L`OSSERVATORE ROMANO

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L’OSSERVATORE ROMANO
POLITICO RELIGIOSO
GIORNALE QUOTIDIANO
Non praevalebunt
Unicuique suum
Anno CLV n. 35 (46.873)
Città del Vaticano
venerdì 13 febbraio 2015
.
Il Papa apre i lavori del concistoro straordinario
Comunione e collegialità
Tempo, determinazione e collaborazione per la riforma della Curia
L’appuntamento era per le 9, ma già
mezz’ora prima Papa Francesco era
nell’aula del Sinodo. In piedi, davanti al tavolo della presidenza,
pronto ad accogliere i cardinali convocati per il concistoro straordinario
che, alla vigilia della creazione di
venti nuovi porporati, è riunito oggi,
12 febbraio, e domani per discutere
la riforma della Curia romana. Francesco li ha salutati uno a uno, scambiando con ciascuno qualche parola.
«Benvenuti in questa comunione che
si esprime nella collegialità» dirà poi
a tutti nell’intervento iniziale: e
quella cordiale e non formale accoglienza era già l’espressione concreta
dell’intenzione di valorizzare pienamente la partecipazione personale e
collegiale. Insieme, i 146 cardinali
(con i quali erano diciannove dei
venti ecclesiastici che sabato riceveranno la porpora) hanno cantato il
Veni creator, invocando l’assistenza
dello Spirito Santo per il raggiungimento di quella che il Pontefice ha
definito «una meta non facile» che
«richiede tempo, determinazione e
collaborazione». La riforma — auspicata nelle congregazioni generali prima del conclave e che porterà alla
stesura di una nuova costituzione
apostolica — «non è fine a se stessa»
ha detto il Papa, ma vuole portare
sempre maggiore «collaborazione e
trasparenza» nella Curia «per dare
forza alla testimonianza cristiana,
per favorire una più efficace evangelizzazione; per promuovere un più
fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo più costruttivo
con tutti».
Completata la preghiera dell’O ra
Terza, il cardinale Angelo Sodano,
decano del collegio, ha salutato il
Pontefice e, dopo aver brevemente
richiamato le precedenti riforme della Curia volute da Paolo VI e Giovanni Paolo II, ha assicurato a Papa
Francesco la piena collaborazione,
personale e collegiale, dei cardinali
in un lavoro che intende rispondere
adeguatamente alle sfide del presente, forte delle esperienze del passato.
Poi, prima dell’inizio dei lavori
che sono proseguiti anche nel pomeriggio, il Pontefice ha rivolto il suo
saluto e ha invitato tutti a confrontarsi con «parresìa, fedeltà al magi-
y(7HA3J1*QSSKKM( +,!"!?!#!@!
Bambini sfruttati
nei centri
per richiedenti
asilo
CANBERRA, 12. La Commissione australiana per i Diritti umani ha chiesto l’avvio di un’inchiesta sul trattamento ricevuto da centinaia di minori detenuti a tempo indefinito in
centri per richiedenti asilo nel Paese
e in remote isole del Pacifico.
In un rapporto intitolato I bambini dimenticati, considerata la più ampia ricerca al mondo su minori in
detenzione, la Commissione riferisce
che nei centri sono stati segnalati
233 casi di aggressione a bambini,
fra cui trentatré violenze sessuali.
Gli esperti della Commissione hanno più volte visitato i campi per accertarsi di persona delle condizioni
di vita. Il documento denuncia inoltre violazioni dei diritti umani e del
dovere di cura, sostenendo che i minori detenuti a tempo indefinito
«soffrono di livelli estremi di sofferenze fisiche, emotive, psicologiche e
di sviluppo». Secondo gli esperti
della Commissione per i Diritti umani, l’inchiesta deve esaminare l’eventuale «uso della forza da parte delle
autorità governative contro i minori
in detenzione e raccomandare rimedi
alle violazioni». «Non possiamo più
chiudere gli occhi davanti agli abusi
sessuali, fisici e psicologici che questa politica di detenzione indefinita
infligge ai minori», hanno dichiarato
gli esponenti di numerose organizzazioni in difesa dei diritti umani.
stero e consapevolezza che tutto ciò
concorre alla legge suprema, ossia
alla salus animarum».
Base della discussione successiva
sono state la relazione del cardinale
Óscar Rodríguez Maradiaga — che
ha ripercorso storicamente l’attività
del Consiglio di cardinali, illustrandone il metodo di lavoro seguito in
questi mesi — e quella del segretario
del Consiglio, il vescovo Marcello
Semeraro, il quale è entrato nel dettaglio delle proposte per il progetto
di riforma della Curia. Un intervento strutturato in due parti: la prima,
più generale, riguardante i principi
ispiratori e le linee guida della riforma, la seconda più specificamente
dedicata alle due proposte che godono già di un processo avanzato di
elaborazione: la creazione, cioè, di
due nuovi dicasteri dedicati a laici,
famiglia e vita, l’uno, e a carità, giustizia e pace l’altro. Dopodiché è
iniziata la discussione: dodici gli interventi che hanno chiuso la mattinata.
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L’annuncio a Minsk al termine di una maratona negoziale di oltre diciassette ore
Accordo per il cessate il fuoco in Ucraina
MINSK, 12. Dopo una maratona negoziale durata oltre diciassette ore, è
stato raggiunto stamane a Minsk un
accordo per il cessate il fuoco
nell’est ucraino. Lo hanno annunciato dalla capitale bielorussa i presidenti russo, ucraino e francese,
Vladimir Putin, Petro Poroshenko e
François Hollande, e il cancelliere
tedesco, Angela Merkel, in un documento comune, in cui si esprime
sostegno agli accordi di Minsk dello
scorso settembre.
L’intesa prevede il cessate il fuoco dalla mezzanotte di sabato prossimo, con il ritiro delle armi pesanti
dalla linea del fronte nel conflitto
nell’est ucraino entro quattordici
giorni, anche se resta controversa la
zona di Debaltsevo, che Kiev non
vuole cedere ai separatisti filorussi,
negando che le sue truppe siano circondate dai ribelli. Ribadito infine
l’impegno a rispettare la sovranità e
l’integrità territoriale ucraina.
Inoltre, il gruppo di contatto
(formato da emissari di Kiev, Mosca, dei filorussi e dai rappresentanti
dell’Osce) ha approvato un documento con una road map per l’applicazione del piano di pace nel
Donbass. «Nonostante tutte le difficoltà, siamo riusciti a concordare
sulle questioni principali», ha com-
mentato il presidente Putin, invitando tutte le parti a evitare «inutili
spargimenti di sangue» fino al raggiungimento della tregua. Il leader
del Cremlino si è tuttavia lamentato
per il rifiuto di Kiev di impegnarsi
in un dialogo diretto con i rappresentanti dei miliziani.
Per Poroshenko, «la principale
cosa concordata è il cessate il fuoco
senza condizioni». Hollande e Merkel hanno invece evocato una «speranza seria» e sottolineato che «c’è
ancora molto lavoro da fare». Gli
analisti internazionali, da parte loro,
parlano di un summit molto difficile, contrassegnato dalla tensione, da
Polemiche sui sistemi di salvataggio europei dopo la tragedia di Lampedusa
Triton sotto esame
ROMA, 12. A meno di quarantotto
ore dalla nuova strage dell’immigrazione, con oltre 330 persone
morte a largo di Lampedusa, riesplode in Italia e in Europa la polemica sulla missione Triton, il dispositivo di soccorso dell’Ue nel
Mediterraneo.
Il presidente del Consiglio dei
ministri italiano, Matteo Renzi, ha
espresso «solidarietà e dolore per
le vittime» della tragedia, invitando a «non strumentalizzare in mo-
do cinico quello che accade». Il
problema — ha sottolineato Renzi
— «non è Mare Nostrum o Triton,
si può chiedere all’Europa di fare
di più, ma il punto politico è risolvere il problema in Libia, dove la
situazione è fuori controllo». Renzi
ha dunque annunciato che nel
Consiglio dell’Ue di oggi porrà
esplicitamente la questione immigrazione, chiedendo che si faccia
di più. Inoltre, il titolare di Palazzo Chigi ha spiegato che «stabilire
un nesso tra l’immigrazione attraverso le carrette del mare e il terrorismo è impossibile».
Solidarietà e «apprezzamento
per l’opera dei soccorritori che ha
permesso di salvare molte vite» è
stata espressa dal presidente della
Repubblica italiana, Sergio Mattarella, dicendosi «colpito dalla nuova immane tragedia umanitaria avvenuta in acque internazionali».
Intanto, anche in Europa si chiede da più parti un cambiamento di
rotta sull’immigrazione. In una nota il commissario dei Diritti umani
del Consiglio d'Europa, Nils
Muižnieks, ha dichiarato che
«l’operazione Triton non è all’altezza» dei compiti che deve svolgere e che «l’Europa ha bisogno di
un sistema di ricerca e salvataggio
efficace». La recente tragedia nel
Mediterraneo è «un’altra sciagura
che poteva essere evitata».
una serie di riunioni in formati mutevoli e da colpi di scena, come
l’iniziale rifiuto dei ribelli a firmare
il documento.
Sul tappeto, in effetti, restano ancora importanti nodi insoluti, come
lo status delle regioni ribelli e il
controllo del confine russo-ucraino.
Poroshenko ha detto che l’accordo
non prevede né il federalismo né
l’autonomia.
Ciò nonostante, tutti i partecipanti al summit nel cosiddetto “formato Normandia” hanno portato a
casa un risultato: Merkel e Hollande, che non hanno visto fallire la loro mediazione; Putin, che è riuscito
a evitare il rischio di ulteriori sanzioni europee alla Russia e, forse,
anche la fornitura di armi statunitensi alle truppe di Kiev; Poroshenko, che oggi ha incassato anche dal
Fondo monetario internazionale
l’estensione del programma di assistenza finanziaria da 17,5 miliardi di
euro a circa quaranta miliardi di
dollari per quattro anni. E subito
L’«Evangelii gaudium» e Antoni Gaudí
Ecologista ante litteram
LLUIS MARTÍNEZ SISTACH
A PAGINA
Udienza alla vicepresidente
della Repubblica islamica dell’Iran
Obama chiede
poteri di guerra
PAGINA 2
NOSTRE
INFORMAZIONI
Il Santo Padre ha ricevuto
questa mattina in udienza,
nello Studio dell’Aula Paolo
VI, Sua Eccellenza la Signora
Shahindokht Molaverdi, VicePresidente della Repubblica
Islamica dell’Iran.
Provviste di Chiese
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo di Le Puy-en-Velay
(Francia) il Reverendo Padre
Luc Crépy, C.J.M., finora Procuratore Generale della Congregazione di Gesù e Maria
(Eudisti).
Il Santo Padre ha nominato
Vescovo della Diocesi di Dassa-Zoumé (Benin) il Reverendo Padre François Gnonhossou, S.M.A., Consigliere Generale della Società delle Missioni Africane.
Per fermare i miliziani dell’Is
in Iraq e Siria
Migranti soccorsi a Lampedusa (Reuters)
5
dopo il vertice il rublo — che aveva
registrato un calo questa mattina
sullo sfondo dell’incerto esito dei
negoziati di Minsk — ha recuperato
valore sull’euro. Il rublo, che questa
mattina aveva toccato un massimo
di 67,5 sul dollaro e di 76,4 sull’euro, si è rafforzato fino a 64,5 contro
il biglietto verde e 73,3 sulla moneta
unica. Le dichiarazioni del capo del
Cremlino hanno influenzato anche
gli indici della Borsa di Mosca: il
Micex (denominato in rubli) è balzato in avanti di quasi quaranta
punti dopo le dichiarazioni alla
stampa sulla tregua.
Nella mattina di giovedì 12 febbraio, il Papa ha ricevuto, nello studio dell’Aula Paolo
la vicepresidente della Repubblica islamica dell’Iran, Shahindokht Molaverdi
VI,
Il Santo Padre ha nominato
Osservatore Permanente della
Santa Sede presso le Organizzazioni e gli Organismi delle
Nazioni Unite per l'Alimentazione e l'Agricoltura (F.a.o.,
I.f.a.d. e P.a.m.) il Reverendo
Monsignore Fernando Chica
Arellano, Consigliere di Nunziatura.
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venerdì 13 febbraio 2015
Il presidente Obama alla Casa Bianca
insieme al vice presidente Biden
e al segretario di Stato Kerry (Ansa)
Nessun accordo con il Governo greco
Giornata mondiale
Scontro
all’Eurogruppo
Il dramma
dei bambini
soldato
ATENE, 12. Si cercava il compromesso, si temeva lo scontro, e i timori
si sono avverati: nessun accordo tra
Grecia ed Eurogruppo. I ministri
non sono riusciti nemmeno a scrivere il comunicato finale congiunto
e hanno rinviato la discussione al
prossimo vertice di lunedì. Questo
nella speranza che il summit dei capi di Stato e di Governo Ue, che si
apre oggi, possa trovare una strada
diplomatica per imbastire il dialogo
con l’Esecutivo di Tsipras.
Il Governo greco è fermo sulle
sue posizioni e non ha intenzione
di retrocedere: dice no all’austerità,
non vuole più incontrare la Troika
(la squadra di commissari Ue, Bce
ed Fmi) e rifiuta il piano di aiuti
europeo, proponendo di sostituirlo
con un nuovo piano meno restrittivo e che, soprattutto, conceda più
spazi di manovra.
«Ci sono stati progressi ma non
abbastanza per arrivare a una soluzione comune» ha detto il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloem, al termine della riunione.
Molti ministri avrebbero voluto che
la Grecia chiedesse non un altro
programma ma un’estensione del
programma attuale, che avrebbe dato loro la possibilità di negoziare,
ma all’interno di una cornice definita e garantita. Tuttavia, Dijsselbloem ha spiegato che «serve prima
una base comune politica, e poi gli
esperti potranno lavorare a quella
tecnica».
Una diagnosi molto simile è stata
data dal ministro dell’Economia italiano, Pier Carlo Padoan, secondo
il quale «è stata una discussione
fruttuosa. A tratti un pochino troppo franca nei toni, ma sono ottimista. Proseguiamo la conversazione
lunedì».
La tensione, tuttavia, non è mancata. Secondo quanto si apprende,
nelle battute conclusive della riunione i ministri si erano accordati
su una formula da inserire nel comunicato finale. Si parlava di accordo su un programma europeo
«da estendere, emendare e concludere», tre parole per accontentare
tutte le parti: i tedeschi che vogliono che il programma sia portato a
compimento, i greci che vogliono
modificarlo e quei Paesi che vorrebbero un’estensione del piano che
tenga la Grecia ancora sotto tutela
della Troika. Ma il comunicato non
ha mai visto la luce: il ministro delle Finanze greco, Yanis Varoufakis,
dopo una telefonata ad Atene, ha
chiesto che venisse tolta la parola
«estendere», riportando la discussione al punto di partenza. Ciò nonostante, Varoufakis ha sottolineato
che l’uscita della Grecia dalla moneta unica «non è sul tavolo».
Al momento, comunque, s’intravedono spiragli. Fonti governative
greche — citate dalle agenzie — si
sono dette fiduciose sulla possibilità, lunedì prossimo, di arrivare a un
accordo sul debito.
Via libera
del Parlamento Ue
a indagini
su attività della Cia
BRUXELLES, 12. Le Commissioni Libertà civili, Affari esteri e Diritti
umani del Parlamento europeo riprenderanno, alla luce delle nuove
rivelazioni del Senato statunitense
sull’uso della tortura da parte della
Cia, le indagini sulle presunte accuse nei confronti del servizio di intelligence riguardanti il trasporto e la
detenzione illegale di prigionieri in
Paesi dell’Unione. La decisione è
stata presa con una risoluzione approvata oggi.
Gli eurodeputati hanno nuovamente fatto appello agli Stati membri affinché indaghino su tali accuse e che i responsabili vengano perseguiti. Nel documento approvato
con 363 voti favorevoli, 290 voti
contrari e 48 astensioni, gli eurodeputati affermano che la relazione
del Senato statunitense pubblicata
lo scorso dicembre «rivela nuovi
fatti che rafforzano le accuse secondo cui alcuni Stati membri dell’Ue,
le loro autorità, nonché funzionari e
agenti dei loro servizi di sicurezza e
intelligence sarebbero stati complici
nel programma di detenzioni segrete e consegne straordinarie della
Cia, talvolta mediante pratiche di
corruzione basate sull’offerta di ingenti somme di denaro in cambio
della loro collaborazione».
In tal senso — si legge in una nota ufficiale — si prevede l’invio di
una missione d’inchiesta parlamentare negli Stati membri dell’Ue che
presumibilmente ospitavano siti per
la detenzione segreta e la raccolta
di informazioni. Saranno inoltre
raccolti elementi di prova pertinenti
su possibili tangenti o altri atti di
corruzione.
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Mattarella
al Consiglio
superiore
della magistratura
ROMA, 12. Il «principio di legalità» è il faro assoluto e dentro il
suo cono di luce si devono affrontare i temi delle «necessarie
riforme» e dell’organizzazione
della giustizia, che deve sempre
essere al servizio della collettività. Questo il messaggio espresso
ieri dal presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella,
presiedendo, per la prima volta
la riunione del Consiglio superiore della magistratura. L’occasione era la nomina di Pasquale
Ciccolo a procuratore generale
presso la Corte costituzionale in
sostituzione di Gianfranco Ciani.
Nel suo discorso il presidente
Mattarella ha auspicato che «la
tempestività nel conferimento e
nella conferma degli incarichi direttivi avvenga abitualmente».
Sentenza
di primo grado
per la Costa
Concordia
ROMA, 12. Ampia rilevanza è stata data dalla stampa internazionale alla notizia della sentenza
del Tribunale di Grosseto che ieri ha condannato Francesco
Schettino, ex comandante della
nave Costa Concordia, naufragata all’Isola del Giglio il 13 gennaio 2012, a sedici anni di reclusione e un mese di arresto nel
processo di primo grado. Dieci
anni e due mesi in meno delle
pene chieste dal pubblico ministero. L’accusa è omicidio colposo, lesioni plurime e abbandono
della nave. Schettino è stato
inoltre interdetto per cinque anni
dalla carica di comandante. Non
ci sarà nessuna misura cautelare
perché esiste solo «un astratto»
pericolo di fuga. La sentenza
condanna anche la compagnia a
un risarcimento di oltre sette milioni di euro.
GIOVANNI MARIA VIAN
direttore responsabile
Giuseppe Fiorentino
vicedirettore
Piero Di Domenicantonio
Per fermare i miliziani dell’Is in Iraq e Siria
Obama chiede poteri di guerra
WASHINGTON, 12. La coalizione internazionale in Iraq e
Siria sta guadagnando terreno e i militanti jihadisti del
cosiddetto Stato islamico (Is) perderanno. È questo il
messaggio lanciato ieri dal presidente statunitense, Barack Obama, intervenendo alla Casa Bianca. Il presidente ha chiesto al Congresso l’autorizzazione all’uso
della forza militare contro l’Is, che rappresenta «una
grave minaccia». È la prima volta dal 2002 che il Congresso americano, che come è noto ha la prerogativa di
dichiarare guerra, viene chiamato ad autorizzare formalmente un’operazione militare.
Nel documento della richiesta, Obama sottolinea il limite temporale di tre anni per una possibile azione di
terra «non duratura». Il presidente ha quindi ricordato
come finora siano stati circa duemila i raid della coali-
Gaetano Vallini
Ripresi
i colloqui
per la pace
nel Mali
Quaranta teste mozzate a Bengasi
Macabro ritrovamento in Libia
Progressi nelle trattative sotto l’egida dell’O nu
TRIPOLI, 12. La violenza non conosce tregua in Libia. Proprio nel primo giorno di colloqui tra le forze
coinvolte nella crisi libica, le forze
speciali dell’esercito hanno trovato
quaranta teste mozzate vicino Bengasi. Il macabro ritrovamento — riportano fonti della stampa locale —
è avvenuto nella zona di industriale
di Bou Atny, a est di Bengasi, dove
le forze speciali erano in perlustrazione, dopo aver sottratto l’area al
controllo dei miliziani islamici.
Nei colloqui per risolvere lo stallo
politico e istituzionale nel Paese,
«hanno partecipato per la prima
volta tutti coloro che erano stati invitati» ha sottolineato un comunicato della Missione di supporto delle
Nazioni Unite per la Libia (Unismil) riassumendo i risultati dell’incontro, svoltosi a Ghadames. La nota indirettamente sottolinea dunque
la partecipazione del Gnc, il Parlamento che sostiene il Governo non
riconosciuto dalla comunità internazionale e insediato a Tripoli, che finora aveva boicottato i colloqui
svoltisi a Ginevra e aveva preteso
che si svolgessero in Libia. L’inviato
dell’Onu per la Libia, Bernardino
León, ha comunque tenuto solo «incontri separati con le delegazioni»,
precisa fra l’altro la nota. I partecipanti hanno concordato di tenere
«un altro round di dialogo nei prossimi giorni». Si è trattato comunque
— ha aggiunto Léon — di un dialogo
«positivo e costruttivo».
E nelle mani dell’inviato León,
sostenuto con forza anche dal Governo italiano, risiedono le ultime
chance di far sì che il Paese, a oltre
tre anni dalla caduta del regime di
Gheddafi, il 20 ottobre 2011, non ricada in una sanguinosa guerra civile, come molti altri Paesi africani.
Di recente, in un rapporto, le Nazioni Unite hanno reso noto che in
Libia, nei mesi scorsi, è stato compiuto un numero record di violazioni dei diritti umani. Il Paese è nelle
mani soprattutto delle milizie islamiche che sostengono il Governo di
Tripoli. Inoltre circa 400.000 persone sono fuggite dalle loro case tra
maggio e giugno scorsi.
Stato d’emergenza
nella città nigerina di Diffa
NIAMEY, 12. Le autorità del Niger
hanno proclamato uno stato
d’emergenza nella città sudorientale di Diffa, al confine con la Nigeria, da giorni sotto attacco dei miliziani di Boko Haram.
Con lo stato d’emergenza, che
durerà quindici giorni, alle forze di
sicurezza locali vengono concessi
poteri più ampi, compreso quello
«di ordinare perquisizioni nelle
abitazioni, di giorno e di notte».
L’annuncio è stato dato tramite la
radio nazionale di Niamey.
Lunedì scorso, il ministro nigerino della Difesa, Mahamadou Kharidjo, parlando in Parlamento, ave-
va riferito di una situazione estremamente drammatica a Diffa, dove
gran parte della popolazione è in
fuga per paura di nuovi attacchi
dei terroristi. Testimoni oculari
hanno parlato, inoltre, di attività
paralizzate nel centro abitato: sono
state chiuse sia le scuole che gli altri edifici pubblici, così come le attività private. Il Niger è attualmente in prima linea nel contrasto al
gruppo jihadista, così come altri
Paesi della regione: due giorni fa,
il Parlamento ha dato il via libera
all’invio di 750 uomini in territorio
nigeriano per combattere i fondamentalisti.
ALGERI, 12. In occasione della ripresa, ieri ad Algeri, dei colloqui
tra il Governo del Mali e i gruppi
ribelli radicati nel nord del Paese
africano, il primo ministro, Modibo Keita, ha detto che «un accordo di pace deve essere raggiunto
il più presto possibile». L’appello
è stato rivolto da Keita dopo un
incontro con il presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, mediatore dei negoziati di pace.
Il nord del Mali è stato teatro
di un sanguinoso conflitto armato
tra il 2012 e il 2013. Nella regione
è tuttora dispiegata una missione
di pace delle Nazioni Unite (Minusma) ed è attivo un contingente militare francese. Il principale
gruppo ribelle, di matrice tuareg,
è il Movimento nazionale per la
liberazione dell’Azawad (Mnla).
I negoziati erano stati sospesi a
dicembre per disaccordi su una
riforma federalista del Paese.
L’obiettivo dei colloqui è quello di stabilizzare definitivamente
le regioni settentrionali del Paese.
Una road map per un accordo
era già stata firmata fra Bamako e
i gruppi ribelli nel luglio scorso:
un secondo round di colloqui
svoltosi a settembre, non aveva
tuttavia portato ad alcun progresso significativo verso un’intesa
definitiva tra le parti in lotta.
Conferenza a Bruxelles
sulla lotta all’ebola
BRUXELLES, 12. Si aprirà il prossimo 3 marzo a Bruxelles una grande conferenza internazionale di alto livello per fare il punto della situazione nella lotta contro l’ebola, coordinare le azioni per lo sradicamento
completo del virus e preparare la ripresa dei Paesi più
colpiti. La conferenza sarà co-presieduta dai leader di
Guinea, Sierra Leone e Liberia, Togo, Onu, Unione
africana ed Ecowas (Comunità economica degli Stati
dell’Africa occidentale). Sono attese oltre ottanta delegazioni, inclusi gli stati membri dell’Ue e i Paesi
dell’Africa occidentale oltre a quelli impegnati nella
lotta al virus, più diverse agenzie delle Nazioni Unite,
il Fondo monetario internazionale, la Banca mondiale.
Finora sono oltre 22.000 i casi di contagio per ebola
accertati, e oltre 8.800 le vittime.
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caporedattore
segretario di redazione
zione contro i militanti dell’Is. E ha rivendicato anche i
successi finora ottenuti. «Stiamo distruggendo le loro linee di comando, di controllo e di rifornimento» ha
sottolineato il presidente. «La nostra coalizione è forte,
la nostra causa è giusta e la nostra missione avrà successo. Saranno indeboliti e distrutti». Gli Stati Uniti, dunque, non escludono la possibilità di un intervento di
terra in Iraq e in Siria per un periodo limitato e con interventi mirati. Finora l’autorizzazione all’uso della
forza era limitato ai raid aerei e al lancio di aiuti umanitari. In tal senso, l’inquilino della Casa Bianca ha voluto
precisare: «Non sto chiedendo di aprire una nuova
guerra sul campo come in Afghanistan o in Iraq.
All’invio di truppe si ricorre solo se è assolutamente necessario».
NEW YORK, 12. Una tragedia senza fine, che coinvolge soprattutto
le aree più povere del mondo.
Sono oltre 250.000 i minorenni
costretti a combattere e arruolati
in eserciti regolari o gruppi paramilitari. Questo il dato principale
diffuso oggi dall’Onu in occasione della Giornata internazionale
contro l’uso dei bambini soldato.
In una nota diffusa dall’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite
per l’infanzia, si esprime in particolare «grande preoccupazione
per le notizie in arrivo dalla Siria,
dal Sud Sudan e dalla Repubblica Centroafricana» dove sono stati registrati numerosi casi di arruolamento di minori. La Giornata internazionale coincide con
l’anniversario dell’adozione, nel
2002, del Protocollo opzionale alla Convenzione Onu sui diritti
dell’infanzia e dell’adolescenza.
Si tratta di uno strumento giuridico, ratificato finora da 153 Paesi, che vieta il reclutamento forzato o qualunque altro tipo di impiego di minori nei combattimenti sia da parte di forze di eserciti
regolari che di gruppi ribelli.
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venerdì 13 febbraio 2015
pagina 3
Un’immagine della manifestazione dei sostenitori
degli huthi a San’a (La Presse/Ap)
Israele monitora la situazione
Scontri
sul Golan
tra ribelli
e truppe siriane
TEL AVIV, 12. Alta tensione sulle
alture del Golan, al confine tra
Israele e Siria. Per il secondo giorno consecutivo reparti dell’esercito
siriano e di combattenti del movimento sciita Hezbollah sono impegnati in una vasta operazione
contro le forze dei ribelli siriani,
fra Quneitra e Dera, a ridosso delle linee israeliane. A darne notizia
sono i media israeliani, secondo i
quali sul terreno sarebbero giunti
anche miliziani iraniani di rinforzo a Hezbollah.
Nei combattimenti — dicono le
stesse fonti — si sono avute decine
di morti e feriti. L’esercito israeliano ha fatto sapere di seguire da
vicino gli sviluppi nel Golan, anche perché parte degli scontri a
fuoco avvengono a pochi chilometri in linea d’aria dalle sue postazioni. La settimana scorsa hanno
effettuato un sopralluogo nell’area
il premier israeliano, Benjamin
Netanyahu, e il ministro della Difesa, Moshe Yaalon. La Siria, e
più in generale la minaccia terroristica in Vicino oriente, sarà certamente uno dei temi chiave del discorso che Netanyahu terrà al
Congresso statunitense il prossimo
3 marzo.
Intanto, sul piano diplomatico,
l’Europa è intervenuta ieri per
chiedere una ripresa dei colloqui
diretti tra israeliani e palestinesi.
Per il Vicino oriente «io e il presidente Juncker sosteniamo la soluzione dei due Stati: una Palestina
democratica e indipendente che
viva al fianco di Israele in pace e
sicurezza» ha detto l’Alto rappresentante Ue per la politica estera
e di sicurezza comune, Federica
Mogherini, al termine di un incontro a Bruxelles con il presidente palestinese Mahmoud Abbas.
«Per realizzare questo progetto —
ha spiegato Mogherini — devono
ricominciare i negoziati diretti».
L’8 febbraio a Monaco di Baviera
si è riunito il Quartetto (Stati
Uniti, Russia, Onu e Ue). «A breve termine — ha aggiunto Mogherini — è assolutamente vitale sostenere la situazione finanziaria critica dell’Autorità palestinese. Israele
dovrebbe riaprire i trasferimenti di
denaro, in linea con gli impegni
presi».
E a questo proposito, la Svezia
ha annunciato ieri di aver stanziato aiuti ai palestinesi per circa 160
milioni di euro. L’annuncio è stato dato durante la visita a Stoccolma del presidente Abbas. L’accordo prevede aiuti fino al 2019. I finanziamenti andranno principalmente a progetti come la lotta alla
corruzione e alla disuguaglianza, e
il rispetto dei diritti umani. Secondo il premier svedese, Stefan
Löfven, «sia Israele che i palestinesi devono essere pronti al compromesso, pronti a sedersi al tavolo dei negoziati».
A gennaio
più di 1500
morti
in Afghanistan
A causa dell’instabilità Germania e Italia chiudono le ambasciate nel Paese arabo
Caos e violenza nello Yemen
SAN’A, 12. Lo Yemen rischia di sprofondare nel
caos. Dopo gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la
Francia, che hanno deciso di chiudere le proprie
ambasciate a San’a, anche la Germania e l’Italia
hanno elevato il grado di allerta, invitando i propri cittadini rimasti per assoluta necessità a partire quanto prima. L’inviato dell’Onu, Jamal Ben
Omar, afferma che il Paese si trova ormai
«sull’orlo di una guerra civile».
La Farnesina ha sottolineato che l’ambasciata
d’Italia a San’a sarà temporaneamente chiusa ai
servizi per il pubblico, avvertendo che c’è «un rischio particolarmente alto di sequestri per i cittadini occidentali» e che «la minaccia terroristica è
molto diffusa».
Quattro anni dopo l’inizio delle manifestazioni
che, sull’onda delle primavere arabe, portarono
all’uscita di scena del presidente Ali Abdullah Saleh, il Paese appare drammaticamente spaccato,
mentre le istituzioni statali sono al collasso. I ribelli sciiti huthi, scesi l’estate scorsa dalle regioni
del nord, si sono ormai impadroniti della capitale, dove da gennaio hanno costretto agli arresti
domiciliari il presidente Abed Rabbo Mansur
Hadi e i suoi ministri. Gli huthi hanno inoltre
annunciato pochi giorni fa un decreto costituzionale considerato dagli analisti un atto rivoluzionario a tutti gli effetti. Il documento scioglie il
Parlamento e lo sostituisce con un Consiglio nazionale di transizione (Cnt) composto da 551
membri. Al Cnt spetterà il compito di eleggere
un Consiglio presidenziale di cinque membri, il
quale a sua volta nominerà un Governo di transizione. Ma soprattutto, il decreto stabilisce che sia
il Consiglio di transizione sia il Consiglio presidenziale siano sotto il diretto controllo del Comitato supremo rivoluzionario.
In questa situazione confusa — dicono gli analisti — trovano spazio le cellule terroristiche legate
ad Al Qaeda, che proprio nello Yemen, secondo
gli Stati Uniti, ha i suoi nuclei operativi più pericolosi, nonostante i ripetuti bombardamenti dei
droni americani. Secondo il Site, sito internazionale di monitoraggio dell’estremismo islamico, alcuni gruppi di combattenti qaedisti nel Paese sarebbero intenzionati ad aderire al cosiddetto Stato islamico attivo in Iraq e in Siria. E a rendere
ancor più complicata la situazione vi è la presen-
Due sospetti terroristi
arrestati in Australia
Combattimenti
nel Myanmar
NAYPYIDAW, 12. Violenti scontri a
fuoco tra l’esercito del Myanmar e i
ribelli dell’Alleanza democratica nazionale (Mndaa, noti anche come
truppe Kokang) sono stati registrati
nelle ultime ore nel Kokang, nello
Stato Shan, regione settentrionale
del Paese del sud-est asiatico, al
confine con la Cina.
Il Mndaa faceva parte di una forza di guerriglia sostenuta dalla Cina, chiamata Partito comunista della Birmania, e divenne il primo di
una dozzina di gruppi etnici armati
a firmare un accordo bilaterale di
cessate il fuoco con il Governo, dopo che il gruppo si divise nel 1989.
Nuovo
primo ministro
a Timor Est
DILI, 12. Nuovo primo ministro a
Timor Est, dopo le discusse dimissioni la scorsa settimana di Xanana Gusmão, tra i personaggisimbolo dell’indipendenza dall’Indonesia nel 2002. Il presidente,
Tan Matan Ruak, ha scelto come
prossimo capo dell’Esecutivo l’ex
ministro della Sanità, Rui Araújo,
esponente del partito Fretilin,
all’opposizione nel Parlamento di
Dili. Araújo era stato proposto da
Gusmão e dal partito del Congresso nazionale per la ricostruzione timorese. Per gli analisti, la
nomina dell’ex ministro è una importante mossa di riconciliazione
per allentare le tensioni politiche,
favorire il rinnovamento della
classe dirigente e dare impulso alle nuove, necessarie riforme per
fare ripartire il Paese.
za di un forte movimento secessionista nel Sud,
che vorrebbe la creazione di uno Stato separato,
come quello esistito fino al 1990.
Secondo fonti citate dalla televisione panaraba
«Al Jazeera», i ribelli huthi si sono impossessati
di una ventina di autoveicoli dell’ambasciata americana dopo che la sede diplomatica era stata evacuata, mentre l’agenzia Ap riferisce che migliaia
di sostenitori delle milizie sciite hanno manifestato ieri nelle vie di San’a gridando slogan antioccidentali. Nelle stesse ore migliaia di manifestanti
contrari ai ribelli huthi sono sfilati nelle strade di
Taiz, la terza città yemenita, nel sud-ovest del
Paese, uno dei centri della protesta che quattro
anni fa portò alle dimissioni di Saleh. Ma gli huthi, che ora hanno nelle loro mani dieci delle ventidue province del Paese, sembrano più che mai
intenzionati a proseguire nella loro marcia per
impadronirsi di quelle che ancora sfuggono al loro controllo. L’ultima città espugnata è stata ieri
quella di Radda, nella provincia centrale di Al
Bayda, dove nove persone sono state uccise e
quindici ferite negli scontri con forze locali che
cercavano di opporsi all’avanzata degli sciiti.
Tuttavia, l’accordo finì nel 2009,
quando ai gruppi armati fu chiesto
di trasformarsi in guardia di frontiera paramilitare sotto il controllo
dell’esercito nazionale: una ristrutturazione che il Mndaa non accettò. Le cause degli attuali scontri,
che hanno causato diverse vittime e
migliaia di sfollati, non sono ancora
chiare. Un portavoce del Mndaa,
parlando con i giornalisti locali, ha
negato che le loro forze, stimate a
circa tremila unità, abbiano attaccato le truppe governative, superiori
di gran numero e molto meglio attrezzate.
Scongiurato in Brasile
un disastro ambientale
La conferenza stampa delle forze di sicurezza a Sydney (Reuters)
CANBERRA, 12. Due uomini sono
stati arrestati ieri in Australia con
l’accusa di essere sostenitori del cosiddetto Stato islamico e di pianificare attacchi con armi da taglio nella città di Sydney. I due sono stati
catturati nel corso di una vasta operazione delle forze di sicurezza a
Fairfield, un sobborgo di Sydney.
Come ha riferito il premier australiano, Tony Abbott, la polizia è
intervenuta poiché si temeva un imminente attacco terroristico. Catherine Burn, vice capo della polizia
del Nuovo Galles del Sud, ha spiegato all’emittente televisiva Abc che
l’unità antiterrorismo è intervenuta
dopo avere ricevuto una soffiata.
Durante gli arresti, gli agenti hanno
rinvenuto un machete, un coltello
da caccia, una bandiera dello Stato
islamico e un video nel quale un
uomo parlava in arabo di una serie
di attentati da compiere a Sydney.
Secondo la polizia, l’azione dei due
arrestati prevedeva anche una decapitazione pubblica.
BRASILIA, 12. Una violenta esplosione causata da una fuga di gas è stata registrata ieri su una nave-piattaforma petrolifera del colosso statale
brasiliano Petrobras, ormeggiata a
circa cinquanta miglia dalla costa
dello Stato di Espírito Santo, a
nord di Rio de Janeiro. Lo scoppio
ha provocato cinque vittime, dieci
feriti, due dei quali con gravi ustioni, e sei dispersi, secondo fonti del
sindacato brasiliano dei lavoratori
del settore petrolifero.
Tratte in salvo altre trentatré persone che si trovavano a bordo della
struttura. Le squadre di soccorso sono riuscite a domare in poche ore
l’incendio seguito all’esplosione e
hanno scongiurato il rischio di un
disastro ambientale come quello avvenuto nel 2012 al largo delle coste
di Rio de Janeiro, in seguito alla
fuoriuscita di petrolio da una piattaforma della Chevron, che causò una
marea nera di oltre duecento chilometri quadrati. L’Agenzia brasiliana per il petrolio ha assicurato che
non vi è stata fuoriuscita di greggio
e che la piattaforma è «stabile».
L’esplosione si è verificata nella sala di pompaggio della Cidade São
Mateus, ormeggiata al largo delle
coste di Aracruz. In quella zona
dell’oceano, i tecnici della Petrobras hanno individuato un grande
giacimento di greggio nascosto a
oltre duemila metri di profondità.
Il Brasile ha investito molto
nell’ultimo decennio nella ricerca
di giacimenti di presal, un greggio
di difficile estrazione. La Cidade
São Mateus estrae 2.200 barili di
greggio e due milioni e mezzo di
metri cubi di gas al giorno. La nave-piattaforma era stata ispezionata
nell’aprile 2014 dai tecnici della
marina, che rilevarono alcune lacune nei sistemi di sicurezza.
KABUL, 12. Nel gennaio scorso,
primo mese dopo la conclusione
della missione della Forza internazionale di assistenza alla sicurezza
(Isaf), si sono verificati in Afghanistan quasi settecento incidenti.
In un rapporto diffuso dai media locali, utilizzando dati dei servizi di intelligence e dei ministeri
della Difesa e degli Interni, si precisa che negli scontri in gennaio
sono rimasti uccisi 1324 oppositori
armati, 171 membri delle forze di
sicurezza afghane e 108 civili. Nello stesso periodo, rileva ancora il
documento, esercito e polizia locali hanno compiuto 315 operazioni contro i talebani, arrestando
numerosi militanti e sequestrando
armi ed esplosivi. La provincia
meridionale di Kandahar, luogo
dove è nato il movimento talebano, è stata quella dove è avvenuto
il maggior numero di incidenti di
sicurezza.
E a causa della instabilità nel
Paese, l’Amministrazione Obama
sta considerando di rallentare il ritiro delle proprie truppe dall’Afghanistan per la seconda volta,
dopo avere valutato che la situazione della sicurezza resta ancora
altamente precaria.
Secondo i piani del comandante
delle forze statunitensi e della Nato, generale John Campbell, il ritiro dei soldati stranieri potrebbe
essere dilazionato nel corso del
2015, in modo da permettere un
maggiore addestramento delle
truppe afghane nel combattere i
miliziani talebani. In ogni caso
dovrebbe essere rispettata la data
finale della missione statunitense,
che si concluderà interamente nei
primi mesi del 2017.
L’opzione di Campbell, comunque, potrebbe essere quella di
mantenere temporaneamente più
dei 5.500 soldati, di mantenere attivi più del dovuto i centri regionali di formazione o di ripensare
l’intenzione di chiudere le basi.
Tutte soluzioni — informano i media — che verranno analizzate nelle prossime ore alla Casa Bianca
da Campbell e dai consiglieri del
presidente Obama.
I funzionari americani dovrebbero prendere una decisione in
merito prima della visita del presidente afghano, Ashraf Ghani, a
Washington, a marzo. Proprio
Ghani aveva chiesto a Obama di
riesaminare il suo programma di
ritiro delle truppe. Il presidente
americano aveva annunciato il
piano di ritiro dei suoi soldati a
maggio 2014, prima dell’emergere
della lunga disputa elettorale sulle
presidenziali che ha fatto emergere dubbi sulla stabilità afghana.
Trichechi
meglio
del petrolio
ANCHORAGE, 12. Per salvare i trichechi la Casa Bianca ha proibito
tutte le trivellazioni petrolifere in
alcune aree a nord dell’Alaska.
Queste aree sono conosciute come
Hanna Shoal, a circa 130 chilometri dalla costa dell’Alaska. Sono
composte da banchi di sabbia e si
trovano nel mare dei Ciukci, che
separa il nord-ovest dell’Alaska
dalla Siberia. Ci vivono migliaia
di trichechi che crescono i cuccioli
sulle secche. Secondo gli esperti,
in quel tratto di mare ci sarebbero
fino a 26 miliardi di barili di petrolio. I politici locali hanno contestato la decisione perché intendono sfruttare le risorse per creare
posti di lavoro e aumentare la
produzione energetica. Il 90 per
cento degli introiti dell’Alaska dipende dal petrolio.
L’OSSERVATORE ROMANO
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venerdì 13 febbraio 2015
Una ricerca internazionale alla Freie Universität di Berlino
Tre rami
per il Corano
«Birdman» del regista messicano Alejandro González Iñarritu
Furbizia tecnica
ma molto ispirata
di EMILIO RANZATO
iggan Thomson (Michael
Keaton) è un attore in declino che ormai viene ricordato
soltanto per aver impersonato
sullo schermo il supereroe
Birdman. Adesso però decide di ridare
slancio alla propria carriera cambiando
completamente orizzonte, e portando a
Broadway un testo tratto da Carver. Fra
mille scetticismi, crisi esistenziali, rapporti
R
Un unico piano-sequenza di due ore
Follia resa oggi possibile
dalla tecnologia digitale
che consente di unire fittiziamente
tante piccole riprese
difficili con moglie e figlia (Amy Ryan e
Emma Stone), attori eccentrici e indisciplinati (Edward Norton, Naomi Watts),
Riggan riuscirà nell’impresa, ma in modo
del tutto imprevedibile e personale.
Il regista e sceneggiatore messicano
Alejandro González Iñarritu è noto per i
suoi film tanto affascinanti quanto furbi.
Anzi, il cui fascino è dovuto in gran parte
proprio a furbizie stilistiche e narrative offerte di soppiatto al pubblico.
Amores perros (2000), suo film d’esordio
quando girava ancora in patria, è formato
da episodi realizzati in modo molto diverso l’uno dall’altro senza un vero motivo;
21 grammi (2003), il debutto americano, è
un melodramma di grana abbastanza
grossa raccontato con un originale ma
Intervista all’arcivescovo Gänswein
La scelta
di Benedetto
XVI
La rinuncia al pontificato di Benedetto XVI è stata
«un grandissimo atto di governo della Chiesa». A
ribadirlo, nell’anniversario della storica dichiarazione
di Papa Ratzinger, è l’arcivescovo Georg Gänswein,
prefetto della Casa pontificia, in un’intervista a Gian
Guido Vecchi pubblicata sul «Corriere della Sera»
del 12 febbraio. «Benedetto XVI è convinto che la
decisione presa e comunicata sia quella giusta. Non
ne dubita» ha spiegato monsignor Gänswein che di
Joseph Ratzinger continua a essere segretario
particolare nel monastero Mater Ecclesiae in
Vaticano. E infatti il Papa emerito «è serenissimo e
certo di questo: la decisione era necessaria, presa
“dopo aver ripetutamente esaminato la mia coscienza
davanti a Dio”». Con la consapevolezza «di dover
guardare non alla propria persona ma al bene della
Chiesa». Per monsignor Gänswein «le ragioni sono
nella sua declaratio. La Chiesa ha bisogno di un
timoniere forte. Tutte le altre considerazioni e ipotesi
sono sbagliate». Il presule sottolinea con nettezza
che «non si possono fondare ipotesi su cose che non
sono vere, totalmente assurde». Tanto che
«Benedetto stesso ha detto di aver preso la sua
decisione in modo libero, senza alcuna pressione» e
assicurando «reverenza e obbedienza» al successore
che sarebbe stato eletto. Alla domanda di Vecchi se
queste considerazioni e ipotesi nascano da mancanza
di senso della Chiesa risponde senza esitare: «Sì, i
dubbi sulla rinuncia e l’elezione nascono da questo».
Nell’intervista, l’arcivescovo ha sottolineato la scelta
coerente di «vita monastica» compiuta da Benedetto
XVI. E così Ratzinger «esce solo quando glielo chiede
Papa Francesco, per il resto non accetta altri inviti».
E ha concluso che ad accomunare il Pontefice e il
suo predecessore, pur nella diversità dei «modi di
espressione», sono proprio «la sostanza, il contenuto,
il depositum fidei, da promuovere e da difendere».
gratuito andirivieni temporale che serve
soltanto ad acuire pretestuosamente i momenti di dramma; Babel (2006) vorrebbe
unire storie diversissime in una sorta di
panteismo esistenziale a dir poco velleitario, anche se di bell’effetto strettamente
visivo; Biutiful (2010), infine, ricatta il
pubblico con ampie dosi di patetismo.
Tutti limiti che gli sono stati rinfacciati da
gran parte della critica, assieme al riconoscimento di ottime ma spesso vuote doti
tecniche.
E oggi, con questo Birdman, il regista
sembrerebbe voler proseguire spudoratamente nella stessa direzione, facendo
qualcosa che a prima vista appare come
quanto di più furbo e ostentatamente tecnico non si potrebbe immaginare: girare
un film di due ore quasi interamente con
un unico piano-sequenza, follia resa oggi
possibile dalla tecnologia digitale, che
permette di attaccare tante piccole riprese
in un unico fittizio continuum.
Eppure, anche visto nell’ottica del semplice esercizio di regia, il film convince
molto più dei precedenti fin dall’inizio,
tanto è sorprendente il modo di tenere insieme personaggi, ambienti, dettagli infinitesimali. Perché le riprese possono anche essere state “incollate” in post-produzione, ma farlo in maniera da renderle
un’unica coreografia così fluida e piena di
ritmo non è affatto facile. Se è furbizia,
insomma, stavolta è furbizia davvero ispirata.
Ma proprio quando il gioco arriva sul
punto di stancare, il film ha un colpo
d’ala degno dell’eponimo supereroe, si affranca dal semplice esercizio e si avvia a
capofitto in una mezz’ora finale straordinaria in cui tutti gli elementi del racconto
prendono magicamente consistenza, ogni
cosa viene spiegata e anche ciò che appa-
riva più gratuito, come i poteri sovrannaturali del protagonista, assume invece un
significato tanto sul piano logico che su
quello poetico. Riggan non sarà magari
capace di rendere fedelmente Carver, e dimostrarsi dunque all’altezza di un lavoro
artistico colto, ma va ben oltre tutto ciò,
rappresentando in qualche modo se stesso
sulla scena.
E allo stesso modo il film si rivela un
bilancio esistenziale e professionale meno
pretenzioso ma soprattutto molto più sincero di quanto ci si poteva aspettare. Un
piccolo Otto e mezzo in cui Iñarritu parla
ovviamente del redivivo Keaton — dimenticato da Hollywood quasi subito dopo il
picco di celebrità dovuto ai Batman di
Burton — ma soprattutto di sé, mettendo
prima alla berlina i suoi limiti e i suoi vizi, e facendoli poi convogliare in qualcosa
che stavolta ha davvero un senso, in virtù
proprio di quel coraggio di analizzarsi e
mostrarsi al pubblico.
Ecco allora che quella scelta stilistica
apparentemente forzata su cui tutto si
poggia — l’infinito piano-sequenza — da
ennesimo espediente subdolo si trasforma
prima in aperta confessione di artificio, e
poi in indispensabile mezzo espressivo
per rappresentare al meglio un flusso di
coscienza.
E c’è davvero molto di Fellini in questo
fare dell’artificio uno strumento di verità.
E anche molto di Welles, guarda caso il
padre del piano-sequenza, di cui fra l’altro
quest’anno ricorre il centenario della nascita. Forse sono consapevoli omaggi, o
forse altre magie di un film in cui ogni
elemento sembra incanalarsi da sé verso
un significato. E che rappresenta un provvidenziale spiraglio nel panorama desolato e tenebroso del cinema di oggi.
A Londra una mostra su John Singer Sargent
Filosofia dello sguardo
Amava dire di sé: «Sono
un americano nato in Italia, educato in Francia, che
parla inglese, sembro un
tedesco e dipingo come
uno spagnolo». L’artista
John Singer Sargent (Firenze 1856 - Londra 1925)
non faceva certo mistero di
una formazione culturale
poliedrica e dinamica. Ma
in fondo il suo talento si
concentrò in particolare sui
ritratti.
Concependo la pittura
come uno strumento narrativo che mira a scandagliare i più intimi recessi del
soggetto, il ritratto in Sargent viene a configurarsi
come un’acuta e serrata introspezione dell’io: è lo
sguardo, in questo modo
di intendere la pittura, a
recitare la parte del protagonista. Ne è conferma la
mostra (dal 12 febbraio al
25 maggio) presso la National Portrait Gallery, a
Londra, dove sono esibiti
alcuni dei ritratti più celebri di Sargent: da Robert
Stevenson and his wife alla
Carmencita, da Madame x
alla Ragazza di Capri. In
queste opere è lo sguardo
a colpire e a rapire: fatto
che acquista una rilevanza
ancor più pregnante considerando che i soggetti so-
no inseriti in uno scenario
più vasto, dove anche altri
elementi suscitano attenzione e attrazione. Ed è
grazie al ritratto a valenza
psicologica che l’artista si
fece apprezzare soprattutto
presso l’aristocrazia e l’alta
borghesia europea e statunitense. Si dice che a quel
tempo, grazie ai ritratti che
ne fece, la fama dell’autore
di Treasure Island e di The
Strange Case of Dr. Jekill
and Mr. Hyde conobbe
una vertiginosa ascesa.
Ora, col senno di poi, si
potrebbe affermare che la
grandezza di Stevenson
non era debitrice nei riguardi di nessuno: ma fatto sta che fu lo stesso scrittore a dirsi onorato dell’attenzione di Sargent, rilevando, nel contempo, la
suggestiva veridicità di
quei ritratti, e di quegli
sguardi. (gabriele nicolò)
John Singer Sargent, «Robert Stevenson and his wife» (1885)
«Il Profeta e i suoi compagni pensavano che il loro messaggio valesse
per il mondo intero. Oggi sembra
rivolgersi solo al mondo musulmano, ed è un peccato». Lo dice Angelika Neuwirth, docente di letteratura araba alla Freie Universität di
Berlino in un’intervista pubblicata
su «Le Monde» del 7 febbraio.
Secondo la studiosa, l’islam è stato escluso a torto dalla cultura occidentale. «Se l’ebraismo appartiene
alla nostra cultura, allora anche
l’islam» ne fa parte, dice Neuwirth,
che aggiunge: «È più facile integrare un giudaismo familiare rispetto
al vasto islam, che si preferisce tenere a distanza. Abbiamo trascurato
troppo a lungo il lavoro intellettuale sul Corano e sull’islam».
Neuwirth dirige un programma
di ricerca internazionale sotto l’egida dell’Accademia delle scienze di
Berlino insieme ai colleghi Michael Marx e
Nicolai Sinai. Denominato Corpus Coranicum, il progetto si fonda sull’idea di riunire i
tre rami delle scienze
che approfondiscono il
testo sacro all’islam: lo
cristianesimo nascente erano gemelli e hanno sviluppato identità distinte solo dopo lunghi dibattiti.
L’islam è stato troppo presto considerato “altro”: dai cristiani, per ragioni politiche legate alle conquiste
musulmane, e dai musulmani stessi,
che proclamavano la novità assoluta
del Corano. Questa idea, a mio parere falsa, ha condizionato il nostro
sguardo» dice Neuwirth.
Per questo è il momento di ricollocare il Corano nel suo tempo.
Quando il testo «apparve, nel VII
secolo — sostiene la studiosa — c’era
già una lunga tradizione di trasmissione orale delle storie bibliche. I
Del testo sacro all’islam
bisogna approfondire
la tradizione manoscritta
il contesto storico
e il significato delle sure
studio della tradizione
manoscritta, le fonti
dello stesso Corano e i
testi risalente soprattutto alla tarda antichità che ne aiutano la
comprensione e, infine,
il commento delle sure, nel tentativo di
contestualizzare il testo
sacro all’interno dei dibattiti del
suo tempo. «Si scopre così — sostiene la studiosa — che se il Corano
insiste sulla misericordia, la carità,
l’attenzione verso i deboli, è per
contrastare» tradizioni diverse e incoraggiare la ricerca spirituale.
I lavori di Neuwirth mirano a dimostrare che il Corano è «figlio della tarda antichità, un momento
molto particolare in cui ogni religione rivisita la propria tradizione
per trasformarla. Il giudaismo e il
Angelika Neuwirth
racconti, conosciuti da tutti, interessavano meno delle interpretazioni.
Non si trattava di rinnovare la trama per divertire il pubblico, ma di
riformulare certi episodi a uso della
comunità nascente. Il grande interrogativo che i primi seguaci meccani di Maometto si ponevano era sapere come preservare la fede di
fronte alle persecuzioni. La Bibbia
forniva loro degli exempla che li
aiutarono a resistere malgrado l’oppressione. Si assiste così alla costruzione di un’identità separata in un
contesto decadente, quello delle città d’Arabia dell’epoca, un po’ come
Mosè in Egitto».
Ebraistica o giudaistica?
Si presenta sempre un dilemma:
Ebraistica o giudaistica? Tutto
parte dal termine tedesco Judaistik.
Nella traduzione italiana
dell’Introduzione all’ebraistica
(Brescia, Morcelliana, 2013)
Stemberger Günter, professore
emerito proprio di Judaistik
dell’università di Vienna, perimetra
chiaramente il dilemma:
«L’ebraistica è lo studio scientifico
della storia, della cultura e della
religione dell’ebraismo dai suoi
primordi biblici fino a oggi». Lo
studio diviene quindi una mappa
per comprendere i percorsi e le
tematiche del giudaismo, non facile
da comprendere perché si presenta,
insieme, poliedrico e unitario, sia in
campo spirituale, sia in campo
letterario. La disciplina, pur avendo
avuto una lunga preistoria, è una
materia piuttosto recente. Requisito
fondamentale appare la conoscenza
dell’ebraico e delle altre lingue in
cui sono stati stampati i libri base
per procedere nell’indagine,
tuttavia esistono ambiti
dell’ebraismo «che possono essere
studiati anche senza “zavorra
filologica”». Con un avvertimento:
«In Europa non è possibile
affrontare lo studio dell’ebraistica
senza tener conto della tradizione
cristiana, che condiziona fortemente
ogni nostro discorso sui concetti di
storia e tradizione». La prospettiva
adottata da Günter è «volutamente
conservatrice, nella convinzione che
le fasi più antiche della cultura
ebraica costituiscano il fondamento
di ogni sviluppo ulteriore e allo
stesso tempo siano i settori in cui
più richieste sono le conoscenze
specialistiche dello studioso di
ebraistica». Un glossario aiuta a
risolvere i dubbi che si affacciano a
chi legge il manuale che termina
con un avvertimento: «Il cerchio si
chiude: senza una conoscenza
profonda della letteratura della
tradizione rabbinica, anche
l’accesso alle manifestazioni
moderne del pensiero ebraico è
possibile solo con difficoltà».
(cristiana dobner)
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 13 febbraio 2015
La basilica barcellonese è un’esplosione di gioia
Circondata di luce
e accompagnata sempre dal colore
contribuisce a suscitare l’allegria
di chi la osserva
pagina 5
La basilica della Sagrada Família
a Barcellona
di LLUIS MARTÍNEZ SISTACH
olte realtà ecclesiastiche
stanno lavorando sull’esortazione apostolica di Papa
Francesco Evangelii gaudium. È naturale l’interesse
suscitato da questo testo del Papa, perché
— come lui stesso ha detto — racchiude il
contenuto programmatico del suo pontificato per tutta la Chiesa, incentrato soprattutto sul comunicare a tutta la Chiesa la
gioia della fede e la «dolce e confortante
gioia di evangelizzare».
Riflettendo su questo programma del
Papa, mi è venuto in mente un certo parallelismo tra l’Evangelii gaudium e il nostro grande architetto Antoni Gaudí y
Cornet (1852-1926), il geniale creatore della basilica barcellonese della Sagrada Família. Direi che la sua vita e la sua opera
incarnano molti contenuti del documento
programmatico di Francesco.
A volte l’etimologia offre piste di comprensione molto suggestive. Nel mio caso
mi ha invitato a riflettere sulla vicinanza
tra il termine gaudium del documento del
Papa e il cognome del nostro architetto,
Gaudí.
Suscitano gioia e allegria quelle cose
quae visa placent (che, una volta viste,
piacciono). Gaudí fu un cristiano molto
consapevole ed esemplare — al punto che
è già stato avviato a Roma il suo processo
di beatificazione — e voleva che le sue
opere architettoniche fossero espressione
della fede e suscitassero la gioia della fede
in quanti le contemplavano. La Sagrada
Família è un’esplosione di gioia, di alle-
M
L’«Evangelii gaudium» e Antoni Gaudí
Ecologista
ante litteram
Un pittore catalano, in un dipinto chiaNell’ultima tappa della sua vita, Gaudí
mato La cattedrale dei poveri, confermò visse molto poveramente, rinunciando a
questa profonda sintonia dell’opera della progetti tentatori per dedicarsi esclusivamente al tempio della Sagrada Família.
Sagrada Família con i poveri.
Inoltre Gaudí curava molto il suo rap- Morì investito da un tram mentre, come
porto personale con gli operai; andava a faceva quotidianamente, al termine della
visitarli a casa, se erano malati, li consi- giornata di lavoro stava andando alla chiegliava di non eccedere — soprattutto nel sa della congregazione di San Filippo Nebere — e si preoccupava che non mancasse ri, accanto alla cattedrale barcellonese, per
loro nulla, offrendo — se era necessario — restare a lungo in preghiera di adorazione
il suo aiuto finanziario, sebbene in quegli dinanzi al Santissimo Sacramento, nella
anni anche lui vivesse molto poveramente devozione chiamata delle “Quaranta Ore”.
nel cantiere, come un costruttore medieva- Era vestito in modo dimesso e non fu rile di cattedrali, insieme ai suoi operai e conosciuto. Ricoverato all’ospedale della
così austeramente come loro, e forse anche Santa Croce, o dei poveri, come lui desiderava, le sue ultime parole, dopo aver ridi più.
cevuto i sacramenti, furono: «Dio mio,
Fece anche costruire delle scuole vicino
Dio mio».
al tempio per i figli degli operai e degli
Il capitolo quinto dell’esortazione di
abitanti del quartiere.
Papa Francesco è dedicato agli «evangeCon la sua consueta gelizzatori con spirito» e contiene alcune
nialità, imitò architettomotivazioni per un rinnovato spirito misnicamente le strutture
sionario. Il Papa desidera pastori con odoAnche la sensibilità verso i poveri
del cuore umano e citò i
re di pecora, non meri funzionari. Ci parla
nomi delle tre persone
accomuna Papa Francesco
dell’«incontro personale con l’amore di
della Santa Famiglia:
Gesù che ci salva», del piacere spirituale
e l’architetto spagnolo
Gesù, Maria e Giusepdi essere popolo, dell’azione misteriosa del
pe. Un bel modo di diL’uno parla della Chiesa samaritana
re che sono l’amore e la Risorto e del suo Spirito, e della forza
l’altro viveva austeramente nel cantiere
famiglia a dover ispirare missionaria della preghiera, più concretamente della preghiera d’intercessione.
l’attività di ogni scuola.
Insieme con i suoi operai
Su questo punto, il parallelismo con
Il Papa emerito, al
termine della solenne Gaudí mi sembra molto suggestivo e ispiratore.
Gaudí, soprattutto nella maturità,
cerimonia di dedicazione, ha riconosciuto que- aspirava a trasformare tutte le sue opere in
gria della fede. La sua tecnica depurata, sta preoccupazione sociale di Gaudí di- un’espressione pubblica e missionaria delcircondata di luce e accompagnata sempre cendoci: «Disegnò e finanziò con i propri la fede cristiana.
Completava tutte le sue opere con la
dal colore, contribuisce a suscitare questo risparmi la creazione di una scuola per i
sentimento in quanti osservano la sua figli dei muratori e per i bambini delle fa- croce e nel suo famoso edificio chiamato
La Pedrera volle porre una statua della
opera.
miglie più umili del quartiere, allora un Santissima Vergine, «piena di grazia» —
Esiste un aneddoto molto significativo a sobborgo emarginato di Barcellona. Facel’edificio di fatto si trovava al confine con
tale proposito. Delle dodici torri dedicate va così diventare realtà la convinzione che
l’antica Villa de Gracia — il che lo mise in
agli apostoli del Signore, superate in al- esprimeva con queste parole: “I poveri deconflitto con i suoi committenti, i proprietezza solo da quelle dedicate a Cristo, alla vono sempre trovare accoglienza nella
tari del famoso edificio.
Vergine Maria e ai quattro evangelisti, Chiesa, che è la carità cristiana”». L’opera
Nella Sagrada Família portò i retablos
Gaudí riuscì a vederne solo una. Una vol- evangelizzatrice del tempio della Sagrada
fuori dal tempio, mosso dal suo anelito
ta tolta l’impalcatura, apparve il colore in- Família in questo spirito assumeva una dievangelizzatore. Sono le tre facciate — deltenso dei simboli episcopali che coronano mensione sociale. Come dice Papa France- la Nascita, della Passione e della Gloria —
le torri degli apostoli.
sco, così non si corre «il rischio di sfigura- una sintesi in pietra della vita del Signore
Gaudí allora domandò a un uomo del re il significato autentico e integrale della e della vita cristiana; potevano evangelizquartiere in cui si stava innalzando il tem- missione evangelizzatrice» (ibidem, n. 176). zare quanti passavano di lì. Sono famosi a
pio, che impressione gli suscitasse quella
livello mondiale i profili
torre. L’uomo, che si stava recando agli
delle torri, con le iscriuffici del cantiere, per sistemare e mettere
zioni latine del sanctus,
a punto gli orologi, fu molto schietto ed
sanctus, sanctus. Iscrizioespressivo. Fa goig!, disse in catalano.
ni non all’interno, ma
Espressione che equivale a un «fa piacere
chiaramente all’esterno.
vederla!». E Gaudí spiegò ai suoi collaboVoleva che, ascendendo
ratori che gli era piaciuta molto quella pricome una fascia elicoima reazione di un uomo dello stesso quardale lungo le torri, potiere della Sagrada Família, che allora era
tessero leggerle tutti i
un quartiere periferico di Barcellona.
passanti, credenti e non
Papa Francesco — come il santo di Assicredenti, e leggendole,
si — vuole che scopriamo e viviamo la
alzassero gli occhi verso
gioia della fede. Nella sua esortazione
il cielo e lodassero Dio.
apostolica ci invita a una tappa evangelizCome il Papa, Gaudí
zatrice marcata dalla gioia del Vangelo e
valorizzava la dimensiodell’evangelizzazione (Evangelii gaudium,
ne evangelizzatrice della
n. 1).
liturgia, che conosceva
Il Papa ha detto e ripetuto fin dal prie celebrava. Non per
mo momento del suo ministero come venulla leggeva costantescovo di Roma che desidera ardentemente
mente L’anno liturgico
«una Chiesa povera e per i poveri», una
di
dom
Guéranger,
Chiesa samaritana, madre tenera e miseriabate di Solesmes.
cordiosa, «perché Dio non si stanca mai
La realizzò trasferendi perdonare, siamo noi che ci stanchiamo
do il coro dei canonici
di chiedere la sua misericordia» (ibidem, n.
della cattedrale di Mal3). E il capitolo quarto dell’Evangelii gaulorca alla zona del predium è dedicato alla «dimensione sociale
sbiterio e la completò
dell’evangelizzazione», e soprattutto alla
nel tempio della Sagra«inclusione sociale dei poveri».
da Família, che progetGaudí vedeva che molti poveri andavatò fino all’ultimo dettano a chiedere l’elemosina vicino al tempio
glio per dare spazio e
che stava nascendo e disse che «i poveri
rendere visibile la celedevono essere sempre accolti nella Chiebrazione a tutta l’assa». Volle che quell’opera che stava cosemblea dei fedeli.
struendo fosse chiamata «la cattedrale dei
In tal senso fu un
poveri», perché sorgeva in un quartiere
precursore delle intuicompletamente periferico, quelle periferie
zioni del concilio VatiPablo
Picasso,
«Il
pasto
frugale»
(1904)
cano II sulla liturgia.
dove il Papa ci invita ad andare.
«Nella liturgia tutto è previsto» diceva
Gaudí, mosso dalla sua grande ammirazione per il culto cristiano, dai simboli e i
riti al canto. Una delle foto più belle che
si conservano di lui è quella della sua partecipazione alla processione del Corpus
Christi, tanto solenne e di antica tradizione a Barcellona, alle porte della cattedrale,
con i suoi capelli bianchi, il suo sguardo
raccolto in adorazione e con un grande
cero tra le mani.
Nel suo incontro con i giornalisti, nel
viaggio di ritorno dalla Corea del Sud, il
Papa ha parlato della preparazione di
un’enciclica sui problemi dell’ecologia.
Già il 19 marzo 2013, nell’omelia della
messa d’inizio pontificato, parlando di san
architettura si basa sull’osservazione della
natura in quanto opera di Dio, come voleva san Francesco di Assisi. Amò tanto la
natura e le sue forme che fu ecologista
quando ancora nessuno parlava di questa
disciplina.
La particolare sintonia di Gaudí con
Papa Francesco è radicata soprattutto nella famiglia. Il tema è nell’agenda prioritaria del Papa, che ha convocato il Sinodo
straordinario del 2014 e quello ordinario
del 2015 sul tema delle sfide della famiglia
nel contesto dell’evangelizzazione. Gaudí
fu un difensore della famiglia, si prese cura della propria con grande dedizione, nonostante la mole di lavoro professionale
che s’imponeva, in particolare di suo padre e di sua nipote Rosa Egea, una ragazza dalla salute precaria. Quando arrivava
alla propria casa nel parco Güell, dove viveva con suo padre e sua nipote, la prima
cosa che chiedeva era: «Come ha passato
la giornata la bambina?».
C’è un brano dell’Evangelii gaudium che
mi sembra illustrare molto bene la personalità e l’opera di Gaudí. Papa Francesco
parla di un «primo principio per progredire nella costruzione di un popolo: il tempo è superiore allo spazio» (n. 222). Questo principio — come ci dice il Papa —
permette di lavorare a lungo termine, senza l’ossessione dei risultati immediati:
«Aiuta a sopportare con pazienza situazioni difficili e avverse, o i cambiamenti dei
piani che il dinamismo della realtà impone (…). Dare priorità al tempo significa
occuparsi di iniziare processi più che di
possedere spazi. Il tempo ordina gli spazi,
Marc Chagall, «Il Cantico dei cantici» (1958)
Giuseppe, che fu custode di Gesù e di
Maria, Francesco aveva sottolineato il bisogno di custodire anche l’ambiente, il
creato che Dio ha messo nelle mani degli
uomini.
La Sagrada Família è il Cantico delle
Creature del grande santo di Assisi nel linguaggio dell’architettura. Non credo esista
al mondo un altro tempio con tanta pre-
Fu precursore delle intuizioni
del concilio Vaticano II
«Nella liturgia tutto è previsto»
diceva l’artista che amava
i simboli, i riti e il canto
senza, a lode del Creatore, della flora e
della fauna terrestri. La basilica della Sagrada Família non è solo un bosco, è anche un grande giardino con fiori e frutti
del mondo mediterraneo, bagnati dalla
sua luce, la «luce ideale», secondo il nostro architetto. Gaudí è geniale nella creazione di forme geometriche regolate, al
punto che, in una delle sue frasi più acute, arrivò a dire che «la retta è la linea degli uomini, ma la curva è la linea di Dio».
Gaudí possiede un profondo spirito francescano e la sua arte è eminentemente
francescana perché s’ispira alla natura. Arrivò a dire: «L’albero che sta di fronte al
mio cantiere, è lui il mio maestro». La sua
li illumina e li trasforma in anelli di una
catena in costante crescita, senza retromarce» (n. 223). Quando gli facevano notare
che la costruzione della Sagrada Família
stava durando molto, Gaudí rispondeva:
«Il mio cliente non ha fretta».
Si tratta di sapere avviare processi e
non di cercare di occupare spazi di potere,
con l’illusione di ottenere risultati immediati. Gaudí non volle mai
occupare spazi di potere;
amò profondamente e visse
la povertà, sia nella sua persona sia nella sua opera
principale, la Sagrada Família, la cui costruzione fu ferma per lungo tempo, mentre
Gaudí era in vita, per mancanza di risorse finanziarie.
Ma seppe anche dare avvio
a un processo. Un processo i
cui modelli sono molto fecondi e vari, sia nell’ambito architettonico,
sia in quello culturale, religioso ed evangelizzatore, per i milioni di persone che
visitano la basilica.
Ci auguriamo che il processo da lui avviato acquisti particolare visibilità con il
termine dei lavori della basilica della Sagrada Família, previsto per il 2026, anno
in cui si celebrerà il centenario della sua
morte. Per evidenziare la visibilità spirituale del “processo gaudiniano” confidiamo nel fatto che, se la Chiesa così decide,
vedremo la sua beatificazione, e sarebbe il
primo architetto della storia ad essere elevato agli onori degli altari. È questa la nostra speranza.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 6
venerdì 13 febbraio 2015
Gli ostacoli all’unità secondo il metropolita ortodosso Hilarion
Quello
che ancora manca
MOSCA, 12. «Oggi siamo divisi
nell’essenza stessa della testimonianza che siamo chiamati a portare
al mondo esterno. Non parliamo
con una sola voce, non predichiamo gli stessi insegnamenti morali, non siamo in grado di mostrare solidarietà comune nel sostenere i
principi morali, su cui
è stata costruita per
secoli la vita della comunità cristiana»: non
ha nascosto le difficoltà del dialogo ecumenico, in particolare
con il mondo protestante, il metropolita
di Volokolamsk, Hilarion, presidente del
Dipartimento per le
relazioni ecclesiastiche
esterne (Decr) del Patriarcato di Mosca e
rettore della Scuola di
dottorato e alti studi
teologici, in visita nei
giorni scorsi nel Regno Unito.
Alla Facoltà teologica dell’Università di
Winchester ha tenuto una relazione
sul tema «C’è un futuro di cooperazione inter-cristiana?», nella quale
ha sottolineato che oggi le differenze tra i cristiani di diverse confessioni non riguardano solo le
questioni dottrinali ma interessano
anche l’area della moralità, «quella
in cui la testimonianza cristiana
potrebbe essere unita indipendentemente dalle differenze dottrinali».
Nel discorso — del quale il Decr
ha diffuso una sintesi — Hilarion si
è detto preoccupato perché, dopo
molti decenni di dialogo tra i cristiani, ancora manca una totale
convergenza di posizioni: «Questa
convergenza non si è verificata e
La Corte suprema russa conferma il divieto nella Mordovia
Nelle scuole
niente velo islamico
MOSCA, 12. Nella Repubblica dei
Mordvini (una delle tante unità
amministrative in cui si suddivide la Russia) continuerà a essere
vietato indossare, nelle scuole,
l’hijab e altri capi d’abbigliamento religioso. Lo ha stabilito — riferisce Interfax Religion — la
Corte suprema russa ritenendo
legittimo quanto stabilito con un
decreto dal Governo locale. Il ricorso contro il provvedimento è
stato respinto.
La comunità islamica dei Mordvini (o di Mordovia come è anche chiamata la Repubblica)
chiedeva di dichiarare illegittimo
il decreto perché violerebbe la libertà di religione, oltre a essere
in contrasto con la legge
sull’educazione che proclama
l’accesso universale all’istruzione.
I cinquantamila tartari musulmani costituiscono uno dei tre
principali gruppi etnici in Mordovia, con russi e mordvini. Secondo
testimonianze
citate
dall’agenzia,
nelle
settimane
scorse, nelle scuole di Saransk (il
capoluogo) alcune bambine musulmane sarebbero state costrette
a togliersi il velo, altre allontanate dalla classe ricevendo provvedimenti disciplinari assieme ai
loro genitori.
Il mufti Fagim Shafiyev, capo
del Comitato musulmano spirituale centrale, confortato da numerose lettere di genitori, ha
chiesto all’ufficio del pubblico
ministero di dare un parere giuridico sulla vicenda.
Il Governo della Repubblica
dei Mordvini, oltre all’hijab, ha
vietato di indossare a scuola minigonne, jeans, magliette scollate, piercings, capelli tinti con colori vivaci e simboli religiosi.
l’unità dei cristiani, che Dio ci ha
comandato, non è stata ripristinata». Al contrario, «a tutt’oggi la divergenza è diventata sempre più
profonda rispetto a cinquanta-set-
tanta anni fa». Il riferimento è soprattutto al mondo protestante: sotto l’influenza dell’ideologia laica,
ha osservato il relatore, alcune comunità cristiane si stanno allontanando dalle norme morali fondamentali sancite nelle pagine del
Nuovo Testamento, nella predicazione di Cristo e nelle lettere
dell’apostolo Paolo.
Secondo il metropolita Hilarion,
«oggi diventa sempre più difficile
parlare di un unico sistema di valori spirituali e morali, accettato da
tutti i cristiani in tutto il mondo.
Oggi, ci sono diverse versioni del
cristianesimo, proposte dalle diverse
comunità. Da questo punto di vista,
tutti i cristiani di oggi possono essere divisi in due gruppi, tradizionali e liberali. E un abisso divide
non tanto gli ortodossi e i cattolici,
o i cattolici e i protestanti, quanto
piuttosto i “tradizionalisti” e i “liberali”. Alcuni leader cristiani — rileva
— affermano che la Chiesa dovrebbe essere abbastanza “inclusiva” per
riconoscere le norme comportamentali alternative e benedirle ufficialmente. I liberali ritengono che i
tradizionalisti dovrebbero riconsiderare le loro opinioni, per essere al
passo coi tempi. I tradizionalisti, a
loro volta, accusano i liberali di rifiutare le norme cristiane generali
fondamentali, di minare le basi della morale cristiana».
Per la Chiesa ortodossa — ha
messo in evidenza il presidente del
Decr — «in questo caso non si trat-
ta solo di “tradizionalismo” ma di
fedeltà alla rivelazione divina, contenuta nella Sacra Scrittura, e di
mantenere l’autenticità del messaggio cristiano. E se i cosiddetti
cristiani liberali rifiutano la tradizionale
comprensione
delle
norme morali, significa che siamo di fronte
a un grave problema:
non siamo solo divisi
su questioni che, dal
punto di vista del
mondo esterno, possono essere considerate di natura “tecnica”
e legate esclusivamente al dialogo interno
tra cristiani. Oggi siamo divisi nell’essenza
stessa della testimonianza che siamo chiamati a portare al mondo esterno».
Al termine del discorso, ripetuto poi
all’Università di Cambridge, il metropolita
ha esortato ad azioni
di solidarietà delle
Chiese per difendere
l’identità cristiana dell’Europa e
proteggere i cristiani perseguitati
nel Vicino oriente e nel Nord Africa. Argomento, tra l’altro, affrontato da Hilarion nel messaggio inviato ai partecipanti alla conferenza
internazionale «Dignità umana, libertà e diritti. La dimensione cristiana», svoltasi dal 9 al 12 febbraio
a Lubiana, in Slovenia. «Il tema
scelto per la discussione della conferenza annuale organizzata dalla
Fondazione per l’unità delle nazioni ortodosse — scrive — è particolarmente rilevante in un contesto di
crescente tensione politica nel mondo, vera e propria minaccia di erosione della tradizione cristiana e
violazioni dei diritti e delle libertà
dei credenti. La società europea
moderna si trova davanti a sfide riguardanti la libertà di pensiero e di
espressione. Queste minacce derivano dal fatto che la libertà umana è
sempre più intesa come totale permissivismo, che si estende fino
all’insulto dei sentimenti religiosi
dei credenti».
Assieme a milioni di persone con
punti di vista differenti, la Chiesa
ortodossa russa «condanna nel modo più assoluto i metodi terroristici
utilizzati da alcuni estremisti per
difendere sentimenti pseudo-religiosi. Ma allo stesso tempo riteniamo
che non si possano comprendere
coloro che oltraggiano costumi e
tradizioni sacre. La libertà di
espressione e di stampa non deve
violare il diritto dei credenti a difendere i loro sentimenti religiosi».
Campagna interreligiosa in Austria
Donne
per la pace e la giustizia
VIENNA, 12. «Siamo dell’idea che
una fiducia reciproca, un dialogo
sincero e lo sforzo per la giustizia
costituiscano una base su cui costruire la nostra società»: con queste parole madre Beatrix Mayrhofer,
presidente del Vereinigung der
Frauenorden Österreichs (Associazione degli ordini femminili in Austria) spiega il significato dell’adesione alla campagna contro la violenza e la discriminazione promossa
a Vienna da un gruppo di donne,
religiose e laiche.
Frauen für Vertrauen, Dialog und
Gerechtigkeit (“Le donne per la fiducia, il dialogo e la giustizia”) è il
motto della campagna che nei giorni scorsi ha riunito donne cattoliche, evangeliche, ebree, musulmane,
indù e non credenti che, «mano
nella mano contro la paura e la violenza», hanno sfilato in diverse migliaia come risposta a una manifestazione anti islamica. «L’azione
del movimento femminile cattolico
austriaco — ha spiegato la religiosa
all’agenzia Sir — intende sottolineare ciò che si ha in comune, rispetto
a quanto divide».
In tal senso, «l’impegno per la
giustizia sociale è molto importante» poiché erode il consenso di
quelle forze sociali che fanno leva
sul malcontento e alimentano un
clima di intolleranza. Infatti, osserva la religiosa, «le persone che si
trovano in situazioni di emergenza
sociale, che sono senza lavoro o
hanno paura di perderlo, sono più
sensibili agli slogan radicali».
Al contrario, «ogni pietra che
non viene scagliata contro altri, ma
viene invece utilizzata per costruire
ponti, è un mattone per costruire la
pace». Proprio per questo, madre
Mayrhofer si dice convinta che «in
ogni comunità religiosa esistano
uomini e donne che si adoperano
per la riconciliazione e la fratellanza. In questo processo di riconciliazione, spesso sono proprio i piccoli
passi ad avere un’importanza particolare».
Allarme sul clima dalla Conferenza dei religiosi di Hong Kong
Non c’è
più tempo
HONG KONG, 12. «Dobbiamo prenderci cura del nostro pianeta come
guardiani del creato, e non solo per
noi stessi ma anche per le future
generazioni che ci vivranno. Il ritmo delle stagioni si è alterato, sale
il livello del mare, e vengono segnalate temperature record dappertutto nel mondo». Problemi gravi
che hanno cominciato a «cambiare
la vita sulla terra». È interamente
dedicato all’impatto dell’effetto serra sul clima — che genera «carestie,
malattie, migrazioni di massa, tifoni» e altri «disastri imprevedibili»
— il tradizionale messaggio della
Conferenza dei sei responsabili religiosi di Hong Kong in occasione
del nuovo anno lunare, il capodanno cinese che debutterà il 19 febbraio sotto il segno della capra di
legno.
I sei responsabili (rappresentanti
di buddismo, cattolicesimo, confucianesimo, islam, protestantesimo e
taoismo) — fra essi il vescovo di
Hong Kong, cardinale John Tong
Hon — lanciano l’allarme su un flagello da loro stessi più volte denunciato negli ultimi anni ovvero il riscaldamento climatico e le sue conseguenze. La crescente inquietudine
è dovuta al fatto che il riscaldamento del clima provoca gli effetti peggiori sulle popolazioni più povere e
vulnerabili del pianeta. La dichiarazione si rivolge in particolare alla
comunità internazionale e ai capi di
Stato invitandoli ad «agire subito»
e di mettersi d’accordo al più presto per siglare un’intesa durante la
Conferenza internazionale sul clima
che si terrà a Parigi, sotto l’egida
dell’Onu, nel mese di dicembre. «Il
tempo è ormai agli sgoccioli», avvertono i responsabili religiosi.
Il messaggio si conclude con un
appello indirizzato ai responsabili
politici del mondo intero «a concentrarsi di più sulla condivisione
delle responsabilità di ciascuno in
modo da agire nell’ambito climatico, piuttosto che restare sulle proprie rispettive posizioni e i loro disaccordi».
I leader religiosi — ha dichiarato
Chan Kim-kwong, del Christian
Council — «sono tutti preoccupati
per il cambiamento del clima e la
protezione dell’ambiente. È nello
spirito di tutte le religioni, qualunque esse siano». Secondo il movimento interreligioso ecologista Our
Voices — citato da Eglises d’Asie
(agenzia d’informazione delle Missions étrangères de Paris) che offre
una sintesi del messaggio — è la
prima volta che la Conferenza dei
sei responsabili religiosi di Hong
Kong pubblica una dichiarazione
interamente dedicata all’ambiente.
È importante, viene sottolineato,
che i leader religiosi sensibilizzino i
cittadini alla propria responsabilità
morale di fronte ai cambiamenti climatici, specialmente in Asia.
Fa proseliti la propaganda di Boko Haram
Cresce in Niger
l’ostilità contro i cristiani
DIFFA, 12. In Niger cresce la preoccupazione
per
il
propagarsi
dell’estremismo islamico nel Paese.
Di recente è stata la città di Diffa,
capoluogo dell’omonima regione,
posta al confine con la Nigeria, a essere vittima di attacchi a causa degli
sconfinamenti
dell’organizzazione
terroristica jihadista dei Boko
Haram.
A confermare i timori sono le testimonianze di chi lavora sul posto,
come i missionari della Società delle missioni africane: «C’è da riflettere — spiega padre Mauro Armanino — sulla tempistica dell’attacco:
perché è avvenuto poco prima che
si riunisse l’Assemblea nazionale
per deliberare sulla partecipazione
delle truppe del Niger alle operazioni contro Boko Haram in Nigeria. La cosa lascia perplessi diversi
osservatori locali».
Dopo l’assalto degli estremisti a
Diffa, il Parlamento di Niamey ha
comunque dato il via libera alla
partecipazione di truppe nigerine
alla task force creata da Nigeria,
Camerun, Ciad e Benin per combattere la setta islamista. «Si sa che
diverse persone stanno scappando
da Diffa verso Zinder per poi, presumibilmente, recarsi nella capitale
Niamey», riferisce ancora all’agenzia Fides padre Mauro. Un elemento ulteriore di tensione anche alla
luce dei recenti attacchi anticristiani. «In effetti sta crescendo la
preoccupazione nella gente», osser-
va il missionario. «Gli attacchi di
Boko Haram si innestano in un
sentimento di crescente insofferenza
nei confronti di ogni presenza che
non sia una certa forma di islam».
In Niger — spiega Armanino —
«l’islam, che prima era basato sul
sufismo, di fronte alla situazione
sociale esplosiva, a causa delle migliaia di giovani senza futuro (Niamey ha almeno due milioni di abitanti), è condizionato dalle predicazioni e dai soldi di chi ha una visione estremista della religione». A
farne le spese sono state di recente
le chiese cristiane: «I disordini del
16 e del 17 gennaio, che hanno visto
la distruzione di diverse chiese e
missioni cattoliche, non sono stati
una novità, perché già nel 2012 ci
furono episodi simili a Maradi e a
Zinder».
La vera novità è l’entità dei disordini e l’accanimento con la quale
la folla ha agito, «indizio di un
sentimento crescente di anticristianesimo, di cui non si potrà non tenere conto in prospettiva».
Padre Mauro conclude osservando che «i responsabili della Chiesa
hanno fatto notare agli alti vertici
dello Stato che i cristiani, in qualche modo, sono stati “sacrificati”
sull’altare degli interessi della politica: è impossibile infatti che in tutte quelle ore in cui bruciavano le
chiese, non ci sia stato un solo intervento dei vigili del fuoco».
L’OSSERVATORE ROMANO
venerdì 13 febbraio 2015
pagina 7
Jan Van Eyck
«Ritratto dei coniugi Arnolfini» (1434)
Nomine
episcopali
Le nomine di oggi riguardano la
Chiesa in Francia e in Benin.
Come oggi la Chiesa si interroga sulla pastorale per la famiglia
Scuola di perdono
e risorsa per la società
di MAURIZIO GRONCHI
La scelta del sinodo di porsi in attento ascolto del contesto culturale,
sociale ed ecclesiale contemporaneo,
attraverso il primo questionario inviato alle Chiese di tutto il mondo,
rappresenta una chiara indicazione
di metodo. Si parte dalla periferia,
dai pastori e dal popolo di Dio che
vivono la realtà concreta e feriale
della famiglia, con le sue luci e le
sue ombre, con le sue ricchezze e
povertà. L’Instrumentum laboris della
terza assemblea sinodale straordinaria è la testimonianza di questa ampia recezione, che attesta il sensus fidelium et pastorum sulla visione e
l’esperienza della famiglia nel mondo. Tuttavia, aldilà di ogni pretesa,
il vissuto umano è molto più complesso di quanto testimoniato anche
dagli interventi dei padri sinodali in
aula. La Relatio synodi, nella sua prima parte, ne raccoglie la sintesi. Il
secondo questionario, allegato alla
relazione finale del sinodo straordinario come Lineamenta per il prossimo, conferma questo chiaro orientamento all’ascolto del vissuto ecclesiale, secondo la metodologia recepita dal magistero sociale della Chiesa,
inaugurata dai piani pastorali latinoamericani.
Dopo aver considerato la bellezza
dei matrimoni riusciti e delle famiglie solide, e aver apprezzato la testimonianza generosa di coloro che sono rimasti fedeli al vincolo pur essendo stati abbandonati dal coniuge,
i pastori riuniti in sinodo si sono
chiesti — in modo aperto e coraggioso, non senza preoccupazione e cautela — quale sguardo deve rivolgere
la Chiesa ai cristiani le cui famiglie sono “incompiute” (coloro
che ancora non sono stati uniti
da Dio: i conviventi), “imperfette” (coloro che hanno
stretto un vincolo solo di
fronte agli uomini: i matrimoni civili) e “ferite”
(coloro che hanno separato ciò che Dio ha unito: i separati divorziati).
Di fronte alla varietà delle
situazioni — che sono tante
quante le esistenze delle
persone — è possibile riconoscere negli occhi di
Gesù quella luce che
splende anche nelle tenebre più fitte e che,
mediante il suo Spirito, rischiara ogni uomo.
Con riferimento alla
dottrina patristica e conciliare dei «semi del Verbo» — «Il
Vangelo della famiglia nutre pure
quei semi che ancora attendono di
maturare» (Relatio synodi, 23) — i vescovi hanno affermato: «In ordine a
un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile, che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa rivelare
loro la divina pedagogia della grazia
nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la pienezza del piano di Dio in
loro. Seguendo lo sguardo di Cristo,
la cui luce rischiara ogni uomo (cfr.
Giovanni, 1, 9; Gaudium et spes, 22)
la Chiesa si volge con amore a coloro che partecipano alla sua vita in
modo incompiuto, riconoscendo che
la grazia di Dio opera anche nelle
loro vite dando loro il coraggio per
compiere il bene, per prendersi cura
con amore l’uno dell’altro ed essere
a servizio della comunità nella quale
vivono e lavorano» (Relatio synodi,
25).
Il sinodo ha così volto l’attenzione al più ampio orizzonte sociale in
cui la famiglia di oggi tende a configurarsi, consapevole che la pastorale
del presente e del futuro dovrà curarsi di accompagnare alla celebrazione consapevole del sacramento
molti giovani che vivono un “matrimonio di desiderio”, al quale si
orientano con svariate difficoltà. Vicino alle famiglie che hanno la grazia di rimanere fedeli al Vangelo, in
mezzo alla comunità cristiana, prendono posto anche quelle più fragili e
ferite. Pertanto, «conforme allo
sguardo misericordioso di Gesù, la
Chiesa deve accompagnare con attenzione e premura i suoi figli più
fragili, segnati dall’amore ferito e
smarrito, ridonando fiducia e speranza» (Relatio synodi, 28).
A tale proposito, appare particolarmente delicata la sfida non solo
dell’accompagnamento da parte dei
pastori, ma anche quella della integrazione delle famiglie “ferite e
smarrite” nella comunità ecclesiale,
perché non avvenga alle famiglie fedeli di reagire come il figlio maggiore della parabola evangelica del padre misericordioso, che, sentendosi
offeso, fatica ad accogliere il fratello
minore che era perduto (cfr. Luca,
15, 28). In tal senso, si comprende
l’invito dei padri sinodali a trattare
le situazioni dei divorziati risposati
«evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità.
Prendersi cura di loro non è per la
comunità cristiana un indebolimento
della sua fede e della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio
in questa cura la sua carità» (Relatio
synodi, 51). Una attenzione specifica
deve essere rivolta ai figli dei divorziati risposati, per l’insostituibile
ruolo educativo dei genitori e in ragione del preminente interesse del
minore; si tratta di un elemento non
trascurabile, sia dal punto di vista
giuridico che pastorale.
Senza entrare nelle questioni teologico-pastorali che richiedono approfondimento, relative all’eventuale
accesso ai sacramenti da parte dei
divorziati risposati, a precise condizioni (cfr. Relatio synodi, 52), occorre
ricordare che al sinodo è emersa
l’esigenza di prestare maggior cura
lare importanza i convincimenti
espressi dalle parti sul loro passato,
interpretati alla luce del presente che
vivono, tante volte più ricco, e quindi garantendo che si riesca a scoprire
la persona che c’è dietro alla causa,
pur nell’assoluto rispetto della legalità vigente.
Veniamo adesso a considerare la
prospettiva pastorale verso cui orientare l’annuncio del Vangelo della famiglia nella società attuale, in particolare dal punto di vista della esperienza di comunicazione, quale vera
sfida per il rinnovamento delle relazioni, a partire da quella originaria e
universale che è la relazione familiare. «Grembo di gioie e di prove, di
affetti profondi e di relazioni a volte
ferite, la famiglia è veramente “scuola di umanità” (cfr. Gaudium et spes,
52), di cui si avverte fortemente il bisogno. Nonostante i tanti segnali di
crisi dell’istituto familiare nei vari
contesti del “villaggio globale”, il
desiderio di famiglia resta vivo, in
specie fra i giovani, e motiva la
Chiesa, esperta in umanità e fedele
alla sua missione, ad annunciare senza sosta e con convinzione profonda
il “Vangelo della famiglia”» (Relatio
synodi, 2). Appare dunque chiara
l’urgenza, da parte della Chiesa, di
ridare dignità culturale e centralità
alla famiglia nella società contemporanea, riportandola nel cuore del dibattito, al centro della visione della
politica e della economia. Senza
dubbio, la famiglia è ancora oggi la
risorsa più preziosa della società: in
nella pastorale giudiziale da parte
delle Chiese particolari e dei loro vescovi, mediante un discernimento capace di guardare in faccia le persone, specie nel contesto dell’accertamento della validità del vincolo. Dal
punto di vista della dottrina processuale, infatti, oggi rivestono partico-
essa si apprende il “noi” del presente
e del futuro, attraverso la generazione dei figli.
Un significativo contributo alla visione della «famiglia come luogo
privilegiato della comunicazione»
viene dal messaggio che Papa Francesco ha dedicato alla giornata mon-
Luc Crépy, vescovo
di Le Puy-en-Velay
(Francia)
A Barcellona
«La dimensione sociale della famiglia» è stato il tema del convegno
promosso il 9 e 10 febbraio scorsi a Barcellona dalla Facoltà
di teologia della Catalogna, nell’ambito
dei seminari di dottrina e azione sociale della Chiesa.
Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento di uno dei relatori,
teologo ed esperto partecipante, quale collaboratore del segretario
speciale, al sinodo straordinario dei vescovi dell’ottobre scorso
nonché consultore della Congregazione per la dottrina della fede.
diale delle comunicazioni sociali
(2015). Mediante un approccio fenomenologico estremamente stimolante, il Pontefice prende spunto
dall’icona evangelica della visita di
Maria a Elisabetta (cfr. Luca, 1, 3956), per mettere in evidenza la comunicazione come un dialogo
che si intreccia con il linguaggio del corpo e stringe
quei legami che ci costituiscono come persone differenti
in relazione. «Il grembo che
ci ospita è la prima “scuola”
di comunicazione, fatta di
ascolto e di contatto corporeo»; qui avviene la
comunicazione originaria, il primo incontro
pieno di promesse, cui
segue il passaggio al
nuovo grembo che è la
famiglia, «luogo dove
si impara a convivere
nella
differenza»
(Evangelii
gaudium,
66), nella relazione. Il
vincolo familiare, che si
stringe tra generi diversi e generazioni, è l’ambiente vitale in cui si generano e rinsaldano i legami, mediante la parola
e il silenzio, lo sguardo, il sorriso e
il pianto, l’abbraccio, l’accompagnamento e il sostegno. In famiglia si
scopre e si costruisce la prossimità
tra persone diverse e reciprocamente
determinanti, dove l’accoglienza del
Il matrimonio recupera nei sondaggi
Irlanda in controtendenza
DUBLINO, 12. Irlanda in controtendenza. Nell’isola di san Patrizio la
considerazione del matrimonio e
della famiglia naturale tra un uomo e una donna sembrano mantenere — in alcuni casi anche recuperare — consensi nell’opinione pubblica, invertendo così l’idea ormai
prevalente nei Paesi occidentali
della crisi del modello tradizionale. È quanto emerge da una ricerca
pubblicata da Accord, l’agenzia
promossa dai vescovi irlandesi che
si occupa della pastorale matrimoniale. Lo studio, condotto dall’istituto di indagini demoscopiche
Amárach Research, ha messo a
confronto i dati raccolti su un
campione di mille adulti in due
anni distinti, il 2006 e il 2014, per
verificare nel corso degli anni
eventuali cambiamenti nelle tendenze delle opinioni.
Cinque i quesiti all’esame della
ricerca: come viene visto l’impegno
del matrimonio; quali importanza
e valore vengono dati alla famiglia; qual è il modello ideale di fa-
miglia per un bambino; quanto è
importante che le coppie con bambini siano sposate e quanto sono
conosciuti Accord e i suoi servizi.
Complessivamente
soddisfatto
dei risultati si è detto il presidente
di Accord, il vescovo di Kildare
and Leighlin, Denis Nulty. Le risposte sembrano confermare, infatti, che la definizione del matrimonio quale unione fedele tra un uomo e una donna aperta alla vita
goda di un ampio consenso nella
società irlandese. Nel corso della
presentazione del rapporto, il presule ha richiamato in particolare
l’attenzione sulle risposte date a
due quesiti: il 65 per cento degli
intervistati ha dichiarato di ritenere che un bambino possa crescere
meglio in una famiglia con un padre e una madre, mentre il 61 per
cento pensa che le coppie che si
uniscono in matrimonio assumono
un impegno reciproco per la vita
che può essere interrotto solo in
gravi circostanze. Si tratta, in quest’ultimo caso, di un dato in cre-
scita rispetto all’indagine del 2006,
quando solo il 56 per cento si era
espresso in tal senso.
Sono invece in diminuzione (dal
60 al 51 per cento) le persone che
conoscono coppie che vivono un
matrimonio felice. Da notare poi
che appena un terzo degli intervistati ritiene che le coppie con figli
debbano sposarsi. Infine, circa metà degli intervistati ha affermato di
conosce l’opera svolta da Accord.
Istituita nel 1962, l’agenzia conta attualmente una sessantina di
centri operativi dislocati nelle diverse diocesi irlandesi, con l’obiettivo fondamentale di sostenere il
sacramento del matrimonio, attraverso una migliore comprensione
del suo significato, e aiutare le
coppie cristiane sia prima che dopo la celebrazione delle nozze. In
questa prospettiva, promuove numerose iniziative: dalle lezioni di
educazione all’affettività per le
scuole ai corsi di preparazione al
matrimonio per i fidanzati, al sostegno alle coppie sposate.
più vicino insegna l’apertura verso
l’esterno, in modo da «dare conforto
e speranza alle famiglie più ferite, e
far crescere la Chiesa stessa, che è
famiglia di famiglie».
La quotidiana frequentazione, più
di ogni altra esperienza, è il luogo in
cui si sperimentano i limiti propri e
altrui; ove le relazioni assumono la
forma della costante e paziente riparazione dei legami. «Non esiste la
famiglia perfetta, ma non bisogna
avere paura dell’imperfezione, della
fragilità, nemmeno dei conflitti; bisogna imparare ad affrontarli in maniera costruttiva. Per questo la famiglia in cui, con i propri limiti e peccati, ci si vuole bene, diventa una
“scuola di perdono”. Il perdono è
“una dinamica di comunicazione”,
una comunicazione che si logora,
che si spezza e che, attraverso il
pentimento espresso e accolto, si
può riannodare e far crescere. Un
bambino che in famiglia impara ad
ascoltare gli altri, a parlare in modo
rispettoso, esprimendo il proprio
punto di vista senza negare quello
altrui, sarà nella società un costruttore di dialogo e di riconciliazione».
In ultima analisi, l’apporto al vivere sociale che offre l’esperienza familiare, con i suoi permanenti tentativi di quotidiano aggiustamento, costituisce una vera e propria “abilitazione all’inclusività”, ovvero alla capacità di sostenere e di proteggere i
più deboli, cominciando al proprio
interno dai bambini e dagli anziani.
Soprattutto dalle famiglie con figli
segnati da varie forme di disabilità —
nella faticosa e quotidiana lotta che
sostengono per non rassegnarsi
all’isolamento — la società può apprendere cosa significhi non escludere; esse rappresentano uno stimolo a
benedire e non maledire la fragilità,
a non scartare l’imperfezione, testimoniando la speranza che offre Gesù, colui che ha fatto dello scarto il
dono salvifico per tutti: «Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli
uomini, ma scelta e preziosa davanti
a Dio» (1 Pietro, 2, 4). Attraverso lo
sguardo rivolto con sano realismo alla complessità della vita familiare
nella società odierna, la Chiesa si fa
carico dell’annuncio del Vangelo di
Gesù, nella fiducia che il futuro della famiglia, lungi dalla nostalgia dei
tempi passati, possa risplendere di
nuova luce. Ciò che è veramente in
gioco, nel mondo di oggi e nella società umana, è la sfida della rigenerazione di relazioni autentiche, illuminate dal Vangelo della misericordia e della verità, siano esse sane o
ferite, realizzate o imperfette, felici o
smarrite. Invece di mettere in forse o
depotenziare la famiglia, rendendo
gli individui soggetti deboli da assistere, anziché attori che generano e
rigenerano il capitale umano della
società stessa, occorre riconoscere
che la famiglia non è il problema,
ma la risorsa della società.
Nato a Lille il 12 maggio 1958,
dopo un dottorato in biologia è
entrato nella congregazione di
Gesù e Maria (padri eudisti) nella
quale ha fatto i voti solenni il 10
dicembre 1988. Ha completato la
formazione seguendo i corsi
all’Institut catholique de Paris e
ottenendo la licenza in teologia
morale. Ordinato sacerdote il 21
maggio 1989, fino al 1995 ha svolto il ministero pastorale nella diocesi di Evry-Corbeil. Dal 1995 al
2001 è stato rettore del seminario
interdiocesano di Orléans. Ha
quindi assunto nella sua congregazione diversi incarichi, fino a
divenire provinciale di FranciaAfrica (2001-2007) e contemporaneamente presidente della Conferenza dei superiori maggiori di
Francia. Dal 2006 al 2008 è stato
commissario pontificio per la provincia di Francia e Svizzera della
Societé des filles du Cœur de
Marie. È stato di nuovo rettore
del seminario interdiocesano di
Orléans dal 2007 al 2012, anno in
cui è divenuto procuratore generale della congregazione degli eudisti a Roma.
François Gnonhossou
vescovo di Dassa-Zoumé
(Benin)
Nato il 3 dicembre 1961 a Dassa-Zoumé, è diplomato in contabilità e ha conseguito la licenza in
diritto civile all’università statale
di Cotonou. Dopo la formazione
filosofica e teologica nei seminari
Saint Gall di Ouidah e Santi Pietro e Paolo di Ibadan, in Nigeria,
dove ha ottenuto il bacellierato in
teologia, ha emesso il giuramento
perpetuo di appartenenza alla Società delle missioni africane il 6
dicembre 1996 ed è stato ordinato
sacerdote il 26 luglio 1997. Trascorso un anno di orientamento
pastorale e di apprendimento della lingua ahoussa a Kotangoro, in
Nigeria, è stato vicario presso la
missione rurale di Guffanti, nel
vicariato apostolico nigeriano di
Kontagora (1998-2001) e poi parroco della stessa comunità (20012003). Cappellano dell’Apprentis
d’auteil (organismo giovanile di
formazione dei giovani in difficoltà) a Parigi e studente nell’Institut de formation des evêques et
du clergé presso l’Institut catholique (2003-2004), si è poi occupato di formazione per il distretto
africano della sua società religiosa
(2004-2008). Trasferitosi nel 2009
in Canada è stato assistente in diverse parrocchie della diocesi di
Sault Sainte Marie, Ontario, fino
al 2011, e per due anni vicario
parrocchiale di Saint Sylvain, Laval, Montreal, oltre che animatore
missionario ed economo della sua
comunità religiosa. Dal 2013 è a
Roma come consigliere generale
della Società delle missioni africane.
Nuovo osservatore
permanente
presso Fao, Ifad
e Pam
Monsignor Fernando Chica Arellano, nuovo osservatore permanente della Santa Sede presso le
organizzazioni e gli organismi
delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao, Ifad
e Pam) è nato a Mengíbar, in
Spagna, il 24 giugno 1963. Ordinato sacerdote il 19 aprile 1987, si
è incardinato a Jaén. È laureato
in teologia dogmatica. Entrato
nel servizio diplomatico della
Santa Sede il 1° luglio 2002, ha
prestato la sua opera nella nunziatura apostolica in Colombia,
nella rappresentanza pontificia
presso l’Onu a Ginevra e nella sezione per gli Affari generali della
Segreteria di Stato.
L’OSSERVATORE ROMANO
pagina 8
venerdì 13 febbraio 2015
Il saluto del decano
Per rispondere
alle attese
del presente
All’inizio dei lavori, il cardinale Angelo Sodano, decano del collegio cardinalizio, ha rivolto il seguente saluto
a Papa Francesco.
Il Papa apre i lavori del concistoro straordinario
Comunione e collegialità
«Benvenuti in questa comunione, che si esprime nella collegialità»: con queste
parole Papa Francesco ha salutato giovedì 12 febbraio i cardinali riuniti
nell’aula del Sinodo per il concistoro straordinario sulla riforma della Curia
romana. Fra di loro anche diciannove dei venti ecclesiastici che sabato 14 febbraio
riceveranno la porpora.
Cari fratelli,
«com’è bello e come è dolce che i
fratelli vivano insieme!» (Sal 133, 1).
Con le parole del Salmo rendiamo lode al Signore che ci ha convo-
cati e ci dona la grazia di accogliere
in questa assemblea i 20 nuovi Cardinali. A loro e a tutti rivolgo il mio
cordiale saluto. Benvenuti in questa
comunione, che si esprime nella collegialità.
Grazie a tutti coloro che hanno
preparato questo evento, in particolare a Sua Eminenza Cardinale Angelo Sodano, Decano del Collegio
Cardinalizio. Ringrazio la Commissione dei nove Cardinali e Sua Eminenza Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, coordinatore. Ringrazio anche Sua Eccellenza Marcello Semeraro, segretario della Commissione
dei nove Cardinali: è lui che oggi ci
presenta la sintesi del lavoro svolto
in questi ultimi mesi per elaborare
Già cinquanta le riunioni del Consiglio di cardinali
Ha già tenuto una cinquantina di
riunioni nel corso di otto sessioni —
in media una ogni due mesi — il
Consiglio di cardinali voluto da
Papa Francesco per aiutarlo «nel
governo della Chiesa universale» e
«studiare un progetto di revisione
della costituzione apostolica Pastor
bonus sulla Curia romana». La sua
nascita è stata annunciata il 13
aprile 2013 con un comunicato
della Segreteria di Stato, nel quale
si spiegava anche che esso scaturiva
da «un suggerimento emerso nel
corso delle congregazioni generali
precedenti il Conclave» del marzo
precedente, che aveva eletto Papa
Bergoglio. Lo stesso Consiglio è
stato poi costituito ufficialmente
con chirografo pontificio del 28
settembre 2013. Nel documento si
parlava tra l’altro della
configurazione dell’organismo
cardinalizio «nel modo che
risulterà più adeguato», per poter
essere «un’ulteriore espressione
della comunione episcopale e
dell’ausilio al munus petrinum che
l’episcopato sparso per il mondo
può offrire». Partendo da tali
premesse il Consiglio è stato
inizialmente composto da otto
porporati: Bertello, Errázuriz Ossa,
Gracias, Marx, Monsengwo
Pasinya, O’Malley, Pell e
Rodríguez Maradiaga, con
funzione di coordinatore. Dalla
riunione del 28 aprile 2014 il Papa
ha chiamato a partecipare
stabilmente il cardinale Parolin,
segretario di Stato, il quale è
presente nel Consiglio come nono
membro effettivo dalla riunione
mattutina del 2 luglio 2014. Sin dal
principio, il vescovo Semeraro
svolge la funzione di segretario.
Subito dopo l’istituzione è stata
avviata la raccolta del materiale. In
particolare nell’estate 2013 il
cardinale Bertello ha avviato una
consultazione riservata ai capi
dicastero e ad altre personalità
della Curia romana al fine di
ottenere pareri. A essi furono
aggiunti tutti quelli fatti pervenire
tramite il Papa e direttamente al
segretario del Consiglio, per un
totale di circa cento proposte di
vario genere. I porporati membri a
loro volta hanno anche loro
richiesto o ricevuto proposte — che
sono continuate a giungere anche
successivamente — dagli episcopati
delle rispettive aree geografiche di
riferimento. Nelle sessioni tenutesi
finora (1-3 ottobre e 3-5 dicembre
2013; 17-19 febbraio, 28-30 aprile, 14 luglio, 15-17 settembre, 9-11
dicembre 2014; e 9-11 febbraio 2015)
il ritmo di lavoro ha impegnato i
membri al mattino e al pomeriggio,
normalmente dalle 9 alle 12.30 e
dalle 16 alle 19. A tutti gli incontri
è stato sempre presente Francesco,
tranne i mercoledì mattina in cui
era impegnato nelle udienze
generali. Oltre alla riforma della
Curia — per la quale si è proceduto
partendo dalla Segreteria di Stato e
proseguendo con le Congregazioni
e i Pontifici Consigli — i lavori del
Consiglio si sono occupati anche
della revisione del regolamento
delle assemblee sinodali, della
preparazione della terza assemblea
straordinaria dello stesso Sinodo,
dell’istituzione della Pontificia
commissione per la tutela dei
minori, delle audizioni della
Commissione referente di studio e
di indirizzo sull’organizzazione
della struttura economicoamministrativa della Santa Sede
(Cosea) e della Pontificia
commissione referente sull’Istituto
per le Opere di religione (Crior),
della costituzione della Segreteria e
del Consiglio per l’economia, del
comitato per la riforma dei media
vaticani, di un progetto di
ristrutturazione del Governatorato
dello Stato della Città del Vaticano
e di temi relativi al governo della
Chiesa universale sui quali
Francesco ha voluto domandare un
parere e un contributo di
riflessione al Consiglio di cardinali.
la nuova Costituzione Apostolica
per la riforma della Curia. Come
sappiamo, questa sintesi è stata predisposta in base a tanti suggerimenti, anche da parte dei capi e dei responsabili dei Dicasteri, nonché degli esperti in materia.
La meta da raggiungere è sempre
quella di favorire maggiore armonia
nel lavoro dei vari Dicasteri e Uffici,
al fine di realizzare una più efficace
collaborazione in quell’assoluta trasparenza che edifica l’autentica sinodalità e la collegialità.
La riforma non è fine a se stessa,
ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana; per favorire una
più efficace evangelizzazione; per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo
più costruttivo con
tutti. La riforma,
auspicata vivamente
dalla maggioranza
dei Cardinali nell’ambito delle Congregazioni generali
prima del Conclave, dovrà perfezionare ancora di più
l’identità della stessa Curia Romana,
ossia quella di coadiuvare il Successo-
re di Pietro nell’esercizio del suo supremo ufficio pastorale per il bene e
il servizio della Chiesa universale e
delle Chiese particolari. Esercizio
col quale si rafforzano l’unità di fede e la comunione del popolo di
Dio e si promuove la missione propria della Chiesa nel mondo.
Certamente raggiungere una tale
meta non è facile: richiede tempo,
determinazione e soprattutto la collaborazione di tutti. Ma per realizzare questo dobbiamo innanzitutto
affidarci allo Spirito Santo, che è la
vera guida della Chiesa, implorando
nella preghiera il dono dell’autentico discernimento.
Con questo spirito di collaborazione inizia il nostro incontro, che
sarà fecondo grazie al contributo
che ciascuno di noi potrà esprimere
con parresía, fedeltà al Magistero e
consapevolezza che tutto ciò concorre alla legge suprema, ossia alla salus animarum. Grazie.
Presentate le proposte
Linee guida per la riforma della Curia romana
Razionalizzazione, semplificazione, snellimento:
le parole d’ordine della riforma della Curia romana voluta da Papa Francesco e alla quale sta
lavorando dall’ottobre 2013 il Consiglio di cardinali sono il filo conduttore delle proposte di revisione della Pastor bonus illustrate ai porporati
all’inizio del concistoro. Proposte che mirano in
sostanza a modellare una Curia sempre più fedele al compito di aiutare il Papa nel governo quotidiano della Chiesa, come ha puntualizzato il
vescovo segretario del Consiglio di cardinali
Marcello Semeraro e come ha sommariamente
sintetizzato il direttore della Sala Stampa della
Santa Sede, padre Federico Lombardi, in un incontro con i giornalisti al termine della prima
mattinata dei lavori.
Preceduta da un’introduzione del cardinale
Rodríguez Mariadaga — che ha ripercorso le tappe principali dell’attività del Consiglio di cardinali istituito nel settembre 2013 — la relazione del
presule ha indicato i principi ispiratori e le linee
guida della riforma. Ha richiamato in particolare
la natura specifica della Curia romana e le sue
funzioni costitutive, ipotizzandone una razionalizzazione e un riordinamento. Quanto alla Segreteria di Stato, ha sottolineato in particolare il
suo ruolo di coordinamento o “moderazione” dei
vari settori della Curia: ruolo per il quale, ha
specificato padre Lombardi nel corso del briefing, non si prevede l’istituzione di una specifica
figura aggiuntiva. Nel dettaglio il testo ha individuato i profili teologici di due grandi poli tematici (“laici famiglia e vita” e “carità giustizia e pace”) intorno ai quali potrebbero accorparsi gli attuali pontifici consigli e alcune pontificie accademie dando vita a due nuovi dicasteri. Nel cui
ambito di attività sarebbero ricompresi settori già
oggi ben delineati nell’organigramma della Curia
e altri di particolare attualità come per esempio
la tutela dell’ambiente naturale e l’”ecologia
umana”.
Tra gli altri temi toccati dalla relazione, il criterio della sinodalità come dimensione fondamentale del lavoro di Curia e l’esigenza di scegliere il personale privilegiando lo spirito di servizio e di responsabilità. Riguardo infine alla
procedura da seguire nell’opera di riforma, si è
confermato che l’iter sarà prevedibilmente lungo
e si è indicata la possibilità — come già avvenuto
per l’elaborazione della Pastor bonus — di istituire una commissione ristretta incaricata di stendere un primo schema di nuova costituzione. Schema che potrebbe poi essere sottoposto al Consiglio dei cardinali per una prima valutazione, seguita da una consultazione tra porporati, vescovi
e dicasteri. Infine una commissione cardinalizia
dovrebbe incaricarsi della redazione del testo definitivo da sottoporre all’approvazione del Papa.
Ciò non toglie — ha precisato padre Lombardi —
che alcuni provvedimenti possano essere realizzati in via sperimentale anche prima del varo definitivo della nuova costituzione.
Dodici gli interventi seguiti alla relazione del
vescovo Semeraro. Si è parlato, tra l’altro, del
contesto teologico e giuridico della riforma, della
necessità di considerare il contributo del collegio
cardinalizio, del concistoro e del sinodo dei vescovi, del rapporto tra sinodalità e collegialità,
dell’esigenza di maggiore collaborazione e coordinamento nell’attività dei dicasteri, del ruolo
della Segreteria di Stato e della formazione permanente del personale.
Santo Padre, credo di poter interpretare i sentimenti dei confratelli
cardinali indirizzandole il saluto
più cordiale all’inizio di questo
concistoro. In lei veneriamo il Successore di Pietro, posto dallo Spirito Santo alla guida della Chiesa di
Cristo in quest’ora importante della sua storia. A lei vogliamo dare
tutta la nostra collaborazione. È
una collaborazione dei singoli cardinali, ma è anche una collaborazione collegiale, nel solco tracciato
dalla storia della Chiesa e ben sintetizzato nel Codice di diritto canonico, che al canone 349 ci dice:
«I Cardinali di Santa Romana
Chiesa costituiscono un Collegio
peculiare... Essi assistono il Romano Pontefice sia collegialmente,
quando essi sono convocati per
trattare congiuntamente le questioni di maggiore importanza e sia
personalmente, mediante i distinti
offici che svolgono, aiutando il Papa nel governo quotidiano della
Chiesa universale».
Alcuni di noi già svolgono questo lavoro nella Curia romana, lieti
di poter svolgere tale missione accanto a lei, in questa amata Chiesa
di Roma.
La maggior parte dei confratelli
cardinali provengono dalle varie
parti del mondo e con la loro esperienza pastorale e con il loro impegno apostolico sono lieti di poter
offrire al Successore di Pietro il
conforto della loro presenza e
l’aiuto della loro collaborazione.
Alcuni cardinali non hanno potuto essere presenti fra noi a causa
dell’età avanzata o della malferma
salute. Avremmo dovuto essere
228, ma non abbiamo potuto raggiungere tale numero. Come non
ricordare in questo momento il
compianto cardinale Karl Josef
Becker, della Compagnia di Gesù,
che proprio l’altro ieri, qui a Roma, è stato chiamato dal Signore
alla vita eterna?
Santo Padre, riuniti intorno a lei
noi oggi sentiremo le varie proposte per l’adattamento della costituzione apostolica Pastor bonus alle
necessità dell’ora presente. Nel secolo scorso san Pio X ci aveva dato, nel 1908, la costituzione apostolica Sapienti consilio. Nel 1967 il
beato Paolo VI ci aveva dato sullo
stesso argomento la costituzione
apostolica Regimini Ecclesiae universae e infine, nel 1988, san Giovanni Paolo II aveva riorganizzato
la Curia romana con la costituzione apostolica Pastor bonus. Ora, di
fronte alle nuove sfide del terzo
millennio cristiano, ella ci ha chiamato a collaborare con lei per una
migliore attività di questo cenacolo
apostolico.
Noi siamo qui per darle il nostro
contributo, tenendo ben presente
sia l’esperienza del passato e sia le
attese del presente, cercando di fare come l’uomo del Vangelo che sa
trarre dal suo tesoro nova et vetera,
cose nuove e cose antiche (Matteo,
13, 52). Lavoreremo fraternamente
insieme, con il proposito che tutto
sia per la maggior gloria di Dio,
ad majorem Dei gloriam.
Le principali modifiche alla «Pastor bonus»
Prima delle recenti riforme in campo economico volute da Papa Francesco, le più
significative modifiche legislative apportate alla costituzione apostolica Pastor bonus
(Pb) del 28 giugno 1988 — se si eccettuano i mutamenti dei nomi di alcuni dicasteri —
erano state realizzate attraverso sei motuproprio, uno a firma di Giovanni Paolo II e
cinque di Benedetto XVI.
Il primo in ordine di tempo è stato Inde a pontificatus, del 25 marzo 1993, con cui Papa
Wojtyła ha soppresso il Pontificio Consiglio per il dialogo con i non credenti (artt.
163-165 Pb), unendolo al Pontificio Consiglio per la cultura (artt. 166-168 Pb); inoltre,
lo stesso motuproprio ha creato la Pontificia Commissione per la conservazione del
patrimonio artistico e storico (artt. 99-104 Pb), che era unita alla Congregazione per il
clero, in una Commissione autonoma, cambiandone il nome in Pontificia Commissione
per i beni culturali della Chiesa, con un certo opportuno contatto col Pontificio
Consiglio per la cultura.
Quanto a Papa Ratzinger con Ubicumque et semper, del 31 settembre 2010, ha istituito il
Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione; con Quaerit
semper, del 30 agosto 2011, ha trasferito le competenze sulla dispensa super rato (art. 67
Pb) e sulle cause di invalidità della sacra Ordinazione (art. 68 Pb), che la Pastor bonus
affidava alla Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, a un
Ufficio stabilito presso la Rota Romana; con Pulchritudinis fidei, del 30 luglio 2012, ha
unito la Pontificia Commissione per i beni culturali della Chiesa al Pontificio
Consiglio per la cultura; con Ministrorum institutio, del 16 gennaio 2013, ha trasferito le
competenze sui seminari dalla Congregazione per l’educazione cattolica alla
Congregazione per il clero; e infine con Fides per doctrinam, nella stessa data ha
trasferito la competenza sulla catechesi dalla Congregazione per il clero al Pontificio
Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.