L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
GIORNALE QUOTIDIANO
Unicuique suum
Anno CLV n. 62 (46.900)
POLITICO RELIGIOSO
Non praevalebunt
Città del Vaticano
lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
.
All’Angelus il dolore di Papa Francesco per le stragi dei cristiani in Pakistan
La persecuzione che il mondo nasconde
E ai vescovi di Bosnia ed Erzegovina l’invito a vivere la comunione in una terra di frontiera
Il grido di dolore del Papa per l’ennesima strage di cristiani, provocata in Pakistan dagli attacchi terroristici
contro due chiese a Lahore, è risuonato all’Angelus di
domenica 15 marzo. Rivolgendosi ai fedeli riuniti in
piazza San Pietro il Pontefice ha denunciato l’indifferenza del mondo di fronte al dramma delle persecuzioni
che colpiscono i credenti e ha chiesto la fine delle violenze nel Paese asiatico e in tutti i Paesi dove «i cristiani
sono perseguitati, i nostri fratelli versano il sangue soltanto perché cristiani».
«Mentre assicuro la mia preghiera per le vittime e per
le loro famiglie — ha detto il Papa — chiedo al Signore,
imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono della
pace e della concordia per quel Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace». Dal Pontefice anche un
pensiero alle popolazioni di Vanuatu, l’arcipelago del
Pacifico colpito da un devastante ciclone: «Prego per i
defunti, per i feriti e i senza tetto» ha assicurato, ringraziando «quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti».
Alla necessità del dialogo tra le religioni come strumento per promuovere «semi e frutti di pacificazione, di
comprensione e anche di collaborazione», il Pontefice
ha poi fatto riferimento lunedì mattina, 16 marzo, durante l’udienza ai vescovi della Bosnia ed Erzegovina in
visita «ad limina». Ai presuli Francesco — dicendosi
«ansioso» di recarsi in visita nel Paese il prossimo 6 giugno — ha raccomandato in particolare di essere testimoni
di comunione «in un luogo di frontiera», invitandoli a
«sostenere i deboli» e a «sovvenire alla fame spirituale
di chi crede».
Parla l’arcivescovo Shaw
In preghiera
per le vittime
innocenti
PAGINA 8
Gli attacchi a Lahore confermano una sistematica violenza
Terrorismo e minoranze religiose
KABUL, 16. Lutto, sdegno e inquietudine ha suscitato in Pakistan e
nel mondo la duplice strage terroristica che ancora una volta ha visto
colpita una minoranza cristiana. In
due chiese di Lahore, la cattolica St
John’s Church e l’anglicana Christ
Church, attentatori suicidi talebani
hanno causato almeno quindici
morti e un’ottantina di feriti tra i
fedeli durante le celebrazioni domenicali. Nella St John’s Church,
nell’omonimo sobborgo di Youhanabad (città di Giovanni) abitato
da una folta comunità cattolica,
conseguenze molto più gravi sono
state impedite da due poliziotti e
da giovani volontari di guardia
all’ingresso, che si sono sacrificati
per sbarrare il passo all’attentatore.
A questo gesto di eroismo hanno
fatto seguito, purtroppo, reazioni
inferocite di una folla di circa quattromila persone in cerca di vendetta. Due sospetti complici degli attentatori sono stati linciati e i loro
corpi sono stati bruciati. Poliziotti e
politici locali accorsi sul posto sono
stati cacciati dagli abitanti che accusano il Governo di scarsa risolutezza nel difendere i cristiani. A
Youhanabad anche oggi mercati e
negozi sono chiusi, in attesa che in
giornata si svolgano i funerali delle
vittime. Dopo quelle di ieri in varie
città, altre manifestazioni sono segnalate oggi a Karachi.
Il primo ministro Nawaz Sharif
ha parlato di un attacco contro lo
Stato. «La comunità cristiana pakistana ha reso servizi inestimabili alla madrepatria in particolare nel
settore sociale e noi la rispettiamo
con onore e orgoglio», ha dichiarato. Il ministro per i Porti e la Navigazione, il cristiano Kamran Michael, ha chiesto una task force di
protezione dei luoghi di culto.
Secondo l’alto rappresentante per
la Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione europea, Federica Mogherini, «è essenziale che le
autorità pakistane agiscano rapidamente contro tutti i gruppi che predicano l’odio e seminano divisioni
nella società».
Israele alle urne
per le elezioni politiche
Un voto
oltre il conflitto
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LUCA M. POSSATI
A PAGINA
3
«Il Regno» di Emanuele Carrère
Il coraggio di parlare
della risurrezione
LUCETTA SCARAFFIA
A PAGINA
5
Le stragi sono state rivendicate
da Jamaat-ul-Ahrar, gruppo legato
ai talebani e che, secondo fonti
concordi, sta reclutando molti giovani nel sud del Paese con una predicazione basata su una distorta visione della sharia, la legge coranica,
che incita all’odio religioso. Come
accade nella gran parte dei Paesi
islamici dove agiscono gruppi jihadisti, le loro vittime sono in massima parte musulmane. Tuttavia, la
persecuzione delle minoranze religiose è sistematica e teorizzata da
tali gruppi. Ne è un esempio proprio il Pakistan, ma il fenomeno è
mondiale e nell’ultimo periodo è
cresciuto in modo esponenziale.
Nel 2014 sono stati 4.344 i cristiani
uccisi e oltre mille le chiese attaccate, soprattutto in Iraq e Siria a opera del cosiddetto Stato islamico e in
Nigeria di Boko Haram, secondo
l’organizzazione protestante Open
Doors. Nel 2012 i morti erano stati
1.201 e l’anno dopo 2.123.
Né questa violenza è prerogativa
esclusiva del jihadismo. A fondamentalisti hindu, per esempio, sembra dovuta l’aggressione a un convento di suore a Ranagath, nello
Stato indiano del Bengala occidentale, dove otto uomini nello scorso
fine settimana hanno duramente
picchiato quattro religiose e violentato la loro superiora.
Una donna piange un parente ucciso in uno dei due attentati (Reuters)
Svolta statunitense sul conflitto siriano e nell’azione contro l’Is
Washington apre alla trattativa con Al Assad
IL CAIRO, 16. «Dobbiamo parlare con Al Assad».
La dichiarazione del segretario di Stato americano, John Kerry, costituisce la principale novità
politica riguardo al conflitto in Siria, entrato nel
suo quinto anno con il suo carico spaventoso di
vittime e con il protrarsi della maggiore emergenza umanitaria al mondo. Finora il Governo di
Washington ha dichiarato che il presidente siriano Bashar Al Assad ha perso legittimità e che il
percorso di pace è legato al suo abbandono del
potere.
Il fattore determinante di questa svolta nella
strategia statunitense, a giudizio concorde degli
osservatori, è chiaramente legato all’irruzione nel
contesto siriano, da quasi un anno a questa parte, del cosiddetto Stato islamico (Is), attivo anche in Iraq. Gli Stati Uniti, che guidano la coali-
zione internazionale impegnata contro l’Is, prendono dunque atto della necessità di rilanciare un
processo politico e negoziale che implica un confronto con Damasco e quindi Al Assad, finora
escluso da Washington in ogni ipotesi di transizione siriana.
Se è vero che il caos siriano ha offerto terreno
fertile per l’affermarsi dell’Is, anche dal punto di
vista militare, il dialogo con Damasco è adesso
un’opzione che non si può più escludere, proprio
nell’ottica di un intervento contro il gruppo jihadista. La coalizione internazionale opera infatti
in Iraq in sintonia con il Governo di Baghdad,
mentre i raid in Siria a giudizio di molti osservatori non hanno piena legittimazione, sia perché
manca un mandato delle Nazioni Unite sia ap-
Udienza ai capitani reggenti
della Repubblica di San Marino
Lunedì 16 marzo, Papa Francesco ha ricevuto i capitani
reggenti della Serenissima Repubblica di San Marino, Gian
Franco Terenzi e Guerrino
Zanotti, i quali hanno successivamente incontrato il cardinale Pietro Parolin, segretario
di
Stato,
accompagnato
dall’arcivesc0vo Paul Richard
Gallagher, segretario per i
Rapporti con gli Stati.
Durante i cordiali colloqui
è stato espresso vivo compiacimento per i buoni rapporti
esistenti tra la Santa Sede e la
Repubblica di San Marino,
ed è stata sottolineata la fattiva collaborazione delle istituzioni pubbliche e della Chiesa
in campo sociale.
punto perché non c’è coordinamento con il Governo di Damasco.
In un’intervista rilasciata alla Cbs durante la
sua visita in Egitto, il segretario di Stato americano ha sottolineato che si stanno elaborando
modi per portare Al Assad al tavolo della trattativa: «Alla fine dobbiamo negoziare e ciò per cui
stiamo spingendo è portare Assad a fare proprio
questo. Cosa che potrebbe richiedere di esercitare maggiori pressioni su di lui, in vari modi».
Dal fronte libico, intanto, si segnalano per la
prima volta combattimenti tra le milizie che
dichiarano di aderire all’Is e quelle islamiche
dell’autoproclamato Governo di Tripoli. Scontri
tuttora in corso sono segnalati da ieri vicino a
Sirte, in parte occupata dall’Is nei giorni scorsi.
Una “Giornata di preghiera per le
vite innocenti dei martiri”: così i
cristiani del Pakistan ricordano
oggi le vittime degli attacchi terroristici di domenica e quanti sono
stati uccisi nel recente passato solo
perché professavano la loro fede.
Una giornata dedicata al dolore e
alle lacrime, mentre la comunità
cristiana si interroga su un futuro
quanto mai incerto. «Viviamo nella paura», spiega l’arcivescovo di
Lahore, Sebastian Francis Shaw,
raggiunto
telefonicamente
da
«L’Osservatore Romano» al termine di una riunione sulla sicurezza alla quale lo stesso presule
ha preso parte insieme con le autorità locali. «Abbiamo chiesto sicurezza e protezione. Ma devo dire che questi attacchi sono difficili
da prevedere e da evitare. Si tratta
di persone ben organizzate, delle
quali per ora non si sa molto.
Sembrerebbero talebani ma non
abbiamo elementi per poter dire
se abbiano collegamenti o no con
gli estremisti dell’Is». «Nessuno
poteva aspettarselo», continua a
ripetere l’arcivescovo riflettendo
su quanto accaduto domenica. Il
timore è che la comunità locale
possa agire in preda alla rabbia
quando invece serve, soprattutto,
calma. «Stiamo cooperando, troviamo abbastanza aiuto dalle autorità», dice più volte l’arcivescovo, ringraziando il Santo Padre
per «le belle parole» che ha detto
all’Angelus e per la sua vicinanza.
I mezzi di comunicazione locali,
spiega ancora il presule, stanno
dando ampie notizie su quanto
accade alla comunità cristiana,
forse spinti anche dall’intervento
di Papa Francesco. E ciò aiuta a
sentirsi meno soli. Anche se non
basta, come ha ricordato la Commissione Giustizia e Pace della
Conferenza episcopale del Pakistan, che in una nota esorta il Governo «ad adottare forti misure
per proteggere le chiese e le minoranze religiose in Pakistan», ricordando che «la comunità cristiana
è stata presa di mira dagli estremisti già in passato». Nella nota si
ricorda che le chiese «avevano già
subito minacce e avevano già chiesto alla polizia misure di sicurezza
maggiori». Ma la sensazione è che
per i cristiani oggi la sicurezza sia
solo un miraggio. (marco bellizi)
NOSTRE INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina in udienza:
le Loro Eminenze Reverendissime
i Signori Cardinali:
— Robert Sarah, Prefetto della
Congregazione per il Culto Divino
e la Disciplina dei Sacramenti;
— Vinko Puljić, Arcivescovo di
Vrhbosna, Sarajevo (Bosnia ed Erzegovina), con l’Ausiliare, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor
Pero Sudar, Vescovo titolare di Selja, in visita «ad limina Apostolorum»;
le Loro Eccellenze Reverendissime i Monsignori:
— Franjo Komarica, Vescovo di
Banja Luka (Bosnia ed Erzegovina),
con l’Ausiliare, Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Marko Semren, Vescovo titolare di Abaradira,
in visita «ad limina Apostolorum»;
— Ratko Perić, Vescovo di Mostar-Duvno (Bosnia ed Erzegovina),
Amministratore Apostolico di Trebinje e Mrkan, in visita «ad limina
Apostolorum»;
— Tomo Vukšić, Vescovo Ordinario Militare per la Bosnia ed Erzegovina, in visita «ad limina Apostolorum».
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina in udienza Frère Alois,
Priore di Taizé.
Il Santo Padre ha ricevuto questa
mattina in udienza le Loro
Eccellenze i Signori Gian Franco
Terenzi e Guerrino Zanotti, Capitani Reggenti della Repubblica di
San Marino, con le Consorti, e Seguito.
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lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
La capo delegazione statunitense ai negoziati
con Cuba, Roberta Jacobson (Ap)
Dopo lo scoppio del caso Petrobras
Marce contro la corruzione
in Brasile
BRASILIA, 16. Tensione in Brasile: ieri oltre un milione di persone hanno
partecipato a manifestazioni in quasi
cinquanta città. Le critiche riguardano soprattutto la corruzione della
classe politica.
La manifestazione più numerosa si
è tenuta a San Paolo, dove, secondo
la polizia, circa un milione di persone hanno marciato lungo l’Avenida
Paulista. San Paolo è il cuore finanziario del Brasile e feudo elettorale
delle opposizioni di centrodestra. A
Brasilia, Rio de Janeiro e Belo Horizonte la partecipazione non è stata a
massiccia: meno di 100.000 persone
hanno aderito all’invito lanciato sui
social network dalla galassia di movimenti legati all’opposizione. Si è
trattato comunque delle manifestazioni più importanti dopo quelle del
2013.
Come detto, la protesta ha avuto
quale bersaglio principale la corruzione, e in particolare i casi di tangenti legati al colosso petrolifero
pubblico Petrobras che ha fatto finire sotto inchiesta 54 politici di Governo e opposizione, tra i quali an-
che i presidenti di Camera e Senato.
Oltre ad aver fatto scattare le manette ai polsi di una cinquantina tra
manager, imprenditori, banchieri e
affaristi.
La presidente, Dilma Rousseff,
che non è stata coinvolta personalmente nello scandalo Petrobras, ha
difeso il diritto a manifestare in maniera pacifica, ma ha avvertito che
«non esiste un terzo turno elettorale:
ci sono stati il primo ed il secondo,
l’impeachment non è il terzo». In
effetti la recente richiesta di messa in
stato di accusa della presidente è
stata considerata dai massimi costituzionalisti priva di qualsiasi fondamento. E comunque, anche per dare
un segnale concreto alla piazza, il
Governo ha annunciato l’apertura di
un nuovo confronto con l’opposizione e le parti sociali per varare al più
presto norme anticorruzione. «È necessario continuare questo dialogo e
fornire allo Stato brasiliano meccanismi per realizzare azioni rapide ed
accurate atte a punire gli atti di corruzione» ha detto il ministro della
Giustizia, José Eduardo Cardozo.
Il corteo a San Paolo (Reuters)
Dopo sei decenni volo diretto fra New Orleans e L’Avana
Si susseguono i segnali
di disgelo
tra Cuba e Stati Uniti
L’AVANA, 16. Mentre è in corso
all’Avana la terza tornata di colloqui tra le delegazioni cubana e statunitense, guidate rispettivamente
da Josefina Vidal e Roberta Jacobson, per definire la normalizzazione delle relazioni diplomatiche, si
segnalano nuovi passi del processo
di disgelo annunciato a metà dicembre dai presidenti statunitense
Barack Obama e cubano Raúl Castro.
Arrestati dirigenti
Poroshenko incontra Angela Merkel mentre non si attenua la tensione con Mosca
Blitz
antitangenti
in Italia
Washington e Kiev sollecitano
l’applicazione degli accordi di Minsk
ROMA, 16. Blitz anticorruzione in
Italia. Corruzione, induzione indebita, turbativa d’asta ed altri
reati contro la Pubblica amministrazione sono alcune delle accuse
che hanno condotto oggi all’arresto del dirigente del ministero dei
Lavori pubblici (ora consulente
esterno), Ercole Incalza, uno dei
quattro arrestati nell’inchiesta condotta dal Ros e dai pubblici ministeri fiorentini Giuseppina Mione,
Luca Turco e Giulio Monferini.
Gli altri sono gli imprenditori Stefano Perotti e Francesco Cavallo,
e Sandro Pacella, collaboratore di
Incalza. Gli indagati sono oltre
cinquanta. Fra loro — sottolinea
l’Ansa — ci sarebbero anche uomini politici che non sarebbero «di
primissimo piano».
Mattarella
e il ricordo
di via Fani
ROMA, 16. Via Fani, trentasette
anni dopo. Questa mattina il capo
dello Stato, Sergio Mattarella, con
il quale erano i presidenti del Senato e della Camera, Pietro Grasso e Laura Boldrini, ha deposto
una corona in memoria dei cinque
uomini delle forze dell’ordine uccisi il 16 marzo 1978 dalle Brigate
Rosse durante il rapimento di Aldo Moro, allora presidente della
Democrazia cristiana. Alla cerimonia erano presenti anche il ministro dell’Interno, Angelino Alfano,
il sindaco di Roma, Ignazio Marino, e il presidente della Regione
Lazio, Nicola Zingaretti. Mattarella si è anche intrattenuto con i famigliari delle vittime. «Il presidente ci ha detto delle parole di
conforto, che ci è vicino e che, anche se sono passati trentasette anni, le istituzioni sono vicine a tutte le famiglie dei caduti del terrorismo» ha dichiarato Giovanni
Ricci, figlio dell’appuntato dei carabinieri, Domenico.
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KIEV, 16. Il vicepresidente americano, Joe Biden, e il capo dello Stato
ucraino, Petro Poroshenko, chiedono a Mosca e ai separatisti filorussi
di applicare gli accordi di Minsk. I
due leader hanno avuto un colloquio telefonico nel fine settimana
ed entrambi hanno espresso soddisfazione per la prima tranche di
aiuti economici a Kiev erogata dal
Fondo monetario internazionale.
Critico Poroshenko nei confronti
di Mosca, la quale, a suo dire,
«non conosce più alcuna linea rossa». Il presidente ucraino, che oggi
a Berlino incontrerà il cancelliere
tedesco, Angela Merkel, in un’intervista ha affermato che bisogna reagire, «magari rafforzando le sanzioni. Queste dovrebbero certamente
essere prolungate fino alla fine
dell’anno».
Anche il segretario generale della
Nato, Jens Stoltenberg, è intervenuto sulla crisi, criticando l’atteggiamento russo. Stoltenberg ha sottolineato che il cessate il fuoco in
vigore dallo scorso 15 febbraio «è
fragile» ma l’importante è che «sia
mantenuto».
In un’intervista pubblicata oggi
dal quotidiano spagnolo «El País»,
Stoltenberg non ha voluto dare
«dettagli specifici» sulla situazione
in Ucraina, ma ha confermato la
tensione ancora presente nell’area.
Stoltenberg ha inoltre ribadito che
è necessario «rispettare il cessate il
fuoco, ritirare le armi pesanti e consentire il lavoro degli osservatori
dell’Organizzazione per la sicurezza in Europa.
Nel frattempo, il presidente russo, Vladimir Putin, ha innalzato lo
stato d’allerta per la Flotta del
Nord, per alcune unità del distretto
militare occidentale e per le forze
aeree, come parte di test a sorpresa
ordinati per verificare il livello di
preparazione a possibili scenari bellici.
Sviluppi
nell’inchiesta
di Ferguson
Veicolo militare abbandonato su una strada vicino a Debaltseve (Ap)
Soddisfazione per l’archiviazione del processo della Cpi a Kenyatta
Nairobi conferma prioritaria la lotta ad Al Shabaab
NAIROBI, 16. La lotta contro le milizie radicali islamiche somale di Al
Shabaab resta una priorità delle autorità kenyane. In questo contesto,
secondo quanto riferito nel fine settimana dalla stampa locale, diversi
esponenti del Governo di Nairobi
hanno accolto con soddisfazione la
notizia del raid aereo statunitense
contro una postazione in Somalia
di Al Shabaab nella quale sarebbe
stato ucciso Adan Garar, presunto
ideatore della presa d’ostaggi nel
centro commerciale Westgate di
Nairobi nel 2013. La vicenda si
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
concluse con la morte di 67 persone dopo l’intervento delle forze
speciali kenyane. Pur dando notizia
del raid, effettuato da un aereo senza pilota vicino a Bardhere, il comando statunitense non ha comunque confermato che sia stato ucciso
Garar, sospettato anche di aver pianificato altri attacchi — per fortuna
falliti — sulla costa del Kenya e nella capitale ugandese Kampala.
Soddisfazione è stata espressa
dalle autorità kenyane anche per
l’archiviazione da parte della Corte
penale internazionale (Cpi) dell’Aja
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Servizio internazionale: [email protected]
Servizio culturale: [email protected]
Servizio religioso: [email protected]
caporedattore
Gaetano Vallini
segretario di redazione
L’ordine è operativo dalle otto di
questa mattina come ha fatto sapere il ministro della Difesa, Serghiei
Shoigu, spiegando che le nuove minacce che affronta la Russia richiedono maggiori capacità militari di
risposta.
L’ultimo esempio è stato ieri l’atterraggio all’Avana di un volo diretto da New Orleans, il primo da
quasi sei decenni a questa parte. I
passeggeri erano rappresentanti
della società civile, imprenditori e
avvocati, arrivati per una conferenza sulle potenzialità dell’isola in diverse aree, dagli affari alla cultura.
Il viaggio è stato organizzato da
due organismi con sede a New Orleans, l’International Cuba Society
e l’At the Threshold, insieme con
l’Università dell’Avana.
Al processo di disgelo con l’Avana da parte di Washington si affianca quello dell’Unione europea,
il cui alto rappresentante per la Politica estera e di Sicurezza comune,
Federica Mogherini, sarà in visita
ufficiale a Cuba lunedi e martedì
prossimi. Si tratterà della prima
missione di un responsabile della
diplomazia europea all’Avana e cade, secondo un comunicato diffuso
dall’ufficio di Mogherini, in un
«momento cruciale per i negoziati
tra l’Unione europea e Cuba».
Mogherini aggiunge che Cuba «sta
passando attraverso un periodo
molto interessante e l’Ue intende
vedere come può portare avanti le
relazioni con forte slancio». La nota ricorda che l’Ue «ha seguito da
vicino gli sviluppi a Cuba e le sue
relazioni con gli attori internazionali chiave», cioè appunto gli Stati
Uniti, sottolineando che tali sviluppi «creano una nuova dinamica
nella regione e nella stessa Cuba, e
forniscono a tutti nuove importanti
opportunità».
Servizio fotografico: telefono 06 698 84797, fax 06 698 84998
[email protected] www.photo.va
del procedimento aperto contro
l’attuale presidente Uhuru Kenyatta per crimini contro l’umanità relativi alle violenze postelettorali del
2007-2008, che lo videro sconfitto.
La decisione della Cpi era peraltro
attesa dopo l’annuncio a dicembre
del ritiro delle accuse a carico di
Kenyatta da parte del procuratore
generale, la giurista gambiana Fatou Bensouda, che aveva denunciato l’impossibilità di garantire la sicurezza dei testimoni e di raccogliere le prove, accusando Nairobi
di aver ostacolato l’inchiesta.
Segreteria di redazione
telefono 06 698 83461, 06 698 84442
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Tipografia Vaticana
Editrice L’Osservatore Romano
don Sergio Pellini S.D.B.
direttore generale
Una donna
capo di Governo
in Namibia
WINDHOEK, 16. Saara Kuugongelwa, militante della Swapo, l’ex
gruppo guerrigliero al potere in
Namibia dal 1990, sarà la prima
donna a capo del Governo del
Paese. La nomina è stata annunciata dal presidente eletto Hage
Geingob, che entrerà in carica il
21 marzo. Geingob, che ha ottenuto l’87 per cento dei consensi
nelle presidenziali dello scorso
novembre, è stato a sua volta primo ministro nell’ultimo biennio.
Tariffe di abbonamento
Vaticano e Italia: semestrale € 99; annuale € 198
Europa: € 410; $ 605
Africa, Asia, America Latina: € 450; $ 665
America Nord, Oceania: € 500; $ 740
Abbonamenti e diffusione (dalle 8 alle 15.30):
telefono 06 698 99480, 06 698 99483
fax 06 69885164, 06 698 82818,
[email protected] [email protected]
Necrologie: telefono 06 698 83461, fax 06 698 83675
WASHINGTON, 16. Arrestato un uomo sospettato di essere coinvolto
nella sparatoria che la scorsa settimana a Ferguson, in Missouri, ha
provocato il ferimento di due agenti di polizia, uno colpito al volto e
l’altro alla spalla. In manette è finito Jeffrey Williams, vent’anni, con
diverse accuse a suo carico. La sua
cauzione è stata fissata a 300.000
dollari. «È possibile che stesse sparando a qualcuno e poi abbia colpito gli agenti» ha detto il procuratore della contea di Saint Louis. I
poliziotti feriti sono stati dimessi
dall’ospedale e sono sulla via del
recupero. Secondo la polizia, i colpi che li hanno raggiunti non sono
stati sparati dalla folla, ma da qualcuno che era appostato su una collinetta di fronte alla centrale.
I due agenti si trovavano davanti
alla stazione di polizia, mentre un
centinaio di manifestanti stava festeggiando le dimissioni del capo
della polizia di Ferguson, Thomas
Jackson. Una decisione presa in seguito a un rapporto federale che ha
accusato le autorità locali di «sistematiche discriminazioni razziali»
dopo la morte, lo scorso 9 agosto,
del diciottenne afroamericano Michael Brown.
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lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
pagina 3
Israele alle urne per le elezioni politiche
Un voto
oltre il conflitto
di LUCA M. POSSATI
Sono quasi sei milioni gli israeliani
che domani, martedì, si recheranno
alle urne per eleggere un nuovo
Governo. Ma in palio non ci sono
soltanto i 120 seggi della Knesset.
Si tratta infatti di un voto di fondamentale importanza per il futuro
dello Stato: il prossimo Governo
sarà chiamato a scelte decisive su
più fronti. E in un contesto ancora
molto difficile: i negoziati diretti
con i palestinesi sono fermi da più
di un anno, le relazioni con Washington hanno toccato di recente
il loro minimo storico e la minaccia
del terrorismo è alle porte. Senza
dimenticare le questioni interne, co-
me le difficoltà finanziarie e la crescente disparità sociale.
A fronteggiarsi sono essenzialmente due forze: da un lato il Likud, la destra del premier Benjamin
Netanyahu, da nove anni al potere,
dall’altro l’Unione sionista, l’alleanza di centrosinistra formata da
Isaac Herzog, leader dei laburisti e
figlio del sesto presidente di Israele,
e da Tzipi Livni, guida dei centristi
di Hatnua. Gli ultimi sondaggi
danno un distacco di circa quattro
seggi a favore dell’Unione sionista.
Al terzo posto, con tredici seggi, ci
sarebbe la Lista araba unita guidata
da Ayman Odeh. Subito dopo, a
dodici seggi, i centristi di Yesh Atid
dell’ex ministro delle Finanze Yair
Lapid, seguiti da Focolare ebraico,
la destra nazionalista religiosa vicina al movimento dei coloni. A nove
seggi c’è infine la nuova formazione
di centrodestra Kulanu. Al momento, dunque, la strada della grande
coalizione sembra obbligata, e cresce quindi l’importanza delle liste
più piccole, quelle religiose come lo
Shas, il partito degli ultraortodossi
di origine sefardita, e Uniti nella
Torah, che rappresenta invece gli
ultraortodossi ashkenaziti.
Fare un bilancio complessivo degli anni del Governo Netanyahu è
molto difficile. Il dato, oggi, è che
il premier — l’uomo politico israeliano rimasto più anni al potere dopo David Ben-Gurion — ha perso
molti dei consensi di cui godeva nel
2009 e che la prospettiva di un terzo mandato appare difficile. I temi
chiave del suo messaggio politico
non sono cambiati: la sicurezza, la
difesa dell’identità nazionale e la
ferma opposizione al programma
nucleare iraniano, ad Hamas nella
Striscia di Gaza e ad Hezbollah in
Libano. E infatti nel recente, discusso discorso al Congresso statunitense Netanyahu ha criticato l'atteggiamento della comunità internazionale favorevole all’ipotesi di
un accordo con Teheran. «È meglio
non avere alcun accordo che trovare
un cattivo accordo. E questo è un
pessimo accordo, meglio farne a
meno».
Sulla pace con i palestinesi, Netanyahu ha sempre detto di voler
raggiungere un accordo definitivo,
nonostante il fatto che in questi anni gli insediamenti non si siano mai
fermati. Ma gli insediamenti — ha
più volte detto il leader del Likud
— non sono il vero problema del
conflitto, il vero problema «è il rifiuto di riconoscere lo Stato di
Israele, dentro qualunque confine».
In altre parole, prima i palestinesi
devono riconoscere Israele come
Stato ebraico, poi le trattative potranno riprendere.
La posizione dell’Unione sionista
è molto diversa. Al centro della
campagna elettorale c’è stato il richiamo a temi sociali e alle «radici
del sionismo», nella convinzione
che «il vero sionismo» sia «distribuire il denaro pubblico in modo
equo tra i cittadini, prendersi cura
dei più deboli, solidarietà non solo
in battaglia ma anche nella vita di
tutti i giorni». Dopo anni di difficoltà, con Herzog i laburisti cercano il rilancio puntando sulla ripresa
immediata dei negoziati con i palestinesi nel quadro della soluzione
dei due Stati e di un rafforzamento
delle relazioni con l’Europa. Ma
l’Unione può contare soprattutto
sulla lunga esperienza di Livni, già
vice premier e più volte ministro,
nonché capo negoziatore con i palestinesi. Nata politicamente nel Likud, eletta per la prima volta alla
Knesset nel 1999, vicina all’ex premier Ariel Sharon, Livni ha assunto
la guida del partito centrista Kadima dopo le dimissioni di Olmert
nel 2008. Quattro anni più tardi ha
perso le primarie e ha deciso di
fondare Hatnua. «Ho girato in lungo e in largo Israele — ha detto in
una recente intervista — e ho visto
un Paese orgoglioso ma sofferente,
soprattutto negli strati più deboli
della popolazione, che chiede unità
e non divisioni». L’opposizione al
nucleare iraniano — sostiene Livni
— deve realizzarsi attraverso una
maggiore collaborazione con la comunità internazionale. La via diplomatica con Teheran non sembra essere esclusa a priori.
I palestinesi, dal canto loro, stanno vivendo queste elezioni con scetticismo. Secondo Husam Zomlot,
analista e direttore della Commissione per le relazioni internazionali
palestinesi presso l’università di
Oxford, «l’unica buona notizia o
motivo d’interesse sembra arrivare
dalla nuova coalizione Lista araba
unita, che per la prima volta mette
insieme i partiti arabi israeliani».
Buona parte dell’arcipelago di Vanuatu rasa al suolo dal ciclone Pam
Primi soccorsi a Port Vila
a Port Vila al presidente e al suo
staff.
Un bilancio delle vittime del passaggio del ciclone Pam è ancora
impossibile, ma appare già chiaro
che alla maggioranza della popolazione ha tolto la casa. Nell’arcipelago è stato dichiarato lo stato d’emergenza. Uno stato d’emergenza
allargato al mondo, con una richiesta urgente, fatta già ieri dalle autorità, di aiuti alla comunità internazionale.
SYDNEY, 16. Vanuatu, il piccolo arcipelago nel sud-est del Pacifico devastato dal ciclone Pam, «deve ripartire». Queste le parole del presidente,
Baldwin Lonsdale, di ritorno da
Sendai, nel nord-est del Giappone,
dove stava partecipando alla conferenza dell’Onu sulla gestione delle
catastrofi insieme ad altri funzionari
di Governo. L’Australia, che insieme
alla Nuova Zelanda e alla Francia
sta fornendo i primi soccorsi all’isola, ha offerto il trasporto da Sydney
A fronte tuttavia di otto morti e di
una trentina di feriti confermati,
tutti nella zona della capitale Port
Vila dove è rimasto distrutto il 90
per cento delle abitazioni — ha detto
il presidente Lonsdale — mancano
ancora informazioni su vittime e
danni dalle altre isole, in quanto le
comunicazioni sono in gran parte
interrotte. Poi, Lonsdale, con la voce
rotta dalla commozione, ha affermato che «la maggioranza degli
edifici è stata distrutta, come la mag-
Gli Emirati Arabi Uniti finanzieranno la costruzione di un nuovo polo economico al Cairo
Accordi
per cento miliardi di dollari
IL CAIRO, 16. Nel corso del summit
economico di Sharm el Sheikh, che
si è concluso ieri sera, l’Egitto ha
siglato un memorandum d’intesa
per 92 miliardi di dollari. Lo ha
detto il ministro per gli Investimenti del Cairo, Ashraf Salman, durante la cerimonia di firma di un protocollo riguardante l’autorità del
Canale di Suez a margine del forum. Il Paese si è inoltre assicurato
accordi per altri 15 miliardi di dollari, ha aggiunto il ministro egiziano.
Con gli Emirati Arabi Uniti è
stata raggiunta un’intesa del valore
di 45 miliardi di dollari per la costruzione della nuova capitale amministrativa ed economica che sorgerà alla periferia del Cairo. A siglare l’intesa sono stati il presidente
egiziano Abdel Fattah Al Sissi e il
vicepresidente e primo ministro de-
Sostegno dell’Italia
al dialogo politico in Libia
ROMA, 16. Il ministro degli Esteri
italiano, Paolo Gentiloni, ha ricevuto durante il fine settimana il
collega libico Mohamed Al Dairy.
Nel corso dell’incontro Gentiloni
ha ribadito il forte sostegno italiano al dialogo politico facilitato
dal
rappresentante
speciale
dell’Onu, Bernardino León, «unica soluzione possibile alla crisi».
«Ho sottolineato con il ministro
Al Dairy l’importanza che la delegazione di Tobruk che in questa
settimana parteciperà al dialogo in
Marocco abbia un mandato forte,
una composizione adeguata e sia
pienamente operativa», ha affermato Gentiloni. «Le divisioni e la
sfiducia reciproca tra i principali
attori — ha proseguito il ministro
secondo quanto riferisce una nota
della Farnesina — vanno a tutto
vantaggio di gruppi terroristici
che operano per consolidare la
propria presenza in Libia». Condizione cruciale per il successo del
dialogo è la realizzazione di un
cessate il fuoco rispettato da tutte
le parti. L’Italia è pronta a sostenere il Governo di unità nazionale
giocando un ruolo di primo piano
nel monitoraggio della tregua.
gli Emirati Arabi Uniti, Sheikh
Mohammed bin Rashed Al Maktoum.
La nuova capitale sarà costruita a
est del Cairo su una superficie di
700 chilometri quadrati e sarà in
grado di ospitare fino a cinque milioni di residenti in 1,1 milioni di
unità abitative. Sono invece 1,75 milioni i posti di lavoro previsti. Qui
si sposteranno anche il palazzo presidenziale, i ministeri, gli uffici di
Governo e le ambasciate, oltre che
un distretto finanziario.
Inoltre, il nuovo Canale di Suez,
una volta completati i lavori di allargamento e di strutturazione delle
aree economiche circostanti, garantirà all’Egitto dal 30 al 35 per cento
delle risorse per l’economia del Paese. Per gestire e coordinare le attività legate allo sviluppo del Canale
di Suez, l’Esecutivo egiziano realizzerà prossimamente un centro internazionale industriale e logistico che
si estenderà sui tre governatorati di
Port Said, Ismailia e Suez, ha detto
dal canto suo Dar Al-Handasah
Egypt, che ha presentato i dettagli
del megaprogetto nel corso del
summit.
L’investimento previsto è di
quindici miliardi di dollari, che verranno utilizzati per una serie di infrastrutture, fra cui centrali elettriche per un totale di sei gigawatt.
Alla vigilia del viaggio a Washington
Missione a Riad del presidente afghano
Il capo di Stato afghano con il sovrano saudita (Afp)
RIAD, 16. A una settimana dalla sua
visita ufficiale negli Stati Uniti, il
presidente afghano, Ashraf Ghani,
si è recato in missione per due giorni in Arabia Saudita, Paese dove si
è recato per la seconda volta dopo
il suo insediamento al potere nel
settembre 2014.
In un breve comunicato la presidenza afghana ha indicato soltanto
che Ghani, accompagnato da una
delegazione governativa, «ha incontrato il re e altri alti responsabili
sauditi». Anche se non se ne fa
menzione ufficialmente, gli analisti
locali ipotizzano che la nuova missione sia legata alla possibilità
dell’inizio di un dialogo di pace e
riconciliazione con i talebani. D’altra parte, il successore di Hamid
Karzai, nel suo primo discorso dopo la cerimonia di insediamento a
Kabul, aveva rivolto un appello ai
talebani «a negoziare la pace» con
il suo Governo.
Nel frattempo gli Stati hanno annunciato che manterranno in Afghanistan un numero di militari
maggiore del previsto, per tutto il
2015 e probabilmente per parte del
prossimo anno. In questo modo la
Casa Bianca risponde alle richieste
dei vertici militari che, a più riprese,
hanno sottolineato la necessità di rivedere i piani secondo cui, entro la
fine dell’anno in corso, sarebbero rimasti in Afghanistan non più di
5.500 militari americani.
Si sta inoltre valutando la possibilità di mantenere in Afghanistan
forze antiterrorismo. Le nuove scadenze per il ritiro potrebbero essere
annunciate in dettaglio dal presidente Obama in occasione della visita del capo di Stato afghano a
Washington.
gioranza delle case, delle scuole, dei
servizi».
Secondo le prime impressioni di
operatori umanitari australiani e
neozelandesi, una buona parte
dell’arcipelago appare «rasa al suolo». Hannington Alatoa, capo della
Croce rossa di Vanuatu, ha riferito
che «nella parte occidentale dell’isola di Tanna non c’è una pianta, un
albero o una struttura di metallo ancora in piedi».
Anche a Port Vila i soccorritori riferiscono di ampie distruzioni, di
edifici danneggiati e di alberi divelti
e caduti sulle strade o sulle case. E
se gli edifici in cemento armato o
muratura solida appaiono ancora in
piedi, le baracche con i tetti di frasche sono andate in pezzi, come mostrano le riprese televisive fatte nella
zona di Port Vila.
La notte fra venerdì e sabato l’arcipelago è stato colpito dalla supertempesta, che l’ha investito con venti
fino a 270 chilometri orari.
Aiuti economici
da Tokyo
per la gestione
delle catastrofi
TOKYO, 16. Il Giappone stanzierà
quattro miliardi di dollari di aiuti
nei prossimi quattro anni per la promozione della gestione delle catastrofi, incluso il supporto alla costruzione di infrastrutture nei Paesi in
via di sviluppo. Lo ha annunciato il
premier nipponico, Shinzo Abe,
nell’intervento ai lavori della Terza
conferenza mondiale dell’Onu sulla
riduzione del rischio di disastri naturali in corso a Sendai, nel nord-est
del Paese, città colpita dal sisma e
dallo tsunami dell’11 marzo 2011.
Le catastrofi naturali — hanno
confermato gli esperti — stanno distruggendo il globo. Negli ultimi
dieci anni si sono registrati disastri
come lo tsunami in Indonesia e nello Sri Lanka, il sisma ad Haiti, l’uragano Katrina negli Stati Uniti, le alluvioni cicliche nelle Filippine, in
Pakistan e Bangladesh. Il Giappone,
valorizzando la propria esperienza,
«ha accumulato molte conoscenze e
tecnologie — ha detto Abe — per la
riduzione dei rischi legati alle catastrofi» promuovendo la cooperazione con la comunità internazionale
per limitare il numero delle vittime,
così come la loro sofferenza.
Il premier Abe — durante l’intervento alla conferenza che si concluderà mercoledì 18 — ha anche annunciato i piani di Tokyo nella formazione di un totale di 40.000
esperti in tutto il mondo per la prevenzione delle catastrofi e la ricostruzione. «La riduzione dei rischi è
la sfida più importante sia per i Paesi sviluppati sia per quelli in via di
sviluppo» ha aggiunto il premier.
«Per i Paesi in via di sviluppo, tuttavia, dove si concentra il novanta per
cento delle vittime di catastrofi, il
contenimento dei rischi è una grande sfida legata allo sviluppo sostenibile e all’adattamento al cambiamento climatico».
La conferenza di Sendai, che ha
visto in apertura la presenza dell’imperatore Akihito, coinvolge i delegato di oltre 160 Paesi ed è in parte finalizzata a offrire un forte sostegno
soprattutto ai Paesi considerati vulnerabili rispetto all’impatto dei cambiamenti climatici.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 4
Le iniziative di Pio
X
lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
per correggere il sistema di potere vaticano
Riforme
e brontolii
tro («Gli applausi in Chiesa si fanno
al Signore e non al Papa», tagliò
corto), si mormorò subito che stesse
“avvilendo” la tradizione curiale. Da
testimonianze sicure sappiamo che
queste mormorazioni in qualche caso
sfociarono in aperte, clamorose rotture.
Con la riforma della Curia, perciò, Pio X, andò piano. Favorì la
pubblicazione di un opuscolo che
anticipava le sue intenzioni mettendo in piazza fasti e nefasti (soprattutto i nefasti) dell’ambiente ecclesiastico, centrale e periferico (incluse
le nunziature), avvertì che il terreno
era scivoloso e scelse di agire per linee interne, facendo trapelare poco
o nulla e tenendo sempre saldamente sotto il suo personale controllo
tutta l’operazione, anche se ciò lo
costrinse a ritmi di lavoro massacranti.
Ma il suo progetto fu sempre
chiarissimo: siccome il sistema di
potere vaticano si presentava «disordinato, vario, arbitrario», tale da
giustificare «critiche poco decorose» per la Santa Sede (sono parole
Era forte in lui la consapevolezza
sue), bisognava ripensare
le vecchie Congregazioni
che la Chiesa dovesse dotarsi
(Pio X avrebbe voluto ridi un’organizzazione teologica
nominarle ministeri, ma
non ci riuscì), eliminangiuridica e disciplinare
do quelle rese inutili dalpiù adeguata ai tempi
la fine del potere temporale e ristrutturando le
altre. Occorreva poi inuna nostalgia che alimentava impro- tervenire sul sistema delle nunziature
babili speranze di ritorno all’antico all’estero, aggiungendo alle tradizio— fu posto davanti al problema prio- nali competenze diplomatiche, funritario di ripensare la governance, zioni di raccordo fra centro e perifecome si dovrebbe dire oggi in lin- ria ecclesiastici, di controllo dell’uno
guaggio aggiornato, della Chiesa. sull’altra. Era infine necessario razioDovette cioè, parlando più alla buo- nalizzare personale, attribuzioni, rena, porre mano alla riforma della tribuzioni e tasse, riorientando il goCuria: una strada che per nessun Pa- verno pontificio alla sua esclusiva
pa, né prima né dopo, è mai stata natura spirituale (la salus animauna comoda discesa.
rum), senza perdere però di vista la
Pio X ne era perfettamente consa- base giuridica che fonda la Chiesa.
Nella mens del Papa la Chiesa, anpevole, come confidò in conclave,
nel vano tentativo di dirottare altro- che se finalmente alleggerita dalla
ve l’elezione, all’arcivescovo di Mila- zavorra dello Stato pontificio, rimano cardinale Ferrari, il suo più con- neva un’entità saldamente ancorata
vinto sostenitore: «Ma io avrò i pri- al diritto, alla certezza della norma.
mi nemici fra i più vicini». E infatti Mentre impostava la riforma del sile opposizioni vennero subito allo stema di governo, il Papa avviò
scoperto, anche su cose minori: quindi la trasformazione del vecchio
quando semplificò il barocco ceri- diritto canonico in un moderno comoniale che accompagnava gli spo- dice di leggi, prendendo esempio da
stamenti del Pontefice, a cominciare quanto avevano fatto gli Stati modal bacio della pantofola e dalla derni postnapoleonici. Da questo diproibizione degli applausi che acco- segno complessivo nacquero tanto la
glievano ogni sua entrata in San Pie- riforma della Curia, promossa il 29
di GIANPAOLO ROMANATO
io X (1903-1914), di cui si
è appena celebrato il centenario della morte e il
sessantesimo anniversario
della canonizzazione, proveniva da una modesta famiglia di
campagna, dalla periferia della Chiesa, da esperienze esclusivamente pastorali, vissute lontano da Roma,
dalla politica, dalla diplomazia. Fu
eletto dopo un evento traumatico —
il veto dell’imperatore d’Austria che
sbarrò la strada al cardinale Rampolla (fu l’ultimo veto della storia) —
e il suo pontificato chiuse definitivamente la secolare stagione del temporalismo ecclesiastico. Una svolta
radicale, che cambiò il volto del cattolicesimo.
Sconosciuto all’ambiente romano
e insofferente dei formalismi che caratterizzavano la corte papale —
quando ricevette la tiara, lo Stato
pontificio, scomparso trentatré anni
prima, era un ricordo ancora vivo,
P
giugno 1908 con la costituzione Sapienti consilio, quanto il varo del moderno Codex iuris canonici, che andrà
in porto nel 1917. In questo modo
prese forma la Chiesa novecentesca,
che divenne una sorta di “Stato delle
anime” funzionante in ogni diocesi,
in ogni continente e in ogni circostanza nel medesimo modo. Senza
toccare i fondamenti teologico-dottrinali, era la prima vera riforma del
cattolicesimo pensata dopo il concilio tridentino. Una riforma che archiviava definitivamente il sistema
delle Chiese di Stato d’antico regime
e sanzionava, anche sul piano disciplinare e organizzativo, il primato di
Roma su quelle che poi si sarebbero
chiamate le Chiese locali. Nei successivi decenni ci saranno ulteriori
cambiamenti, particolarmente dopo
il concilio Vaticano II, ma nella sostanza la Chiesa che è giunta fino a
noi è figlia di queste iniziative di Pio
X, che furono seguite da ben più dei
brontolii cui accennò quasi con nonchalance il cardinale Tisserant.
Un progetto riformatore forte, insomma, quello di Pio X . Ma da dove
veniva? Da quali esperienze? Parroco in piccoli paesi del Veneto e da
ultimo patriarca di Venezia (una sede prestigiosa ma territorialmente
piccolissima), il Papa aveva imparato
a governare una diocesi a Mantova,
dove fu vescovo per un decennio
(dal 1885 al 1894), prima del trasferimento a Venezia. Su questo periodo,
decisivo non soltanto per la sua personale biografia, possediamo finalmente uno studio al quale si può fare riferimento con sicurezza: Giuseppe Sarto vescovo di Mantova, a cura
di Costantino Cipolla (Milano,
Franco Angeli, 2014, pagine 848, euro 50). Introdotto da un denso intervento del curatore, storico ben noto
per numerosi e ampi studi sul periodo risorgimentale (un centinaio di
Una giovane e un’anziana a Torino
Raffaello, «La Madonna del Divino Amore» (1516-1518)
Il tema è quello
dell’amore materno: una
giovane e un’anziana, la
Madonna e santa
Elisabetta, guardano due
bambini interagire, Gesù
e san Giovannino. La
figura di san Giuseppe è
posta sulla sfondo,
distante. Si tratta di uno
dei capolavori di
Raffaello La Madonna del
Divino Amore (1516-1518)
esposto per la prima
volta a Torino, alla
Pinacoteca Agnelli, dal 17
marzo al 28 giugno. Il
quadro era stato
restaurato nel 2012 per
poi essere esposto al
Prado e al Louvre. Nella
Vita di Raffaello Vasari
definisce La Madonna del
Divino Amore una delle
opere più belle del
periodo romano del
maestro.
Familiari di Giuseppe Sarto quando era vescovo di Mantova (1884-1893, particolare)
pagine che affrontano con sicurezza
tutti i problemi storico-biografici suscitati dall’operato del vescovo nella
città di Virgilio) e concluso da una
sintesi storiografica non meno precisa dovuta alla penna di Alessandro
Fabbri, il libro si compone di una
ventina di saggi, che spaziano su
ogni aspetto di un governo episcopale che fu, di fatto, la prova generale del pontificato.
Quando vi arrivò Sarto, Mantova
viveva uno dei periodi più bui della
sua storia. Le guerre risorgimentali,
che ne avevano flagellato il territorio
più che in qualsiasi altra zona d’Italia, avevano lasciato cicatrici profonde tanto nel tessuto politico-sociale
quanto nell’ambito religioso. Il seminario era stato chiuso e riaperto almeno cinque volte, decine di sacerdoti avevano lasciato l’abito, il livello del clero, diviso tra modernizzanti
e intransigenti, era scaduto a livelli
infimi, addirittura tre parrocchie avevano prefigurato la trasformazione
in senso liberale della Chiesa, caldeggiata da tutte le alte sfere governative italiane, eleggendosi democraticamente i parroci, tra plausi e consensi che erano rimbalzati fin nelle
aule del Parlamento britannico. La
diocesi era davvero nel caos, in un
ambiente indifferente, quando non
espressamente ostile, attraversato
dalle prime avvisaglie delle lotte sociali che imperverseranno nei decenni seguenti in tutta la Val Padana (lo
sciopero detto de «la boje» avvenne
poco prima dell’arrivo del vescovo)
e impoverito dall’esodo migratorio
verso le Americhe, che stava diventando un’autentica emorragia sociale. Incapaci di far fronte alla situazione, i due predecessori di Sarto
erano quasi fuggiti (uno dei due finirà i suoi giorni affetto da seri disturbi mentali).
Il futuro Pontefice era abituato al-
vesse dotarsi di un’organizzazione
teologica, giuridica e disciplinare più
adeguata ai tempi. Mantova insomma formò entrambi gli aspetti della
personalità di Giuseppe Sarto: l’intransigente difensore della dottrina
tradizionale e il duttile, audace riformatore destinato a riplasmare il volto della Chiesa cattolica
sul modello rappresentato
dagli Stati moderni postÈ a Mantova che Giuseppe Sarto
rivoluzionari.
Di questo processo di
vide per la prima volta
maturazione gli studi
gli effetti traumatici della modernità
compresi in questo libro
forniscono molte conferDi quella che oggi viene definita
me, tanto in riferimento
secolarizzazione dei costumi
all’istituzione ecclesiastica
— fece due visite pastorali
e il sinodo, riportando il
la compatta società cristiana del Ve- clero alla necessaria disciplina, riorneto, ancora sostanzialmente rurale e ganizzò il seminario e ordinò sacerpremoderna, dove era vissuto fino doti che daranno, alcuni diventando
ad allora. È a Mantova che vide poi vescovi, ottime prove di sé, riachiaramente, per la prima volta, gli prì le porte ai regolari — quanto nei
effetti traumatici della modernità, di rapporti con il mondo esterno. In
quella che oggi chiamiamo secolariz- questo caso si tenne fuori dalla polizazione nel campo dei costumi e tica locale, pur senza estraniarsi
delle credenze tradizionali. Nella cit- dall’ambiente cittadino e conquistantà lombarda, vicina geograficamente dosi gradatamente la stima delle auma lontana culturalmente dall’am- torità, per impedire che la politica
biente veneto, la sua visione negati- continuasse a inquinare la diocesi. Il
va della civiltà moderna trovò motivi decennio mantovano gli permise inper rafforzarsi, come prova la lettera somma di maturare convinzioni e
pastorale per la quaresima del 1887, progetti che poi saranno alla base
che anticipa nei concetti e anche in del suo operato quando diventerà
molte espressioni l’enciclica Pascendi Pontefice. La successiva esperienza
contro il modernismo che firmerà da come patriarca di Venezia ne rafforPontefice nel 1907. Ma crebbe anche zò i propositi. Ma questi avevano
la consapevolezza che la Chiesa do- preso forma a Mantova.
Daniel Defoe e le origini del romanzo poliziesco
Castigo e delitto
di GABRIELE NICOLÒ
Era stato egli stesso in prigione per debiti e per due volte sottoposto alla pubblica gogna. Un’esperienza forte, quasi
traumatica ma che risultò poi essere per
lo scrittore britannico Daniel Defoe
(1660-1731) quanto mai produttiva sul
piano letterario, quando decise di cimentarsi in racconti scritti con il dichiarato
proposito di ricostruire nel dettaglio il
panorama della malavita nella Londra del
XVIII secolo. Ora cinque racconti — due
inediti e tre ormai introvabili in Italia —
vergati tra il 1724 e il 1729, sono raccolti
nel libro I peggiori criminali del nostro
tempo (Firenze, Edizioni Clichy, 2015, pagine 223, euro 10).
Si tratta di un appuntamento da non
mancare anzitutto per i lettori appassionati del romanzo poliziesco. Perché a ben
guardare, al di là delle intenzioni e
preoccupazioni etiche dell’autore di denunciare i torbidi aspetti di un mondo
disonesto e pericoloso, l’autore di
Robinson Crusoe e Moll Flanders mostra di
possedere le qualità per tenere a battesimo un genere che avrebbe conosciuto il
suo apogeo grazie a Conan Doyle e alla
sua immarcescibile creazione, Sherlock
Holmes.
Infatti, attraverso un ritmo narrativo
incalzante, sul filo della suspence, e anche con qualche colpo di scena, lo scrittore sa guidare il lettore tra i meandri
della “straordinaria vita” di John Sheppard: un’esistenza caratterizzata da molteplici rapine e da altrettante fughe. Non
meno emozionante poi è il resoconto delle gesta inique di Jonathan Wild il quale,
a differenza del “collega” Sheppard che
non si macchiò mai di delitti, arrivò anche a uccidere.
Puritano convinto, Defoe si
dice, senza fumosi giri di
parole, sconcertato da quante “cose turpi” ci siano su
questa terra. In una delle
introduzioni alla raccolta
dei numeri della sua rivista
«The Review», così scriveva: «Conosco troppo il
mondo per aspettarmi qualcosa di buono; ho imparato
a stimarlo poco e a preoccuparmi del male». Per poi
aggiungere: «Ho imparato
più filosofia dalla scuola
dell’afflizione che dall’accademia e più religione che
dal pulpito». E nell’arco di
un anno e mezzo Defoe
sperimentò “la differenza” tra l’udienza
di un re e i sotterranei della prigione di
Newgate. Ecco allora che la vicenda del
criminale Wild, agli occhi dello scrittore,
non si limita a una circoscritta, per quanto tumultuosa, «caccia al malvivente»: si
estende fino a rappresentare un problema
sociale e persino politico, che rischia di
minare le fondamenta stesse del tessuto
civile britannico. Come poi rileva nell’introduzione Fabrizio Bagatti, che ha curato la traduzione e l’edizione del libro,
Defoe introduce un nuovo modo di trattare simili tematiche. All’epoca esistevano
già i resoconti di crimini e delitti, ma
troppo spesso risultavano inquinati da
sciatte approssimazioni nonché «gonfiati» da facili sensazionalismi. Lo scrittore
invece, che apostrofava tali resoconti qua-
li «luride e volgari ballate», dà prova di
un’accuratezza certosina: si rese subito
conto, del resto, che la realtà fattuale degli avvenimenti era ancora più ricca di
ogni invenzione. E quindi traghettò la
prosa inglese dalla «cronica» di stampo
medievale ai lidi del romanzo moderno.
Un’operazione di ampio respiro condotta
sempre alla luce di un impeccabile principio etico: educare la pubblica opinione
di fronte a eventi che fossero specchio
del male e delle nefandezze di cui è capace l’uomo. E l’ammaestramento morale
che Defoe cerca di trasmettere ai contemporanei non è mai untuoso.
A fare da baluardo contro ogni lesivo
scadimento retorico si erge infatti un tormentato sentimento di giustizia che in lui
sempre urgeva.
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
pagina 5
«Il Regno» di Emanuele Carrère
Il coraggio di parlare
della risurrezione
di LUCETTA SCARAFFIA
i è successo più volte,
leggendo i vangeli al di
fuori delle cadenze liturgiche, di rimanerne
colpita per la straordinaria concretezza di luoghi e personaggi, per la scrittura sempre diversa ma
anche sempre accattivante, che ti fa entrare nella narrazione, che ti prende, anche se ovviamente conosci già la trama
e gli episodi. I personaggi non sono
mai descritti, ma solo raccontati nel loro agire, e questo lascia campo libero
M
all’immaginazione, spesso influenzata
dalla ricca iconografia elaborata sul tema. Certo tutti avremmo voglia di sapere quale è la vera faccia di Zaccheo, la
sua espressione quando scende dall’al-
Jean Guitton, «Dieu pensant les possibles» (1969)
bero a Gerico per correre a casa per possibili fonti e delle persone che certo
prepararsi a ricevere Gesù, e ancora di conosceva bene, è particolarmente conpiù com’erano il volto di Paolo e quello vincente. Alla fine Luca ci risulta veramente simpatico, mentre un po’ più
di Giovanni.
Molti scrittori hanno cercato di ri- ambivalenti rimaniamo nei confronti di
spondere a questa domanda, e vi riesce Paolo, amato e odiato di egual misura,
magistralmente, oggi, Emanuele Carrère e di altri apostoli come Giovanni.
Ma la cosa più importante per il letnel suo ultimo libro, Il Regno (Milano,
Adelphi, 2015, pagine 428, euro 22). tore è che, leggendo Carrère, il Vangelo
Anche perché sa porsi in una posizione ritorna vivo, parlante, tocca profondainterstiziale: fra il credente e il non cre- mente. Le parole di Gesù, la sua vicendente, fra lo studioso di storia e di filo- da, tornano a suscitare scandalo anche
ai nostri occhi, prova che anche i crelogia e il romanziere.
In un bilancio finale direi che prevale denti, nel corso del tempo, su molte
il romanziere: il suo Paolo coraggioso e collerico,
generoso ma anche poliIl cristianesimo ha bisogno
ticamente abile, sembra
di averlo incontrato. Sadi opere come questa
rà difficile d’ora in poi,
Opere che pongono nuove domande
per chi ha letto il libro,
non immaginarlo così.
e che lo tolgono dallo scaffale
Anche perché ce lo fa
delle idee antiche e polverose
vedere attraverso gli occhi del suo stretto collaboratore, il suo storico,
Luca. Il «caro medico» (Colossesi, 4, 14) questioni si sono appiattiti. Ad esempio
l’unico degli evangelisti dotato di una sul tema ricorrente della risurrezione:
cultura di base che gli permette di usare l’autore si domanda di continuo chi ci
il greco con eleganza, che sa consultare crede, si pone il problema se una persoaltre fonti, come Flavio Giuseppe, è na sensata può crederci, allora e oggi.
l’alter ego del narratore, come egli stes- Ma noi sappiamo bene come oggi della
risurrezione si parli pochissimo, anche
so confessa senza problemi.
Carrère si immagina un Luca sostan- nelle chiese, preferendo insistere sugli
zialmente fedele a Paolo, ma anche sin- aspetti morali, sul fatto che quello che
ceramente curioso di conoscere qualcosa conta è solo essere buoni. Invece il prodi Gesù vero, del Gesù che tanti suoi blema della risurrezione attraversa tutto
contemporanei hanno conosciuto e il libro, fin dalle prime pagine.
amato, e che Paolo non considera veraQuesto incandescente flusso narrativo
mente interessante.
viene confrontato spesso con i risultati
Per Paolo conta solo il grande assun- della ricerca storico-filologica, talvolta
to teologico: Gesù è figlio di Dio, muo- accettata, altre volte audacemente scare per noi, risuscita. Consapevole che valcata dall’inventiva, deviazione pronquesta vicenda opera un totale rovescia- tamente denunciata al lettore.
mento dei valori del mondo. Luca inveSotteso a tutto il libro c’è il problema
ce è curioso, vuol capire bene Gesù, co- della fede: l’autore stesso ci pone contime viveva, con chi parlava, cosa diceva, nuamente la questione se crede o no.
e vuole raccontare tutto questo con una Nonostante alcune affermazioni di cascrittura accattivante, che piaccia anche rattere agnostico, e l’amara ironia con
a lettori colti e non ebrei.
cui racconta quello che chiama il suo
In questo atteggiamento si identifica «periodo cristiano» (non rendendosi
l’autore, che crede di rinvenire nei testi conto, però, che la sua conversione
di Luca degli escamotage narrativi in sembrava una caricatura del cristiano)
cui riconosce il collega, lo scrittore che ci troviamo più di una volta davanti a
vuole abbellire la sua storia senza tra- pagine ben diverse.
dirne il significato. Per questo la sua riAd esempio quando racconta con
costruzione dei viaggi di Luca, delle sue passione e ammirazione tutte quelle af-
In mostra a Roma
Cavour e l’Iran
Il museo Giuseppe Tucci d’arte orientale a
Palazzo Brancaccio dedica tre delle sue sale alla
mostra «Iran, arte e cultura» (aperta fino al 19
aprile) che fa dialogare manufatti antichi di
proprietà del museo con l’espressione artistica di
artigiani che ancora oggi mantengono viva la
cultura tradizionale del Paese, ispirati dalle
produzioni delle ceramiche grigie dell’Altopiano e
dalle grandi fabbriche di Nishapur nel Khorasan
e di Samarcanda in Transoxiana, di Rayy e di
rinvenute nel Lorestan. Ma è dopo l’avvento
dell’islam che la miniatura, influenzata dalla
tradizione bizantina, diventa un vero e proprio
genere artistico raggiungendo la sua più alta
espressione tra il Quattrocento e il Cinquecento,
con gli importanti centri di produzione di Tabriz
e Shiraz. Venti immagini tratte dall’album
«Ricordo del viaggio in Persia della missione
italiana 1862» conservato alla Biblioteca Marciana
di Venezia documentano le antiche relazioni
Maryam Labbani Motlagh, «Senza titolo» (2010)
Kashan. Nell’allestimento — a cura di Paola
D’Amore, Lorenzo Costantini e Ghorban Ali
Pourmarjan — ceramiche, calligrafie, miniature e
foto raccontano il passato e il presente
dell’Altopiano iranico. Praticata anche nell’impero
partico e sasanide, l’arte della miniatura risale a
diecimila anni fa con la scoperta di opere
tra il Regno di Sardegna prima e il Regno
d’Italia poi. Al momento, questi scatti sono
la più precoce documentazione nota sul mondo
Qajar. La missione fu progettata sin dal 1860 da
Camillo Benso conte di Cavour ma prese
l’avvio solamente nell’aprile di due anni dopo.
(rossella fabiani)
Torna «The Story of Giovanni
Emanuele Carrère
fermazioni di Gesù che fanno parte delle Beatitudini, o possono esservi assimilate, e quindi si presentano come una
raffigurazione del Regno come di un
luogo in cui si assiste al rovesciamento
di tutti i valori mondani. E il libro finisce con un’esperienza concreta di questo rovesciamento, vissuta da Carrère in
un ritiro diretto da Jean Vanier. Così
che conclude il racconto di questa esperienza con parole luminose: «Devo ammettere che quel giorno, per un attimo,
ho capito che cos’è il Regno».
Si era già reso conto, del resto, che il
proselitismo cristiano non è solo fatto a
parole, ma opera attraverso comportamenti radicalmente nuovi, come perdonare e amare i nemici, preferire essere
deboli anziché forti, obbedire piuttosto
che comandare. Allora le persone intorno cominciano a capire «quanta gioia,
quanta forza, quanta intensità guadagna
la vita da quella condotta in apparenza
insensata. E allora non ha più che un
desiderio, fare come loro».
Il cristianesimo ha bisogno di libri
come questo: che pongono nuove do-
La cosa più importante per il lettore
è che leggendo il libro dello scrittore francese
il Vangelo ritorna vivo e parlante
Le parole di Gesù tornano
a suscitare scandalo anche ai nostri occhi
mande, che scuotono, che obbligano a
rileggere quello che è avvenuto, a ripensare tutto. Soprattutto che tolgono il
cristianesimo dallo scaffale delle idee
antiche e polverose, dei sistemi in cui ti
sembra di sapere già tutto e che tutto
sia stato detto, e costringono il lettore a
ripensarlo, a scegliere di nuovo se siamo cristiani o no.
XXIII»
di Joe Sinnott
Dai Fantastici Quattro a Papa Roncalli
di SILVIA GUIDI
Anche i fumetti hanno bisogno di restauri: dopo
oltre mezzo secolo torna in commercio «The
Story of Pope John XXIII» di Joe Sinnott, uno
dei migliori inchiostratori della Marvel Comics.
Il suo stile deciso e allo stesso tempo semplice e
curato ha decretato il successo di serie celebri
come «The Avengers», «The Defenders» e «The
Mighty Thor». Le tavole dedicate alla vita di
Angelo Roncalli, uscite negli Stati Uniti per la
prima volta nel 1962, l’anno del concilio Vaticano II, oggi raccolte in un unico volume e ritoccate nel colore, sono state ripubblicate su carta
pregiata, in grande formato e con copertina cartonata grazie a una campagna di finanziamento
diffusa in rete. In tanti hanno risposto all’appello di Sinnott, molto amato e conosciuto da tutti
gli appassionati dei comics Marvel.
La notorietà di Sinnott è dovuta soprattutto
alla lunga serie di numeri che ha inchiostrato
per la prima serie di «Fantastic Four» dal 1965
al 1981, mentre la sua biografia dei Beatles a fumetti, uscita nel 1964, è tuttora un cimelio molto
ambito dai collezionisti. Il compito di lavorare
alle tavole dedicate ad Angelo Roncalli gli venne affidato da «Treasure Chest of Fun and
Fact», una rivista d’orientamento cattolico pubblicata dall’editore George A. Pflaum e distribuita nelle parrocchie americane tra il 1946 e il
1972; sulle sue pagine lavorarono artisti come
Reed Candrall, Graham Ingels e Joe Orlando e
Jim Mooney. Sinnott fu così felice e onorato di
aver ricevuto quest’incarico che rinunciò a lavorare a qualche numero di «Fantastic Four» per
dedicarsi, durante il giorno, alla vita a fumetti di
Roncalli, mentre di notte ripassava a inchiostro
le storie di Thor. Dopo la canonizzazione del 27
aprile scorso, l’idea di raccogliere, restaurare —
con l’aiuto dell’illustratore Leonardo Ito — e ripubblicare «The Story of Pope John XXIII».
Una delle tavole di «The Story of Pope John
XXIII»
del 1962
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
Parla il cardinale arcivescovo di Montevideo Sturla Berhouet
Così
la gente ci ascolta
MONTEVIDEO, 16. La gente ascolta
sempre la Chiesa quando non parla
da una cattedra ma si pone come
un soggetto fra i tanti della società
plurale. È una cosa che deve imparare a fare sempre più spesso. In
una recente intervista al settimanale
spagnolo «Vida Nueva», l’arcivescovo di Montevideo, Daniel Fernando
Sturla Berhouet, salesiano, creato
cardinale nel concistoro del 14 febbraio scorso, parla della realtà che
più conosce, quella dell’Uruguay,
reduce da «cento anni di duro laicismo». In Uruguay i processi di secolarizzazione, a differenza di altri
Paesi americani dove hanno riguar-
Compie
duecento anni
la cattedrale
del Guatemala
CITTÀ DEL GUATEMALA, 16. La
Chiesa del Guatemala è in festa
per il bicentenario della cattedrale
metropolitana. Proprio in questi
giorni, domenica 15 e lunedì 16,
viene
ricordata
solennemente
l’inaugurazione e la benedizione
del primo tempio arcidiocesano
con lo slogan «La cattedrale: 200
anni celebrando la Pasqua del Signore». Per sottolineare in maniera più marcata l’avvenimento è
stato anche indetto un anno giubilare, iniziato il 9 dicembre scorso, che si concluderà nel prossimo
mese di novembre in occasione
della chiusura del congresso eucaristico arcidiocesano. Per la Chiesa
locale si tratta di un’occasione
speciale, viene sottolineato da parte del comitato organizzatore,
«per approfondire le proprie radici, proseguire nel processo di rinnovamento e assumere nuovo
slancio evangelizzatore e missionario». Significativamente l’anno
giubilare della cattedrale coincide
anche con la designazione di Città
del Guatemala, quale capitale della cultura ispanoamericana. Coincidenza che offre l’opportunità di
mettere in risalto il valore artistico
e storico della cattedrale e di conseguenza il ruolo svolto dalla
Chiesa anche nel campo della cultura. La costruzione del tempio
iniziò nel 1782 e durò per più di
tre decenni. L’apertura si deve
all’arcivescovo Ramón Casaus y
Torres.
dato soprattutto l’élite intellettuale
ed economica, hanno raggiunto la
popolazione in modo forte e profondo. In tale contesto la Chiesa,
che non ha alcun aiuto statale, deve
far udire il proprio pensiero, «consapevole di essere voce cristiana in
una società plurale».
Povertà e libertà sono le parolechiave per capire la Chiesa rappresentata dall’arcivescovo Sturla Berhouet e per comprendere anche la
scelta del Papa di farlo cardinale.
Forse, spiega nell’intervista, «un riconoscimento alla Chiesa uruguaiana» che Francesco «conosce e apprezza per la vicinanza tra Argenti-
na e Uruguay». Ricorda la modestia, l’austerità dei sacerdoti, «ai
quali a volte non bastano i soldi per
mantenere né la parrocchia né se
stessi».
L’Uruguay, col tempo, è passato
da un laicismo combattivo a una
laicità positiva — per usare un termine caro a Benedetto XVI — grazie
anche ai due viaggi di Giovanni
Paolo II, nel 1987 e nel 1988, in un
momento delicato per la raggiunta
democrazia.
La Chiesa ha dato il suo prezioso
contributo, soprattutto nel campo
educativo. Il cardinale Sturla Berhouet si sofferma sul progetto «Liceo
Jubilar», a favore dei ragazzi più bisognosi, adolescenti cresciuti in contesti critici. Un successo talmente
evidente che «la nuova ministra
dell’Istruzione, che non è cattolica,
ha detto che le piacerebbe impiantare questo modello, soprattutto pensando ai più sfavoriti».
La voce dei vescovi è sempre più
ascoltata, forse come non mai, nel
Paese: «Un’evoluzione con la quale
l’effetto-Francesco ha molto a che
vedere», dice il cardinale.
C’è poi il carisma salesiano. Sturla Berhouet ne parla approfonditamente in un’altra intervista, pubblicata nel numero di marzo de «Il
bollettino salesiano». Don Bosco
mandò i primi salesiani in Uruguay
nel 1876 e «da subito il carisma salesiano e l’Uruguay si capirono perfettamente», dando e ricevendo
molte vocazioni, tanti e validi missionari. Oggi la congregazione, anche se è diminuito il numero dei
confratelli, «continua a lavorare in
modo rimarchevole nel campo
dell’educazione, con opere scolastiche, parrocchiali e sociali considerate “di punta”». Oltre al «Liceo Jubilar» c’è la «Fundación para la
educación católica» che cerca di riunire i centri educativi di quartiere, le
scuole parrocchiali e le varie scuole
in cui è necessario avere una chiara
identità cattolica e affinché siano al
servizio dei ragazzi più poveri. «È
un modo — conclude il porporato —
per evitare la chiusura delle scuole
cattoliche, che si fa impellente a
causa della diminuzione del numero
dei religiosi».
Su «Our Sunday Visitor» le missioni di fra Junípero
L’apostolo della California
SACRAMENTO, 16. La prima missione è datata 1769 ed è intitolata a
San Diego de Alcalá. L’ultima, del
1782, ha preso il nome di San Buenaventura. In tutto, nel breve arco
di circa tredici anni, la fondazione
di ben nove insediamenti che
avrebbero spalancato le porte al
messaggio cristiano in quella porzione di Nuova Spagna che oggi
prende il nome di California. Artefice di tutto ciò è Junípero Serra,
missionario francescano di origine
spagnola, difensore ed evangelizzatore dei popoli indigeni, al quale il
settimanale statunitense «Our Sunday Visitor» ha recentemente dedicato un ampio servizio. L’occasione
è stata l’annuncio, fatto direttamente dal Pontefice, della canonizzazione di Junípero Serra, che avverrà a Washington nel corso della
visita che Papa Francesco compirà
nel settembre prossimo negli Stati
Uniti.
Nell’articolo, a firma di Jim Graves, oltre a richiamare i principali
dati biografici e l’iter del processo
di canonizzazione dell’apostolo
della California, viene ricordata la
straordinaria
importanza
della
fondazione delle nove missioni,
tuttora esistenti, di cui vengono
forniti gli indirizzi dei siti nella
Messaggio dei vescovi del Nicaragua
Il primo peccato è l’indifferenza
MANAGUA, 16. La prima piaga da
combattere è l’indifferenza di fronte
alle situazioni di ingiustizia. È
quanto affermano i vescovi del Nicaragua nel messaggio per la Quaresima, che è anche l’occasione per
soffermarsi sulle grandi emergenze
nazionali, dalla violenza politica ai
gravi squilibri sociali. «È preoccupante l’indifferenza che mostra gran
parte della nostra società dinanzi ai
gravi problemi sociali e politici del
Paese», scrivono i presuli, per i quali «si è generalizzato un modo di fare politica, secondo cui sembra conti poco la vicinanza al popolo, l’interesse a risolvere i problemi reali e
a prendere in considerazione le loro
aspettative e le loro opinioni».
I vescovi del Nicaragua — nel
messaggio intitolato «La fede opera
attraverso l’amore», che trae spunto
da un passo della lettera di san Paolo ai Galati (5,6) — definiscono inoltre come «grave il fatto che la pratica politica nel Paese sia dominata
dalla dimenticanza del bene comune, dall’ambizione, dall’autoritarismo, dalla illegalità e soprattutto
dalla corruzione. Si tratta di un peccato grave».
Allo stesso modo, i presuli deplorano soprattutto l’insensibilità di chi
governa e della società in generale
dinanzi alla protesta e alle sofferenze degli anziani, dei lavoratori, delle
donne, dei giovani e dei contadini:
«Ci stiamo abituando ad atti di repressione e di violenza criminale
con tonalità chiare di terrorismo,
che hanno messo in lutto e nell’angoscia molte famiglie e comunità
nelle zone rurali».
Il messaggio dedica poi largo
spazio anche ai grandi progetti nazionali che, dicono i vescovi, devono essere messi al servizio della persona umana. In particolare si fa riferimento al progetto di canale transoceanico, che intende collegare il
Pacifico e l’Atlantico, sul quale i
presuli già nelle scorse settimane
avevano espresso una certa preoccupazione sul fronte della sostenibilità
ambientale e della tutela dei diritti
delle popolazioni rurali interessate
alle realizzazione dell’opera.
Alla luce di tutto ciò, dai presuli
del Paese centroamericano viene rinnovato l’invito a vivere il tempo di
Quaresima come un cammino di liberazione per riuscire, insieme, a superare la tentazione dell’indifferenza
e dell’egoismo, dedicandosi alla preghiera, personale e comunitaria, per
impegnarsi a vivere il Vangelo con
la forza della fede.
rete internet. Serra visse nel territorio dell’odierna California soltanto
per un quindicennio, ma ha svolto
un ruolo chiave nella diffusione
della Chiesa nella regione. «Il beato Junípero è uno dei miei eroi spi-
rituali e una figura gigantesca nella
evangelizzazione del nuovo mondo» ha dichiarato al settimanale
«Our Sunday Visitor», l’arcivescovo di Los Angeles, monsignor José
Horacio Gómez.
Premiata Mary Ann Walsh
Una vita per la stampa cattolica
negli Stati Uniti
ALBANY, 16. Madre Mary Ann
Walsh, sino all’estate scorsa direttore delle relazioni con i media dell’episcopato statunitense,
è stata insignita dalla Catholic
Press Association's (Cpa) del
premio intitolato a san Francesco di Sales. «La sua vita al servizio della stampa cattolica, della Conferenza episcopale statunitense e della Chiesa è eccezionale e un modello per tutti», ha
detto Rob DeFrancesco, presidente della Cpa, nell’illustrare le
Quaresima
per le vittime
dell’odio
anticristiano
WASHINGTON, 16. Tutti,
qualunque sia il proprio
credo religioso, sono chiamati a pregare e a operare
attivamente in favore delle
vittime della persecuzione
religiosa nel mondo, in particolare per coloro che soffrono nelle regioni del Medio oriente. È questo l’appello lanciato dai presuli
statunitensi in occasione
della quaresima.
In una dichiarazione diffusa
dall’Administrative
Committee, organismo guidato dal presidente dell’episcopato, l’arcivescovo di Louisville, Joseph Edward Kurtz, si invita infatti a utilizzare proprio il tempo forte
della quaresima «per unirsi
alla sofferenza» di molti fratelli e sorelle sparsi in tante
regioni del pianeta e a «pregare per loro e con loro in
modo speciale», nella speranza di poter «un giorno
condividere la gioia di una
pace duratura».
In unione con le Chiese
locali e con la Santa Sede,
dichiarano i vescovi, «chiediamo alla nostra nazione
di lavorare con la comunità
internazionale per intervenire a tutela dei diritti delle
minoranze religiose e civili,
nel quadro del diritto internazionale e del diritto umanitario».
motivazioni dell’importante riconoscimento.
Appartenente alla Northeast
Community of the Sisters of
Mercy of the Americas, madre
Walsh ha dedicato la vita al
giornalismo cattolico, iniziando
a scrivere per «The Evangelist»,
il giornale diocesano della natia
Albany, capitale dello Stato di
New York, per poi divenire corrispondente per il Catholic
News Service a Roma e a
Washington. È stata responsabile delle comunicazioni in occasione della Giornata mondiale
della gioventù svoltasi a Denver
nel 1993 per iniziare successivamente, per conto dell’episcopato, il suo lavoro nelle relazioni
con i media A consegnare il premio, il vescovo di Salt Lake City, John Charles Wester, direttore della commissione episcopale
per le comunicazioni.
L’OSSERVATORE ROMANO
lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
pagina 7
Messa a Santa Marta
Siamo noi il «sogno di Dio» che, da vero
innamorato, vuole «cambiare la nostra vita». Per amore appunto. A noi chiede solo
di avere la fede per lasciarlo fare. E così
«possiamo solo piangere di gioia» davanti
a un Dio che ci «ri-crea», ha detto Papa
Francesco nella messa celebrata lunedì 16
marzo, nella cappella della Casa Santa
Marta.
Nella prima lettura, tratta da Isaia (65,
17-21) «il Signore ci dice che crea nuovi
cieli e nuove terre, cioè “ri-crea” le cose»
ha fatto notare Francesco, ricordando an-
Come si cambia
tanto entusiasmo: parla di gioia e dice una
parola: “Godrò del mio popolo”». In sostanza, «il Signore pensa a quello che farà, pensa che lui, lui stesso sarà nella gioia
con il suo popolo». Così «è come se fosse
un “sogno” del Signore, come se il Signore “sognasse” di noi: come sarà bello
quando ci troveremo tutti insieme, quando
sato: il Signore mi sogna? Mi pensa ? Io
sono nella mente, nel cuore del Signore?
Il Signore è capace di cambiarmi la vita?». Isaia, ha aggiunto Francesco, ci dice
anche che il Signore «fa tanti piani: fabbricheremo case, pianteremo vigne, mangeremo insieme: tutti quei progetti tipici
di un innamorato».
Del resto, «il Signore si manifesta innamorato del suo popolo» arrivando persino
a dire: «Ma io non ti
ho scelto perché tu sei
il più forte, più grande, più potente; ma ti
ho scelto perché tu sei
il più piccolo di tutti». Di più, «si potrebbe dire: il più miserabile di tutti. Ma io
ti ho scelto così, e
questo è l’amore».
«Da lì — ha affermato il Papa — questa
continua voglia del Signore, questo suo desiderio di cambiare la
nostra vita. E noi possiamo dire, se ascoltiamo questo invito del
Studio Azzurro, «In principio (e poi)»
Signore: “Hai mutato
(2013, bozzetto della videoinstallazione sul tema della creazione per il padiglione della Santa Sede alla cinquantacinquesima Biennale di Venezia)
il mio lamento in danza”», ossia le parole
che che «parecchie volte abbiamo parlato ci troveremo là o quando quella persona, «che abbiamo pregato» nel salmo 29. «Ti
esalterò, Signore, perché mi hai risollevadi queste “due creazioni” di Dio: la prima, quell’altra, quell’altra camminerà...».
Precisando ancora di più il suo ragiona- to» dice ancora il salmo, riconoscendo coquella che è stata fatta in sei giorni, e la
seconda, quando il Signore “rifà” il mon- mento, Francesco è ricorso a «una metafo- sì che il Signore «è capace di cambiarci,
do, rovinato dal peccato, in Gesù Cristo». ra che ci possa fare capire: è come se una per amore: è innamorato di noi».
«Credo che non ci sia alcun teologo che
E, ha puntualizzato, «abbiamo detto tante ragazza con il suo fidanzato o il ragazzo
volte che questa seconda è più meraviglio- con la fidanzata pensasse: quando saremo possa spiegare questo: non si può spiegasa della prima». Infatti, ha spiegato il Pa- insieme, quando ci sposeremo...». Ecco, re» ha rimarcato Francesco. Perché «su
pa, «la prima è già una creazione meravi- appunto, «il “sogno” di Dio: Dio pensa a questo si può soltanto riflettere, sentire e
piangere di gioia: il Signore ci può camgliosa; ma la seconda, in Cristo, è ancor ognuno di noi, ci vuole bene, sogna di
biare». A questo punto viene spontaneo
noi, sogna della gioia di cui godrà con
più meravigliosa».
chiedersi: che cosa devo fare? La risposta
Nella meditazione, tuttavia, Francesco noi». Ed è proprio «per questo il Signore è chiara: «Credere, credere che il Signore
ha scelto di soffermarsi «su un altro aspet- vuole “ri-crearci”, fare nuovo il nostro
to», a partire proprio dal passo di Isaia cuore, “ri-creare” il nostro cuore per fare
nel quale, ha spiegato, «il Signore parla di trionfare la gioia».
Tutto questo ha portato il Papa a sugquello che farà: un nuovo cielo, una nuova terra». E «troviamo che il Signore ha gerire qualche domanda: «Avete mai pen-
Il cardinale Tauran in Costa d’Avorio
Insieme contro l’intolleranza
«La Chiesa rispetta i credenti di tutte le religioni»: anzitutto «perché sono esseri umani
con i loro diritti fondamentali», e poi perché
essa «riconosce tutto ciò che c’è di vero e santo» in ognuna di loro. Lo ha assicurato il cardinale Jean-Louis Tauran alle guide religiose
della Costa d’Avorio incontrate stamane, lunedì 16 marzo, nella basilica di Yamoussoukro.
Il presidente del Pontificio Consiglio per il
dialogo interreligioso, che si trova nel Paese
africano dallo scorso 13 marzo, ha anzitutto ricordato la visita compiuta l’anno precedente
nel vicino Benin, dove aveva potuto «apprezzare la profondità dei valori umani» delle religioni tradizionali — così ben radicate anche in
Costa d’Avorio — le quali attraverso gli anziani che praticano il culto degli antenati hanno
il merito di trasmettere «il senso del sacro, la
fede in un Dio unico e buono, il gusto della
celebrazione, la considerazione per la vita morale e l’armonia nella società».
Tuttavia non mancano le sfide, ha osservato
il porporato, come testimonia «la storia recente del Paese» segnata da reciproca mancanza
di conoscenza, a volte fonte di incomprensioni e persino di scontro. Per questo, ha assicurato, «se tutti noi credenti in Dio desideriamo
servire la riconciliazione, la giustizia e la pace,
dobbiamo lavorare insieme per bandire ogni
forma di discriminazione, d’intolleranza e di
fondamentalismo». Infatti «l’antidoto più efficace contro ogni forma di violenza è l’educazione alla scoperta e all’accettazione delle differenze». Da qui l’invito a «continuare a stabilire legami di amicizia, di fiducia e di rispetto reciproco».
In precedenza, domenica 15 il cardinale aveva presieduto l’Eucaristia a Korhogo per celebrare i 110 anni dell’evangelizzazione del nord
del Paese. Durante il rito, nella cattedrale dedicata a San Giovanni Battista, sono state elevate particolari intenzioni per i missionari di
ieri e di oggi, per i catechisti, collaboratori diretti dei sacerdoti nell’annuncio, e per i primi
tra questi catechisti, i servi di Dio Louis
Houandete e sua moglie Valérie Amah.
Ai presenti il presidente del dicastero per il
dialogo ha recato «l’incoraggiamento e la benedizione di Papa Francesco. Con lui, auspico
che voi, pastori e fedeli, continuiate a rendere
ancora più attraente il messaggio del Vangelo
in Costa d’Avorio» ha detto. Perché la Chiesa
«deve offrire a tutti, vicini e lontani, l’opportunità di scoprire o riscoprire la forza che essa
ci dà attraverso i sacramenti». Da qui l’invito
a essere «cristiani contagiosi, degni eredi» dei
missionari e dei catechisti che portarono l’annuncio nel Paese oltre un secolo fa.
Attualizzando poi il discorso, il cardinale
Tauran ha sottolineato come in Africa oggi
occorra pregare che Dio ci doni «il coraggio
di conoscerlo meglio, per vedere nel nostro
prossimo non un concorrente, ma un fratello», e per non avere pregiudizi «nei confronti
di chi pensa e vive in modo diverso dal nostro». Perché solo così — si è detto convinto —
saremo «sacramento della tenerezza di Dio».
In proposito il porporato ha spiegato che «ci
sono tante aree in cui è possibile illuminare
gli eventi con la luce del Vangelo e
scoprire non solo ciò che è
sbagliato, ma anche
ciò che rende
grande l’uomo». Insomma «non è il momento
della disperazione, ma quello della speranza».
Del resto sperare non significa «vivere nel
passato, ma accogliere gli avvenimenti come
una chiamata a crescere».
Infine il cardinale ha concluso la sua riflessione con una confidenza personale. A chi gli
dice: «Io non credo in Dio», egli è solito rispondere: «Ma Dio crede in te». Infatti «attraverso i nostri errori e le nostre mediocrità,
egli trova sempre il modo di bussare alla nostra porta». Anche oggi, in questo tempo, in
cui «molti dei nostri fratelli cristiani rischiano la loro libertà e la loro stessa vita» per il solo fatto di avere
fede in Gesù Cristo: «questo
— ha commentato — è il
tempo dei martiri».
La cattedrale di San Giovanni Battista a Korhogo
A Villa Nazareth
Celebrati i cinquant’anni di sacerdozio
dell’arcivescovo Celli
Erano tantissime le persone amiche che hanno partecipato alla messa per il cinquantesimo
anniversario di ordinazione sacerdotale dell’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del
Pontificio Consiglio delle comunicazioni sociali, la sera del 14 marzo a Villa Nazareth, residenza universitaria romana nata nel 1946 dall’intelligenza e dalla carità di monsignor Domenico Tardini, stretto collaboratore di Pio XI e di Pio XII, poi cardinale segretario di Stato di
Giovanni XXIII. Allievo del Seminario romano, Celli venne ordinato prete il 19 marzo 1965 e
da ben trentatré anni segue le ragazze e i ragazzi che si sono formati e si formano a Villa
Nazareth. Presenti tra gli altri i cardinali Silvestrini e Bertello, la messa è stata concelebrata
da trentadue sacerdoti. Tra loro, i cardinali Sandri, Ravasi, Filoni, Harvey e, in rappresentanza della Segreteria di Stato, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher e i monsignori Peter
Bryan Wells e José Avelino Bettencourt. Con la comunità di Villa Nazareth hanno partecipato alla celebrazione fedeli della parrocchia romana di San Frumenzio ai Prati Fiscali e
amici della Scuola allievi ufficiali dei carabinieri, realtà anch’esse seguite da monsignor Celli.
può cambiarmi, che lui può». Esattamente
ciò che ha fatto quel funzionario del re
che aveva un figlio malato a Cafàrnao, come racconta Giovanni nel suo Vangelo (4,
43-54). Quell’uomo, si legge, a Gesù
«chiedeva di scendere a guarire suo figlio,
perché stava per morire». E Gesù gli risponde: «Va’, tuo figlio vive!». Dunque
quel padre «credette alla parola che Gesù
gli aveva detto e si mise in cammino: credette, credette che Gesù aveva il potere di
guarire il suo bambino. E ha avuto ragione».
«La fede — ha spiegato Francesco — è
dare spazio a questo amore di Dio; è fare
spazio alla potenza, al potere di Dio, al
potere di uno che mi ama, che è innamo-
rato di me e che desidera la gioia con me.
Questa è la fede. Questo è credere: è fare
spazio al Signore perché venga e mi
cambi».
Il Papa ha concluso con una significativa annotazione: «È curioso: questo è stato
il secondo miracolo che Gesù ha fatto. E
lo ha fatto nello stesso posto nel quale
aveva fatto il primo, a Cana di Galilea».
Nel passo del Vangelo di oggi si legge infatti: «Andò dunque di nuovo a Cana di
Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in
vino». Di nuovo «a Cana di Galilea cambia anche la morte di questo bambino in
vita». Davvero, ha detto Francesco, «il Signore può cambiarci, vuole cambiarci,
ama cambiarci. E questo, per amore». A
noi, ha concluso, «chiede soltanto la nostra fede: cioè, dare spazio al suo amore
perché possa agire e fare un cambiamento
di vita in noi».
Conclusa la visita del segretario di Stato in Bielorussia
Ali distese
per il volo
«La voce della vostra preghiera e della
vostra testimonianza risuoni forte e risvegli il cuore intiepidito di quanti hanno
lasciato» la Chiesa «per rincorrere il mito della ricchezza, del piacere senza
amore, dell’egoismo che uccide la solidarietà, dell’indifferenza che distrugge la
partecipazione alla gioia e al dolore degli
altri». È questa la consegna che il cardinale Pietro Parolin ha
lasciato alla comunità
cattolica della Bielorussia a conclusione
della visita ufficiale
compiuta dal 12 al 15
marzo.
Celebrando domenica 15 la messa
nell’arcicattedrale di
Minsk, gremita soprattutto di bambini,
il segretario di Stato,
ha elogiato i cattolici
del Paese, «molto numerosi» nonostante
abbiano «conosciuto
momenti davvero difficili», al punto che
«in tempi ancora recenti i sacerdoti sono
stati deportati, le
Il porporato circondato
chiese distrutte, le comunità
disperse,
mentre una propaganda molto organizzata e insistente intendeva cancellare dal
cuore dei credenti l’immagine di Dio».
In proposito il porporato ha assicurato
che «il Papa si inchina di fronte a questa
storia di dolore», al «male immenso subito» dal popolo bielorusso in un susseguirsi di «guerre, roghi, distruzioni, omicidi, deportazioni». Del resto, ha fatto
notare, «l’uomo quando si allontana da
Dio conosce gli abissi della crudeltà».
Finisce con il confondersi «con gli animali, preda degli istinti più bassi». Come dimostra quanto sta accadendo «anche poco lontano da qui, nell’amata terra
di Ucraina, dove la violenza esplode in
una brutalità, di cui siamo testimoni diretti attraverso le immagini» mostrate dai
mass media: «comunità distrutte, bambini e anziani inermi sterminati senza pietà
o costretti a vivere sotto terra per lungo
tempo, mentre intorno si distrugge il loro mondo, le cose cui sono abituati e
persino le persone che amano».
Insomma per il segretario di Stato «il
dramma della libertà dell’uomo» impone
una continua lotta. E «senza lotta non
c’è fede». In particolare al giorno d’oggi
«la lotta è contro i piccoli idoli che vogliono prendere il posto di Dio: il miraggio della ricchezza facile, la perdita del
senso del bene e del male, l’indifferenza,
l’andare in chiesa solo per tradizione,
sentirci cattolici quasi per identità etnica,
ma poi vivere senza senso, senza scopo,
senza direzione. Vivere da egoisti, come
se Dio non ci fosse».
Da qui l’invito a sentirsi «fieri di essere cristiani» e a non lasciare la Chiesa,
«anche se è piena di peccati e qualche
volta delude». Infatti «in essa batte il
cuore di Cristo. Non abbandonatelo —
ha concluso — per distrazione, per non
perdere tempo, per essere meno vincolati
e apparentemente più liberi di godere la
vita. Dio vi aspetta qui».
La sera di sabato 14, il segretario di
Stato aveva celebrato la messa con i giovani nella chiesa dei Santi Simone ed
Elena, nota come «la chiesa rossa», uno
dei simboli di Minsk. All’omelia ha sottolineato che «noi non siamo credenti
perché abbiamo paura di Dio e dei suoi
castighi», né «perché siamo già santi» e
«nemmeno perché migliori degli altri»,
ma solo «perché crediamo all’amore di
Dio che opera in noi anche quando non
ce ne accorgiamo, e ci trasforma». Quindi, ha esortato, «niente tristezza, niente
occhi bassi, ma gioia!».
Ritornando sul tema delle sofferenze e
delle persecuzioni, il celebrante ha spiegato che «neppure i martiri sono un ricordo triste», perché — per dirla con il
poeta Ryhor Baradulin — «le braccia di
da bambini bielorussi nell’arcicattedrale di Minsk (Ap)
un uomo crocifisso» sono «ali distese
per il volo», per «alzarsi sopra la realtà.
Purché si creda, altrimenti contro il muro duro del dolore rischia di spezzarsi
ogni speranza».
Ma la fede degli uomini, ha avvertito,
è costantemente messa alla prova: nel
passato, per esempio, «si volevano descrivere coloro che credono come dei
sempliciotti, degli sprovveduti, persone
che si lasciano convincere dalle favole
perché non hanno cultura». Oppure, un
altro motivo per cui «si può rifiutare di
credere» è «perché ci si sente indegni,
sporchi, deboli». Invece, come insegna
Papa Francesco, il Signore perdona tutto. Piuttosto, quello che lo fa «soffrire
immensamente è il tradimento dell’amore. Non il singolo peccato, la singola
mancanza», ma «quando si rifiuta il suo
amore fedele, generoso, totale, per vendere e comprare l’amore ridotto a una
merce». Ecco allora la consegna lasciata
alle nuove generazioni: «Voi avete una
forza speciale, che vi viene dall’entusiasmo della vostra età. Vi auguro di non
conoscere mai lo scherno e il disprezzo
per nessuno. Ma quello che dobbiamo
evitare soprattutto è il ridere di Dio. E
questo può capitare anche senza che lo
vogliamo direttamente: quando pensiamo solo a noi, a come far soldi, a come
contare nella società; quando ci chiudiamo, ci togliamo le ali che ci fanno volare
e rimaniamo tristi e inconsolabili». È, ha
constatato, «la nuova tentazione dei nostri tempi», quella di lasciarsi «corrompere dalle immagini false: uomini e donne di successo, solo perché hanno una
bellezza che passa, o sono conosciuti e
invidiati», gente che per denaro è pronta
a tutto. In pratica, ha fatto notare, «dovete scegliere tra Dio e gli idoli, tra colui
che vi ha creati e piccoli oggetti di cui
diventare schiavi. Dalla vostra risposta
dipenderà il futuro. Solo persone che
credono a valori alti e lottano per raggiungerli aiutano un Paese a crescere».
Come fare? La risposta può essere trovata nella «bella natura» della Bielorussia: «quando vi verrà il dubbio di lasciare Dio per il chiasso del successo umano
— ha suggerito — passeggiate nei vostri
boschi e nei vostri campi, guardate i vostri laghi: lì c’è il respiro di Dio e sarà
più facile scegliere ciò che è eterno».
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
lunedì-martedì 16-17 marzo 2015
All’Angelus il Papa ricorda i cristiani vittime degli attentati in Pakistan
La persecuzione
che il mondo nasconde
«Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo
cerca di nascondere, finisca e ci sia la pace»: ai fedeli
riuniti in piazza San Pietro domenica 15 marzo, il Papa ha
ricordato «con molto dolore» gli attentati a Lahore, in
Pakistan. Francesco ha pregato per le vittime e i familiari in
Cari fratelli e sorelle, buongiorno
il Vangelo di oggi ci ripropone le
parole rivolte da Gesù a Nicodemo:
«Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito» (Gv
3, 16). Ascoltando questa parola, rivolgiamo lo sguardo del nostro cuore a Gesù Crocifisso e sentiamo dentro di noi che Dio ci ama, ci ama
davvero, e ci ama così tanto! Ecco
l’espressione più semplice che riassume tutto il Vangelo, tutta la fede,
tutta la teologia: Dio ci ama di amore
gratuito e sconfinato.
Così ci ama Dio e questo amore
Dio lo dimostra anzitutto nella creazione, come proclama la liturgia, nella Preghiera eucaristica IV: «Hai dato origine all’universo per effondere
il tuo amore su tutte le tue creature
e allietarle con gli splendori della
tua luce». All’origine del mondo c’è
solo l’amore libero e gratuito del Padre. Sant’Ireneo un santo dei primi
secoli scrive: «Dio non creò Adamo
perché aveva bisogno dell’uomo, ma
per avere qualcuno a cui donare i
suoi benefici» (Adversus haereses, IV,
14, 1). È così, l’amore di Dio è così.
Così prosegue la Preghiera eucaristica IV: «E quando, per la sua disobbedienza, l’uomo perse la tua
amicizia, tu non l’hai abbandonato
in potere della morte, ma nella tua
misericordia a tutti sei venuto incontro». È venuto con la sua misericordia. Come nella creazione, anche
nelle tappe successive della storia
della salvezza risalta la gratuità
dell’amore di Dio: il Signore sceglie
il suo popolo non perché se lo meriti,
ma perché è il più piccolo tra tutti i
popoli, come egli dice. E quando
venne “la pienezza del tempo”, nonostante gli uomini avessero più volte infranto l’alleanza, Dio, anziché
abbandonarli, ha stretto con loro un
vincolo nuovo, nel sangue di Gesù
— il vincolo della nuova ed eterna
alleanza — un vincolo che nulla potrà mai spezzare.
occasione dell’Angelus, durante il quale, commentando il
vangelo della quarta domenica di Quaresima, ha affermato
che «Dio ci ama di amore gratuito e sconfinato»: questa,
ha detto, è «l’espressione più semplice che riassume tutto il
Vangelo, tutta la fede, tutta la teologia».
San Paolo ci ricorda: «Dio, ricco
di misericordia, — mai dimenticarlo
è ricco di misericordia — per il grande amore con il quale ci ha amato,
da morti che eravamo per le colpe,
ci ha fatto rivivere con Cristo» (Ef 2,
4). La Croce di Cristo è la prova suprema della misericordia e dell’amore di Dio per noi: Gesù ci ha amati
«sino alla fine» (Gv 13, 1), cioè non
solo fino all’ultimo istante della sua
vita terrena, ma fino all’estremo limite dell’amore. Se nella creazione il
Padre ci ha dato la prova del suo
immenso amore donandoci la vita,
nella passione e nella morte del suo
Figlio ci ha dato la prova delle prove: è venuto a soffrire e morire per
noi. Così grande è la misericordia di
Dio: Egli ci ama, ci perdona; Dio
perdona tutto e Dio perdona sempre.
Maria, che è Madre di misericordia, ci ponga nel cuore la certezza
che siamo amati da Dio. Ci stia vicino nei momenti di difficoltà e ci doni i sentimenti del suo Figlio, perché
il nostro itinerario quaresimale sia
esperienza di perdono, di accoglienza e di carità.
Al termine della preghiera mariana il
Papa ha anche espresso vicinanza alla
popolazione di Vanuatu, nell’Oceano
Pacifico, colpita da un forte ciclone,
assicurando preghiere «per i defunti,
per i feriti e i senza tetto» e
ringraziando quanti «si sono subito
attivati per portare soccorsi e aiuti».
Cari fratelli e sorelle,
Con dolore, con molto dolore, ho
appreso degli attentati terroristici di
oggi contro due chiese nella città
Lahore in Pakistan, che hanno provocato numerosi morti e feriti. Sono
chiese cristiane. I cristiani sono perseguitati. I nostri fratelli versano il
sangue soltanto perché sono cristiani. Mentre assicuro la mia preghiera
per le vittime e per le loro famiglie,
Udienza a una delegazione
della Rete latinoamericana sulla dottrina
sociale della Chiesa
Nella mattina di lunedì 16 marzo Papa Francesco ha ricevuto in udienza la
commissione coordinatrice della Rete latinoamericana e del Caribe sulla dottrina sociale della Chiesa (Redlapsi). L’incontro è avvenuto nella biblioteca
privata del Palazzo apostolico. La delegazione di sei persone era composta
dal presidente, la brasiliana Rosana Mazini; dal tesoriere, il messicano Víctor
Chávez; dalla segretaria, l’uruguayana Roxana Esqueff; da Eduardo Ramos,
dell’Honduras; da Roberto Sandoval, del Cile; e dal gesuita argentino Juan
Carlos Scannone, scrittore della «Civiltà Cattolica».
chiedo al Signore, imploro dal Signore, fonte di ogni bene, il dono
della pace e della concordia per quel
Paese. Che questa persecuzione contro i cristiani, che il mondo cerca di
nascondere, finisca e ci sia la pace.
Rivolgo un cordiale saluto a voi
fedeli di Roma e a voi venuti da
tante parti del mondo.
Saluto i pellegrini di Granada e di
Málaga, España; come pure quelli di
Mannheim, Germania.
Saluto i gruppi parrocchiali provenienti da Perugia, Pordenone, Pavia,
da San Giuseppe all’Aurelio in Roma e dalla diocesi di Piacenza-Bobbio.
Cristiani pakistani in preghiera a Lahore dopo gli attentati del 15 marzo
Un pensiero speciale va ai ragazzi
di Serravalle Scrivia, di Rosolina e
di Verdellino-Zingonia che si preparano a ricevere la Cresima; a quelli
della diocesi di Lodi e del decanato
Romana-Vittoria di Milano che fanno a Roma la “promessa” di seguire
Gesù. Saluto anche i ministranti di
Besana in Brianza. Ecco, vi si vede lì
con il cartello, tanti saluti!
Saluto i diversi gruppi di volontariato che, uniti nell’impegno di solidarietà, partecipano alla manifestazione “Insieme per il bene comune”.
Sono vicino alla popolazione di
Vanuatu, nell’Oceano Pacifico, col-
pita da un forte ciclone. Prego per i
defunti, per i feriti e i senza tetto.
Ringrazio quanti si sono subito attivati per portare soccorsi e aiuti.
A tutti voi auguro una buona domenica. Per favore non dimenticate
di pregare per me. Buon pranzo e
arrivederci!
Ai vescovi di Bosnia ed Erzegovina in visita «ad limina apostolorum»
Comunione in una terra di frontiera
Ai presuli di Bosnia ed Erzegovina,
«vescovi cattolici in comunione col
successore di Pietro, in un luogo di
frontiera», Papa Francesco ha
raccomandato di perseguire la
comunione «con vigore a tutti i
livelli, al di là delle peculiari
individualità». L’invito è contenuto
nel discorso consegnato loro dal
Pontefice durante l’udienza di lunedì
16 marzo, in occasione della visita
«ad limina apostolorum».
Signor Cardinale,
cari Fratelli Vescovi,
l’esperienza spirituale della visita
alle Tombe degli Apostoli e
dell’incontro con il Vescovo di Roma è sempre un momento intenso
di fede e di comunione. Vi porgo
il mio cordiale benvenuto e vi ringrazio per avermi portato l’affetto
delle vostre Chiese e dei popoli
della Bosnia ed Erzegovina. Per
parte mia, sono ansioso di recarmi
nella vostra Patria il prossimo sei
giugno e gustare con la vostra
gente quanto è bello e soave che i
fratelli si trovino insieme (cfr. Sal
133, 1).
Ho potuto leggere con attenzione e partecipazione i vostri rapporti, con le vostre speranze, i vostri progetti; e, insieme a voi, ho
pregato per tutti gli abitanti del
Paese e per quanti sono stati costretti dai non lontani eventi bellici, dalla disoccupazione e dalla
mancanza di prospettive a rifugiarsi all’estero.
Quella dell’emigrazione è giustamente una delle realtà sociali
che vi stanno molto a cuore. Essa
evoca la difficoltà del ritorno di
tanti vostri concittadini, la scarsità
di fonti di lavoro, l’instabilità delle
famiglie, la lacerazione affettiva e
sociale di intere comunità, la precarietà operativa di diverse parrocchie, le memorie ancora vive del
conflitto, sia a livello personale
che comunitario, con le ferite degli animi ancora doloranti. So bene che ciò suscita, nel vostro animo di Pastori, amarezza e preoccupazione. Il Papa e la Chiesa sono con voi con la preghiera e il
fattivo sostegno dei vostri programmi a favore di quanti abitano
i vostri territori, senza alcuna distinzione. Vi incoraggio, perciò, a
non risparmiare le vostre energie
per sostenere i deboli, aiutare —
nei modi che vi sono possibili —
quanti hanno legittimi e onesti desideri di rimanere nella propria
terra natale, sovvenire alla fame
spirituale di chi crede nei valori
indelebili, nati dal Vangelo, che
lungo i secoli hanno alimentato la
vita delle vostre comunità. Animati dal balsamo della fede, dal vostro esempio e dalla vostra predicazione, essi potranno rafforzare la
propria determinazione al bene. In
tale opera vi sono di indispensabile aiuto i vostri presbiteri, che mi
dite essere generosi, operosi e convinti pastori del gregge loro affidato.
La società in cui vivete ha una
dimensione multiculturale e multietnica. E a voi è consegnato il
compito di essere padri di tutti,
pur nelle ristrettezze materiali e
nella crisi in cui vi trovate ad agire. Il vostro cuore sia sempre largo
ad accogliere ognuno, come il
cuore di Cristo sa ospitare in sé —
con amore divino — ogni essere
umano.
Ogni comunità cristiana sa di
essere chiamata ad aprirsi, a riflettere nel mondo la luce del Vangelo; non può rimanere chiusa soltanto
nell’ambito
delle
proprie pur nobili
tradizioni. Essa esce
dal proprio “recinto”, salda nella fede,
sostenuta dalla preghiera e incoraggiata
dai propri pastori,
per vivere e annunciare la vita nuova di
cui è depositaria,
quella di Cristo, Salvatore di ogni uomo.
In tale prospettiva,
incoraggio le iniziative che possono allargare la presenza
della Chiesa al di là
del perimetro liturgico, assumendo con
fantasia ogni altra
azione che possa incidere nella società
apportandovi il fresco spirito del Vangelo. Ogni persona
ha bisogno, anche
senza saperlo, di incontrare il Signore Gesù.
Nei vostri orientamenti, cercate
di promuovere una solida pastorale sociale nei confronti dei fedeli,
specie i giovani, per far sì che si
formino coscienze disposte a rimanere nei propri territori da protagonisti e responsabili della ricostruzione e della crescita del vostro Paese, dal quale non possono
aspettarsi solo di ricevere. In questo lavoro educativo-pastorale, la
dottrina sociale della Chiesa è di
valido aiuto. È anche questo un
modo per superare vecchie incrostazioni materialistiche che tuttora
persistono nella mentalità e nel
comportamento di alcuni settori
della società in cui vivete.
Il vostro ministero, cari Fratelli,
assume diverse dimensioni: pastorale, ecumenica, interreligiosa.
Grazie alle vostre relazioni, ho potuto rendermi meglio conto
dell’intenso lavoro che portate
avanti in questi ambiti, lavoro che
sempre esprime la vostra paternità
nei confronti del popolo a voi affidato. Vi incoraggio ricordandovi
che, pur nel rispetto di tutti, ciò
non vi esime dal dare aperta e
franca testimonianza dell’appartenenza a Cristo.
I sacerdoti, i religiosi e le religiose e i fedeli laici, che vivono a
stretto contatto con cittadini di
differenti tradizioni religiose, vi
possono offrire validi consigli circa
il vostro comportamento e le vostre parole, a partire dalla loro
saggezza e dalla loro esperienza in
comunità miste. Ritengo che un
simile approccio sapienziale possa
recare semi e frutti di pacificazione, di comprensione e anche di
collaborazione.
fettivamente orientati all’edificazione del Regno di Dio e non inquinati da finalità parziali, che si
esercitino in un regime di umana e
fraterna comunione, sopportando i
pesi gli uni degli altri (cfr. Gal 6,
2) con spirito di servizio.
Infine, permettetemi una parola
personale fra Vescovi, come si
conviene in piena carità. Mi sono
note le vicende storiche che rendono diversa la Bosnia dall’Erzegovina in molti ambiti. E tuttavia voi
siete un corpo unico: voi siete i
Vescovi cattolici in comunione col
Successore di Pietro, in un luogo
di frontiera. Sgorga spontanea dal
Un ulteriore aspetto da voi presentato e che intendo evocare, elogiando la vostra sensibilità pastorale, è quello della relazione tra il
vostro clero e quello religioso. Conosco per esperienza diretta la
complessità di questi rapporti, come pure le difficoltà di armonizzazione dei rispettivi carismi. Ma il
fatto più importante è che in entrambe le dimensioni dell’unico
sacerdozio si è sempre perseguita
l’unica missione: servire il Regno
di Cristo. E ciò va a lode e onore
di queste forze apostoliche, le quali dedicano ogni propria energia a
tale servizio. Ricordo ciò che san
Giovanni Paolo II, con ispirate parole, disse a Sarajevo nel corso
della sua visita dell’aprile 1997; mi
sembra che siano profetiche anche
oggi: il Vescovo è padre: sa che
ogni dono perfetto viene da Dio
(cfr. Discorso ai Vescovi, 13 aprile
1997, 4).
In questo Anno dedicato alla
Vita Consacrata dobbiamo evidenziare come tutti i carismi e i ministeri sono destinati alla gloria di
Dio e alla salvezza di tutti gli uomini, vigilando a che essi siano ef-
mio cuore una parola sola: voi siete in comunione. Pur se talvolta
imperfetta, tale comunione va perseguita con vigore a tutti i livelli,
al di là delle peculiari individualità.
Occorre agire in base all’appartenenza al medesimo Collegio
Apostolico; altre considerazioni
passano in secondo piano e vanno
analizzate alla luce della cattolicità
della vostra fede e del vostro ministero.
Cari Fratelli, in attesa di incontrare a Sarajevo la vostra gente,
desidero dirvi la carità, l’attenzione e la vicinanza della Chiesa di
Roma nei vostri confronti, eredi di
tanti martiri e confessori, che lungo la travagliata e secolare storia
del vostro Paese hanno conservato
viva la fede.
Questi sono i sentimenti che
con tanta cordialità vi esprimo e
che vi prego di trasmettere alle vostre comunità, chiedendo ad esse
una preghiera per il mio ministero
e partecipando loro la Benedizione Apostolica che imparto a voi
con affetto fraterno.