poiché, come insegna il concilio, dalla fede, è però fondamentale per
Questo modo di fare po- stupore sacro, questo timore gioioso, Cristo è presente nella sua parola l’evangelizzazione. In effetti, «a cotrebbe opportunamente richiede il nostro silenzio di fronte quando questa viene proclamata, è loro che sono fuori essa mostra la
essere messo in atto nelle alla maestà divina. Si dimentica ugualmente deleterio che i lettori Chiesa, come vessillo innalzato di
cattedrali dove la vita li- spesso che il silenzio sacro è uno dei non abbiano un abbigliamento ap- fronte alle nazioni, sotto il quale i fiturgica deve essere esemmezzi indicati dal concilio per favo- propriato che mostri che non pro- gli di Dio dispersi possano raccoplare (cfr. n. 41).
rire la partecipazione. Se la liturgia è nunciano parole umane ma una pa- gliersi» (n. 2). Essa deve smettere di
Ben inteso, ci sono alessere un luogo di disobbedienza alopera di Cristo, è necessario che il rola divina.
tre parti della messa in
La liturgia è una realtà fondamen- le prescrizioni della Chiesa. Più specelebrante vi introduca i propri comcui il sacerdote, agendo
menti? Ci si deve ricordare che, talmente mistica e contemplativa, e cificatamente, non può essere un’ocin persona Christi Capitis,
di conseguenza fuori dalla portata casione di lacerazioni tra cristiani.
entra in dialogo nuziale quando il messale autorizza un inGli atti del simposio «“Sacrosanctum
con l’assemblea. Ma tervento, questo non deve diventare della nostra azione umana; anche la Le letture dialettiche della Sacrosanconcilium”. Gratitudine e impegno per un
questo faccia a faccia un discorso profano e umano, un participatio è una grazia di Dio. Per- ctum concilium, le ermeneutiche di
grande movimento di comunione
non ha altro fine che commento più o meno sottile sull’at- tanto, presuppone da parte nostra rottura in un senso o nell’altro, non
ecclesiale», organizzato dalla
condurre a un tête-à-tête tualità, o un saluto mondano alle un’apertura al mistero celebrato. Co- sono il frutto di uno spirito di fede.
Congregazione per il culto divino e la
con Dio che, per mezzo persone presenti, ma una brevissima sì, la costituzione raccomanda la Il concilio non ha voluto rompere
disciplina dei sacramenti dal 18 al 20
della grazia dello Spirito esortazione a entrare nel mistero (cfr. comprensione piena dei riti (cfr. n. con le forme liturgiche ereditate dalfebbraio 2014, sono ora in un volume
Santo, diverrà un cuore
(Città del Vaticano, Libreria Editrice
a cuore. Il concilio propone così altri mezzi per
Vaticana, 2015, pagine 320, euro 16).
favorire la partecipazioAperto dal messaggio del Pontefice, il
ne: «le acclamazioni dei
libro contiene, oltre alle omelie e ai
Seminario mondiale dei cappellani dell’aviazione civile
fedeli, le risposte, il candiscorsi del cardinale Antonio Cañizares
to dei salmi, le antifone,
Llovera, le relazioni tenute, tra gli altri,
i
canti,
nonché
le
azioni
dai cardinali Marc Ouellet, Pietro Parolin,
e i gesti e l’atteggiamenPéter Erdő e George Pell.
to del corpo» (n. 30).
Una lettura troppo rapida, e soprattutto troppo
Oggi gli aeroporti sono vere e pro- neranti — arrivano persone da Paesi ghiera interreligiosa o ecumenica,
umana, ha portato a
prie “frontiere”, dove c’è sempre il con situazioni politiche e religiose coinvolgendo anche la comunità aeconcludere che bisognarischio di disagi umani. Per questo molto travagliate: pensiamo ai cri- roportuale».
stituzione conciliare ci invita a risco- va far sì che i fedeli fossero costantec’è bisogno di “sentinelle” a cui stiani in Medio oriente e in Africa
Il cardinale ha poi presentato alprire l’origine trinitaria dell’opera li- mente occupati. La mentalità occispetti il compito di vegliare, perché perseguitati e trucidati, ai migranti cune statistiche che mostrano come
turgica. In effetti, il concilio stabili- dentale contemporanea, modellata
«la libertà e la giustizia sociale sia- e rifugiati che provengono da zone in quattro Paesi su dieci la libertà
sce una continuità tra la missione di dalla tecnica e affascinata dai media,
no una realtà quotidiana». È il di povertà e di guerra». Da qui l’in- religiosa è oggi limitata. «Sono stati
compito dei cappellani dell’aviazio- vito alla solidarietà e alla preghiera analizzati — ha commentato — 196
Cristo Redentore e la missione litur- ha voluto fare della liturgia un’opera
ne civile e dei membri delle cappel- da parte di «coloro che non sono Paesi negli ultimi anni: soltanto in
gica della Chiesa. «Come il Cristo di pedagogia efficace e redditizia. In
questo
spirito,
si
è
cercato
di
rendere
lanie aeroportuali, ai quali si è rivol- toccati da simili tragedie» ma che sei di essi è stato registrato un mifu inviato dal Padre, così anch’egli
to il cardinale Antonio Maria Vegliò hanno degli obblighi nei confronti glioramento della posizione delle
ha inviato gli apostoli» affinché le celebrazioni conviviali. Gli attori
aprendo i lavori del sedicesimo se- di chi è in situazione di disagio. Il minoranze religiose». In altri 55, ha
«mediante il sacrificio e i sacramenti liturgici, animati da motivazioni pastorali,
cercano
a
volte
di
fare
opera
minario mondiale, che si svolge a primo dovere, ha affermato il por- aggiunto, si riscontra un peggioraattorno ai quali gravita tutta la vita
Roma da mercoledì 10 a sabato 13 porato, è la preghiera, che è «la for- mento. Ciò significa che «in quasi il
liturgica» attuino «l’opera di salvez- didattica introducendo nelle celebragiugno.
za dei credenti», perché «dispone il 30 per cento dei Paesi esaminati tra
za» (n. 6). Attuare la liturgia non è zioni elementi profani e spettacolari.
«Nell’aeroporto — ha detto il pre- cuore all’accoglienza». Per questo ottobre 2012 e giugno 2014, la situadunque altro che attuare l’opera di Non si vedono forse fiorire testimonianze,
messe
in
scena
e
applausi?
Si
sidente del Pontificio Consiglio del- negli aeroporti è «opportuno orga- zione dei gruppi religiosi minoritari
Cristo. La liturgia è nella sua essenla pastorale per i migranti e gli iti- nizzare spesso dei momenti di pre- è peggiorata». Inoltre, ha spiegato,
za actio Christi: l’«opera della reden- crede così di favorire la partecipaziozione umana e della perfetta glorifi- ne dei fedeli mentre di fatto si ridusono stati individuati 26 Paesi «in
cazione di Dio» (n. 5). È Lui il ce la liturgia a un gioco umano. «Il
cui il grado di violazione della lisilenzio non è una virtù, né il rumogrande sacerdote, il vero soggetto, il
bertà religiosa è stato valutato come
re un peccato, è vero», dice Thomas
vero attore della liturgia (cfr. n. 7).
“medio” o “elevato”». Se a questi
Merton, «ma il tumulto, la confusioSe questo principio vitale non viene
26 si aggiungono i 55 dove «vi è
ne e il rumore continui nella società
accolto nella fede, si rischia di fare moderna o in certe liturgie eucarististato un peggioramento, si arriva a
della liturgia un’opera umana, che africane sono l’espressione
un totale di 81 Paesi su 196, poco
un’autocelebrazione della comunità.
più del 40 per cento, in cui la liberdell’atmosfera dei suoi peccati più
Al contrario, l’opera propria della gravi, della sua empietà, della sua
tà religiosa è limitata o è in declino.
Chiesa consiste nell’entrare nell’azio- disperazione. Un mondo di propaAlcuni parlano di 150 milioni di crine di Cristo, nell’iscriversi in ganda, di argomentazioni infinite, di
stiani perseguitati nel mondo».
quell’opera di cui egli ha ricevuto invettive, di critiche, o semplicemenIl cardinale ha poi sottolineato
dal Padre la missione. Dunque «ci te di chiacchiere, è un mondo nel
come il concilio Vaticano II abbia
fu data la pienezza del culto divi- quale la vita non vale la pena di esdichiarato la libertà religiosa, «un
no», perché «la sua umanità, sere vissuta. La messa diviene un
diritto fondamentale che non deve
nell’unità della persona del Verbo, baccano confuso; le preghiere un ruessere violato» e che va tutelato «in
Messa celebrata nella cappella dell’aeroporto di Chicago
fu strumento della nostra salvezza» more esteriore o interiore» (Thomas
modo che ogni uomo ne possa go(n. 5). La Chiesa, corpo di Cristo,
dere». Per questo, ha detto, occorre
deve quindi divenire a sua volta uno
mettere «la sollecitudine pastorale
strumento nelle mani del Verbo.
al servizio delle necessità del nostro
Questo è il significato ultimo del
tempo, portando la luce del Vangeconcetto-chiave della costituzione
lo su ogni realtà umana, soprattutto
conciliare: la participatio actuosa. Tale
su quelle più disperate». Rivolgenpartecipazione consiste per la Chiesa
dosi ai cappellani, il cardinale ha rinel diventare strumento di Cristo-sacordato che il documento “D irettive
cerdote, al fine di partecipare alla
per la pastorale cattolica dell’aviasua missione trinitaria. La Chiesa
zione civile” «parla di presenza, di
partecipa attivamente all’opera liturtestimonianza e di proclamazione».
L’ottantottesima sessione plenaria della Riunione delle celebrerà la messa nella cappella di Santo Stefano degica di Cristo nella misura in cui ne
Questi sono tre criteri pastorali
opere di aiuto per le Chiese orientali (Roaco) si svol- gli Abissini, in Vaticano, per pregare per la pace in
è lo strumento. In tal senso, parlare
«profondamente interconnessi, che
gerà dal 15 al 17 giugno in Vaticano. Come negli scorsi Medio oriente, ma anche in Ucraina, dove è presente
di “comunità celebrante” non è prirendono cappellani e operatori paanni, verrà posta particolare attenzione alla situazione la Chiesa greco-cattolica.
vo di ambiguità e richiede vera caustorali veri araldi del Vangelo nelle
in Siria e in Iraq, visti i drammatici sviluppi che colpiUn’altra sessione sarà dedicata alla Chiesa armena
tela (cfr. Istruzione Redemptoris saaerostazioni».
scono anche i fedeli delle Chiese orientali. Interverran- cattolica in Europa orientale — presente oltre che in
cramentum, n. 42). La participatio acIl porporato ha poi fatto osservano
gli
arcivescovi
Paul
Richard
Gallagher,
segretario
Armenia,
anche
in
Georgia
e
in
Russia
—
con
l’intertuosa non dovrebbe dunque essere
re come «nel nostro mondo scomper i Rapporti con gli Stati, e Mario Zenari, nunzio vento dell’ordinario per quei fedeli, l’arcivescovo Raintesa come la necessità di fare qualbussolato da tanti problemi, essere
apostolico in Siria, e monsignor Giovanni Pietro Dal phael François Minassian. Durante i lavori, come di
cosa. Su questo punto l’insegnamenpredicatori del Vangelo della gioia è
Toso, segretario del Pontificio consiglio Cor Unum. consueto, verrà esaminata la situazione ecclesiale della
to del concilio è stato spesso deforuna grande benedizione per la vita
Verranno presentate anche le conclusioni della visita Terra santa, verificando nel contempo gli interventi
mato. Si tratta invece di lasciare che
delle persone». Nell’aeroporto, docompiuta in Iraq dal cardinale Leonardo Sandri, pre- operati grazie ai proventi della colletta del Venerdì
Cristo ci prenda e ci associ al suo
ve «c’è spesso un clima di frenesia
fetto
della
Congregazione
per
le
Chiese
orientali.
santo.
sacrificio. La participatio liturgica de— ha concluso — la cappella aeroUn’altra sessione verrà dedicata alla situazione della
All’assemblea saranno presenti, tra gli altri, il nunve perciò essere intesa come una graportuale diventa un’isola di serenità
Chiesa etiopica, alla presenza del cardinale arcivescovo zio apostolico Giuseppe Lazzarotto, delegato apostolizia di Cristo che «associa sempre a
nella quale Gesù ascolta e consola».
di Addis Abeba, Berhaneyesus Demerew Souraphiel, e co in Gerusalemme e Palestina, il suo predecessore
sé la Chiesa» (Sacrosanctum conciSuccessivamente, dopo l’introduziodella Chiesa eritrea, alla presenza dell’arcivescovo me- Antonio Franco, il custode di Terra santa, Pierbattista
lium, n. 7). È Lui ad avere l’iniziatine ai lavori di padre Gabriele Bentropolita di Asmara, Menghesteab Tesfamariam. Mar- Pizzaballa e il vice cancelliere della Bethlehem Univa e il primato. La Chiesa «l’invoca
toglio, sotto-segretario del dicastero,
come suo Signore e per mezzo di lui
tedì 16, il presidente della Roaco, il cardinale Sandri, versity, fra Peter Bray.
l’arcivescovo Joseph Kalathiparamdi ROBERT SARAH*
Cinquant’anni dopo la sua promulgazione da parte di Papa Paolo VI, si
leggerà, infine, la costituzione del
concilio Vaticano II sulla sacra liturgia? La Sacrosanctum concilium non è
di fatto un semplice catalogo di “ricette” di riforme, ma una vera e propria magna charta di ogni azione liturgica. Il concilio ecumenico ci dà
in essa una magistrale lezione di metodo. In effetti, lungi dall’accontentarsi di un approccio disciplinare ed
esteriore alla liturgia, il concilio vuole farci contemplare ciò che è nella
sua essenza. La pratica della Chiesa
deriva sempre da quello che riceve e
contempla nella rivelazione. La pastorale non si può disconnettere dalla dottrina. Nella Chiesa «ciò che
proviene dall’azione è ordinato alla
contemplazione» (cfr. n. 2). La co-
Sacrosanctum
concilium
la tradizione, anzi ha voluto approfondirle. La costituzione stabilisce
che «le nuove forme scaturiscano organicamente, in qualche maniera, da
quelle già esistenti» (n. 23). In tal
senso, è necessario che quanti celebrano secondo l’usus antiquior lo facciano senza spirito di opposizione, e
dunque nello spirito della Sacrosanctum concilium. Allo stesso modo, sarebbe sbagliato considerare la forma
straordinaria del rito romano come
derivante da un’altra teologia che
non sia la liturgia riformata. Sarebbe
anche auspicabile che s’inserisse come allegato di una prossima edizione del messale il rito della penitenza
e l’offertorio dell’usus antiquior al fine di sottolineare che le due forme
liturgiche s’illuminano a vicenda, in
continuità e senza opposizione.
Se vivremo in questo spirito, allora la liturgia smetterà di essere il
luogo delle rivalità e delle critiche,
per farci infine partecipare attivamente a quella liturgia «che viene
celebrata nella santa città di Gerusalemme, verso la quale tendiamo come pellegrini, dove il Cristo siede
[…] quale ministro del santuario»
(n. 8).
*Cardinale prefetto
della Congregazione per il culto divino
e la disciplina dei sacramenti
Sentinelle di libertà
Alla plenaria della Roaco
la drammatica situazione in Siria e Iraq
bil, segretario del Pontificio consiglio, ha parlato di come recepire
l’esortazione apostolica Evangelii
gaudium nelle attività pastorali
dell’aviazione civile. «La cappellania aeroportuale — ha sottolineato
fra l’altro — allarga la gioia di Gesù
alla gente, quando la misericordia e
la carità alimentano la vita
dell’evangelizzatore e dell’evangelizzato». Ciò significa, ha aggiunto,
«aprire il cuore con stupore alla
gioia e diffonderla con generosità,
stando sempre in ascolto del popolo e di Dio stesso».
†
I Superiori e gli Officiali della Segreteria di Stato esprimono sentite condoglianze a S.E. Mons. Claudio Maria
Celli, Presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, per
la morte dell’amata madre
Signora
CLAUDIA VACCHETTI
e, partecipando al suo dolore, assicurano preghiere di suffragio per la cara
mamma e di conforto per i familiari
tutti.
†
Il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, con i Segretari, mons.
Paul Tighe, mons. Giuseppe A. Scotti,
e tutti i componenti, partecipa commosso al dolore della Famiglia di S.E.
Mons. Claudio M. Celli, Presidente
del Dicastero, per la scomparsa della
sua cara Mamma
CLAUDIA
e invocano per Lei dal Signore della
vita gioia senza fine alla Sua presenza.
Città del Vaticano, 11 giugno 2015
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 12 giugno 2015
pagina 7
Nomina episcopale
in Lituania
Il dialogo tra le religioni è
fondamentale per superare le
«differenze etniche e linguistiche» e
costruire la «pace sociale». Lo ha
ricordato il Papa ai vescovi di Lettonia
ed Estonia, ricevuti in udienza nella
mattina di giovedì 11 giugno, in
occasione della visita «ad limina
Apostolorum».
Cari Fratelli nell’Episcopato,
vi accolgo con gioia in occasione
della vostra visita ad limina Apostolorum; saluto cordialmente ciascuno di
voi e le Chiese particolari che il Signore ha affidato alla vostra paterna
guida.
Questo nostro incontro ci permette di rafforzare i vincoli di fraternità
che ci legano anche a distanza, giacché condividiamo la vocazione episcopale e il servizio al popolo di
D io.
Il Signore vi ha scelti ad operare
in una società che, dopo essere stata
a lungo oppressa da regimi fondati
su ideologie contrarie alla dignità e
alla libertà umana, oggi è chiamata a
misurarsi con altre pericolose insidie,
quali il secolarismo e il relativismo.
Se ciò può rendere più difficile la
vostra azione pastorale, vi esorto a
proseguire instancabili, senza mai
perdere la fiducia, nell’annunciare il
Vangelo di Cristo, parola di salvezza
per gli uomini di ogni tempo e di
ogni cultura.
In questa rinnovata evangelizzazione non siete soli. Avete i vostri
sacerdoti, i quali, seppure pochi e di
varie provenienze, vi stanno a fianco
con rispetto, obbedienza e generosità. Insieme con loro sentite l’urgenza
di un’attiva pastorale vocazionale
che, poggiando sulla preghiera rivolta al «signore della messe perché
Ai vescovi di Lettonia ed Estonia il Papa raccomanda l’impegno per la pace e per la famiglia
In dialogo
per superare le differenze
mandi operai nella sua messe» (Mt
9, 38), si faccia carico di sensibilizzare le famiglie, le parrocchie e l’intera
comunità cristiana, perché i ragazzi
e i giovani siano aiutati a rendersi
disponibili alla chiamata di Dio.
Sempre pensando ai sacerdoti, vi
incoraggio a curare bene la loro formazione, sia sul piano della preparazione teologica ed ecclesiale, sia su
quello della maturità umana, radicata in una solida spiritualità e caratterizzata dall’apertura cordiale e capace di discernimento alla realtà del
mondo in cui viviamo.
Per la crescita e il cammino delle
vostre Comunità è quanto mai preziosa, inoltre, la presenza degli uo-
mini e delle donne di vita consacrata. Specialmente in questo Anno ad
essi dedicato è opportuno far loro
capire che non li si apprezza soltanto per i servizi che rendono, ma prima ancora per la ricchezza intrinseca
dei loro carismi e della loro testimonianza, per il fatto stesso che ci sono, diffondendo in mezzo al popolo
di Dio il profumo di Cristo seguito
nella via dei consigli evangelici. Tuttavia, anche i consacrati hanno bisogno di essere sostenuti, sia spiritualmente che materialmente, anche mediante celebrazioni comuni e opportuni momenti di incontro e di intensa spiritualità, per favorire la familiarità e la conoscenza reciproca, e raf-
Il Pontefice incontra la scuola di evangelizzazione Sant’Andrea
Discepoli missionari
Formare discepoli missionari per
l’annuncio del Vangelo. È l’obiettivo della scuola di evangelizzazione
Sant’Andrea (Sesa), nata in Messico 35 anni fa per opera di José Prado Flores, conosciuto anche come
“Pepe”. I direttori nazionali e internazionali dell’istituzione, insieme
con il fondatore, sono stati ricevuti
in udienza da Papa Francesco nella
mattina di giovedì 11 giugno. La
delegazione era composta da una
ventina di persone, provenienti da
Messico, Argentina, Brasile, Stati
Uniti d’America, Canada, Uganda,
Ucraina, Ungheria e Italia. Oltre a
presentare al Pontefice le attività
svolte dalla scuola a livello mondiale nell’anno 2014, i partecipanti
hanno anche illustrato le linee guida per l’evangelizzazione individuate in vista del Giubileo straordinario della misericordia.
L’inizio della scuola si deve a
Prado Flores, professore di ebraico
antico e studioso della Sacra scrittura. La sua “conversione” inizia
verso la fine del 1971 ed è animata
dal desiderio di rispondere al grande mandato missionario di Gesù. È
nel 1980 che si definisce la strada
dell’evangelizzazione. Consapevole
di non aver alcuna esperienza pratica al riguardo, “Pepe” chiede aiuto
all’amico pastore pentecostale Bill
Fink il quale gli concede la sua piena collaborazione, ma a un patto:
«tutti coloro che verranno “pescati”
grazie all’annuncio della parola non
saranno ne miei né tuoi, ma solo di
Gesù».
Ha inizio così la scuola di evangelizzazione kerigmatica, embrione
della attuale scuola di evangelizzazione Sant’Andrea, che con il passare degli anni ha assunto una sua
sempre più chiara identità. Oggi
questa realtà conta più di 2000
scuole in 69 nazioni. Con il termine
“scuola” non è da intendersi una
struttura fisica, legata
a un luogo particolare,
bensì una comunione
di équipe — piccoli
gruppi composti da fedeli laici e presbiteri —
sparse in tutto il mondo che condividono
una missione, una visione, una metodologia e un programma di
formazione permanente,
progressivo, sistematico e
integrale,
comprendente 21 corsi
suddivisi in tre tappe,
più altri corsi opzionali nati come risposta
alle esigenze di alcune
aree pastorali: giovani
e famiglie.
Tutti i corsi della
Sesa sono finalizzati all’evangelizzazione e alla formazione integrale
della persona: non hanno un carattere didattico-catechetico, di lezioni
accademiche, ma sono centrati sulla
parola di Dio e vengono proposti
con una metodologia attiva-partecipativa, esperienziale. La metodologia è importante, ma è lo Spirito
Santo
il
vero
protagonista
dell’evangelizzazione. La scuola è
intitolata a sant’Andrea perché come l’apostolo si vuole portare a Gesù tanti “Pietro” affinché possano
amare, servire e annunciare Gesù.
Un altro motivo che giustifica il
nome sta nella croce tipica del santo, che oltre a simboleggiare il martirio — evangelizzare costa la vita —
rappresenta il fattore moltiplicatore:
non basta evangelizzare, è necessario formare evangelizzatori, discepoli missionari. Ma ciò non è ancora sufficiente. La sfida più grande è
formare formatori di evangelizzatori
e comunità di formatori, cioè équipe Sesa, in ogni parrocchia, in ogni
diocesi. Formare evangelizzatori
gioiosi che siano consapevoli della
loro vocazione: ogni battezzato esiste per evangelizzare. (sofia agazzi)
forzare, intorno al Vescovo, il senso
di appartenenza alla Chiesa particolare e la gioiosa disponibilità a collaborare alla sua edificazione.
Anche il coinvolgimento dei fedeli
laici è indispensabile per la missione
evangelizzatrice. Grazie a Dio, potete contare sull’impegno di tanti bravi cattolici, in diverse attività ecclesiali. La vostra vicinanza e sollecitudine li aiuterà a portare avanti quelle
responsabilità che, secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II,
essi sono chiamati ad assumere in
campo culturale, sociale, politico,
ma anche caritativo e catechistico. A
voi è affidato il compito di vigilare e
stimolare affinché a livello diocesano
e parrocchiale, come pure nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali,
essi possano formare le loro coscienze e approfondire il loro senso della
Chiesa, in particolare la conoscenza
della sua dottrina sociale. I fedeli
laici sono il tramite vivo tra ciò che
noi Pastori predichiamo e i diversi
ambienti sociali. Che sentano sempre vicino il cuore della Chiesa!
Al tempo stesso, sia loro che voi
siete in contatto quotidiano con le
altre tradizioni cristiane presenti nel
vostro territorio, e insieme potete sostenere il dialogo ecumenico, tanto
necessario oggi, anche in vista di
quella pace sociale a volte scossa da
differenze etniche e linguistiche.
Desidero poi anche con voi condividere la ferma volontà di promuovere la famiglia, quale dono di Dio
per la realizzazione dell’uomo e della donna creati a sua immagine e
quale «cellula fondamentale della
società», «luogo dove si impara a
convivere nella differenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori
trasmettono la fede ai figli» (Esort.
ap. Evangelii gaudium, 66). Dobbiamo invece constatare che oggi il matrimonio è spesso considerato una
forma di gratificazione affettiva che
può costituirsi in qualsiasi modo e
modificarsi secondo la sensibilità di
ognuno (cfr. ibid.). Purtroppo tale
concezione riduttiva influisce anche
sulla mentalità dei cristiani, causando una facilità nel ricorrere al divorzio o alla separazione di fatto. Noi
Pastori siamo chiamati a interrogarci
sulla preparazione al matrimonio dei
giovani fidanzati e anche su come
assistere quanti vivono queste situazioni, affinché i figli non ne diventino le prime vittime e i coniugi non
si sentano esclusi dalla misericordia
di Dio e dalla sollecitudine della
Chiesa, ma siano aiutati nel cammino della fede e dell’educazione cristiana dei figli.
La crisi economica e sociale che
ha investito anche i vostri Paesi ha,
purtroppo, favorito l’emigrazione,
così che spesso nelle vostre comunità
si trovano tante famiglie monoparentali, bisognose di una speciale attenzione pastorale. L’assenza del padre
o della madre in tante famiglie comporta per l’altro coniuge una maggiore fatica, in tutti i sensi, per la
crescita dei figli. Per queste famiglie
è davvero preziosa la vostra attenzione e la carità pastorale dei vostri sacerdoti, unita alla fattiva vicinanza
delle comunità.
Cari fratelli, in tutto il vostro ministero vorrei che poteste sentire il
mio affetto e il mio sostegno; come
pure io mi sento consolato dalla vostra fraterna carità, testimoniata da
questa Visita. Mentre vi ringrazio
delle preghiere che voi e le vostre
Comunità elevate al Signore per me
e per il mio servizio alla Chiesa, vi
affido alla materna intercessione di
Maria Santissima e alla protezione
di San Meinardo, e di cuore benedico voi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e tutti i fedeli laici affidati alle
vostre cure pastorali.
Dal Vaticano, 11 giugno 2015
La nomina di oggi riguarda la
Chiesa in Lituania.
Lionginas Virbalas
arcivescovo di Kaunas
È nato il 6 luglio 1961 a Biržai,
nella diocesi di Panevėžys. Nel
1979 ha concluso la scuola secondaria a Biržai e nei due anni successivi ha studiato nell’istituto di
ingegneria a Vilnius. Dal 1981 al
1983 ha svolto il servizio militare
nell’esercito sovietico. Dopo un
periodo trascorso in un seminario
clandestino, solo nel 1986 è riuscito a entrare nel seminario interdiocesano di Kaunas. Nel 1989 è
entrato nella Compagnia di Gesù.
È stato ordinato sacerdote il 30
maggio 1991 e ha emesso la professione perpetua tra i gesuiti il
27 settembre 2003. Dal 1992 al
1994 ha studiato teologia spirituale presso la Gregoriana, conseguendo la licenza. Dal 1994 al
1995 è stato assistente del maestro
dei novizi in Austria, frequentando allo stesso tempo i corsi di Sacra scrittura presso la facoltà di
teologia cattolica all’università di
Innsbruck. Per due anni ha esercitato il ministero pastorale come
rettore della chiesa dei Gesuiti a
Kaunas e come docente di Sacra
scrittura presso la locale facoltà di
teologia. Dal 1997 al 1998 ha svolto l’ultima tappa di formazione
per i gesuiti a Salamanca, in Spagna. È stato inviato a Vilnius, dove è stato rettore della chiesa di
San Casimiro (1997-2005) e docente di teologia spirituale nel seminario maggiore (1999-2004).
Dal 2001 al 2003 è stato membro
della commissione per la vita dei
sacerdoti e la promozione delle
vocazioni della Conferenza episcopale lituana. Nel 2003 è stato
nominato consultore della curia
provinciale dei gesuiti di Lituania
e direttore di una casa per esercizi
spirituali. Dal 2005 al 2009 è stato segretario generale aggiunto
della Conferenza episcopale lituana. Dal 2009 è divenuto nuovamente parroco di San Casimiro a
Vilnius, incarico mantenuto fino
al 2010, anno in cui è stato nominato rettore del Collegio russo di
Santa Teresa del Bambino Gesù
in Roma. È stato nominato vescovo di Panevėžys il 6 giugno 2013
e ha ricevuto l’ordinazione episcopale il successivo 10 agosto.
Prosegue il ritiro mondiale dei sacerdoti a Roma
Non è di Beethoven il vero inno alla gioia
Il sacerdote deve rispondere a due
chiamate fondamentali: la nuova
evangelizzazione e la santità. Lo ha
ricordato padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, che, nel pomeriggio di mercoledì 10 giugno, ha tenuto nella basilica di San Giovanni in Laterano la
prima meditazione del ritiro mondiale dei sacerdoti organizzato dal
rinnovamento carismatico cattolico.
L’evangelizzazione a cui i sacerdoti sono chiamati, ha spiegato padre Cantalamessa, deve essere
«all’insegna della gioia», deve cioè
recuperare il significato originario
della parola «vangelo»: una buona
notizia che «è fonte di gioia» e che
«ci parla di un Dio che, per pura
grazia, ci è venuto incontro in suo
figlio Gesù». Non una «gioia a
buon mercato» e neanche «una
gioia riservata a pochi privilegiati»,
ma «una gioia per tutti» e specialmente per «i poveri, gli afflitti, i bisognosi». Un concetto spiegato dal
cappuccino con un esempio di immediata comprensione: «Non è come la gioia cantata da Beethoven
nel famoso inno che conclude la nona sinfonia che l’Europa unita ha
scelto come proprio inno ufficiale».
Quella, infatti, è una gioia «selettiva», destinata a chi «ha avuto una
buona moglie e a chi conosce il piacere di bere un bicchiere di vino tra
amici». Il vero inno cristiano alla
gioia, ha spiegato, «è il magnificat
di Maria dove si parla di un Dio
che esalta gli umili e ricolma di beni
gli affamati».
Perciò, ha raccomandato il
predicatore, bisogna superare
la tradizione, tipica del pensiero occidentale, di collegare
la conversione solo alla sconfitta del peccato, di associare
il Vangelo solo a ciò che è
mortificazione. Occorre invece «restituire alla salvezza
cristiana» il suo «ricco ed
esaltante contenuto positivo», far emergere l’aspetto
positivo della conversione:
«la trasformazione in Cristo,
l’essere nuova creatura, tempio dello Spirito e della Trinità». Annunciare, cioè, un
cristianesimo — ed è, ha sottolineato padre Cantalamessa, l’indirizzo tipico dei movimenti carismatici — «gioioso, contagioso, che non ha nulla del tetro
pessimismo che molti rimproverano
a esso».
Non si tratta, ha puntualizzato il
predicatore, di aderire a un movimento piuttosto che a un altro, ma
«di aprirsi all’azione dello Spirito,
in qualsiasi stato della vita uno si
trovi».
Accanto a questa prima indicazione per la meditazione dei sacerdoti
— riuniti a Roma fino al 14 giugno
provenienti da oltre novanta Paesi di
tutto il mondo — padre Cantalamessa ha voluto far emergere una seconda chiamata che richiede una risposta pronta, quella alla santità. In
particolare, rivolgendosi a sacerdoti
vicini al rinnovamento carismatico,
Alfonso De Lara Gallardo
«Famiglia in cammino» (1970)
il predicatore ha spiegato che sarebbe fuorviante se «l’enfasi sui carismi,
e in particolare su alcuni di essi più
appariscenti, finisse per prevalere
sullo sforzo per una autentica vita
“in Cristo” e “nello spirito”, basata
sulla conformazione a Cristo». I
preti, ha detto, sono chiamati a essere «santi per essere santificatori». Di
più: il sacerdote deve essere santo
perché da lui dipende la santificazione di altri.
Perciò è molto importante «tenere
unite la nuova evangelizzazione e la
chiamata alla santità», perché «la
santità dei pastori è la condizione
che decide del successo o meno dello sforzo per una nuova evangelizzazione. Si tratta di una responsabilità
molto grande: «Noi sacerdoti — ha
spiegato il predicatore — possiamo
aprire o sbarrare la strada verso Cristo agli uomini». E ha concluso interpellando la coscienza di ciascuno:
«Vogliamo essere gli amici dello
sposo che conducono le anime a
Cristo o vogliamo essere pietra di
inciampo ai fratelli»?
Al tema della gioia ha fatto riferimento anche il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del
Pontificio consiglio della giustizia e
della pace, che, giovedì 11, ha svolto,
sempre nella basilica lateranense, la
meditazione del mattino.
In particolare, il porporato ha richiamato quello che che Papa Francesco definisce spesso «il primo
amore» e ha così sollecitato gli oltre
mille sacerdoti presenti: «Svegliate
dentro voi stessi quella gioia che ha
caratterizzato il primo giorno della
vostra ordinazione». Le vicissitudini
della vita infatti, ha spiegato il cardinale Turkson, «possono sciupare
quel sentimento iniziale, ma il Signore ci invita costantemente a tornare a lui come fece con gli apostoli
nel giorno della sua resurrezione».
Tale ritorno alle radici della propria
vocazione passa per una docilità interiore. Senza timori, ha detto il
porporato, il sacerdote deve aprire
completamente il cuore al Signore e
lasciare che egli «venga a noi con il
suo perdono, la sua guarigione e la
riconciliazione». Così, ha concluso,
si potrà recuperare «quell’entusiasmo con cui abbracciamo questo ministero».
L’OSSERVATORE ROMANO
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venerdì 12 giugno 2015
Luigi Spanò
«Contadini» (1972)
All’assemblea della Fao il Papa chiede di mettere la solidarietà al centro delle relazioni internazionali
Cibo, acqua e terra per tutti
E ricorda che la sobrietà non si oppone allo sviluppo
Bisogna ricollocare «nel cuore delle relazioni internazionali la solidarietà,
trasportandola dal vocabolario alle scelte della politica: la politica dell’altro».
È la raccomandazione rivolta da Papa Francesco ai partecipanti
alla trentanovesima sessione della conferenza della Fao, ricevuti in udienza
nella mattina di giovedì 11 giugno, nella Sala Clementina.
Di seguito il testo italiano del discorso pronunciato dal Papa in spagnolo.
Signor Presidente,
Signori Ministri,
Signor Direttore Generale,
Distinti Rappresentanti Permanenti,
Signore e Signori,
Buongiorno!
1. Sono lieto di accogliervi mentre
partecipate alla 39ª Conferenza della
FAO, continuando così una lunga tradizione. Rivolgo il mio cordiale saluto a Lei, Signor Presidente La Mamea Ropati, ai Rappresentanti delle
diverse Nazioni e Organizzazioni
presenti, e al Direttore Generale,
Professor José Graziano da Silva.
Ho ancora vivo il ricordo della
partecipazione alla Seconda Conferenza Internazionale sulla Nutrizione (il
20 novembre 2014) che ha impegnato gli Stati a trovare soluzioni e risorse. Auspico che quella decisione
non resti solo sulla carta o nelle intenzioni che hanno guidato il negoziato, ma prevalga decisamente la responsabilità di rispondere in concreto agli affamati e a tutti coloro che
attendono dallo sviluppo agricolo
una risposta alla loro condizione.
Di fronte alla miseria di tanti nostri fratelli e sorelle, penso a volte
che l’argomento della fame e dello
sviluppo agricolo sia oggi diventato
uno dei tanti problemi in questo
tempo di crisi. Eppure vediamo
ovunque crescere il numero di chi
con fatica accede a pasti regolari e
sani. Ma invece di agire preferiamo
delegare, e delegare a tutti i livelli. E
pensiamo: ci sarà qualcuno che se ne
occuperà, magari un altro Paese, o
quel Governo, quella Organizzazione internazionale. La nostra tendenza a “disertare” di fronte a temi difficili è umana, Anzi, è un atteggiamento che spesso amiamo prediligere anche se poi non manchiamo ad
una riunione, ad una conferenza, o
alla redazione di un documento.
Dobbiamo invece rispondere all’imperativo che l’accesso al cibo necessario
è un diritto di tutti. I diritti non consentono esclusioni!
Non basta fare il punto sulla nutrizione nel mondo, anche se aggiornare i dati è necessario, perché ci
mostra la dura realtà. Può certo consolarci sapere che quel miliardo e
200 milioni di affamati del 1992 si è
ridotto, anche con una popolazione
mondiale in crescita. Serve a poco,
però, prendere atto dei numeri o anche progettare una serie di impegni
Messa a Santa Marta
Parole chiave
In cammino verso Dio e verso
gli altri, nel servizio e nella povertà. Così si potrebbe sintetizzare la meditazione di Papa
Francesco nel corso della messa
celebrata a Santa Marta giovedì
11 giugno. Nel commentare il
brano di Matteo (10, 7-13) nel
quale «Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il vangelo, la
nuova notizia, il vangelo di salvezza», il Pontefice ha infatti
sottolineato come si possano
estrapolare «tre parole chiave
per capire bene quello che Gesù vuole dai suoi discepoli» e
«da tutti noi che seguiamo lui».
Le tre parole sono: «cammino,
servizio e gratuità».
Innanzitutto Gesù invia «a
un cammino». Un cammino
«Gesù e i discepoli»
che, beninteso, non è una semplice «passeggiata». Quello di
Gesù, ha spiegato Francesco, «è
un invio con un messaggio: annunciare il vangelo, uscire per
portare la salvezza, il vangelo
della salvezza». E questo è «il
compito che Gesù dà ai suoi discepoli». Perciò chi «rimane
fermo e non esce, non dà quello
che ha ricevuto nel battesimo
agli altri, non è un vero discepolo di Gesù». Infatti «gli
manca la missionarietà», gli
manca «l’uscire da se stesso per
portare qualcosa di bene agli altri».
C’è poi, ha approfondito il
Papa, anche un altro «percorso
del discepolo di Gesù», ovvero
«il percorso interiore», quello
del «discepolo che cerca il Signore tutti i giorni, nella preghiera, nella meditazione». E
non è secondario, ha sottolineato Francesco: «Anche quel percorso il discepolo deve farlo
perché se non cerca sempre
Dio, il vangelo che porta agli
altri sarà un vangelo debole,
annacquato, senza forza».
Quindi c’è un «doppio cammino che Gesù vuole dai suoi
discepoli». Questo racchiude la
«prima parola» messa in evidenza dal Vangelo di oggi:
«camminare, cammino».
C’è poi la seconda: «servizio». Ed è strettamente legata
alla prima. Occorre infatti, ha
detto il Papa, «camminare per
servire gli altri». Si legge nel
vangelo: «Strada facendo predicate, dicendo che il regno dei
cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate
i lebbrosi, scacciate i demoni».
Qui si ritrova il «dovere del discepolo: servire». A tale riguardo il Pontefice è stato molto
chiaro: «Un discepolo
che non serve agli altri
non è cristiano».
Punto di riferimento
di ogni discepolo deve
essere ciò che «Gesù ha
predicato in quelle due
colonne del cristianesimo: le beatitudini e poi
il “protocollo” sul quale
noi saremo giudicati»,
cioè quello indicato da
Matteo al capitolo 25.
Questa deve essere la
«cornice» del «servizio
evangelico». Non ci sono scappatoie: «Se — ha detto il
Papa — un discepolo non cammina per servire, non serve per
camminare. Se la sua vita non è
per il servizio, non serve per vivere, come cristiano».
Proprio su questo aspetto si
trova, in molti, la «tentazione
dell’egoismo». C’è infatti chi
dice: «Sì, io sono cristiano, per
me sono in pace, mi confesso,
vado a messa, compio i comandamenti». Ma, ha obiettato il
Pontefice, il servizio agli altri
dov’è? Dov’è «il servizio a Gesù nell’ammalato, nel carcerato,
nell’affamato, nel nudo»? Eppure proprio questo è ciò «che
Gesù ci ha detto che dobbiamo
fare perché lui è lì». Ecco quindi la seconda parola chiave: il
«servizio a Cristo negli altri».
C’è conseguenzialità anche
nella «terza parola di questo
brano», che è «gratuità». Camminare, nel servizio, nella gratuità. Si legge infatti: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date». Un particolare
fondamentale, tanto da spingere
il Signore a chiarirlo bene, nel
caso «i discepoli non avessero
capito». Egli spiega loro: «Non
procuratevi oro, né argento, né
denaro nelle vostre cinture, né
sacca di viaggio, né due tuniche». Vale a dire, ha puntualizzato Francesco, che «il cammino del servizio è gratuito perché
noi abbiamo ricevuto la salvezza gratuitamente», Nessuno di
noi «ha comprato la salvezza,
nessuno di noi l’ha meritata»:
l’abbiamo per «pura grazia del
Padre in Gesù Cristo, nel sacrificio di Gesù Cristo».
Perciò, ha detto il Papa, «è
triste quando si trovano cristiani
che dimenticano questa parola
di Gesù: “Gratuitamente avete
ricevuto, gratuitamente date”».
Ed è triste quando a dimenticarsi della gratuità sono «comunità cristiane», «parrocchie»,
«congregazioni religiose» o
«diocesi». Quando ciò accade,
ha messo in guardia il Pontefice, è perché dietro «c’è l’inganno» di presumere «che la salvezza viene dalle ricchezze, dal
potere umano».
Papa Francesco ha quindi
riassunto così la sua riflessione:
«Tre parole. Cammino, ma cammino come un invio per annunciare. Servizio: la vita del cristiano non è per se stesso, è per
gli altri, come è stata la vita di
Gesù». E in terzo luogo, «gratuità». Così, ha detto, potremo
riporre la nostra speranza in
Gesù, il quale «ci invia così una
speranza che non delude mai».
Invece, «quando la speranza è
nella propria comodità nel cammino o la speranza è nell’egoismo di cercare le cose per sé» e
non per servire gli altri, oppure
«quando la speranza è nelle ricchezze o nelle piccole sicurezze
mondane, tutto questo crolla. Il
Signore stesso lo fa crollare».
Da qui l’invito finale del
Pontefice a proseguire la celebrazione eucaristica: «Facciamo
questo cammino verso Dio con
Gesù sull’altare, per poi camminare verso gli altri nel servizio e
nella povertà, soltanto con la
ricchezza dello Spirito Santo
che lo stesso Gesù ci ha dato».
concreti e di raccomandazioni da applicare alle politiche e agli investimenti, se tralasciamo l’obbligo di
«debellare la fame e prevenire qualsiasi forma di malnutrizione, in tutto
il mondo» (FAO-OMS, Dichiarazione
di Roma sulla Nutrizione, 15.a).
2. Preoccupano molto le statistiche
sugli sprechi: sotto questa voce finisce
un terzo degli alimenti prodotti. Come pure inquieta sapere che una
buona quantità di prodotti agricoli
viene usata per altre finalità, magari
buone finalità, ma che non sono le
necessità immediate degli affamati.
Chiediamoci, allora, che cosa possiamo fare. Anzi, che cosa io sto già facendo.
Ridurre gli sprechi è essenziale,
come pure riflettere sull’uso non alimentare dei prodotti agricoli, impiegati in grandi quantità per l’alimentazione degli animali o per produrre
biocarburanti. Certo, bisogna garantire condizioni ambientali sempre più sane, ma possiamo continuare a farlo escludendo qualcuno? Serve sensibilizzare tutti i
Paesi sul tipo di nutrizione adottata, e questo varia a seconda
delle latitudini. Nel
Sud del mondo l’attenzione va posta sulla
quantità sufficiente di
alimenti da garantire
ad una popolazione in
crescita, nel Nord il
punto centrale è la
qualità della nutrizione e degli alimenti.
Ma sia sulla qualità
che sulla quantità pesa
la situazione di insicurezza determinata dal
clima,
dall’aumento
della
domanda
e
dall’incertezza
dei
prezzi.
Proviamo allora ad
assumere con più decisione l’impegno di
modificare gli stili di vita, e forse avremo bisogno di meno risorse.
La sobrietà non si oppone allo sviluppo,
anzi, è ormai evidente
che è diventata una
sua condizione. Per la
FAO questo significa
anche proseguire nella
decentralizzazione,
per stare in mezzo al
mondo rurale e capire i bisogni della
gente che l’Organizzazione è chiamata a servire.
Inoltre domandiamoci: quanto incide il mercato con le sue regole sulla
fame nel mondo? Dai vostri studi
emerge che a partire dal 2008 il
prezzo dei prodotti alimentari ha
modificato il suo andamento: raddoppiato, poi stabilizzato, ma sempre con valori alti rispetto al periodo
precedente. Prezzi così volatili impediscono ai più poveri di fare programmi o di contare su una nutrizione anche minima. E le cause sono
tante. Ci preoccupano giustamente i
cambiamenti climatici, ma non possiamo dimenticare la speculazione finanziaria: un esempio sono i prezzi
di grano, riso, mais, soia che oscillano in borsa, magari vengono legati a
fondi di rendimento e, quindi, più
alto è il loro prezzo maggiormente
ricava il fondo. Anche qui, proviamo
a percorrere un’altra strada convincendoci che i prodotti della terra
hanno un valore che possiamo dire
“sacro”, perché sono frutto del lavoro quotidiano di persone, famiglie,
comunità di contadini. Un lavoro
spesso dominato da incertezze,
preoccupazioni per le condizioni climatiche, ansie per le possibili distruzioni del raccolto.
Nella finalità della FAO lo sviluppo agricolo riguarda il lavoro della
terra, la pesca, l’allevamento, le foreste. Bisogna che questo sviluppo sia
al centro dell’attività economica, distinguendo bene le diverse esigenze
che hanno gli agricoltori, gli allevatori, i pescatori o quanti lavorano
nelle foreste. Primato dello sviluppo
agricolo: ecco il secondo obiettivo.
Rispetto agli obiettivi della FAO questo significa sostenere un’efficace resilience, rafforzando in modo specifi-
co le capacità delle popolazioni di
fronteggiare le crisi — naturali o causate dall’azione umana — ponendo
attenzione alle diverse esigenze. Così
sarà possibile puntare a standard di
vita dignitosi.
3. In questo impegno restano altri
punti critici. Anzitutto sembra difficile accettare una generica rassegnazione, il disinteresse o finanche l’assenza di tanti, persino di Stati. A
volte la sensazione è che la fame sia
un argomento impopolare, un problema irrisolvibile, che non trova soluzioni nell’arco di un mandato legislativo o presidenziale e quindi non
assicura consensi. Le ragioni che
portano a limitare apporti di idee,
tecnologia, expertise e finanziamenti
risiedono nella mancata volontà di
assumere impegni vincolanti, perché
ci si trincera dietro la questione della
crisi economica mondiale e nell’idea
che la fame c’è in tutti i Paesi: «Se
ho persone affamate sul mio territorio, come posso pensare a destinare
fondi alla cooperazione internazionale?». Ma così si dimentica che se
in un Paese la povertà è un problema sociale a cui è possibile dare soluzioni, in altri contesti è una questione strutturale e non bastano solo
politiche sociali per fronteggiarla.
Questo atteggiamento può cambiare
se ricollochiamo nel cuore delle relazioni internazionali la solidarietà,
trasportandola dal vocabolario alle
scelte della politica: la politica dell’altro. Se tutti gli Stati Membri operano per l’altro, i consensi all’azione
della FAO non tarderanno ad arrivare
e anzi se ne riscoprirà la funzione
originaria, quel “Fiat panis” che è inserito nel suo emblema.
Penso, poi, all’educazione delle persone ad una corretta alimentazione.
Nei miei quotidiani incontri con i
Vescovi di tante parti del mondo,
con esponenti politici, responsabili
economici, accademici, colgo sempre
di più che oggi anche l’educazione
alimentare ha diverse declinazioni.
Sappiamo che in occidente il problema sono gli alti consumi e gli sprechi. Nel Sud, invece, per garantire
alimenti è necessario incentivare la
produzione locale che in tanti Paesi
con “fame cronica” è sostituita da
derrate provenienti dall’esterno e
magari inizialmente mediante gli
aiuti. Gli aiuti di emergenza, però,
non bastano e non sempre finiscono
nelle mani giuste. Così si crea dipendenza verso i grandi produttori, e se
il Paese manca della necessaria disponibilità economica, ecco che la
popolazione finisce per non alimentarsi e la fame cresce.
I cambiamenti climatici, poi, ci riportano ai forzati spostamenti di popolazione e ai tanti drammi umani-
tari per mancanza di risorse, ad iniziare dall’acqua già oggetto di conflitti che in prospettiva aumenteranno. Non basta affermare che esiste
un diritto all’acqua senza agire per
rendere sostenibile il consumo di
questo bene-risorsa e per eliminare
ogni spreco. L’acqua resta un simbolo che i riti di molte religioni e culture usano per indicare appartenenza, purificazione e conversione interiori. Partendo da questo valore simbolico la FAO può contribuire a rivedere modelli di comportamento per
garantire, oggi e in futuro, che tutti
possano accedere all’acqua indispensabile alle loro necessità e alle attività agricole. Viene in mente quel passaggio della Scrittura che invita a
non abbandonare la «sorgente di acqua viva per scavarsi cisterne, cisterne piene di crepe, che non trattengono l’acqua» (Ger 2, 13): un monito
per dire che le soluzioni tecniche
non sono utili se dimenticano la
centralità della persona umana che è
la misura di ogni diritto.
Oltre all’acqua anche l’utilizzo dei terreni rimane un serio
problema. Preoccupa
sempre più l’accaparramento delle terre coltivabili da parte di imprese transnazionali e
di Stati che non solo
priva gli agricoltori di
un bene essenziale,
ma intacca direttamente la sovranità dei Paesi. Sono molte ormai
le Regioni in cui gli
alimenti prodotti vanno verso l’estero e la
popolazione locale si
impoverisce
doppiamente perché non ha
né alimenti, né terra.
E che dire poi delle
donne che in molte
zone non possono
possedere i terreni che
lavorano, con una disparità di diritti che
impedisce la serenità
della vita familiare
perché si rischia da un
momento all’altro di
perdere il campo? Eppure sappiamo che nel
mondo la produzione
mondiale di alimenti è
in massima parte opera di aziende familiari.
È perciò importante
che la FAO rafforzi il
partenariato e i progetti a favore delle aziende familiari,
e stimoli gli Stati a regolare equamente l’uso e la proprietà della terra.
Questo potrà concorrere a eliminare
le disuguaglianze, oggi al centro
dell’attenzione internazionale.
4. La sicurezza alimentare va raggiunta anche se i popoli sono diversi
per collocazione geografica, situazioni economiche o culture alimentari.
Lavoriamo per armonizzare le differenze e uniamo gli sforzi, così non
leggeremo più che la sicurezza alimentare per il Nord significa eliminare grassi e favorire il movimento e
per il Sud procurarsi almeno un pasto al giorno.
Dobbiamo cominciare dalla nostra
quotidianità se vogliamo cambiare
gli stili di vita, coscienti che i nostri
piccoli gesti possono garantire la sostenibilità e il futuro della famiglia
umana. E poi continuiamo la lotta
alla fame senza secondi fini! Le
proiezioni della FAO dicono che entro il 2050, con 9 miliardi di abitanti
sul pianeta, la produzione deve aumentare e addirittura raddoppiare.
Invece di impressionarci di fronte ai
dati, modifichiamo il nostro rapporto con le risorse naturali, l’uso dei
terreni; modifichiamo i consumi,
senza cadere nella schiavitù del consumismo; eliminiamo lo sperpero e
così sconfiggeremo la fame.
La Chiesa con le sue istituzioni e
le sue iniziative cammina con voi,
consapevole che le risorse della terra
sono limitate e un loro uso sostenibile è assolutamente urgente per lo
sviluppo agricolo e alimentare. Per
questo si impegna a favorire quel
cambio di atteggiamento necessario
al bene delle generazioni future. Che
l’Onnipotente benedica il vostro lavoro!